M. Heidegger e il tempo: kairós e/o carpe diem?

July 15, 2017 | Autor: Consuelo Panichi | Categoria: Martin Heidegger, Heidegger, Filosofía, Fenomenología, Fenomenologia Della Religione
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PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA FACOLTÀ DI FILOSOFIA ANNO ACCADEMICO 2014-2015 ———————————————————————

CONSUELO PANICHI (161967)

M. HEIDEGGER E IL TEMPO: KAIRÓS E/O CARPE DIEM?

DIRETTORE: STEFANO BANCALARI

Roma 2015

INTRODUZIONE

L’obiettivo che mi propongo con questo lavoro nasce da una mia esigenza: riflettere sul “tempo”. Da sempre, infatti, la concezione del tempo e le sue varie interpretazioni, esplicitate da pensatori di tutte le epoche storiche, suscitano in me molto interesse. Si può ben capire, tuttavia, che non sarebbe stato adeguato proporre in questo breve lavoro - sia per mancanza di competenze dell’autrice sia per i limiti stabiliti da chi richiede questo elaborato - una riflessione sul “tempo”. Ho ritenuto opportuno, perciò, restringere il campo d’indagine incentrando la mia attenzione su una riflessione che il filosofo Martin Heidegger, uno dei massimi pensatori contemporanei, propone in uno dei corsi friburghesi del 1920/21 nominato Introduzione alla fenomenologia della religione. Ci sono pervenute, di questo corso invernale, soltanto alcune trascrizioni di appunti - prodotte non dal pensatore, ma dai suoi ascoltatori - che in seguito sono state raccolte in un volume intitolato dai curatori italiani Fenomenologia della vita religiosa. Proponendo questa direzione mi sono concentrata su qualcosa che rientra nel mio interesse, ma non lo esaurisce: non tratterò il “tempo”, ma una riflessione, a esso attinente, proposta durante un corso accademico. E’ evidente che questo breve elaborato non pretende di analizzare in modo esaustivo la questione sul “tempo” in Heidegger; giacché tale problema è stato largamente affrontato dal pensatore negli anni successivi al 1921 ed elaborato in un’intera opera - Essere e tempo – che in questo lavoro non sarà presa in esame. Prenderò in considerazione, quindi, solo un aspetto della proposta del Nostro; una parte delle trascrizioni sopra nominate, dove M. Heidegger affronta la concezione paolina del tempo. Paolo, infatti, scrivendo alle comunità di Tessalonica e Corinto parla esplicitando due opportunità differenti per vivere il tempo - di kairós e chronos («Περὶ δὲ τῶν χρόνων καὶ τῶν καιρῶν»); termini che verranno ripresi e commentati dal pensatore contemporaneo per esemplificare due modalità differenti di vivere.

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In primo luogo chiarirò cosa intendesse Paolo con i termini kairós e chronos e, in secondo, perché interessasse al pensatore M. Heidegger riprendere questa distinzione paolina. Infine risponderò a una domanda che continuo a formulare a me stessa da quando ho letto con più attenzione Introduzione alla fenomenologia della religione: la nozione paolina di kairós, così come Heidegger la interpreta, può essere confrontata con quanto espresso da Orazio nel primo libro delle Odi al verso undici, cioè al concetto del carpe diem oppure ciò deve essere assolutamente escluso? Volendo sintetizzare questo mio interrogativo si potrebbe ricorrere al titolo e domandarsi: kairós e/o carpe diem?

