ATLANTE TEMATICO ROMA E SUBURBIO, STRADE E ACQUEDOTTI, URBANISTICA

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ATLANTE TEMATICO DI TOPOGRAFIA ANTICA

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Tecnica stradale stradale romana, romana, Roma Roma 1992. 1.1. Tecnica 1992. 2. Strade romane: percorsi e infrastrutture, Roma 2. Strade romane: percorsi e infrastrutture, Roma1993. 1993. Opere di di assetto assetto territoriale territoriale ed urbano, 3.3. Opere urbano, Roma Roma 1994. 1994. Interventi di di bonifica bonifica agraria nell’Italia 4.4. Interventi nell’Italia romana, romana,Roma Roma1995. 1995. 5.5. Strade Roma 1996. 1996. Strade romane: romane: ponti e viadotti, viadotti, Roma 6.6. Architettura urbana nell’Italia nell’Italiaantica, antica,Roma Roma1997. 1997. Architettura e pianificazione pianificazione urbana 7.7. Città antica, Ro Roma ma1998. 1998. Città ee monumenti monumenti nell’Italia nell’Italia antica, 8.8. Campagna nell’Italia antica, antica, Roma Roma1999. 1999. Campagna ee paesaggio paesaggio nell’Italia 9.9. Fortificazioni in Italia. Italia. Età Età repubblicana, repubblicana,Roma Roma2000. 2000. Fortificazioni antiche antiche in 10. delle campagne campagne nell’Italia nell’Italiaantica, antica,Roma Roma2001. 2001. 10. Urbanizzazione Urbanizzazione delle 11. La via Appia. Iniziative e interventi per la conoscenza e la valorizzazione da Roma a Capua, 11. La via Appia. Iniziative e interventi per la conoscenza e la valorizzazione da Roma a Capua, Roma Roma 2002. 2002. 12. antica, Roma Roma 2003. 2003. 12. Santuari Santuari ee luoghi luoghi di di culto culto nell’Italia nell’Italia antica, 13. Viabilità e insediamenti nell’Italia antica, Roma 2004. 13. Viabilità e insediamenti nell’Italia antica, Roma 2004. 14. La forma della città e del territorio - 2, Roma 2005. 14. La forma della città e del territorio - 2, Roma 2005. 15. La forma della città e del territorio - 3, Roma 2006. 15. Architettura La forma della città e edel territorio - 3, Roma 2006. 16. pubblica privata nell’Italia antica, Roma 2007. 16. Architettura pubblica e privata nell’Italia antica, Roma2008. 2007. 17. Edilizia pubblica e privata nelle città romane, Roma 17. Spazi, Edilizia pubblica e privata nelle città romane, Roma 2008. 18. forme e infrastrutture dell’abitare, Roma 2008. 18. Atlante Spazi, forme e infrastrutture dell’abitare, 19. tematico di Topografia Antica 19,Roma Roma2008. 2009. 19. Atlante Atlante tematico tematico di Topografia Antica Antica 19, 20. 20, Roma Roma 2009. 2010. Antica 20, 20. Atlante Atlante tematico tematico di Topografia Antica 21. 21, Roma Roma 2010. 2011. 22. 22, Roma Roma 2011. 2012. 21. Atlante Atlante tematico tematico di Topografia Antica Antica 21, 23. 23, Roma Roma 2012. 2013. 22. Atlante Atlante tematico tematico di Topografia Antica Antica 22, 24. 24, Roma Roma 2013. 2014. 23. Atlante Atlante tematico tematico di di Topografia Topografia Antica Antica 23, 25. Atlante tematico di Topografia Antica 25, Roma 2015. 24. Atlante tematico di Topografia Antica 24, Roma 2014. 26. Atlante tematico di Topografia Antica 26, Roma 2016. 25. Atlante tematico di Topografia Antica 25, Roma 2015.

2016

ATTA 26 - 2016

ATLANTE TEMATICO DI TOPOGRAFIA ANTICA

RRivista IVISTA

SSupplementi UPPLEMENTI Agricoltura ee commerci commerci nell’Italia nell’Italia antica, Agricoltura antica, Roma Roma1995. 1995. Uomo acqua e paesaggio, Roma 1997. Uomo acqua e paesaggio, Roma 1997. Carsulae. Topografia Topografia ee monumenti, monumenti, Roma Carsulae. Roma 1997. 1997. Caro: il mercato della carne nell’Occidente Caro: il mercato della carne nell’Occidente romano, romano,Roma Roma1999. 1999. Laforma forma della della città città ee del del territorio, territorio, Roma Roma 1999. La 1999. Città romane, romane, 11 -- Matelica, Matelica, Roma Roma 2000. 2000. Città Strade romane, romane, 11 -- La La via via Postumia Postumia da da Genova Genova aa Cremona, Strade Cremona, Roma Roma 2000. 2000. Città romane, romane, 22 -- Ravenna, Ravenna, Roma Roma 2000. 2000. Città Lapittura pittura dei dei Campani Campani ee dei dei Sanniti, Sanniti, Roma Roma 2001. La 2001. del Sinni Carta archeologica della Valle Carta archeologica della Valle del Sinni (fascicoli (fascicoli 1-8), 1-8), Roma Roma2000-2003. 2000-2003. Città romane, 3 Città dell’Umbria, Roma 2002. Città romane, 3 - Città dell’Umbria, Roma 2002. Città romane, romane, 44 -- Sebatum, Sebatum, Roma Roma 2002. 2002. Città Città romane, romane, 55 -- Falerio, Falerio, Roma Roma 2002. 2002. Città Città romane, romane, 66 -- Chiusi, Chiusi, Roma Roma 2002. 2002. Città Carta archeologica archeologica ee ricerche ricerche in Carta in Campania Campania (fascicoli (fascicoli1-8), 1-8),Roma Roma2004-2014. 2004-2014. Vers une gestion intégrée de l’eau dans l’Empire romain, Roma Vers une gestion intégrée de l’eau dans l’Empire romain, Roma2008. 2008. Castello di di Gerione. Gerione. Ricerche Ricerche topografiche Castello topografiche ee scavi, scavi, Roma Roma2010. 2010. Castello di Gerione. II. Ricerche topografiche e scavi, Castello di Gerione. II. Ricerche topografiche e scavi, Roma Roma2012. 2012. Norba. Domus Domus ee materiali, materiali, Roma Roma 2014. Norba. 2014. Norba. Strade Strade ee domus, domus, Roma Roma 2015. 2015. Norba. ATLANTE TEMATICO DI TOPOGRAFIA ANTICA 26 ISBN 978-88-913-1164-1

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ATLANTE TEMATICO DI

TOPOGRAFIA ANTICA ISSN 2036-38-34

I.I. II. II. III. III. IV. IV. V. V. VI. VI. VII. VII. VIII. VIII. IX. IX. X. X. XI. XI. XII. XII. XIII. XIII. XIV. XIV. XV. XV. XVI. XVI. XVII. XVII. XVIII. XVIII. XIX. XIX. XX. XX.

