(2013) Editing Novecento (specimen)

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STRUMENTI PER L’UNIVERSITÀ COLLANA DIRETTA DA

mario cantilena , andrea ma z z ucc h i , f rancesco senatore

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paola italia

editing novecento

SALERNO EDITRICE ROMA

Copertina: Abbozzo del racconto Accoppiamenti giudiziosi di C.E. Gadda, f. 11 (Archivio Liberati). Elaborazione: Grafica Elettronica, Napoli.

ISBN 978-88-8402-825-9 Tutti i diritti riservati - All rights reserved Copyright © 2013 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietati la ri­pro­ duzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qual­siasi uso e con qualsiasi mezzo effet­tuati, senza la preventiva autorizzazione scritta della Sa­lerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.

P REM E S SA

A volte, se non ci sono « le parole per dirlo », bisogna prenderle in prestito. E per sintetizzare gli argomenti di cui si occupa questo volume, le parole non ci sono proprio. L’espressione Editing Novecento – cosí natura­ le nel mondo anglosassone –, è da noi intraducibile. Il nostro « meraviglioso idioma » offre possibilità ironico/grottesche (‘curare il Novecento’), futuribili (‘editare il Novecento’) o di intrinseca manovalanza editoriale (‘redazionare il Novecento’), nessuna delle quali è però adatta a rappresentare il tema che qui viene affrontato, relativo ai problemi legati alle edizioni dei testi del secolo scorso. Un tema attuale e complesso, ricco di implicazioni tra storia, letteratura e critica, e un tema particolarmente attuale, soprattutto da quando, in ambito editoriale, universitario e culturale in genere, l’attenzione crescente alla letteratura del Novecento – una letteratura che possiamo cominciare a guardare in una prospettiva storica – ha portato lettori, studiosi e operatori del settore a porsi nuove domande sui testi. Cosa leggiamo quando leggiamo un testo del Novecento? Fino a che punto si deve rispettare l’ultima volontà dell’autore? Quali elementi abbiamo per stabilire l’autografia di un testo? Come dobbiamo intervenire per rendere il testo leggibile e conservarne la fisionomia originaria? Sono domande a cui è possibile dare una risposta solo tenendo conto della sempre maggiore importanza, nel circuito editoriale, di nuovi attori: accanto al produttore (scrittore) e al ricevente (lettore) si sono inserite le figure dell’editor, ovvero di colui che si occupa, insieme all’autore, della messa a punto del testo, della sua revisione editoriale, della sua coerenza interna, e del curatore, cioè di chi, scomparso l’autore, si occupa della curatela delle sue opere già pubblicate o della pubblicazione di quelle inedite. Gli interventi di questi due altri attori non costituiscono un passaggio neutro, ma portano spesso a modificare in modo decisivo la struttura e la forma dei testi. Questo volume, che costituisce la prima riflessione organica e metodologica sui criteri di edizione dei testi del Novecento, si pone questi inter7

premessa

rogativi e cerca di dare loro una risposta attraverso alcuni case study, per ricavare, dall’analisi dei criteri editoriali adottati per i grandi autori del Novecento, alcune linee di tendenza predominanti e far emergere criteri largamente condivisi che possano dare qualche indicazione di percorso. Le riflessioni di metodo sono accompagnate da due casi esemplari, che permettono di affrontare concretamente sia i problemi legati all’edizione dei testi che la loro ricaduta critica e interpretativa: Gadda e Montale. Nel caso di Carlo Emilio Gadda ci troviamo di fronte a un’opera paradigmatica per molti aspetti teorici e pratici, sia nel rapporto edito/inedito e nella scelta del “non finito” (gran parte dei testi gaddiani è stata pubblicata molto tempo dopo la sua composizione e spesso senza una stretta sorveglianza da parte dell’autore), sia nel ruolo fondamentale giocato dal filtro editoriale nella ricezione critica dell’opera. Che all’opera di Montale sia stata dedicata la prima edizione critica di un autore vivente è un fatto determinante per capire la svolta a cui si è assistito nel Novecento, anche in relazione al concetto di “autore”: alla fisionomia dell’Opera in versi, infatti, hanno collaborato non meno i curatori, Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini, che il suo autore. Concetto che si è confrontato anche direttamente con i problemi di attribuzionismo legati allo studio dei manoscritti editi postumi. In entrambi i casi, per definire i criteri editoriali di un testo, viene riconosciuta l’importanza di una sua contestualizzazione storica e culturale e del suo inserimento in un circuito comunicativo che mette sempre piú in crisi il concetto di “ultima volontà dell’autore”, come è già accaduto da tempo nel mondo anglosassone. Scopo della filologia – per i testi del Novecento, ma non solo – non è tanto quello di restituire al testo una volontà decurtata, ma di ricostruire la sua storia interna ed esterna per una piú meditata e consapevole scelta editoriale. Non esistono infatti edizioni perfette, ma scelte editoriali operate, volta a volta, a seconda delle esigenze del lettore, ultimo ma piú importante anello del circuito letterario, il cui ruolo attivo nella definizione del testo viene sempre piú riconosciuto. Questo primo contribuito per una filologia dei testi del Novecento si rende ancora piú necessario da quando, nell’ultimo ventennio del secolo scorso, i testi sono passati – nel loro utilizzo e sempre piú anche nella loro 8

premessa

ideazione – dalla forma cartacea a quella digitale, con una nuova interessante commistione tra le due forme. Cosa leggiamo quando leggiamo un testo in rete? È possibile stabilire dei protocolli condivisi a livello internazionale per certificare l’affidabilità dei testi che leggiamo in rete o che possiamo scaricare sui nostri computer? A queste tematiche è dedicato l’ultimo capitolo del volume, che mette a confronto le piú avanzate proposte dei Textual studies del mondo anglosassone con la riflessione e la pratica filologica italiana e prende in esame alcuni casi di edizioni digitali, gettando uno sguardo anche sulla nuova frontiera dell’uso del web: le piattaforme interattive di web 2.0 che permettono di utilizzare collettivamente testi, immagini e progetti di lavoro in una concreta pratica di condivisione del lavoro editoriale e culturale. Solo da una riflessione sui criteri di edizione dei testi – sia su formato cartaceo che digitale – del secolo appena passato sarà possibile gettare le basi per la nuova filologia, che dovrà occuparsi dei testi di questo nuovo millennio. Testi che saranno ideati, scritti e pubblicati interamente in rete. Il presente volume rielabora e unisce tra loro osservazioni e riflessioni scaturite da una lunga esperienza editoriale, di pratica filologica e di ricerca, e dall’insegnamento nei corsi di Letteratura italiana e Filologia italiana tenuti dal 2005 al 2011 presso l’Università degli Studi di Siena e nel 20112012 presso l’Università degli Studi di Roma « Sapienza », relativamente ai problemi legati alle edizioni dei testi moderni. Alcuni capitoli, aggiornati e rivisti, hanno visto una prima pubblicazione nelle seguenti sedi: L’ultima volontà del curatore. Considerazioni sulle edizioni di testi del Novecento, in « Per leggere », v 2005, 8 pp. 191-224, e 9 pp. 169-98 [capp. 1, 2, parr. 1-2]; Le “penultime volontà” dell’autore. Considerazioni sulle edizioni d’autore del Novecento, in « Ecdotica », iii 2006, 3 pp. 174-86 [cap. 1, par. 2]; As you like it. Ovvero di testi, autori, lettori, ivi, viii 2011, 8 pp. 129-41 [cap. 1, par. 4]; L’errore nella tradizione a stampa. Seminario annuale « Prassi ecdotiche », in memoria di Giovanni Orlandi, Università degli Studi di Milano, 7 novembre 2011, a cura di A. Cadioli, in i.c.s. [cap. 2, par. 4]; Edizioni e scartafacci gaddiani, in Editing Gadda, a cura di P. Italia, num. mon. di « Edin9

premessa

burgh Journal of Gadda Studies », 2008, poi in P. Italia-G. Pinotti, Edizioni d’autore coatte: il caso di ‘Eros e Priapo’ (con l’originario primo capitolo, 19441946), in « Ecdotica », v 2008, 5 pp. 7-102 [cap. 3, par. 1]; Mali e rimedi estremi, in « Griseldaonline », novembre 2012 (http://www.griseldaonline.it/temi/estremi/indice.html) [cap. 3, par. 1]; rec. a P. Shillingsburg, From Gutenberg to Google, London, Cambridge Univ. Press, 2007, in « Ecdotica », iv 2007, 4 pp. 299-31 [cap. 4, par. 1]; rec. ad A. Anichini, Il testo digitale. Leggere e scrivere nell’epoca dei nuovi media, Milano, Apogeo, 2010, in « Ecdotica », vii 2010, 7 pp. 253-60 [cap. 4, par. 2]; rec. a P. Eggert, Securing the Past. Conservation in Art, Architecture, Literature, Oxford, Oxford Univ. Press, 2009, in « Ecdotica », vi 2009, 6 pp. 459-66 [cap. 4, par. 3]. La presentazione di Wiki Gadda si è svolta a Edimburgo, nell’ambito del Convegno dell’« Edinburgh Journal of Gadda Studies »: City Effects, City Defects. 2nd International Gadda Conference, Edinburgh, 18-19 giugno 2010 [cap. 4, par. 2]. Le osservazioni finali [cap. 4, par. 3] rielaborano una relazione tenuta alla tavola rotonda del Convegno ADI di Torino (L’italianistica oggi. La prospettiva filologica, in La letteratura degli Italiani, 3. Gli Italiani della letteratura. Atti del xv Congresso Nazionale dell’Associazione degli Italianisti Italiani (ADI), Torino, 14-17 settembre 2011, a cura di C. Allasia, M. Masoero, L. Nay, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 19-25). Il cap. 3, par. 2 è inedito. ★

Sono molte le persone con cui condivido da anni l’interesse per questi temi e che hanno sollecitato le riflessioni contenute in questo lavoro. Li voglio ringraziare collettivamente, ma ciascuno di loro sa perché: Gianni Antonini, Luca Baranelli, Ottavio Besomi, Francesco Botti, Alberto Cadioli, Paolo Canettieri, Stefano Carrai, Carlo Caruso, Simone Casini, Riccardo Castellana, Annalisa Cipollone, Roberta Colombi, Stefano Costa, Silvia De Laude, Lucio Felici, Francesca Ferrario, Simone Giusti, Maria Maddalena Lombardi, Emilio Manzotti, Donatella Martinelli, Salvatore Silvano Nigro, Ermanno Paccagnini, Giorgio Panizza, Federica Pedriali, Giorgio Pinotti, Giulia Raboni, Francisco Rico, Sara Rosini, Emilio Russo, Domenico Scarpa, Francesca Serra, Pasquale Stoppelli, Annamaria Testa, Natascia Tonelli, Massimiliano Tortora, Claudio Vela, Franco Zabagli, Enrico Zanini.

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premessa Ai partecipanti al gruppo di lavoro che coordino con Giorgio Pinotti, sulle opere di C.E. Gadda, di carta e di pixel, e che si sono avvicendati negli anni, devo le riflessioni che accompagnano lo studio filologico ed editoriale dei testi e la condivisione di una pratica quotidiana di ricerca: Chiara Baffa, Irene Baldoni, Alice Borali, Laura Borzí, Sara Buti, Valeria Cavalloro, Valeria Ciaccio, Giuditta Ciani, Simona Cifariello, Immacolata Coccia, Michela Danesi, Silvia Datteroni, Nicola Di Turi, Caterina Fontanella, Benedetta Francioni, Antonino Garufo, Carlotta Gentile, Milena Giuffrida, Margherita Gravagna, Susanna Grazzini, Flavio Lampus, Elena Mazzoli, Giulia Munaretto, Simona Palomba, Milena Pulito, Giulia Romanin Jacur, Irene Tani, Martina Tarasco. A Giuditta Ciani devo anche il paziente e attento lavoro di editing e la cura dell’indice dei nomi. Ringrazio Arnaldo Liberati, erede dello scrittore, per la liberalità e passione con cui segue l’o­ pera dell’ingegnere di letteratura. Marina Dattilo ha seguito l’editing redazionale con ammirevole pazienza e attenzione. Vorrei infine ringraziare alcuni autori per i libri che hanno scritto. Per avere intessuto con loro, come sempre avviene con i libri, un dialogo a distanza anche in assenza. Perché non li conosco direttamente, perché li conosco, ma non ho mai parlato con loro di questi temi, o perché li ho conosciuti, ma ci hanno lasciato troppo presto. E, come avviene con i libri, li ricordo in ordine alfabetico: Luciano Canfora (Filologia e libertà, Milano, Mondadori, 2008), Remo Ceserani (Gli strumenti letterari e le altre discipline, Milano, Bruno Mondadori, 2010), Franco Gavazzeni (Studi di filologia e critica sull’Ottocento e il Novecento, Milano, Ricciardi, 2009, e il volume collettivo Per Franco Gavazzeni. Ritratto di un maestro, Bergamo, s.e., 2010), Dante Isella (Esperienze di filologia d’autore, Padova, Liviana, 1987, e Un anno degno di essere vissuto, Milano, Adelphi, 2009), Peter Shillingsburg (From Gutenberg to Google, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2006). A loro sono grata per quanto ho imparato dalle loro ricerche e dalla loro passione per la ricerca. Perché tutti, pur nelle grandi differenze, hanno in comune l’interesse per l’antico, la curiosità per il nuovo e l’uso della filologia e della critica come antidoto al dogmatismo e fondamento della libertà di pensiero. Attitudini che ho appreso, prima di tutto, da mio padre, umanista di diritto, a cui questo libro è dedicato.

