Peplum movies: The Prodigal Decade (ITALIAN)

July 22, 2017 | Autor: Gianfranco Geroldi | Categoria: Cinema
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“1960-69 La Decade Prodiga” Gli anni Sessanta sono stati un’epoca eccezionalmente generosa per il cinema storico. Dal 1960 al 1969, si contano oltre cinquanta pellicole di genere ‘peplum’, ossia in costume romano. Una tale ricchezza di produzione fu conseguenza del grande successo incontrato dai memorabili colossal della decade precedente, ma anche dello sviluppo avuto da tutta l’industria cinematografica in quegli anni. Dando una rapida scorsa ai titoli del decennio, si osserva, inoltre, che c’è stato un cambiamento radicale di prospettiva nella scelta dei soggetti rappresentati. Il tema dominante non è più l’antitesi fra mondo romano classico e temi cristiani/giudaici, ossia non si tratta di episodi epico-biblici ambientati ai tempi dell’Antica Roma, tratti da didascalici romanzi di epoca ottocentesca. Ormai la storia romana ha una dignità propria, riconosciuta dall’interesse del pubblico e gli ‘studios’ si sono attrezzati per produzioni di grandi dimensioni, atte a rappresentare momenti salienti della parabola antica, senza altre finalità che il piacere di raccontare, stupire e coinvolgere. Il primo film da prendere in esame è, doverosamente, l’opera di Stanley Kubrik “Spartacus” (1960, 184’). Tratto dal romanzo di Howard Fast, il film schiera Kirk Douglas, Laurence Olivier, Jean Simmons, Tony Curtis, Peter Ustinov e Charles Laughton. La pellicola è considerata una delle migliori lavorazioni cinematografiche di tutti i tempi. Incassò quasi 500 milioni di dollari al botteghino, essendone costata cento (cifre attualizzate in proporzione all’inflazione). La voce narrante recita: “Nell’ultimo secolo prima della nascita della nuova Fede chiamata Cristianesimo, destinata a sovvertire la tirannia pagana di Roma ed a rinnovare la società, la Repubblica Romana occupava il cuore del mondo civilizzato”, ma al di là di questo non ci sono richiami ai temi tanto cari alla filmografia dei decenni precedenti. Anzi, si ricorda la scena della crocifissione dei ribelli come uno dei pochissimi esempi di tale esecuzione rappresentata con intenti storici, slegati dalla vicenda della Passione. Il film vinse 4 Oscar, fra i quali Peter Ustinov come migliore attore non protagonista, ma nessuno nelle categorie maggiori, anche a causa dei numerosi tagli a cui fu sottoposto per l’eccessiva crudezza di certe scene e degli impliciti, famosi riferimenti omosessuali nel dialogo fra Crasso e Antonino. Fra le curiosità, si ricordi Herbert Lom, l’attore di origine Ceca che interpreta il pirata Tigranes Levantus, come possibile antesignano del Proximo di Oliver Reed ne “Il Gladiatore”: Lom (pseudonimo di un nome impronunciabile: Charles Angelo Kuchacevich ze Schluderpacheru) è ancora vivente oggi - avendo 89 anni, uno in meno di Kirk Douglas - ed ha interpretato personaggi impegnativi in altre pellicole, fra i quali Napoleone e Van Helsing. Nello stesso anno escono una pletora di film ‘made in Cinecittà’: “La Schiava di Roma” con Rossana Podestà (Antea), Guy Madison e Giacomo Rossi Stuart, ambientato in Gallia negli anni dell’invasione di Giulio Cesare: passabile film d’avventura. “Le Legioni di Cleopatra” (Italia-Francia-Spagna) di Vittorio Cottafavi, con Linda Cristal (famosa attrice Western) e Georges Marchal: scarso preludio al colossal di tre anni dopo, pieno di stereotipi e di personaggi inventati gratuitamente. “La Vendetta dei Barbari” con Daniela Rocca (Galla Placidia) e Anthony Steel (Olimpus) è una pellicola scadente, che si ricorda solo per alcune scene che oggi definiremmo sado-maso. “Annibale” con Victor Mature (Annibale), Terence Hill (Quintilio) e Bud Spencer, non al meglio delle loro performances; il film si perde in false rappresentazioni di battaglie della seconda guerra punica, con elefanti da circo; si conclude prima dell’intervento di Scipione. Un po’ meglio il ‘sequel’ “Cartagine in Fiamme” (Italia-Francia), di Carmine Gallone, con Paolo Stoppa, ancora Terence Hill, Gianrico Tedeschi, Ilaria Occhini, Amedeo Nazzari, Arnoldo Foà: ispirato ad un romanzo di Salgari (!) ambientato durante la terza Guerra Punica. Da citare: “I Baccanali di Tiberio” di Castellano e Pipolo, con Walter Chiari e Ugo Tognazzi nella comica parte di due borgatari finiti ai tempi di Tiberio, con anche Luciano Salce, Aroldo Tieri, Abbe Lane: una specie di “Non ci resta che piangere” alla romana.