ROMA E SUBURBIO, STRADE E ACQUEDOTTI, URBANISTICA

«L’ERMA»

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

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ATLANTE TEMATICO DI TOPOGRAFIA ANTICA ATTA 26 - 2016

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a cura di

Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli

Volume pubblicato con il contributo di:

Regione Lazio – Ente Regionale Parco dei Monti Aurunci

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ATTA 26 - 2016

ATLANTE TEMATICO DI

TOPOGRAFIA ANTICA ROMA E SUBURBIO, STRADE E ACQUEDOTTI, URBANISTICA

Rivista di Studi di Topografia Antica «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

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Direttori

Lorenzo Quilici Stefania Quilici Gigli

Comitato Scientifico

Robert Bedon Maria Fenelli Paolo Liverani Dieter Mertens Maria Pia Muzzioli Jacopo Ortalli Isabel Rodà de Llanza Marcello Spanu

Redazione

Paola Carfora Giovanna Cera Stefania Quilici Gigli

Atlante tematico di topografia antica : ATTA : rivista di studi di topografia antica. - 19 (2009)- . - Roma : «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2009- . - volumi : ill. ; 26 cm Irregolare Il formato varia ISSN 2036-3834 ISBN 978-88-913-1164-1 (cartaceo) ISBN 978-88-913-1166-5 (digitale) CDD 30.107445121 1. Roma antica - Topografia

© Copyright 2016 by «L’ERMA» DI BRETSCHNEIDER - Via Virgilio, 38 - 00193 Roma. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dei direttori della rivista e dell’editore.

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INDICE

Roma e Suburbio A. D’AGOSTINO, Diramazioni dell’Acqua Marcia e dell’Acqua Giulia sul Celio. La documentazione dell’Archivio Gatti ..................................................................................................

p.

7

A. DE CRISTOFARO, Sulla via Triumphalis in età arcaica .......................................................

»

17

A. SCHATZMANN, La Galleria “Lunga” sotto la via Flaminia ..................................................

»

39

L. QUILICI, Roma, il Tevere a S. Paolo. Un bacino “ovoidale” a lato del fiume ......................

»

53

L. QUILICI, Il ponte sul Volturno a Capua e un vicino molo...................................................

»

67

G. CERAUDO, V. FERRARI, Un nuovo miliario dei Tetrarchi per la ricostruzione del tracciato della via Herculia in Hirpinia (a sud di Aequum Tuticum) ..............................................

»

83

S. PAGLIUCA, F. TARLANO, Grumentum: l’acquedotto romano ..............................................

»

93

G. CERA, Aqua Nymphalys. Un acquedotto romano per Taranto............................................

»

111

A. TOSTI, Castiglione di Paludi. Osservazioni e note sulla fortificazione ................................

»

143

P. GUACCI, Ricerche aerotopografiche nella media valle del Tammaro. La città dei Ligures Baebiani ..............................................................................................................................

»

167

M. GUAITOLI, Veio: osservazioni preliminari sulla topografia della città................................

»

177

B. CAPPELLINI, La Basilica Giulio-Claudia di Roselle.............................................................

»

215

G. CIAMPOLTRINI, La griglia di Igino. Nuovi materiali per la centuriazione di Lucca ...........

»

233

SOMMARI – ABSTRACTS............................................................................................................

»

243

ABBREVIAZIONI ........................................................................................................................

»

251

Strade e acquedotti

Urbanistica

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• Località prese in esame nel volume.

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DIRAMAZIONI DELL’ACQUA MARCIA E DELL’ACQUA GIULIA SUL CELIO LA DOCUMENTAZIONE DELL’ARCHIVIO GATTI

In occasione della costruzione delle palazzine della Società Cooperativa Edilizia fra gli Impiegati del Ministero dell’Interno avvenuta a partire dal 1920i(1), nell’area compresa tre le vie Statilia, S. Croce in Gerusalemme, Luigi Luzzatti ed Ettore Perrone, vennero effettuate numerose scoperte testimoniate da alcuni documenti redatti da Edoardo Gatti e conservati nell’Archivio omonimoi(2). Da queste carte, tra l’altro, emerge la notizia del rinvenimento, lungo il crinale del Celio e sul margine settentrionale della c.d. via Caelimontana, di due tratti sotterranei di due distinti acquedotti e di due cippi tufacei rinvenuti in situ, relativi alla terminazione di uno dei due condotti. La scoperta appare di particolare importanza. L’iscrizione presente sui due cippi terminali, oltre a permettere di riconoscere nell’acquedotto relativo un ramo secondario dell’acqua Marcia, consente di proporre una serie di valutazioni di ordine topografico grazie alla riconsiderazione del ritrovamento di un termine analogo avvenuto alla fine dell’Ottocento nella zona all’incrocio tra via Merulana e piazza S. Giovanni in Laterano. Inoltre, consente di avanzare l’ipotesi, in base ad un passo del De aquae ductu Urbis Romae di Sesto Giulio

Frontino, di identificare l’altro condotto con una diramazione dell’acqua Giuliai(3). Il rinvenimento non è citato da Thomas Ashbyi(4); tuttavia, già Giuseppe Luglii(5) ne aveva fatto cenno, limitandosi però a dare notizia del condotto e dei cippi relativi all’acqua Marcia: «Un lungo frammento dello speco è stato visto nel 1917 (sic) nel terreno della cooperativa del Ministero degli Interni presso la via Statilia, a circa 30 m dalla via e quasi parallelo ad essa; era scavato nel cappellaccio, con le pareti rivestite di reticolato, e misurava m 1,82 per m 0,60; il piano era formato dalla sola roccia, senza rivestimento, ma era riempito per oltre mezzo metro dal deposito calcareo caratteristico della Marcia. Detto piano si trovava a m 6,53 sotto il livello stradale; due cippi col nome dell’acqua e col n. XIIII, appartenenti al restauro di Augusto, si sono ritrovati ancora in posto sul terreno a limitazione della zona di rispetto, larga m 3,50; infine verso l’estremità occidentale si apriva nello speco un pozzo quadrato, rivestito di muratura reticolata, che si elevava fuori del terreno per almeno due metri e mezzo». Identificava l’acquedotto con il rivus Herculaneus, e ne disegnava il percorso attraverso

Oltre a quelle della rivista, sono state utilizzate le seguenti abbreviazioni: ASC: Archivio Storico Capitolino. ASHBY 1991: T. ASHBY, Gli acquedotti dell’antica Roma, Roma 1991 (trad. ital. di T. ASHBY, The Aqueducts of Ancient Rome, Oxford 1935). COLINI 1944: A.M. COLINI, «Storia e topografia del Celio nell’antichità», in MemPontAcc VII, 1944. CONSALVI 2009: F. CONSALVI, Il Celio orientale. Contributi alla Carta Archeologica di Roma. Tavola VI settore H, Roma 2009. EVANS 1994: H.B. EVANS, Water Distribution in Ancient Rome. The Evidence of Frontinus, Ann Arbor 1994. VOLPE 1996: R. VOLPE, Aqua Marcia. Lo scavo di un tratto urbano, Firenze 1996.