1. Contestualizzazione del testo Per arrivare a capire come affiori il concetto del kairós nella riflessione heideggeriana del 1920/21 è necessario spendere alcune parole per contestualizzare, nell’intero testo che riporta le riflessioni, i passi che tratteremo. Per tal ragione prendiamo brevemente in esame Introduzione alla fenomenologia della religione. Questo non è altro che una raccolta di trascrizioni di appunti su un corso tenuto da M. Heidegger a Friburgo nel semestre invernale del 1920/21. Probabilmente il pensatore, durante questo corso, si propose di introdurre i suoi studenti al modus operandi del fenomenologo. Prova di questa volontà - cioè quella di proporre una propedeutica alla fenomenologia e una riflessione su alcune tematiche fenomenologiche come l’atteggiamento della scienza, la fatticità della vita, la storicità - è quella che noi potremmo definire l’introduzione metodologica proposta da Heidegger nella prima parte del corso. Tuttavia, apparentemente, l’intento del pensatore venne meno, poiché «come testimoniato da alcuni documenti inediti, il corso in questione ha una particolarità, vale a dire quella di essere un cosiddetto cursus interruptus»1. Tale interruzione deriva da cause meramente contingenti: pare che alcuni studenti – che avevano scelto quel corso per studiare la filosofia della religione – rimasero scontenti al punto da costringere Heidegger a cambiare bruscamente programma. Il concetto sul quale rifletteremo - ovvero il kairós confrontato al chronos - emerse tardivamente, proprio dopo questo cambio di programma. Egli, infatti, pur non accogliendo positivamente2 le lamentele degli studenti scelse di offrire una lettura filosofica dell’epistolario paolino, durante la quale, trovandosi a commentare le lettere indirizzate ai Corinzi e ai Tessalonicesi, si chiese come considerare il dire dell’Apostolo sul tempo; proprio qui propone la riflessione sul kairós e sul chronos. Detto ciò, è necessario tenere sempre presente tale 1

G. Fedini, Necessità del tempo. Note sull’interpretazione heideggeriana di San Paolo, Padova 2003, p.63. 2 Si evince chiaramente, secondo la trascrizione ufficiale del corso, l’irritazione del professor M. Heidegger. Egli afferma: «La filosofia, così come io la concepisco, è in difficoltà. Chi frequenta altri corsi è assicurato fin da principio: in un corso di storia dell’arte può vedere quadri, in altri impara per lo meno qualcosa ai fini dell’esame. In filosofia le cose stanno diversamente, e io non ci posso far nulla, dato che non sono stato io ad inventarla. Desidero tuttavia salvarmi da tale calamità. Interrompo quindi queste considerazioni così astratte, e dalla prossima ora vi parlerò di storia. Senza soffermarmi ulteriormente sull’impostazione e sul metodo, prenderò le mosse da un fenomeno concreto determinato, anche se, per quanto mi riguarda, presumo che possiate fraintendere dall’inizio alla fine tutte le mie considerazioni». M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p. 63-64.

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bipartizione del corso (causata dal cambio di programma), sicché anche quando il pensatore propose la riflessione sull’epistolario non fece altro che prendere ad esempio Paolo per render concreto quel metodo fenomenologico che inizialmente intendeva insegnare in un modo forse più teoretico. E’ da ricordare, dunque, quando parleremo del tempo paolino, che Heidegger rifletté con sguardo fenomenologico sugli scritti dell’Apostolo e che tale riflessione sul tempo si inserisce in questo quadro posto in evidenza3. Avendo presentato il contesto in cui nasce la riflessione di questi due concetti che tenteremo di spiegarci (quello di kairós e di chronos), è ora indispensabile fare riferimento ad alcuni cenni biografici dell’autore, affinché evinca la costante attenzione che egli ebbe per la concezione del tempo. Infatti, la riflessione che Heidegger propose sul concetto paolino di tempo non fu assolutamente divergente dal suo interesse4. Si può notare, a tal proposito, come egli, sin dal 1915, nella sua lezione di prova per conseguire la libera docenza, presentò un’argomentazione avente come telos il mostrare lo sviluppo del concetto di tempo nella scienza della storia5.Tale lezione di docenza potrebbe essere intesa, oggi, come l’inizio dell’intera speculazione filosofica heideggeriana afferma la temporalità come fondamento ontologico dell’esserci (l’uomo). Un’altra prova dell’interessamento del pensatore per il tempo è la sua opera pubblicata nel 1927 in Germania con il titolo Sein und Zeit. Questa rappresenta, forse, il culmine del percorso speculativo sul “tempo”; Heidegger, infatti, in quest’opera sostiene che l’essere si fa presente nella storia, dunque nel tempo e nello spazio, grazie all’ente per eccellenza: il Dasein6. Inoltre, vi è un ulteriore nota biografica che ostenta la continua ricerca che il pensatore sviluppa nel divenire sul “tempo”: egli collaborò con il pensatore Edmund Husserl per la rivista la coscienza interiore nel tempo.

