Dove comincia l\'Africa

August 24, 2017 | Autor: Filippo De Dominicis | Categoria: Landscape Ecology, Urban Studies, African urbanism
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DOVE COMINCIA L’AFRICA Filippo De Dominicis

L’isoieta dei 100 millimetri di precipitazioni annue segna, per convenzione, il limite geografico che divide il Sahara dalla savana e dalla foresta equatoriale1. Lungo questa linea, che oggi coincide, approssimativamente, con la frontiera della densità insediativa minima (5 abitanti/kmq), l’intensità della trasformazione territoriale si articola con straordinaria continuità per più di seimila chilometri, dalle coste dell’oceano Atlantico alle rive del Mar Rosso. Per sopravvivere al limite del deserto l’uomo modifica in profondità l’elemento geografico e fisico realizzando, di volta in volta, le condizioni per un insediamento stabile. Questa grande dimensione della trasformazione territoriale, che si estende per seimila chilometri e che non coincide con una corrispondente concentrazione urbana2, impone una riflessione di carattere più generale entro cui registrare il rapporto fra insediamento e spazio aperto. Nonostante la forte pressione demografica che investe oggi le città africane3, il dato rilevante non riguarda tanto la questione urbana, che appare svincolata dalle grandi trasformazioni del territorio, quanto la relazione fra la dimensione geografica e l’azione umana necessaria alla sua trasformazione. Questo processo di modificazione, intenso e continuo, si è costruito nel tempo su determinate condizioni ambientali e geografiche: il risultato è una fascia, di spessore e densità variabili, entro cui rintracciare i segni successivi di un processo di adattamento che, dal VI secolo d.C.4, ha stabilmente contribuito a definire la forma di un territorio di transizione. A emergere è l’estrema differenziazione delle tracce che hanno conformato e conformano, oggi, l’entroterra a sud del Sahara; una diversità determinata dall’articolazione temporale e spaziale del dato geografico e dai successivi processi insediativi che si sono confrontati con esso. Grandi centri coloniali, insediamenti storici di matrice islamica, centri rurali, conurbazioni soggette a forte pressione demografica, insediamenti produttivi, campi profughi, resti archeologici e scali infrastrutturali insistono, oggi, sul medesimo supporto geografico testimoniando sia la diversità dei modi con cui l’uomo ha dato forma al proprio processo di adattamento, sia la profondità storica di un’azione ancora rintracciabile attraverso i segni che il territorio propone.

Pablo Garcia Rendon / Martina Nuzzo / Caterina Villani 14°15’10”N / 13°06’39”E / N’guigmi / Niger Il lago Chad è uno dei luoghi emblematici nel processo di desertificazione in Africa sub-sahariana. Una green belt abitata, incardinata sulla geografia esistente a nord del lago, rappresenta la strategia territoriale entro cui definire uno sviluppo regionale sostenibile. Alte torri di pompaggio idrico, realizzate con una struttura reticolare in acciaio, costituiscono l’elemento architettonico identificativo del progetto: la posizione delle torri determina sia il percorso dei corridoi verdi diretti verso il lago sia l’articolazione dei nuclei abitati, compresi fra il corridoio verde e l’infrastruttura di supporto. Il risultato è un sistema denso in cui geografia, infrastruttura, architettura contribuiscono a definire morfologie territoriali alternative.

