Fernando Pessoa

July 7, 2017 | Autor: F. Lunaria | Categoria: Poesia
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"Faust" di Fernando Pessoa ( l'opera è stata composta tra il 1908 e il 1934). Ne sono rimasta folgorata, per la profondità poetica e filosofica. Riporto qualche stralcio. Alla fine riporterò il commento critico di Antonio Tabucchi.

Atto I 1

Ah, tutto è simbolo e analogia! Il vento che passa, la notte che rinfresca sono tutt'altro che la notte e il vento: ombre di vita e di pensiero. Tutto ciò che vediamo è qualcos'altro. L'ampia marea, la marea ansiosa, è l'eco di un'altra marea che sta laddove è reale il mondo che esiste. Tutto ciò che abbiamo è dimenticanza. La notte fredda, il passare del vento sono ombre di mani i cui gesti sono l'illusione madre di questa illusione. Tutto trascende tutto ed è più e meno reale di quello che è.

Faust nel suo laboratorio 2

FAUST (solo)

Onde di desiderio che vane vi perderete senza neppure lambire il cuore e l'anima del vostro sentimento; onde di pianto, non riesco a piangervi, e in me crescete, immensa marea mugghiante e sorda, per frangervi sulla spiaggia del limite che la vita impone all'Essere; onde nostalgiche di un certo mare largo Dove la spiaggia sia un sogno inutile, o di una certa terra ignota più dell'eterna aura dell'eterna sofferenza, e dove forme non immaginate dagli occhi dell'anima vagano essenze lucide e... dimentiche di ciò che chiamiamo 3

sospiri, lacrime, desolazione; onde in cui non posso vaneggiare sia dentro me stesso, in sogno, imbarcazione o isola, sia transitoria speranza, sia illusione generata dalla delusione; o onde senza biancori e senza asprezze ma rotonde come un olio e silenti nel vostro interminabile e pieno rumore... Oh, onde dell'anima, gettatevi in un lago o innalzatevi aspre e bianche con il sussurro acerbo della schiuma, levatevi in temporali nel mio essere. Voi siete un mare senza cielo, senza luce, senza aria, sentito, non visto, rumoreggiante soprra il fondo profondo della mia anima! Lacrime, sento in me il vostro sapore amaro! Non voglio piangervi! Se vi piangessi 4

come arrivare (tante siete!) ad esaurirvi? Se vi esaurissi che cosa troverei poi? Magari una disperata aridità, un'ansia vana di non poter riportarvi un'altra volta a me per piangervi in vana consolazione, un'altra volta ancora!

Che l'anima non esista: vana idea anch'essa! Che esista e sia immortale: sogno modesto nei suoi confini, anche se coerente con la sua modestia. Che altro? Che esista, che esista e sia mortale, che muoia in un Tutto Celeste? Vago, vano. Non ci sarà oltre alla morte e all'immortalità qualcosa di più grande? Ah, ci dev'essere oltre alla vita e alla morte, all'essere, al non essere, un Innominabile sovrasovra-trascendente 5

Eterno Incognito e Inconoscibile! Dio? Nausea. Cielo, Inferno? Nausea, nausea. Perchè pensare, se dovrà fermarsi qui il corto volo dell'intendimento? Più oltre, pensiero! Più oltre!

Il mistero degli occhi e dello sguardo del soggetto e dell'oggetto, trasparente sull'orrore che sta oltre a se stesso; il muto sentimento di ignorare se stessi, e la tormentata commozione che nasce dall'avvertire la follia del vuoto; l'orrore di un'esistenza incompresa quando da tale orrore si giunge all'anima 6

rende ogni dolore umano un'illusione. Quello è il supremo dolore, la vera croce. Vogliono disprezzare il tuo senso di orgoglio, Cristo!

Allora io vedo -orroreorrore- l'intima anima, il mistero perenne che attraversa come un sospiro i cieli e i cuori.

Ho reso la mia anima esteriore a me stesso.

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è abissalmente strano e trascendentemente nero e profondo vedere gli esseri, gli enti che si muovono, che ridono... che parlano, che... alla luce e al caldo; e in tutti un mistero che fa diventare tutto scuro e rende la vita un orrore incompreso.

Una notte di Tutto che è un Nulla un abisso di Nulla che è un Tutto.

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Quante volte, essendo greve la vita, cerco nel seno materno della notte e dell'errore, il sollievo di sognare, dormendo; e il sogno mi sembra una perfetta vita... Perfetta perchè è falsa, e forse perchè passa in fretta. E così è la vita.