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Egli stesso sostiene che fornirà una propedeutica al comprendere fenomenologico e non farà né esegesi né un’analisi storica né una meditazione religiosa. Cfr. M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p. 105. 4 «In questi tentativi giovanili si può rilevare come siano presenti in germe i temi che Heidegger svolgerà in seguito, fino a Essere e tempo». A. Molinaro, «Heidegger e San Paolo», in A. Molinaro, ed., Heidegger e San Paolo. Interpretazione fenomenologica dell’Epistolario paolino, Città del Vaticano 2008, p. 9. 5 Cfr. H. Ott, Martin Heidegger: sentieri biografici, Milano, 1988, p. 80. 6 Poiché in questa contestualizzazione si voleva semplicemente mostrare le fil rouge presente nel pensiero heideggeriano per quanto concerne il “tempo” e proporre un breve accenno all’intero corso del 1920/21, non ci si è soffermati approfonditamente sull’opera Essere e tempo. A riguardo: M. Heidegger, Essere e tempo, Milano 2009 e A. Fabris, Essere e tempo di Heidegger: introduzione alla lettura, Urbino 2012.

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Dunque riassumiamo ora in punti questa premessa generale al lavoro per poi procedere al suo cuore: (a) bisogna pensare i concetti in esame inseriti in un contesto più ampio che è quello di un corso nel quale doveva essere sviluppato un discorso sulla filosofia della religione; (b) Heidegger non intendeva fare della filosofia della religione ma della propedeutica alla fenomenologia e invece fu costretto a “mascherare” il suo intento, nella seconda parte del corso, proponendo così una lettura fenomenologica dell’epistolario paolino; (c) anche se al pensatore non fu concesso di conseguire il suo fine ultimo, tuttavia la lettura del tempo paolino, che egli propose, non fu lontana da uno dei suoi interessi primari e ciò lo si è dedotto ripercorrendo la vita del filosofo.

2. Vivere il kairós: condizione del vero cristiano Dopo aver proposto alcune premesse generali al lavoro che stiamo svolgendo, ora tenteremo di scendere un po’ più nel dettaglio. Come si è detto, Heidegger affrontò la concezione del “tempo” proposta da Paolo, ma su quali testi basa la sua interpretazione? Egli, durante il corso, affrontò in particolar modo due lettere paoline dalle quali poté prendere spunto per ricostruire il concetto paolino di tempo: la Prima lettera ai Tessalonicesi e la Lettera ai Corinzi. Detto ciò ci si aspetterebbe di procedere direttamente con l’analisi di alcuni passi particolari - riportati dallo stesso pensatore – di tali lettere. Lasciamoci guidare da Heidegger: tenteremo di mostrare il comportamento da tenere, affinché ci si possa sentire verosimilmente studenti del Professore e accogliere la pre-comprensione proposta da questo. Il primo atteggiamento7 da assumere è il porsi al fianco di Paolo, non sostituendosi a lui, ma facendosi compagni di questo8. Ponendosi con l’Apostolo nell’atto di scrivere le lettere in questione si possono cogliere, infatti, alcune sfumature essenziali che concedono di afferrare e di intendere autenticamente le parole di Paolo sul “tempo”. Si può comprendere, per esempio, come tali lettere insistano sull’appartenenza dei Tessalonicesi all’Apostolo (lo stesso vale per i Corinzi, tuttavia Heidegger pone l’attenzione su i primi citati); ciò, ad avviso del Professore, risulta così evidente da fargli dichiarare che «nella natura della comunità è 7

Questo termine, nell’intero corso friburghese dal quale noi stiamo ricavando il concetto di “tempo”, assume un significato particolare: esso è indice dell’erroneo porsi della scienza. Ciò evince in particolar modo nelle trascrizioni pervenuteci sulla parte metodologica. Per quanto riguarda Paolo il termine più adatto da utilizzare sarebbe comportamento o attuazione, tuttavia in questo lavoro i termini saranno utilizzati senza distinzione, né con accezioni positive né negative, poiché non dovendo neanche accennare alla questione della scienza, non si ritiene necessario distinguere. 8 Cfr. M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p. 127.

