HISTÓRIAS PARA NINAR UMA MENINA: UMA LEITURA DO LIVRO MINHA GUERRA ALHEIA, DE MARINA COLASANTI

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Descrição do Produto

Associazione Italiana di Studi Portoghesi e Brasiliani

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Luso Brasiliana Sonia Netto Salomão, A língua portuguesa nos seus percursos multiculturais, 2012

2.

S. Celani,

3.

Patrícia Peralta Ferreira, Terminologias do turismo. Instrumentos para a formação especializada em língua portuguesa, 2013

4.

Sonia Netto Salomão, Giorgio de Marchis, Simone Celani (a cura di), Italia, Portogallo, Brasile: un incontro di storia, lingua e letteratura attraverso i secoli, 2014

, 2012

I contributi riuniti nel volume, presentati per la prima volta in occasione del I Convegno dell'AISPEB (Associazione di Studi Portoghesi e Brasiliani), tenutosi nel 2012 presso le sedi dell'Università di Roma “La Sapienza” e dell'Università di Roma Tre, offrono un panorama di temi, linguistici e letterari, legati sia al contesto portoghese che a quello brasiliano. I saggi d’argomento letterario rinnovano il contributo italiano allo studio della letteratura lusobrasiliana, rimanendo nel solco di una tradizione nazionale ricca di spunti, che ha visto arrivare proprio dall’Italia alcuni contributi storici, filologici ed ermeneutici tuttora indispensabili per comprendere l’opera dei maggiori autori di lingua portoghese. I saggi di argomento linguistico sintetizzano invece alcuni dei risultati prodotti dalle cattedre di lingua, di recente istituzione in Italia, privilegiando in particolar modo tematiche legate al binomio lingua-traduzione. I curatori: Sonia Netto Salomão e Simone Celani insegnano Lingua e Traduzione Portoghese e Brasiliana presso la Sapienza, Università di Roma. Giorgio de Marchis insegna Letterature Portoghese e Brasiliana presso l'Università di Roma Tre. Il volume contiene contributi di: Federico Bertolazzi (Università di Roma Tor Vergata), Simone Celani (Sapienza, Università di Roma), Giorgio de Marchis (Università di Roma Tre), Gian Luigi De Rosa (Università del Salento), Barbara Gori (Università di Padova), Michela Graziani (Università di Firenze), Vera Lúcia de Oliveira (Università di Perugia), Silvano Peloso (Sapienza, Università di Roma), Giovanni Ricciardi (Università di Napoli “L'Orientale”), Cristina Rosa (Università di Viterbo), Mariagrazia Russo (Università di Viterbo), Sonia Netto Salomão (Sapienza, Università di Roma).

In copertina: Planisfero di Cantino, 1502.

Italia, Portogallo, Brasile: un incontro di storia, lingua e letteratura attraverso i secoli, a cura di S. N. Salomão, G. de Marchis, S. Celani

1.

La collana intende presentare temi relativi agli studi linguistici, coinvolge non solo Portogallo e Brasile, ma anche l’Africa e alcune aree asiatiche. Si propone, inoltre, di divulgare e approfondire ricerche provenienti da questi contesti multiculturali, nell’ambito di un confronto di paradigmi critici internazionali e interdisciplinari. Si darà particolare attenzione alla prospettiva comparativa

Italia, Portogallo, Brasile: un incontro di storia, lingua e letteratura attraverso i secoli a cura di Sonia Netto Salomão, Giorgio de Marchis, Simone Celani Atti del I Convegno dell'AISPEB – Roma, 24 e 25 maggio 2012

luso-brasiliani ancora dispersi nelle biblioteche italiane, mirando alla loro divulgazione.

Sonia Netto Salomão, Sapienza Università di Roma

Álvaro Manuel Machado, Universidade Nova de Lisboa Antônio Celso Alves Pereira, Universidade do Estado do Rio de Janeiro Dinah Callou, Universidade Federal do Rio de Janeiro Evanildo Bechara, Academia Brasileira de Letras João César Castro Rocha, Universidade de Manchester José Luis Jobim, Universidade Federal Fluminense Sérgio Nazar David, Universidade do Estato do Rio de Janeiro

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15.00

EURO

Edizioni Nuova Cultura

La collana si avvale della procedura di valutazione e accettazione double blind peer review.

Collana di studi linguistici, letterari e storico-culturali

Associazione Italiana di Studi Portoghesi e Brasiliani

Italia, Portogallo, Brasile: un incontro di storia, lingua e letteratura attraverso i secoli a cura di Sonia Netto Salomão, Giorgio de Marchis, Simone Celani Atti del I Convegno dell’AISPEB – Roma, 24 e 25 maggio 2012

Edizioni Nuova Cultura

Collana LusoBrasiliana Direttore scientifico Sonia Netto Salomão, Sapienza Università di Roma La collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla revisione paritaria e anonima (peer-review).

Copyright © 2014 Edizioni Nuova Cultura - Roma ISBN: 9788868123659 DOI: 10.4458/3659 Copertina: Tiziano Fani Braga Composizione grafica: Luca Mozzicarelli Revisione a cura degli Autori

È vietata la riproduzione non autorizzata, anche parziale, realizzata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.

Indice

Presentazione ...................................................................................................7 Introduzione dei curatori ...............................................................................9 Silvano Peloso, «O poeta é um fingidor»: paradosso e modernità .................... 13 Sonia Netto Salomão, Tradução e recepção de Machado de Assis na Itália: a função dos paratextos ..................................................................... 21 Giorgio de Marchis, 3 Fados di José Régio .................................................. 35 Simone Celani, Dall’Italia al Portogallo all’Italia: tradizione e traduzione del sonetto portoghese ..................................................................... 47 Mariagrazia Russo, La lingua portoghese di fine Cinquecento: relazioni di viaggio della nunziatura apostolica come fonte socio-linguistica ......... 73 Gian Luigi De Rosa, Segmentazione e costruzioni marcate nel parlato filmico brasiliano contemporaneo ........................................................................ 87 Barbara Gori, Cristianesimo e Cattolicesimo: “L’incontro” di Antero de Quental con San Francesco di Assisi .......................................................... 101 Federico Bertolazzi, Il nome delle cose. Tradurre Sophia de Mello Breyner Andresen ........................................................................................... 119 Michela Graziani, Nel silenzio della pietra, l’antico. Viaggio estetico-filosofico nell’Italia sacra e pagana di Cecília Meireles ............. 133 Cristina Rosa, L’Italia per Nísia Floresta: una viaggiatrice brasiliana del XIX secolo ................................................................................................ 149 Vera Lúcia de Oliveira, Histórias para ninar uma menina: uma leitura do livro Minha guerra alheia, de Marina Colasanti ..................................... 161 Giovanni Ricciardi, Ricordo di Jorge Amado nel centenario della nascita ....... 181