Condannati senza fine all'eterno errore. Perchè non dovrebbe essere questa la realtà? Perchè non dovrebbe essere un eterno fantasma, l'astratto e innumerevole velato mondo sempre velato e astratto? E la sua stessa unità un'imprecisione, un tutto indefenito, anzi, un tutto 9

dove la verità e l'errore, punti fissi, non siano altro che un maggiore errore?

Cosa significa che ci sia l'esserci? Perchè ciò che è è ciò che è? Com'è che il mondo è il mondo? Ah, l'orrore di pensare, come un'improvviso non sapere dove sono.

Sogno fatto dell'orrore del pensiero, informe e orrido, via da me per sempre il tuo orribile ricordo! 10

Forse Dio non è reale ma esiste, forse non è Dio ma esiste; ed è come noi lo pensiamo, Dio per noi.

LUCIFERO:

Mostrarsi come? Oh, anima mia amara, piena di fiele - e non avere lacrime!

Tessuto di orrori, 11

trafitto da dolori acuti di spavento è il segreto del mondo.

Non solo oltre il mondo c'è tristezza e silente orrore il mistero possiede; seppure umile, seppure modesto, è qui DOLORE, come oltre è ORRORE.

VOCI:

Canti, siete ombre della mia anima. Tutti siete illusioni; la mia anima canta in voi chiedendo quella quiete che non ha. 12

Fuggire da me non posso.

VOCE LIMPIDA:

Piangerò su di te lacrime di redenzione. I miei lunghi capelli che tanti hanno avvolto avvolgeranno il tuo volto.

[...]

Nel mio seno di chiardiluna guadagnerai come un perdono 13

per tanto dolore. I tuoi occhi dormiranno, e al risveglio un'altra volta si chiuderanno, al sonno ritorneranno.

Primo Intermezzo

UNA VOCE:

Dormi, dormi, ti canterò melodie d'oltred'oltre-cielo, e la solitudine ti amerà perchè per ora sei solo mio... Dormi e cancella i tuoi pensieri; se pensare è un tormento, 14

nessuno ha sofferto come te.

Ti avvolgerò nel mantello che il Dolore ha tessuto per te; la Vita ti causa spavento e la morte non ti sorride. Lascia dunque che sia così: la mia bocca, quando bacia, chiama il cuore a sé.

L'INNOCENZA PERDUTA:

Avevo un campo pieno di speranza ma nel delirio della febbre 15

lo devastai, e allora lo seminai di amori e vi nacquero fiori di delusione.

L'INNOMINABILE:

L'EssereL'Essere-inin-sé non è il nome del mio essere innominabile; nel mio mondomondo-Maelstrom, il grande instabile mondo come un sospiro si spegne, e un silenzio più che infinito accoglie il morire dell'onda 16

che in me si va frangendo.

Atto Secondo

Tutto trascende tutto; intimamente lontano da se stesso e infinitamente, l'universo, si illude esistendo.

La Coscienza di esistere, la radice dell'illimitato, multiforme mistero che ha il tronco di Essere, foglie di vita, fiori di sentimento e sofferenza e frutti di pensiero, marciti subito. 17

La Coscienza di esistere, tormento primo e ultimo del razioncinio, figlio suo che però non la raggiunge. La Coscienza di esistere mi schiaccia con tutto il suo mistero e la sua forza, irreparabilmente circoscritta di compresa profonda incomprensione.

Due gli orrori che mi schiacciano, ciascuno dei quali sembra il più grande dei più grandi orrori: uno è l'orrore della morte, l'altro è l'orrore di non poter evitare di incontrare 18

quell'orrore: il dover morire. Due... Soltanto due orrori? No. Intorno ad essi ne pullulano migliaia, complessi, che si compenetrano, che scaturiscono gli uni dagli altri, e in queste tenebre schifose, in quell'inferno che abita l'anima, il pensiero e il sentimento, terribilmente coscienti e acuti barcollano, sprofondano, impazziscono, gridano, sanguinano, ma sempre chiari, sempre coscienti, misurando sempre in ogni particella di quell' orrore tutto l'orrore e scoprendovi gli altri e gli altri e gli altri, e così sempre, così sempre, senza fine, in una sofferenza non immaginabile da ogni altra sofferenza delirante 19

di altri uomini, conduco la mia vita torturata, questa vita che il dolore mi rende eterna e l'orrore della morte fuggitiva e minima in ogni luogo, tutto il mondo, l'orrore.