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contenuto anche lo stesso Paolo. I Tessalonicesi sono tali da essergli toccati in sorte. In loro egli co-esperisce necessariamente anche se stesso».9 Data l’evidenza di questo legame indissolubile tra i Tessalonicesi e Paolo, ci si potrebbe domandare – ed è una domanda che il pensatore si pone e alla quale egli risponde - quale sia stato il motivo di tale unione. Dalle parole di Heidegger, è chiaro che sia stato un evento, un accadimento la causa di tutto: «un medesimo Gewordensein (ghenesthai), cioè un medesimo esserdivenuti» 10 che li ha posti sullo stesso piano, sulla stessa via e ha reso possibile il dialogo. Tuttavia, secondo il pensatore, l’esser-divenuti dei Tessalonicesi non è la sola condizione di possibilità, ma vi è anche un certo sapere di esser-divenuti. Entrando solo per poche righe nel dettaglio cogliamo il dinamismo e la profondità del pensiero heideggeriano. Secondo il pensatore vi sono in particolare due verbi all’interno della lettera ai Tessalonicesi che danno senso all’intero percorso proposto: γενέσθαι 11 e ειδέναι12. Questi due verbi indicano proprio le due condizioni di possibilità proprie della conversione, pietra d’angolo del legame tra Paolo e la comunità di Tessalonica. Senza la presenza di questi due movimenti non vi potrebbe essere né tanta intimità tra le comunità e Paolo né il dialogo profondo nel quale i Tessalonicesi e i Corinzi sono coinvolti dall’Apostolo.

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M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p.133. G. Fedini, Necessità del tempo. Note sull’interpretazione heideggeriana di San Paolo, Padova 2003, p.100. 11 Per non sviare dalla questione sul “tempo” paolino si riporta in nota una chiarificazione del pensatore M. Heidegger sull’esser-divenuti: «l’esser-divenuti è inteso nel senso che accogliendo ciò che va accolto si entra in una interazione con Dio. […] Ciò che è accolto riguarda il “come” del comportarsi nella vita effettiva» (M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p. 135). Ciò significa che, stando a quanto dice il pensatore, l’esser-divenuti cristiani coinvolge totalmente la vita effettiva, la quotidianità e la trasforma. Viene richiesto a colui che si converte un cambio di direzione; l’esser-divenuti deve essere ricordato di volta in volta, di attimo in attimo (cfr. G. Giustozzi, La riabilitazione del “ciarlatano”. Heidegger lettore di San Paolo, Fermo 2005, p. 78-79). 12 Si intende chiarire ulteriormente anche questo secondo termine in esame: «Esso non è né un ricordo né un sapere che si riferisce ad un avvenimento ormai trascorso, ma nasce direttamente dal contesto situazionale che costituisce la Lebenserfahrung cristiana. Ciò che Heidegger vuole qui intendere è che l’esplicazione dell’esser-divenuti è un compito speciale, che non può essere affrontato in termini meramente teoretici, quasi si desse separazione tra sapere e fattualità, ma al contrario ad ogni forma di fatticità si accompagna in maniera reciproca un sapere che la concerne». G. Fedini, Necessità del tempo. Note sull’interpretazione heideggeriana di San Paolo, Padova 2003, p.101. 10

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Solo ora, avendo assunto il giusto comportamento e avendo colto alcune sfumature, ci è possibile accogliere il concetto paolino di tempo. Nella Prima Lettera ai Tessalonicesi Paolo è chiamato a rispondere a due domande poste dalla comunità: quale sia la sorte dei defunti che non potranno esser presenti quando arriverà la parusia 13 e quando si manifesterà il ritorno di Cristo. Per quanto ci riguarda, è interessante notare la risposta dell’Apostolo al secondo interrogativo. Infatti, come si può notare, la domanda dei Tessalonicesi coinvolge sia la parusia14 che la questione temporale; essi, infatti, vogliono sapere il «quando» della parusia. Paolo a una tale richiesta risponde in un modo che sembrerebbe non dire nulla: «Περὶ δὲ τῶν χρόνων καὶ τῶν καιρῶν, ἀδελφοί, οὐ χρείαν ἔχετε ὑμῖν γράφεσθαι, αὐτοὶ γὰρ ἀκριβῶς οἴδατε ὅτιἡμέρα κυρίου ὡς κλέπτης ἐν νυκτὶ οὕτως ἔρχεται.»15 Egli sostiene di non dover rispondere sul «quando», poiché la domanda non può essere trattata in termini meramente temporali (questo termine è da cogliere nell’accezione cronologica16) come confermano le affermazioni: «non avete bisogno che ve ne scriva», «sapete bene». Proprio qui si impianta la riflessione heideggeriana: il pensatore, infatti, fa notare come l’Apostolo rimandi la comunità a se stessa; le chieda di assumere la consapevolezza dell’esser-divenuti, quella consapevolezza che poco sopra abbiamo chiamato, con Heidegger, eidenai. Paolo, quindi, non può e non vuole rispondere sul «quando» perché vi è un problema insito nella stessa domanda: i Tessalonicesi intendono la speranza cristiana come un modo, pari ad altri, di attendere qualcosa che avverrà in futuro, mentre Paolo chiede loro di ricordare che la conversione li chiama costantemente a vivere il tempo in maniera differente. Essi sono-divenuti e questo li dovrebbe condurre a vivere pienamente ogni istante della vita, sapendo che il Signore giunge «come un ladro di notte». Egli, dunque, non risponde «attraverso un calcolo cronologico del tempo che ancora manca all’avvento del giorno del Signore, piuttosto egli si limita ad ammaestrare sul modo in 13

