Accademia dei Lincei e ‘Res publica litteraria’: Justus Ryckius, Erycius Puteanus e Federico Borromeo

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ROBERTA FERRO

ACCADEMIA DEI LINCEI E RES PUBLICA LITTERARIA: JUSTUS RYCKIUS, ERYCIUS PUTEANUS E FEDERICO BORROMEO

ESTRATTO da

STUDI SECENTESCHI VOL. XLVIII (2007) DIRETTA DA MARTINO CAPUCCI E DAVIDE CONRIERI

Leo S. Olschki Editore Firenze

2007

BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM» Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia

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STUDI SECENTESCHI RIVISTA ANNUALE FONDATA DA

CARMINE JANNACO E UBERTO LIMENTANI DIRETTA DA

MARTINO CAPUCCI E DAVIDE CONRIERI

Vol. XLVIII - 2007

LEO S. OLSCHKI EDITORE MMVII

STUDI SECENTESCHI RIVISTA ANNUALE FONDATA DA

CARMINE JANNACO E UBERTO LIMENTANI DIRETTA DA

MARTINO CAPUCCI E DAVIDE CONRIERI Vol. XLVIII

SOMMARIO PARTE I CRITICA LETTERARIA DENISE ARICO`, «Vestire la persona de gl’altri». Le orazioni immaginarie di Virgilio Malvezzi, fra Tito Livio, Guicciardini e Mascardi. — MARCO CORRADINI, Adone: il tragico e la tragedia. — LUISELLA GIACHINO, «Opera di Stato e d’Amore». Il Prencipe Nigello di Guidubaldo Benamati. — JADWIGA MISZALSKA, I romanzi secenteschi italiani nell’antica Polonia: traduzioni, rifacimenti, fortuna.

P ARTE II V ITA E CULTURA ROBERTA FERRO, Accademia dei Lincei e Res publica litteraria: Justus Ryckius, Erycius Puteanus e Federico Borromeo. — FLORIANA CONTE, Il Michelangelo di Daniello Bartoli. — JESSE LOCKER, «Con pennello di luce»: Neapolitan verses in praise of Artemisia Gentileschi. — CLAUDIO PEPI, «Perche´ l’impotenza non degeneri in dimenticanza». Le Pompe Sanesi di Isidoro Ugurgieri Azzolini.

P ARTE III BIBLIOGRAFIA E D OCUMENTAZIONI ELENA VAIANI, Lettere di Raffaele Fabretti ad Antonio Magliabechi. — CLIZIA CARMINATI, Geografie secentesche. Appunti per le carte di Virgilio Malvezzi. — Schede Secentesche (XXXV-XXXVIII). Indice dei nomi e delle cose notevoli (a cura di Martino Capucci).

Si prega di inviare i manoscritti ai direttori: M ARTINO CAPUCCI, via Michelangelo Buonarroti 20/2, 41100 Modena D AVIDE C ONRIERI, Scuola Normale Superiore, Piazza dei Cavalieri 7, 56100 Pisa I contributi dovranno pervenire entro il mese di febbraio per poter essere pubblicati nel volume dell’anno successivo. Amministrazione C ASA E DITRICE LEO S. OLSCHKI FIRENZE Casella postale 66 - C. c. postale 12707501 E-mail: [email protected]

ISBN 978 88 222 5618 8

Autorizzazione del Tribunale di Firenze del 5-12-1961, n. 1441.

