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June 4, 2017 | Autor: Fabio Fiori | Categoria: Maritime History
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∼ A RIA DI M ARE ∼

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LUNEDÌ 25 MAGGIO 2015

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LA FOTO DEI SUB DELLA GIAN NERI

La bavosa bianca ha un tentacolo sopra ciascun occhio di FILIPPO IONI Parablennius rouxi, conosciuta comunemente come bavosa bianca è un piccolo pesce marino appartenente alla famiglia Blenniidae. Ha un corpo molto più affusolato che negli altri blennidi, sottile, ma non molto compresso. Il capo è piccolo e il suo profilo anteriore è pressoché verticale. Gli occhi sono grandi e posti abbastanza in alto. Al di sopra di

ciascun occhio si trova un tentacolo costituito da 5-6 filamenti di lunghezza decrescente. La pinna dorsale è pressoché rettilinea. L’anale è lunga oltre la metà del corpo. Le altre pinne sono simili a quelle degli altri blennidi. La colorazione è caratteristica inconfondibile. Il corpo è bianco con una banda longitudinale scura estesa dal capo al peduncolo

Il Museo della Marineria di Cesenatico e la cultura del mare

In alto il libro che raccoglie gli atti del convegno del 1977 A sinistra, le vele decorate con gli emblemi delle famiglie

di FABIO FIORI

I

festeggiamenti per i dieci anni della sezione a terra del Museo della Marineria di Cesenatico sono anche l’occasione per fare il punto sulla diffusione della cultura del mare in Italia e più specificatamente lungo le rive adriatiche. Per farlo credo che il modo migliore sia innanzitutto rileggere “La marineria romagnola, l’uomo, l’ambiente”, il volume che raccoglie gli atti del convegno tenuto proprio a Cesenatico nel 1977. In tanti vi parteciparono, quelli che possiamo considerare come i nostri maestri, perché a diverso titolo indagarono, promossero e battagliarono perché non venissero disperse per sempre le nostre origini e si riallacciassero i legami con il nostro passato marinaresco, riprendendo le parole con cui Giorgio Calisesi apriva il volume. Così come attualissimo è l’invito rivolto ai partecipanti da Bruno Ballerin, allora Presidente dell’Azienda di Soggiorno di Cesenatico: «Nei momenti di crisi e di recessione economica la cultura non deve essere mai sacrificata alle necessità materiali di aumenti di produzione e consumismo». Se passeggiando lungo il porto leonardesco sono

sotto gli occhi di tutti gli straordinari risultati di quel l’investimento, culturale, politico ed economico, che ha permesso d’avere oggi la più importante collezione di barche storiche presente in Europa, una sezione a terra ricchissima e un’attività espositiva e didattica di prim’ordine, meno ovvi ma altrettanto importanti sono i risultati immateriali. Parlo della ritrovata

appartenenza a una multietnica e variegata comunità di marinai romagnoli. Genti ed esperienze molto diverse che hanno però come denominatore comune un orizzonte adriatico di straordinaria bellezza e vitalità, una storia adriatica di fascino antico e luminoso. Tralasciando per una volta le attività balneari, che comunque sempre di più in futuro dovranno saper

Giovedì 28 maggio 2015, alle ore 21, presso la Biblioteca Comunale “Antonio Baldini” di Santarcangelo di Romagna, Lidia Ioli proporrà una lettura scenica tratta dal libro “Come è profondo il mare" di Nicolò Carnimeo, edito da Chiarelettere. Qui anticipiamo la presentazione del libro, che farà Fabio Fiori.

