Intervista-raymundo-sesma

August 20, 2017 | Autor: Emilio Dal Bo | Categoria: Architecture, Contemporary Art, Landscape Architecture, Mexico
Share Embed


Descrição do Produto

Intervista a Raymundo Sesma. Una riflessione sull’arte e sull’uomo percorrendo la sua carriera artistica. Il colore ristabilisce l’armonia e conferisce identità ai luoghi, la prospettiva e la pittura giocano in un senso continuo del movimento formando architetture dinamiche e poli-angolari, l’arte esce dai musei per riempire le strade e la vita delle persone, vecchi ruderi appartenenti ad un passato vicino ma già inutile diventano sculture vive e contemporanee. Tutto questo convive nell’arte sociale e terapeutica di Raymundo Sesma; concreto e instancabile utopista con un passato accademico e professionale importante a Milano. Emilio Dal Bo: Prima di addentrarci nel labirintico mondo delle tue prospettive architettoniche e cromatiche, vorresti parlarci delle tue origini accademiche? In che modo nasce il tuo personalissimo intuito artistico? Raymundo Sesma: In Messico ho frequentato l’Universidad de la América di Belle Arti di Puebla, la mia città natale, dove ho potuto approcciarmi alla pittura, al disegno, alla storia dell’arte. Terminato il percorso universitario, nel 1980, ancora ragazzo sono venuto in Italia per studiare a Brera scultura e incisione. Un’esperienza fondamentale, superata solamente dal privilegio di poter lavorare nell’atelier di incisione e colore di Giorgio Upliglio a Milano. All’epoca era uno degli atelier più illustri d’Europa, con cui lavoravano gli artisti internazionali più importanti come Tapies, Calder, Miró, De Chirico, Jasper Jones, Alechinsky, Mimmo Paladino. Qui ho imparato a costruire il colore dalla materia grezza, come il vasaio crea anfore bellissime dalla terra. Ma ho anche avuto la fortuna di entrare in contatto con moltissimi designer e architetti italiani, tanto da pensare, in quegli anni giovanili, che sarei diventato pittore anziché architetto. EDB: Il fatto sorprendente è che la tua attività artistica sia diventata negli anni la perfetta congiunzione delle due arti. Una pittura architettonica, un’architettura dipinta. Hai avuto altre influenze importanti? RS: L’altra attività che mi ha influenzato moltissimo, anche nel dare una direzione più definita alla mia opera, è stato il teatro. Mi ha permesso di costruirmi un’autobiografia, di capire di fossi, e quindi di instaurare una profonda connessione con l’altro rispetto a me. Da qui deriva la mia costante propensione verso un’arte sociale, che consegni allo spettatore un ruolo sempre attivo. EDB: La propensione di cui parli è sorta durante il tuo percorso artistico o fin dal principio? RS: Fin dal principio. Nel ’94, quando tornai in Messico, ebbi l’occasione di lavorare nella piccola cittadina di Tecali de Herrera, distante 24 km da Puebla. La cittadina era caratterizzata da una dignitosa architettura franciscana del XVII secolo e da una lunga tradizione artigiana. Ma era soprattutto afflitta da una emigrazione impressionante del 40% all’anno. Stava morendo. Ho voluto pensare a qualcosa che ridesse ai cittadini l’orgoglio di vivere a Tecali: l’artigianato, e una nuova identità cromatica cittadina. Gli artigiani locali erano abili, ma si dedicavano alla produzione di oggetti privi di valore, che degradavano le loro capacità. Così convinsi alcuni designers a regalare