Paola Italia

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TAVOLA DELLE ABBREVIAZ ION I BI

= C.E. Gadda, Bibliografia e indici, a cura di G. Lucchini e L. Orlando, Milano, Garzanti, 1993. CO = E. Montale, La casa di Olgiate e altre poesie, a cura di R. Cremante e G. Lavezzi, Milano, Mondadori, 2006. DP = E. Montale, Diario postumo, a cura di R. Bettarini, Milano, Mondadori, 1996. EP 44-46 = C.E. Gadda, Eros e Priapo, redazione del 1944-1946 [A = ed. 1944-1945; A1 = ed. 1946 del cap. i] (http://www.filologiadautore.it/wiki). OV = E. Montale, L’opera in versi, ed. critica a cura di R. Bettarini e G. Contini, Torino, Einaudi, 1980. QI = « I quaderni dell’ingegnere. Testi e studi gaddiani », 2001-. RR = C.E. Gadda, Romanzi e racconti, ed. diretta da D. Isella, 2 to., Milano, Garzanti: i. Romanzi e racconti, a cura di G. Lucchini, E. Manzotti, R. Rodondi, 1988; ii. Romanzi e racconti, a cura di D. Isella, G. Pinotti, R. Rodondi, 1989. SFI = « Studi di Filologia Italiana », 1927-. SGF = C.E. Gadda, Saggi, giornali, favole e altri scritti, ed. diretta da D. Isella, 2 to., Milano, Garzanti: i. Saggi, giornali, favole e altri scritti, a cura di D. Isella, C. Martignoni, L. Orlando, 1990; ii. Saggi, giornali, favole e altri scritti, a cura di G. Gaspari, F. Gavazzeni, D. Isella, G. Pinotti, M.A. Terzoli, C. Vela, 1992. SVP = Id., Scritti vari e postumi, ed. diretta da D. Isella, a cura di D. Isella, P. Italia, G. Pinotti, A. Silvestri, C. Vela, Milano, Garzanti, 1993. I siti internet citati sono stati consultati durante l’editing finale del volume, l’8 marzo 2013.

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1 AUTORE, C URATORE, LETTORE

1. Per una filologia del Novecento La proliferazione di edizioni scientifiche e di edizioni critiche riservate ad autori del Novecento (anche viventi) e la nascita e lo sviluppo della filologia d’autore,1 sono dati storici con cui la filologia italiana comincia a doversi confrontare. Il Novecento si dispone ora all’attenzione storica e filologica sia per quantità di dati su cui riflettere, che per la loro qualità, tanto da poter costituire una sezione a sé nella ormai vasta offerta dei manuali di filologia italiana. È un fatto, però, che proprio la mancanza di una riflessione adeguata sull’edizione dei testi del Novecento sia ancora oggi la causa principale di edizioni (o piú spesso riedizioni) che non chiariscono al lettore le motivazioni alla base delle scelte testuali operate dal curatore (quando c’è), o dalla casa editrice (quando il testo viene pubblicato senza una nota al testo) sia per quanto concerne l’edizione scelta come “testo-base”, che per le singole lezioni adottate. Non bisogna dimenticare, infatti, che nella pratica editoriale dei testi del Novecento, se l’autore di un’opera è un soggetto unico (anche quando non sia un unico individuo, ma nella prassi filologica e nella riflessione critica viene considerato come tale), l’autore della sua realizzazione editoriale è un soggetto multiplo, che comprende almeno tre figure: 1) l’autore 1. A vent’anni dal suo “atto di fondazione” ad opera di D. Isella in Le carte mescolate. Esperienze di filologia d’autore, Padova, Liviana, 1987 (nuova ed. Le carte mescolate vecchie e nuove. Esperienze di filologia d’autore, Torino, Einaudi, 2009), dopo l’importante capitolo dedicato alla filologia d’autore da A. Stussi (Varianti d’autore e filologia d’autore, in Id., Introduzione agli studi di filologia italiana, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 106-10 e 155-261) e gli Atti del Seminario tenuto a Pavia il 5-6 dicembre 1996 (Due seminari di filologia, a cura di S. Albonico, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1999), si può leggere un primo panorama storico e metodologico della disciplina in P. Italia-G. Raboni, Che cos’è la filologia d’autore, Roma, Carocci, 2010 (e cfr. anche il portale http://www.filologiadautore.it).

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vero e proprio; 2) il curatore della sua opera; 3) il redattore che si incarica di seguirne tutti i passaggi redazionali, dal dattiloscritto alla stampa. Ciò è vero in relazione a opere di scrittori viventi e di autori scomparsi; nel primo caso perché ai grandi autori del Novecento, considerati alla stregua di “classici”, viene dedicata una cura editoriale solitamente riservata agli scomparsi, e intorno alla loro opera convivono curatore e redattore in col­ laborazione reciproca con l’autore; nel secondo caso perché il curatore dell’opera di un autore scomparso, per operare le sue scelte testuali, dovrà ricostruire la storia editoriale dei testi che si propone di curare. E se una riflessione sui problemi legati all’edizione dei testi (e non solo del Novecento) è, necessariamente, una riflessione sul concetto dell’ “ultima volontà dell’autore”, la presenza di un soggetto multiplo nella realizzazione editoriale dei testi nel Novecento porta a dover prendere in esame, accanto alla “volontà dell’autore”, anche le volontà, piú o meno dichiarate, dei suddetti soggetti, tanto che non è un paradosso dire che la filologia del Novecento, per chiarire le proprie ragioni e i propri metodi di lavoro, deve fare i conti anche con l’ “ultima volontà del curatore” (assimilando a questa categoria anche quella del redattore che, in assenza del curatore ufficiale di un’opera, e in mancanza di criteri editoriali o di collana che facciano aggio sull’individuale situazione testuale, fa le veci del curatore, pur non essendo tenuto a dichiarare le proprie scelte testuali).2 Si pensi alla pubblicazione di singoli testi o opere in raccolta, i cui testi abbiano avuto piú stampe vivente l’autore, per cui il curatore deve decidere quale stampa seguire, o quale impianto dare all’opera complessiva e in quale edizione presentare i singoli testi. Ma si pensi anche a tutti i cosiddetti « interventi redazionali » operati sul testo, che molto spesso non si limitano all’emendazione dei patenti refusi o a fatti puramente grafici 2. Di qui l’importanza, per la filologia del Novecento, degli studi di “storia dell’editoria” (per la prassi correttoria delle principali redazioni), di “sociologia della letteratura” (per i problemi connessi alla ricezione del testo) e di “archivistica editoriale” (per lo studio degli usi correttori redazionali testimoniati dai manoscritti e dalle bozze), che negli ultimi anni hanno avuto un notevole sviluppo.

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1 · autore, curatore, lettore

come l’uniformazione delle virgolette,3 ma riguardano correzioni piú cospicue che vanno dalla punteggiatura all’adozione di vere e proprie varianti (e non sempre, anche in presenza di un curatore, tali interventi vengono segnalati). 2. Le “penultime” volontà dell’autore Attraverso gli archivi editoriali – di cui solo di recente è stata riconosciuta l’importanza storica e letteraria – è ora possibile ricostruire la genesi e l’evoluzione dei testi attraverso tutte le varie fasi del percorso editoriale: dal manoscritto, al dattiloscritto mandato in composizione, alle bozze in colonna, alle bozze impaginate, alla stampa. Percorsi in cui l’autore interagisce continuamente con le figure editoriali demandate alla realizzazione editoriale della propria opera: a partire dal tipografo, al proto (o correttore di bozze), al redattore, al responsabile di collana, fino al direttore della casa editrice. Non c’è Nota al testo di edizione scientifica del Novecento4 che non affronti direttamente i problemi relativi alla collaborazione (o alla mancanza di collaborazione) dell’autore alla fase finale della realizzazione editoriale della sua opera. La volontà dell’autore si esplica cosí, a diversi gradi, fino alla pubblicazione del volume, atto con il quale tale volontà acquista un valore definitivo e irreversibile. Diversamente, in tutte le fasi di redazione e di edizione, l’autore del Novecento manifesta volta a volta diverse volontà, diverse “penultime” volontà, che possono o meno trovare una compiuta attuazione a seconda delle relazioni intessute con le varie figure demandate alla realizzazione editoriale del testo. La fenomenologia degli interventi degli autori in tipografia è molto varia e può essere utile tentarne una classificazione, non solo per com3. Su questo punto torneremo nel cap. 2, par. 2, dedicato all’ “ultima volontà dell’autore” nelle singole lezioni del testo. 4. Con “edizione scientifica” si intende un’edizione in cui il curatore dà conto delle scelte testuali, degli interventi operati sul testo, e, in una Nota (o Notizia) specifica, illustri la storia interna ed esterna del testo stesso, ovverosia la sua genesi e l’evoluzione della sua fisionomia, seguendo tutti i passaggi del percorso editoriale.

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editing novecento

prendere meglio le varie fasi della redazione ed edizione di un testo, ma perché tali interventi autoriali, cosí come non sono senza conseguenze nelle scelte testuali adottate in quella particolare edizione, realizzata vivente l’autore, non lo sono nelle scelte che i successivi curatori dovranno fare in assenza dell’autore stesso. Vale a dire che le soluzioni testuali adottate nell’edizione dei testi del Novecento, dipendono anche dalla valutazione che il curatore farà di queste “penultime volontà dell’autore”, fermo restando che l’edizione di un testo postumo è sempre il frutto di un compromesso tra volontà dell’autore e ultima volontà del curatore. Vediamo quindi una possibile casistica degli interventi che l’autore del Novecento opera in tipografia, ovvero in quella fase di realizzazione editoriale che va dall’invio del manoscritto alla correzione delle ultime bozze. Vale la pena di ricordare che questa tipologia di interventi non riguarda solo la storia redazionale della prima edizione di un’opera, ma qualsiasi intervento d’autore anche su edizioni successive alla prima. Gli interventi realizzati possono essere: 1) varianti d’autore; 2) correzioni di errori d’autore; 3) correzioni di errori di redazione. Vorrei qui brevemente portare qualche esempio concreto di questi interventi, utilizzando come materiale di esemplificazione una serie di opere di Moravia,5 un autore particolarmente adatto allo scopo per ampiezza della produzione letteraria, che copre tre quarti di secolo, e per fedeltà al suo editore, Valentino Bompiani; un autore che, sebbene abbia auto-alimentato una propria leggenda di primitivismo linguistico e stilistico,6 in 5. Faremo riferimento alle seguenti edizioni A. Moravia, Opere, ed. diretta da E. Siciliano, Milano, Bompiani: to. i. Romanzi e racconti, 1929-1940, a cura di F. Serra, 2000; to. ii. Romanzi e racconti, 1941-1949, a cura di S. Casini, 2002; to. iii. Romanzi e racconti, 1950-1959, a cura di S. Casini, 2004. 6. Riguardo al testo di esordio, Gli indifferenti, pubblicato (a sue spese) nel 1929, Moravia stesso ricorda che « fu notato che la punteggiatura del libro lascia molto a desiderare. Ciò dipende dal fatto che mentre lo scrivevo non usavo alcuna punteggiatura, limitandomi a separare l’un periodo dall’altro con una lineetta o uno spazio bianco. E questo perché sebbene scrivessi in prosa, ogni frase mi veniva fuori con la proprietà ritmica e solitaria di un verso. Poi, a composizione finita, distribuii un po’ a caso la punteggiatura. Ma in molti luoghi il periodo era cosí fatto che mi accorgo troppo tardi che forse non avrei dovuto mettere alcuna punteggiatura e presentare il libro cosí come m’era venuto fatto di scriver-

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1 · autore, curatore, lettore

realtà mostra un’attenzione quasi maniacale agli aspetti editoriali e tipografici del testo (e del paratesto) e un particolare attivismo in tipografia che lo porta a sperimentare, in forme pionieristiche, una vera e propria curatela di se stesso.7 2.1. Varianti d’autore La prima categoria comprende una tipologia di interventi molto comune e piuttosto varia, che spazia dalle varianti vere e proprie agli incrementi testuali, alle espunzioni. Riguardano questa prima categoria (i cui innumerevoli esempi non mi soffermerò a illustrare) anche quelle tipologie correttorie sistematiche volte a modificare il testo da un sistema linguistico a un altro, come la sostituzione costante che Moravia effettua negli anni Cinquanta del fascista voi con il “liberato” lei; un intervento che non si può considerare come una correzione di errore, ma come una vera e propria variante, anche se va nella direzione della correzione di una “variante coatta d’autore”.8 Il 7 ottobre 1951, restituendo a Bompiani le bozze dei Racconti, Moravia scrive: Ti rimando le bozze, finalmente. Mi sembra che venga fuori un bellissimo libro, almeno per quanto posso giudicarne io che ne sono l’autore. Senza vanità, ci sono lo ». E ancora nella Breve Autobiografia letteraria: « Non essendo mai stato a scuola, nessuno mi aveva insegnato la punteggiatura. […] Ho scritto tutto il libro in questo modo: ogni frase prima me la dicevo ad alta voce e poi la scrivevo. Per congiungere una frase all’altra, mettevo un trattino. […] [La punteggiatura] l’ho messa dopo, un po’ a caso, come si mette il sale nell’insalata » (Moravia, Opere, cit., to. i p. ix). 7. Tanto da progettare insieme all’editore, a partire dal 1949, la realizzazione editoriale dell’opera omnia, in volumi rilegati, che Bompiani pensa inizialmente di corredare con riproduzione di manoscritti (come i Classici Mondadori facevano negli stessi anni, per le opere di D’Annunzio, Papini, Ojetti, ecc.); una decisione che incontra l’opposizione dello stesso autore: « penso che bisogna scartare l’idea del fac-simile del manoscritto e questo per due motivi: il primo che non ho piú i manoscritti dei miei libri, soprattutto dei primi, e non mi pare opportuno rifarli ora, con una calligrafia del tutto cambiata; il secondo che veramente mi pare una cosa un po’ troppo solenne e piuttosto da autore già morto e giubilato che da autore vivo e neppure anziano » (Moravia, Opere, cit., to. i p. 2091). 8. Sulle “varianti coatte d’autore” vd. la definizione di L. Firpo, qui al cap. 2, par. 2 n. 105.

