TWO NUDES TWO NODES

September 2, 2017 | Autor: F. Bellomi Pittor... | Categoria: Music, Art History, Painting, Drawing, Fine Arts, Nude Art
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TWO NUDES - TWO NODES

DUE NUDI - DUE NODI

Fra gli innumerevoli studi di nudo che troviamo nell'opera di Federico
Bellomi (1928-2010) ve ne sono due che sono legati in modo singolare alla
vicenda biografica e ai rapporti con il figlio Francesco (1960).
Il primo è uno studio di nudo condotto a fusaggine e pastello su carta da
scene realizzato nel 1973 (primo anno di insegnamento all'accademia
Cignaroli di Verona) e misura cm. 135,5 x 52.

La modella è probabilmente una delle modelle in quell'anno in servizio
presso l'accademia Cignaroli.




Sono gli anni nei quali il pittore, che abitava a Verona in piazza Broilo
3, nel grande appartamento appartenuto un tempo ai conti Cerù, effettua
periodicamente una selezione dei suoi lavori e, separate le opere da tenere
da quelle che dovranno essere distrutte, carica queste ultime in macchina e
si reca di sera sulle Torricelle (le colline che sovrastano la città) per
accendere un falò e bruciare quanto non ritiene più degno di essere tenuto.
Non stracciava i disegni, li bruciava perché diceva che solo il fuoco è in
grado di cancellare definitivamente qualcosa di non riuscito in un rogo
purificatore.
Questo studio di nudo finisce nel sacco dei disegni da bruciare.
Qualche tempo dopo, quando il centro storico della città comincia a
ridiventare un luogo appetibile dal punto di vista residenziale, il pittore
viene sfrattato senza tanti preamboli dalla abitazione - studio di piazza
Broilo. La quantità di opere e di materiali di lavoro accumulati nel tempo
(a partire dal 1964 abitava e lavorava in questo magnifico appartamento-
studio, oggi sede del consolato austriaco) è enorme. Di queste opere e di
questi materiali verrà riempita la nuova sede di via anfiteatro 9, dove
abiterà fino alla morte, ma dove lavorò sempre meno preferendo sempre più
operare nei cantieri delle varie opere murali monumentali (Chiesa di
Quaderni - Verona, Chiesa di Lugagnano -Verona, abitazione Hoffman in Boise
- USA, fabbrica Dolci - Verona, Les Trois Matons, Hyeres- Francia, , Stage
di affresco per gli studenti dell'Accademia Cignaroli nei palazzi scaligeri
di Verona, ecc.) che dal 1983 alla morte lo tennero impegnato.

[per una documentazione fotografica ampia ma ancora non completa di queste
opere monumentali si vedano le immagini sui seguenti siti:
https://picasaweb.google.com/federicobellomipittore