La critica salva solo il semi-dimenticato: “L’Assedio di Siracusa” (Italia-Francia, 115’) di Pietro Francisci, con Rossano Brazzi (Archimede), Sylva Koscina, Enrico Maria Salerno, Gino Cervi (Gerone): una storia sentimentale in cui Archimede s’innamora di una zingara, la quale sposa un generale romano e il dramma precipita; bravi gli interpreti; buoni, per l’epoca, gli effetti speciali, ad esempio i famosi specchi ustori usati per bruciare la flotta romana. Nel 1961, il big-event è “Il Re dei re” (USA), di Nicholas Ray, ossia la storia di Gesù; l’opera c’entrerebbe solo marginalmente con la nostra ricerca, se non fosse per qualche scena di battaglia di Romani contro zeloti giudei, fra le quali si ricorda l’uso di un rimarchevole ‘arpione’, che dovrebbe rappresentare un colpo di ballista/catapulta. Contemporaneo è “Romolo e Remo” (Italia-Francia), del nostro Sergio Corbucci, con Steve Reeves (più famoso per Ercole) nella parte di Romolo, Gordon Scott (Remo, ma precedentemente faceva Tarzan), Virna Lisi in quella di una certa Giulia, Massimo Girotti (Tito Tazio), Laura Solari (Rea Silvia); risultato fumettistico. Ci riprova un giovanissimo Roger Moore ad interpretare (?) Romolo ne “Il Ratto delle Sabine” (Italia-Francia-Yugoslavia) con persino Rosanna Schiaffino nel ruolo di Venere e Jean Marais in quello di Marte. Fra i personaggi spicca un anacronistico Stilicone, forse appiccicato per accontentare il pubblico mitteleuropeo; anche stavolta, l’esito è patetico. Non paghi, i cineasti nostrani sfornano “Orazi e Curiazi” (Italia), ma stavolta il budget è ragguardevole, dato che viene messo in campo Alan Ladd (Orazio), accanto al solito Steve Reeves e ad una serie di attori italici o francesi nei ruoli di Tullo Ostilio, Curiazi e vari comprimari; i commentatori trovano godibile la colonna sonora, più che il film nel suo complesso. L’anno dopo, l’industria cinematografica italiana si riscatta con “Barabba” di Richard Fleischer, (Italia-Usa 144’). Il film vede una partecipazione di attori internazionali e italiani: Silvana Mangano (Rachele), Vittorio Gassman, Jack Palance, Ernest Borgnine, Valentina Cortese, Arnoldo Foà (Giuseppe di Arimatea), Paola Pitagora (la Maddalena), Simone Signoret. Su tutti giganteggia Anthony Quinn, nel ruolo del protagonista: un tormentato malfattore, che si è salvato solo grazie al sacrificio di Cristo e che è ossessionato dalla visione dell’Innocente che è morto al suo posto. I personaggi pagani secondari risultano, come d’uso, coloriti ed interessanti, mostrando che la storia pedagogica di Barabba è un pretesto per un’incursione nel mondo antico, pieno di vizi, ma anche variegato e passionale. La scena della crocifissione mostra un’eclisse di sole che non è creata artificialmente, ma è un fenomeno reale filmato con maestria dal regista. Nel 1962 anche alcuni film minori non sono disprezzabili, per quanto l’eccessiva quantità di pellicole svilisca il genere. Mario Costa dirige una produzione francese dal titolo “Il conquistatore di Corinto”, con John Barrymore, Gianna Maria Canale, Gordon Mitchell, in cui un centurione romano si innamora di una ragazza greca sullo sfondo della rivolta dei cittadini di Corinto a Roma. Il film ha il merito anche di durare poco (77’). “Costantino il Grande” schiera una serie di caratteristi italiani (i Ninchi, i Gazzolo fra gli altri) in un film convenzionale, ma con ambizioni spettacolari; le vedute di Roma sono in realtà riprese della famosa ricostruzione dell’Urbe effettuata nell’epoca fascista; Costantino è interpretato da un certo Cornel Wilde. “Giulio Cesare il conquistatore delle Gallie”, diretto da Tanio Boccia, è un western anticipato di diciotto secoli, con i cowboys (buoni) nella parte dei romani e gli indiani (cattivi) nella parte dei galli; appare persino Raffaella Carrà nelle vesti di una certa Publia. Il De Bello Gallico è citato pretenziosamente come fonte di un film che prende dalla storia poco più che i nomi dei personaggi. La Carrà appare nello stesso anno anche in “Ponzio Pilato” (Francia), con Jean Marais nella parte di Pilato e John Barrymore in quella di Gesù, ma l’opera è confusa e aggiunge sottotrame inutili alla storia della Passione.

