[Incidental gallbladder carcinoma]

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Dipartimento di Chirurgia Generale 2 (Dir. Dr. Federico Martin) Chirurgia 2 (Prim. Dr. Federico Martin) Ospedale Regionale Via Lorenz Boehler, 5 I39100 Bolzano – BZ

Il carcinoma incidentale della colecisti (Incidental Gallbladder Carcinoma)

Antonio Frena, MD, PhD Peter Marinello, MD Giuseppe La Guardia, MD Federico Martin, MD

Autore responsabile per la corrispondenza: Dr. Antonio Frena Tel 0471 908 471 Fax 0471 908 905 [email protected] [email protected]

Riassunto Scopo dello studio: si definisce incidentale il carcinoma scoperto all’esame istologico della colecisti dopo colecistectomia (IGC). E’ un evento abbastanza raro, tuttavia l’incremento delle colecistectomie ha comportato un aumento del riscontro di IGC. Istologicamente si tratta, nella maggior parte dei casi, di carcinomi pT1 e pT2. Sino ai primi anni ’90 si riteneva che questi carcinomi fossero adeguatamente trattati con la colecistectomia semplice, mentre attualmente il trattamento di scelta comporta un secondo intervento. Materiali e metodi: questo studio prende in considerazione un periodo di 20 anni: la base di partenza è costituita da 3012 colecistectomie. La sopravvivenza è calcolata in relazione all’evoluzione del trattamento chirurgico cercando una correlazione tra staging, sopravvivenza e tipo d’intervento. Risultati: il riscontro di IGC è stato pari allo 0.66%. Le percentuali di sopravvivenza dei pazienti operati di extended cholecistectomy rispetto a quelli operati di colecistectomia semplice sono state rispettivamente del 100% e del 92% a 1 anno e del 66% e 26% a 5 anni. Conclusioni: i contributi della letteratura comparsi a partire dagli anni ’90 hanno spinto i chirurghi epato-biliari a modificare il loro atteggiamento nei confronti dell’IGC. Il riscontro di microinfilitrazioni della sierosa, prima misconosciute, e del coinvolgimento neoplastico di stazioni linfonodali distanti, hanno permesso l’introduzione del concetto di colecistectomia estesa. Il confronto tra la nostra curva di sopravvivenza storica dei pazienti trattati con colecistectomia semplice e la curva di quelli trattati con un secondo intervento di radicalizzazione, decisamente migliori,

rende ragione dell’evoluzione del trattamento chirurgico avvenuta in questi due decenni.

Parole chiave carcinoma colecistico incidentale, cancro colecistico, colecistectomia estesa, resezione epatica

Summary Aim of the study: carcinoma detected at histological examination of the gallbladder is defined as incidental (IGC). It is a fairly rare event, but the increase in the number of cholecystectomies performed has led to a rise of IGC detected. Histologically, in most cases, these are pT1 and pT2 carcinomas. Up until the ‘nineties it was believed that these carcinomas could be adequately treated by simple cholecystectomy, whereas today the treatment of choice entails a second operation. Materials and Methods: this study constitutes a review of 20 years’ experience: the database consists of 3012 cholecystectomies. Survival data are calculated in relation to the evolution of surgical treatment, thus making it possible to correlate tumour staging, patient survival and surgical therapy. Results: the incidence of IGC was about 0.66% (20 cases). The survival rates of patients operated on by extended cholecystectomy, compared with those achieved previously with simple cholecystectomy, have risen from 92% to 100% at 1 year and from 26% to 66% at 5 years, respectively. Conclusions: the contributions made by literature reports since the ‘nineties have prompted hepatobiliary surgeons to modify their attitudes towards IGC. Detection of previously unrecognised microinfiltrations of the serosa and of neoplastic involvement of distant lymph-node stations has led to the introduction of the concept of extended cholecystectomy. Comparison between our historical survival curve of patients treated with simple cholecystectomy and the distinctly better curve of those treated with a radical second operation accounts for the evolution of surgical treatment over the past two decades.

Key-words Incidental Gallbladder Carcinoma, Gallbladder Cancer, Extended Cholecistectomy, Liver Resection

Introduzione Il carcinoma incidentale della colecisti, cioè il carcinoma scoperto soltanto all’esame istologico del pezzo operatorio, costituisce un’entità nosologica in costante accrescimento1. La frequenza riportata in letteratura varia tra lo 0,2 ed il 2,0% delle colecistectomie effettuate per presunta patologia benigna2. Al suo costante incremento negli ultimi 20 anni hanno sicuramente contribuito l’introduzione e la diffusione della colecistectomia laparoscopica3. Questo carcinoma, non riconoscibile macroscopicamente nel corso dell’intervento di colecistectomia, corrisponde quindi istologicamente ad una neoplasia di piccole dimensioni, con grado d’infiltrazione limitato al tessuto connettivo perimuscolare, senza superamento della sierosa (pT1 o pT2). La terapia di questa neoplasia occulta ha subito un’evoluzione nel corso degli anni e l’ampiezza dell’intervento di radicalizzazione rimane tuttora materia controversa1,4. Il nostro studio si propone di valutare le modifiche di strategia chirurgica intervenute nell’ultimo decennio ed il loro impatto favorevole sulla prognosi della neoplasia.

