Contesto e co-testo nel mutamento semantico

July 21, 2017 | Autor: Jacqueline Visconti | Categoria: Historical Linguistics, Text Linguistics, Italian (Languages And Linguistics), Semantic change
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Contesto e co-testo nel mutamento semantico1 JACQUELINE VISCONTI Università di Genova

“La linguistica testuale ha operato due estensioni del dominio della linguistica. La prima è l‟estensione al co-testo (Ko-Text) dell‟enunciato. La seconda è l‟estensione al contesto pragmatico del testo, del testo come unità di comunicazione in un contesto (Kon-Text)” (Maria-Elisabeth Conte 1983, p. 96).

1. Una nuova disciplina I cambiamenti in atto nel pensiero linguistico più recente hanno avuto conseguenze profonde sul modo di intendere e studiare il mutamento semantico. Forse la più macroscopica è la nascita, negli anni Novanta, di una nuova disciplina, la pragmatica storica. In un lavoro intitolato significativamente “Twenty years of historical pragmatics”, in uscita a maggio 2015 nel Journal of Historical Pragmatics2, Irma Taavitsainen e Andreas Jucker ripercorrono le tappe principali nell‟esordio e sviluppo della nuova disciplina. Le “svolte” che gli autori individuano come significative – “the pragmatic turn, the socio-cultural turn, the dispersive turn, the empirical turn, the digital turn, the discursive turn and the diachronic turn” (p. 1) sono espressione di quel riassetto della riflessione linguistica sull‟asse della parole che è alle radici stesse sia della pragmatica sia della linguistica testuale. Con le parole di Angela Ferrari (2014):

1 Per Angela, Maestra e amica dagli anni di Ginevra. 2 Ringrazio Irma Taavitsainen per avermelo mandato in anteprima.

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“La presa di coscienza – avvenuta […] negli anni Cinquanta-Sessanta – dell‟importanza di uno studio scientifico della parole presiede alla nascita di discipline diverse: un insieme di materie che fanno capo alla “pragmatica”, il cui obiettivo è sistematizzare i fenomeni relativi alle azioni del comunicare e dell‟interpretare, e un insieme di discipline che pongono al centro del loro interesse le caratteristiche generali del prodotto della comunicazione linguistica, cioè il discorso o il testo. La linguistica del testo […] appartiene al secondo insieme” (p. 20) 3.

Benché de Saussure stesso riconoscesse il primato della parole nell‟evoluzione della lingua4, l‟esplicito riconoscimento del fatto di parole come motore centrale del mutamento linguistico tardò a manifestarsi. Tra le ragioni, alcune sono di ordine metodologico: gli studi di pragmatica privilegiavano la lingua parlata, inaccessibile, se non in forme mediate, per i secoli del passato, mentre le fonti documentarie per la linguistica storica sono testimonianze in forma scritta, per alcuni periodi (e alcune lingue) lacunose. Come cogliere e studiare in esse l‟atto comunicativo? Quando però avvenne, il riconoscimento dell‟importanza dei fattori pragmatici nello studio del mutamento linguistico portò a cambiamenti importanti, su cui non sarà inutile una breve riflessione, nella misura in cui essi investono elementi costitutivi della “sostanza semantica” del testo (Ferrari 2014: p. 55): implicature, presupposizioni e, soprattutto, il contesto. Una delle prime conseguenze del nuovo paradigma fu infatti l‟idea che il mutamento non interessi entità linguistiche in isolamento, bensì sia indotto dalla contiguità con altre componenti linguistiche ed extra-linguistiche. In particolare, la frequente associazione di un

3 Su questi temi si veda Federica Venier (2007; 2012). 4 “Tout ce qui est diachronique dans la langue ne l‟est que par la parole. C‟est dans la parole que se trouve le germe de tous les changements: chacun d‟eux est lancé d‟abord par un certain nombre d‟individus avant d‟entrer dans l‟usage. [...] Un fait d‟évolution est toujours précédé d‟un fait, ou plutôt d‟une multitude de faits similaires dans la sphère de la parole” (de Saussure 1965, pp. 138-9) e: “La langue est nécessaire pour que la parole soit intelligible et produise tous ses effets; mais celle-ci est nécessaire pour que la langue s‟établisse; historiquement, le fait de parole précède toujours. [...] Enfin, c‟est la parole qui fait évoluer la langue: ce sont les impressions