(1) ASC, I.E., anno 1920, prot. 1006. (2) ACS, Arch. Gatti, fasc. 6, sottofasc. 40, nn. 1815-1840. (3) Sugli acquedotti urbani, ancora insuperato R. LANCIANI, I Comentarii di Frontino intorno alle acque e agli acquedotti. Silloge epigrafica aquaria, Roma 1880, cui molto deve ASHBY 1991. Limitatamente a quanto qui interessa, importante risulta il tentativo di ricostruzione, basato sul trattato di Frontino, di EVANS 1994, e il lavoro sul tracciato urbano dell’Acqua Marcia di VOLPE 1996. (4) ASHBY 1991, pp. 186-189. Una lettera conservata nell’Archivio Gatti sulla livellazione dei due condotti (ACS, Arch. Gatti, fasc. 6, sottofasc. 40, n. 1822v.) è tuttavia indirizzata proprio allo studioso britannico, che quindi doveva esserne a conoscenza. (5) G. LUGLI, I monumenti antichi di Roma e suburbio, II, Milano, 1934, p. 346, tav. V. Riproposto in G. LUGLI, Acque urbane in Roma antica. Fonti, sorgenti, acque, strutture (a cura di M.E. GARCIA BARRACO), Roma 2010, pp. 107-108.

Per il testo frontiniano è stata utilizzata l’edizione curata da C. KUNDEREWICZ, Sex. Iulii Frontini de aquaeductu urbis Romae, Leipzig 1973.

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A. D’AGOSTINO

Fig. 1. Roma, via Statilia: schizzo misurato dei rinvenimenti.

il crinale del Celio sino a porta Capena, e da lì sino a Trastevere attraverso l’Aventino. Antonio Maria Colinii(6) concorda con l’attribuzione di Giuseppe Lugli. Ipotizza l’origine della diramazione, come il suo predecessore, nella quinta torre a sud-est di porta Tiburtina,

(6) COLINI 1944, pp. 84-88.

e ne traccia l’andamento lungo la dorsale del colle. Allo stesso acquedotto attribuisce lo speco disegnato da Felice Cicconetti presso villa Wolkonsky, sebbene ad una fase precedente in ragione dell’opera incerta utilizzata in questo tratto. Nelle tavole del suo volume, tuttavia,

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DIRAMAZIONI DELL’ACQUA MARCIA E DELL’ACQUA GIULIA SUL CELIO

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Fig. 2. Roma, via Statilia: rilievo dei rinvenimenti.

non sono riportati né gli acquedotti né gli edifici sepolcrali venuti alla luce all’interno dell’area della Cooperativa. Dopo Colini il rinvenimento del condotto della Marcia (quello dell’altra diramazione non venne mai effettivamente citato) non è più menzionatoi(7) sino al 2009. In quell’anno Francesco Consalvii(8), nell’affrontare la natura e la cronologia delle tubazioni tufacee presenti lungo la stessa fascia di terreno, pubblica uno dei documenti dell’Archivio Gatti (documento 1818) e propone di identificare l’acquedotto con una delle due diramazioni, quella posta a quota più alta, che scorrevano sul crinale del Celio. I due cippi terminali sono pubblicati in CIL VIi(9). Tuttavia, essendo sconosciuto ai redattori delle schede il luogo di rinvenimento, essi sono del tutto svuotati dal loro valore topografico. Il testo dell’iscrizione 40873 è il seguente: Mar(cia) / [I]mp(erator) Caesar / divi f(ilius) Augustus / ex s(enatus) c(onsulto) / XIIII p(edes) CCXL. Pressoché identico quella

del cippo 40874: Mar(cia) / [I]mp(erator) Caesar / divi f(ilius) Augustus / ex s(enatus) c(onsulto) / XIV p(edes) CCXL. Le carte conservate nell’Archivio Gattii(10) offrono ulteriori elementi, rispetto alle notizie edite, sulle caratteristiche e sull’esatto posizionamento degli spechi e dei cippi. Il documento 1818 (fig. 1) è uno schizzo misurato sulla base del disegno del palazzo in via di costruzione, del filo dei marciapiedi di via Statilia e di via S. Croce in Gerusalemme, e di alcuni monumenti funerari, questi ultimi disegnati in una versione già definitiva. I cippi della Marcia erano posizionati ad una distanza di cinque piedi (equivalenti a m 1,47) dal condotto; a destra era il cippo CIL VI, 40873, a sinistra il cippo CIL VI, 40874. Il lungo muro visibile sulla sinistra dei condotti, a cui si addossano i monumenti funerari, potrebbe forse interpretarsi come muro di delimitazione dell’area di rispetto degli acquedotti, che in questo punto transitavano in gran numero.

(7) Cfr. D. CATTALINI, «Aqua Marcia», in LTUR, I, Roma 1993, pp. 67-69; EVANS 1994, pp. 87-89; VOLPE 1996, pp. 75-80. (8) CONSALVI 2009, pp. 72-77. (9) CIL VI, 40873 (=AE 1965, 334 = GORDON, pl. 16, n. 26), 40874. (10) Relativamente agli acquedotti: ACS, Arch. Gatti,

fasc. 6, sottofasc. 40, nn. 1815v., 1818, 1822v., 1830. Un altro documento (1880v.) probabilmente riporta un pozzo, impossibile però da posizionare con certezza; un altro (1834) reca segnato anch’esso un pozzo (oltre ad altri piccoli condotti, probabilmente fogne) che ricadeva però in un altro settore della Cooperativa.

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A. D’AGOSTINO

La stesura “in bella” di questo schizzo, redatta in scala 1:200, è riportata nel documento 1815v. (fig. 2). Il disegno risulta piuttosto preciso con le misure tra il palazzo ed i pozzi, mentre qualche discrepanza esiste con le misure verso il marciapiede di via Statilia.

La sezione del pozzo della Marcia (in opera reticolata superiormente, scavato nel banco nella parte inferiore) è disegnata nel documento n. 1830 (fig. 3), con lo speco coperto a cappuccina per mezzo di due bipedali; il saggio effettuato in corrispondenza dei due cippi (documento 1818) mostrò invece che il condotto presentava in quel punto una copertura a volta. Fondamentali i dati forniti dal documento n. 1822 (fig. 4). Sul retro di una lettera a firma Guglielmo Duccii(11) sono infatti appuntate, per mano di Edoardo Gatti, alcune quote in riferimento ai condotti in questione. In particolare vi è la quota assoluta del fondo dello speco della derivazione della Marcia in corrispondenza del pozzo, calcolata a m 39,926 s.l.m.i(12). Il rinvenimento, che Lugli riferisce senza troppa precisione lungo via Statilia (e quindi potenzialmente su tutti e due gli isolati della Cooperativa), si può posizionare con esattezza all’angolo tra questa via e via di S. Croce in Gerusalemme. Il disegno del perimetro del palazzo (fig. 5) sulla cui area ricade la presenza di un pozzo non lascia margini di dubbio sull’esatta identificazione del luogoi(13) (fig. 6). Attualmente, più nulla è visibile. Con buona probabilità, i resti sono conservati al di sotto dell’edificio: lo speco corre ad una quota inferiore di sei metri rispetto al piano stradale odierno. Il trattato di Sesto Giulio Frontino, nominato curator aquarum da Nerva nel 97, ricorda in tre passi le diramazioni dell’acqua Marcia che transitavano attraverso il Celio. Il primoi(14), in ordine di riferimento cronologico, ci informa che fino al regno di Nerone Marcia e Giulia erano distribuite sul Celio e sull’Aventino (un acquedotto per colle). In secondo luogo, che proprio a partire da questo periodo,

