17 - Aedes Dianae Plancianae

September 29, 2017 | Autor: Silvio Panciera | Categoria: Roman History, Latin Epigraphy, Storia antica ed epigrafia latina
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II,11 - AEDES BELLONES INSULENSIS*

All’amichevole collaborazione del prof. Luigi Moretti devo la conoscenza del piccolo frammento di monumento funerario, conservato nel giardino di una clinica privata sita in via dei Gracchi 120, che riproduco a fig. 1. Si tratta di una lastrina marmorea (alta 31 cm, larga 37, spessa 4) spezzata superiormente, ma la frattura non interessa il campo epigrafico nel quale si legge quest’epigrafe:



Dis Manibus Publi Alvinavani Repenˆtini et Caio Apidio Corintho dignissimis fecit 5 Apidia Ma scapiaria Bellones insulensis sibi et suis posterisque eorum. Noto di passaggio l’assenza di qualsiasi abbreviazione, persino nei prenomi36. Le righe che particolarmente interessano in questa sede sono, naturalmente, la terzultima e la penultima contenenti il nome della costruttrice del sepolcro, le funzioni da lei esercitate ed il luogo in cui le esercitò. Scapiaria, evidentemente lo stesso che scaphiaria con omissione del grafema esprimente l’aspirazione, è parola di nuova attestazione di cui è chiara peraltro la connessione con scaphium dal greco skafivon. Di questa parola gli autori latini si servono comunemente per indicare un tipo di recipiente per bere, mescere o per altri usi, anche spregiati, la cui forma poteva ricordare quella di una navicella, ma anche no37. Analogo significato ebbe la parola anche nel mondo greco dove questo tipo di vaso è frequentemente ricordato negli inventari dei templi delle più diverse divinità38. Risulta anzi che in qualche caso i sacerdoti | avevano la consuetudine di vendere i doni in natura fatti nel tempio e di offrire al dio, con il ricavato, uno skafivon, evidentemente in metallo pregiato39. In altri casi fondazioni di privati

* Nuovi documenti epigrafici per la topografia di Roma antica, IV, in Rend. Pont. Ac. Rom., 43, 1970-71, pp. 121125. 36 Noto anche che Alvinavanus (da porre in rapporto con Albinovanus?) è gentilizio di nuova attestazione; non è comunque registrato né in SCHULZE, Eigennamen, né in Thes. Ling. Lat. Ben attestato invece, anche a Roma, il gentilizio Apidius. 37 FORCELLINI, Lexicon, s.v.; E. POTTIER, in Dict. Ant., IV, 2, pp. 1114 sg., entrambi con raccolta delle fonti, cui si aggiunga (segnalazione del Prof. M. Cagiano de Azevedo, che

ringrazio) A. RIESE, Anthologia Latina2, I, p. 221 nr. 285. Adde: W. W HILGERS, Lateinischer Gefässnamen. Bezeichnungen, Funktion und Form römischer Gefässe nach den antiken Schriftquellen, Dusseldorf 1969, pp. 271 sg. 38 Nei soli inventari di Delo questo vaso ricorre più di 400 volte, come risulta dall’utile e accurata tesi di laurea della dott.ssa Amelia Stancanelli, Cataloghi di oggetti sacri, discussa a Roma, su relazione della prof. M. Guarducci, nel 1965. 39 TH. HOMOLLE, Comptes de Hieropes du temple d’Apollon Délien, in Bull. Corr. Hell., 6, 1882, p. 95.





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II – URBS ROMA

lasciavano una certa somma per offrire ciascun anno uno skafivon, o genericamente un pothvrion, al tempio40. Il mestiere della donna aveva dunque un qualche rapporto con questo tipo di vaso, o meglio con vasi che potevano così denominarsi. Considerato il suffisso -arius con cui la parola viene fatta derivare da scaphium, il rapporto più naturale mi sembra quello della lavorazione o commercio, che è implicito in tanti altri sostantivi di eguale terminazione41. Deve essere quindi affrontato il problema posto dalla successiva indicazione: Bellones Insulensis. È evidente che ci si riferisce ad un luogo di culto di Bellona, non prima noto, che si trovava in insula, cioè nell’isola Tiberina42. Non mi pare vi siano altre interpretazioni possibili43. Ma il riferimento è puramente topografico (nel senso che si voglia indicare semplicemente il luogo nelle cui vicinanze la donna svolgeva la sua attività) o deve essere inteso più strettamente come indicazione del luogo in cui la donna era scaphiaria? Contro la prima interpretazione mi pare vi siano due elementi di un certo peso: 1) il cognomen della donna, Ma, che è esattamente il nome della grande dea anatolica, con centro principale di venerazione a Comana in Cappadocia, il cui culto, dopo che la dea fu identificata con Bellona, fu introdotto da Silla a Roma, dove godette in seguito, di una certa notorietà44; 2) il resto del rilievo nella parte superiore | della lastra in cui si vede, sulla destra, la parte inferiore di una figura femminile vestita di chitone con apoptygma che altro non dovrebbe essere se non l’immagine della dea45. Questi due elementi mi fanno pensare che il rapporto tra la donna ed il luogo di culto della dea andasse oltre la semplice vicinanza. Vorrei pensare in altre parole che la donna, fors’anche ministra del culto, svolgesse la sua attività, che poteva essere di venditrice di vasi, nel santuario stesso della dea46. Se questi vasi servivano poi per le offerte, dovremmo ricavarne che il santuario fosse piuttosto importante e frequentato, ma forse questo sarebbe spingere le cose troppo in là.

