Esperienza estetica e processo democratico nel pensiero di John Dewey

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Esperienza estetica e processo democratico nel pensiero di John Dewey di Daniele Molinari

Ogni arte, infatti, è un processo volto a fare del mondo un miglior posto per viverci e prevede un momento di protesta e di reazione compensatoria.1

1. John Dewey, uno dei massimi esponenti del pragmatismo americano, pensa che il confinamento delle opere d’arte nei musei possa essere sintomo di una società non democratica. Seguendo il filosofo, la concezione isolazionista dell’opera d’arte è una conseguenza degli approcci individualistici, antidemocratici e imperialistici tipici del panorama politico europeo moderno e contemporaneo. A sostegno di questa forte affermazione si trova Arte come esperienza2, capolavoro deweyano frutto di un ciclo di lezioni istituite alla memoria di William James nel 1931 presso la Harvard University. Dewey è convinto che «i fattori che hanno consacrato l’arte bella ponendola su un lontano piedistallo non sono sorti all’interno del regno dell’arte»3: i musei nazionali stracolmi di quadri e statue sono inizialmente nati come luoghi in cui esibire il bottino delle conquiste belliche e una gloria legata al passato della nazione dal sapore fin troppo ideologico. Come prova della connessione tra la museificazione dell’arte e le politiche nazionaliste e militariste, Dewey porta l’esempio dei furti napoleonici esibiti nel Louvre di Parigi. L’infiltrazione di un preponderante elemento individualistico nel mondo dell’arte compare invece come effetto dello sviluppo di un economia tipicamente capitalista. I nuovi assetti economico-politici scaturiti dalla seconda rivoluzione industriale contribuirono a plasmare nuove generazioni di ricchi imprenditori che, interessati ad arricchire il prestigio personale oltre che il conto in banca, ricercarono costantemente dispendiose opere d’arte da esporre. Il prodotto artistico divenne un bene di consumo 1

J. Dewey, Esperienza e natura, trad. it. di P. Bairati, Milano, Ugo Mursia Editore, 2007, p.261.

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J. Dewey, Arte come esperienza, a cura di G. Matteucci, Palermo, Aesthetica edizioni, 2012.

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Ivi, p.34.

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immerso in un mercato economico globale e perse quel profondo legame con la vita quotidiana e sociale tipico delle concezioni antiche. Bisogna quindi volgere lo sguardo alle epoche passate per comprendere la rilevanza del paradigma moderno della fruizione artistica. A questo proposito, Dewey afferma che: Utensili domestici, arredamenti di tende e case, tappeti, stuoie, vasi, pentole, archi, lance, erano lavorati con una tale fine cura da renderli oggi ricercatissimi, tanto che a loro viene dato il posto d’onore nei nostri musei di belle arti. Eppure nel loro tempo e nel loro luogo specifico tali cose servivano a dare enfasi agli eventi della vita quotidiana. Invece di essere innalzati e posti in una nicchia isolata, erano parte dei modi in cui si esibivano abilità, si manifestava l’appartenenza a un gruppo o a una tribù, si veneravano gli dei, banchettando e digiunando, lottando, cacciando, in tutti i momenti topici che scandiscono ritmicamente il corso della vita. 4

I bisogni estetici degli antichi non erano affatto distinti dai loro bisogni terreni: le incisioni corporee, i balli tribali e le preziose decorazioni non erano mai pensate per una fruizione disinteressata. Le prime forme di arti performative erano percepite come aspetti fondamentali in grado di arricchire di significato la vita associata e non esigevano alcun luogo particolare in cui avvenire. Anche nell’antica Grecia si può rintracciare una concezione del genere: i giochi olimpici antichi, le cerimonie religiose e le opere teatrali erano una continua celebrazione delle tradizioni e dell’impegno civile nei confronti della Polis. Platone arrivò ad affermare come il passaggio musicale dal modo dorico a quello lidio preannunciasse il decadimento dell’intera società greca. Andando oltre questa esagerazione, era chiaro come ogni cittadino greco intuisse una profonda connessione tra la musica e la vita sociale. Il principale scopo che Dewey si propone con la stesura di Arte come esperienza è quindi il ristabilire la continuità tra l’opera d’arte e la vita concreta, affermando come l’esperienza comune sia il terreno in cui sorge ogni qualità estetica e allontanando quella degenerazione isolazionista figlia di conseguenze lontane dal mondo dell’arte. Questo elaborato illustrerà per sommi capi la concezione estetica deweyana in contrasto con le teorie che segregano le opere artistiche in un regno tutto loro. Su questa 4

Ibidem.