Cfr. 1 Ts 4, 13-18. Nelle epistole paoline il termine è usato sia con significato profano per indicare la presenza o l’arrivo di qualcuno (cfr. 2Cor 10,10; 1Cor 16,17), sia con significato religioso a proposito dell’avvento di Cristo (cfr. [oltre i passi da noi presi in esame] Fil 1,16; 1Cor 15,23). Cfr. Dizionario enciclopedico della Bibbia, Roma 1995, p. 995-999. 15 1 Ts 5, 1-2: «1Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; 2infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte». 16 Cfr. P. Philippson, «Il concetto greco di tempo nelle parole aion, chronos, kairós, eniatos», in Mario del Pra, ed., Rivista di storia della filosofia, IV f. I, Milano 1940, p. 85-94. 14

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cui va vissuta l’attesa e sostenuta l’angustia del tempo della fine»17. Paolo tenta di curare il «come» della vita dei Tessalonicesi; questa è la vocazione al quale è chiamato. Perciò, ad avviso del Professore, Paolo chiede ai Tessalonicesi di ripensare la parusia e di comprendere veramente cosa sia insito in tale termine; esso «va ripensato “nel contesto dell’attuazione dell’intera vita cristiana”, facendo cioè riferimento alla figura di esperienza attivata dall’attesa escatologica»18. I Tessalonicesi interrogando l’Apostolo non capiscono che in realtà l’attesa che è proposta loro dalla conversione è un’operosità costante nella vita ordinaria e non un aspettare passivamente qualcosa che arriverà in un tempo non precisato. Heidegger articola quanto detto dichiarando: La struttura della speranza cristiana, che in verità è il senso del riferimento nei confronti della parusia, è radicalmente diversa da ogni attesa . […] Nella misura in cui è concepito nel senso di un tempo ‘obiettivo’ conforme all’atteggiamento, il ‘quando’ è già pensato in modo non originario e, in effetti, Paolo non dice ‘quando’, perché tale espressione è inadeguata a ciò che va espresso, è insufficiente.19

Dunque il «quando» richiesto dai Tessalonicesi nella risposta di Paolo viene completamente subordinato e assorbito dal «come» della vita cristiana. 20 Heidegger, facendo un’analisi dell’espressione «Περὶ δὲ τῶν χρόνων καὶ τῶν καιρῶν», sottolinea come l’Apostolo intenda il «quando» come kairós21, mentre per i Tessalonicesi il «quando» assumeva un senso cronologico. Con le parole di Gianfilippo Giustozzi si potrebbe affermare che Il “quando” (da S. Paolo) viene inteso, piuttosto, come kairós, “attimo”, accadimento non definibile in base a procedure di calcolo del prima e del poi, ma in riferimento a ciò che il gergo heideggeriano chiama il “come”, vale a dire il modo con cui l’esistenza decide di se stessa, e sulla base di tale

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S. Gorgone, Il tempo che viene. Martin Heidegger dal kairós all’ereignis, Napoli 2005, p. 59. 18 G. Giustozzi, La riabilitazione del “ciarlatano”. Heidegger lettore di San Paolo, Fermo 2005, p. 85. 19 M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p. 143 20 Cfr. S. Gorgone, Il tempo che viene. Martin Heidegger dal kairós all’ereignis, Napoli 2005, p. 60-61. 21 Per ulteriori informazioni sul termine: G. Delling, «Kairós nel Nuovo Testamento», Grande lessico del Nuovo Testamento, IV, Brescia 1968, 1376-1390. P. Philippson, «Il concetto greco di tempo nelle parole aion, chronos, kairos, eniatos», in MARIO DEL PRA, ed., Rivista di storia della filosofia, IV f. I, Milano, 1949.

