Microcredito e turismo responsabile

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Microcredito e turismo responsabile Nel mio incontro con il microcredito, essendo la mia formazione notevolmente distante dal mondo della finanza e dell'economia, mi è risultato spontaneo stabilire delle connessioni con le mie precedenti conoscenze, e, soprattutto, con gli interessi maturati in questi ultimi anni, non solo legati allo studio delle lingue e culture straniere, ma anche alla passione per il turismo e per forme alternative di consumo. In quest'ottica, alla luce delle riflessioni provocate dal corso svolto, mi sono soffermata sul concetto di turismo responsabile, riconoscendo in esso potenzialità ancora maggiori di quante già non ne avessi riscontrate, se attuato con una determinata metodologia e cognizione di causa. Questo elaborato intende quindi soffermarsi sulle potenzialità del turismo responsabile e sulle possibili connessioni di quest'ultimo con il microcredito e, più in generale, con la cooperazione allo sviluppo. 1. Il turismo responsabile come strumento di sviluppo L' AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile) definisce il turismo responsabile come “il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture. Il turismo responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio. Opera favorendo la positiva interazione tra industria del turismo, comunità locali e viaggiatori”.1 Punto focale nella definizione sopra riportata è, a mio parere, il riconoscimento della centralità della comunità locale. Questo aspetto determina un ribaltamento rispetto alla tradizionale idea di turismo, in cui è il turista ad essere posto al centro, in qualità di unico beneficiario legittimo di tale attività, mentre il paese ospitante, soprattutto se in via di sviluppo, ne subisce passivamente le conseguenze spesso negative (sfruttamento della manodopera locale per abbattere i costi e rendere l'offerta più competitiva sul mercato, deterioramento del patrimonio culturale e ambientale, ecc.). Il turismo responsabile infatti restituisce dignità alle comunità locali, riconoscendo il loro diritto ad essere coinvolte in prima persona nelle attività turistiche e contrastando così la “fuga del reddito” provocata dalla presenza sul territorio delle multinazionali occidentali2. In questo senso il turismo responsabile si rivela essere non solo un prodotto turistico innovativo, ma soprattutto un potente strumento di sviluppo con ricadute positive sia sulle comunità dei paesi più svantaggiati che sull'opinione pubblica dei paesi sviluppati. Da un punto di vista socio-economico infatti da anni si è riconosciuta a livello internazionale l'importanza del turismo nel contribuire allo sviluppo dei paesi più deboli, creando opportunità di lavoro che favoriscano le imprese locali, in contrasto quindi con le attività delle multinazionali, e contribuendo ad iniziative di tutela del patrimonio culturale e ambientale (si vedano a questo proposito documenti quali l'Agenda 21 per il turismo, il Codice etico globale per il turismo promosso dall'UNWTO nel 1999, la Carta Etica del Turismo del 1993). Per quanto riguarda invece i paesi sviluppati, il turismo responsabile si rivela essere, a mio parere, un potentissimo strumento di educazione allo sviluppo. Questo non solo perché il viaggio responsabile per essere promosso nei paesi avanzati necessita di un certo livello di appropriata formazione, ma anche perché il viaggio stesso costituisce di per sé un esperienza unica per il turista, il quale non potrà fare a meno che riportarla nel proprio paese d'origine, divenendo così lui stesso veicolo di sensibilizzazione ai temi dell'educazione allo sviluppo. In questo senso il turismo responsabile ha la potenzialità di creare un circolo virtuoso che va dall'educazione formale ad una 1 2

Definizione adottata dall'assemblea di AITR il 9 ottobre 2005 a Cervia, www.aitr.org Fenomeno che in alcuni paesi interessa fino all'80% della spesa dei turisti. Cfr. Educare al viaggio. Progetti di cooperazione e turismo delle Ong italiane, Università degli Studi della Calabria, P. Musarò, 2011.

