David Maria Turoldo (poesie)

June 19, 2017 | Autor: F. Lunaria | Categoria: Poesia
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Da "Il

Dramma è Dio"

Essere nuovi come la luce a ogni alba come il volo degli uccelli e le gocce di rugiada: come il volto dell'uomo come gli occhi dei fanciulli come l'acqua delle fonti: vedere la creazione emergere 1

dalla notte! Non vi sono fatti precedenti: non parlate di millenni o di giorni o di altri millenni. Né creatura alcuna correrà il rischio di essere sazia: principio altro principio genera in vite irrepetibili come le primavere. Io debbo essere un segno mai visto ipostasi del non visto prima, goccia consapevole o perla nella notte, il lucente attimo d'Iddio che per me solamente così si riveli e comunichi. Unico male l'abitudine e la scelta tragica: discorrere invece che intuire. E la mente si popola di idoli e il cuore è un deserto lunare: 2

solo la Meraviglia ci potrà salvare aprendo il varco verso la Sostanza. Allora il medesimo silenzio dell'origine nuovamente fascerà le cose, o eromperà - uguale evento - il canto.

In questo slancio finale non cedere, mio cuore, alle sovrane stanchezze non sarà certo lunga l'attesa e non perdere tempo 3

e questo mio essere presente questo darmi ancora e lasciarmi divorare, dica con quale umile e grata e diuturna passione, vita io ti amavo, e come ora con la morte - ultimo dovere vorrei sdebitarmi e pagare lietamente il pedaggio d'entrata...

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"Se nessuna forma bellezza incorpori" (qualche verso) Se nessuna forma bellezza incorpori e di un suono almeno la stessa mente non avverta una eco e ancora il pensiero un riverbero di luce non colga: non certo dalla Fonte -, non colga dico appena un riflesso sul "miro gurgite", se corpo nessuno vi sia, anche là, e riparo dall'abisso, già ora la più nera oscurità ti divora. è assoluta la necessità dell'Immagine! Il corpo: la scialuppa che ti salva sull'oceano del Nulla. Dio e il Nulla - se pure l'uno dall'altro si dissocia senza voce sono nell'assenza.

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"Sul piano della luce" (qualche verso) Tu impersonale andrai nel moto uniforme, dirai la comune parola su questo tempo immobile nel rito d'inconsce abitudini. E non sai di scandire un ritmo eterno entro un nodo di linee e fiamme che legano anima e cose in spirali azzurre sotto archi di millenni. Dalla curva della mano raggi compongono nel tempo solare il poema che dentro conchiudi 6

di vive sillabe come anima di oceani conchiglia. I sensi e i gesti fioriscono nella pietra e nello spazio fissi. Ma un perduto attimo appena il crollo di un'ora può segnare il cedimento di mondi e stelle a frana, uno sfasciarsi di giorni e di pietre interminabile. Allora il sogno sarà mozzato arco nella notte, e il tuo corpo è un groviglio di linee infrante sul piano della luce morta.

"Cuore delle meridiane" 7

Reviviscenze magiche di remotissimi tempi senza memoria: d'ogni lato ti circonda una presenza sola. Arene e stelle ti abitano vivi enigmi, tu profeta di celesti messaggi incombi a te stesso ignoto; quando un gesto fai tutto immobilmente si muove, e sempre ti offri all'abisso uguale a bacca di rovi al vento. Sopra il tuo capo passano - e tu non sai dove e donde traggono origine e fine le trasversali dell'infinito.

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O tu, fonte di ogni coscienza, se appena una frazione di attimo trattieni il tuo alito subito frana l'universo intero; ma pure allora Coscienza non può finire: nulla potrebbe più dire di te e neppure del Nulla.

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E ora, altri frammenti che ho apprezzato:

è di sabbia la nostra carne, le mani rami d'alberi, e gli occhi di perla, e il sangue, onde di germi, forse noi stessi particole d'esseri non nati ancora.

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Un sogno perfino ti spinge a varcare il confine della tua solitudine, un sogno che rende anche le cose insonni!

Per quanto, se tale Coscienza non ti sia di specchio, e gli infiniti corpi di te non rifrangano almeno bagliori, mai avresti un senso: perduto, anche tu, e senza gloria.

Almeno incatenare il Nulla, o Dio! 11

E vincere il Male offesa dell'universo... Ma poiché tu non puoi non stare al libero gioco, anche tu sei un Dio in pena, e noi il tuo dramma di essere Dio.

Tu credi che la luce sia luce. è invece lievissima neve pagliuzze d'oro e lana finissima che fascia le ferite della terra e vela, nei suoi amori, il mare. è il mare, il grande mare, l'inquieto seno e matrice d'ogni vita. E la luna che si adagia sul mare e il sole poi, nel giorno, ad ardere 12

su tutte le pietre e le selve nate dal mare.

No, non sei tu l'abisso insondabile non tu la spada mentale che ci dilania: tua e nostra rovina è l'altro abisso: così nell'infinita tensione che dentro ti rode natura erompe per innumeri mondi... Tuo dramma inenarrabile è fare argine...

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E dunque rivelaci almeno la tua parte e cosa celi la Notte nel nostro sangue

Può certo il fuoco morire in seno alla terra e placarsi il mare; può non fiorire primavera, ma questo cuore è impossibile che non si illuda ancora: neppure la morte... 14

Già da un'alba morta all'inizio di un cammino per notte opaca mi segui nuda, tutta simile a me e con ali immani mi copri: "faccio perchè non precipiti" mi dici con denti aguzzi di Jena, e non sai che il tuo occhio è un abisso. Tu non vedi; il nostro passo è fatale. Burroni di ossa e di carne marcite stanno sulla via. Tu porti i crani a collana e sorridi serena e il tuo sorriso mi fermerà il sangue.

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Così, da solo, fuggiasco anche da se stesso, addentrandosi sempre più nella foresta, a fluttuare nell'immane vuoto, dilaniato dal Baratro dell'Essere con il Nulla Sempre sul ciglio dei due abissi tu devi camminare e non sapere quale seduzione se del Nulla o del Tutto ti abbatterà...

Il pensiero ferisce la carne.

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A Te, oceano oscuro io onda esausta sulla rupe in un risucchio agli arginii. Un gemito solo, ci avvolge nebbia ove ogni speranza è fusa. Io non so dire se queste siano cose o segni. Non le parole Ti si addicono, non un nome. Anch'essi grevi di terra di spazio, di suono. Incrudisce la Tua presenza sotto il nostro incedere, o tenebrosa fonte del canto.

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Ma quando da morte passerò alla vita, sento già che dovrò darti ragione, Signore. E come un punto sarà nella memoria questo mare di giorni. Allora avrò capito come belli erano i salmi della sera; e quanta rugiada spargevi con delicate mani, la notte, dei prati, non visto. Mi ricorderò del lichene che un giorno avevi fatto nascere sul muro diroccato del Convento, e sarà come un albero immenso, a coprire le macerie. Allora riuidirò la dolcezza degli squilli mattutini per cui tanta malinconia sentii ad ogni incontro con la luce. Allora saprò la pazienza con cui m'attendevi; e quanto mi preparavi, con amore, alle nozze. 18

Pur traendoci Tu con la tua voluttà di essere che mai finisce di donarsi, mai che l'informe si arrenda e che sia vinta la tenebra: mai abbattuto il confine del sesto giorno!

Tu infuocato oceano dell'essere, noi tua unica sponda: segni venuti dal Nulla appena 19

"istanti" sulle onde...

Era quella la vita che dovevamo vivere, non quella che abbiamo scelto per follia, questa che ci divora e ci rende atomi di solitudine

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