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decidersi struttura la temporalizzazione della propria vita e determina la costruzione della storia.22

Per il Professore tedesco, Paolo chiede ai Tessalonicesi di vivere un “tempo rubato”23, un tempo che anticipa, che sfasa il tempo cronologico; senza però essere mai scisso da esso24. Si potrebbe dire che questi due modi di intendere il tempo siano come due facce di un’unica medaglia; ognuna di essa è necessaria affinché vi sia il concetto di tempo. Tuttavia solo pensando a un tempo kairologico si può concepire un vivere autentico e costante della parusia, poiché è l’esistere di tutti i giorni che permette al cristiano, agli abitanti di Tessalonica che domandano, di vivere la venuta di Cristo. «Il tempo dipende dalla modalità dell’esistere, il tempo è questa stessa modalità. […] La venuta è la decisione che dipende dal modo dell’esistere». 25 Secondo l’interpretazione di Heidegger, dunque, la predicazione di Paolo sarebbe proprio l’appello a vivere un tempo che ricorda (passato), anticipa (futuro) ed è in atto (presente) simultaneamente nella vita effettiva. Un altro indizio che confermerebbe la tesi del Nostro, per quanto concerne il messaggio e la risposta che Paolo vuole dare sul «quando» della parusia, si ricaverebbe dalla Prima lettera ai Corinzi 7, 29-32 26 . Il Professore in una breve analisi di questi passi si sofferma in particolar modo sull’espressione «καιρὸς συνεσταλμένος» che traduce - con spirito alquanto creativo – come temporalità concentrata o anche con ancorasoltanto27; volendo così evidenziare come per l’Apostolo vi fosse una reale esigenza di annunciare questo nuovo modo di vivere la vita e, con essa, anche il tempo. 22

G. Giustozzi, La riabilitazione del “ciarlatano”. Heidegger lettore di San Paolo, Fermo 2005, p. 87. 23 Cfr. S. Gorgone, Il tempo che viene. Martin Heidegger dal kairós all’ereignis, Napoli 2005, p. 77 nota n. 135. 24 L’indivisibilità di questi due modi di intendere il tempo era già chiara ad alcuni pensatori come Ippocrate e Agamben. Cfr. G. Agamben, il tempo che resta, p. 63 e G. Gorgone, Il tempo che viene. Martin Heidegger dal kairós all’ereignis, Napoli 2005, p. 81. 25 G. Fedini, Necessità del tempo. Note sull’interpretazione heideggeriana di San Paolo, Padova 2003, p. 129. 26 29 « Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; 30quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; 31 quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo! 32Io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore». 27 Cfr. M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p. 162.

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Le trascrizioni del corso riportano così le parole del pensatore: Resta ancora soltanto poco tempo, il cristiano vive nell’ “ancora-soltanto” che accresce la sua angustia. La temporalità concreta è costituita dalla religione cristiana: un’ “ancora-soltanto”; non c’è tempo per rimandare.28

Così, con tale dire, Paolo ai Corinzi li esorta a vivere un tempo non lineare; a vivere di kairós: di attimi. Solo approvando questo nuovo stile che chiede di decidersi sul «come» del tempo, secondo l’interpretazione heideggeriana delle lettere paoline, il cristiano potrà vivere autenticamente. Deve avvenire nella vita del cristiano, che ricerca l’autenticità, un tempo nel quale egli prende la decisione di stravolgere tutta la sua esistenza. Da quel giorno in poi vivrà gli “attimi” e non il tempo.

3. Perché kairós e/o carpe diem? Dopo aver spiegato cosa il pensatore M. Heidegger intendesse comunicare con il termine kairós, nella seconda parte del corso Introduzione alla fenomenologia della religione, vorrei tornare alla domanda con la quale ho concluso l’introduzione e che dà il titolo a questo elaborato: kairós e/o carpe diem? Dopo aver letto alcuni libri come Esercizi spirituali e filosofia antica di P. Hadot, Hadot e Foucault nello specchio dei greci di Moreno Molinari e altri ancora, mi sono domandata se in realtà la proposta heideggeriana ricavata da Paolo sul «come» del “tempo” - non rientrasse, anche solo lontanamente, in un modo particolare di intendere la filosofia e la vita. Ho iniziato a pensare che ciò che affascinava il Nostro dell’annuncio paolino fosse, più di qualunque altra cosa, il modo dell’Apostolo di guardare e vivere la vita; modo che è riconducibile a quello dell’antichità29. Per comprendere alcuni aspetti dell’antichità ci viene in soccorso uno dei massimi pensatori contemporanei: Pierre Hadot. Egli, in uno dei suoi libri, mostra come in realtà l’insegnamento delle scuole elleniche e romane 28