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base teorica si scorgerà un legame profondo tra l’arte e la società democratica che verrà analizzato in un secondo momento.

2. Dewey non considera la mente umana come un teatro cartesiano disancorato dal divenire o un soggetto trascendentale ordinatore del mondo tramite intuizioni a priori. Tuttavia ciò non significa che il filosofo pensi all’uomo come a un essere passivo nei confronti di un mondo insensibile alle richieste umane; per inquadrare l’esperienza estetica nelle strutture generali dell’esperienza occorre individuare le condizioni essenziali della vita. L’autore invita quindi a porre l'attenzione su alcuni dati biologici: La prima considerazione importante è che la vita si sviluppa in un ambiente; non solo in esso, ma a causa sua, interagendo con esso. Nessuna creatura vive sotto la propria pelle; i suoi organi sottocutanei sono mezzi per connettersi con ciò che si trova al di là della sua cornice corporea, e a cui per vivere essa si deve conformare, adattandosi e difendendosi ma anche conquistandolo. […] Ogni bisogno, la voglia di aria fresca come quella di cibo, è una carenza che denota almeno un’assenza temporanea di adattamento adeguato con l’ambiente circostante. Ma è anche una richiesta, un tendere la mano verso l’ambiente per colmare le lacune e ripristinare l’adattamento stabilendo almeno un equilibrio temporaneo. La vita stessa consiste di fasi in cui l’organismo perde il passo della marcia delle cose circostanti e poi torna all’unisono con essa. 5

Nessun essere vivente s’è mai ritrovato a vagare in un mondo totalmente inespressivo: l’esistenza di un organismo è costituita da continue interazioni ecologiche percepite in modi diversi a seconda che gli eventi siano favorevoli o meno al proseguimento delle funzioni vitali. Per questo motivo, l’esperienza preconcettuale appare già carica di valori biologici immediatamente goduti o sofferti, veri e propri significati che le belle arti sono capaci di estrapolare e mettere in risalto: questa è la radice della qualità estetica nell’esperienza concreta per Dewey. È importante notare come, in una trattazione di questo tipo, assume grande rilievo un uso peculiare del termine “esperienza”. Dewey si pone in contrasto con la tradizione empirista e non guarda mai all’esperienza come a un evento soggettivo in cui vengono recepite impressioni che portano a idee grazie all’immaginazione e la memoria. L’esperienza deweyana si presenta invece come un’azione continua e inevitabile tra 5

Ivi, p. 40.

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natura e organismo in cui entrambi si determinano reciprocamente: l’ambiente modifica l’essere vivente ponendogli problemi e questo, a sua volta, agisce sul e nel mondo, cambiandolo. La natura, il luogo in cui avviene ogni esperienza, non viene mai considerata una mera somma di oggetti fisici o il posto di una impenetrabile cosa-in-sé: l’organismo si ritrova sempre immerso in un ambiente dinamico composto non solo da eventi fisici ma anche da interazioni simboliche e rapporti sociali, un mondo in cui non si esclude la possibilità che i ricordi sedimentati e le competenze sviluppate possano avere un ruolo retroattivo e preriflessivo nel processo percettivo. Anche il termine “significato” non sfugge alla pragmatizzazione e viene usato in un’accezione assai distante dalle varie forme di verificazionismo sostenute, nello stesso periodo storico della trattazione deweyana, dagli esponenti del Circolo di Vienna. Un conto è il significato di “albero”, un altro è una frana che significa un pericolo immediato. Dewey non rinuncia all’uso tradizionale del termine per quanto riguarda l’attività riflessiva in generale ma punta l’attenzione su un’accezione biologica comune a tutti gli esseri viventi. Il significato immediato per Dewey non è una proprietà di un enunciato, una nozione legata alla sola competenza linguistica, ma il fulcro del legame tra organismo vitale e ambiente. Ogni essere vivente, in virtù della propria conformazione fisico-biologica, vive nel mondo in vari modi. Una sedia può essere percepita come un’opportunità di riposo o come una barriera invalicabile e il fuoco può voler dire salvezza o morte a seconda dei casi. Il significato immediato può essere qui inteso come il carattere di un’esperienza in quanto favorevole o meno alla conservazione delle funzioni vitali. Un’esperienza che stabilisce un temporaneo equilibrio rappresenta un progresso per la vita e dal momento che, seguendo Dewey, «non si può che ammirare l’ordine in un mondo costantemente minacciato dal disordine»6, un’esperienza del genere si presenta come pregna di un’armonia primitiva che può essere emotivamente consumata e celebrata:

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Ivi, p.41.