alla comunità progetti di loro ideazione, che poi feci produrre dalle mani sapienti degli artigiani di Tecali. Poi mi concentrai sulla riqualificazione cromatica dei quartieri, intervendo su architetture dismesse, conferendo loro nuova dignità e facendole diventare nuovi punti di riferimento cittadini. I risultati furono eccellenti. L’Associazione culturale Advento fondata nella cittadina 19 anni fa è ancora attiva e fiorente, e il tasso di emigrazione è drasticamente diminuito. EDB: Cosa intendi esattamente per riqualificazione cromatica? RS: Intendo il servirsi del colore per interventi pubblici non solo a livello estetico, ma anche terapeutico, poetico e funzionale. Sono convinto che il colore possa contribuire fortemente a risolvere il senso di disorientamento e la perdita di identità contemporanei. Le città crescono sempre di più; hanno perso il loro centro. I nuovi punti di riferimento, cinema - centri commerciali - grattacieli, sono identici in tutto il mondo, sottraendo all’individuo le referenze identitarie e geografiche. C’è una disgregazione sensoriale e psicologica, poiché manca il senso di appartenenza ad una cultura, ad una tradizione. Allora il colore può contribuire a restituire un senso di appartenenza, ad una città o ad un quartiere. Pensiamo agli stemmi delle contrade di Siena: hanno costruito un collante interiore vivissimo ancora oggi, nonostante gli ovvi mutamenti che la città ha subito. Inoltre l’utilizzo del colore ci riavvicina alla natura là dove il cemento l’ha seppellita. La natura è un’esplosione di colore, ed è fondamentale per l’uomo mantenere un dialogo vivo con essa. Il colore ci permette di ricostruire artificialmente quel dialogo che le città hanno perduto. EDB: Campo Expandido è il nome del tuo progetto più importante, che oggi conta più di 40 interventi nel mondo. Cosa significa? RS: È vero, mi ha accompagnato in tutta la mia carriera. Significa andare oltre lo stabilito. È un’espansione che parte dallo stabilito per superarlo. Oltre, nel regno dell’inesplorato, non ci sono regole, esistono solo possibilità che sono in grado di scardinare le costrizioni mentali a cui siamo soggetti. I miei interventi destano scalpore là dove il giorno prima vi erano solo ruderi su cui parcheggiare la nostra vista annoiata. Oggi invece leggo la meraviglia negli occhi delle persone che osservano le mie opere. EDB: La cosiddetta poli-angolarità riveste un ruolo principale nel sortire questo effetto? RS: Certamente! Strutturo le mie prospettive in modo da trasformare l’opera a seconda del punto da cui la si guarda. Così posso creare architetture dinamiche, in cui il punto di vista dello spettatore è determinante, e l’opera è continuamente personale e multiforme. EDB: Sei un ricercatore costante di nuovi limiti: che direzione sta prendendo la tua attività artistica oggi? RS: Studio moltissima filosofia, per legare il mio lavoro al pensiero filosofico, e di riflesso per riportare il dibattito filosofico ad un livello collettivo. E studio molta critica d’arte, per far collimare la mia opera con quello che io definisco il “cordone ombelicale dell’arte”. Senz’altro il mio lavoro si lega al passato, ma in un senso

evolutivo. Vado dal passato al presente, non dal presente al passato. Lavoro per fare in modo che l’arte esca sempre più dagli edifici dove oggi è rinchiusa, per allagare la città con la sua ventata purificatrice. Lavoro affinché le città diventino laboratori a cielo aperto in cui sperimentare nuovi modi di pensare e di stabilire un rapporto con il mondo delle idee, in cui l’individuo e la comunità possano muoversi intellettualmente all’interno di quell’ombra che è l’età moderna.

Raymundo Sesma (www.raymundosesma.com) è un artista multimediale messicano che dal 1980 vive e lavora tra Città del Messico e Milano. Fondatore dell’Associazione Advento, negli ultimi 5 anni ha operato per integrare l’arte con l’azione di designer, architetti, paesaggiasti e altri attori nell’ambito dell’arte pubblica. I suoi lavori sono presenti in prestigiose collezioni internazionali, dal MOMA di New York al Victoria and Albert Museum di Londra, dal Musée d’Art Modern di Parigi al National Museum of Modern Art di Tokyo, al Museo de Arte Moderno di Città del Messico, alla Fundaçao Calouste Gulbenkian di Lisbona.

Lihat lebih banyak...

Comentários

Copyright © 2017 DADOSPDF Inc.