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editing novecento dentro tra le mie cose migliori. Ho corretto meglio che ho potuto, con infinita ripugnanza. Cerca di far fare una nuova bozza, piú accurata che sia possibile, perché la mia correzione non è stata perfetta. Soprattutto quel maledetto voi fascista che dovunque o quasi (salvo nella novella L’avventura) ho voluto rimpiazzare con il lei mi ha dato del filo da torcere. Di’ al correttore di stare attento se caso mai qualche voi littorio mi fosse sfuggito.9

Un caso di espunzione celebre riguarda un episodio del Conformista (da collocare probabilmente alla fine del Prologo) relativo alla marcia su Roma, eliminato dal romanzo tra il 1950 e il 1951 e pubblicato sul n. 10 di « Comunità » del gennaio-febbraio 1951 (il 15 aprile dello stesso anno esce invece il volume), per ragioni che vengono apparentemente dichiarate di « equilibrio costruttivo ».10 Il capitolo espunto è stato ripubblicato solo negli anni Novanta da Tonino Tornitore (1993) e Marino Biondi (1994).11 Anche su un episodio finale del romanzo, la resurrezione di Lino, il camionista ucciso dal protagonista adolescente, episodio che non era piaciuto a Bompiani, Moravia ha qualche perplessità e inizialmente decide di eliminarlo perché dà un senso di intrusione dell’autore nell’azione. Ma per questo è tanto piú necessario che i traduttori stranieri non comincino la traduzione prima di avere avuto il libro oppure le ultime bozze già corrette definitivamente. Ti prego di provvedere in proposito. Altrimenti si rischia di avere due versioni del libro, una italiana e una straniera.12

Ma, poco dopo, torna sulle sue decisioni e lascia definitivamente l’episodio « perché ci vuole. Togliendolo il libro veniva ad avere un significato diverso da quello che avevo voluto dargli ».13 9. Moravia, Opere, cit., to. iii p. 2093. 10. Ivi, p. 2072. 11. A. Moravia, Il conformista, con un capitolo inedito a cura di T. Tornitore, Milano, Bompiani, 2002, e M. Biondi, Il capitolo escluso dal romanzo ‘Il conformista’ di Alberto Moravia, in « Inventario », iii 1994, 3 pp. 27-39; poi in Moravia, Opere, cit., to. iii pp. 337-54. 12. Moravia, Opere, cit., to. iii p. 2078. 13. Per le conseguenze interpretative di questa fallita espunzione cfr. la Nota di S. Casini a A. Moravia, Il conformista, in Id., Opere, cit., to. iii pp. 2072 sgg.

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1 · autore, curatore, lettore

Un altro caso di espunzione riguarda la storia editoriale del Disprezzo, pubblicato da Bompiani nel 1954. Durante la revisione delle bozze, infatti, Moravia decide di eliminare addirittura un intero capitolo, il tredicesimo, ma non ne avvisa l’editore, e solo l’attenzione dei redattori permette di evitare un errore di numerazione: « nell’impaginare Il disprezzo, notiamo che la progressione dei capitoli salta da xii a xiv. Il salto però è corretto nella numerazione delle pagine del dattiloscritto, e siamo quindi venuti alla conclusione che il capitolo è stato soppresso volontariamente da Lei. Ci regoliamo quindi in conseguenza per la numerazione dei capitoli ».14 2.2. Correzioni di errori d’autore La seconda categoria entra invece nel vivo del lavoro redazionale e riguarda la correzione di errori di cui l’autore si accorge in corso di redazione e che interviene a modificare prima che il volume sia stampato (o che interviene a correggere nelle successive edizioni). In questo caso si tratta di distinguere tra errori di sostanza ed errori di forma. Vi possono essere infatti casi in cui il narratore si accorge (spontaneamente, o su indicazione di altri) di avere inserito nel testo delle palesi incongruenze, presenti sin dall’originario manoscritto o dattiloscritto. Relativamente al Conformista, di cui abbiamo già parlato, dopo il finito di stampare emergono alcuni errori di sostanza che potranno essere sanati solo dalla seconda edizione, del settembre 1951, che segue di pochissimi mesi la prima del precedente aprile. Già nel giugno, infatti, Moravia scrive a Bompiani inviando una « nota degli errori da correggere » in vista della seconda edizione, per « togliere due o tre sviste che mi sono state segnalate da amici ». Due sviste sono di carattere topografico. La prima non era sfuggita ad Antonio Baldini, che sul « Corriere della Sera » dell’8 agosto, nella rubrica Tastiera, aveva criticato: « lo smarrone topografico […] di fare arrivare il lettore a Monte Mario dopo avere attraversato il popolare quartiere di 14. Nota del 31 agosto 1954, pubblicata in S. Casini, Nota a A. Moravia, Il disprezzo, in Id., Opere, cit., to. iii p. 2134.

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Testaccio, che sarebbe veramente un buscar el norte por el sur  ». La seconda riguarda invece la topografia di Parigi. Altre due “sviste” sono dovute al divieto di fumare in biblioteca, dove il protagonista sfoglia le vecchie annate del quotidiano per ritrovarvi notizia del delitto che lui stesso aveva commesso. La quarta riguarda il fatto che nel periodo in cui è ambientato il testo (prima della seconda guerra mondiale), non si poteva scrivere « durante l’altra guerra », che viene prontamente corretto in « durante la guerra »: un errore d’autore che una redazione attenta avrebbe potuto fargli evitare. Analogamente, era sfuggito a Moravia e alla redazione che se di un personaggio si dice che non fuma non lo si può poco dopo mostrare mentre si accende una sigaretta, come accade a p. 263 della prima edizione. In qualche caso ci si trova di fronte a errori che sono insieme di sostanza e forma, come una citazione sbagliata in cui un « aveva » al posto di « avea » muta il testo e contemporaneamente ne falsa la regolarità metrica. È quanto avviene, ancora nel Disprezzo, il 13 novembre, purtroppo a romanzo pubblicato. Moravia riscontra infatti una citazione errata del sonetto 317 del Canzoniere di Petrarca: « Invece di scrivere Tranquillo porto avea mostrato amore, è stato scritto Tranquillo porto aveva mostrato amore, e cosí l’endecasillabo di Petrarca è andato a gambe per aria. Non so se la colpa sia mia o della dattilografa (che aveva sbagliato altri versi che corressi sulle bozze) o della tipografia. Comunque l’errore è seccante ».15 2.3. Correzioni di errori redazionali Quest’ultima categoria riguarda invece gli errori introdotti da redattore o tipografo in fase di composizione del testo o di impaginazione. Anche in questo caso si può trattare di errori di sostanza o di forma. Vediamo alcuni casi concreti. Una vicenda editoriale molto tormentata riguarda La romana.16 Dopo una complessa stesura (in soli quattro mesi del 1946), ai primi di febbraio del 1947 il dattiloscritto viene mandato in composizione e già il 7 febbraio 15. Ivi, p. 2135. 16. S. Casini, Nota a A. Moravia, La romana, in Id., Opere, cit., to. ii pp. 1896-905.

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il testo è in bozze. Ma qui la storia editoriale del volume subisce ulteriori complicazioni, in quanto Moravia consegna la sua copia del dattiloscritto al regista americano (di origine russa) Victor Stoloff, intenzionato a realizzare la riduzione cinematografica del libro (di cui acquista i diritti prima ancora che il romanzo sia pubblicato), e chiede perciò a Bompiani di far trarre dal dattiloscritto giacente presso la casa editrice una copia per potere iniziare a lavorare sulla sceneggiatura. Ma di fronte alla copia realizzata dalla dattilografa Moravia avanza subito numerose proteste: la copia da voi fatta fare a Milano e inviata alla signorina Bertrand non può assolutamente servire alla traduzione perché la dattilografa, con pazzesco e bestiale criterio ha copiato il romanzo mettendo un’infinità di capoversi dove non ci sono. Tutta la seconda parte del romanzo cosí è sfigurata e incomprensibile.

Per la seconda edizione prepara quindi una copia con alcune correzioni che non vengono recepite dal testo, suscitando nuove proteste; ma i problemi maggiori sorgono quando il volume entra nella collana delle « Opere complete », nel marzo 1953 (senza che all’autore fossero state inviate le bozze per una revisione). In una lettera del 13 ottobre, Moravia lamenta, a stampa avvenuta, la scarsissima cura redazionale, in quanto l’edizione è piena non soltanto di errori di stampa ma addirittura di omissioni ossia parole mancanti, sensi stravolti etc. etc. Questo mi dispiace molto e vi prego perciò se fate una nuova edizione di mandarmi le bozze.

A parziale discolpa dei redattori e dei correttori, il direttore editoriale Capasso cosí si pronuncia in una nota interna a Bompiani, il 15 ottobre 1953: « ricordo che degli errori esistevano già nell’edizione normale. Non bisogna dimenticare che Moravia è un cattivo correttore e certamente esagera. Comunque il libro sarà riletto con attenzione confrontandolo con la prima edizione » (ma abbiamo visto come Moravia avesse già preparato alcune correzioni su questa prima edizione, correzioni, che, non essendo state recepite dalla seconda edizione, sarebbero dovute entrare nella terza). La protesta moraviana suscita però un terremoto editoriale. Dopo una lettera di scuse dello stesso Capasso a Moravia (« Lei sa la cura che mettiamo nella correzione delle bozze. Non escludiamo però che qualche cor21

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rettore abbia corretto arbitrariamente quelli che sono voluti idiotismi e studiate sprezzature semantiche, prendendole per errori di macchina ») l’intero ufficio dei correttori viene sostituito. Nonostante il dichiarato maggiore scrupolo redazionale, sul testo del­ la Romana finisce per accumularsi « una notevole massa di variazioni e re­ fusi », che continuano a circolare nelle edizioni tascabili, ristampate an­ che recentemente (l’edizione del 1986 delle Opere 1927-1947 e quella dei « Grandi Tascabili » del 1992 e del 19943).17 Smentiscono la presunta disattenzione di Moravia per l’aspetto redazionale delle sue opere anche le vicende del Conformista, che reca abbondante testimonianza di correzione degli errori redazionali. Intorno al 10 febbraio 1951 Moravia riceve le seconde bozze, che cosí commenta: « Al primo sguardo ho visto che sono molto scorrette e che spesso il correttore non ha tenuto alcun conto delle correzioni che avevo fatto sulle prime bozze »; e di nuovo il 20 febbraio: « Guarda che l’ultima correzione delle bozze sia fatta con la cura piú grande. Ho trovato in queste bozze righe intere saltate e molti errori. Ti prego di farle correggere con la massima cura. […] Come si spiega che nelle seconde bozze sono saltate via intere righe che c’erano nelle prime? Non capisco: i piombi non sono gli stessi? ». Nonostante i toni concilianti e rassicuranti di Bompiani (« sempre facciamo correggere noi le bozze prima di mandarle all’autore, ma questa volta evidentemente hanno avuto soggezione della tua premura. Stai comunque tranquillo che le faremo rileggere attentissimamente », lettera del 21 febbraio), Moravia chiede nuove assicurazioni in una lettera di fine febbraio (« Altrimenti dovresti mandarmi delle terze bozze, che io potrei rimandarti in tre giorni ») e ancora al momento di rispedirle a Milano, intorno al 1° marzo (« se tu mi prometti che la correzione vostra sarà definitiva rinunzio ad una terza bozza. Ciò che mi spaventa un poco è che nelle seconde bozze c’erano errori, soprattutto salti di righe intere, che nelle prime non c’erano »).18 17. Una completa documentazione degli interventi riportati qui e avanti si ha nella citata Nota a Moravia, La romana, cit., to. ii pp. 1904-5. 18. S. Casini, Nota a Moravia, Il conformista, cit., to. ii pp. 2067-87.

