Oscar Niemeyer. Cent\'anni in bilico tra Utopia e Atopia

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Alessandro Luigini

Oscar Niemeyer. Cento anni in bilico tra U-topia e A-topia

Produrre ricerca su argomenti ampiamente trattati in precedenza, come in questo caso, è molto difficile: critici, storici, vari ricercatori provenienti dai più disparati settori disciplinari, hanno scritto migliaia di pagine sull'opera di Oscar Niemeyer producendo una qualificata quanto sterminata bibliografia. A questa indubbia difficoltà se n'è aggiunta una seconda, che raramente si sovrappone alla prima: Oscar Niemeyer è ancora attivo e, nonostante il peso dei suoi oltre cento anni rallenti e limiti innegabilmente il suo lavoro, tutte le mattine scende in studio e disegna con i suoi collaboratori1. Si, disegna! Perchè Oscar Niemeyer è uno di quei Maestri che ha interpretato – e continua a interpretare – l'ambivalenza del disegno, che precede e contiene il progetto, legando segno e architettura in un unico gesto creativo. Da qui l'interesse di studiare ancora una volta la sua Opera, nonostante la sommatoria delle due oggettive difficoltà citate in precedenza – la ricerca su un'Opera

già ampiamente studiata e che, inoltre, è ancora in evoluzione, vista l'attività progettuale ancora in itinere -, per tentarne una rilettura critica con l'obiettivo di sottolineare un carattere ancora poco approfondito, con un processo per cui è fondamentale trovare una chiave di lettura in qualche misura differente da quanto visto fin qui. L'ipotesi su cui si è fondata questa ricerca è che gli edifici progettati da Niemeyer possano essere organizzati e riletti tramite un ordine non cronologico o geografico, né tipologico o tecnologico, ma geometrico-figurativo. Al termine del lavoro che qui si presenta, durato oltre due anni2, utilizzando gli strumenti ormai ampiamente acquisiti della modellazione tridimensionale e dell'analisi grafica, si sono sottolineate alcune linee parallele di esplorazione progettuale nell'Opera di Niemeyer che rimandano tutte, in una certa misura, alla ricerca utopica di un mondo “migliore” – un non luogo ideale e desiderabile che non può trovare ri-

Fig. 1-2. Casinò - complesso a Pampulha - 1940.

scontro nella realtà – facilmente giustificabile con le radici culturali da cui quell'Opera nasce, ma al contempo le linee di esplorazione progettuale di matrice utopica si attualizzano in architetture fantastiche anche, se non principalmente, per il rapporto “atopico” con il contesto – ossia una architettura che prescinde e si priva volontariamente del contesto stesso –: da Brasilia in primis al Caminho Niemeyer, passando per il capolavoro del Mac a Niteroì, la sede Mondadori o il Cogunto Copan forme e riferimenti si susseguono ed evolvono di lavoro in lavoro, costituendo alcune modalità compositive che poco interagiscono col contesto. O meglio, che si pongono nei confronti del contesto spesso in contrapposizione e riferendosi a modelli

compositivi che non appartengono a nessun dove. A guardar bene l'Opera di Niemeyer è relativamente semplice identificare due periodi distinti che, come si può osservare anche in molti altri casi – si pensi alla produzione del principale Maestro dello stesso Niemeyer, Le Corbusier – , si susseguono e si intersecano evidenziando i processi evolutivi della struttura creativa con cui l'architetto

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Fig. 3-4. Cappella di San Francesco D’Assisi - complesso di Pampulha - 1940.

elabora i progetti. Il primo periodo, che si può far partire dal 1936, quando a soli 29 anni è chiamato a progettare – insieme a un team di progettisti tra cui Lucio Costa e, soprattutto, Le Corbusier – la sede del Ministero dell'Educazione a Rio de Janeiro: l'edificio è un primo, poderoso intreccio tra il predominante modernismo internazionale di Le Corbusier e il delicato Barocco bra-

Fig. 5. Sede Mondadori - Milano - 1968.

siliano, una fusione di brise-soleil e azulejos, di forme pure e curve che si inseguono come nei seguenti Obra do Berço3, il Grande Hotel de Ouro Preto, il capolavoro del Conjunto da Pampulha – principalmente lo yacht club e il casinò -, il Colegio Cataguases ma soprattutto la sede Onu a New York del 1947. In questa fase da molti gli è riconosciuto il ruolo di uno dei maggiori seguaci dei Le Corbusier. Negli stessi anni, però, si cominciano a identificare alcuni temi che poi sem-

Fig. 6. Sede Mondadori - Milano - 1968.