https://picasaweb.google.com/federicobellomiscultore

https://picasaweb.google.com/federicobellomifrescante

https://picasaweb.google.com/federicobellomiscrittore


Ma la sede di via anfiteatro non poteva contenere che una piccola parte di
questa produzione. Il resto fu stivato nella casa natale del pittore in
Colognola ai Colli che si trasformò sostanzialmente in un magazzino. In
questa sede finì anche, forse per errore, forse per la fretta, il sacco
contenente i rotoli dei disegni da bruciare, chiuso con una etichetta
manoscritta dell'artista che diceva proprio: "Disegni da Bruciare". E in
questa sede fu dimenticato per molti anni, in mezzo e forse nascosto da
innumerevoli altri disegni e cartoni.
Negli anni '90 muore improvvisamente la moglie del pittore, Gabriella
Modenese e poco dopo, tragicamente, il figlio Paolo.
Il pittore attraversa una fase umanamente molto difficile che supererà
grazie soprattutto alla determinazione e alla volontà di immergersi
totalmente nel lavoro. Sono gli anni nei quali lavora instancabilmente,
spesso non rispondendo nemmeno al telefono (che staccava per intere
settimane) dimenticandosi degli impegni sociali e mondani, ecc.
In questa fase, aiutato dal figlio Francesco, cerca di mettere ordine anche
nella casa natale di Colognola con la speranza di riuscire a ricavare uno
spazio sufficiente per allestire nuovamente il suo studio.
Non ci riuscirà mai, e lo studio non fu mai frequentato come tale per più
di qualche pomeriggio.
Ma in questo lavoro di riordino riappare il famoso sacco dei dipinti da
bruciare.
Nessuno si ricordava del sacco e dei disegni che ci erano finiti dentro. Il
sacco venne aperto e i disegni srotolati, fra questi la "modella distesa"
del 1973.
La riapparizione del disegno dopo così tanti anni cattura l'attenzione del
pittore ma soprattutto del figlio Francesco che fa notare la qualità del
disegno, l'energia e la immediatezza del tratto, l'essenzialità efficace di
mezzi cromatici utilizzati, ecc.
Il pittore, stranamente, tace e osserva. Mai era successo prima che le
suppliche dei figli o della moglie gli facessero cambiare idea su qualche
opera destinata al rogo. Le sue decisioni in merito, anche se sofferte e
prese dopo una lunga meditazione e una spietata osservazione, erano sempre
state definitive e inappellabili.
Il questo caso il pittore esita, non parla e osserva a lungo il disegno.
"E va bene. Mi hai convito" pronuncia alla fine. Prende il disegno, lo
arrotola e lo chiude con una fascetta su cui scrive a matita: "da tenere
per Francesco".
Tutti gli altri disegni vengono rimessi nel sacco destinato al camino,
perché accendere un fuoco non autorizzato sulle Torricelle negli anni '90
provocava oramai una raffica di telefonate a polizia, vigili del fuoco,
carabinieri ecc. e c'era il rischio di qualche salatissima multa inflitta
dagli efficientissimi tutori dell'ordine e della sicurezza.
Il motivo di questo ripensamento non fu mai rivelato ma la sensazione fu
quella che il cambiamento di destino del disegno fosse dettato, più che da
motivi rigidamente artistici, da motivi biografici.
I primi anni di insegnamento all'Accademia di Pittura Gianbettino Cignaroli
di Verona furono caratterizzati da uno scontro frontale con colleghi,
direttore e studenti. I colleghi non accettavano l'intrusione di questo
nuovo insegnante non allineato con le posizioni dell'avanguardia, credente
e pittore d'arte sacra, ma allo stesso tempo determinato a pretendere il
nudo integrale da modelli e modelle. Gli studenti, abituati ad insegnamenti
di tipo quasi esclusivamente teorico e libresco, contestarono ferocemente
ma lealmente e frontalmente questo docente che gli obbligava a farsi le
colle per prepararsi le tavole, prende in mano la cazzuola per farsi gli
intonaci, che gli faceva, come si dice nel gergo studentesco odierno,
"muovere il culo" come mai un precedente docente aveva preteso, ecc.
I colleghi preferirono invece la strada delle lettere anonime (ancora
conservate nell'archivio del pittore) dei richiami formali del direttore ad
un comportamento "meno invadente degli spazi altrui" (pure conservati in
archivio) degli articoli denigratori pubblicati da qualche critico d'arte
con carenza di idee e di argomenti (Luigi Meneghelli) sui tristi giornali
locali.
Alla fine il pittore conquistò i suoi allievi con la professionalità e
l'energia comunicativa che gli era propria. I colleghi si arresero o si
stancarono o forse semplicemente si abituarono a questo docente che aveva
le classi sempre più sovraffollate sebbene avesse fama di essere severo ed
esigente come nessun altro.
Ma nei primi anni, e nel 1973 in modo particolare, l'impatto con questa
realtà gretta e meschina, fatta di sgambetti calunnie e pettegolezzi da
portinaia inacidita, provò duramente l'artista, che talvolta tornava a casa
talmente svuotato da abbracciare piangendo moglie e figli in lunghi
imbarazzanti minuti nei quali nessuno parlava ma tutti capivano. Questo
studio fu realizzato in questo contesto e il fatto che sia un nudo
integrale rimanda alla furiosa polemica scatenata dai colleghi più
"progressisti" che facevano posare modelli e modelle con le mutande con la
ferma convinzione che questo sarebbe bastato a salvare il comune senso del
pudore.
Bellomi pretendeva il nudo integrale "per un motivo morale". "Posare con le
mutande è immorale" ripeteva e giustificava la sua scelta con un bisogno di
assoluta coerenza nella ricerca della verità pittorica. Riteneva che
l'inevitabile imbarazzo dei primi momenti di fronte alla nudità fosse
assolutamente funzionale e necessario per essere trasformato, grazie alla
concentrazione, all'osservazione, all'analisi, in energia creativa di
straordinaria potenza. Non di meno l'esigenza di apprendere e dominare la
tecnica della modellazione del nudo degli antichi pittori rinascimentali,
anche quando questo nudo sarebbe stato poi rivestito da sontuose vesti, che
non dovevano però mai tradire l'anatomia sottintesa, fornì una ulteriore
motivazione a questa linea didattica.
E' assai probabile che la destinazione al rogo di questo disegno di
squisita fattura tecnicae formale dipendesse molto di più dall'associazione
mnemonica con spiacevolissime diatribe con colleghi e superiori e forse
anche qualche studente particolarmente incline a lasciarsi "manovrare"
abilmente o così limitato intellettualmente da assecondare le critiche
bacchettone. Il pittore si rifugiava nell'evangelico "ommnia munda mundi"
con una fede incrollabile, anche se messa a dura prova.
Invece se si guarda il disegno con l'occhio "puro" del vero studioso non si
può non notare la estrema sicurezza del segno e del gesto. Si veda ad
esempio il particolare del piede della modella.
Sono segni rapidissimi di fusaggine, quasi geometrici. Nessun cedimento al
dettaglio lezioso, nessuna preoccupazione per una fedeltà fotografica della
superficie, ma lo stesso senso sicurissimo della forma complessiva con
tutti i pentimenti a vista che appare in numerosissimi disegni e opere nate
d'impeto con tempi di esecuzione rapidissimi.
Questo tipo di esecuzione, che sembra essere rimasto allo stato di abbozzo,
dialoga con le parti completate secondo una tecnica assai più raffinata e
controllata.
Ad esempio il volto, che rimanda alle tipiche fisionomie bellomiane di
quegli anni.
Quelle fisionomie che, nel fondamentale saggio su Federico Bellomi di Jean
Marc Trigeaud Una pittura dell'aspettativa - Tendenze della 'Nuova
Forma'nell'estetica di Federico bellomi da Quaderni a Valeggio sul Mincio.