(11) Uno degli ingegneri dell’équipe di Vincenzo Reina, nel frattempo deceduto, che mise a punto la livellazione degli acquedotti romani caldeggiata da Thomas Ashby (V. REINA, G. CORBELLINI, G. DUCCI, «Livellazione degli antichi acquedotti romani», in Memorie della società italiana delle scienze detta dei XL, XX, 1917). La lettera reca la data 24 febbraio 1921; l’appunto è naturalmente posteriore. (12) Nel documento sono segnati sette punti (A-G), quasi tutti identificabili: il primo (A) si riferisce al pozzo dell’Anio vetus all'interno di porta Maggiore; i “tre archi nuovi” sono quelli che collegano il piazzale della porta con viale dello Scalo S. Lorenzo, aperti nelle mura nel 1912. Il secondo (B) è un punto intermedio, non altrimenti identificabile, lungo via Statilia. Il terzo (C) era posizionato tra i due cippi, nel luogo dove venne aperto il saggio per intercettare lo speco. Il quarto ed il quinto (D-E) erano posti su dei piani antichi (una strada, evidentemente la Caelimontana, ed il pavimento di un balneum). Il sesto

(F) all’interno del pozzo della Marcia. L’ultimo (G) su un caposaldo in relazione, pare di capire, con il secondo condotto. (13) In un altro documento dello stesso Archivio (ACS, Arch. Gatti, f. 1, Taccuini – Reg. varie 1-15, fasc. 2, tacc. 205) si trova una pianta con una più completa indicazione della toponomastica. Il documento è datato 21 giugno 1920, e dai resti riportati nello schizzo sembra essere contemporaneo o di poco anteriore rispetto al documento n. 1818: è presente un solo pozzo, e mancano del tutto i condotti. (14) FRONTIN. aq. 76: Qui colles (scil. Caelius et Aventinus), priusquam Claudia perduceretur, utebantur Marcia et Iulia. Sed postquam Nero imperator Claudiam opere arcuato altius exceptam usque ad templum divi Claudii perduxit, ut inde distribueretur, priores non ampliatae sed omissae sunt. Nulla enim castella adiecit, sed isdem usus est, quorum quamvis mutata aqua vetus adpellatio mansit.

Fig. 3. Roma, via Statilia: sezione del pozzo a monte dell’acqua Marcia.

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DIRAMAZIONI DELL’ACQUA MARCIA E DELL’ACQUA GIULIA SUL CELIO

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Fig. 5. Roma, via Statilia: i lotti della Società Cooperativa Edilizia fra gli Impiegati del Ministero dell’Interno.

Fig. 4. Roma, via Statilia: appunti sulla livellazione degli acquedotti.

Fig. 6. Roma, via Statilia: posizionamento dei rinvenimenti del 1920 su base catastale.

quello neroniano, la Marcia e la Giulia non rifornivano più i due colli, anzi, che i loro condotti vennero chiusi. Un secondo passoi(15) ricorda che a partire dai primi tempi di regno di Traiano, grazie a lavori considerevoli, la Marcia riprese a scorrere attraverso il Celio per giungere sull’Aventino; sul Celio questa non era però distribuita, come si evince anche dalla lista compilata da Frontinoi(16) delle regioni urbane servite da questo acquedotto.

Nel terzoi(17), che si riferisce al medesimo periodo, viene citato per l’unica volta all’interno del trattato il rivo Ercolaneo, il ramo dell’acqua Marcia diretto verso porta Capena, che non distribuisce acqua sul Celio. Ricapitolando: a partire da una data indeterminata, ma sicuramente dall’11-4 a.C. e sino all’età di Nerone, la Marcia rifornisce il Celio; con la costruzione degli archi neroniani questo acquedotto, insieme a quello della Giulia, viene soppresso. Dall’inizio del regno di Traia-

(15) FRONTIN. aq. 87: Ac prope duplicata ubertas est et tam sedula deinde partitione distributa, ut regionibus quibus singulae serviebant aquae plures darentur, tamquam Caelio et Aventino in quos sola Claudia per arcus Neronianos ducebatur, quo fiebat ut, quotiens refectio aliqua intervenisset, celeberrimi colles sitirent. Quibus nunc plures aquae, et in primis Marcia reddita ampliore opere a Se in Aventinum usque perducitur.

(16) FRONTIN. aq. 81. (17) FRONTIN. aq. 19: (…) Quae (scil. Marcia, Tepula, Iulia) ad libram minalis connte aentes ad Viminalem usque portam deveniunt. Ibi rursus emergunt. (…) Marcia autem partem sui post hortos Pallantianos in rivum qui vocatur Herculaneus deicit. Is per Caelium ductus, ipsius montis usibus nihil ut inferior subministrans, initur supra portam Capenam.

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no la Marcia è nuovamente condotta attraverso il Celio senza essere distribuita; nello stesso periodo l’acqua Marcia scorre attraverso il colle anche nel rivo Ercolaneo; neanche in questo caso vi viene distribuita, perché il condotto è troppo profondo. Per cercare di formulare delle ipotesi sulla natura e sulla funzione del condotto di via Statilia è necessario prendere in esame i ritrovamenti relativi ad acquedotti sotterranei avutisi su questo crinale del Celio. Da monte a valle, essi sono: 1) lo speco disegnato da Felice Cicconetti a villa Wolkonsky, al quale si addossava un pilone degli archi neroniani. La fase originale era in opus incertum, ed erano visibili restauri in opera laterizia, testimoni di un lungo periodo di utilizzo dello specoi(18); 2) i due condotti fotografati dal Parker nella stessa zonai(19). Gli spechi sono in opera cementizia (non è ravvisabile l’opera muraria che fodera le guance dei condotti) e distano tra di loro all’incirca m 1,50. Dalla fotografia non può determinarsi quale sia l’orientamento della ripresa e non è accertabile, di conseguenza, se come nel nostro caso il condotto posto ad una quota maggiore sia quello a nord; 3) un lungo tratto di acquedotto sotterraneo segnalato da Lanciani nella Forma Urbis, all’incrocio tra via Statilia e via Emanuele Filiberto, a cui lo studioso dà il nome di ‘rivus Herculaneus’. Questo acquedotto corre paral-

(18) COLINI 1944, p. 85, fig. 37; CONSALVI 2009, p. 133, n. 120. (19) Foto PARKER 854. La didascalia recita: «Aquaeducts – Two branches in the Agger between the Villa Volkonsky and the Lateran»; cfr. COLINI 1944, p. 384. (20) G. GATTI, «Trovamenti riguardanti la topografia e la epigrafia urbana», in BC XVI, 1888, p. 400; R. LANCIANI, Forma Urbis Romae, Milano-Roma 1893-1901, tav. 31; COLINI 1944, pp. 83, 384-386; CONSALVI 2009, p. 118, n. 71; resti più a monte a p. 135, n. 22. (21) CIL VI, 31560: Mar(cia) / Imp(erator) Caesar / divi f(ilius) Augustus / ex s(enatus) c(onsulto) / III p(edes) CCXL. G. GATTI, in NS 1889, p. 66: rinvenuto «sulla via Merulana, nell’area della antica villa Giustiniani, ed a circa 50 m. di distanza dalla piazza del Laterano»; anche in IDEM, «Trovamenti riguardanti la topografia e la epigrafia urbana», in BC XVII, 1889, p. 130: «sulla via Merulana, fabbricandosi un nuovo casamento, prossimo a quello che confina con la piazza S. Giovanni». ASHBY 1991, p. 188 è scettico riguardo al suo reale posizionamento originale per la mancanza di un castellum aquae nelle vicinanze; è perplessa anche VOLPE 1996, p. 78. Cfr. anche CATTALINI, «Aqua Marcia», art. cit. alla nota 7, p. 69. (22) Si è supposto generalmente, da Lanciani in poi, che le tubazioni tufacee presenti sulla dorsale del Celio appartenessero al primitivo rivo Ercolaneo: COLINI 1944,