Presentazione

L’AISPEB (Associazione Italiana di Studi Portoghesi e Brasiliani) si è costituita nel dicembre 2010 con il fine di promuovere contatti e incontri regolari fra gli studiosi italiani di ambito lusofono e di favorire la ricerca scientifica e l’attività didattica a tutti i livelli; di incoraggiare e diffondere la conoscenza critica della cultura portoghese, brasiliana e, più in generale dei paesi lusofoni, con particolare attenzione alle discipline linguistico-letterarie e storico-culturali; di coordinare, infine, le proprie iniziative con quelle di Associazioni analoghe in Italia e all’estero. Ottenendo l’adesione dei colleghi di diciassette università italiane (la quasi totalità degli afferenti ai settori scientifico-disciplinari L-LIN/08 – Letterature Portoghese e Brasiliana – e L-LIN/09 – Lingua e Traduzione Portoghese e Brasiliana), l’Associazione ha colmato un vuoto di rappresentatività della lusitanistica e brasilianistica italiana, sia nei confronti del panorama nazionale che di quello internazionale. Finora, nei suoi quasi quattro anni di attività, l’AISPEB si è proposta come interlocutore privilegiato delle altre consulte d’area, del CUN e del MIUR, dando il proprio contributo per affrontare le problematiche legate a processi di ampia portata quali, fra gli altri, l’istituzione dell’ANVUR, la VQR, l’Abilitazione Scientifica Nazionale. Tra i risultati concreti da un punto di vista scientifico sono invece da rilevare il patrocinio della Rivista di Studi Portoghesi e Brasiliani, inserita nella fascia A delle riviste scientifiche ANVUR. Sono stati così pubblicati tre numeri della rivista e si è organizzato un primo convegno, tenutosi nel 2012 presso le sedi dell’Università di Roma “La Sapienza” e dell’Università di Roma Tre, che ha unito, in due intense giornate di lavoro, una

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Presentazione

sezione di tipo istituzionale con riflessioni sui processi di mutamento in atto nell’università italiana ad una più ampia di carattere propriamente scientifico. Un secondo, importante convegno è previsto per la fine del mese di ottobre 2014 presso l’Università di Pisa. Sebbene si tratti di un’Associazione ancora giovane, l’AISPEB ha già dimostrato di avere un ruolo di primaria importanza sia in campo scientifico che istituzionale, sottolineando il contributo fondamentale che la lusitanistica e la brasilianistica italiane hanno dato, e continueranno a dare ancora a lungo, al panorama accademico italiano e non solo. Silvano Peloso Presidente dell’AISPEB

Introduzione dei curatori

I contributi riuniti in questo volume, presentati per la prima volta in occasione del I Convegno dell’AISPEB (Associazione di Studi Portoghesi e Brasiliani), tenutosi presso le sedi dell’Università di Roma “La Sapienza” e dell’Università di Roma Tre il 24 e 25 maggio 2012, offrono un vasto panorama di temi linguistici e letterari legati sia al contesto portoghese che a quello brasiliano. I saggi d’argomento letterario rinnovano il contributo italiano allo studio della letteratura portoghese e brasiliana, rimanendo nel solco di una tradizione nazionale ricca di studi che ha visto arrivare proprio dall’Italia alcuni contributi storici, filologici ed ermeneutici tuttora indispensabili per comprendere l’opera dei maggiori autori di lingua portoghese. Da questo punto di vista, non è casuale che questo volume si apra con un saggio di Silvano Peloso dedicato a Fernando Pessoa, – «O poeta é um fingidor»: paradosso e modernità, in funzione dell’ambito letterario, filosofico e scientifico proprio del poeta dalle molte maschere, – e si chiuda con un Ricordo di Jorge Amado nel centenario della nascita, di Giovanni Ricciardi. Il poeta di Mensagem e l’autore di Gabriela, Cravo e Canela sono, infatti, due degli scrittori che, nei rispettivi ambiti, maggiore interesse hanno suscitato tra gli studiosi italiani. Allo stesso modo, anche l’articolo di Giorgio de Marchis, 3 Fados di José Régio, soffermandosi su una traduzione italiana poco nota dell’autore dei Poemas de Deus e do Diabo, conferma l’interesse con cui in Italia si è sempre guardato al Modernismo portoghese – visto nella sua totalità, come fenomeno articolato e complesso che non si esaurisce con la generazione di «Orpheu», ma si prolunga e si completa nel gruppo che ruota intorno alla rivista «Presença».

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Introduzione dei curatori

Barbara Gori con Cristianesimo e Cattolicesimo: “L’incontro” di Antero de Quental con San Francesco di Assisi analizza, invece, l’inquietudine religiosa di Antero de Quental, cogliendo nel modello francescano uno snodo fondamentale della riflessione poetico-filosofica ed esistenziale del poeta di Ponta Delgada. Da questo punto di vista, è interessante notare come Antero avverta la fragilità del Cattolicesimo nella radicale separazione che questo impone tra divinità e natura e come veda in S. Francesco la possibile soluzione di ogni dissidio. In questa chiave, se è vero che Antero si muove verso una sintesi tra ciò che nel Paganesimo riguarda la realtà e ciò che nel Cristianesimo riguarda l’ideale, risolvendo l’iniziale antinomia nella necessità di una fusione armonica tra spirito e natura, le considerazioni anteriane rivelano una sorprendente affinità con l’immaginario poetico ormai pienamente novecentesco di Cecília Meireles analizzato da Michela Graziani nel saggio Nel silenzio della pietra, l’antico. Viaggio estetico-filosofico nell’Italia sacra e pagana di Cecília Meireles. Le quaranta liriche scaturite da un viaggio in Italia e, più tardi, riunite dall’autrice nella raccolta Poemas italianos, ribadiscono, sotto la inevitabile eco di un retaggio estetico-filosofico vicino al misticismo orientale, il rifiuto di qualsivoglia dualismo contrapposto tra la religione della terra e la religione dello spirito. Alla scissione, Cecília Meireles oppone, infatti, una complementarietà di figure, oscillanti tra mondo sacro, cattolico, e mondo pagano, greco-romano che annulla ogni distanza spazio-temporale. L’intenso colloquio tra Italia e Brasile prosegue, quindi, con lo studio di Cristina Rosa, L’Italia per Nísia Floresta: una viaggiatrice brasiliana del XIX secolo, che ricostruisce l’immagine del nostro Paese negli anni precedenti l’Unità attraverso le pagine di una scrittrice brasiliana, progressista e democratica. Agli occhi di Nísia Floresta, l’Italia, spogliata delle sue glorie passate, appare viva soprattutto nel desiderio di libertà del suo popolo. Il costante dialogo italo-brasiliano si conclude con il saggio di Vera Lúcia de Oliveira, Histórias para ninar uma menina: uma leitura do livro Minha guerra alheia, de Marina Colasanti, nel quale si analizza il recente libro autobiografico di una scrittrice migrante, perennemente in transito, che, attraverso un ponte di ricordi, riannoda l’infanzia italiana alla sua vita brasiliana. Venendo all’ambito linguistico, visto l’indirizzo che lo stesso MIUR