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HOMOLLE, art. cit. (nt. 39), pp. 45, 112, 114, 115; E. SCHULHOF, Fouilles de Délos, in Bull. Corr. Hell., 32, 1908, pp. 122-125 e 487. Su queste fondazioni, vd. anche J. TRÉHEUX, Études d’épigraphie délienne, in Bull. Corr. Hell., 68-69, 1944-45, pp. 271-283. 41 F. STOLZ - J.H. SCHMALZ, Lateinische Grammatik5, Münich 1926, pp. 211-213 con bibliografia. Per le attestazioni epigrafiche, in particolare: G.N. OLCOTT, Studies in the Word Formation of the Latin Inscriptions. Substantives and Adjectives with Special Reference to the Latin Sermo Vulgaris, Rome 1898, pp. 137-176. 42 Insulensis è forma nuova, non registrata comunque tra i derivati di insula (insulaneus, insulanus, insularis, insularius, insulatus, insulosus) in Thes. Ling. Lat., VII, 1, 1962, col. 2039. Sull’origine, essenzialmente da nomi di luogo o da appellativi assimilabili degli aggettivi in -ensis, si veda la recente dissertazione di H. GAEHWILER, Das lateinische Suffix -ensis, Zürich 1962. 43 Senz’altro da escludere mi sembra un rapporto con insula = abitazione multipla poiché, in tal caso, ci si aspetterebbe che il riferimento, altrimenti troppo generico, fosse precisato con il nome del proprietario. Sulle insulae, vd. contributo prec. [II,10].

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In generale sul culto di Bellona: C. TIESLER, De Bellonae cultu et sacris, Berlin 1842; E. SAGLIO, in Dict. Ant. Gr. Rom., I, 1, 1877, pp. 685 sg.; A. PROCKSCH, in ROSCHER, Lexikon, I, 1884, coll. 774-777; E. AUST, in RE, III, 1899, coll. 254-257; F. CUMONT, Les religions orientales dans le paganisme romain, Paris 1924, p. 50; J.H. WASZINK, in Real. Lex. Ant. Christ., II, 1954, coll. 126-129; A. ALFÖLDI, Die Troianischen Urahnen der Römer, Basel 1957, p. 6 (cfr. rec. di S. WEINSTOCK, in Journ. Rom. Stud., 49, 1959, p. 171); ID., Der Machtverheissende Traum des Sulla, in Jahrb. Bern. Mus., 41-42, 1961-62, pp. 275-287; D. FISHWICK, Hastiferi, in Journ. Rom. Stud., 57, 1967, pp. 142-160. 45 L’iconografia della dea ci è scarsamente nota; vd. A. DE FRANCISCIS, in Enc. Art. Ant., II, 1959, p. 47, e tra gli studi citati alla nota precedente, in particolare quelli di Alföldi, Weinstock e Fishwick. 46 Non mancavano, nel culto, sacerdotesse nonché famuli e ministri (TIESLER, op. cit. [nt. 44], cap. IX). Sembra alludere ad un prospero commercio di fave, svolto col favore di Esculapio ed Igia forse nel loro tempio sull’isola Tiberina, l’iscrizione CIL, VI 18, cfr. 30686 = ILS 3851 (segnalazione della prof. M. Guarducci); su quest’epigrafe vd. anche F. BÜCHELER, in Glotta, I, 1909, p. 1.