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Un’attenzione rivolta anche, nonostante la dichiarata sprezzatura, verso gli aspetti interpuntivi del testo, con una consapevolezza anche normativa che smentisce la sprezzatura stessa. Restituendo le bozze del Disprezzo alla redazione, infatti, Moravia dichiara: « Rimando le bozze in pagina che richiedevano una ultima pulitura. Tra l’altro ho tolto mille punti esclamativi che nel manoscritto non c’erano. Il punto esclamativo in italiano non si dovrebbe metter quasi mai ».19 Un caso particolare di errori redazionali riguarda i fenomeni tipografici derivanti da una scorretta impaginazione del testo. E a questo proposito ancora l’officina redazionale moraviana fornisce materiale interessante. È il caso infatti di Agostino, la cui prima edizione del 1944 (Roma, Documento Editore) subito riedita da Bompiani nel 1945, viene nuovamente pubblicata da Bompiani nel 1953 nei Romanzi brevi, secondo volume delle Opere di Alberto Moravia, con varianti circoscritte sostanzialmente alla consueta correzione del voi al lei, ma anche, proprio per un errore di impaginazione, con quattro capitoli anziché cinque, com’era invece nella princeps. Che cosa era successo? Nel volume, i capitoli non venivano introdotti da un titolo, o da un titolo corrente, ma solo da uno stacco di pagina. Quando il capitolo precedente terminava in pagina dispari, l’inizio del nuovo capitolo era segnalato da una pagina bianca pari che precedeva l’inizio del capitolo stesso. La divisione in capitoli nelle prime due edizioni (1944, 1945) era la seguente: capitolo i Inc. Nei primi giorni d’estate, Agostino e sua madre uscivano tutte le mattine sul mare in patino. Expl. Cosí, nonostante ogni suo sforzo, le gite continuavano. capitolo ii Inc. Un giorno Agostino stava seduto nella rena dietro la sedia a sdraio della madre […]. 19. « L’appunto dello scrittore, come già in altre occasioni, determina una sequela di proteste e di scuse, e dopo una nota interna del direttore di redazione (“tutti gli esclamativi erano sul dattiloscritto e furono lasciati da Moravia sulla bozza in colonna. Aggiungo che delle numerose correzioni apportate sull’ultima bozza, solo pochi sono i refusi e negli altri casi si tratta sempre di correzioni d’autore”), Bompiani il 16 settembre difende i suoi correttori » (S. Casini, Nota a Moravia, Il disprezzo, cit., to. iii p. 2134).

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editing novecento Expl. Poi, camminando in fretta sulla sabbia specchiante, in riva al mare, si avviò verso il bagno Speranza. capitolo iii Inc. Non era cosí tardi come temeva; giunto allo stabilimento scoprí che la madre non era ancora tornata. Expl. Volgendosi indietro vide lontano, sulla spiaggia rabbuiata, i ragazzi che aiutavano il Saro a tirare a secco la barca. capitolo iv Inc. Dopo quel primo giorno incominciò per Agostino un giorno lungo e pieno di tormenti; Expl. Cosí si trovava ad avere perduto la primitiva condizione senza per questo essere riuscito ad acquistarne un’altra. capitolo v Inc. Un giorno di quella fine d’estate, i ragazzi della banda e Agostino si recarono in pineta per cacciare uccelli e ricercare funghi. Expl. Ma non era un uomo: e molto tempo infelice sarebbe passato prima che lo fosse.

Nella prima edizione, il capitolo i terminava a p. 153 e il capitolo successivo iniziava a p. 154 senza che però vi fossero « segni di cesure narrative », sicché gli impaginatori dell’edizione del 1953 non si accorgono dello stacco tipografico e impaginano il testo come se i primi due capitoli fossero un capitolo unico, con il risultato di ridurre il numero complessivo dei capitoli a quattro, anziché gli originali cinque.20 Questa la divisione dei capitoli nell’edizione del 1953: capitolo i Inc. Nei primi giorni d’estate, Agostino e sua madre uscivano tutte le mattine sul mare in patino. Expl. Poi, camminando in fretta sulla sabbia specchiante, in riva al mare, si avviò verso il bagno Speranza. capitolo ii Inc. Non era cosí tardi come temeva; giunto allo stabilimento scoprí che la madre non era ancora tornata. Expl. Volgendosi indietro vide lontano, sulla spiaggia rabbuiata, i ragazzi che aiutavano il Saro a tirare a secco la barca. capitolo iii Inc. Dopo quel primo giorno incominciò per Agostino un giorno lungo e pieno di tormenti; Expl. Cosí si trovava ad avere perduto la primitiva condizione senza per questo essere riuscito ad acquistarne un’altra. 20. S. Casini, Nota ad A. Moravia, Agostino, in Id., Opere, cit., to. ii pp. 1874-75.

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1 · autore, curatore, lettore capitolo iv Inc. Un giorno di quella fine d’estate, i ragazzi della banda e Agostino si recarono in pineta per cacciare uccelli e ricercare funghi. Expl. Ma non era un uomo: e molto tempo infelice sarebbe passato prima che lo fosse.

Nelle edizioni successive si crea la grottesca situazione di una doppia tradizione testuale: un gruppo di ristampe (1955, 1973, 1979, 1992) segue la forma del 1945 (con cinque capitoli e utilizzo del voi), un altro gruppo (1974, 1999) segue quella del 1953 (con quattro capitoli e aggiornamento con il lei). In successive ristampe, come quella del 1999, « si aggiungono […] ulteriori normalizzazioni redazionali del lessico moraviano » come la correzione sistematica e consistente di « patino » nel settentrionale « pattino ». Le conseguenze di questa doppia tradizione testuale in sede critica sono evidenti, fin dall’impossibilità di capire a quale capitolo ci si riferisce di fronte alla citazione del « capitolo primo » di Agostino (che, nel secondo gruppo di ristampe, comprende anche il capitolo secondo). Solo l’ultima edizione delle Opere del 2002 sana la situazione testuale, reintegrando a testo l’edizione originaria e ricostruendo la genesi dell’errore.21 La varia tipologia che abbiamo brevemente considerato potrebbe essere incrementata di innumerevoli esempi,22 poiché non c’è autore del No21. Nelle Opere, all’edizione del 1944 viene preferita quella, di poco successiva del 1945, comprendente correzioni di refusi subito segnalati dall’autore, cfr. la Nota di S. Casini a Moravia, Agostino, cit., to. ii p. 1875. 22. Si veda l’ampia serie di esempi (le richieste di conservazione dell’assetto linguistico e grafico della princeps dell’Isola di Arturo da parte di Elsa Morante, i diktat di D’Annunzio ai tipografi, la bassanizzazione del Gattopardo) in A. Cadioli, Le diverse carte. Osservazioni sull’intermediazione editoriale e la trasmissione del testo in età contemporanea, in « Bollettino di Italianistica », n.s., iii 2006, pp. 143-57 (poi rielaborate in Id., Le diverse pagine, Milano, Il Saggiatore, 2012, volume imprescindibile per gli studiosi di letteratura, editoria e storia editoriale del Novecento, uscito quando queste pagine erano già pronte per la stampa, ma di cui parlo in « Ecdotica », ix 2012), e Id., La materialità nello studio dei testi a stampa, in La materialità nella filologia, a cura di A. Cadioli e M.L. Meneghetti, in « Moderna », x 2008, 2 pp. 33-39 (gli interventi senza slittamento di impaginato di Arbasino nella ristampa di Specchio delle

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editing novecento Agostino prima edizione Documento Editore, Roma 1944

Agostino Romanzi brevi, « Opere di Alberto Moravia », vol. ii, Milano, Bompiani, 1953

uso del voi cinque capitoli

uso del lei quattro capitoli

« I Delfini », Milano, Bompiani, 1955

Opere, vi, Milano, Bompiani, 1974

« I piccoli delfini », Milano, Bompiani, 1973

« I Grandi Tascabili », Milano, Bompiani, 197316

« Tascabili Bompiani », Milano, Bompiani, 1979, 199215

Agostino Opere, ii, « Classici Bompiani », Milano, Bompiani, 2012

mie brame, l’arbitraria eliminazione degli spazi bianchi nelle ristampe di Moscardino di Enrico Pea, fino alla conservazione di Carducci di un errore di stampa nel sesto sonetto di Ça ira, inizialmente accolto perché « forse sta meglio », ma poi corretto in tutte le edizioni successive alla princeps, ecc.).

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vecento che non abbia riservato – tranne rarissimi casi – una particolare attenzione alla macchina editoriale dei propri testi, intesa nei suoi aspetti redazionali, ma anche commerciali, di produzione, lancio pubblicitario del volume, ecc. Si potrebbe dire che l’autore del Novecento, in tipografia, diventa una sorta di curatore di se stesso, ma anche di promotore, di agente letterario di se stesso (e gli esempi di Moravia che abbiamo ricordato sono particolarmente significativi a riguardo). L’azione dell’autore in tipografia, inoltre, non è senza conseguenze ecdotiche. Di fronte, ad esempio, a errori d’autore palesemente riconosciuti come tali e subito corretti in una successiva edizione, il curatore che avesse inizialmente deciso di dare a testo la prima edizione di un’opera, può considerare invece piú valida e quindi degna di essere messa a testo la seconda edizione, soprattutto se, come abbiamo visto nel Conformista, segue la prima di pochissimo tempo.23 E ancora, di fronte a casi come quelli considerati della Romana, del Disprezzo, del Conformista, in cui l’autore si accorge solo dopo l’andata in stampa di errori (imputabili alla redazione piuttosto che all’autore), che poi non riesce a correggere nelle edizioni successive, cosa si dovrà fare? Dare compiuta realizzazione editoriale alla volontà dell’autore o rappresentare in modo fedele la lezione della stampa, ancorché scorretta? Si apre, come si può vedere, uno scenario complesso, in cui le « penultime volontà dell’autore » si scontrano con l’« ultima volontà del curatore », che, soprattutto nel Novecento, diventa, al pari dell’autore, il vero protagonista della vita editoriale e tipografica del testo. 3. L’ultima volontà del curatore 3.1. Uno « sguardo a un altro pianeta »: autorità dell’autore e autorità della stampa Premesso che una riflessione sull’ultima volontà dell’autore (e del curatore) di ordine storico e filologico come la presente può limitarsi a prendere in esame solo gli aspetti testuali ed editoriali del problema, e 23. Questa la scelta del curatore, cfr. la Nota a Moravia, Il disprezzo, cit., p. 2086.

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1. Quali testi per quali navigatori? È sotto gli occhi di tutti che siamo di fronte a un momento storico di ridefinizione della comunicazione. Non si tratta, beninteso, di una rivoluzione culturale paragonabile a quella che ci ha portato dall’oralità alla scrittura. Siamo ancora immersi (ma il passaggio dalla tastiera al riconoscitore vocale – dicono – sia dietro l’angolo) in quell’onda lunga della scrittura che è sottoposta da almeno una ventina d’anni a un processo di ridefinizione, insediata com’è da altri linguaggi e che costringono la scrittura stessa a trovare nuove dimensioni. Raffaele Simone, già nel 2000, aveva parlato di una « Terza Fase »,1 che muoveva da « forme strutturate e precise a forme generiche e destrutturate », e che necessariamente comportava una perdita della centralità della “civiltà” della scrittura stessa, cosí come una serie di critiche al pensiero “logico-sintattico” derivante dalla scrittura. È proprio in momenti come questo, che la velocità imposta dalla spinta in avanti va bilanciata con il tempo lungo di una riflessione storica. E che si elaborano modelli culturali in grado di dare maggiore consapevolezza di sé nel presente, per preparare ai cambiamenti del futuro. Non che questi temi non siano già stati affrontati. Gli studi sui cambiamenti della testualità indotti dall’introduzione della videoscrittura e del web possono ormai riempire interi scaffali di libreria (e viaggiano leggeri sui nostri device). La percezione del cambiamento in atto ha sollecitato molte riflessioni, soprattutto in ambito anglosassone, ma non solo. E non sempre con risultati originali o utili, fino a una sorta di overlapping di titoli che sembrano l’uno la fotocopia dell’altro (la ricerca del sintagma « digital text » in Google books produce piú di dodicimila titoli correlati…), dalle prospet1. R. Simone, La terza fase, Roma-Bari, Laterza, 2000.