Scaricabile come ebook al seguente link:
http://store-it.blurb.com/ebooks/465390-una-pittura-dell-attesa-tendenze-
della-nuova-forma-nell-estetica-di-federico-bellomi
vendono collocate secondo un modello di tipo sudamericano riscontrabile in
molti altri volti dell'artista.



In realtà il nero punto di riferimento dell'artista, documentato da
numerosi studi, fotografie del suo archivio, e dalle sue testimonianze
scritte e verbali, è l'Africa. Un interesse che nasce forse dagli anni
della miniera (1949-1953) e dal contatto con le comunità di immigrati
marocchini, algerini che pure fornivano manovalanza a basso costo nelle
miniere di carbone del "Cantonnement de grand Coin" a Saint Etienne,
Francia. Ma che negli anni crebbe e si focalizzò in modo sempre più
consapevole sui tratti di una fisionomia di tipo negroide che, secondo il
giudizio dell'artista, era la quintessenza della bellezza sia femminile che
maschile. Si vedano a questo proposito gli studi di fisionomie compiuti
presso il Museo Africano di Verona



Anche i suoi volti "europei" sono caratterizzati da questi tratti negroidi:
le labbra carnose, il naso schiacciato, gli occhi mai piccoli e spesso
allungati in modo quasi orientale.

Il capolavoro assoluto in tal senso è forse la testa in marmo rosa
Portogallo "Margherita"



E' curiosa la coincidenza con una foto della madre dell'artista,
probabilmente poco più che ventenne, la cui singolare fisionomia, che sarà
ritratta innumerevoli volte dal pittore fino agli ultimi anni della sua
lunga vita (1889-1983), ricorda molto da vicino quello di una tipica
schiava negroamericana degli stati del sud delle prima metà del XIX°
secolo.