Una sola cosa mi spaventa in quest'ora, in ogni ora: che vedrò la morte faccia a faccia inevitabilmente. Ah, come poter dire questo orrore? Non poter evitarlo! Non poter dimenticarlo!

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Atto Terzo

Uguale in maniera diversa legato al mio passato strano e vago da un'oscurità e un prolungarsi del dolore.

C'è fra me e il reale un velo allo stesso pensiero impenetrabile. Non mi concepisco ad amare, a lottare, a vivere con gli altri. C'è in me, intima, un'impossibilità di esistere di cui ho abortito vivendo.

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Ogni tanto mi affiora alle labbra una canzone d'amore, e per istinto piango un'amata morta. Sì, è l'eterna sposa morta di un io che non seppe amare.

Quel che vorrei è dormire, dormire, dormire a lungo, vagamente cosciente nel sonno, e dormire sempre, senza avere coscienza del tempo, ma solo del sonno sonnolente e della vacuità del mio essere; 22

dormire senza che la morte venga, o sognare, ma dormire, solo dormire, dormire sempre. Perchè ho ormai disimparato a dormire. Stanco di pensare, rimango a pensare, e le notti sono lunghe, lunghe, lunghe, e il pallido sorgere di un nuovo giorno ancora... Ancora un nuovo giorno, che porterà ancora un'altra donna e questa altri giorni, ancora...

.... Se queste cose inanimate che mi circondano, nelle lunghe ore in cui le guardo, (non con i sensi, ma subito con l'anima, direttamente come con lo sguardo), 23

mi torturano, nell'auge del terrore, per il mistero che esse non sono e che sonosonoah, quanto più - (orrore nel concepirlo!) se sentissi le voci intime dell'anima di un essere amante -mie o indirizzate a memese sentissi così vicino, se vedessi così accanto alla mia anima sempre attenta una voce del Mistero fatta vitavitaah, quanto più, come se la soluzione del Mistero mi turbasse fino a morirne per terrore e meraviglia, quanto non si raffredderebbe di paura la mia anima vedendo in uno sguardo brillare l'orrore dell'esserci coscienza ed esistenze.

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Cresce in me un'onda di agonia e di taciuto orrore che erompe e rimbalza lungo le fronde di caverne dell'anima mia, e negli interstizi occulti del mio essere le echeggia al suo apparire; è un'onda torbida di una marea silenziosa e scura che cresce e mi invade e mi annega in me stesso. Vorrei fuggire e sollevarmi, spiccare un volo, ed essa si arrampica su di me, silente, in...naufragio. Cresce, ed io preso dall'orrore la vedo sempre più vicina, alzarsi ogni volta in pieghe lontane dalle solitudini del mio essere, e ogni volta più dentro me stesso.

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Sei un desio, un'ansia, o un'agonia? Cosa vuoi da me, che nel salire mi sospingi verso un orrore ignoto che vela una fine? A quale scopo ti appartengo? Dove conduci quest'anima che solo oscuramente sa di non saperti opporre resistenza? Tu mi metti in dissidio contro l'essere, e io odio ciò che vedo innanzi a me, l'Immediato. Perciò, oh mari, soli, stelle, venti, oh enigmi statici in una vita piena di enigmi spassionatamente, vi do la vita solo per odiarvi, non vi appartengo. Da oggi in poi sono il nemico dell'essere, sono l'orrido. L'eterno crimine di non aver ragione di esistere e di fissarmi. Dico addio a tutto quello che si può amare o credere, 26

a tutto quello che nel mondo vive o dorme. Cose che un sole esterno, vano... vi faccio scure con il mio odio. Che una tenebra immensa mi invada l'anima, che tutto si fermi, e io sia la notte che essendo scorda te stessa.

Terzo intermezzo

Se morirò, sulla mia tomba mettete un'epigrafe che dica che sono morta giovane che sono morta amando te.

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Quarto Intermezzo

Lacrime, vi piangerò e piangerò in voi la vita, piano piano; e piangendo resterò in un silenzio di anima insano.

UNA VOCE

Quando la notte soave scende - ombra di mani in perdono 28

oh madre della Tristezza, tessi Il Manto della Solitudine. Tessilo come una menzogna che il mio dolente cuore vuole indossare per capire la nudità della delusione.

UN'ALTRA VOCE

Riempi il calice della mia anima con la bevanda della sofferenza, che trabocchi fredda e calma sulla mano dell'oblio; su quel che dà amarezza alle lacrime. Voglio sapere se trovo in ciò più amore e, nel berlo, morirò. 29

Atto Quinto

Per rassegnarsi alla morte è necessario non capire tutto il suo orrore, non misurarlo.