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lelo agli archi neroniani e al centro dell’asse viario noto, nella letteratura archeologica, come via Caelimontana. Tuttavia, anche se il disegno sembra indicare uno speco vero e proprio, si tratta del condotto in blocchi lapideii(20) rinvenuto in diversi punti tra porta Maggiore e S. Stefano Rotondo; 4) un altro rinvenimento è rappresentato dal cippo di terminazione in travertino, contrassegnato dall’indicazione dell’acqua Marcia e con il numero tre, scoperto presso l’incrocio tra via Merulana e piazza S. Giovanni in Lateranoi(21). Tra i quattro rinvenimenti riportati, solamente l’ultimo è sicuramente attribuibile allo stesso acquedotto di via Statilia. Il primo si propenderebbe ad escluderlo, in ragione della quota di scorrimento che sembrerebbe essere piuttosto superficiale, non molto inferiore allo spiccato degli archi della Claudia; il secondo deve per prudenza ritenersi incerto, sebbene si sia tentati di identificarli con i nostri acquedotti. Il terzo, senza dubbio, riporta scoperte attribuibili ad altro sistema di conduzione idricai(22). Non è sempre lecito calcolare distanze basandosi sulla numerazione dei cippi terminali. Ma conoscendo l’esatta ubicazione della coppia di cippi col numero 14 e seguendo il tragitto dell’acquedotto, che doveva proseguire sulla dorsale percorsa dagli archi neroniani sfruttando il crinale del Celio, la distanza in metri cor-

p. 83 (con bibliografia precedente). L’attribuzione nacque dalla coincidenza del fatto che il rivus fosse l’unica diramazione sotterranea sul Celio menzionata con il proprio nome dalle fonti e che le tubazioni siano state a lungo l’unico acquedotto sotterraneo noto nella zona. Negli ultimi anni, l’attribuzione alla Marcia si è consolidata, sebbene viene scartata l’identificazione con il rivus: le data all’epoca di Traiano R. COATES-STEPHENS, «Porta Maggiore Monument and Landscape. Archaeology and topography of the southern Esquiline from the Late Republican period to the present», in BC, Suppl. 12, 2004, p. 68. Appartengono al condotto della Marcia abbandonato da Nerone (cfr. nota 14) secondo P.L. TUCCI, «Ideology and technology in Rome’s water supply: castella, the toponym AQVEDVCTIVM, and supply to the Palatine and Caelian hills», in JRS 19, 1, 2006, pp. 95-98; d’accordo è CONSALVI 2009, pp. 72-76. Al rivo Ercolaneo è stato attribuito un condotto in muratura rinvenuto negli anni 1969-71 presso l’inizio di via S. Giovanni in Laterano (V. SANTA MARIA SCRINARI, Il Laterano Imperiale III. La proprietà di Licinio Sura ed il problema degli acquedotti, Città del Vaticano 1997, pp. 16-17). Ammesso che si tratti effettivamente di un acquedotto, la mancanza di quote assolute, e la difficoltà di ricavarle da quelle relative presenti sui rilievi, ne rende difficile l’interpretazione.

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DIRAMAZIONI DELL’ACQUA MARCIA E DELL’ACQUA GIULIA SUL CELIO

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Fig. 7. Roma: ricostruzione del tracciato della diramazione dell’Acqua Marcia.

risponde quasi esattamente con il luogo di rinvenimento del cippo col numero tre, distante dal primo 780 metri circa. Questo cippo se non proprio in situ, dunque, venne rinvenuto non lontano dal suo posizionamento originario. Ciò significherebbe che, a partire dall’area dell’incrocio tra la via Merulana e la piazza di S. Giovanni in Laterano, la piscina terminale dell’acquedotto doveva trovarsi verso occidente intorno ad un raggio di circa 210 metri. In più, calcolando in via puramente ipotetica che il condotto mantenesse una caduta media di circa tre metri a chilometroi(23), questa piscina si sarebbe dovuta trovare intorno alla quota assoluta di m 37 s.l.m.. Questi due elementi sono essenziali per individuare la natura e la destinazione della diramazione dell’acqua Marcia un cui resto è stato rinvenuto presso via Statilia: sappiamo come primo dato che il termine dell’acquedot-

to si trovava ad occidente dell’incrocio tra la via Merulana e piazza S. Giovanni in Laterano; sappiamo inoltre che la zona servita dalla diramazione si situava ad una quota inferiore ai m 37 s.l.m. Solo una zona soddisfa queste due caratteristiche: il quartiere posto nella depressione del Caput Africae, appartenente alla seconda regione augustea. Sebbene non siano noti resti attribuibili ad una piscina terminalei(24), questa dovrebbe essere localizzata lungo l’attuale via di S. Stefano Rotondo, non molto distante dall’incrocio oggi esistente tra questa via e via dei SS. Quattro (fig. 7). La zona dove ancora oggi è apprezzabile un’accentuata pendenza del terreno (da sud a nord: da via di S. Stefano Rotondo a via Labicana vi sono circa venti metri di differenza) in antico, come è naturale, presentava dislivelli ancora più pronunciatii(25).

(23) A.T. HODGE, Roman Aqueducts and Water Supply, London 1992, pp. 178-184, 216-219. Pendenze maggiori non cambierebbero la sostanza del discorso. (24) Cfr. la cartografia in Gli dèi propizi. La Basilica Hilariana nel contesto dello scavo dell’Ospedale Militare Celio (1987-2000) (a cura di P. PALAZZO e C. PAVOLINI), Roma 2013, p. 12. (25) Per la ricostruzione della morfologia antica del luogo: COLINI 1944, pp. 5-12, tav. I; Caput Africae I. Indagini archeologiche a Piazza Celimontana (1984-1988). La storia, lo scavo, l’ambiente (a cura di C. PAVOLINI), Roma 1993, pp. 213-218. Le quote antiche, registrate in diverse aree del quartiere, si pongono al di sotto dei 25 metri s.l.m.: ciò per esempio tra via Annia, via Marco Aurelio e

via Celimontana (COLINI 1944, p. 292, 2, tav. XVI, G) e presso l’incrocio tra via Capo d’Africa e via Celimontana (COLINI 1944, p. 289, c, tav. XVI, L). Cfr. anche C. PAVOLINI, «Archeologia e topografia della regione II (Celio). Un aggiornamento sessant’anni dopo Colini», in LTUR, suppl. II, Roma 2006, pp. 93-103. In generale, sul fenomeno della colmatura delle vallate nel medioevo: F. GUIDOBALDI, «Un estesissimo intervento urbanistico nella Roma dell’inizio del XII secolo e la parziale perdita della «memoria topografica» della città antica», in MEFR – Moyen Age 162, 2, 2014, pp. 2-46. Per le quote attuali: Atlante di Roma. La forma del centro storico in scala 1:1000 nel fotopiano e nella carta numerica, Venezia 1991, tavv. 166-167, 185-187, 207-208.