ACCADEMIA DEI LINCEI E RES PUBLICA LITTERARIA: JUSTUS RYCKIUS, ERYCIUS PUTEANUS E FEDERICO BORROMEO 1

Le relazioni intercorse tra il cardinale milanese Federico Borromeo e l’Accademia dei Lincei sono state descritte da una serie di indagini che, a iniziare dallo studio di Giuseppe Gabrieli del 1934, si sono infittite nel corso dell’ultimo decennio.2 E` stato cosı` possibile ricostruire i rapporti che l’arcivescovo intrattenne, oltre che con Federico Cesi, al quale era legato dai vincoli della parentela, con Galileo Galilei, Giovanni Battista della Porta, Giovanni Ciam1 Si riproduce qui il testo, ampiamente incrementato, della relazione tenuta al Convegno Internazionale Alle origini della scienza moderna: Federico Cesi e l’Accademia dei Lincei (San Polo dei Cavalieri-Castello Cesi, Roma, 2-4 ottobre 2003). Il lavoro e` stato agevolato da un finanziamento del CNR erogato nell’ambito dell’attivita` di ‘Promozione Ricerca 2004’. 2 Lo storico dell’Accademia ha dedicato alcuni studi alla figura di Federico Borromeo, interessandosi sia alle sue relazioni con i Lincei, sia al versante pedagogico dell’attivita` del cardinale: GIUSEPPE GABRIELI, Alcuni lineamenti spirituali di Federico Borromeo messi in nuova luce da documenti inediti, «Nuova Antologia», CXXXVIII, 1929, pp. 338-351; Federico Borromeo a Roma, «Archivio della Reale Societa` Romana di Storia Patria», LVI-LVII, 1933-1934, pp. 157-217; Federico Borromeo e gli Accademici Lincei [1934], ora in Contributi alla storia della Accademia dei Lincei, 2 voll., Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1989, II, pp. 1465-1486; Il pensiero pedagogico e l’azione educativa del cardinale Borromeo, «Scuola e Cultura», XV, 1939, pp. 110-138. Sono utili per un preliminare sondaggio bibliografico sulla storia dell’Accademia dei Lincei: ENRICA SCHETTINI PIAZZA, Bibliografia storica dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Firenze, Olschki, 1980; SILVIA DE RENZI, Il progetto e il fatto. Nuovi studi sull’Accademia dei Lincei, «Intersezioni», IX, 1989, pp. 501-517; L’Accademia dei Lincei e la cultura europea nel XVII secolo, a cura di Anna Maria Capecchi-Caterina Forni MontagnaPaolo Galluzzi-Anna Nicolo`-Giovanni Paoloni, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1992. Tra i lavori piu` significativi degli ultimi anni si segnalano: GIUSEPPE OLMI, «In essercitio universale di contemplatione, e prattica»: Federico Cesi e l’Accademia dei Lincei [1981], nel suo volume L’inventario del mondo. Catalogazione della natura e luoghi del sapere nella prima eta` moderna, Bologna, Il Mulino, 1992, pp. 315-379; SAVERIO RICCI, «Una filosofica milizia». Tre studi sull’Accademia dei Lincei, Udine, Campanotto, 1994; ERALDO BELLINI, Umanisti e Lincei. Letteratura e scienza a Roma nell’eta` di Galileo, Padova, Antenore, 1997; SAVERIO RICCI, I Lincei: l’invenzione della mediazione accademica. Nuova scienza, religione, vita civile, in Sciences et religions de Copernic a` Galile´e (1540-1610), Rome, Ecole Franc¸aise de Rome, 1999, pp. 205-234; IRENE BALDRIGA, L’occhio della lince. I primi lincei tra arte, scienza e collezionismo (1603-1630), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2002; DAVID FREEDBERG, The Eye of the Linx. Galileo, his Friends, and the Beginnings of Modern Natural History, Chicago and London, University of Chicago Press, 2002.

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poli, Virginio Cesarini, Johann Faber, Marcus Welser, Johann Schreck e Justus Ryckius.3 Le circostanze che favorirono questi incontri, in alcuni casi solo di natura epistolare, furono tra loro diverse, in ogni occasione tuttavia agivano interessi comuni. Nel cardinale, le passioni per la botanica, la mineralogia, l’osservazione astronomica o l’antiquaria nascevano da una sciendi cupiditas che ne contraddistingueva la persona. In sintonia con l’eta` che esalto` l’etica della ‘ricerca’ – da cui anche il celebre motto linceo ‘sapientiae cupidi’ – Borromeo riconosceva il peso che la curiositas aveva avuto nel definire il suo curriculum di studi e nel promuovere le istituzioni create a Milano (Biblioteca Ambrosiana, Collegio dei Dottori, Collegio Trilingue, Pinacoteca e Accademia artistica): «Quello poi ch’io credo – scrive il cardinale nel De nostris studiis commentarius –, oltre al divino favore dal quale tutti i beni procedono, che cagionasse in me alcun sapere, e a me facesse fare alcuni progressi nelle scienze, fu il desiderio di sapere, il quale confesso che era in me ardentissimo».4 In virtu` della sua formazione umanistica, l’atteggiamento positivo nei confronti dell’avanzamento scientifico e culturale dei moderni si univa saldamente al culto dell’antichita`, che il Borromeo chiedeva di vagliare criticamente, recuperando conoscenze magari dimenticate, ma che ancora potevano risultare utili.5