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tive piú pragmatiche a quelle piú teoriche, a dimostrazione di come siano forti, nei momenti di grande cambiamento, le spinte alla storicizzazione e alla messa a punto di quanto si va a superare. Può essere utile, invece, per gettare le fondamenta della filologia del Duemila, la filologia che si occuperà di testi progettati, scritti e comunicati direttamente in rete, recuperare una prospettiva storicistica, ritornare cioè a quelle forme di elaborazione del sapere che hanno caratterizzato altri grandi momenti di cambiamento e che, muovendo dal passato, possono dare alcune direzioni di ricerca per il futuro.2 Non sarà solo un paradosso, ma i device che si contendono il mercato – e che le case produttrici si guardano bene dallo sviluppare su piattaforme e con modelli condivisi – muovono tutti verso un unico dispositivo che sia in grado di unire prestazioni di comunicazione (telefono), informazione (quotidiani e riviste sul web), intrattenimento e acculturamento (e-book e book in open source), formazione didattica e permanente (applicazioni educative). Un dispositivo meno ingombrante di un Ipad e piú maneggevole di uno smartphone. Che stia in una tasca, ma anche in una mano e su cui si possano anche prendere appunti, sottolineare i testi che si leggono, annotare a margine i passi piú importanti. Grande piú o meno come quella tavoletta tascabile uscita dai torchi di un grande tipografo del Cinquecento che, a partire dal Dante e Petrarca in sedicesimo, avrebbe rivoluzionato il mercato editoriale e il concetto stesso di cinquecentina: Aldo Manuzio. Una prospettiva storicistica diventa poi indispensabile se pensiamo al nuovo rapporto tra autore, testo e lettore. Con il supporto digitale, infatti, tutto può diventare “testo” nel momento in cui esiste un lettore che lo interpreta, conferendogli un significato. Sicché il rapporto che si stabilisce tra il testo e il suo ricevente è destinato a diventare un vero e proprio atto 2. È la prospettiva di Alessandra Anichini nel presentare le novità introdotte dalla digitalizzazione dei testi alla luce della tradizione (A. Anichini, Il testo digitale. Leggere e scrivere nell’epoca dei nuovi media, Firenze, Apogeo, 2010), fino a paragonare il world wide web alla “ruota dei libri”, la straordinaria invenzione dell’ingegnere dei Medici Agostino Ramelli, che, come una vera e propria ruota su cui erano appoggiate decine di volumi, permetteva al lettore seduto di leggere contemporaneamente piú testi.

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creativo, che si arricchisce di valore dal momento che i parametri del testo digitale non sono già definiti ma possono essere scelti dal lettore, cosí come il device su cui il testo verrà utilizzato. A guadagnarci, però, non è solo il lettore, decisamente potenziato, ma anche il testo stesso, privato della sua materialità e collocato su un nuovo supporto di cui assume tutte le caratteristiche « la computazionalità, la flessibilità, la possibilità di creare convergenze tra i codici, la reticolarità », destinate a « modificare il nostro approccio alla scrittura e alla lettura ».3 Per affrontare piú attrezzati la perdita del supporto materiale, sarà utile ricordare cosa è stata la tradizione editoriale del libro, la sua presentazione tipografica, la storia delle tecniche elaborate per rendere i testi piú leggibili e trattenerli piú facilmente nella memoria. Se il lettore dovrà farsi editor e tipografo, tanto vale che sappia da quale sapienza teorica e tecnica proviene la cultura del libro cartaceo. Se il lettering incide sul senso complessivo di un testo (e secondo un’esperta di comunicazione come Anna Maria Testa è « la messa in scena delle nostre parole »)4 varrà la pena di sapere la differenza tra Old English e Courier, tra Garamond, Baskerville e Bodoni, perché, per i testi digitali che si leggono sui device di ultima generazione, è già il lettore a decidere corpo e font (modificando quindi anche l’assetto della pagina), e può dotare il testo di una serie di dispositivi, come l’ascolto contestuale alla lettura o un cursore mobile a seguire le righe assecondando il movimento degli occhi. Proprio come le maniculae ai margini dei codici. Sembra uno scenario futuro, eppure è già una dimensione del presente. All’inizio del 2012, al Guggenheim Museum di New York, Apple ha presentato la versione 2 dell’applicazione iBooks per iPad, progettata per la nuova generazione di libri digitali che verranno adottati nelle scuole (in India lo sono già). Non si tratta solo di libri, ma di veri e propri prodotti multimediali con foto, video, animazioni 3D, naturalmente collegate con un block notes di appunti per “personalizzare” il testo. Non c’è lettore – dal Manzoni che « spogliava e rispogliava » il Vocabolario della Crusca « in modo da non lasciarlo vedere », allo studente armato di evidenziatore – che 3. Anichini, Il testo digitale, cit., p. 28. 4. A. Testa, La parola immaginata, Milano, Il Saggiatore, 2006, p. 104.

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non abbia sottolineato e annotato i propri libri di studio. E iBooks 2 non fa eccezione. Il meccanismo è semplice: si evidenziano singole parole o frasi, a cui si associano le proprie note, che si possono aprire successivamente cliccando sull’apposita icona a fianco del testo, oppure nella zona Note, che accoglie anche apposite “Schede studio”, già presenti nel testo oppure crea­ te personalmente dallo studente. Un libro di testo che si auto-sottolinea, ha gli schemi di se stesso, e a cui manca solo l’applicazione “mi studio da solo”. Un libro che si può anche creare, con l’applicazione (solo per Mac) iBooks Author, che consente di progettare e realizzare ebook interattivi, dotati di immagini, tabelle grafici, modelli 3D. E che può fare le domande sui propri contenuti, con test a risposta multipla già inseriti nel testo. Dove verranno acquistati? Qui le cose si fanno un po’ piú complicate. Perché i testi cosí realizzati potranno essere messi in commercio, gratuitamente o a pagamento (purché non superino i 14,99 dollari USA e siano in possesso di determinati requisiti), solo ed esclusivamente nell’iBooks Store, unica piattaforma autorizzata alla vendita. Come se un romanzo Feltrinelli, della storica collana delle « Comete », potesse essere venduto solo nelle Librerie Feltrinelli. Ma c’è di piú. La scelta del formato iBooks esclude automaticamente la possibilità di visualizzare il testo con sistemi operativi che non siano Apple. Il che vuol dire che il libro realizzato con iBooks non è visibile su Kindle e su tutti i tablet Android. Al contrario – ed è l’altra faccia della medaglia – un e-book acquistato su Amazon, per essere visualizzato da un lettore che non possieda un Kindle ma un qualsiasi altro device (a eccezione del Kobo), deve essere spedito ad Amazon, che lo converte e rispedisce al mittente in un formato compatibile con il proprio supporto digitale. Come se i libri Feltrinelli potessero essere letti solo con un paio di occhiali griffati Feltrinelli. Non è chi non veda che dietro alle dinamiche di comunicazione si giocano interessi commerciali da cui dipenderanno le nostre abitudini quotidiane e il cui principale obiettivo non è la condivisione del sapere. Ai filologi degli anni Dieci si presenta una situazione affatto nuova, caratterizzata da testi fluidi, contaminati con immagini, video, suoni. E se la prima generazione di ipertesti aveva sviluppato una serie di piattaforme sperimentali, caratterizzate dall’uso innovativo dei collegamenti testuali, ora gli 200

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ipertesti sono tutti uniformemente accompagnati da file audio, video, immagine inseriti direttamente nella pagina o collegati a essa. È un fatto, però che raramente gli ipertesti hanno tratto pienamente vantaggio dalle potenzialità offerte dal nuovo mezzo, come se vi fosse una resistenza intrinseca a svilupparne gli aspetti piú innovativi, a definire un nuovo genere. Fanno eccezione, come in altri simili settori, esperienze letterarie di area anglosassone, come i digital storytelling, ovvero brevi storie – per lo piú a carattere autobiografico – che uniscono testo, immagini e suoni. Nonostante sin dal 1993 sia stato fondato in California un Center for Digital Storytelling, che ha elaborato ben sette regole per scrivere questa nuova tipologia di testi (point of view, dramatic question, emotional content, gift of the voice, power of soundtrack, economy e pacing), esse non risultano molto diverse dalle teorie narratologiche sviluppate in sostanziale continuità con le classiche forme del narrare. Per scrivere una digital tale sembrerebbero non servire regole diverse da quelle tradizionalmente utilizzate per scrivere e per sceneggiare un film: partire da uno story core, il cuore della narrazione (nelle tre fasi di: problem, trasformation, solution), passare attraverso uno story mapping, che amplia lo story core con una serie di dettagli (« una veloce scrittura del testo in una forma grafica »), raccogliere il feedback di questa prima “traccia di lavoro”, scrivere la storia, registrarla, ascoltarla e rivederne il testo, digitalizzarla, montarla e inserire immagini e musica. Non è un caso che i primi risultati nell’ambito dei digital tale siano una via di mezzo tra il reportage fotografico e l’articolo di giornale, a seconda che prevalga il testo o l’immagine. Nulla di particolarmente nuovo. Ciò che cambia, casomai, è relativo allo statuto dei testi: la loro affidabilità, le fonti cui si sono ispirati, l’assetto formale delle loro edizioni. Un problema delicato che riporta in rete le incertezze e i problemi irrisolti sulla pagina scritta, dove è ancora valido il richiamo a « tentare di definire un protocollo condiviso per un nuovo programma di edizioni dei nostri classici, che sappia connettere le procedure proprie della filologia alle esigenze dei lettori ».5 Il che si traduce, prima di tutto, nell’affidabilità di un 5. Come auspicava A. Quondam nel Foro organizzato da F. Rico nel 2003, per « Ecdotica », i 2004, p. 209.

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testo reperito on line. Se la digitalizzazione dei patrimoni librari promossa da Google e tradotta in centinaia di migliaia di libri disponibili in rete non presenta problemi nuovi per il filologo (si tratta degli stessi testi su cui abbiamo lavorato e studiato finora, solo che li leggiamo a video e non sulla pagina, come le vecchie anastatiche), la disponibilità di testi on line solleva nuovi interrogativi a cui è necessario dare risposta. Facciamo un esempio. Se interroghiamo la rete alla ricerca di una citazione dai Promessi sposi (digitando: “Promessi sposi” testo), ci troviamo sommersi da piú di 350.000 siti che offrono in lettura il testo manzoniano, integralmente o in parte. Ma quanti di essi dichiarano la fonte da cui è tratto il testo? Di quanti abbiamo i credits sull’affidabilità della trascrizione (quando è stata effettuata, quale sia il grado di revisione, se la verifica testuale è stata fatta attraverso un controllo incrociato, ecc.). Le molte iniziative di pubblicazione di testi letterari in rete, tutte meritorie, ma per lo piú scolastiche piuttosto che « scholarly edited », sono una realtà che tocca da vicino anche i testi letterari della tradizione italiana, basti pensare alla Biblioteca della Letteratura Italiana di Einaudi, nata da un grande editore per collegare le proprie pubblicazioni scolastiche ad applicazioni digitali (Letteraturaitaliana.net), che tuttavia non fornisce informazioni chiare e complete sui testi messi in rete (dei Canti di Leopardi, ad esempio, indica come « edizione di riferimento » quella pubblicata da Rizzoli nel 1974, dello Zibaldone i Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, Firenze, Le Monnier, 1921!). In realtà, negli ultimi quindici anni, a partire dallo storico esempio della LIZ,6 che rivoluzionò il modo stesso di fare ricerca,7 abbiamo costruito un patrimonio digitale della nostra tradizione letteraria che non ha paragoni in Europa, per quantità e qualità dei testi digitalizzati. Nel sito Biblioteca Italiana (Bibliotecaitaliana.it) è possibile leggere gratuitamente testi, fare 6. LIZ 3.0, Letteratura Italiana Zanichelli, CD-Rom dei testi della letteratura italiana. Demo per LIZ e LIZ Scuola, a cura di P. Stoppelli e E. Picchi, 3a ed. per Windows, 1999. 7. Si veda in proposito il quadro generale fornito da P. Stoppelli, La filologia italiana e il digitale, in Studi e problemi di critica testuale: 1960-2010. Per i 150 anni della Commissione per i testi di lingua. Atti del Convegno di Bologna, 25-27 novembre 2010, a cura di E. Pasquini, Bologna, Commissione per i testi di Lingua, 2012, pp. 87-98.

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ricerche, consultare repertori per generi, secoli, autori (e ora anche consultare manoscritti, incunaboli, edizioni digitali). Il progetto ha visto negli anni collaborare varie realtà universitarie intorno a un unico obiettivo culturale, pienamente raggiunto. Si tratta ora però di mettere a frutto il lavoro svolto, di porre i dati in relazione tra loro, di lavorare sui testi utilizzando strumenti o già esistenti in rete, come Italinemo (Italinemo.it) o Oblio (Oblio.it), tanto per citare il piú usato e l’ultimo nato. Ma come si definisce l’attendibilità di un testo digitale? Il decalogo elaborato da B.J. Fogg nel 2003 presso il Persuasive Technology Lab della Stanford University per definire la credibilità di un sito (sia da parte del fruitore che del costruttore), potrebbe essere applicato con qualche semplificazione ai testi letterari in rete, per garantire al lettore l’attendibilità di ciò che legge, ascolta, scarica, vede. E costituire la base di partenza di un protocollo condiviso. Vediamolo brevemente: 1. Garantire all’utente la possibilità di → Verificabilità delle fonti. verificare l’attendibilità delle informazioni contenute nel sito. 2. Esplicitare la presenza di un’organiz- → Autorevolezza dell’istituzione. zazione reale dietro la struttura del vostro sito. 3. Rendere visibile l’esperienza della vo- → Autorevolezza del curatore. stra organizzazione nei contenuti e nei servizi offerti. 4. Mostrare la presenza di personale cre- → Esplicitazione dei curatori del tedibile e affidabile dietro il vostro sito. sto. 5. Rendere facili i contatti con l’utente.