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Prima dell’adduzione della Marcia a Roma, questo settore della città non poteva essere servito dall’acqua Appia, il cui livello era troppo basso; l’Anio vetus, sebbene non siano note sue diramazioni in questa zona, poteva potenzialmente servirlai(26) ed in teoria le condutture in tubazioni tufacee potrebbero, per la loro quota, essere state utilizzate anche da questo acquedotto. La diramazione doveva avere origine lungo il percorso del condotto principale in un punto collocato tra porta Maggiore e porta Tiburtina. Improbabile che questo debba collocarsi troppo vicino alla secondai(27), in quanto un considerevole tratto della diramazione avrebbe ricalcato all’inverso il percorso principale. Poiché l’acquedotto era in un certo senso destinato ad attestarsi sul crinale del colle, vuoi per la consuetudine di tracciare gli acquedotti nei luoghi morfologicamente più adattii(28) vuoi perché, come conseguenza, quella fascia di terreno era già interessata da strade e acquedotti, appare più logico che la diramazione avesse origine a nord est di via Statilia. Non vi sono evidenze archeologiche a sostegno, ma sembra probabile che un castello di distribuzione dovesse esistere nei paraggi del castello terminale dell’acqua Claudia, costruito più tardi post hortos Pallantianosi(29). Da questo castellum, dopo aver perso circa quindici metri di quotai(30), l’acqua doveva defluire all’interno del canale secondario rinvenuto in via Statilia per poi essere diffusa nel quartiere posto nella depressione del Caput Africae (e naturalmente in tutti quei quartieri vicini posti alla quota adatta, come ad esempio tutta la valle tra Celio ed Esquilino), tramite le fontane e tramite le fistulae per la conduzione idrica alle domus. Siamo in presenza, credo, della diramazione della Marcia poi chiusa al momento della conduzione dell’acqua Claudia sul Celio. Non

può infatti trattarsi, come è ovvio per la datazione offerta dai cippi, della diramazione costruita da Traiano ad un livello più alto. Né può identificarsi con il rivus Herculaneus, il quale al tempo di Frontino terminava presso porta Capenai(31) e non riforniva il Celio per una precisa caratteristica del condotto, troppo in profondità in quell’area. Certamente non sfugge, ammesso che l’ipotesi avanzata a proposito del luogo d’origine della diramazione sia giusta, che questo ramo secondario nascerebbe nella stessa zona del rivo Ercolaneo. Bisogna comunque partire da un dato certo, ovvero che il terzo cippo terminale è stato trovato non distante dal luogo in cui esso era originariamente posto; la conseguenza, inevitabile, è che la diramazione terminasse nel raggio di duecento metri da quel punto, o poco oltre. Si può solo supporre che il rivo Ercolaneo, una volta che l’acquedotto secondario venne chiuso da Nerone, ne sfruttasse un lungo tratto e proseguisse poi verso porta Capena; oppure che ne sfruttasse semplicemente il castellum, proseguendo poi con un percorso proprio; o anche, terza ipotesi, che la nostra diramazione ed il rivus Herculaneus fossero due acquedotti indipendenti, forse anche in uso contemporaneamente, con origine dallo stesso punto. A proposito di altri acquedotti sullo stesso crinale, ricordiamo lo speco disegnato da Felice Cicconetti, la cui primitiva fase in opera incerta, se confermata, rimanderebbe ad un periodo compreso nel II secolo a.C. e alle citate tubazioni tufacee rinvenute in molti punti sulla stessa dorsalei(32). Gli elementi in nostro possesso convergono verso una datazione della diramazione alla fine del primo secolo a.C., e più precisamente tra il 33 (adduzione dell’acqua Giulia) e l’11-4 a.C., vale a dire all’epoca della riorganizzazione del sistema di acquedotti da parte di Agrippai(33):

(26) Il cielo dello speco dell’Anio vetus, a porta Maggiore, è quotato a m 46,15 s.l.m.; il piano di scorrimento è calcolato a m 44,55: ASHBY 1991, p. 102. (27) In ogni caso sicuramente non nel castellum nella quinta torre ad est di porta Tiburtina, poiché esso è datato nella sua fase originaria al II-III secolo d.C. (VOLPE 1996, p. 43). Per il tragitto dell’acqua Marcia tra queste due porte: Ibidem, pp. 63-72. (28) Per il caso della stessa acqua Marcia sul Quirinale: VOLPE 1996, pp. 80-81; S. FOGAGNOLO, «Nuove testimonianze archeologiche lungo il percorso dell’Alta Semita al Quirinale», in BC CXIII, 2012, pp. 338-362 (in particolare pp. 343-345). (29) FRONTIN. aq. 20. (30) Le livellazioni (G. TEDESCHI GRISANTI, «Primo

contributo ad una livellazione urbana sistematica degli antichi acquedotti di Roma», in Gli antichi acquedotti di Roma: problemi di conoscenza, conservazione e tutela, Roma 1992, p. 66, fig. 5) fissano la quota assoluta dello speco della Marcia a m 55,70 a porta Maggiore ed a m 55,01 a porta Tiburtina. (31) FRONTIN. aq. 19. (32) Basti pensare al gran numero di spechi visti presso porta Capena (G. SAFLUND, Le mura di Roma repubblicana, Lund 1932, pp. 34-39) che avevano il loro naturale passaggio, tra la Spes vetus e la porta stessa, proprio lungo questo crinale. (33) Cfr. H.B. EVANS, «Agrippa’s water plan», in AJA 86, 1982, pp. 401-411.

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DIRAMAZIONI DELL’ACQUA MARCIA E DELL’ACQUA GIULIA SUL CELIO

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Fig. 8. Roma: ricostruzione del tracciato della diramazione dell’Acqua Giulia.

il primo di questi, il più ovvio, è l’iscrizione del cippo di terminazione, databile appunto tra l’undici ed il quattro a.C., periodo durante il quale vennero restaurati sia l’acquedotto Marcio che la Giulia. Il secondo è la tecnica muraria (opera reticolata) con la quale sono costruite le guance dello speco. Il terzo, e sicuramente il più importante poiché i primi due potrebbero anche essere posteriori all’originaria costruzione dell’acquedotto, è la circostanza che la diramazione si inserisce in un’area che sembra conoscere in epoca augustea una prima regolare urbanizzazionei(34), all’interno della quale è presumibile che fosse prevista anche l’adduzione idrica. Bisognerebbe allora considerare la diramazione di via Statilia come facente parte del progetto augusteo di potenziamento dell’acqua Marcia, operato tramite l’aumento della portata del più importante acquedotto allora esistentei(35). Il secondo speco rinvenuto in via Statilia si situa pochi metri a nord del precedente, mantenendone all’incirca lo stesso orientamento. Non ci sono disegni particolareggiati relativi a questa seconda diramazione; dallo schizzo misurato sul documento n. 1818 (fig. 1) si può tuttavia ricavare che l’acquedotto era largo, comprese le due pareti laterali, m 1,40. Nel do-

cumento n. 1822v. la quota del fondo di questo condotto venne fissata a m 42,303 s.l.m., vale a dire m 2,40 più in alto del condotto della Marcia; nello stesso documento esso viene denominato “speco rotondo”, sebbene nessun disegno riporti questa forma. Nessun autore moderno ricorda il ritrovamento in questionei(36); Antonio Maria Colinii(37) suppose addirittura che «la Giulia non avesse sul Celio un condotto proprio ma venisse semplicemente introdotta in quello sottostante della Marcia» in base alla considerazione che non si era mai rinvenuto alcun resto del canale e che comunque la sua portata doveva essere minima, vale a dire le 162 quinarie che la Giulia riceveva dalla Claudia dopo gli horti di Pallante. Come accennato all’inizio, un passo del trattato di Frontino suggerisce di identificare questo speco come una diramazione dell’acqua Giulia. Si tratta del passo 76i(38), lo stesso citato a proposito della Marcia a riguardo dei due acquedotti chiusi al momento della conduzione della Claudia attraverso il Celio tramite le arcuazioni neroniane. Un secondo passoi(39) sulla Giulia si riferisce all’epoca di Frontino, durante la quale quest’acqua veniva distribuita sul Celio. Anco-

