Manicheismo, Brescia 2015, pp. 192 (16 plates).

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ISSN 2282-5479

Andrea Piras La religione manichea, dal nome del suo fondatore Mani, vissuto nel III secolo d.C., è estinta da diversi secoli. Ma una certa sua fama è rimasta, nell’etichetta di “manicheo” che viene applicata, semplicisticamente, a qualsiasi intransigente voglia dividere senza sfumature il bianco dal nero, la luce dal buio. Ciò corrisponde, in parte, alla verità di un messaggio nato per distinguere e separare la Luce e la Tenebra, l’anima divina prigioniera nella materia: nel mondo come dentro il cuore dell’uomo, esortato a svegliarsi, illuminato da una gnosi di consapevolezza e di azione, che nei comandamenti di rinuncia e di ascesi realizza una separazione della sua parte più luminosa da quella più istintuale, liberandosi e salvandosi. Ispirato dal suo angelo Gemello, Mani proclamò con fervore missionario la sua parola di vita, tradotta in più lingue, dal Mediterraneo alla Cina, e illustrata con miniature policrome di una raffinata arte pittorica e libraria che lo rese noto anche ai suoi detrattori.

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Manicheismo

Manicheismo Piras

Andrea Piras è docente di Filologia e storia religiosa dell’Iran all’Università di Bologna. Si occupa di testi zoroastriani e manichei, e di fenomeni di contatto tra mondo iranico, ellenico, centro-asiatico e mesopotamico. Tra le sue pubblicazioni: Ha-do-xt Nask II. Il racconto zoroastriano della sorte dell’anima (2000); Verba Lucis. Scrittura, immagine e libro nel manicheismo (Mimesis, 2012). Per la Fondazione Lorenzo Valla ha curato, con G. Gnoli, Il Manicheismo (voll. I-III, 2003-2008).

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