informale, spontanea e che può potenzialmente riproporsi all'infinito. Inoltre, considerando da una parte la massificazione dell'offerta turistica e dall'altra la mercificazione dell'esperienza culturale3 data dalla crescente domanda del turista-consumatore che non si accontenta più di usufruire di beni e servizi, ma è sempre alla ricerca di esperienze uniche e indimenticabili4, il turismo responsabile si dimostra una pratica particolarmente competitiva, in quanto in grado di proporsi come prodotto turistico esperienziale con un valore aggiunto, dato dalla componente etica e solidale. Fatte tali premesse, ci soffermeremo quindi sui possibili benefici legati al binomio turismo responsabile-cooperazione allo sviluppo, con uno sguardo particolare ai risvolti positivi che questo potrebbe avere in relazione ad interventi di microcredito. A tal fine, prenderemo in considerazione, come contesto di riferimento, alcuni interventi di microcredito e di microfinanza svolte in Madagascar. La scelta di questo paese è dovuta al fatto che lì vi ho svolto un'esperienza di turismo responsabile. 2. Madagascar : quadro introduttivo Quarta isola più grande al mondo, situata ad est del Mozambico, il Madagascar è considerato dai malgasci stessi come un continente a parte rispetto all'Africa. Con una superficie pari quasi al doppio di quella italiana e una popolazione di circa 20.653.556 (secondo le stime del luglio 2010) composta in prevalenza da giovani, il Madagascar è uno dei paesi più poveri al mondo. L'Indice di sviluppo umano 2015 lo colloca al 154° posto sul totale dei 188 stati. 5 L'alfabetizzazione ha raggiunto meno del 70% della popolazione. Il 35% degli individui non ha ancora accesso in modo permanente all'acqua potabile. Solamente il 15% del territorio nazionale è coperto dal servizio dell'elettricità e molte aree rurali non hanno accesso ad alcun mezzo di informazione.6 La situazione di povertà è da attribuirsi in buona parte all'instabilità politica. Dopo la conquista dell'autonomia nazionale dalla Francia nel 1960, il paese ha sofferto il susseguirsi continuo di crisi politiche, tra cui recentemente il colpo di stato dell'ex sindaco della capitale Antananarivo, Andry Rajoelina, avvenuto nel 2009 con conseguente riduzione drastica degli aiuti internazionali. In seguito alle ultime elezioni presidenziali del dicembre 2013 e all'elezione del nuovo presidente Hery Rajaonarimampianina, le erogazioni di aiuti internazionali sono aumentate così come le entrate provenienti dall'industria turistica. L'economia del paese è basata prevalentemente sull'agricoltura di sussistenza; le principale colture sono riso, manioca, banane, caffè, vaniglia, canna da zucchero. Il settore industriale è molto ridotto e riguarda la manifattura tessile e la trasformazione dei prodotti agricoli. Il suolo è ricco di minerali e pietre preziose la cui estrazione è controllata da società straniere, prevalentemente tailandesi e cingalesi. 3. Microcredito e microfinanza in Madagascar In seguito all'esperienza della Grameen Bank in Bandgladesh, interventi di microfinanza e di group lending sono stati realizzati in molti paesi col fine di far accedere i poveri ai servizi finanziari. In Madagascar sono diverse le esperienze che sono state realizzate gestite da ONG, servizi governativi in collaborazione con l'Agricultural Development Bank, imprese agricole private o parastatali. Il primo istituto di microfinanza (MFI) in Madagascar nasce nel 1990, grazie al supporto del governo e degli aiuti della comunità internazionale 7. Ad oggi sono tre le tipologie di istituti di 3 4 5 6 7

Jeremy Rifking, L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, Oscar Mondadori, Milano, 2000. Joseph Pine-James Gilmore, L’economia delle esperienze, Etas, Milano, 2000. Human Development Report 2015, UNDP T.Chiminazzo, Kinga, Italia-Madagascar. Nuovi modelli economici, Franco Angeli, Milano, 2011. F.Gubert,F.Roubaud, The Impact of Microfinance Loans on Small Informal Entreprises in Madagascar,2011, p.5.

microfinanza presenti nel paese : - associazioni di credito cooperativo i cui servizi sono limitati esclusivamente o primariamente ai soci membri (AdéFI, AECA, TIAVO, ecc.); - ONG o associazioni le cui attività includono operazioni di credito; - istituti di credito a base clientelare (SIPEM, APEM ecc.); - banche rurali i cui membri possiedono anche una quota della banca stessa. Pur avendo caratteristiche diverse, molti degli istituti di microfinanza sopra elencati presentano tratti comuni (Tabella 1): a) programmi per il risparmio : il risparmio è un passaggio fondamentale per uscire dalla povertà; i poveri inoltre sono motivati a risparmiare al fine di premunirsi da rischi futuri; b) un approccio rivolto ai gruppi : il gruppo si è rivelato un importante strumento per permettere l'accesso al credito da parte dei non bancabili. L'appartenenza al gruppo rende i singoli membri più affidabili. Ognuno di loro infatti, consapevole che l'accesso a futuri crediti è possibile solo se quelli precedenti sono stati saldati, sarà più stimolato a rispettare le scadenze, per non perderne l'opportunità ma anche per non condizionare gli altri componenti compromettendo le proprie relazioni sociali. Inoltre l'eventualità di non poter accedere a futuri crediti, spinge i singoli componenti a monitorarsi e spronarsi a vicenda; c) crediti prevalentemente orientati alle attività produttive.