M. Heidegger, Fenomenologia della vita religiosa, Milano 2003, p. 162. Per quanto riguarda il pensiero heideggeriano sull’antichità, in particolar modo sulla grecità, si può tenere presente quanto A. Molinaro sostiene sulla deellenizzazione proposta dal Nostro. Lo scrittore afferma, inoltre, che questo tema è largamente trattato da F-.W. Von Herrmann durante una conferenza del 7 novembre 2006 alla Pontificia Università Lateranense. Il discorso del professore è stato pubblicato da A. Molinaro e in questo lavoro si è pensato di menzionarlo tra la bibliografia. Per quanto concerne il pensiero di Molinaro: cfr. A. Molinaro, «Heidegger e San Paolo», in A. Molinaro, ed., Heidegger e San Paolo. Interpretazione fenomenologica dell’Epistolario paolino, Città del Vaticano 2008, p. 13-15. Tuttavia è da tenere presente che probabilmente questo lavoro non è totalmente conforme a quanto Molinaro e F.-W. Herrmann sostengono. 29

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mirassero a favorire la trasformazione dei propri discepoli, poiché la filosofia veniva considerata una conversione, trasformazione della maniera di essere e del modo di vivere, ricerca della saggezza. 30 In Esercizi spirituali e filosofia antica Hadot scrive esplicitamente che è molto facile osservare tale modus nelle scuole epicuree e stoiche. Infatti, il pensiero stoico considerava la propria filosofia come un esercizio spirituale e non un insegnamento di una teoria astratta o un’esegesi di testi; essa era un’arte di vivere, un atteggiamento concreto in uno stile di vita determinato che impegnava tutta l’esistenza.31 Scrive Pierre Hadot: Nello stoicismo, come nell’epicureismo, filosofare è un atto continuo, un atto permanente, che si identifica con la vita, un atto che occorre rinnovare a ogni istante 32 . La filosofia, quindi, è un esercizio di ogni istante; invita a concentrarsi su ogni istante della vita, a prendere coscienza del valore infinito di ogni momento presente.33

Si potrebbe dire che nell’antichità ogni scuola aveva costituito un metodo terapeutico proprio che differiva dagli altri – poco fa abbiamo accennato a quello epicureo e stoico - ma tutte erano accomunate nel considerare la propria terapia come una trasformazione profonda della maniera di vedere e di essere individuo, sicché si poteva osservare in tutte l’invito dei maestri a considerare la propria esistenza come un palestra spirituale.34 E’ proprio in questo panorama che ci è chiesto di considerare l’invito di Orazio al carpe diem (egli infatti era uno dei fautori di questo modo di intendere la filosofia). Celebri sono i versi dell’undicesimo componimento del primo libro delle Odi: Non domandare, Leuconoe - non è dato sapere – che destino gli dei hanno assegnato a me e a te, né consulta gli oroscopi. Com’è meglio tollerare ciò che sarà, sia che Giove ci abbia dato ancora tanti inverni sia che questo, che sfianca il mar Tirreno con rocce di pomice, sia l’ultimo: sii assennata, purifica il vino e recidi la duratura speranza, ché la vita è breve. Mentre parliamo, se ne va il tempo geloso: strappa l’attimo, e non fidarti per nulla del domani.

Il poeta invita a cogliere l’attimo. Sicuramente il senso di questo “cogliere l’attimo” è profondamente diverso dall’invito di Paolo al 30

Cfr. M. Molinari, Hadot e Foucault nello specchio dei greci, Milano-Udine 2009,

p.11. 31

Cfr. P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 2005, p. 31. P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 2005, p. 159. 33 P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 2005, p. 164-165. 34 P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 2005, p. 32. 32

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M. HEIDEGGER E IL TEMPO: KAIRÓS E/O CARPE DIEM?