(34) Cfr. C. PAVOLINI, A. CARIGNANI, F. PACETTI, G. SPINOLA, M. VITTI, «La topografia antica della sommità del Celio», in RM 100, 1993, pp. 443-505 (in particolare pp. 456-461). (35) RG 20: «aquam quae Marcia appellatur duplicavi fonte novo in rivum eius inmisso». (36) D. CATTALINI, «Aqua Iulia», in LTUR, I, 1993,

pp. 66-67; EVANS 1994, pp. 99-103. (37) COLINI 1944, pp. 82-88. (38) FRONTIN. aq. 76. Cfr. nota 14. (39) FRONTIN. aq. 19: Quae ad libram minalis connte aentes ad Viminalem usque portam deveniunt. Ibi rursus emergunt. Prius tamen pars Iuliae ad Spem veterem excepta castellis Caelii montis diffunditur.

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ra, un terzo passoi(40) ricorda come l’acquedotto ricevesse acqua dalla Claudia. Come per la Marcia, anche per l’acqua Giulia Frontino ci offre la visione di due momenti distinti a riguardo delle diramazioni di questo acquedotto verso il Celio: il primo antecedente alla costruzione degli archi neroniani, quando la Giulia transitava sul Celio, senza che vi venisse distribuita. Il secondo contemporaneo all’epoca di stesura del trattato, vale a dire agli ultimissimi anni del primo secolo d.C. Con Traiano infatti, nell’ottica di rifornire ogni regione con due acquedotti diversi, la Giulia viene erogata sul Celio; per questo la Claudia, presso gli horti Pallantiani, proprio dove aveva inizio il ramo Ercolaneo dell’acqua Marcia, rifornisce questo acquedotto con 162 quinarie. In questo momento l’acqua Giulia, limitatamente al settore meridionale della città, serve il Celio, Iside e Serapide e Piscina Publica, mentre non viene menzionato l’Aventinoi(41). In considerazione del tracciato e dell’andamento a noi noto dell’acquedotto rinvenuto a via Statilia, la diramazione nata presso la Spe-

ranza Vecchia non vi può essere identificata. Questa deve ricondursi, al più presto, all’opera di Traiano poiché, come già abbiamo letto, nel periodo compreso tra il regno di Nerone e quello di Traiano il Celio era servito dalla sola Claudia. Se davvero l’acquedotto può identificarsi con la Giulia, come credo, anche questo condotto può interpretarsi come quello chiuso da Nerone. Non abbiamo purtroppo riferimenti certi per disegnarne il tracciato, come nel fortunato caso dei due cippi della Marcia. Possiamo supporre che, fornendo la Marcia il Celio e ricordando Frontino che i due rami chiusi da Nerone rifornivano Celio e Aventino, la diramazione della Giulia approvvigionasse proprio quest’ultimo colle. L’acquedotto, dopo aver corso parallelamente alla Marcia, potrebbe aver seguito la dorsale di via S. Stefano Rotondo per dirigersi, seguendo forse il vicus Camenarum, presso porta Capenai(42); da qui, avrebbe potuto dirigersi in un punto non identificabile dell’Aventino (fig. 8).

(40) FRONTIN. aq. 69: Praeterea accipit prope urbem post hortos Pallantianos ex Claudia quinarias centum sexaginta duas. (41) FRONTIN. aq. 83. (42) Forse sui piloni visti da John Henry Parker nel

1868: cfr. VOLPE 1996, pp. 79-80 e M. MODOLO, «Il rudere anonimo del Parco di Porta Capena a Roma», in Il primo miglio della Via Appia a Roma (a cura di D. MANACORDA e R. SANTANGELI VALENZANI), Roma 2010, pp. 24-38.

ALESSANDRO D’AGOSTINO

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SULLA VIA TRIUMPHALIS IN ETÀ ARCAICA

Tra le antiche strade romane, la via Triumphalis è forse tra quelle che hanno ricevuto meno attenzioni da parte della moderna ricerca archeologicai(1). Questo nonostante essa abbia rivestito, almeno per tutta l’età arcaica, un ruolo di fondamentale importanza nella rete viaria facente capo a Roma. I motivi di quest’interesse parziale e poco sistematico sono probabilmente legati alle peculiari caratteristiche della sua storia, che ha visto a fasi alterne crescere o decre-

scere il suo ruolo e parzialmente cambiare la sua funzione nel quadro più generale della topografia romana di età classica e post anticai(2). Recenti scavi in località Poggioverdei(3), non lontano dalla moderna Borgata Ottavia, ed in alcuni altri punti del suo percorsoi(4), hanno permesso di raccogliere una serie di dati utili alla revisione di alcuni dei problemi archeologici e storici posti dalla strada, ancora non del tutto chiari anche negli studi più recentii(5) ed

Oltre a quelle della Rivista, sono state usate le seguenti abbreviazioni:

piano di ricerche sulla ripa Veientana, condotto da chi scrive assieme ad Alessandra Piergrossi. Ad Alessandra, a Marzia Di Mento e a Marco Arizza devo un affettuoso ringraziamento per l’aiuto prestatomi nella redazione del testo e delle immagini. Utili suggerimenti mi sono venuti dai proff. P. Liverani, S. Quilici Gigli e dal dott. E. Benelli: a tutti loro va un mio grazie sincero. Dedico queste note a Rita Santolini Giordani, per lungo tempo Funzionario Responsabile della Soprintendenza Archeologica di Roma per la Trionfale, che tante cure ha riservato alla tutela ed alla valorizzazione di questo importante monumento e del suo territorio. (2) Per le vicende della strada in età classica vedi quanto discusso infra. In età medievale, periodo non esaminato in questa ricerca, la via Triumphalis costituisce il tratto più vicino a Roma della via Francigena, rivestendo così un ruolo di notevole rilievo nella rete stradale della regione: cfr. P. LIVERANI, «L’agro Vaticano», in Suburbium. Il suburbio di Roma dalla crisi del sistema delle ville a Gregorio Magno, Atti delle giornate di studio sul suburbio romano (Roma 2000), Roma 2003, pp. 399-413; I. BELLI BARSALI, «Contributo alla topografia medievale di Roma. 1. La via Francigena presso la città leonina; 2. Roma vista da nord-ovest nelle carte dei secoli XIV e XV», in StRom XXI, 1973, pp. 451-468. C. CORSI, E. DE MINICIS, In viaggio verso sud. La via Francigena da Acquapendente a Roma, Viterbo 2012, in part. pp. 70-71. (3) DE CRISTOFARO, SANTOLINI GIORDANI 2005; A. DE CRISTOFARO, «Via Trionfale, località Poggioverde (Municipio XIX). Necropoli etrusca», in Roma. Memorie dal sottosuolo. Ritrovamenti archeologici 1980/2006. Catalogo della mostra (a cura di M.A. TOMEI), Roma 2006, pp. 534-539; A. DE CRISTOFARO, A. PIERGROSSI, «Tra Veio e Roma: alcuni contesti dalla via Trionfale, loc. Poggioverde», in Il nuovo museo dell’Agro Veientano a Palazzo Chigi di Formello (a cura di I. VAN KAMPEN), Roma 2012, pp. 125-130. (4) SANTOLINI GIORDANI 2002. (5) Si vedano, ad esempio, le incertezze ancora espresse in merito all’origine del nome o alla ricostruzione del percorso della strada in età arcaica in MAIURO 2008, pp. 202-203.