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L’area di studio è determinata da una linea di inviluppo che tiene insieme successioni temporali e articolazioni geografiche in cui apporti endogeni si intrecciano a fattori di sviluppo esterni5: in ogni caso, il grande fronte desertico rappresenta il denominatore comune di uno spaccato territoriale complesso di cui è necessario descrivere e restituire i meccanismi. Il limite non è, dunque, un fatto naturale ma una combinazione complessa di azioni umane e presenze geografiche, articolata nello spazio e nel tempo a diverse scale; un dispositivo abitato flessibile capace di raccogliere sia le particolarità e le articolazioni dell’entroterra immediato sia la scala gigantesca del deserto. Alla modificazione quotidiana messa in opera dall’uomo per la sopravvivenza in ambiti regionali specifici fa riscontro il tempo lungo della storia continentale e transcontinentale che determina gerarchie, posizioni e sovrapposizioni di questi ambiti. Il fenomeno di insediamento nell’entroterra, l’arrière-pays, appare uno dei pochi elementi ricavabili dalle tracce archeologiche pre-islamiche del IX-X secolo d.C.6 Fra l’XI e il XVI secolo le prime entità statali con caratteri riconoscibili - i tre grandi imperi di Ghana, Mali e Songhay - consolideranno questa struttura insediativa, stabilizzandola su due elementi fondanti: da un lato le piste transahariane, incardinate sulle oasi dell’Adrar e del Bourkou, garantiranno la comunicazione attraverso il deserto fino al Mar Mediterraneo; dall’altro la morfologia dei tre principali bacini idrografici – Senegal, Niger e Lago Chad – permetteranno il controllo capillare delle rotte interne. La contemporanea esistenza di avamposti commerciali (Awdaghost, Timbuktu, Agadez), centri di diffusione religiosa (Assodé), città-stato (Djenné), capitali palaziali (Koumbi-Saleh, Gao) è la testimonianza di un processo insediativo diversificato, endogeno e autonomo che si sviluppa, seppur in maniera discontinua e frammentata7, in ragione di un retroterra abitato sempre più consolidato8. La civiltà islamizzata Haussa, nella regione del Bornou (Kano, Zaria, Katsina, nell’attuale nord-est della Nigeria), la nebulosa degli stati Yoruba e la rete di città-stato Sao, tra i fiumi Chari e Logone, costituiranno l’esito riconosciuto di questa formalizzazione territoriale, già in atto intorno alla metà del XVI secolo, quando il declino degli imperi del nord si avvia, ormai, a rapido compimento. Risentendo in misura sempre maggiore delle grandi transumanze est-ovest dei nomadi Peul, le nuove formazioni insediative sposteranno verso oriente il proprio baricentro, collocandosi stabilmente nell’area del bacino del lago Chad.

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Inizierà da qui la cosiddetta rinascenza ottocentesca, caratterizzata dall’instabilità di piccoli e grandi regni che, dal Mali occidentale al Sudan, riformeranno l’assetto territoriale sub-sahariano intorno a nuovi ed effimeri centri di potere e di commercio. Alcuni di questi grossi empori – Bamako, Ouagadougou, Niamey e N’Djamena, scali localizzati all’incrocio di importanti vie di comunicazione stradali e fluviali - diventeranno il supporto per una nuova

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urbanizzazione, coloniale prima e nazionale poi9. Nell’entroterra saheliano, tuttavia, non si raggiungerà mai la densità e la continuità delle attuali conurbazioni costiere, determinate in massima parte dall’imposizione della città come primo strumento di colonizzazione e di dipendenza dalla madrepatria10.

Chiara Garbelotto / Elisa Vendemini / Rossella Villani 18°26’30”N / 9°29’30”W / Tichitt / Mauritania La configurazione geografica dell’altopiano di Tichitt, abitato da più di tremila anni grazie a complessi sistemi di captazione idrica, ha rappresentato l’occasione per ripensare la struttura insediativa dell’oasi attraverso l’interpretazione e la rielaborazione dei suoi elementi costitutivi: il dislivello, il palmeto, l’abitato e l’infrastruttura idrica sotterranea, progettati ex-novo, definiscono un ambiente umano autonomo, capace di sopravvivere ai fenomeni di desertificazione che investono il sud della Mauritania. Condizioni geografiche e intervento umano realizzano un sistema aperto e flessibile, misurato sulla disponibilità delle risorse e sul loro adeguato impiego.