Pazienti e metodi Nel periodo gennaio 1984 - dicembre 2005 3012 pazienti sono stati operati di colecistectomia presso il Dipartimento di Chirurgia Generale dell’Ospedale Regionale di Bolzano. In 20 di questi pazienti (5 uomini e 15 donne; età media 66 anni, estremi da 48 a 94) l’esame anatomo-patologico della colecisti ha permesso il riscontro di un carcinoma incidentale (0,66%). L’indicazione all’intervento di colecistectomia era stata posta in tutti e venti i pazienti per malattia benigna (12 casi per colecistolitiasi ed 8 casi per colecistite acuta litiasica). Il sintomo predominante in tutti i pazienti era stato il dolore. La colecistectomia è rimasta l’unico intervento in 17 pazienti; negli altri 3 pazienti è stato effettuato un secondo intervento di radicalizzazione, consisitito nella resezione dei segmenti epatici 5 e 4b e nella linfadenectomia del legamento epato-duodenale. Il follow-up medio di questi 20 pazienti è stato di 41 mesi (5-198 mesi). L’estensione tumorale è stata analizzata secondo la classificazione TNM dell’American Joint Committee on Cancer (Tab. I). La sopravvivenza è stata calcolata secondo il metodo di Kaplan-Meyer.

Risultati Il referto istologico ha deposto in 18 casi per adenocarcinoma (G1: 3 casi, G2: 8 casi, G3: 7 casi) ed in due casi per adenocarcinoma papillare. La profondità dell’infiltrazione è stata di tipo pT1a in 2 casi, di tipo pT1b in 2 casi e di tipo pT2 in 16 casi (Tab. II). Nei 4 pazienti pT1 l’intervento di colecistectomia è stato considerato esaustivo. Nei 16 pazienti pT2 la strategia chirurgica è variata nel corso degli anni: nei 13 casi compresi tra il 1984 ed il 1995 il trattamento si è ritenuto concluso con la semplice colecistectomia, mentre i 3 casi occorsi nell’ultimo decennio sono stati sottoposti ad un secondo intervento di radicalizzazione (resezione dei segmenti epatici 5 e 4b con linfadenectomia del legamento epato-duodenale): questo ha comportato in 2 pazienti la conferma dell’infiltrazione pT2 ed in un paziente il passaggio al grado pT3. Il coinvolgimento linfonodale è stato ovviamente di tipo Nx nei 4 pazienti pT1 e nei primi 13 pazienti pT2, mentre nei tre pazienti rioperati si è ottenuta una stadiazione N0 in un caso, N1 in un caso ed N2 in un caso. In nessun paziente erano presenti metastasi a distanza (M0). Non si sono verificate complicanze significative nel postoperatorio in tutti e 20 i pazienti. Non c’è stata mortalità operatoria. Nessun paziente è stato sottoposto a chemioterapia adiuvante postoperatoria né a radioterapia.

Discussione Il cancro colecistico, una delle neoplasie con prognosi peggiore in ambito oncologico digestivo5,

presenta

maggiori

possibilità

curative

quando

viene

scoperto

incidentalmente, quando cioè la sua presenza viene rilevata per caso all’esame istologico della colecisti1,6,7. Questo perché l’estensione della neoplasia è generalmente assai limitata, inferiore anche a quella degli early gallbladder cancer, la cui diagnosi avviene per definizione preoperatoriamente8. Il carcinoma incidentale ha mostrato un certo incremento negli ultimi anni a causa dell’aumento del numero di colecistectomie effettuate1: tale incremento, dovuto all’ampia diffusione delle metodiche laparoscopiche, è quantificabile in Italia nell’ordine del 25% in più negli ultimi 20 anni9. La frequenza complessiva, laparotomica e laparoscopica, desunta dai dati della letteratura, si aggira comunque intorno allo 0,2-2,0% delle colecistectomie1. Nonostante che nel caso del carcinoma incidentale l’infiltrazione della neoplasia si limiti agli strati più superficiali della parete colecistica (pT1-pT2) e che per lungo tempo la colecistectomia semplice venisse quindi considerata il trattamento più adeguato in questi pazienti, da oltre un decennio l’estensione della resezione è diventata argomento controverso1,4. Questo perché le diffferenze, anche minime, della profondità dell’infiltrazione si sono rivelate come il fattore più affidabile nel determinare la prognosi dopo chirurgia6. Studi anatomo-patologici, condotti su preparati di colecistectomie allargate per early gallbladder cancer, hanno dimostrato che nei tumori pT2 la colecistectomia semplice non poteva essere più considerata un intervento radicale per due motivi: la possibilità di una microinfiltrazione tumorale della sierosa, evidente nel 15% delle colecisti analizzate (con passaggio quindi da pT2 a pT3), ed il riscontro di un frequente (50%) interessamento linfonodale epatoduodenale (da Nx a pN1)10,11,12,13. Si imponeva quindi una modifica della strategia