“Giulio Cesare contro i pirati”, ambientato in Asia Minore, vede un ottimo Gordon Mitchell nella parte dell’antagonista di Cesare, il brutale pirata Hamar e Abbe Lane è Plauzia, la dama in pericolo. Alberto De Martino firma “Il Gladiatore Invincibile”, coproduzione italo-spagnola, con Richard Harrison nel ruolo del protagonista, un rivoltoso reziario che si chiama appunto Rezius. Altri gladiatori anche ne “Il Gladiatore di Roma” con l’erculeo Gordon Scott (ex Tarzan) conteso dall’attenzione di due donne, una delle quali è Ombretta Colli. Non sono ancora finite, purtroppo, le trasposizioni del dramma del Vesuvio: “Anno 79: La Distruzione di Ercolano”, coproduzione italo-francese priva di attori di rilievo e di una sceneggiatura coerente, cerca di far apparire l’eruzione come una sorta di giustizia divina che punisce i cattivi e salva i buoni (oltretutto cristiani). Escono, inoltre, svariati altri titoli: il volonteroso Antonio Margheriti inscena “Il Crollo di Roma”. “Una Regina per Cesare” è una poco nota trasposizione franco/italiana della storia di Cleopatra fino al suo incontro con Cesare. “Solo contro Roma”, con Rossana Podestà e Philippe Leroy cerca di distinguersi proponendo alcune scene di spettacolo gladiatorio con carri falcati. Finalmente, nel 1963, giunge il turno di uno dei film più costosi di tutti i tempi: “Cleopatra”, di Joseph Mankiewicz (autore, 10 anni prima, di “Giulio Cesare”). Il cast è memorabile: Elizabeth Taylor e Richard Burton, come tutti ricordano, ma anche Rex Harrison (Cesare), Roddy McDowall (Ottaviano, anacronisticamente chiamato Augusto già nel 31 a.C.), Martin Landau. Il film ottenne ben quattro premi Oscar; dura 4 ore nella versione normale, ma arriva addirittura a 5 nel Director’s Cut, mentre il progetto originale ne prevedeva nientemeno che 6. Ambiziosissimo, il suo costo attualizzato supera i 300 milioni di dollari, il film richiese 65 costumi diversi solo per la Taylor (compreso uno d’oro 24 carati), oltre tre anni di lavorazione, migliaia di comparse reclutate in Italia. Pare che l’eccesso di spese del film abbia provocato un aumento dei prezzi dei fornitori abituali di Cinecittà, dove molte scenografie furono realizzate, rendendo in seguito antieconomico girare negli studi italiani e decretando il declino dell’industria cinematografica locale. Durante il film la Taylor e Burton si innamorarono. Il film ebbe molto successo, ma le enormi spese ed il compenso ‘faraonico’ - è il caso di dirlo - della Taylor fecero gridare allo scandalo, inducendo le case di produzione americane a riconsiderare altre imprese simili. Nello stesso anno, si gira in Italia: “Brenno il nemico di Roma”, con il nerboruto Gordon Mitchell nella parte del capo dei Galli; “Oro per i Cesari”, con Massimo Girotti, nella parte di un avido proconsole romano ancora alle prese coi Celti, stavolta in casa loro; “L’incendio di Roma”, con Moira Orfei (Poppea) nella nota storia di Nerone che brucia la Città Eterna e poi incolpa i Cristiani. Degno di nota è “Il Figlio di Spartacus”, di Sergio Corbucci, con Steve Reeves, Gianna Maria Canale e Ombretta Colli: il figlio del Trace scopre la propria ingombrante eredità e svolge il doppio ruolo di capo mascherato degli schiavi ribelli e insieme di eroe decorato da Giulio Cesare in persona, fino all’improbabile lieto fine. La pellicola più importante del 1964 è “La Caduta dell’Impero Romano”, di Anthony Mann, che racconta lo stesso intreccio de “Il Gladiatore”: Livio (Stephen Boyd) è il generale che gode della stima di Marco Aurelio (un grande Alec Guinness), dell’invidia di Commodo (Cristopher Plummer) e dell’amore di Lucilla (Sophia Loren); completano il cast James Mason (Timonide, consigliere dell’imperatore-filosofo e segretamente seguace di Cristo), Omar Sharif e Mel Ferrer; la scenografia è gigantesca: la ricostruzione del foro romano occupa un’area di 80.000 mq; le comparse migliaia; le spese furono tali che, a differenza di “Cleopatra”, gli incassi non bastarono a coprirle: non giova alla trama il legnoso carisma dell’attore protagonista, contrapposto alla maestria degli antagonisti e comprimari. Il film dura oltre tre ore e stanca. Sarà l’ultima opera statunitense del decennio: il genere ‘peplum’ entra definitivamente in crisi. La serie dei film italici è lunga anche nel ’64: Il meno peggio è, forse, “I due Gladiatori”, con Richard Harrison, nel ruolo del fratello gemello di Commodo, intenzionato a soppiantare il dispotico consanguineo ed a sfidarlo nell’arena; lo aiutano