brano prendere il sopravvento sulla matrice prevalentemente razionalista fin qui osservata. Le Corbusier stesso gli riconosce, come racconta Niemeyer in una intervista recente, di avere “le montagne di Rio negli occhi”, di avere una attenzione alle figure di cui si compone la straordinaria natura dei luoghi in cui è cresciuto: le morbide curve delle montagne, delle onde del mare e del corso dei fiumi pervadono i progetti che dal complesso di Pampulha in poi si susseguono con una scansione senza pari. La Cappella di San Francesco, con le armoniche volte paraboliche, e la flessuosità della pensilina della sala da ballo, che mima l'andamento naturale delle rive di del lago su cui affaccia, sono i primi esempi di una varietà linguistica che si forma in questi anni e progetto dopo progetto identificano delle linee di continuità figurativa che arrivano, rivisitate ed evolute in chiave astratta, fino ai nostri giorni. Ne

sono riscontrabili sei: 1. edifici con diaframma, 2. edifici ad appoggio centrale, 3. volte paraboliche, 4. cupole4, 5. superfici di rivoluzione e 6. superfici cilindriche. Le sei linee di continuità figurativa identificate percorrono oltre settanta anni di storia (dagli anni '40 del Novecento ad oggi) mostrando un processo evolutivo che in una prima fase – orientativamente dai primi progetti per Brasilia fino alla sede Mondadori in Italia – si configura come una declinazione dei singoli modelli figurativi (Es: Palacio da Alvorada, Supremo Tribunal Federal, Palacio do Planalto, Padiglione alla Fiera Internazione del Libano, la sede del Ministero della Giustizia, la sede del Ministero degli Esteri fino alla sede Mondadori – appunto – del 1968, per il modello figurativo dell'edificio con diaframma). Dagli anni '70 in poi si evolve nella direzione di una continua e irreversibile semplificazione formale, come se la ricerca della forma ideale (utopia) passasse per il fare e rifare lo stesso

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Fig. 7. Casas das Canoas - 1952.

schizzo per decenni, fino a che questo non venga epurato da ogni orpello decorativo e diventi libero di esprimere una sorta di forma originaria, lontano dal tempo e da ogni luogo (atopia). Il rischio che in alcuni casi, ad onor del vero, si è materializzato è che questa continua ricerca sfoci in una autoreferenzialità figurativa, dove il segno si fa maniera – come osserva Zevi già nei primi anni '90 – e il delicato rapporto tra edificio e contesto passa in secondo piano rispetto la riconoscibilità del gesto compositivo. Certo è che con oltre cinquecento edifici progettati il rischio lo avrebbe corso chiunque, ma nel nostro caso la ricerca della semplicità formale ha reso particolarmente evidente il problema. Sempre nell'ambito del tipo citato – il modello figurativo dell'edificio con diaframma – è possibile annoverare, ad esempio, altri edifici tra cui la sede Fata a Torino del 1975 e la sede amministra-

tiva a Minas Gerais del 2003 che perdono, però, parte del fascino dato dai forti chiaroscuri dei colonnati diaframmatici scanditi da ritmi regolari o sincopati dei progetti precedenti: la semplificazione figurativa, in questo caso, è evidentemente regressiva nei confronti del modello originario nonostante la ricerca di Niemeyer andasse verso una semplice riduzione degli appoggi a terra, come lo stesso architetto più volte ha dichiarato. In questa ottica il modello dell'edificio con diaframma è da ritenersi interamente compiuto proprio nella sede Mondadori: i successivi sono come la sede Mondadori sospesi sugli appoggi che disegnano la facciata5, ma mentre nel progetto milanese gli appoggi generano un ritmo alternato simile a un ritmo musicale6, nel progetto Fata e nella sede amministrativa a Minas Gerais le facciate sono piatte e ridotte a uno stereotipo figurativo. In altri casi l'evoluzione è stata più fe-

Fig. 8-9. Conjunto Copan - 1951.

lice, come ad esempio nel secondo schema figurativo, l'edificio ad appoggio centrale, summa del rapporto minimo tra edificio e terreno, tema che tanto ha impegnato Niemeyer. La prima spettacolare esperienza di questo tipo è il purtroppo irrealizato Museo di Arte Moderna di Caracas: una apollinea piramide rovescia appoggiata sul ciglio di un dirupo, a sottolinearne la visiva precarietà ma anche, se non primariamente, l'immobile forma di origine classica – secondo molti permutata

Fig. 10-11. Edificio a torre a Belo Horizonte - 1954.