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L’esperienza, nella misura in cui è esperienza, è vitalità intensificata. Anziché riferirsi a un essere chiuso entro i suoi propri privati sentimenti e sensazioni, comporta un commercio attivo e vigile con il mondo; […] In quanto soddisfazione di un organismo nelle sue lotte e nei suoi successi in un mondo di cose, l’esperienza è arte in germe. Anche nelle sue forme rudimentali essa contiene la promessa di quella percezione piacevole che è l’esperienza estetica. 7

La qualità artistica appartiene alla dinamica organismo-ambiente e non va intesa come un sentimento soggettivo da proiettare verso l’esterno ma come il modo di presentarsi di un’esperienza in grado di conferirle armonia, equilibrio e unità semantica. L’esperienza estetica è dovuta al riconoscimento di un ordine, di una soluzione alle tensioni e ai problemi che il mondo pone; l’armonia scaturita da quest’ordine è la radice dell’arte. Poiché l’artista, essendo umano, è sempre immerso in un contesto culturale e sociale, il suo lavoro non esprimerà mai sentimenti individuali ma celebrerà e incarnerà significati condivisi, legati sempre a circostanze più o meno pubbliche. Per questo motivo, Dewey è convinto che l’arte sia un grandioso strumento di comunicazione da impiegare principalmente nel processo democratico.

3. Il principale obiettivo di Arte come esperienza è allontanare l’arte da un’inutile dimensione aristocratica e comprenderne l’efficacia nel migliorare la vita comunitaria – scopo che Dewey riconosce anche al metodo scientifico8. È chiaro come l’autore non pensi alla creazione artistica come a un impeto irrazionale proveniente dal profondo del genio ma come a un ottimo mezzo per promuovere l’unità sociale e politica: Il materiale dell’esperienza estetica, essendo umano – umano in connessione con la natura di cui è una parte – è sociale. L’esperienza estetica è una manifestazione, una testimonianza e una celebrazione della vita di una civiltà, un mezzo per promuoverne lo sviluppo, ed è anche il giudizio definitivo sulla qualità di una civiltà. Infatti, sebbene essa venga prodotta e fruita da individui, tali individui sono ciò che sono nel contenuto della loro esperienza in virtù delle culture a cui partecipano.9

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Ivi, p.45.

È importante ricordare come nel pragmatismo deweyano non vi sia differenza tra filosofia e scienza: un’adeguata filosofia dell’arte, proprio come una corretta ricerca scientifica, deve sempre considerare i casi concreti per guidare l’azione dell’uomo nel mondo. 8

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Ivi, p.311.

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Il filosofo è convinto che le opere d’arte siano in grado di comunicare il proprio significato nei secoli e, in questo modo, conservare la cultura e i costumi sociali. Nell’immaginario comune, l’intera società dell’antico Egitto è rappresentata dai suoi monumenti, così come la gloria e la grandezza romana sono di natura estetica. Anche la più recente Statua della Libertà oggettiva precisamente il fuoco eterno della libertà e indipendenza su cui si basano gli Stati Uniti d’America. La pragmatizzazione dell’esperienza estetica compiuta da Dewey serve proprio a comprendere l’utilità del mezzo artistico nell’ambito sociale. La democratizzazione dell’arte sarà possibile solo se questa non verrà più legata a un mistico genio aristocratico né a una divisione gerarchica tra arti belle e arti produttive. Tale distinzione non sussiste nella trattazione deweyana e ogni medium artistico ha la propria efficacia e valore senza doversi riferire a un grado univoco di perfezione artistica, così come in una vera democrazia non v’è gerarchia di classi. L’esperienza artistica si risolve quindi in un’attività produttiva in cui i mezzi e i fini si compenetrano – evitando quindi l’alienazione tipica dei sistemi di produzione di massa – e in cui la partecipazione e il godimento sono a disposizione di tutti. Abbandonare la visione kantiana dell’esperienza estetica come contemplazione disinteressata permette a Dewey di spostare il fulcro della questione artistica sugli stessi elementi produttivi, dinamici e comunicativi legati anche alla propria filosofia politica. L’autore incentiva infatti uno sviluppo sperimentale della vita pubblica attraverso una ricerca scientifica collaborativa supportata da una costante comunicazione in vista di un progresso comune mai radicalmente sovversivo né testardamente conservatore. Il processo democratico rifiuta una verità assoluta e giustifica le acquisizioni teoriche nel loro essere strumenti di controllo della realtà: come i fatti estetici sono sempre radicati nelle esperienze concrete, così anche i fatti politici sono inseparabili da un determinato contesto e non devono essere guidati da vuote idealizzazioni esterne ai fatti realmente accaduti.