Ma ah! Se la morte, senz'essere niente o notte, non spiegasse niente, e eternamente, vagabondi coscienti dell'eterno errore, le nostre presenze pavide girassero 30

nell'eterna circonferenza del mistero, esuli dall'astratto centro!

Vi allontanate da me, pensati orrori di me stesso, e un grato sonno pesa ormai su ciò che mi sento. Come quando la fatica, sulla soglia del sonno, diventa un piacere vago e un principio del sonno dove perderla, così a poco a poco un sussurrante cessare del pensiero mi inebria di ombre, e di me mi fa dimenticare, e lentamente mi rende notte.

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Monologo alla Notte

Che io abbia la dimensione e la forma informe dell'ombra, e nel mio essere senza forma io mi disperda e mi consumi! Prendimi, o notte enorme, e rendimi parte del tuo freddo e della tua solitudine, consustanziami ai tuoi gesti fermi di silenzio e di incertezza, sposami col tuo senso di... e annullamento.... che io diventi parte delle radici notturne e dei rami che si agitano alla luna...

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Finale

MORTE:

Colui che nel pensare ha sofferto, nella pazzia è stato felice. Ah, vieni con me, ché sei mio. Ti porterò nel reame del quale nessuno dice nulla e che nessuno ha mai immaginato.

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IL COMMENTO CRITICO DI ANTONIO TABUCCHI:

Una voce monologante, tragica e disperata, trascina il suo lamento lungo tutto questo frammentario poema drammatico. è la voce di un poeta, povero Faust solitario partito all'esplorazione della sua coscienza e giunto alla visione del vuoto e dell'abisso. Ma è anche una delle "voci" che abitarono Pessoa, uno dei suoi fantasmi, in questo caso con un'anagrafe e una biografia solo culturali, che parla dentro il poeta come un'ossessione e una maledizione. Denominato da Pessoa "Tragedia Soggettiva", questo Faust astratto e metafisico ha ormai lasciato l'ideale faustiano della Conoscenza e del Progresso per cantare l'inanità della vita, l'impossibilità di conoscere, il terrore della morte. Se accettiamo il suggerimento di Roman Jakobson di leggere Pessoa nel contesto dei grandi artisti mondiali nati sul limitare del Novecento, in compagnia di Stravinsky e di Joyce, non possiamo 34

negare che questo Faust soggettivo somigli a un "notturno" suonato su una partitura di Stravinsky, ad una voce disperatamente balbettante recitata su un monologo interiore joyciano. In più ci sono la teosofia e l'esoterismo, coltivati da Pessoa per tutta la vita, che venano di mistero il poema; e con questa cifra potrebbero essere lette le altre voci che fanno da controcanto al lamento di Faust: voci che appartengono a lemuri, ectoplasmi, spettri chiamati a declamare, sul palco della poesia, il doloroso vagabondaggio di un'anima.

Qualche verso di Poesia...

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Piove? Nessuna pioggia cade... Allora dov'è che sento un giorno in cui il rumore della pioggia attrae la mia inutile agonia?

... Ah, piove sempre nell'anima mia. C'è sempre oscurità dentro di me. Dentro di me, se ascolto, qualcuno ode la pioggia, come la voce di una fine....

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Erra voce di stagni antelunari... Gorgogliano acque nell'immensa villa, nel buio vago inerti al mio soffrire.

Delle ore diseguali è il mio dominio, un gesto affranto ho dato alle alghe livide oltre le nostre essenze dell'autunno...

D'ombra e di luce occasionale, e gridi vaghi da lungi, e sintomi caduchi di sconosciuto rimpianto, splendori del divino, quest'esser fosco ed esule... 37

Cadde pioggia in passati di ch'io fui. Vi furon campi d'imminente cielo e neve su alcunché d'anima e mio.

All'ombra mi narrai, ma non ascoltato. Oggi so il deserto ove Dio tenne un tempo la dimora dell'oblio.

Ah! L'angoscia, la rabbia vile, la disperazione di non poter confessare in un tono di grido, in un ultimo grido austero

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il mio cuore che sanguina.

Ah! Furia del dolore che non ha sorte nel gridare. Del grido che non ha potere più del silenzio, che torna, dall'aria nella notte senza essere!