kairós o all’invito heideggeriano a un vivere che sia effettivo e non teorico; tuttavia si possono notare alcuni aspetti in comune e, a mio avviso, uno di questi è proprio il modo di intendere la vita. Sia l’Apostolo che M. Heidegger che Orazio (prendendo, sulla base dell’analisi di P. Hadot, questo poeta come esempio per riportare la forma mentis dell’intera antichità) vedono il loro vivere come un atto e non come un fatto. Quando Paolo richiama le comunità all’operosità e a vivere un tempo anticipato è perché capisce che questo è un kairós; una possibilità che è data ora, in un istante ben determinato e definito e non verrà più dato in seguito. La vita del cristiano alla quale richiama i Tessalonicesi è un costante esercizio spirituale. Si potrebbe quasi dire che Paolo e Heidegger provochino alla vita come esercizio; lo stesso che era consigliato da Orazio e dalle scuole dell’antichità. Sulla base di questo breve accenno, alla domanda “kairós e/o carpe diem?” io risponderei in due modi: kairós e carpe diem quando si intende, con questa congiunzione coordinante, confrontare, a un livello teoretico, due modi differenti di applicare gli esercizi spirituali proposti dall’antichità, affinché emergano divergenze e punti in comune; mentre kairós o carpe diem quando, a un livello esistenziale, si è chiamati a scegliere una tra le varie “terapie” effettive; infatti come non si poteva scegliere di essere epicurei e stoici simultaneamente, così non si potrebbe accogliere contemporaneamente la filosofia oraziana con la proposta cristiana apportata da Paolo e riconsiderata fenomenicamente da Heidegger. Fa che il tuo esistere sia di attimi rubati, cogli gli istanti, convertiti costantemente e trasforma te stesso; il quando non ti è dato saperlo. Lui arriverà come un ladro nella notte. Questo ti è chiesto di fare, perché più importante della temporalità e il kairós, la possibilità.

CONCLUSIONE

In questo elaborato spero di aver affrontato il tema heideggeriano in un modo serio e accademico; poiché questo era il mio intento primario. Volevo, infatti, mettere in luce la riflessione proposta da M. Heidegger sulla concezione paolina di “tempo”. Ho voluto tuttavia non limitarmi a un commento del testo – nonostante questo possa risultare di per sé già abbastanza complesso – ma aggiungere, proporre qualcosa di più personale. Per tal ragione ho voluto inserire l’ultimo paragrafo che a grandi linee cerca di confrontare il carpe diem oraziano con il kairós paolino. Mi rendo conto che la trattazione è molto limitata, ma ritengo che anche solo un accenno possa arricchire di significato la mia proposta e aprire nuove eventuali strade di riflessioni.

BIBLIOGRAFIA

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M. HEIDEGGER E IL TEMPO: KAIRÓS E/O CARPE DIEM?

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INDICE

INTRODUZIONE .................................................................................................. 3 1. Contestualizzazione del testo ............................................................................. 5 2. Vivere il kairós: condizione del vero cristiano .................................................. 7 3. Perché kairós e/o carpe diem? .......................................................................... 12 CONCLUSIONE .................................................................................................. 15 BIBLIOGRAFIA .................................................................................................. 17 INDICE ................................................................................................................. 19

 

Dichiarazione di originalità del testo

Io sottoscritta CONSUELO PANICHI matricola n° 161967 iscritta al 2° anno presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana, nel consegnare l'Elaborato ¹ per il Baccellierato dal titolo: M. HEIDEGGER E IL TEMPO: KAIRÓS E/O CARPE DIEM? Dichiaro di essere l’autrice dell’intero testo finale e che tale testo non è stato consegnato, né in toto né in parte, per il conseguimento di un altro Titolo accademico o Diploma in qualsiasi Università o Istituto universitario. Dichiaro  espressamente  di  non  aver  trasgredito  alcuna  delle  Norme  di  etica  universitaria  della  Pontificia  Università Gregoriana nella stesura del suddetto testo, specialmente le norme relative al plagio (Art 1, §6),  che sono da me conosciute.  Dichiaro  inoltre  sotto  la  mia  personale  responsabilità,  consapevole  delle  sanzioni  penali  previste  dalle  leggi  vigenti, che  il  file  di  testo  contenuto  nel  CD  consegnato  unitamente  al  presente  esemplare,  corrisponde esattamente allo stesso.  Dichiaro infine di essere a conoscenza delle sanzioni previste in caso di plagio e di falsa dichiarazione. 

In fede ________________________________________

Firma dell’impiegato di segreteria che riceve il testo  _____________________________________________ 

¹ Indicare Elaborato se si è iscritti al Primo Ciclo o al Diploma, Tesi se si è iscritti al Secondo Ciclo o al Master, Dissertazione se si è iscritti al Terzo Ciclo

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