Giuliano Gemma e Moira Orfei. “Il Figlio di Cleopatra”, un’inedita coproduzion italo-egiziana, con temi legati al nazionalismo egiziano, è interessante per le riprese della marcia dei legionari nel deserto vero; fra gli attori: Arnoldo Foà e Alberto Lupo. Piuttosto noioso, invece, risulta “Coriolano eroe senza patria” (Italia-Francia), ancora con Alberto Lupo ed i muscoli di Gordon Scott. “Il Colosso di Roma” ripropone la leggenda di Muzio Scevola (sempre Gordon Scott) e la cacciata di Tarquinio il Superbo (Massimo Serato). Giuliano Gemma e Moira Orfei recitano anche in “La Rivolta dei pretoriani”, dove il protagonista Richard Harrison (Valerio) guida un’insurrezione contro il crudele dispotismo di Domiziano. “La Rivolta dei Barbari” è invece ambientato nelle Gallie ed è più scadente. “Gli Schiavi più forti del Mondo” insiste sul tema della rivolta con scarsissimi risultati. “I Giganti di Roma” è un film d’avventura, nel quale il valoroso Richard Harrison sfida i crudeli maghi druidi, fra Gallia e Germania, incontrando anche Druso e Varo. Da dimenticare “Ercole contro Roma”, con Alan Steel (falso nome di Sergio Ciani) nel ruolo del semidio greco. Semplicemente ‘cult’, infine, è “Roma contro Roma”, dove un centurione romano è alle prese con un negromante, che vuole creare un’armata di zombie per invadere il mondo! I Britannici, più saggiamente, si cimentano in parodie dichiarate tali : “Tira avanti, Cleopatra” è la rivisitazione comica del colossal hollywoodiano, ma è semisconosciuta in Italia. Passata la metà della decade, le produzioni si diradano, a causa dei citati problemi di inflazione dei costi aggravata dalla stanchezza del pubblico. Per evitare gli alti costi di Hollywood e Cinecittà, svariate pellicole vengono girate in Europa centro-orientale. Nel 1965 si registrano due soli film al cinema: uno è “Il Trionfo dei Dieci Gladiatori”, prodotto congiuntamente da Italia, Francia e Spagna, per la sceneggiatura di Sergio Collima, che diventerà famoso negli anni ’70 con “Sandokan”; l’altro “I Tre Centurioni” (Italia-Francia), anch’esso presto dimenticato; esce anche una produzione televisiva inglese “Coriolano”, sul testo di Shakespeare. Nel ’66 è interessante ricordare un’opera rumena: “i Daci”, realizzato con serietà ed impegno anche se pochissimo noto; rievoca le guerre daciche, contrapponendo le tragiche figure di Decebalo e di Cornelio Fusco. Gli Inglesi insistono sulla commedia: “Qualcosa di buffo sulla Strada del Foro” di Richard Lester è un buon musical ispirato a Plauto; fra gli interpreti, Buster Keaton. Il film vinse un’Oscar, indicando che la volontà del pubblico americano, da autocelebrativa, volgeva verso la dissacrazione del periodo classico. Il Italia esce una pellicola seria: “All’Ombra delle Aquile”, di Ferdinando Baldi, dove si parla degli anni dopo la morte di Ottaviano Augusto, con le rivolte che scoppiano nelle province centrali dell’Impero e Roma in affanno. Nell’anno successivo, sempre Baldi propone: “Il Massacro della Foresta Nera”, una sorta di prequel de “all’Ombra delle Aquile”, inscenante la drammatica fine di Varo ed il trionfo di Arminio; rimane un dubbio: se in tedesco il titolo era, correttamente, “La Selva di Teutoburgo”, perché in italiano diventa “La Foresta Nera”? Molto peggio è l’inglese “La Regina Vichinga”, liberamente ispirato alla figura di Boadicea, qui battezzata Salina e proclamata Regina dei Druidi, benché vichinga e seguace di Zeus (sic!). Del 1968, un’altra produzione interessante è il film tedesco-rumeno “Columna”, con anche i nostri Amedeo Nazzari (L’Imperatore Traianio) e Antonella Lualdi, relativo alla conquista della Dacia ed alla sconfitta finale di Decebalo. I rumeni producono anche “La Guerra per Roma”, ambientato ai tempi di Giustinano: mette in luce la prima parte della terribile guerra gotico-bizantina. L’anno dopo uscirà la seconda parte. Gli attori sono impegnativi: Orson Wells nella parte di Giustiniano e Sylva Koscina in quella di Teodora; il