Introduzione dei curatori

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ha dato alle cattedre di lingua create recentemente in Italia, il binomio lingua/traduzione è prevalente negli studi qui riuniti. Il contributo di Sonia Netto Salomão, Tradução e recepção de Machado de Assis na Itália: a função dos paratextos, prende in considerazione il valore di prefazioni, note e glossari come parte integrante del lavoro di traduzione di Memórias póstumas de Brás Cubas (1881), in prospettiva diacronica e comparativa. Si è analizzato sia il valore critico dell’interpretazione, che le note e i glossari. Importanti sono le informazioni sui mutamenti storico-semantici dei lessemi nel percorso delle varie traduzioni messe a confronto. Simone Celani, nel suo contributo intitolato Dall’Italia al Portogallo all’Italia: tradizione e traduzione del sonetto portoghese, riflette sulla traduzione italiana del sonetto portoghese come peculiare esempio di ‘ritorno della forma’; alla base dell’introduzione di questa composizione metrica nella tradizione lusitana si trova una forte intertestualità (petrarchesca, ma non solo) che è impossibile ignorare, anzi fornisce al traduttore italiano un repertorio lessicale e semantico che non può essere disatteso. Nel confronto fra la traduzione del sonetto cinquecentesco (attraverso l’analisi di sei traduzioni di Alma minha gentil que te partiste di Camões) e quella del sonetto novecentesco (qui il caso preso in considerazione è Alexandre O’Neill), si nota però una profonda differenza di approccio in ambito sia metrico che intertestuale. Nel suo saggio, intitolato La lingua portoghese di fine Cinquecento: relazioni di viaggio della nunziatura apostolica come fonte socio-linguistica, Mariagrazia Russo esamina, con dovizia di esempi, le particolarità linguistiche del diario di viaggio scritto dal cardinale Giovanni Battista Venturino da Fabriano, che accompagnò in Portogallo, alla fine del novembre del 1571, il legato a latere di Pio V, Michele Bonelli (1541-1598), chiamato Cardinale Alessandrino. Il contributo di Gianluigi De Rosa, Segmentazione e costruzioni marcate nel parlato filmico brasiliano contemporaneo, si propone di rilevare la frequenza di fenomeni quali focalizzazione, segmentazione e ordine marcato nei dialoghi cinematografici, come riflesso del processo di ri-standardizzazione del portoghese brasiliano. Nello specifico, vengono analizzati i costrutti marcati noti come scisse o frasi scisse all’interno del portoghese brasiliano, segnalando la presenza e la frequenza di tali costrutti all’interno del corpus filmico preso in considerazione.

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Introduzione dei curatori

Federico Bertolazzi infine, nel suo contributo intitolato Il nome delle cose. Tradurre Sophia de Mello Breyner Andresen, fornisce alcuni esempi tratti dal suo processo di traduzione della poesia della scrittrice portoghese, riflettendo da un lato sul profondo lavoro di scavo e scelta lessicale compiuto dal traduttore, dall’altro su un’idea complessiva di unitarietà e autonomia dell’antologia lirica, vista come vero e proprio genere letterario. In conclusione, crediamo che il presente volume fornisca un ventaglio di temi ampio e diversificato, nel quale però si colgono linee di fondo coerenti che permettono di avere una visione certamente parziale, ma quanto più possibile ampia, delle più recenti tendenze critiche della lusitanistica italiana. Sonia Netto Salomão Giorgio de Marchis Simone Celani

Histórias para ninar uma menina: uma leitura do livro Minha guerra alheia, de Marina Colasanti Vera Lúcia de Oliveira (Università degli Studi di Perugia) Família de pássaros a nossa, mudando de ninho quando mudava o sol. Marina Colasanti

Marina Colasanti é uma das mais conhecidas e premiadas escritoras brasileiras. Autora versátil, lançou seu primeiro livro em 1968 e desde então não parou, publicando mais de trinta obras. Nem todos sabem, no entanto, que Marina Colasanti é uma escritora migrante e bilíngue. Filha de pais italianos, nasceu em 1937 em Asmara, na Eritreia, então colônia italiana. Ainda na infância, a família retorna à Itália, onde Marina viveu os primeiros dez anos e, em 1948, veio para o Brasil, fixando-se no Rio de Janeiro. Todo esse percurso de vida errante é recuperado e revivido intensamente no livro Minha guerra alheia, publicado em 2010, pela Editora Record. Obra que pertence tanto à categoria de narração autobiográfica quanto à de ficção, nela a autora reata a relação com a Itália, criando uma ponte entre a escritora de hoje e a menina de ontem e resgatando elementos característicos da língua e da cultura italianas, que ela traduz em português. Afirma Marina nesse livro: «Criança ainda, não soube que o que me emocionava era visualizar meu futuro próximo, a travessia entre dois países e duas vidas»1. Proponho-me, aqui, a analisar justamente essa ‘tra1

M. Colasanti, Minha guerra alheia, Rio de Janeiro-São Paulo, Record, 2010, p. 273.

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vessia’, que não é apenas geográfica e histórica, mas íntima e existencial, uma travessia que é uma comovente aventura de junção e de conjunção entre elementos culturais e linguísticos pertencentes aos dois países. É da modulação entre esses elementos que nasce o estranhamento poético, tão peculiar na obra dessa autora. Para entender melhor o percurso de Marina, é necessário ter presente que a família Colasanti é nômade quase por tradição e vocação. De fato, ela afirma: «No cardápio da minha família havia fartura de mudanças, novos países, novas casas, nova vida a organizar»2. Da Itália, onde os pais se casam em 1935, o casal transfere-se para a África, para o onde o pai, Manfredo, fora enviado como voluntário das tropas italianas nas guerras de conquista e colonização, primeiramente em Asmara e depois em Trípoli. A seguir, em consequência do início da Segunda Guerra Mundial e do alargar-se do conflito bélico na África e na Europa, a família retorna à Itália, estabelecendo-se em Roma e, a seguir, em várias outras localidades, pois ‘tudo era temporário’ naqueles anos3. Em uma Itália ocupada por dois exércitos estrangeiros, os pais da autora tentam esquivar-se da violência, passando temporadas – a jovem mãe, Lisetta, e as duas crianças pequenas, Marina e Arduino – em Porto San Giorgio, Castiglioncello, Como, Albavilla, Bérgamo, de novo em Porto San Giorgio, Roma, até a definitiva transferência, tendo o Brasil como meta. Nessas mudanças, muito se perde, pessoas, paisagens, casas, objetos que, já adulta, a protagonista tenta recuperar: «Em recente viagem à Tunísia, tomada de desejo irrefreável, comprei uma terceira [pulseira], bérbere como aquelas, consciente de que estava repondo a mais miúda, desaparecida em alguma das tantas mudanças»4. A narradora evoca fatos ocorridos há mais de cinquenta anos e o faz ora com intensa e comovida participação, ora com humor e ironia – «Mas nas viagens ao passado há que contentar-se com meios de transporte modernos»5 – sempre, contudo, com a consciência de que a memória conserva ou remove elementos independentemente da nossa vontade. Toda evocação do passado é, assim, também invenção, ficção, reconstrução, pela Ivi, p. 112. Ivi, p. 35. 4 Ivi, p. 44. 5 Ivi, p 117. 2 3

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fantasia, a partir de fragmentos, de fotografias e de objetos do dia-a-dia, de momentos necessários para a identidade do sujeito atual. Reconstruir o passado, porém, não é fácil, já que a família parece despreocupada em plantar raízes no solo: «Não eram de grandes registros, meus pais, não deixaram documentos, datas, escritos. Até mesmo minha certidão de nascimento desapareceu. […] Terei que me servir quase que só da memória. E, em Asmara, a memória estava nascendo comigo»6. Se tantos dados concretos, inevitavelmente, diluem-se com o tempo, pois, come afirma a autora, «a memória guarda o que bem entende, que nem sempre é o que se precisa guardar»7, essa mesma realidade se perpetua nas sensações, impressões, emoções e sabores, cores, rumores, perfumes que são o que de fundamental ela resgata nesse livro. Como todo poeta, Marina sabe que é nos meandros e interstícios da vida e do tempo que a sensibilidade e a consciência forjam imagens e palavras capazes de se perpetuar: «Barco, chegada, interior da Villa, nada guardei. Mas sei do azul de céu e água, de um vento leve, quase frisante, que soprava. E sei do choque de beleza com que as extensões de flores se imprimiram em mim, indeléveis. […] Naquele mar todo perfume e pétalas, ali sim, estava meu olhar de criança»8. Não é simples definir o gênero de Minha guerra alheia. Certo, o nome da protagonista, Marina, coincide com o nome da autora e isso aponta para a escrita autobiográfica. No entanto, quer pelo fato de que o livro reconstrói, pela imaginação, momentos e acontecimentos que foram, então, muitas vezes vividos indiretamente pela narradora, quer pelo fato que os mesmos acontecimentos são filtrados pelos cuidados protetores dos pais ou manipulados pela censura e pela propaganda fascista, o livro transita facilmente da biografia para a ficção, contendo elementos híbridos dos dois gêneros, que se fundem. A autora, na veste de uma menina, se torna personagem de um narrador presente e partícipe, ou melhor, de uma narradora adulta, que segue, em ‘flashback’, uma garotinha sensível e delicada, atenta e perspicaz, que está descobrindo a vida, abrindo os olhos para a magia, para a beleza e também para o dolente mistério de existir. Essa narradora adulta segue os pequenos passos da Ivi, p. 15. Ivi, p. 210. 8 Ivi, pp. 112-113. 6 7