→ Possibilità di interazione con il curatore.

6. Dare rilevanza all’aspetto professio- → Layout scientifico. nale del vostro sito. 7. Progettare un sito accessibile e sem- → Facilità di fruizione dell’edizione plice all’uso. scientifica.

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editing novecento 8. Aggiornare in maniera costante i con- → Aggiornamento dei dati e revisione scientifica del testo. tenuti (mostrare l’ultima data di aggiornamento). 9. Usare con moderazione contenuti di → Limitazione di ogni possibile intipo promozionale. terferenza commerciale nell’edizione. 10. Evitare errori di ogni genere, anche → Scientificità dell’edizione. trascurabili.

I parametri indicati si fermano però alle caratteristiche del testo tradizionale. La rivoluzione che stiamo attraversando, invece, riguarda anche un nuovo concetto di testualità, che richiede un nuovo quadro concettuale relativo alla comunicazione scritta, una nuova teoria della scrittura che costituisca una base comune e contemporaneamente sancisca le differenze tra testi a stampa e testi digitali. È l’assunto da cui è partito Peter Shillingsburg in uno dei testi piú originali usciti nell’ultimo decennio: From Gutenberg to Google, in cui propone una teoria editoriale dei testi in rete, nella convinzione che « la rappresentazione digitale della letteratura a stampa, che contraddistingue il XXI secolo, muterà significativamente la nostra idea di testualità ».8 Sottolinea opportunamente Shillingsburg che, accanto a una nuova figura di letterato, esperto di informatica umanistica, è necessario che sopravviva e si rafforzi la vecchia figura di editore dei testi, tanto piú necessaria in questo delicato momento di cambiamento del codice comunicativo. Per costruire un testo elettronico da un testo manoscritto o a stampa, infatti, non basta inserire il testo in rete, ma sono necessari « attenzione ai testi, una cura e una particolare valutazione dei metodi, una passione vecchio stile per la collazione e la correzione di bozze, tutti elementi che frenano ogni entusiasmo »,9 ovvero una serie di competenze specifiche in ambito filologico testuale senza le quali si otterranno solo testi inganne8. P. Shillingsburg, From Gutenberg to Google, London, Cambridge Univ. Press, 2007, p. 3 (« the electronic representation of print literature to be undertaken in the twenty-first century will significantly alter what we understand textuality to be »). 9. Ivi (« thoughtfulness about texts, an exercise of care and good judgement about me-

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voli (« misleading texts »), e ancora testi scientificamente inutili (« texts useless for scholarly purposes »).10 Questo anche perché, ed è un punto centrale della proposta di Shillingsburg, « i testi non sono mai testi semplici » (« texts are never simple texts »), ma includono tutta la complessa storia genetica ed editoriale e di ricezione di cui sono stati protagonisti, sicché, con l’avvento della dimensione digitale e ipertestuale, non è piú possibile considerare il testo solo in una dimensione, ma deve essere considerato nella sua stratificata complessità. Se si pensasse a internet solo come un magazzino di testi, le edizioni elettroniche non costituirebbero l’inizio di una nuova era. Si tratta invece di creare un ambiente o una piattaforma elettronica (« an environment or interface ») in grado di provvedere le necessità di uno scientifico archivio editoriale elettronico (« a comprehensive electronic scholarly edition/archive »),11 un’edizione che testimoni la progettazione, genesi, pubblicazione ed evoluzione del testo stesso, che dia conto al lettore di tutte le fasi che il testo ha attraversato. A questa necessità si aggiunge la dimensione comunicativa del testo. Lo scopo di uno studio scientifico dei testi – secondo Shillingsburg – non è la scoperta, conservazione e visualizzazione dei testi intesi solo nel loro aspetto lessicale, ma dell’intero contesto comunicativo in cui i testi si trovano: « chi ha detto cosa, a chi, dove e in quale situazione » (« who said what, to whom, where, and in what context »).12 Solo ampliando il concetto di testo all’insieme di questi fattori è possibile fondare una vera scienza editoriale dei testi elettronici. All’interno del testo si deve quindi considerare l’intero sistema comunicativo costituito dall’emittente, dall’oggetto, dal suo mezzo di comunicazione e dal ricevente (inteso naturalmente con il suo contesto). Tale sistema comunicativo viene qui declinato in chiave letteraria. La differenza di questa impothods, and an old-fashioned devotion to sight collation and proofreading that tends to dampen entusiasm »). 10. Ivi, p. 22. 11. Ivi, p. 34. 12. Ivi, p. 36.

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stazione rispetto a una mera prospettiva semiotica è infatti la sua ricaduta filologica, ma merita sottolineare l’identità di vedute con quella Semiotica filologica che Cesare Segre aveva sviluppato sin dal 1979 (sebbene non figuri nell’ampia bibliografia consultata da Shillingsburg). Ne discende la necessità di una teoria della scrittura che tenga conto di tutti questi complessi fattori, e svincoli il testo dalla sua sudditanza alla pura dimensione testuale: la teoria dello script act (‘atto di scrittura’), sviluppata in analogia con la teoria degli atti linguistici, si basa su due concetti fondamentali. Il primo si può sintetizzare nella « concezione multipla dell’opera letteraria » e nella « consapevolezza che ciascun testo riflette specifici atti di scrittura del passato »;13 il secondo è costituito dalla necessità non tanto « di comprendere i libri nella loro interezza, ma piuttosto i processi, spaziali e temporali, che volta per volta investono specifici atti di scrittura e lettura di parole, frasi, periodi, paragrafi o scene » (ibid.), includendo in tale prospettiva anche la percezione del testo « nel suo insieme ». La teoria degli atti di scrittura rappresentando i materiali che costituiscono l’opera letteraria come serie di fatti storici collegati, ciascuno dei quali registrato in manoscritti, bozze, libri, correzioni, ristampe e traduzioni, fornisce una cornice teorica per lo studio di opere letterarie in cui sono rilevanti la genesi, la produzione e la ricezione dell’opera.14 Per la teoria degli atti di scrittura, ogni singolo esemplare di lavoro rappresenta la focalizzazione di tre differenti atti di scrittura, tutti connessi tra loro: quello dell’autore, del produttore e del lettore.15

A correggere l’impressione di un’eccessiva frammentazione del percorso del testo, si potrebbe aggiungere, all’analisi di Shillingsburg, che tale percorso non è costituito da « fatti storici » di eguale importanza, ma da un prima e un dopo, che si relazionano tra loro in base allo spartiacque rappresentato dall’edizione (o dalle edizioni) a stampa dell’opera. Un percor13. P. Shillingsburg, Verso una teoria degli atti di scrittura, in « Ecdotica », ii 2005, p. 69. 14. Shillingsburg, From Gutenberg to Google, cit., p. 70. 15. Ivi, p. 50 (« Script act theory emphasizes the idea that each copy of a work is the local focus of three distinct types of scripting actions, each in some measure occluded from the others: authoring, producing, and reading »).

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so costituito quindi non dalla giustapposizione di elementi discreti, ma dalla gerarchizzazione di elementi in discontinuità fra loro. Convinzione di Shillingsburg è che tale prospettiva – che rende imprescindibile la messa in rete di una piattaforma digitale di contenuti (« electronic knowledge site ») – permetta di « individuare e utilizzare le informazioni per ricostrui­ re il “non detto” del testo, che è stato però d’aiuto allo scrittore e ai lettori originari per capire che cosa volesse significare il testo ».16 Impossibile, per chi abbia esperienza di filologia e critica, non concordare con le tesi di Shillingsburg: se non è possibile raggiungere una coincidenza di significato tra intenzioni dello scrittore e interpretazioni del lettore, all’interno della teoria degli atti di scrittura, tale visione « dinamica » del testo permette di ricostruire il « non detto » del testo molto piú agevolmente di quanto possa farlo una concezione « statica » del testo stesso. Concetto che è alla base della « critica delle varianti » (purtroppo ignorata da Shillingsburg, per quella incomunicabilità tra filologie cui si è sopra accennato). La teoria degli « atti di scrittura » rappresenta quindi il quadro teorico da cui è possibile partire per elaborare un design architettonico e infrastrutturale adattabile alle edizioni scientifiche di testi elettronici. Edizioni che richiederanno una maggiore consapevolezza delle condizioni di nascita e produzione del testo letterario, una sorta di coscienza critica testuale anche da parte del semplice lettore: « i lettori sono solitamente abituati a ignorare elementi del testo come: chi l’ha scritto, quale sia stata la sua genesi, per quale pubblico reale o ipotetico era stato composto, le vicende editoriali che possono avere influito sulla forma del testo che hanno in mano ».17 Ma se il lettore, stimolato dalla nuova prospettiva, vuole documentarsi sulle circostanze storiche in cui si sono sviluppati i singoli atti di genesi, produzione e ricezione della scrittura, non troverà queste informazioni nella tradizionale copia cartacea, che spesso lesina le piú basiche 16. Ivi, p. 75. 17. Ivi, p. 79 (« Readers are used to ignoring the author, the circumstances of composition, the original or intended audiences, or the vicessitudes of production that might have affected the text of the copy in hand »).

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informazioni sullo stato del testo. La sfida delle edizioni elettroniche e delle piattaforme digitali deve partire da qui. L’edizione elettronica ideale, per Shillingsburg, non è costituita solo da un archivio di testi, ma da un vero e proprio ambiente digitale che presenti il contesto culturale in cui il testo è nato e si è sviluppato: una piattaforma integrata « dove l’utente può scegliere una determinata modalità di accesso, selezionare una serie di materiali accessori e ricavarne una piattaforma di lavoro personalizzata, […] senza perdere tuttavia la possibilità di ricollegarvi ulteriori informazioni o altri punti di vista ».18 Ma per realizzare questi nuovi prodotti scientifici ed editoriali la comunicazione all’interno della comunità degli studiosi è condizione necessaria. E di comunicazione, fino a ora, se ne è vista e se ne vede troppo poca: singoli studiosi, o piccoli gruppi di studiosi procurano singole edizioni, ognuna delle quali deve disporre di una piattaforma non sempre compatibile con le altre, utilizzando formati e marcatori testuali non convertibili, senza un criterio comune sui criteri scientifici adottati, nella piú completa individualità (anarchia?) delle scelte testuali. Da cui la grande difformità nei prodotti editoriali stessi: mentre alcuni si rivelano piú attenti all’aspetto estetico e alla fruibilità del sito che ai suoi aspetti critico/testuali (è il caso, secondo l’autore, dell’Harriet Beecher Stowe project – http:// www.iath.virginia.edu/utc – « dotato di eleganza e raffinate prestazioni, ma che lascia troppe questioni testuali inevase),19 altri, al contrario, piú attenti alla corretta esposizione e rappresentazione della situazione testuale, finiscono per sacrificare gli aspetti formali (come il progetto di Simon Gatrell su Thomas Hardy – http://www.english.uga.edu/wessex, penalizzato da una « grafica fai da te »).20 Un buon progetto editoriale elettronico, invece, non ha bisogno solo di « studiosi di letteratura con amatoriali interessi tecnologici » (« literary scholars who are amateurs in techno18. Ivi, p. 88 (« where each user can choose an entry way, select a congenial set of enabling contextual materials, and emerge with a personalized interactive form of the work […] always able to plug back in for more information or different perspectives »). 19. Ivi, p. 92 (« has the technical beauty and sophistication of a race car but leaves too many textual questions unexplored »). 20. Ibid. (« technical appeal of a do-it-yourself barn construction »).

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logies »), né solo di « tecnici appassionati di letteratura e di critica testuale » (« technicians who are amateurs in literary and textual scholarship »),21 ma della collaborazione di entrambi. È necessario, quindi, istituire un protocollo comune che permetta ai prodotti editoriali in rete, odierni e venturi, di risultare compatibili tra loro, e agli studiosi di costituire una vera comunità di editori critici (« scholarly editors »). Shillingsburg individua quattro principi guida per la costruzione di piattaforme digitali per l’edizione scientifica di testi letterari in rete: 1. Textual foundations 2. Context and progressions 3. Interpretative interactions 4. User enhancements.

Che possiamo tradurre in quattro requisiti necessari a queste future piattaforme testuali: 1. Scientificità dell’edizione 2. Ricostruzione della storia interna ed esterna del testo 3. Presenza di un commento scientifico 4. Possibilità di interazione collaborativa da parte del lettore.