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lessema, o di un costrutto, con determinati contesti, detti ponte o critici5, lo porterebbe ad “assorbire”, come una spugna, le proprietà associate a tali contesti. Quindi, se è inizialmente il contesto a indurre, ad esempio, una scalarità, tale componente si assocerà gradualmente al costrutto fino a convenzionalizzarsi, finché questi sarà in grado di esprimerla anche in un contesto che non la suggerisca. Un caso in proposito è l‟evoluzione di addirittura da avverbio spaziale e temporale, quale era in italiano antico (esempio 1), a particella scalare nell‟uso attuale (2): (1) Andò poi addirittura alla rocca Sansimone e assediolla e minacciò di disfarla (Andrea da Barberino, 249, Florence, 1370-1431 [GDLI]).

(2) Antonio Gramsci fu addirittura imprigionato e eh mori' in carcere [LIP]

L‟ipotesi, delineata in Visconti (2004, 2005), è che la frequente occorrenza di addirittura in contesti che presentano il costituente su cui porta come “estremo”, “inaspettato”, e come membro di un insieme di alternative, come (3), giochi un ruolo importante nella convenzionalizzazione delle componenti additiva e scalare: (3) /FAB/ Nipote, io son tradito. Nipote mia, son morto. Vo‟ che colei perisca e che mi ripaghi il torto [...] Perfida, disgraziata. La vo‟ scarnificare […] Se vien, se mi risponde… l‟ammazzo a dirittura (C. Goldoni, La donna di governo, At. 2, sc. 6, 1758 [LIZ]).

In questo tipo di contesti è percepibile la transizione dall‟uso direzionale caratteristico dei secoli precedenti ad un uso scalare in cui la direzionalità non è più presente, con il passaggio da verbi inerentemente di moto (andare, venire) a verbi non direzionali, quali ammazzare (3) o sposare (4):

reçues en entendant les autres qui modifient nos habitudes linguistiques” (ibid., p. 37). 5 I termini italiani corrispondono rispettivamente a “bridging contexts”, nella terminologia di B. Heine (2002), e a “critical contexts” (con maggior rilievo dato agli aspetti strutturali) in quella di G. Diewald (2002).

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Jacqueline Visconti (4) /MIRAND./ Se avessi sposati tutti quelli, che hanno detto volermi, oh, averei pure tanti mariti! Quanti arrivano a questa locanda, tutti di me s‟innamorano, tutti mi fanno i cascamorti; e tanti, e tanti mi esibiscono di sposarmi a dirittura (C. Goldoni, La locandiera, At. 1, sc. 9, 1753 [LIZ]).

Le fondamenta del nuovo paradigma sono nei lavori di Elizabeth Traugott negli anni Ottanta, poi sistematizzati in Traugott e Dasher (2002), mentre i primi lavori ad applicare a dati italiani, in parte o integralmente, questo modello sono, a mia conoscenza: Bazzanella (1999, 2003), Visconti (2003, 2004), Mazzoleni (2006, 2007), Ricca (2008), Mauri e Ramat (2008, 2009). Con il fiorire dei temi e dei lavori, gli sviluppi recenti più interessanti nel campo della semantica e pragmatica storica consistono, a mio vedere, in tentativi di raffinare e migliorare il modello traugottiano. In particolare, come notano Hansen e Visconti (2009: 3), le proposte alternative si distribuiscono in quattro ordini di problemi: (i) quali entità pragmatiche sono in gioco nel mutamento semantico? (ii) qual è il ruolo di, rispettivamente, locutore e interprete nell‟innovazione? (iii) quale rapporto vi è tra le tendenze e i meccanismi in atto nel mutamento? (iv) in quali tipi di contesto avviene il mutamento? Accenneremo solo ai primi due di questi ordini, rinviando a Hansen e Visconti (2009: 3-10 e ai riferimenti qui indicati) per un approfondimento, e ci concentreremo sul tema del contesto. 2. Co-testo e contesto nel mutamento linguistico Nel modello di Traugott e Dasher (2002), l‟innovazione da un significato codificato all‟altro procede grazie alla semanticizzazione di un‟inferenza, in particolare attraverso un‟implicatura conversazionale particolarizzata che diviene generalizzata (p. 38). A illustrazione è proposta l‟evoluzione del connettivo as/so long as, che ha in inglese antico e medievale valore spaziale (“così lungo quanto”) (5) e temporale (“tanto a lungo quanto”), come in (6): (5) then King Alfred ordered long ships to be built to battle the warships; they were almost twice as long as

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the other ships (850-950 ChronA, p. 90) [in Traugott e Dasher 2002: 36 ss.].