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Lascio ai topografi di stabilire in quale punto dell’isola questo nuovo tempio potesse sorgere. La nostra conoscenza della topografia antica dell’isola Tiberina non è purtroppo molto soddisfacente nonostante gli sforzi del Lanciani, che ha messo in pianta quanto di utile si poteva ricavare dalle notizie sugli scavi o rinvenimenti fortuiti ivi compiuti tra il 1500 e la fine dell’Ottocento47 e gli studi del Besnier e del Le Gall13. Piuttosto incerta appare l’attribuzione all’isola di alcuni frammenti della Pianta Severiana di recente ricongiunti da Lucos Cozza49. Sapevamo complessivamente che nell’isola, oltre che ad Esculapio, si rendeva culto a Faunus, Veiovis, Iupiter Iurarius, Semo Sancus e a Tiberinus50. Si aggiunge ora una nuova divinità. Chi studierà la topografia dell’isola dovrà tener conto, d’ora in avanti, anche dell’esistenza di un tempio a Bellona che si aggiunge agli altri templi di questa divinità noti a Roma, il più importante dei | quali è stato brillantemente identificato di recente dal Coarelli nel c.d. tempio ignoto presso il teatro di Marcello51. Daterei questa iscrizione, più per la mancanza dell’aspirazione in scapiaria52 e per il genitivo in -es di Bellona53, che per la paleografia, al più tardi nella seconda metà del I sec. d.C.

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R. LANCIANI, Forma Urbis Romae, tav. 28. M. BESNIER, L’île Tibérine dans l’antiquité (BEFAR, 87), Paris 1902, pp. 317-343; J. LE GALL, Recherches sur le culte du Tibre, Paris 1953, pp. 102-110. 49 In CARETTONI – COLINI – COZZA – GATTI, La pianta marmorea di Roma antica, Roma 1960, p. 93 tav. XXX. Non è chiaro se il toponimo inter pontes si riferisca ad una parte dell’isola o ad un tratto di riva del Tevere compreso tra due ponti. 50 BESNIER, op. cit. (nt. 48), pp. 272-314; LE GALL, loc. cit. (nt. 48). 51 F. COARELLI, Il tempio di Bellona, in Bull. Comm. Arch. Roma, 80, 1965-67 (1968), pp. 37-72. Tra gli altri spicca, per quantità e qualità di testimonianze, il problematico tempio di Bellona Pulvinensis menzionato nelle iscrizioni CIL, VI 490 (ILS ILS 4180), 2232, cfr. p. 3307, 3827 (ILS 4181), 2233, cfr. p. 3307, 4044 ad nr. 29967 (ILS ILS 4182, altra bibliogr. in W. HELBIG, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischen Altertümer in Rom4, II, Tübingen 1966, p. 28 nr. 48

1179). Sull’origine dell’epiteto e sull’ubicazione del tempio: PLATNER – ASHBY, Dictionary, p. 83; FISHWICK, art. cit. (nt. 44), p. 153, nt. 79; COARELLI, art. cit., p. 66, nt. 128. Sono noti anche un’aedes Bellone (!) Rufiliae, probabilmente nella regione III, CIL, VI 2234 (ILS ILS 4181 add.; SIRIS 373), un vicus Bellonae: CIL, VI 2235 e 3674 = 30851 ed un sacello sul Campidoglio distrutto nel 48 a.C. (DIO CASS. 52, 26). 52 Per il comportamento del latino di fronte all’aspirazione: M. NIEDERMANN, Précis de phonétique historique du latin4, Paris 1963, p. 84. Anche se le edizioni critiche correggono per lo più in scaphium, sembra scrivessero ancora scapium LUCR. 6, 1046 (cfr. LACHMANN, Comm. in Lucr.4, Berolini 1882, p. 411), VITR. De arch., 8, 1, 4, IUV. 6, 264 (cfr. Corp. Gloss. Lat., V, 654, 25) e MART. 11, 11, 6. 53 Il genitivo in -aes/-es nelle iscrizioni datate di Roma comincia ad apparire timidamente verso la fine della Repubblica, esplode nei primi decenni del I sec. d.C., sembra scomparire dopo Nerone.

NOTA COMPLEMENTARE – AE 1971, 40. – Su Bellona e la sua ubicazione nell’isola: L. CHIOFFI, in Lex. Top. Urb. Rom., I, 1993, p. 193; vd. anche E. PAPI e D. DEGRASSI, ibid., III, 1996, pp. 96 e 99-101. – Alvinavanus per Albinovanus anche in SOLIN – SALOMIES, Repertorium, p. 13 cfr. p. 11. – È interessante segnalare che in prossimità del fiume, poco a valle dell’isola Tiberina, è documentata (forse sin dal Medioevo) l’esistenza di una cappella detta di S. Andrea de Scaphis, che si ritiene derivi il suo nome dalle piccole barche usate sul Tevere (M. ARMELLINI - C. CECCHELLI, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma 1942, pp. 834 sgg.; L. GIGLI, Le guide rionali di Roma. XIII. Trastevere, III, Roma 1982, pp. 160-162). Poiché tuttavia in seguito essa risulta sede della congregazione dei ceramisti, donde il nome di S. Andrea dei Vascellari (vascularii) o anche dei Boccalari (da boccale, recipiente in terracotta per il vino), mi chiedo se anche la più antica denominazione non abbia a che fare più con dei recipienti di terracotta che con barche.

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