dall'architettura classica europea che in quell'anno Niemeyer aveva avuto modo di visitare – che si astrae dal contesto e dalla consuetudine costruttiva. Questo progetto, a detta dello stesso Niemeyer, è insieme a Brasilia il punto di svolta del suo lavoro. Dice: "I lavori in corso a Brasilia insieme con il mio progetto per il Museo di Caracas segnano un nuovo stadio nella mia attività professionale. Questo stadio è caratterizzato da uno sguardo costante alla concisione e alla purezza, ma anche dalla maggiore attenzione ai problemi fondamentali dell'architettura"7. Il modello figurativo è ripreso in un'altra opera tra le più note dell'architetto brasiliano, il Palazzo del Congresso Na-

Fig. 12. Museo di Arte Moderna di Caracas - 1954.

zionale, con le cupole opposte di cui una, appunto, rovescia come la piramide del MAM di Caracas. Mentre l'evoluzione più significativa di questo modello è uno dei capolavori indiscussi, il MAC Museo di Arte Contemporane a Niteroi, realizzato dopo cinquant'anni dal progetto per il Museo di Casacas. Qui le forme si fanno morbide, come nella cupola rovescia del Palazzo del Congresso Nazionale la rigida e apollinea piramide lascia il campo a un profilo composto di rette e

Fig. 13. MAC - Museo di Arte Contemporanea a Niteroi - 1991.

curve che pare sostituire il riferimento a forme geometriche astratte con uno sguardo più attento agli elementi naturali: è Niemeyer stesso a raccontare come il MAC voleva sembrasse un fiore che sboccia dalla roccia. Il ricorso poi a un rapporto di tipo analogico con la natura8 consente a Niemeyer di disegnare una delle più riuscite rampe di accesso, tra le centinaia progettate negli anni, in analogia all'impianto radicale del fiore rappresentato dal corpo centrale. Così nelle restanti tipologie geometrico-figurative l'evoluzione delle forme

Fig. 14. Museo di Arte Contemporanea a Niteroi 1991.

percorre lo stesso iter di semplificazione e affinamento dell'idea di base, in un susseguirsi continuo di elementi linguistici che hanno determinato – e determinano ancora oggi – un sistema

Note Solo nel 2007, anno del suo centenario, ha firmato 19 progetti la cui maggior parte è realizzata o in fase di realizzazione. 2 La ricerca è stata condotta in concomitanza dei corsi di Scienza della Rappresentazione 1 a.a. 2010-11 e 2011-12 e ha prodotto oltre cento modelli tridimensionali completi delle opere di Oscar Niemeyer. 3 Anche in questo progetto risulta evidente la consulenza di Le Corbusier. 4 Ovvero superfici di rivoluzione a sezione composta tramite rette e archi di cerchio. Le cupole di Niemeyer non hanno mai una sezione a curvatura continua – come nelle cupole classiche – ma derivano dalla sovrapposizione di un tronco di cono e una superficie sferica. 5 In alcuni dei progetti precedenti Niemeyer tenta di dissimulare gli appoggi del blocco centrale dell'edificio anche con l'escamotage di soprelevare la quota di ingresso dello stesso. Da questi progetti si intuisce già la vocazione dell'architetto a ridurre visivamente – e poi anche strutturalmente – il peso dell'edificio. 1

architettonico composto di un numero finito di elementi tipici sintatticamente aggregabili in modi infiniti, sistema che nelle sue illimitate possibili configurazioni ha se stesso come unico riferimento approcciandosi al contesto in modo distaccato e generando sempre nuove e straordinarie atopie.

Questo tema è, in realtà, presente già nell'edifico del Ministero della Giustizia. Giorgio Mondadori ha più volte richiamato come riferimento esplicito l'edifico del Ministero degli Esteri – da cui Niemeyer riporta pressochè fedelmente le superfici che compongono gli archi – ma il ritmo sincopato lo permuta dal Ministero della Giustizia già citato, mentre la soprelevazione del blocco dal terreno è stata accennata nel Palacio de Alvorada e nel Palacio de Pantalto. 7 Cfr. A. Virdis, Caracas 1954. Oscar Niemeyer, Museo de Arte Moderno, Napoli 2009. 8 Nell'introduzione al catalogo della mostra del 2007, Laganà evidenzia tre approcci progettuali di Niemeyer nei confronti della natura, che sono: dialogico, analogico e mentale. Nel primo caso gli edifici dialogano con la natura e si lasciano plasmare dalle ragioni della natura stessa. Nel secondo caso gli edifici vivono in simbiosi con la natura e la utilizzano come un modello diretto. Nel terzo caso la natura diventa una figura astratta che modella gli edifici in modo, a volte, simbolico. Cfr. G. Laganà, Oscar Niemeyer, cento anni, in Niemeyer 100, catalogo della mostra, Milano 2008. 6

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