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menina e a própria autora, Marina Colasanti, parece em expectativa do que vai ser descoberto, numa longa viagem pelo espaço e pelo tempo. E a menina não decepciona: Ela não faltou ao encontro, nem poderia. Estava na Piazza Cavour me esperando, me esperando antes mesmo de eu chegar, um pouco para lá do ‘embarcadero’, mais para o meio da praça. Eu a vejo como então. Tem cabelos lisos, partidos ao meio, e porque é primavera, embora ainda esteja frio, ousou um vestido de mangas curtas debaixo do avental preto do colégio. Só ela e eu sabemos das mangas curtas, das florezinhas do tecido, do bordado em ninho de abelha no peito. Nossa mãe e as freiras ursulinas do colégio não permitiriam ainda roupa tão leve. Mas é bom esse frio secreto, essa liberdade nos braços há meses aprisionados por suéteres9.

É assim que nós, leitores, vamos conhecendo uma criança inquieta e sonhadora que se encanta com tudo e que, se sofre pela solidão e pela ausência de raízes, não se perde de si mesma, não desiste de buscar a beleza nas coisas e descobrir, até nos piores momentos da guerra, o sortilégio da imaginação. Nomear o mundo, torná-lo concreto, torná-lo próprio, sólido e sensível, frequentá-lo na essência, foi o que fez a garota sem ter tido total consciência disso, é o que faz a autora adulta, em busca de si mesma e dos elementos que se furtaram à compreensão da menina e que ela, hoje, recompõem com as tesselas que faltavam desse mosaico. Em Minha guerra alheia, é como se a Marina escritora tivesse escrito as histórias que a Marina menina gostaria de ter lido e ouvido na infância, narrativas que pudessem encantar e suavizar as longas noites de calmo terror, em que se ouviam as bombas caírem lentamente sobre o mundo lacerado. É evidente a qualidade estética do texto. A linguagem é clara e essencial, as frases curtas, poucos adjetivos, nada de retórica para se falar da vida. Dessa essencialidade, a poesia brota: «Um lençol limpo que secou ao sol traz cheiro de sol nas fibras. E no escuro do quarto parece luzir como se ainda não se tivesse apagado de todo a luz que o enxugou»10. 9

Ivi, p. 78. Ivi, p. 40.

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O nomadismo de matriz familiar e biográfica plasma, pois, uma identidade múltipla e complexa. Afirma a autora: «Durante a maior parte da minha vida fui etíope. Italiana de família, registro e identidade, de olhar e de cultura, italiana antes de mais nada. Mas, além de italiana, etíope»11. Esse livro é a recomposição dessa múltipla identidade. Daí a necessidade da narradora de se reencontrar com a menina, encontro para o qual ela se prepara desde as primeiras páginas do livro, semeando indícios e envolvendo o leitor nessa expectativa: «todos sabiam que eu tinha um encontro marcado com uma menina»12. Observe-se que a figura dessa narradora adulta e a da criança não coincidem, embora o olhar de cumplicidade que trocam aponte para uma comum identidade. São tantas as diferenças de mentalidade, de culturas e de línguas entre as duas que a autora tem necessidade de evidenciar que a total sobreposição entre as duas figuras é, de fato, impossível: «Não, não entrei naquele restaurante. Nem em outro semelhante. Comi pizza numa pizzaria popular, com vinho a litro, para marcar com clareza os limites entre o ontem e o hoje, aqueles mesmos limites que neste relato embaralho»13. Se a evocação da Itália da infância é um «encontro de amor»14, na verdade, Marina não quer simplesmente resgatar um passado mítico ou idealizado. O que ela deseja é fazer confluir, no presente, uma parte de vida que parecia desassociada do mesmo, já que muitos leitores brasileiros desconhecem que essa escritora chegou ao Brasil com dez anos, adquirindo o português como segunda língua e tornando-se com o tempo perfeitamente bilíngue. Embora ela quase nada diga, nesse livro, sobre o período de adaptação à realidade brasileira, não deve ter sido fácil esse outro reinício, depois de tantas andanças e mudanças. O título do livro, Minha guerra alheia, é em si um oxímoro e marca e define, nessa justaposição de termos e pólos opostos, o atravessamento de um mundo revolto. O texto é narrado em primeira pessoa e tem início com uma cena aparentemente feliz, em que se descreve o casamento de Mandredo Colasanti e Lisetta, celebrado em setembro de 1935. A Ivi, p. 24. Ivi, p. 78. 13 Ivi, p. 79. 14 Ivi, p. 117. 11 12

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primeira frase do texto, no entanto, cancela toda e qualquer possibilidade de um enquadramento idealizado e romântico dos fatos narrados: «Meus pais casaram sob a mira das metralhadoras»15. É assim que somos levados, com a protagonista, para alguns dos momentos mais trágicos da história italiana e européia do século XX. Sintagmas recorrentes no texto são, ‘estranheza’ (Ivi, p. 65), ‘estranhamento’ (Ivi, p. 53), ‘precariedade’ (Ivi, p. 59), ‘temporário’ (Ivi, p. 35), associados, paradoxalmente, a termos como ‘encantamento’ e ‘mágico’ (Ivi, p. 36), dando-nos acesso ao significado íntimo dessa aventura pelo tempo. A narração justapõe, a todo o momento, os fatos relativos à conquista do território italiano pelo exército aliado e a história de uma menina que inventa o seu modo de viver, e de sobreviver, numa atmosfera e numa economia de guerra, ao som de aviões que sobrevoam as noites italianas e bombardeiam inteiras regiões, gerando medo e terror na população. Tudo, no entanto, é filtrado pelos olhos infantis. Protegida pelos pais e demais familiares, a infância segue paralela aos acontecimentos históricos: «Naquele mesmo setembro em que eu sorria junto ao carrinho de bonecas, as tropas italianas, que no mês anterior haviam festejado a expulsão dos ingleses da Somália, obtinham uma vitória importante na Líbia»16. O contacto com a realidade é filtrado e mediato principalmente pela figura da mãe, em seu esforço constante de proteger os filhos, de interpor-se entre eles e o mundo complexo e doloroso em que estão vivendo. Também os acontecimentos tristes da história familiar, como a perda do irmão menor, Renato, não são percebidos em toda a sua carga dramática pelos outros dois meninos, Arduino e Marina: «Sua morte me chegou de maneira abafada, murmúrios, passos mais apressados, urgência, Arduino e eu não fomos ao enterro. Não lembro choro ou luto […]. Se penso nele, vejo a janela do hospital entreaberta»17. Até os momentos piores, durante todo o ano de 1945, em que a luta entre os dois exércitos se fazia a cada dia mais dramática, e em que a própria sociedade italiana estava radicalmente dividida entre fascistas e partisans, há dificuldade para as crianças de entender com nitidez o que Ivi, p. 9. Ivi, p. 44. 17 Ivi, p. 55. 15 16