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Dato che, come è chiaro in The Public and Its Problems10, una società democratica si fonda sull’avere obiettivi comuni raggiungibili tramite la comunicazione, Dewey riconosce nell’efficacia comunicativa di scienza e arte lo strumento più importante per superare le irrazionali fratture di classe. Nessun ricercatore vuole tener per sé il frutto delle proprie indagini, così come nessun pittore produce un quadro solo per se stesso. Ogni nuova idea, così come ogni nuova opera artistica, viene sottoposta al banco di prova della comunità per testarne l’utilità sociale: sia l’arte che la ricerca scientifica sono in ultima istanza elementi popolari e appartengono alla comunità dei lavoratori. V’è però una sottile differenza tra i due strumenti comunicativi: entrambi creano e tutelano l’unità sociale ma, se l’indagine scientifica agisce chiarendo e risolvendo problemi comuni, l’arte porta a una coscienza unitaria attraverso la celebrazione di esperienze pubbliche e il riconoscimento di un’origine e un destino comune. Dewey è convinto che solo le opere artistiche riescano a unire pubblici diversi nell’armonia biologica comune a tutti gli uomini. L’utilizzo pragmatico dell’arte come elemento di coesione e celebrazione non è l’unico ruolo che l’autore riconosce all’impiego pubblico dell’arte. Il mezzo artistico, afferma Dewey, può essere anche impiegato come una critica sociale a fine deliberativo: la potenza espressiva dell’arte può portare gli individui a rivedere e discutere insieme le priorità sociali. Il riflesso del Lincoln Memorial e del Washington Monument sulla superficie di vetro del Vietnam Veterans Memorial è un ottimo esempio d’opera in grado di suscitare un acceso dibattito sulle priorità della politica estera degli Stati Uniti d’America. Dewey è convinto che l’arte di protesta sia adatta a stimolare una discussione costruttiva, elemento basilare di una sana democrazia. Considerando però alcuni influenti artisti contemporanei come, per esempio, Bansky e Andres Serrano, questa posizione risulterebbe fin troppo parziale e ottimistica.

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J. Dewey, Comunità e potere, trad. it. di P. Vittorelli e P. Paduano, Firenze, La Nuova Italia, 1971.

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Come nota Mark Mattern in John Dewey, Art and Public Life 11, Dewey sembra ignorare gli elementi di totale scontro e sovversione influenti nell’arte del Novecento. Il pragmatista americano considera il potere critico dell’arte come una possibilità di ridiscussione delle priorità sociali in grado di portare a una più solida unità politica ma, in realtà, la provocazione artistica potrebbe non essere impiegata per scopi deliberativi. La stessa critica viene estesa da Mattern anche alla filosofia sociale deweyana. L’opposizione e la resistenza sorgono col fallimento della collaborazione e dovrebbero essere analizzate in un’ottica di dominio piuttosto che come una richiesta di dialogo: dove gli interessi non sono conciliabili e il potere toglie la voce a determinati pubblici, gli individui utilizzano il mezzo artistico per opporsi alla comunità, non per cercare il riavvicinamento auspicato da Dewey: In such circumstances, people use art to marshal the energies of one community in a confrontation with another community whose interests are viewed at least partly as contradictory. This form of political action is characterised by heightened militancy, perception of incompatible interests […] Art under these circumstances is used by members of one community to oppose another community, to further separate two communities rather than bridge them as Dewey hoped. 12