(6) squeeze (the medication) through a linen cloth onto the eye as long as he needs (850-950 Lacnunga, p. 100).

In contesti come (6), in cui si descrive una procedura da adottare in una situazione ipotetica, il valore di coestensione temporale invita un‟inferenza condizionale: “tanto a lungo quanto” > “se, qualora”; inferenza che diviene generalizzata nell‟inglese del XVII secolo, come nell‟esempio (7), in cui tuttavia il valore temporale resta disponibile: (7) They whose words doe most shew forth their wise understanding, and whose lips doe vtter the purest knowledge, so as long as they vnderstand and speake as men, are they not fain sundry waies to excuse themselues? (1614 Hooker, p. 5)

L‟inferenza si semanticizza infine intorno alla metà del XIX secolo, quando il valore condizionale diventa l‟unico accessibile, come nell‟esempio (8): (8) “Would you tell me, please, which way I ought to go from here?” “That depends a good deal on where you want to get to,” said the Cat. “I don‟t much care where –” said Alice. “Then it doesn‟t matter which way you go”, said the Cat. “- so long as I get somewhere,” Alice added as an explanation (1865 Carroll, ch. 6, p. 51).

Sia l‟ordine sia la natura stessa delle entità pragmatiche in gioco nel mutamento vengono messi in discussione in studi successivi (Hansen e Waltereit 2006). Nota, ad esempio, Mazzoleni (2007: p. 86), riprendendo Prandi (2004, p. 418): “Fra la contingenza contestuale delle implicature conversazionali e la stabilità sistematica ed indipendente dal contesto delle implicature convenzionali c‟è […] un salto logico, un gap da riempire. […] Quanto viene convenzionalizzato in un processo di grammaticalizzazione non è un‟implicatura conversazionale, sempre contingente e dipendente dal contesto, bensì un arricchimento

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inferenziale, basato su strutture concettuali condivise di lunga durata, sistematiche, preorganizzate, che sono indipendenti sia dalle strutture linguistiche sia dai contesti di occorrenza, e che costituiscono una „grammatica del pensiero‟”. Schwenter e Waltereit (2010) ed Eckardt (2009) sostengono invece che il mutamento linguistico sfrutti più il meccanismo della violazione delle presupposizioni che non quello delle inferenze. L‟interprete, cioè, di fronte ad un uso “nuovo”, che appare violare le presupposizioni, invece di procedere a laboriose operazioni di accomodamento, ipotizzerebbe per il costrutto un nuovo significato. Questo succederebbe, ad esempio, nell‟uso recente, nell‟inglese americano, della particella too (“anche”) in contesti non additivi, quali (9), dove too nega semplicemente la validità del contenuto proposizionale dell‟affermazione dell‟interlocutore (Schwenter e Waltereit 2010): (9) A: You didn‟t do your homework! B. I did too!

Naturalmente, in tali modelli, è l‟interprete a svolgere il lavoro più importante, rispetto al modello traugottiano, in cui è il locutore il motore dell‟innovazione. Ma il tema che più può interessare il testualista è la questione del contesto. In quali contesti nascono le inferenze rilevanti per il mutamento? Cosa ne induce l‟ambiguità e come si caratterizza la polisemia che contraddistingue tali contesti? Come notano Evans & Wilkins (2000: 549): “to understand semantic change we must focus on polysemy; insistence on synchronic attestation of polysemy places strong constraints on postulated semantic changes; At the same time it allows us to place change under the microscope through the close study of lexical items in text and context”.

Le proposte più note sono quelle di Heine (2002) e Diewald (2002) (si veda anche Enfield 2005: 318)6.