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está ocorrendo para além das paredes da própria casa. Afirma a autora, a tal propósito: «Cerca de 12 mil foram mortos, a matança mais violenta ocorrendo no Vale do Pó onde maior havia sido o sofrimento. Arduino e eu quase nada soubemos»18. É como se a protagonista menina tivesse passado pela história, atravessado o mundo dilacerado pela violência, em um dos seus piores momentos, em que dominavam as forças irracionais e o mau se alastrava pela Europa, e o tivesse feito sem se contaminar, sem se ferir de forma irremediável. No fundo, os pais de Marina, sobretudo a mãe, agiram como o personagem interpretado por Benigni, no filme La vita è bella. Num campo de concentração, ele tenta preservar, a todo custo, o mundo mágico do filho pequeno, salvando a criança de um trauma provavelmente irreparável. Em Minha guerra alheia a menina vê de longe, ou vê do alto, entrevê e usa a imaginação para completar os dados e informações que lhe faltam. Serve-se dos instrumentos que são parte do seu mundo, rodeado de belos livros, repleto de personagens e histórias imaginárias e fantásticas: «Ilíada e Odisseia, a mitologia grega, D. Quixote, Gulliver e Crusoe, Dumas, Poe, Stevenson, Salgari o inesgotável»19. É estranho como tudo aconteça «com vagar»20 nesse livro. Também a libertação de Albavilla, onde vive provisoriamente a família, ocorre sem drama, sem grandes atos heróicos: A libertação para mim só aconteceu no dia em que o exército de ocupação entrou em Albavilla. Um destacamento modesto, proporcional ao tamanho da cidade que ocupava. […] Pareceu-me que, assim, com vagar, entra-se numa cidade que se toma. […] Eu os via do alto, da esplanada da minha casa, embora agora a memória me devolva a cena agigantada21.

A guerra achava, porém, canais de penetração no dia-a-dia. Basta ver as canções que as crianças aprendiam, canções militares, de incitamento Ivi, p. 169. Ivi, p. 92. 20 Ivi, p. 170. 21 Ivi, pp. 169-170. 18 19

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à luta, de louvor ao Duce e ao fascismo. Era fundamental, por exemplo, que as crianças, assim como os adultos, soubessem reconhecer, pelo som, o avião bombardeiro de um caça, pois disso dependia a própria sobrevivência. O medo é sentimento difuso, um medo que se dissolve e se alterna ao riso, pelo patético de tantas situações: «Um silêncio imenso porque o medo havia sido retirado e éramos somente uma família ameaçada que se erguendo do mato e sacudindo as roupas, embora alegre, sentiu-se patética»22. Essa é a história também de um aprendizado de vida, de separações, de perda de lugares e pessoas. Veja-se o momento em que a menina descobre, concretamente, o significado do termo fronteira, que, no caso da linha que separa a Itália da Suíça, podia marcar a diferença entre a sobrevivência e a morte: «eu pensava, pasma, que a guerra acabava ali, naquela linha tão forte quanto um muro, que não se via, marcada apenas pelos arames farpados além dos quais ninguém atirava em ninguém, ninguém bombardeava ninguém, aqueles arames farpados além dos quais começava, palavra alentadora, a neutralidade»23. É surpreendente também a facilidade com que os dois irmãos transformam a solidão e a precariedade em seu oposto, ou seja, em situações e momentos lúdicos, marcando, ainda mais, o quanto a guerra era, de fato, ‘alheia’, distante do dia-a-dia dessas duas crianças, do mundo fantástico que elas tentam a todo custo preservar e manter: Às vezes, porém, quando havia alarme antiaéreo e as sirenes soavam, meu pai vinha de moto buscar-me no colégio […] todo dia eu ficava torcendo para que as sirenes soassem, interrompendo as aulas e levando-me até em casa, cabelos ao vento, cavalgando heróica como uma valquíria. O medo dos bombardeios desaparecia frente ao prazer24.

Há sempre duas realidades paralelas, de um lado a guerra, que se expande na Europa, de outro a vida afastada e protegida das duas crianças protagonistas do livro. Esse estar ao mesmo tempo dentro e fora da história Ivi, p. 75. Ivi, p. 111. 24 Ivi, pp. 89-90. 22 23

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caracteriza também a família Colasanti, que vive às margens, que busca refúgios em casas e cidadezinhas distantes das ações bélicas, protegidas pelo mar, ou pelas montanhas. Ao mesmo tempo, o pai, que era oficial do exército, está diretamente envolvido na política, vai e vem por misteriosas viagens, em localidades nunca reveladas. Mesmo depois de finda a guerra, quando devem atravessar um país devastado e retornar a Porto San Giorgio, encontrando por onde passam só ruínas e destruição, a dimensão exata da tragédia parece não ser percebida. As crianças veem as marcas e os rastros da violência, mas não há feridos e mortos, apenas o vazio e o silêncio das casas abandonadas. Afirma a narradora: «Prédios seguiam-se a prédios e mais prédios vazados por dentro de alto a baixo, vazios como caixas sem uso. […] Onde estariam os donos dessas habitações todas, perguntava em meu coração, onde passariam a noite os que não tinham mais para onde voltar?»25. Ocorre observar que não são apenas as crianças que evadem da realidade, pela natural propensão à fantasia e à imaginação, também os adultos, por motivos diferentes, o fazem. Percebemos, percorrendo as páginas do livro, que essa condição de alheamento é favorecida e estimulada pela propaganda política, propiciada pela censura, que filtrava e manipulava a veracidade dos acontecimentos. Não é um fato puramente casual que o cinema italiano tenha se desenvolvido tanto no período fascista, produzindo comédias românticas de grande sucesso, filmes de ‘entretenimento’, que, se ajudavam a suportar as dificuldades do momento, favoreciam a alienação e diluíam as críticas e as contestações à política de Mussolini: «Cinecittà havia produzido a pleno vapor até o armistício, e só 17 dos 279 filmes que saíram dos seus estúdios eram de guerra»26. O estranhamento, vivido pelos protagonistas infantis, repete-se e amplia-se, assim, nos comportamentos dos adultos, a começar pelos dos pais e amigos da família. Os jantares e as festas continuavam, tudo procedia como se o mundo ao redor não estivesse ruindo. Além de estabelecer diferenças e consonâncias no modo em que adultos e crianças viviam a situação da guerra, o livro marca a diversa perspectiva com a qual homens e mulheres interpretavam a realidade precária do dia-a-dia. Basta observar como a protagonista, já adulta, se 25 26

Ivi, pp. 177-178. Ivi, p. 103.