L’arte può essere utilizzata per denunciare l’oppressione esercitata da un gruppo dominante ed esaltare una posizione alternativa. La fotografia Piss Christ di Andres Serrano realizzata nel 1987 e danneggiata da un gruppo di fondamentalisti cattolici nel 2011 è un ottimo esempio d’arte d’opposizione: essa non è stata impiegata per aprire un dialogo né per ispirare una ricerca collaborativa. Le possibili interpretazioni riguardo l’umanità di Cristo o la santificazione della corruzione umana non vennero presentate dall’autore e i critici conservatori non videro altro che blasfemia e scandalo. L’opera venne socialmente intesa come un tentativo scellerato di minare le fondamenta di una classe dominante. Dal punto di vista deweyano, ogni opera d’arte comunica qualcosa di socialmente condivisibile. Questa caratteristica risulta particolarmente utile nella creazione e nel mantenimento dell’unità sociale, tanto da considerare l’esperienza artistica come una M. Mattern, John Dewey, Art and Public Life, in The Journal of Politics, Vol. 61, No. 1, 1999, pp. 54-75. 11

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Ivi, p.71.

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componente fondamentale d’ogni democrazia. La difficoltà inizia nel momento in cui l’uomo utilizza il potere comunicativo dell'arte per scopi unicamente sovversivi: non a caso Dewey, come è chiaro nell’opera Democracy and Education 13, riconosce nell’educazione un ulteriore elemento fondamentale d’ogni democrazia. Un buon modello educativo non sarebbe solo la chiave per mitigare i movimenti d’opposizione ma anche, e soprattutto, la soluzione alle tensioni di potere. Il dominio di un’élite su una minoranza sarebbe la principale causa d’interruzione del dialogo costruttivo tanto importante per Dewey e porterebbe la parte sfruttata a reagire in vari modi, arte d’opposizione inclusa. Pare che Dewey sia convinto – con una buona dose di speranza – che metodo scientifico, esperienza estetica ed educazione comune bastino a evitare ogni forma di dominio. Una posizione di questo tipo potrebbe risultare carente nel riconoscere e gestire al meglio i rapporti di potere che, inevitabilmente, s’insinuano nel processo democratico; eppure la teoria estetica deweyana mantiene l’eccezionale pregio di far risaltare adeguatamente l’efficacia del mezzo artistico nella vita sociale. La forza comunicativa del mezzo artistico, essendo una componente fondamentale dell’unità sociale, è un potente strumento politico in grado di far ottenere attenzione e consenso anche a quei gruppi che si ritengono emarginati dal processo democratico. L’arte popolare è ormai accessibile ovunque: basta osservare un murales o ascoltare un cantautore per strada per sentirsi in sintonia o in disaccordo con qualcuno. Se adoperata in modo adeguato, l’arte offre l’opportunità di accomunare gli individui nella condivisione di significati non concettuali o, comunque, di stimolare un dibattito costruttivo. Capire quale sia questo modo adeguato è un importante obiettivo di quella procedura per tentativi ed errori che, secondo Dewey, dovrebbe animare il processo democratico.


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J. Dewey, Democrazia e educazione, trad. it. di E. E. Agnoletti e P. Paduano, Firenze, La Nuova Italia, 1949.

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Bibliografia

J. Dewey, Arte come esperienza, a cura di G. Matteucci, Palermo, Aesthetica edizioni, 2012.

J. Dewey, Comunità e potere, trad. it. di P. Vittorelli e P. Paduano, Firenze, La Nuova Italia, 1971.

J. Dewey, Democrazia e educazione, trad. it. di E. E. Agnoletti e P. Paduano, Firenze, La Nuova Italia, 1949.

J. Dewey, Esperienza e natura, trad. it. di P. Bairati, Milano, Ugo Mursia Editore, 2007, limitatamente al capitolo Esperienza, natura e arte, pp. 255-281.

J. Dewey, Lectures in China, 1919-1920, a cura di R. W. Clopton e Tsuin-Chen Ou, Honolulu, University Press of Hawaii, 1973, limitatamente alla prima parte Social and Political Philosophy, pp. 41-180.

R. Dreon, Il radicamento naturale delle arti: John Dewey nel dibattito contemporaneo, in Aisthesis, Anno II, No. 1, 2009, pp. 23-47.

A. Granese, Introduzione a Dewey, Roma-Bari, Editori Laterza, 1973, limitatamente ai capitoli Arte e religione e Questioni sociali e politiche, pp. 63-89.

M. Jay, Somaesthetics and Democracy: Dewey and Contemporary Body Art, in Journal of Aesthetic Education, Vol. 36, No. 4, 2002, pp. 55-69.

M. Mattern, John Dewey, Art and Public Life, in The Journal of Politics, Vol. 61, No. 1, 1999, pp. 54-75.

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