"Tele d'Orrore"

Tele d'orrore nella falsa brezza il ragno dell'abisso tesse... La luna non rischiara, e le foglie 39

vibrano del mio panico.

Ma si leva dal fondo dell'abisso il panico e la maschera del dì... la sfinge al fondo della fantasia.

Per la foresta indefinita fluttua un silenzio, sempre.

Geni o elfi orridi fanno paura tra l'aria e l'albereto? Come pietra il chiardiluna giace, giace dal fondo del mio panico. Che mattino, o clarino, o riso desterà il bosco muto? Il mio panico fa tutto impreciso, il mio sogno fa il mio panico tutto. 40

"Che triste, di notte"

Che triste, di notte, il vento che spira, il travasarsi dell'immensa solitudine nel profondo del nostro cuore, di sopra ogni nostro pensiero. Nella quiete senza pace si leva il lamento come di un universale sconforto, e il mistero, e l'abisso e la morte sono sentinelle del nostro isolamento. Siamo soli con tenebre e voci dal nulla. 41

Tutto quanto perdiamo ancora perdiamo. Da noi quelli che furono non v'è strada. Il vuoto è carne in noi, nella vita; e i cieli sono un dubbio certo che viviamo. Tutto è abisso e notte. Dio è morto.

"Amiel"

Inutili giorni che lenti consumo 42

nello sforzo di pensare all'azione.

"Penso a te nel silenzio"

Penso a te nel silenzio della notte quando tutto è nulla, e i rumori presenti nel silenzio sono il silenzio stesso, allora solitario di me, passeggero fermo di un viaggio senza Dio, inutilmente penso a te. Tutto il passato in cui fosti un momento eterno 43

è come questo silenzio di tutto. Tutto il perduto, in cui fosti quel che più persi. è come questi rumori, tutto l'inutile, in cui fosti quel che non doveva essere, è come il nulla che sarà in questo silenzio notturno. Ho visto morire o sentito che morirono, quanto amai o conobbi, ho visto non saper più nulla di quelli che un po' andarono con me, e poco importa se fu un'ora o qualche parola; o un passeggio emotivo e muto, e il mondo oggi per me è un cimitero di notte, bianco e nero di tombe e alberi e di chiardiluna, ed è in questo quiete assurda di me e di tutto che penso a te.

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"Eterno condannato, vagherò sempre, sempre maledetto, perchè questo mondo... solo se fossi più che Dio potrei trascendere l'infinito dell'infinito e nascere per il giorno senza numero."

Neanche dipingendo questo vetro di ombre colorate nascondo a me stesso il rumore della vita altrui 45

mentre la guardo dal lato opposto.

"Corpi"

Il mio corpo è l'abisso fra me e me.

"Paludi"

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Il mistero ha il sapore del mio essere altro... chiardiluna sul non contenersi.

"L'isola deserta"

La mia finestra si apre sulla nebbia e la nebbia è tutto, e l'universo in mezzo se mi cerco, nei miei occhi leggo l'ora virtuale, e in me la elevo. La mia tristezza, la devo al ritmo essenziale della mia ansia. 47

"Visitammo deserti"

La nostra memoria antica venne con noi fra le vestigia e le sepolte rovine com il senso tragico delle ombre scritta sulla loro bocca dipinta.

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"Il mio tedio"

Il mio tedio non dorme, stanco esiste in me come un dolore informe che non ha causa o fine...

"Le 7 Sale"

Tra cipressi, in un chiardiluna senza luce, per una strada che là conduce. Il freddo suono dei propri passi, che ha il suono di passi altrui che vanno oltre ai passi 49

e a un altro che li fa e tra croci e lapidi e nei geli dei poli della concisa sensazione e non ebbero di lei compassione... ed ella morì fra il pianto delle dame e somigliando alle spiagge nelle onde del suo vago sguardo verde... silenzio... la vita è un senso che si perde...

Sala dopo sala, tutte le sale percorro, gridando di orrore. E dietro a uno spettro che non vedo né sento, corro e nel mio terrore nel centro stesso del mio terrore c'è una croce amata e che cadavere? La terra e il cielo 50

nel loro sguardo muto... E la scena tutta! Il potere occulto! L'ostia in terra l'altare piramide adesso e a fianco.

"Via Crucis"

Erra al crepuscolo la voce delle fonti... nel giardino immenso gorgogliano acque nel buio incerto al mio dolore indifferenti...

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"Episodi"

Sensazione d'essere solo la mia spina.