COARELLI 1988: F. COARELLI, Il Foro Boario. Dalle origini alla fine della repubblica, Roma 1988. COARELLI 1997: F. COARELLI, Il Campo Marzio. Dalle origini alla fine della repubblica, Roma 1997. DE CRISTOFARO, SANTOLINI GIORDANI 2005: A. DE CRISTOFARO, R. SANTOLINI GIORDANI, «Roma, località Poggioverde. Una necropoli etrusca sulla via Trionfale», in Dinamiche di sviluppo delle città nell’Etruria meridionale. Veio, Caere, Tarquinia, Vulci, Atti del XXIII Convegno di Studi etruschi e italici (a cura di O. PAOLETTI), Pisa-Roma, pp. 163-172. DEGRASSI 1988-1989: N. DEGRASSI, «La datazione e il percorso della via Aurelia e la via Aurelia nova nella zona del Vaticano» in RendPontAcc 61, 1988-89, pp. 309-342. DE ROSSI 1981: G. DE ROSSI, «Note sulla topografia antica di Monte Mario», in ArchCl 33, 1981, pp. 27-54. LIVERANI 1999: P. LIVERANI, La topografia antica del Vaticano, Città del Vaticano 1999. MAIURO 2008: M. MAIURO, «Triumphalis via», in LTURS, V, 2008, pp. 202-207. MATTEUCCI, MINEO 2000: R. MATTEUCCI, S. MINEO, «Il territorio del XIX Municipio del Comune di Roma entro il G.R.A.», in BC 101, 2000, pp. 368-432. SANTOLINI GIORDANI 2002: R. SANTOLINI GIORDANI, «Nuovi dati sul percorso della via Trionfale antica (Municipio XIX)», in BC 103, 2002, pp. 312-317. SANTOLINI GIORDANI, MINEO 1985: R. SANTOLINI GIORDANI, S. MINEO, «Testimonianze e persistenze archeologiche nel territorio della via Trionfale (circ. XVII)», in BC 90, 1985, pp. 184-214. (1) Non a caso, la strada è tra le poche cui non sia mai stato dedicato uno studio monografico, neppure di taglio divulgativo; considerazioni in parte analoghe ha già espresso COARELLI 1997, p. 127. Un recente quadro di sintesi è in MAIURO 2008, che però considera la strada solo nel tratto compreso tra il Vaticano ed il Grande Raccordo Anulare (con bibl. prec.). Il presente lavoro nasce come approfondimento tematico nell’ambito di un più ampio

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A. DE CRISTOFARO

Fig. 1. Roma: percorso della via Triumphalis nell’area del Vaticano.

invece di notevole interesse, sia per quanto concerne la fase etrusca che per quella romana. A partire dalla media età imperiale, alcuni documenti epigraficii(6) testimoniano l’esistenza di una strada denominata via Triumphalis il cui percorso, secondo la comune opinione, prendeva l’avvio dalla testata settentrionale del pons Neronianus nell’Agro Vaticanoi(7). Oggi, grazie a numerosi ritrovamenti, di questa strada conosciamo abbastanza bene il tracciato: partendo dal ponte, la via attraversava in senso est-ovest la piana vaticana fino grossomodo all’altezza dell’attuale piazza San Pietro; da qui, deviando in direzione nord, doveva seguire un tracciato in buona parte analogo alla medievale via del Pellegrino e alla moderna

via Leone IV (fig. 1), fino a raggiungere le pendici di Monte Marioi(8). Dal punto in cui la via si inerpicava per il monte, il basolato imperiale sembra essere stato ricalcato in modo quasi palmare dalla moderna via Trionfale, per tutto il suo percorso fino all’innesto di questa con la statale Cassia all’altezza del bivio in località Giustinianai(9) (fig. 2). In anni recenti, diverse sono state le occasioni in cui è stato possibile saggiare stratigraficamente alcuni brani del basolato imperialei(10) (fig. 3). Le testimonianze epigrafiche ed archeologiche documentano come, in età imperiale, dovesse trattarsi di una viabilità di importanza localei(11), regolarmente manutenuta e curata

(6) I titoli sono almeno otto, raccolti in W. ECK, L’Italia nell’Impero romano. Stato e amministrazione in epoca imperiale, Bari 1999, pp. 82-83. Il più antico in cui è conservata esplicita menzione della via è, al momento, quello relativo alla cura viarum di P. Gavius Balbus, collocabile in età adrianea avanzata: AE 1924, 82; DEGRASSI 1988-1989, pp. 334-337. Ad essi vanno aggiunti il titolo sepolcrale CIL VI, 10247, ed i bolli laterizi e le citazioni dai Cataloghi Regionari e dalla Tabula Peutingeriana raccolte in MAIURO 2008. (7) Sui problemi relativi al nome ed alle vicende edilizie di questo ponte cfr. LIVERANI 1999, p. 36 (con bibl. prec.). (8) Per la ricostruzione di questa parte del tracciato si vedano i ritrovamenti raccolti e commentati in LIVERANI 1999, pp. 36-39; E. MARGARETA STEINBY, La necropoli

della via Triumphalis. Il tratto sotto l’Autoparco Vaticano (a cura di E.M. STEINBY), in MemPontAcc XVII, 2003, pp. 13-21; MAIURO 2008, p. 203. (9) Cfr. soprattutto: SANTOLINI GIORDANI, MINEO 1985; MATTEUCCI, MINEO 2000; SANTOLINI GIORDANI 2002; MAIURO 2008, pp. 203-208. Una raccolta critica di alcuni di questi tratti in L. QUILICI, «Le antiche vie dell’Etruria», in Atti del Secondo congresso internazionale etrusco (Firenze 1985), Firenze 1989, pp. 451-506, in part. pp. 473-475. (10) Una presentazione preliminare di queste indagini è in SANTOLINI GIORDANI 2002. (11) In questo senso, cfr. già SANTOLINI GIORDANI, MINEO 1985, p. 187 e DEGRASSI 1988-1989.

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SULLA VIA TRIUMPHALIS IN ETÀ ARCAICA

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Fig. 2. Roma: planimetria con il posizionamento dei ritrovamenti del basolato della via Triumphalis tra Monte Mario e La Giustiniana, fino al 1985.

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