terapeutica che venne realizzata con l’introduzione di un secondo intervento di radicalizzazione, da effettuarsi entro breve tempo (nella nostra esperienza tra 2 e 4 settimane) e che permettesse di porre rimedio alla colecistectomia pT2 Nx: nacque e si affermò quindi il concetto di “extended cholecistectomy” o colecistectomia estesa5,14,15, operazione comprendente la resezione dei segmenti epatici 5 e 4b, la linfadenectomia del legamento epato-duodenale (N1) e del margine pancreaticoduodenale superiore (N2), la resezione dei siti d’accesso addominale in caso di colecistectomia laparoscopica4,15 e la resezione della via biliare principale in caso di tumori infundibolari o del dotto cistico15,16,17. I dati della letteratura dopo l’introduzione della colecistectomia estesa riportano miglioramenti della sopravvivenza sino al 100% a 5 anni, mentre prima erano attorno al 20%4,14,15,17,18. Rimangono aperti alcuni problemi legati ad alcune variabili non omogenee: le complicanze legate alla metodica laparoscopica (seeding a distanza dovuto agli strumenti, pari al 10-20%; spillage di bile dalla colecisti, presente nel 25-35% dei casi)1,4; l’insorgenza della neoplasia dal dotto cistico. A questo proposito bisogna segnalare quanto riferito in alcuni report anatomo-patologici, nei quali il carcinoma del cistico viene interpretato come un’entità nosologica a sé stante, a prognosi peggiore, caratterizzata da una precoce invasione del legamento epato-duodenale attraverso meccanismi di infiltrazione perineurale19. Nell’ambito dei carcinomi pT2 comunque anche l’analisi della nostra esperienza conferma l’efficacia della variazione strategica che ha portato a ritenere la colecistectomia semplice un mero intervento palliativo20: la sopravvivenza nei pazienti operati di colecistectomia estesa in due tempi rispetto a quelli operati di colecistectomia pT2 Nx (Tab.) è passata da 76% a un anno e 26% a cinque anni a 100% e 67% rispettivamente (Fig.1).

La peculiarità delle neoplasie di grado pT1 è invece una profondità di infiltrazione ancora minore, limitata alla mucosa (pT1a) o allo strato muscolare (pT1b). Vi è un generale accordo sul fatto che la semplice colecistectomia resti il trattamento di scelta per i carcinomi incidentali pT1a: in letteratura sono riportate sopravvivenze prossime al 100% sia a 5 che a 10 anni per questi gruppi di pazienti21,22. Nei carcinomi incidentali pT1b, ritenuti sino a pochi anni fa adeguatamente trattati con la colecistectomia4, l’atteggiamento è invece mutato grazie a un processo simile a quello intervenuto per i carcinomi pT2: attualmente la maggioranza degli autori ritiene che ai fini della radicalità sia necessario un secondo intervento di completamento, del tutto analogo alla colecistectomia estesa8. L’unica piccola differenza consiste nel fatto che la resezione dei segmenti 5-4b può essere limitata ad una più modesta resezione del letto colecistico con profondità sino a 2 cm. Anche questa modifica terapeutica deriva dall’analisi retrospettiva di casistiche collettive che hanno evidenziato una miglior sopravvivenza dei pazienti con neoplasia pT1b trattata con intervento allargato: ciò è motivato dal riscontro di un interessamento linfonodale nel 16% dei casi e dalla conseguente elevata frequenza di recidiva entro 5 anni (sino al 60%)1,6,8. L’analogia di comportamento tra tumori pT1b e pT2 è alla base della proposta, avanzata nel 2002 in India, di una modifica della stadiazione TNM per ottenere lo spostamento dei tumori pT1b nell’ambito della classe pT28. Va tuttavia segnalato che le neoplasie pT1b insorte sul versante viscerale della colecisti potrebbero esssere escluse dal secondo intervento di allargamento a causa del differente tipo di drenaggio linfatico rispetto a quelle ad insorgenza sul versante epatico. In conclusione, il trattamento e la prognosi del cancro incidentale della colecisti dipendono attualmente dal tipo di infiltrazione (T) della stadiazione TNM8,12. Solo per

i carcinomi pT1a la colecistectomia semplice è rimasta il trattamento esaustivo; per i carcinomi pT1b e pT2 si rende necessario realizzare un secondo intervento, detto di radicalizzazione, che comprende la resezione del parenchima epatico e la linfadenectomia regionale. I risultati di sopravvivenza a distanza nei carcinomi incidentali trattati secondo questi principi sono molto soddisfacenti. Se l’intervento di colecistectomia è condotto con metodica laparoscopica bisogna tuttavia tener conto di un peggioramento prognostico quantificabile attorno al 20%7,23,24.

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Didascalie Fig. 1: Sopravvivenza sec. Kaplan-Meyer dei pazienti operati di colecistectomia T2 NX vs. i pazienti operati di colecistectomia estesa in due tempi.

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