"Improvvisa mano" 52

Improvvisa mano di un occulto fantasma tra le pieghe della notte e del mio sonno mi scuote e io mi desto, e nell'abbandono della notte non distinguo gesto o volto. Ma un terrore antico, che insepolto reco nel cuore, come d'un trono scende e si dichiara del mio Signore e Padrone senza ordini, senza cenni e senza insulti. E io sento la vita mio d'improvviso tenuta con una corda di incosciente da qualche mano notturna che mi guida. Sento che non sono nessuno se non l'ombra di un volto che non vedo e che mi spaventa e in niente esisto come la fredda tenebra.

Trema in luce l'acqua. Mal vedo. Mi sembra che 53

una aliena pena nella mia anima scende.

Ebbi un fiore da dare a chi non osai dire che le volevo parlare e il fiore dovette morire.

Lo splendore del senso inesistente della vita

[...]

Voglio andare alla morte come a festa al crepuscolo.

54

"Pioggia obliqua"

Piove? Nessuna pioggia cade... Allora dov'è che sento un giorno in cui il rumore della pioggia attrae la mia inutile agonia?

"Stazione della Via Crucis" 55

Erra voce di stagni antelunari... gorgogliano acqua nell'immensa villa, nel buio vago inerti al mio soffrire... Delle ore diseguali è il mio dominio, un gesto affranto ho dato alle alghe livide oltre le nostre essenze dell'autunno... Cadde pioggia in passati dì ch'io fui. Vi furon campi d'imminente cielo e neve su alcunché d'anima e mio.

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"Abdicazione"

Il nuovo giorno recami lo stesso giorno della fine del mondo e del dolore: un giorno eguale agli altri, della eterna famiglia dei giorni così. Ah! L'angoscia, la rabbia vile, la disperazione di non poter confessare in un tono di grido, in un ultimo grido austero, il mio cuore che sanguina.

Essere stanca, sentire duole, pensare distrugge. Aliena a noi, in noi e fuori, precipita l'ora, e tutto nell'ora precipita inutilmente, l'anima piange.

57

"Gomes leal"

Consacra, sinistro, alcuni l'astro opaco i suoi tre anelli irreversibili sono disgrazia, tristezza, solitudine. Otto lune fatali s'affissano nello spazio.

Galleggiano lievi, distratti, i miei dolorosi pensieri... come foglie morte galleggiano sul pelo dell'acque stagne.

Dove, in giardini esausti, nulla ha più fine

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forma i tuoi futili fasti di tedio e di seta. I miei occhi sono esausti, con me dormi e in me.

Non devo sognare che possano darmi un giorno, vero o falso, le rose vane tra cui in sogni morti mi venni a trovare nell'alba di incogniti mattini.

Nella villa tra i cipressi sono seccate tutte le fonti, le rose bianche agresti recate dagli ultimi monti me le toglieste voi, che le donaste... Nel fiume ai piedi dei salici passarono le acque invano. Con tristezze di stranieri 59

passarono tra i salici le onde, senza averne motivo.

"Itinerario"

Che importa che la verità della nostra anima sia anche menzogna, e nulla sia la sensazione, e questa certezza calma che nulla v'è in noi o fuori, regga, inutilmente la nostra inconsistenza?

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"Tempesta"

Ah, se come trasporti foglie e sabbie, l'anima mia potessi portar via da qualunque parte, lontano dall'idea che io debba pensare! .... Orrore che sia sempre con la vita la coscienza! Orrore di sentire l'anima sempre a pensare.

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"Lontano da me"

Lontano da me in me esisto separato da chi sono l'ombra e il momento in cui consisto.

62

"Poema incompleto"

Una nausea, non di me per il mio dolore, ma quasi del mio dolore per me, giace nel fondo vile del mio rancore contro il dolore senza ragione che non ha fine.

"Rivivi ancora"

Rivivi ancora un momento nella speranza che persi, fiore del mio pensiero alito di cui morii... 63

Inutile irreale sorriso, nella penombra del pensare... della vita, di che ho bisogno? Del sogno con cui negarla. Vago chiardiluna di promessa resto d'ombra che muore nell'alba che va iniziando ah, averti, e mai vivere.

"Nausea"

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Nausea. Voglia di niente. Esistere per non morire. Come le case hanno facciata, ho questo modo d'essere.

Nausea. Voglia di niente. Siedo sul ciglio della strada. Stanco già del cammino. Mi fermo nel posto vicino.

Mi nausea. Niente mi pesa. Se non la volontà presa a ciò che più non penso. Come chi resta a guardare.

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66

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