Tabella 1 : alcune caratteristiche di strutture di microfinanza in Madagascar.8

Dalla fine degli anni Novanta il settore della microfinanza è cresciuto notevolmente nel paese, raggiungendo nel 2009 crediti per un valore di 143,7 bilioni di Ariary (71,8 milioni di USD). Tuttavia, secondo le stime riportate da Gubert e Roubaud, solo il 14% della popolazione accede a programmi di microcredito e microfinanza.9 Ciò è dovuto a diversi fattori. In primo luogo, alla scarsa presenza sul territorio di istituti bancari e di microfinanza, soprattutto nelle aree rurali. Ne consegue che il mercato del credito sia dominato 8 9

Ibid., pp.24-25. Fonti : http://www.madamicrofinance.mg/resultats.htm; http://www.mixmarket.org, 10 november 2010.

da sistemi di prestito informale, (Grafico 1) concesso da familiari, vicini, contadini, mercanti o usurai, sotto forma di denaro o di beni (prevalentemente riso) con tassi di interessi variabili (spesso nulli nel caso di amici e parenti).

Grafico 1 : percentuali relative alle diverse fonti di credito utilizzate da poveri e non.

In secondo luogo, spesso le offerte di microcredito non corrispondono alle esigenze dei poveri, ovvero poiché si concedono prevalentemente crediti per l'attività produttiva, coloro che necessitano di altri tipi di finanziamento difficilmente riescono ad ottenerli. Tuttavia, come fanno notare M.Zeller e M. Sharma10, in molti casi di estrema povertà delle aree rurali, non vi è una netta distinzione tra consumo, produzione ed investimento. Laddove infatti il sostentamento è dato principalmente dalla coltivazione del riso, il credito per il consumo permette di aumentare l'apporto calorico giornaliero con una ricaduta diretta sulla forza lavoro e quindi sulla capacità produttiva. Un altro fattore rilevante riguarda le condizioni legate all'ottenimento di un credito formale e alla sua restituzione. Studi condotti dall'IFPRI mostrano come una notevole fetta di popolazione povera escluda a priori di chiedere un prestito perché non corrisponde ai profili a cui l'istituto di credito concede il prestito (piccoli agricoltori, piccoli imprenditori, in particolare donne), perché trova troppo stringenti le condizioni e i requisiti imposti oppure in quanto la somma concessa è troppo inferiore rispetto a quella richiesta. Vi sono poi coloro che volontariamente decidono di non accedere a prestiti poiché non disposti a fronteggiare i possibili rischi legati all'indebitamento (Grafico 2). Va detto inoltre che altre variabili quali la scarsa istruzione, la difficoltà ad accedere a servizi essenziali e ad un mercato hanno un notevole impatto sulla possibilità e la propensione dei poveri ad accedere al credito11. Sebbene i dati riportati nel grafico sottostante risalgano ad uno studio condotto da IFPRI nel 1998, essi ci permettono di svolgere alcune riflessioni. Innanzitutto l'elevata percentuale di poveri che volontariamente non accedono a programmi di microcredito ci riporta ad alcune delle critiche sollevate verso questo tipo di approccio, ovvero al fatto che non deve essere dato per scontato che tutti i poveri vedano nel microcredito una possibilità irrinunciabile. In questo senso è importante sottolineare, come fanno Zeller e Sharma la necessità di un'analisi approfondita del contesto socio-economico e culturale di riferimento, per comprendere le 10 M.Zeller, M. Sharma, Rural Finance and Poverty Alleviation, Food Policy Report, IFPRI, Washington, 1998, p.26. 11 Ibid., p. 14.

esigenze della popolazione, le risorse locali, i modelli occupazionali già esistenti, l'organizzazione del lavoro, le caratteristiche agroambientali. Tutto ciò al fine di evitare di fare valutazioni approssimative e di dare per scontato che la formula del microcredito di Yunus o, più in generale, interventi similari di microfinanza abbiano necessariamente ricadute positive o possano essere sostituite ad altre tipologie di interventi12.