Come si può vedere, non si tratta di qualcosa di diverso dalle edizioni critico-scientifiche cartacee che sono state realizzate finora, edizioni il cui testo viene accertato criticamente, dando conto al lettore delle scelte testuali operate e permettendogli di verificarle attraverso un apparato, ma di un’integrazione al testo del suo contesto produttivo e comunicativo: la ricostruzione analitica della storia interna (dall’ideazione alla genesi fino alla consegna all’editore) ed esterna (i rapporti editoriali, dal manoscritto alla stampa e alle eventuali successive ristampe), attraverso lo studio di manoscritti preparatori, documenti epistolari, documenti testuali, ecc., e un commento scientifico che ne illustri i livelli di lettura (dalla semplice 21. Ivi, p. 92.

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spiegazione della lettera all’interpretazione storica, linguistica, stilistica, critica, ecc.) a seconda delle esigenze del testo. Una piattaforma testuale progettata per certificare la scientificità di un testo digitale, infine, dovrà anche prevedere la possibilità per il lettore/navigatore di interagire con il testo attraverso modalità attive e partecipative.22 Ma quali standard seguire nella marcatura dei testi? La codifica XLM, che all’inizio degli anni Zero non veniva considerata standardizzante perché « non permetteva di sovrapporre livelli gerarchici differenti, ovvero di strutturare il testo secondo due o piú livelli e di gestirli contemporaneamente »,23 si è nel frattempo evoluta, permettendo, con una complessa grammatica di codifica, anche la contemporanea marcatura di piú elementi relativamente alle sue unità testuali, e costituisce ora un protocollo sufficientemente diffuso per risultare vincente nel medio periodo. Quali sono infine i prototipi che possono servire da modello per i futuri costruttori di ipertesti elettronici in grado di soddisfare le condizioni sopra elencate? Con una punta di soddisfazione, tra i vari progetti internazionali presentati da Shillingsburg, ne troviamo almeno uno diretto da un ricercatore italiano, Paolo D’Iorio, dedicato a un autore tedesco che sarebbe riduttivo definire filosofo: http://www.hypernietzsche.org/doc/ puf.24 Il che mostra come i problemi testuali non riguardino solo i testi letterari, ma tutti i testi, che necessitano di un protocollo e di una piattaforma comune tra l’editore critico – che continuerà ad assumersi la responsabilità di stabilire quale edizione si mette a testo (anche se in rete) e con quali caratteristiche – e il lettore, specialista e non, che potrà selezio-

22. Si veda il modello di Wiki Gadda nel prossimo paragrafo. 23. Ivi, p. 98 (« it does not allow what is called overlapping hierarchies – that is the ability to install two or more ways of structure and to look at the same work »). 24. Meno condivisibile invece il modello digitale scelto per l’edizione ipertestuale di Thackeray (di cui Shillingsburg è il maggiore specialista a livello internazionale), costruita mediante la codifica offerta dal programma JITM (Just In Time Mark-up), che non presenta le aporie di XML, ma non è esente da difetti, come il fatto che la marcatura consenta di esplicare tutte le sue funzioni solamente in ambiente Mac, piú all’avanguardia, ma oggettivamente esteso a una minore percentuale di utenti.

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I N DIC I

indice dei nomi

Agamben Giorgio: 63. Agosti Stefano: 62. Agostino d’Ippona Aurelio: 182. Albonico Simone: 13 n. Alighieri Dante: 49, 162, 198. Allasia Clara: 10. Alvaro Corrado: 55 n., 95, 100, 101, 108. Amari Michele: 92. Amigoni Ferdinando: 159 e n. Angelica Rosanna: 57 n. Anichini Alessandra: 10, 198 n., 199 n., 212 n., 213, 214. Antonelli Roberto: 136 n. Antonini Gianni: 10, 97 n. Aretino Pietro: 152. Ariosto Ludovico: 38, 45 n., 136 n. Asor Rosa Alberto: 136 n. Azzolini Paola: 33 n. Baffa Chiara: 11. Baldacci Luigi: 72, 74, 181 n. Baldelli Ignazio: 73. Baldini Antonio: 19. Baldoni Irene: 11. Balduino Armando: 32 e n., 33, 67 n., 74, 95 e n., 100 e n., 101 e n., 108 e n. Baranelli Luca: 10. Barenghi Mario: 70, 71 n. Barthes Roland: 137 e n. Bassani Giorgio: 50 n., 54, 65, 66 e n., 67 n., 73, 94 e n. Battaglia Salvatore: 112, 130, 131. Baudelaire Charles: 48, 49. Bazlen Roberto: 94 e n. Beccaria Cesare: 98 n. Becherucci Isabella: 101 n. Belli Giuseppe Gioachino: 127 n., 131. Bellini Bernardo: 112.

Bellisomi Ferdinando: 101. Benedetti Carla: 137. Benevento Aurelio: 60 n. Bentivogli Bruno: 34 n. Bertolucci Attilio: 94. Besomi Ottavio: 10. Bettarini Rosanna: 8, 12, 59 e n., 60, 174 e n., 176, 177 n., 178, 179, 182 e n., 183, 186, 187 n., 190 e n. Bilenchi Romano: 55 n., 94 e n. Biondi Marino: 18 e n. Bompiani Valentino: 16 e n., 17 e n., 18 e n., 19, 21, 22, 23 e n., 75, 91 n., 92 e n., 108, 139. Bonsanti Alessandro: 95, 222. Bontempelli Massimo: 95. Borali Alice: 11, 154 n. Borsellino Nino: 88 n. Borzí Laura: 11. Botti Francesco: 10, 223 n. Bowers Fredson: 29. Brambilla Ageno Franca: 29 e n. Bruner Jerome: 230. Bulgheroni Marisa: 88 n., 98 n. Buti Sara: 11. Cadioli Alberto: 9, 10, 25 n., 88 e n., 89 n., 92 n., 136 n. Caetani Marguerite: 94 n. Calvino Italo: 50 n., 55 n., 70, 71 e n., 82, 89 e n., 90 e n., 93 n., 94, 95 n., 96 e n., 102 n., 104 n., 123 e n. Campanella Tommaso: 97. Canettieri Paolo: 10, 193 n. Canfora Luciano: 11. Capasso Aldo: 21. Caproni Giulio: 55 n., 63, 64. Capuana Luigi: 100. Cardarelli Vincenzo: 55 n., 63, 64.

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indice dei nomi Carducci Giosue: 26, 50, 124. Caretti Lanfranco: 82 e n., 211. Carrai Stefano: 10. Caruso Carlo: 10. Carver Raymond: 47. Casini Simone: 10, 16 n., 18 n., 19 n., 20 n., 22 n., 23 n., 24 n., 25 n., 74, 75 n., 77 n., 109 n. Castellana Riccardo: 10. Castellani Giordano: 64 e n. Castelvecchi Alberto: 109. Cavalloro Valeria: 11. Cazzani Paolo F.: 186 n. Cecchi Emilio: 73, 88 n. Céline Louis-Ferdinand: 153. Cesana Roberto: 89 n. Ceserani Remo: 11. Cherchi Grazia: 94 n. Cherchi Paolo: 36 n. Chiara Piero: 93. Ciaccio Valeria: 10. Ciani Giuditta: 11. Ciccolo Nicole: 172 e n. Cifariello Simona: 11. Cima Annalisa: 60, 174, 177 e n., 178, 179 n., 181, 182, 183, 185 n., 186 n., 187, 192. Cipollone Annalisa: 10. Clerici Luca: 90 n. Coccia Immacolata: 11. Colli Barbara: 39 n. Colombi Roberta: 10. Comisso Giovanni: 95. Conrad Josef: 110 n. Contini Gianfranco: 8, 12, 45 n., 46, 59, 129, 132 e n., 136 n., 143, 145 n., 147 n., 158 e n., 159, 180, 181, 190. Contorbia Franco: 90 n. Corti Maria: 183 e n., 184, 185 n. Costa Stefano: 10, 217 n., 219 n. Cotroneo Roberto: 66 e n. Covacich Mauro: 214, 215 e n. Cremante Renzo: 12, 187 n., 190 n., 191 e n. Cresti Emanuela: 119 n.

Dal Bianco Stefano: 61 e n., 62 n. D’Alessandro Francesca: 94 n. Dal Fabbro Angela: vd. Mauro Covacich. Danesi Michela: 11. D’Annunzio Gabriele: 17 n., 25 n., 50 n., 124. Darnton Robert: 231 e n. Datteroni Silvia: 11. Dattilo Marina: 11. Debenedetti Giacomo: 94 e n. de Chirico Giorgio: 171. De Felice Renzo: 173 e n. De Filippo Eduardo: 55 n. De Laude Silvia: 10, 77, 78 n., 127 n. Deledda Grazia: 95, 102, 104 n. Dell’Arco Mario: 127 n., 131 n. De Maria Luciano: 72, 73. De Mauro Tullio: 131. D’Eramo Marco: 90 n. De Robertis Domenico: 30 n., 33 n., 38, 53 n., 54 n., 58 e n., 64 n., 97 n. De Robertis Giuseppe: 57, 95, 96, 103, 104 e n. Diacono Mario: 58. Dickinson Emily: 47. D’Ina Gabriella: 92 n. D’Iorio Paolo: 210. Di Turi Nicola: 11. Ede Lisa: 213. Eggert Paul: 10, 225 e n., 226, 227, 228 e n. Einaudi Giulio: 84, 89 n., 90, 91 e n., 92, 139 n., 141, 143, 144, 146. Fahy Conor: 28 n., 30 n. Falaschi Giovanni: 95 e n., 96 n., 97, 102 e n., 103, 104 e n. Falcetto Bruno: 69, 70 n., 71 n., 90 n. Faulkner William: 110 n. Fauriel Claude: 168. Felici Lucio: 10, 88 n., 107 n. Fenoglio Giuseppe: 55 n., 92, 93 n.

236

indice dei nomi Ferrante Elena: 215. Ferrari Angela: 119 n., 120 n., 125 n. Ferrario Francesca: 10. Ferrata Giansiro: 72, 73, 94. Ferretti Gian Carlo: 89 n., 91 n., 92 n., 93 n., 94 e n. Fiori Umberto: 48. Firpo Luigi: 17 n., 97 e n., 99 e n., 100 e n., 105, 107 n., 111 n., 126 n. Fitzgerald Francis Scott: 47. Flaiano Ennio: 55 n. Fogg B.J.: 203. Folena Gianfranco: 64 n., 96 n. Fontanella Caterina: 11. Forti Marco: 60, 185 n. Foucault Michel: 137 n. Francioni Benedetta: 11. Franzinelli Mimmo: 172 e n., 173. Freud Sigmund: 158, 159, 160, 162. Gadda Carlo Emilio: 8, 9, 10, 11, 12, 50 n., 55 n., 78 n., 83, 84, 85, 106 n., 119 n., 125 n., 127 n., 129, 131 n., 137-71, 172, 210 n., 217, 218, 220, 221, 222 e n., 223, 225 e n. Gadda Conti Piero: 146 n. Gallo Niccolò: 93 e n., 94. Garboli Cesare: 94. Garufo Antonino: 11. Garzanti Livio: 139 n., 146, 151, 169. Gaspari Gianmarco: 12, 98 n. Gatrell Simon: 208. Gavazzeni Franco: 11, 12, 97 n., 167 n., 168. Gentile Carlotta: 11. Gentile Emilio: 173. Gifuni Fabrizio: 153, 223. Gigante Claudio: 38 e n. Gimmi Annalisa: 94 n. Ginzburg Leone: 95. Ginzburg Natalia: 94. Giordani Pietro: 49, 128 e n. Giudici Giovanni: 61 e n. Giuffrida Milena: 11.

Giunta Claudio: 32 n., 58 e n., 86 n. Giusti Giuseppe: 95 n., 96 n., 102 n., 104 n. Giusti Simone: 10. Goethe Wolfgang: 33. Goldoni Carlo: 32 n. Gorni Guglielmo: 30 n. Gramsci Antonio: 81. Gravagna Margherita: 11. Grazzini Susanna: 11. Greg Walter Wilson: 28, 29 e n. Grignani Maria Antonietta: 59 n., 68, 93 n., 184 e n., 185 e n., 186 e n. Guerriero Stefano: 94 n. Guglielminetti Marziano: 91 n. Guidiccioni Giovanni: 49. Hagen Waltraud: 35 n. Hardy Thomas: 208. Harriet Beecher Stowe Elizabeth: 208. Harris Neil: 28 e n., 29 n., 31 e n. Hugo Victor: 192. Inglese Giorgio: 40 n. Ioli Giovanna: 90 n., 175 e n., 177, 186 e n. Isella Dante: 11, 12, 13, 39 n., 41, 46, 60, 83 e n., 84 e n., 93 n., 106 n., 117 n., 127 n., 139 e n., 140 n., 141 e n., 144, 145, 164, 165 n., 166 e n., 167 n., 169 e n., 170 n., 171, 180, 181 e n., 182 n., 183, 184, 185, 186, 187, 192 e n. Jankélévitch Samuel: 160. Jarach Giorgio: 186 n. Jay Gould Stephen: 230. La Ferla Manuela: 94 n. Lagomarsini Claudio: 212 n. Lampus Flavio: 11. Landolfi Tommaso: 55 n. Laufer Christel: 36 n. Lavezzi Gianfranca 12, 187 n., 190 n., 191 e n. Lawrence David Herber: 110 n., 226. Leibniz Gottfried Wilhelm von: 170 e n.