Il disegno "Modella distesa" del q973 è stato esposto per la prima volta
postumo nella esposizione presso la Galleria Sartori Arianna di Mantova del
settembre 2012.
Documentazione fotografica al seguente link:
https://picasaweb.google.com/115838467336115394622/MostraGalleriaAriannaSart
oriMantova120Settembre2012















Il "Nudo maschile" datato 2006 - V, è una penna a inchiostro seppia
sanguigna biacca e tempera di caseina lattica su carta tinta e misura cm 50
x 70.
E' un'opera dell'ultima fase della produzione bellomiana.


Si tratta di uno studio dal vero, per il quale fece da modello, per
l'ultima volta, il figlio Francesco.
Della seduta di posa rimane anche una documentazione fotografica
nell'archivio privato, e non pubblico, F. Bellomi.
Al seguente link:
https://picasaweb.google.com/115838467336115394622/MostraGalleriaAriannaSart
oriMantova120Settembre2012 - 5771059286402713842 è possibile vedere
l'immagine in alta definizione ed ingrandirla fino a visualizzare
chiaramente la tecnica di modellazione dei volumi che utilizza un pennello
a pettine in modo intensivo.

Negli scritti dell'artista troviamo questa annotazione sull'uso del
pennello a pettine:

IL PENNELLO A PETTINE


Chi ha avuto l'occasione di studiare da vicino l'opera
pittorica dei maestri italiani del Rinascimento, manierismo
compreso, si sarà accorto dell'uso che questi artisti hanno
fatto del pennello a pettine, nell'intento di dare rilievo,
volume ai corpi che essi disegnavano specie nel campo
dell'attività frescale.
Questi artisti hanno fatto, in un certo senso, quello che
già gli scultori e lapicidi facevano nel marmo con le
martelline dentate o con gli scalpelli chiamati comunemente
gradine.
Il non finito michelangiolesco dei "Prigioni" ha parti
lavorate non soltanto a punta, ma anche a gradina, una
sorta di simbiosi del linguaggio espressivo che accomuna le
arti.
Io che con la pittura e la scultura ho camminato nell'arte
e a quei maestri ho guardato, nella mia produzione frescale
ho introdotto questa maniera ricavandone una espressività
personale che delle due condizioni è sintesi.
I pennelli che uso nel grande adempimento di Lugagnano,
sono dei sintetici bruno scuro piatti di cm 2 a cm 4 che
dopo averli bagnati nell'acqua, appiattendoli più che
potevo li ho tagliati a forma di pettini asportando quanto
vi era di superfluo tra un ciuffetto e l'altro di peli, in
senso verticale, operazione non facile ma che alla fine si
è risolta nel migliore dei modi consentendomi di ottenere
il risultato voluto.

Il riferimento a Lugagnano è quello alla grande parete di 240 mq "Arbor
Redemptionis" dipinta dal 1990 al 2005 nella chiesa di S. Anna in Lugagnano
(Verona),
Documentazione fotografica ai seguenti link:

https://picasaweb.google.com/110500200349787129026

In questo vasto lavoro la tecnica del tratteggio con pennello a pettine è
fondamentale.

Anche questo disegno presenta un lato oscuro: la motivazione di questa
scomodissima posizione del modello.
All'epoca l'artista, pur interrogato dal figlio, rispose in modo elusivo
quanto alla funzione di questo studio e deviò abilmente il discorso.

Uno dei rari precedenti di una figura inginocchiata frontalmente è il
manifesto e i francobolli realizzati nel 1970 per la "Giornata mondiale del
lebbrosi" organizzata dalla fondazione Raul Follerau.
Ma stile tecnica e destinazione sono completamente diverse.



La destinazione finale di questo studio rimane un mistero e potrebbe essere
un lavoro preparatorio per gli stages di affresco che l'artista teneva
tutti gli anni presso "Les trois Matons" a Hyères, (Francia).

Questi due enigmatici nudi, oggi nella collezione F. Bellomi, e legati in
modo così singolare alle vicende familiari non potevano restare
indifferenti uno all'altro.
Nel seguente filmato, commentato dalla musica appositamente composta del
figlio Francesco, i due nudi dialogano nonostante le distanze, temporali,
tecniche ed estetiche: sono diventati amanti e i nodi si sono sciolti.

http://youtu.be/DC4iUts9SB4



f.b.
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