“Così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare”, ammoniva cantando Lucio Dalla nel 1977. Un allarme che ha probabilmente solo una pecca, perché sarebbe più giusto usare la prima persona plurale, cioè stiamo inquinando il mare. E lo facciamo purtroppo in mille modi diversi, come ci ricorda in un documentato reportage Nicolò Carnimeo, prendendo a prestito proprio il titolo della canzone di Dalla “Come è profondo il mare” (2014, Chiarelettere; pp. 172, € 13,60). Se i titoli di copertina appaiono un po’ troppo allarmistici, “Dal nostro inviato nella più grande discarica del Pianeta” e “La plastica, il mercurio, il tritolo e il pesce che mangiamo”, il contenuto è invece

caudale. Al di sopra di questa fascia vi sono 11-12 sottili strie scure verticali più o meno visibili. E’ un tipico pesce costiero di fondale roccioso, non sempre presente lungo i litorali del Mediterraneo, e in genere si trova entro i primi dieci metri d’acqua. Generalmente si rifugia in una tana da dove si può vedere spuntare con la testa.

mettere in valore anche la cultura del mare, penso ai pescatori che calano le reti per raccogliere il più genuino dei cibi, a chi il pesce lo vende e lo cucina, ai mitilicoltori che allevano quell’“oro nero” che non inquina e va ad arricchi-

re i mercati ittici, ai ricercatori in ambito scientifico e umanistico che lavorano in mare e per il mare, alle maestranze dei cantieri nautici, ai marittimi del traffico mercantile e a quelli del diporto, a cui si aggiungono tutti

Biblioteca di bordo. Giovedì presentazione a Santarcangelo

Come è profondo il mare La copertina del libro di Nicolò Carmineo edito da Chiarelettere

documentato e insieme appassionato. Il libro partendo dall’eclatante caso dell’isola di plastica che da anni, aumentando di volume, va alla deriva nell’Oceano Pacifico, ci informa sugli stessi problemi che affliggono il Mediterraneo. Paradossalmente sono proprio le spiagge più selvagge quelle più inquinate dalle plastiche. “Tra le coste del Mediterraneo, il paesaggio

dell’Africa del Nord è quello più sfigurato, perché spesso non esiste gestione dei rifiuti e fiumi di plastica finiscono sulle spiagge e lungo il litorale”, scrive Carnimeo che a bordo di Halifax ha seguito un gruppo di oceanografi impegnati in un monitoraggio mirato a stimare l’inquinamento da microplastiche. Queste sono oggi probabilmente le più pericolose anche per la salute dell’uomo e sono al centro di numerose ricerche. Si tratta di frammenti di piccolissima dimensione che possono più facilmente entrare nelle catene alimentari, veicolando anche altri inquinanti. Nella seconda parte del reportage Carnimeo indaga su altri due temibili intrusi: mercurio e tritolo. Il racconto della “febbre da mercurio” parte dal tragico

quelli che fanno esperienza del mare andando a remi o a vela, nuotando o pescando, semplicemente per piacere. Per tutti, consciamente o inconsciamente, il Museo della Marineria di Cesenatico è insieme motivo d’orgoglio e di stimolo, un porto sicuro da cui mollare gli ormeggi per rotte diverse, per poi fare ritorno certi che fatiche ed esperienze saranno messe in valore. Se la cultura del mare è un patrimonio fondamentale per chi vive lungo le rive, un museo come quello di Cesenatico è “una scuola, per un diverso modo di fare storia (storia della società, del lavoro) e va usato come vivaio di cultura e di esperimenti”, per concludere con gli auspici di un altro maestro, Lucio Gambi.

episodio dello spiaggiamento di sette capodogli avvenuto nel dicembre 2009 sul Gargano, perché una delle concause della morte “è stata l’alta concentrazione di mercurio metilico”. E purtroppo anche quella del tritolo è una storia adriatica, che s’avvia a Bari nel 1943 e prosegue negli anni successivi quando il mare diventa una discarica di ordigni tossici. Quello di Carnimeo è quindi un libro necessario, per tutti quelli che amano il mare e ogni giorno si battono per difenderlo e per viverlo. Certi che i problemi sono tanti e complessi, ma l’orizzonte è grande e capace di rinnovarsi, con il nostro aiuto quotidiano fatto di consumi moderati e consapevoli, di politiche attente e sostenibili. E’ innanzitutto l’Adriatico a chiedercelo! Fabio Fiori Nicolò Carnimeo, 2014. Come è profondo il mare. Chiarelettere, Milano; pp 172, € 13,60.

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