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L’entroterra africano è un ambiente antropizzato resistente, costruito attraverso la coesistenza di strati che, senza soluzione di continuità, hanno contribuito alla formazione di un territorio articolato su logiche plurali e diverse. Oltre all’interpretazione geografica e alla ricostruzione storica del dato insediativo, quello che interessa capire è quali di queste logiche ancora sopravvivano e come queste possano caratterizzare le ipotesi per uno sviluppo futuro capace di confrontarsi sia con la crescita demografica, sia con le prospettive di inurbamento di un territorio che non ha, nella questione urbana, il proprio cardine. Da una lettura dettagliata di circa ottanta casi di riferimento emerge una straordinaria ricchezza morfologica, riflesso della grande diversità delle soluzioni insediative rilevabili. Questa diversità è il naturale risultato della combinazione fra azione umana e condizione geografica, ed è ottenuta attraverso l’adozione di misure insediative simili, ripetute e combinate in funzione di quegli elementi che rappresentano, per l’uomo, limite e risorsa per la sopravvivenza: l’orografia, la vegetazione e l’idrografia sahariana costituiscono elementi condizionanti con cui tutti i fatti insediativi si confrontano, instaurando relazioni di prossimità più o meno diretta. Su questi elementi l’uomo ha dato forma a un repertorio di soluzioni adattate e commisurate, di volta in volta, sulle risorse disponibili e sulle necessità comunitarie: è da una simile adattabilità che deriva un sistema articolato e ricco, costruito essenzialmente da pezzi diversi perché similmente ripetuti. Il limite fra il deserto e la savana, il limes come lo aveva definito Ibn Battuta11 nel terzo dei suoi viaggi alla scoperta del mondo islamizzato, è il luogo di mezzo, immenso spazio vuoto e territorio plurale, qualificato nel tempo da raggruppamenti di azioni umane sempre uguali e sempre diverse, “intera città da abitare nel tempo e nello spazio”12.

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1_ R. Gommes, F. Petrassi, Rainfall Variability and Drought in Sub-Saharan Africa, in “ FAO agrometrology series working paper”, n. 9, maggio 1996. FOOTPRINT elaborati dal centro SEDAC - Columbia University, New York. 3_ UNHABITAT, The State of African Cities 2014. Re-imagining sustainable urban develop4_ Vedi in particolare R. J. McIntosh, Clustered Cities of the Middle Niger: alternative routes to authority in prehistory, in D. M. Anderson, R. Rathbone (a cura di), Africa Urban Past,

Triulzi, La città africana moderna, in P. Rossi (a cura di), Modelli di città. Strutture e funzioni politiche, Giulio Einaudi editore, Torino 1987, pp. 461-78. 6_ Oltre a R. J. McIntosh, Clustered Cities, vedi J. Devisse, Urban History and Tradition in the Sahel, in B. B. Taylor, Reading the Contemporary African City, Singapore 1983, pp. 1-8. centri di potere, vedi F. Remotti, Capitali e città nell’Africa sub-sahariana, in P. Rossi, Modelli di città. Strutture e funzioni politiche 8_ Oltre A.Triulzi, La città africana moderna, cit., e J. Devisse, Urban History…, cit., il fondamentale R. Mauny, Tableau géographique de l’Ouest africain au moyen âge d’après les sources écrites, la tradition et l’archéologie, Dakar 1963. 9_ Sulla storia delle città africane C. Coquery-Vidrovitch, Histoire des Villes d’Afrique Noire. Des origines à la colonisation, Paris, Albin Michel 1993. vitch, Processus d’Urbanisation en Afrique 11_ Ibn Battuta, I viaggi anche L. Benevolo, I segni dell’uomo sulla terra. Una guida alla storia del territorio, MendriStoria dell’Africa Nera: un continente fra preistoria e futuro, Giulio Einaudi editore, Torino 1977. Team X, 1953 – 1981. In search of a Utopia of the Present Giacomo Malvestio / Bartolomeo Zanotti 13°27’00”N / 22°27’00”E / Geneina / Sudan La fascia di transizione fra deserto e foresta è il luogo dell’infrastruttura e dell’attraversamento. Il fascio infrastrutturale e agricole. Questa struttura, organizzata secondo precise gerarchie urbane e architettoniche, rappresenta contestualmente l’intero fronte desertico.

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