4. Il turismo responsabile come supporto al microcredito Tenendo conto di quanto detto sopra, vorrei ora soffermarmi su una riflessione derivata dall'analisi dei limiti effettivi che il microcredito può avere e che ritengo che, in determinati contesti, potrebbero essere in parte sopperiti dalla combinazione di interventi di microcredito con il turismo responsabile. Come già accennato questa riflessione deriva dalla mia esperienza di turismo responsabile svolta in Madagascar, durante la quale sono venuta a conoscenza e ho visitato diversi progetti finanziati tramite l'agenzia da me utilizzata e anche grazie alla collaborazione di questa con una onlus italiana. Uno buona parte del tour prevedeva la visita di piccole realtà produttive, botteghe di artigiani, cooperative tessili composte da un massimo di 3 o 4 persone, situate in località difficilmente raggiungibili e che coglievano così l'occasione di poter vendere i loro prodotti. In questa dinamica entrambe le parti coinvolte trovavano beneficio: io avevo la possibilità di acquistare prodotti locali in un contesto di autenticità, soddisfacendo così le mie aspettative di turista, ma restando in linea anche con i principi etici del viaggio, in quanto consapevole di contribuire alle piccole attività dei locali; i venditori, dal canto loro, avevano la possibilità di accedere ad un mercato, uscendo temporaneamente dal loro isolamento geografico. Per illustrare meglio tali dinamiche, vorrei soffermarmi brevemente su un caso particolare, sul quale poi riflettere nell'ottica di un ipotetico intervento di microcredito. Si tratta della visita svolta al villaggio di Soatanana, situato a nord ovest della città di Fianarantsoa. Il villaggio di Soatana sorge in un'area montuosa dove la terra rossa delle montagne si alterna al verde acceso delle risaie a terrazzamenti. Per raggiungerlo è necessario percorrere per un'ora circa una strada sterrata e tortuosa. Si tratta di una zona molto isolata e poco battuta dal turismo tradizionale (la località non è infatti assolutamente citata neanche nelle migliori guide turistiche). 12 “[…] it would be unwise to conclude that the new format of the microfinance institutions such as the Grameen Bank can simply be replicated elsewhere. One lesson is becoming increasingly clear: there is no single blueprint for success.”, ibid., p. 27.

Gli abitanti stessi sono costretti a percorre 10 km a piedi per recarsi, una volta a settimana, al vicino villaggio dove si tiene il mercato, momento fondamentale della vita sociale ed economica. In questo villaggio, un gruppetto di donne ha intrapreso un'attività produttiva tipica del Madagascar, ovvero la produzione di sciarpe di seta grezza, grazie al sostegno della onlus e della cooperativa di turismo responsabile. Dopo il corso svolto, questa esperienza mi è ritornata alla mente per diversi motivi. Innanzitutto perché si tratta di un'attività imprenditoriale femminile (normalmente privilegiata dal microcredito), secondariamente perché ritengo che sia un buon esempio di come combinare fruttuosamente cooperazione allo sviluppo e turismo responsabile per agire sul territorio, valorizzandone le potenzialità interne. Tenendo sempre ben presente quanto detto sopra, ovvero che ogni contesto necessita di un'analisi socio-economica e culturale approfondita che non vi è modo ne possibilità di svolgere in questo elaborato, ritengo che il gruppo di donne del villaggio di Soatanana potrebbe, in questa fase del suo sviluppo, beneficiare di un intervento di microcredito. Un'operazione di tale entità infatti determinerebbe una serie di risvolti positivi : in primo luogo, sul lungo periodo, potrebbe costituire per le donne un'occasione per affrancarsi dalla loro dipendenza dalla onlus italiana di riferimento, promuovendole ad attori economici indipendenti, in secondo luogo, tale empowerment avrebbe un risvolto positivo anche sul loro rapporto con i turisti contribuendo a evitare che questi ultimi vivano l'esperienza del turismo responsabile dall'ottica moralistica dei benefattori che sono in grado di aiutare quanti soffrono semplicemente andando in vacanza. Di fronte ad una tale operazione, l'afflusso di turisti attraverso progetti di turismo responsabile, garantirebbe inoltre un più ampio accesso al mercato, riducendo quindi il pericolo che ad un aumento di offerta non vi sia sufficiente domanda. La combinazione di microcredito e turismo responsabile potrebbe quindi portare mutui vantaggi : da una parte l'afflusso turistico, adeguatamente gestito permetterebbe di sostenere la domanda, ampliando il mercato, laddove, soprattutto nei contesti rurali, quest'ultimo è molto limitato e di difficile accesso; dall'altra la possibilità di una maggiore autonomia economica dei microimprenditori coinvolti nella rete contrasterebbe la logica eurocentrica “benefattore” “beneficiario”, contribuendo a ridurre una visione stereotipata dei PVS e evitando che il viaggio di turismo responsabile sia vissuto impropriamente come una sorta di missione salvifica. È evidente che con tale elaborato non si aveva la pretesa di elaborare un modello di applicabilità su base scientifica, poiché innumerevoli sono i fattori da considerare, ma semplicemente di cogliere l'occasione per riflettere su alcune potenzialità che in determinati contesti e con le opportune valutazioni potrebbero trovare una applicazione.

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