6 Entrambi gli studiosi parlano di “grammaticalizzazione”, intendendo un mutamento che coinvolge sia il

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Gabriele Diewald distingue tre fasi, associate a tre tipi di contesto: nella prima si creano i presupposti per il mutamento, con un‟espansione del lessema a contesti in cui non era usato prima; in questi usi “atipici” (untypical contexts) il nuovo significato si manifesta come implicatura conversazionale; la seconda fase è legata ai contesti “critici” (critical contexts), opachi sia semanticamente sia strutturalmente, che innescano il processo di rianalisi; infine, il processo si completa e si consolida con il manifestarsi dei contesti “isolanti” (isolating contexts), che favoriscono un significato ad esclusione dell‟altro, isolando e differenziando così i due valori come autonomi (“heterosemous”). Anche Bernd Heine distingue tre tipi di contesto: in un primo momento i bridging contexts (termine ripreso da Evans e Wilkins 1998: p. 5) invitano un‟inferenza per cui un nuovo significato offre rispetto al significato originario un‟interpretazione più plausibile per l‟enunciato; nella seconda fase gli switch contexts escludono l‟interpretazione basata sul significato originario; infine il nuovo significato si convenzionalizza: libero da restrizioni contestuali, può essere usato in contesti nuovi. Una caratterizzazione sempre più accurata delle componenti strutturali e semantiche che compongono tali contesti, proprietà quindi co-testuali, è fondamentale per lo studio del mutamento linguistico. Come notano Mauri e Ramat (2012):

“The crucial difference between these two models lies in the characterization of the contexts in which the change occurs. According to Diewald, such contexts have to be ambiguous at two levels, namely syntax and semantics, while Heine only speaks about semantic ambiguity. Neither of the two, however, provides a clear and structured methodology to separate and monitor the two dimensions, which certainly are closely intertwined in triggering the change but do play different roles” (Mauri & Ramat 2012).

2.1. Oltre al riconoscimento del ruolo del co-testo, compresa la dimensione enunciativa e

significato sia la forma di un costrutto; il termine “mutamento semantico” privilegia la “faccia” semantica di questo processo (su cui, del resto, si concentra Heine).

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fenomeni di polifonia (si veda Schwenter & Traugott 2000; Traugott 2010), anche al contesto viene riconosciuta un‟importanza crescente negli ultimi decenni. L‟elemento innovativo concerne in particolare l‟attenzione a parametri di tipo interazionale, quali l‟avvicendamento dei turni nello sviluppo conversazionale (come in Bazzanella e Mieczikowski 2009). La rilevanza della dimensione interazionale è messa in luce ad esempio in Ricca e Visconti (2013) a proposito dell‟evoluzione degli avverbi davvero e veramente. In origine sinonimi, solo veramente sviluppa una nuova funzione di attenuatore della forza illocutiva in un contesto di confutazione, che quasi capovolge la funzione di rafforzamento dell‟affermazione derivante dal significato letterale della sua base, come nell‟esempio (10):

(10) A. quello che facevano ai nostri tempi che oggi non si faceva più B. mh veramente ai miei tempi non lo facevano (LIP, Firenze, B 12)

Un possibile contesto ponte indicato dagli autori per questo sviluppo fa riferimento proprio alla dimensione interattiva. I dati del conteggio effettuato sul corpus delle commedie di Goldoni, primo autore nella LIZ in cui i due avverbi compaiano con frequenze alte e paragonabili, mostrano infatti come la posizione preferita per veramente sia in apertura di turno conversazionale (il rapporto tra posizione a sinistra e a destra del verbo è circa 2:3), mentre le occorrenze di davvero in apertura di turno conversazionale sono una netta minoranza: circa 1:10. La nuova funzione mitigante per veramente si svilupperebbe dunque in contesti di presa di turno, ancora oggi la sua posizione preferita, mentre per un analogo sviluppo di davvero non vi sarebbe mai stata la “massa critica” di contesti ponte favorevoli7.

2.3. I pochi esempi proposti bastano, credo, ad indicare la difficoltà e l‟interesse di questo filone di indagine, su cui gravano ancora di più i limiti di ogni indagine linguistica in

7 Si veda anche Ricca e Visconti (2014).

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diacronia (come l‟impossibilità di recuperare i contorni intonativi negli esempi del passato). La riflessione, qui appena tratteggiata, sul ruolo di co-testo e contesto nel mutamento semantico mette inoltre in luce l‟esigenza di raffinare gli strumenti di analisi. Il ricorso a modelli fini, sia nella segmentazione delle unità del testo sia in una chiara individuazione delle dimensioni in cui si calano le relazioni tra unità e dei modi in cui esse si realizzano (viene naturale il rimando a Ferrari 2014), consentirà di descrivere in modo rigoroso la struttura dei frammenti testuali e di ripercorrere in diacronia le interazioni tra co-testo e contesto che hanno dato forma al mutamento.

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