budget è elevato perché si aggiungono anche la Germania e l’Italia alla casa di produzione Rumena: il bilancio del doppio film è tutto sommato positivo. “I Cesari” (Regno Unito 1968) è una miniserie televisiva, in bianco e nero, sulla dinastia giulioclaudia, con l’ottima interpretazione di Ralph Bates nella parte del folle Caligola. L’anno dopo, i britannici tornano al genere comico con la serie “Viva Pompei”, decisamente calibrata sul loro caratteristico ‘sense of humour’. Chiude il decennio il maestro Federico Fellini, con “Satyricon” (Italia-Francia), tratto dal celebre capolavoro di Pomponio Arbitro. Con Salvo Randone, la bella Capucine, Lucia Bosè e Mario Romagnoli (Trimalcione), il film, come molte altre opere di Fellini, è privo di una vera e propria trama, ma mira piuttosto a comunicare emozioni, a stupire ed a scandalizzare. „Spartacus“ S. Kubrick “L’Assedio di P. Francisci Siracusa” “Barabba” R. Fleischer “Cleopatra” J. Mankiewicz „Il Figlio di S. Corbucci Spartacus“ “La Caduta A. Mann dell’Impero Romano” “I due Gladiatori” M. Caiano “A Funny Thing R. Lester happened on the Way to the Forum” “I Daci” S. Nicolaescu “All’Ombra delle F. Baldi Aquile” “Il Massacro della F. Baldi Foresta Nera” “La Guerra per R. Siodmak Roma” I e II “Satyricon” F. Fellini

USA Italia - Francia

1960 1960

184’ 115’

4 Oscar -

Italia - USA USA Italia

1962 1963 1963

144’ 192’ 92’

4 Oscar -

USA

1964

188’

-

Italia GB - USA

1964 1966

90’ 99’

1 Oscar

Romania Italia

1966 1966

92’ 94’

-

Italia – Germania Ovest Romania – ItaliaGermania Ovest Italia

1967

82’

-

1967-68

103’+ 94’ 129’

-

1969

1 Nomination

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