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esforce para entender a ótica paterna, ou seja, o entusiasmo com o qual Manfredo, voluntário, «ia para as guerras por gosto, por patriotismo»27. Para o pai, a guerra é um desafio contínuo, uma disputa viril entre adversários, que medem forças e se contendem territórios: «a guerra, Marina, a guerra é bonita para um homem»28. Isso leva a protagonista a acrescentar, ironicamente, que tal instinto é comum também aos outros animais: «Como para os alces, o amor e a disputa territorial entre machos confundiam-se numa única coisa»29. Fica muito clara a posição política de Mandredo Colasanti. É um homem do partido de Mussolini, amigo de gerarcas e personalidades do poder, o que leva a família, sobretudo no último período da guerra, já em Albavilla, a ser vista com desconfiança pelos habitantes do lugar: «Nós acabávamos de chegar da cidade grande, filhos de um homem de partido […]. Não fizemos qualquer amizade entre aquelas crianças, nenhuma delas veio à nossa casa brincar ou nos convidou à sua»30. Observe-se que a narradora não se limita, aqui, a rememorar todos esses fatos, mas – consciência inquieta e crítica –, ela questiona a própria história, indaga sobre como tenha sido possível que o pai, «fascista e alto funcionário da Confederação Industrial»31, pudesse aceitar alguns dos acontecimentos mais dramáticos da história italiana sem tomar real consciência da gravidade dos mesmos: «Teria Manfredo tomado conhecimento do massacre das Fosse Ardeatine? […] Não pude deixar de me perguntar o que teria acontecido com a nossa família e com as posições políticas do meu pai se, no dia seguinte ao atentado, minha avó ou meu tio estivessem passando na rua e fossem colhidos na rede alemã»32. Em busca de respostas para essas e outras questões, na caótica Roma de hoje, numa Itália que cancelou parte da sua memória incômoda e que, por isso, parece condenada a perpetrar sempre os mesmos erros, a autora marca a sua posição clara diante desse passado perturbador, identificando-se com as vítimas de um dos episódios mais trágicos da história itaIvi, p. 104. Ivi, p. 51. 29 Ibid. 30 Ivi, p. 137. 31 Ivi, p. 107. 32 Ivi, p. 115. 27 28

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liana, em que 325 cidadãos inocentes foram assassinados por represália a um atentado em que morreram 32 soldados alemães, em 1944. Ocorre dizer que a dificuldade que se percebe em muitos adultos do livro em se conscientizar desses e de outros episódios da história italiana, bem como em assumir possíveis responsabilidades em relação a esse passado, caracteriza ainda hoje a Itália. Dessa tendência deriva o revisionismo ideológico de certos grupos políticos, tendente a redimensionar o período fascista. No livro Italiani, brava gente?, Angelo Del Boca repercorre algumas das páginas mais trágicas desse país, evidenciando o uso obsessivo de um instrumento, que ele define «auto-consolador», ou seja, o mito dos ‘italiani brava gente’, que absolve e cancela fatos e responsabilidades. Afirma Del Boca: Il mito degli ‘italiani brava gente’, che ha coperto tante infamie […], appare in realtà, all’esame dei fatti, un artificio fragile, ipocrita. Non ha alcun diritto di cittadinanza, alcun fondamento storico. Esso è stato arbitrariamente e furbescamente usato per oltre un secolo e ancor oggi ha i suoi cultori, ma la verità è che gli italiani, in talune circostanze, si sono comportati nella maniera più brutale, esattamente come altri popoli in analoghe situazioni. Perciò non hanno diritto ad alcuna clemenza, tanto meno all’autoassoluzione33.

Certamente a narradora em nenhum momento se serve de tal instrumento, ao contrário, porém o livro testemunha, e por isso ajuda a entender, a facilidade com que tantos transitaram pela história sem tê-la realmente interiorizado. A tal propósito, visitando os lugares em que passou a infância e sobretudo Albavilla, no norte da Itália, Marina recorda um momento trágico que viveu, em 1944, quando os aviões das tropas aliadas bombardearam e destruíram quase completamente a cidade de Erba, onde havia um depósito de combustível alemão. De todo esse passado, e dos tantos mortos, a paisagem não conserva memória e parece que nem os vivos o fazem: «Nunca fui a Erba, nem então, nem em 99. Foi reconstruída, sei disso, nada lembra o que passou, e muitos dos que A. Del Boca, Italiani, brava gente? – Un mito duro a morire, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2009, 3aed., pp. 8-9. 33

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lá moram só sabem do bombardeio como um fato da história. É um assunto do qual não se fala mais. Só para mim, Erba nunca deixou de ser uma cidade em chamas»34. A sociedade italiana viveu a própria história frequentemente dividida e o livro fornece elementos para perceber, em toda sua profundidade, o quanto esse país fosse lacerado e como as diferenças ideológicas e políticas perpassassem todos os níveis sociais, sem distinção. Voltando ao especifico mundo das crianças, protagonistas do livro, vimos que o isolamento em que viviam, ao invés de deprimir ou empobrecer, favorecia a fantasia. Marina e Arduino, crescidos entre os livros, inventam amigos imaginários, criam personagens com os quais compartilham aventuras, entrelaçando, a todo o momento, vida e literatura. Também o espaço, o ambiente da casa e do jardim, participa dessa reconversão mágica do mundo em literatura: «A casa-árvore havia-se transformado em casa-raposa, casa labareda»35. O quarto da menina parece a ilustração de um livro de fábulas: «Teto baixo, inclinado, igual ao que eu conhecia de tantas ilustrações de livros, e uma única janela»36. Nesse mundo estranho, nesse universo desfigurado e convulso, há lugares que parecem se furtar à lógica precária e que se tornam espaços da alma: «Aquela casa verde como um arbusto, que estremecia a qualquer vento no mover das folhas, me pertenceu desde o primeiro instante»37. Todo o livro é marcado por várias dicotomias, como vimos, umas das quais é essa justaposição entre o universo que é cenário da guerra e os universos paralelos, que são refúgios da violência. É estridente o contraste entre o dentro e o fora, entre o chalé em meio ao verde, uma espécie de casulo protetor, e as cidades ao longe, próximas ou distantes, destruídas pelos bombardeamentos; entre a história privada de uma família, que tentava sobreviver da melhor forma possível às dificuldades impostas pela guerra, e a posição pública do pai da protagonista, envolvido com a política fascista; entre o percurso íntimo de uma menina, que se abria às sensações e descobertas da vida, e o momento extremamente trágico que vivia o seu país. Veja-se como são narrados, paralelamente, M. Colasanti, Minha guerra alheia, cit., p. 136. Ibid. 36 Ivi, p. 163. 37 Ivi, p. 121. 34 35

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os fatos ligados ao dia-a-dia da protagonista e o desabamento definitivo do nazifascismo, com a conquista das maiores cidades do norte da Itália, como Bolonha, Parma, Mântua, Gênova, Verona, Milão: No dia 25 tudo continuava igual no meu jardim. Mas tudo havia mudado para Mantova. […] No dia 27 as cortinas tingiam de rosa as paredes do meu quarto, margaridas pintalgavam a grama debaixo das árvores frutíferas em flor, os lagos eram três espelhos ao sol. Em Turim libertada ainda se ouviam tiroteios. Na localidade de Giulino de Mezzegra, perto de Como, Mussolini era descoberto pelos partisans disfarçado com um uniforme alemão, em um comboio que tentava alcançar a Suíça. Com ele, sua amante Clara Petacci e 12 membros do seu gabinete. Todos foram fuzilados38.