237

indice dei nomi Lenzini Luca: 94 n. Leopardi Giacomo: 30 n., 33 n., 38, 39, 45, 49, 128 n., 167 n., 168 e n., 172, 292. Levi Carlo: 68 n. Levi Primo: 55 n. Liberati Arnaldo: 11. Lish Gordon: 47. Lombardi Maria Maddalena: 10. Lonardi Gilberto: 33 n. Lucchini Guido: 12, 84, 143, 145, 158 e n., 159. Ludovico Roberto: 90 n. Lunsford Andrea: 213. Luperini Romano: 59 n. Lupis Antonio: 112 n. Mack Smith Denis: 173. Maggi Romano Cristina: 57 n., 58 e n., 86. Malagoli Giuseppe: 119 e n., 121 e n., 122. Malaparte Curzio: 95. Malato Enrico: 55 n. Maltoni Rosa: 151. Mangoni Luisa: 89 n., 117 e n. Manuzio Aldo: 198. Manzini Gianna: 147. Manzoni Alessandro: 33 n., 38, 39 e n., 42 n., 49, 100, 101 e n., 168 e n., 199. Manzotti Emilio: 10, 12, 119 n., 125 n., 170 n. Maraschio Nicoletta: 119 n. Marchi Giacomo (pseud. di Giorgio Bassani): vd. Giorgio Bassani. Marconi Carolina: 131 n. Marcovecchio Aldo: 67, 68 n. Martignoni Clelia: 12, 63, 171 n. Martinelli Donatella: 10. Mascaretti Valentina: 67 n. Masoero Mariarosa: 10, 82 n., 83 n. Mastronardi Carlo: 93 e n. Mattioda Enrico: 32 n. Mauri Paolo: 181 n. Mazzoli Elena: 11. McEwan Ian: 215.

McGann Jerome: 31 n. McKerrow Ronald Brunless: 28 e n. Medail Cesare: 193 n. Melville Herman: 47. Meneghetti Maria Luisa: 25 n. Mengaldo Pier Vincenzo: 96 e n., 186. Messina Bianca: 60. Messina Francesco: 60. Milanini Claudio: 70, 71 e n. Mistretta Enrico: 107 n. Molza Francesco Maria: 49. Mondo Lorenzo: 90 n. Montale Bianca: 186. Montale Eugenio: 8, 12, 55 n., 56, 59 e n., 60 e n., 137, 171-96. Monti Vincenzo: 38. Morante Elsa: 25 n., 50 n., 55 n. Moravia Alberto: 16 e n., 17 e n., 18 e n., 19 e n., 20 e n., 21, 22 e n., 23 e n., 24 n., 25 n., 26, 27 e n., 50, 53, 74, 75 e n., 76, 77 e n., 108 e n., 109, 130. Moretti Marino: 104 n. Moroncini Francesco: 47. Mortara Garavelli Bice: 116 n., 118, 119 n., 120 n., 123 e n., 125 n. Munaretto Giulia: 11. Muñoz-Machado Santiago: 216 n. Musso Alberto: 216 n. Mussolini Benito: 150, 154, 172, 173 e n. Mussolini Romano: 173. Nay Laura: 10, 91 n. Negri Ada: 95, 102. Nencioni Giovanni: 134 n. Nievo Ippolito: 96 n. Nigro Amelia: 90 n. Nigro Salvatore Silvano: 10. Noventa Giacomo: 108. Occorsio Eugenio: 182. Ojetti Ugo: 17 n., 95, 96, 104 n. Onorati Franco: 131 n.

238

indice dei nomi Orelli Giorgio: 181 e n., 192. Orlandi Giovanni: 9 n. Orlando Liliana: 12, 139 n., 171, 223 n. Ossola Carlo: 30 n., 55 n., 58 e n.

Poiret Paul: 103 e n. Poma Luigi: 38, 211. Proust Marcel: 172. Pulito Milena: 11.

Paccagnini Ermanno: 10. Palazzeschi Aldo: 53, 72, 73 e n., 74, 95, 103 e n., 104 n., 105 e n., 115 n., 118 e n. Palomba Simona: 11. Pampaloni Geno: 75. Pancheri Alessandro: 104 n. Pancrazi Pietro: 95, 104 n. Pane Antonio: 105 e n. Panizza Giorgio: 10. Panvini Rosati Mimí: 173 n. Panvini Rosati Rosetta: 173 n. Paolino Laura: 211. Papini Giovanni: 17 n. Parise Goffredo: 55 n. Parodi Ernesto Giacomo: 96 n. Parronchi Alessandro: 188 n. Pasolini Pier Paolo: 50 n., 55 n., 77, 78 e n., 79 e n., 80, 82 e n., 124 n., 127 n. Pasquali Giorgio: 95, 97 n. Pasquini Emilio: 202 n. Pavese Cesare: 50 n., 82 e n., 90 e n., 91 e n., 108. Pea Enrico: 26 n. Pedriali Federica: 10. Perkins Maxwell E.: 88 n., 98 n. Petrarca Francesco: 20, 45, 198, 211. Petrucci Armando: 182 e n., 184, 186. Pettit Alexander: 110 n. Picchi Eugenio: 202 n. Piccioni Leone: 57 e n. Pieri Piero: 67 n. Pinotti Giorgio: 10, 12, 131 e n., 139 n., 145 n., 147 n., 150 n., 156 n., 166 n., 169 n., 170 n., 223 n. Piovene Guido: 95. Plauto Tito Maccio: 152. Poggioli Renato: 90 e n., 91.

Quondam Amedeo: 40, 201 n. Raboni Giovanni: 94, 186. Raboni Giulia: 10, 13 n., 34 n., 39 n., 46 n., 166 n., 219 e n. Ramelli Agostino: 198 n. Rebay Luciano: 58. Rebora Roberto: 55 n. Resta Gianvito: 32 n., 98 n., 99 e n., 100, 105, 106 n. Rico Francisco: 10, 40 n., 201 n., 211. Rigoni Stern Mario: 93 e n. Ripellino Angelo Maria: 105 e n. Rodondi Raffaella: 12, 84 e n., 143. Romanin Jacur Giulia: 11. Rosini Sara: 10. Rossi Luca Carlo: 211 n. Russo Emilio: 10. Saba Linuccia: 67, 68. Saba Umberto: 55 n., 64, 65 e n., 67, 68 e n., 69. Sanguineti Edoardo: 94 n. Sapegno Natalino: 88 n. Savioli Silvia: 90 n. Savoca Giuseppe: 42, 186 e n., 187 n. Scaffai Niccolò: 174 n., 194 e n. Scarpa Domenico: 10, 94 n. Scheibe Siegfried: 36 n. Scheiwiller Vanni: 185 n. Schiller Friedrich: 33. Segre Cesare: 38, 55 n., 91 n., 206. Selis Venturino Antonietta: 188 n. Serafini Francesca: 119 n., 120 n., 135 n. Sereni Umberto: 58 n. Sereni Vittorio: 50 n., 55 n., 93 e n., 94 e n., 96, 117 n.

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indice dei nomi Serianni Luca: 109 n., 114 n., 120 n., 123 n., 124 n., 125 n., 130 e n. Serra Francesca: 10, 16 n., 74, 75 n., 108 n. Shakespeare William: 28 n., 31 n., 193 n. Sharpe Leslie T.: 110 n. Shillingsburg Peter: 10, 11, 204 e n., 205, 206 e n., 207, 208, 209, 210 e n., 211, 227 e n. Siciliano Enzo: 16 n., 75, 146, 152. Silone Ignazio: 69, 70 n. Silvestri Andrea: 12. Simone Raffaele: 197 e n. Siti Walter: 77, 78 n., 79 e n., 81, 82 n., 127 n. Speck Bruce W.: 110 n. Stara Arrigo: 64, 65 n., 68 e n. Steiner George: 136 e n. Stendhal (Marie-Henri Beyle): 92. Stephenson Neil: 214. Stoloff Victor: 21. Stoppelli Pasquale: 10, 28 n., 29 n., 202 n. Stracuzzi Riccardo: 170, 171 n. Stussi Alfredo: 13 n., 28 n., 31 n., 33, 34 n., 35 n., 36 e n., 37, 54 n., 112 n. Tabucchi Antonio: 181 n. Tani Irene: 11. Tanselle G.T.: 28 n., 54 e n., 100 n. Tarasco Martina: 11. Taricco Filippo: 119 n. Tasso Torquato: 38 e n. Taylor Gary: 31 n. Tellini Gino: 72, 73 n., 104, 105 n., 115 n., 118 n. Terenzio Publio Afro: 152. Terzoli Maria Antonietta: 12, 170 n. Tesio Giovanni: 90 n. Tessa Delio: 55 n. Testa Annamaria: 10, 199 e n. Testa Enrico: 134 e n. Testori Giovanni: 55 n., 73. Thackeray William Makepeace: 110 n., 210 n. Timpanaro Sebastiano: 128 n. Tiossi Gina: 174 n., 186, 189, 196.

Tolomei Meo de’: 49. Tommaseo Niccolò: 112. Tonelli Natascia: 10. Tornitore Tonino: 18 e n. Tortora Massimiliano: 10, 94 n. Toschi Luca: 119 n. Tozzi Federigo: 108. Travaglini Roberto: 173. Trotta Nicoletta: 190 n. Trovato Paolo: 42. Turi Gabriele: 90 n. Ungaretti Giuseppe: 30 n., 32 n., 50 n., 54 n., 55 n., 56, 57 e n., 58 n., 59 e n., 86 n. Vasta Giorgio: 119 n. Vecce Carlo: 44 e n., 47, 51 e n., 137 n. Vecchi Galli Paola: 34 n., 35 n. Vela Claudio: 10, 12, 33 n., 55 e n., 58 n., 60 n., 64 n., 65, 105 e n., 145 n., 169 n., 223 n. Vigini Giuliano: 89 n. Villalta Gian Mario: 61 n. Visconti Ermes: 49, 168. Vittorini Elio: 50 n., 55 e n., 92 e n., 93 e n., 94, 96. Voltolini Dario: 119 n. Wallace David Forster: 47, 48 n. Warburg Aby: 136. Warren Michael J.: 31 n. Weiss Edoardo: 160. Wolfe Thomas: 98 n. Wordsworth William: 32 n. Zabagli Franco: 10. Zaccaria Giuseppe: 92 n. Zampa Giorgio: 59, 60. Zanini Enrico: 10, 217 n. Zanzotto Andrea: 61 e n., 62 e n., 63, 186, 192, 193 n. Zucco Rodolfo: 61 e n. Zuliani Luca: 63.

240

I ndice

Premessa

7

Tavola delle abbreviazioni

12

1. Autore, curatore, lettore

1. Per una filologia del Novecento 2. Le “penultime” volontà dell’autore 3. L’ultima volontà del curatore 4. Quali testi per quali lettori?

2. Strutture e forme delle edizioni dei testi

1. Le strutture: conservazioni e ricostruzioni 2. Le forme: correzioni e uniformazioni 3. Gli interventi redazionali sul testo 4. Per una fenomenologia dell’errore

53 88 107 128

3. Due case study : Gadda e Montale

1. Di edizioni incompiute, postume, coatte. Il caso Gadda 2. Di inediti, apocrifi, falsi. Il caso Montale

13 15 27 37

138 171

4. Edizioni sul web, un web per le edizioni

1. Quali testi per quali navigatori? 2. Nuove piattaforme per la filologia: il web 2.0 3. Per una filologia del Duemila

197 211 223

Indici Indice dei nomi

235

241

composizione presso grafica elettronica in napoli finito di stampare presso cangiano grafica in napoli nel mese di aprile 2013

STRUM ENTI P ER L’UN IVERS ITÀ Volumi pubblicati: 1. Innocenzo Mazzini, Storia della lingua latina e del suo contesto, i. Linguistica e lingua letteraria, pp. 320. 2. Innocenzo Mazzini, Storia della lingua latina e del suo contesto, ii. Lingue socialmente marcate, pp. 356. 3. Alessandro Roccati, Introduzione allo studio dell’egiziano, pp. 152. 4. Enrico Malato, Lessico filologico. Un approccio alla filologia, pp. 200. 5. Christopher B.F. Walker, La scrittura cuneiforme, trad. di Paola Corò, pp. 96. 6. Testi e lingue dell’Italia medievale, a cura di Odile Redon, contributi di Lucia Battaglia Ricci et al., ed. it. a cura di Roberta Cella, pp. 464. 7. Giorgio Ieranò, La tragedia greca. Origini, storia, rinascite, pp. 252. 8. Paola Italia, Editing Novecento, pp. 244.

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