O bombardeamento, que destruiu um acampamento de soldados alemães da SS próximo do chalé em que se hospedou a família Colasanti por vários meses, em 1945, é descrito como se fizesse parte das cenas de um filme, em que as imagens escorrem em câmara lenta, prolongando o momento em que as bombas despencam do céu sobre as casas. E tudo parece distante, como se visto em um écran: «As bombas caem devagar. Não sei como é possível, com aquele peso. Mas caem lentas ou eu as vi caindo lentas, bem lentas. E sobre a minha cabeça, vindo na minha direção. Não era a mim que elas queriam, não era aquela família deitada no mato o alvo de tanta munição»39. Dicotômica é também a dupla perspectiva com a qual a história é vista e interpretada, fato que causará muito sofrimento à menina, quando, já no Brasil, perceberá que a imagem heróica que tinha dos soldados italianos é oposta a que tinham as crianças brasileiras, para as quais os italianos eram «sentimentais e covardes»40: «Essa nova visão pareceu-me inaceitável»41, ela comenta. O estranhamento, que já existia na Itália, criado pelas contínuas mudanças de casa e cidades e reforçado pelo isolamento, certamente terá se acentuado no Brasil. Mesmo na Itália, no entanto, mesmo no seio dessa família há justaIvi, pp. 164-165. Ivi, p. 160. 40 Ivi, p. 104. 41 Ibid. 38 39

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posição de perspectivas e posições políticas contrárias, que coexistem. Terminada a guerra, conquistado o norte do país pelos aliados, a garotinha festeja feliz sem perceber que nem todos viviam aquele momento como uma libertação: «Dancei sozinha aquele dia, sem me dar conta de que ao fim de uma guerra só o vencedor dança. E os vencedores não éramos nós. Acabrunhados, ainda assim meus pais não me pediram para parar»42. Como podemos observar, nem em um momento que se preanuncia ainda mais problemático, sobretudo para o pai da autora, os adultos rompem com o encantamento infantil, que protege da violência ao redor. Se foi poupado, no entanto, pelo menos em parte, às duas crianças o contato direto com o que estava ocorrendo no país, serve à adulta recuperar os pontos soltos desse tecido que é parte da sua vida, serve a ela unir os pólos, aproximar universos culturais, cruzar perspectivas e línguas, recuperar a singeleza daquela criança antiga, que não teve culpa de ter nascido e vivido os primeiros anos do seu percurso dentro do inferno. É pela indeterminação no modo como a realidade foi percebida tantos anos atrás que a autora tem necessidade de recuperá-la e de revivê-la, através de viagens e peregrinações aos locais que foram cenários dos tantos fatos, assim como de testemunhos, de fotografias e de qualquer outro elemento útil para a reconstrução desse passado. Ela afirma: «Só mais de 50 anos depois eu saberia a verdadeira história dessa retirada»43. E ainda: «Tampouco percebíamos a gravidade do momento. Ou talvez percebêssemos, mas os momentos graves haviam-se tornado tão corriqueiros, que já não sabíamos avaliar o peso de uns e outros»44. Todo o esforço da narradora está em reconstruir e recompor integralmente o tempo e a história. Nesse sentido, embora não haja divisões por tópicos ou capítulos no livro, podemos dizer que ele tem dois momentos, o primeiro dedicado à viagem na memória, individual e coletiva, e ao reencontro com uma menina que ficou na Itália e a segunda parte, dedicada à tentativa de junção de dois tempos e espaços: o passado e o presente, a Itália e o Brasil, a língua italiana e o português, a literatura e a vida. Ivi, p. 171. Ivi, p. 50. 44 Ivi, p. 69. 42 43

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No segundo momento do livro, em que prevalece o presente, não é mais a autora que desenrola o fio dessa memória, mas é o passado que assoma, é a dor antes não vivida que abre passagens e emerge, é a consciência da violência sofrida por tantas pessoas, muitas das quais percorreram trechos de vida com ela, que incomoda. É nessa segunda parte que emergem personagens fundamentais do passado, como Myrian Giambiagi, Dianella Salvadori e, sobretudo, Gina, companheira e cúmplice das aventuras infantis. É pelos olhos e pelas experiências dessas figuras, sobretudo de Gina, tantos anos depois, que a protagonista toca com mãos a ferocidade daquele conflito. Minha guerra alheia é um livro que pode ser lido e apreciado por diferentes motivos. É precioso, por exemplo, para quem deseja conhecer melhor a Itália. A autora faz transitar, da cultura italiana para a brasileira, aspectos característicos desse país, adaptando modos de dizer e informando sobre usos e costumes, que são muitas vezes desconhecidos pelos brasileiros. Nesse pendor, direi quase antropológico, da obra, muitos termos que indicam elementos da realidade italiana, alguns dos quais não têm correspondentes na brasileira, aparecem diretamente na língua original, como ‘trebbiatura’, ‘affettati’, ‘coppe’, ‘cappone’, ‘pasta’, ‘cortile’, ‘madia’, ‘casotto’, ‘lungomare’, ‘moscone’, ‘centro storico’, ‘ripostiglio’. E ainda: «Toda vez que vou à Toscana vejo a casa de Gina repetida nas tantas casas quase iguais daquela ‘campagna’45; «Os ‘aliscafi’ são pontuais»46; «ali adiante está o Duomo (a Sé)»47: «como para tantas outras coisas, para isso também havia um ‘surrogato’»48; «Brincando com as ‘crocerossine’ que faziam parte do pequeno exército de chumbo do meu irmão, eu já tinha uma imagem para o meu devir»49; «Entramos em uma rua tranquila bordejada de ‘villini’ – pequenas vilas»50, etc. Alguns desses vocábulos indicam aspectos e realidades que já não existem mais na Itália de hoje. Assim, se parte desse mundo é desconhecido pelos brasileiros, o mesmo se dá com os italianos, sobretudo os Ivi, p. 62. Ivi, p. 77. 47 Ivi, p. 79. 48 Ivi, p. 86. 49 Ivi, pp. 97-98. 50 Ivi, p. 118. 45 46

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mais jovens, já que a Itália mudou radicalmente depois da guerra. Campos, ‘ville’ e ‘pinete’ cederam lugar à prédios e periferias anônimos que modificaram completamente a paisagem interna e o litoral de tantas regiões. E as festas de meio verão, feitas em ocasião das colheitas de trigo, que reuniam ao redor de uma mesa farta os proprietários e os camponeses, hoje são encenadas como folclore ou, em muitos casos, como espetáculos turísticos. É todo um mundo que desapareceu e que, aqui, retorna através da literatura. A autora também traduz toda uma vivência de uma língua na outra, num trabalho interessante de aproximação entre os dois idiomas, como evidenciei em artigo anterior51. Em Minha guerra alheia, as duas línguas se roçam, dando origem quase a uma terceira língua, poética, que coliga as duas margens de uma geografia íntima. Se há, no entanto, interpenetração entre os dois códigos, o italiano tem o poder de descerrar muitas portas da memória: «Albavilla se concretiza de repente no imponente salão do Instituto trazida pelas nossas lembranças comuns, pelo nosso falar italiano»52. Não terá sido justamente esse encontro, ou algum outro, vivido em italiano, tantos anos depois dos fatos narrados no livro, a provocar a urgência da viagem ao passado e à infância? O idioma italiano funciona, de fato, como um novelo que se vai desenrolando e que descerra dimensões novas ou apenas esquecidas ou mesmo removidas, necessárias para completar o quadro desse universo que a protagonista do livro obstinadamente recupera: «E com os nomes vieram lembranças vistas com outros olhos através dos quais me vi»53. É tal a força com que se convoca o passado nesse livro que figuras nítidas e vivas dele emergem, improvisa e urgentemente: «uma página do passado que eu havia evocado durante um ano inteiro estava de repente no meu computador, viva, palpitante. E eu toda palpitava com ela»54. Os objetos remanescentes desse tempo, e as palavras e a língua que os designam, adquirem novo sentido, remetem às raízes de uma pátria imaginária: «Essa palavra, ascari, sempre habitou minha vida, mais do «Passagera in transito: la poesia di Marina Colasanti», in «Fili d’aquilone», 15 [2009] (www.filid’aquilone.it). 52 M. Colasanti, Minha guerra alheia, cit., p. 173. 53 Ivi, p. 214. 54 Ibid. 51

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que apenas como palavra, como algo quase íntimo, palpável, que imediatamente me remete à África familiar»55. Alguns desses objetos, assim como o código linguístico afetivo adquirido na infância mais remota, salvos desse furioso errar por cidades e continentes, revelam e estabelecem «um diálogo intenso e silencioso, contato com o começo distante, reconhecimento»56. Em Minha guerra alheia, escrito em português e dirigido aos leitores brasileiros, a narradora exerce, portanto, também o papel de mediadora cultural, embora não seja simples traduzir uma realidade na outra e captar todas as nuanças. Veja-se a dificuldade em definir exatamente o raro matiz das grandes e antigas casas rurais da região toscana: E a cor. Se eu tivesse que fazê-la na palheta, sei bem que tintas misturaria. Mas misturar palavras para alcançar uma cor é bem mais complicado. Eu poderia dizer cor de telha, porém as telhas são pobres em comparação, e o tempo as escurece com mofo e musgos. Se disser cor de carne, o sangue escorre manchando a imagem. Dizer vermelho de veneza ou terra de siena seria pedante. Então digo romã madura, cor muitas vezes lavada, desbotada pelo tempo que coça as costas contra as paredes57.

Marina lança pontes entre os dois países, informa sobre usos, tradições e valores próprios do universo italiano (ver pp. 17 e 18), traduz canções e ditados populares que fazem parte do repertório desse país, esclarecendo o contesto e o momento histórico em que estão inseridos (Ivi, p. 18). Informa também sobre peculiaridades da língua e da cultura italianas: «Não havia mulheres na força policial daquele tempo, eu fazia a concordância instintivamente com o final de ‘guardia’, que em italiano denota o feminino»58; «Os italianos não são grandes comedores de arroz, um ‘risotto’ de vez em quando faz parte, mas não mais do que isso»59; «Para os italianos, a vida é impensável sem pão, vinho e salada»60; «Talvez o Ivi, p. 23. Ivi, p. 23. 57 Ivi, p. 64. 58 Ivi, p. 35. 59 Ivi, p. 82. 60 Ivi, p. 124. 55 56

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italiano seja a única língua que tem uma palavra para designar tudo o que não é pão mas que com pão se come, ‘companatico’»61, etc. Embutidos no texto, há modos de dizer típicos da fala italiana, como «a cerejinha coroando a torta»62, adaptação da expressão ‘la ciliegina sulla torta’ (que indica que o melhor vem por último); «o frio abaixava a guarda…»63, de ‘abbassare la guardia’ (que, referida ao frio, pode ser traduzida por ‘alentar a intensidade e o rigor’); «na primeira volta»64, em lugar de ‘na primeira vez’; «governanta»65, ao invés do mais comum em português ‘governante’. Ao evocar momentos e lugares sugestivos, por outro lado, a autora evita termos italianos que, segundo ela, são menos aderentes às atmosferas delicadas que tenta descrever: «Digo papelotes embora na Itália não se fizessem com papel, porque a palavra bigudi me parece azeda demais para os delicados rolinhos moldados no dedo e presos com grampos»66. A narradora afirma que «a travessia entre dois países e duas vidas» foi feita, como «a idade me impunha, de olhos fechados»67. E acrescenta, falando sobre a infância na Itália: «A vida tinha um lado só, e era bom»68. Podemos dizer que exatamente aqui, nessas precisas palavras, esteja a melhor chave interpretativa da viagem narrada no livro. A mesma travessia, desta vez ao contrário, do Brasil à Itália, é realizada, porém agora de olhos bem abertos. É como se a autora retornasse ao passado e emprestasse à menina os seus olhos. A escritora reconstrói o seu percurso de migrante, por casas, cidades e países. A precariedade é o fio condutor de toda uma existência, juntamente com a percepção da vida como passageira (não é casual o título de um dos seus mais belos livros, Passageira em trânsito, que foi vencedor do Prêmio Jabuti em 2010). Já na abertura de Minha guerra alheia, narrando seus primeiros anos de vida, Marina afirma: «Parece apenas uma Ivi, p. 256. Ivi, p. 74. 63 Ivi, p. 162. 64 Ivi, p. 39. 65 Ivi, p. 53. 66 Ivi, p. 106. 67 Ivi, p. 273. 68 Ivi, p. 266. 61 62

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situação, era mais do que isso, o estabelecer-se do modelo familiar. Seria sempre assim, a vida em suspenso, a caminho, nômade»69. A obra se conclui com uma página do diário da garota de dez anos, um texto aberto ao futuro e à nova vida no Brasil e que aponta para a estrutura circular da narrativa, em que o ontem e o hoje se unem. Certamente esse não é um livro sobre a história de grandes heróis, não há páginas aventurosas de guerreiros e combatentes, não há medalhas no peito de generais. Trata-se, aqui, da história de uma criança, que atravessou a noite e dela emergiu intacta. Não são tantos que o conseguem70.

Ivi, p. 14. Outros textos de Marina Colasanti consultados no âmbito do presente trabalho são: Fino sangue, Rio de Janeiro, Editora Record, 2005; Gargantas abertas, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1998; Passageira em trânsito, Rio de Janeiro, Editora Record, 2009; Rota de colisão, Rio de Janeiro, Editora Rocco, 1993. 69 70

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Silvano Peloso, «O poeta é um fingidor»: paradosso e modernità, 10.4458/3659-01 Sonia Netto Salomão, Tradução e recepção de Machado de Assis na Itália: a função dos paratextos, 10.4458/3659-02 Giorgio de Marchis, 3 Fados di José Régio, 10.4458/3659-03 Simone Celani, Dall’Italia al Portogallo all’Italia: tradizione e traduzione del sonetto portoghese, 10.4458/3659-04 Mariagrazia Russo, La lingua portoghese di fine Cinquecento: relazioni di viaggio della nunziatura apostolica come fonte socio-linguistica, 10.4458/3659-05 Gian Luigi De Rosa, Segmentazione e costruzioni marcate nel parlato filmico brasiliano contemporaneo, 10.4458/3659-06 Barbara Gori, Cristianesimo e Cattolicesimo: “L’incontro” di Antero de Quental con San Francesco di Assisi, 10.4458/3659-07 Federico Bertolazzi, Il nome delle cose. Tradurre Sophia de Mello Breyner Andresen, 10.4458/3659-08 Michela Graziani, Nel silenzio della pietra, l’antico. Viaggio estetico-filosofico nell’Italia sacra e pagana di Cecília Meireles, 10.4458/3659-09 Cristina Rosa, L’Italia per Nísia Floresta: una viaggiatrice brasiliana del XIX secolo, 10.4458/3659-10 Vera Lúcia de Oliveira, Histórias para ninar uma menina: uma leitura do livro Minha guerra alheia, de Marina Colasanti, 10.4458/3659-11 Giovanni Ricciardi, Ricordo di Jorge Amado nel 1 centenario della nascita, 10.4458/3659-12

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