3 ANTONIO FAVARO, Federigo Borromeo [1909], ora in Amici e corrispondenti di Galileo, 3 voll., a cura di Paolo Galluzzi, Firenze, Salimbeni, 1983, II, pp. 889-910; FABRIZIO CORTESI, Lettere inedite del Cardinale Federico Borromeo a Giovan Battista Faber segretario dei primi Lincei, «Aevum», VI, 1932, pp. 514-518; CARLO MARCORA, Il cardinal Federico Borromeo e l’archeologia cristiana, in Me´langes Euge`ne Tisserant, 7 voll., Citta` del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1964, V, pp. 115154; MARZIANO GUGLIELMINETTI-MARIAROSA MASOERO, Lettere e prose inedite (o parzialmente edite) di Giovanni Ciampoli, «Studi secenteschi», XIX, 1978, pp. 131-237. Hanno da ultimo ricapitolato e approfondito queste relazioni: GIOVANNI BAFFETTI, Federico Borromeo e i Lincei: la spiritualita` della nuova scienza, in Mappe e letture. Studi in onore di Ezio Raimondi, a cura di Andrea Battistini, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 85-102; ERALDO BELLINI, Federico Borromeo, Giovanni Ciampoli e l’Accademia dei Lincei, «Studia Borromaica», XIII, 1999, pp. 203-234; BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., pp. 15-31. 4 Milano, Bibl. Ambr., G 310 (8) inf., p. 48; CARLO MARCORA , Catalogo dei manoscritti del card. Federico Borromeo nella Biblioteca Ambrosiana, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 1988, pp. 67-75. L’opera in volgare, un diario critico del proprio iter letterario, fu edita in lingua latina nel 1627: FEDERICO BORROMEO, De suis studiis commentarius, Mediolani, 1627 [nella Stamperia di Sig.ria Ill.ma il Cardinale, presso Giorgio Rolla in Camposanto]; MARINA BONOMELLI, Cartai, tipografi e incisori delle opere di Federico Borromeo. Alcune identita` ritrovate, Milano-Roma, Biblioteca Ambrosiana-Bulzoni Editore, 2004, p. 222. Sul motto linceo si vedano le osservazioni di GILBERTO DE ANGELIS, Dal ‘Lynceorum Philosophorum Ordo’ alla Accademia dei Lincei: la ‘privatizzazione’ di una grande utopia storica nell’Italia della Controriforma, Villa Adriana-Tivoli, Tipigraf, 2003. 5 Gli interessi di antiquaria del cardinale sono stati studiati da BARBARA AGOSTI , Federico Borromeo, le antichita` cristiane e i primitivi, «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia», XII, 1992, pp. 481-493; EAD., Collezionismo e archeologia cristiana nel Seicento: Federico Borromeo e il Medioevo artistico tra Roma e Milano, Milano, Jaca Book, 1996.

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Si spiegano cosı` gli scambi con Galileo, che gli invio` l’Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari, il Discorso delle comete e il Saggiatore, oppure le relazioni con il linceo Johann Schreck (alias Terrenzio), il quale, divenuto gesuita e quindi missionario in Cina, ricevette dal cardinale un cannocchiale affinche´ potesse proseguire dall’Oriente le osservazioni celesti.6 Nel 1622 Schreck poteva scrivere al segretario Faber, che gia` aveva avuto un breve carteggio con il Borromeo, per invitarlo a sondare la generosita` del cardinale in vista del completamento dell’edizione del Tesoro Messicano, il grande ‘album’ linceo delle meraviglie naturali del Nuovo Mondo.7 Si giocano invece sul versante delle lettere e degli studia humanitatis le relazioni con Marcus Welser, interlocutore in materia di archeologia sacra, e con il giovane Giovanni Ciampoli, che confermo` di aver accolto dai colloqui con il Borromeo motivazioni per orientare in direzione morale e religiosa la sua ‘poesia cristiana’.8 Su tale terreno si muovono i rapporti con il belga Justus Ryckius, filologo poeta e archeologo, accademico dal 1625, forse il meno noto tra i Lincei corrispondenti di Federico Borromeo.9 Come Schreck e Ciampoli, anch’egli ave6 Intermediario per la spedizione fu Faber, come si desume dalla lettera speditagli dal cardinale il 30 marzo 1616: «Mentre fu quivi di passaggio il suo Padre Terentio, mostro` desiderio d’aver un canochiale; et io promisi di mandarglelo. Hora non sapendo, ove egli di presente si trovi ho risoluto d’inviarlo a V.S. a fine che si contenti ricapitarglielo sicuro» (CORTESI, Lettere inedite, cit., p. 516). 7 GIUSEPPE GABRIELI , Giovanni Schreck linceo gesuita e missionario in Cina e le sue lettere dall’Asia [1936], in Contributi, cit., II, pp. 1011-1051: 1042. Sul Tesoro Messicano, dopo il volume di ADA ALESSANDRINI, Cimeli lincei a Montpellier, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1978, si vedano i contributi di FRANCISCO GUERRA, La leyenda del «Tesoro Messicano», CARMEN SA´NCHEZ TE´LLEZ, La doctrina farmacologica del «Tesoro Mexicano» e GIOVANNI BATTISTA MARINI BETTOLO, Osservazioni e considerazioni sul Tesoro Messicano, raccolti negli atti del Convegno celebrativo del IV centenario della nascita di Federico Cesi (Acquasparta, 7-9 ottobre 1985), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1986, pp. 307-314, 315-322, 323-342; SILVIA DE RENZI, «Fidelissima delineatio». Descrizioni alla prova nelle note di Johan Faber al «Tesoro Messicano», in Mappe e letture, cit., pp. 103-120; FRANCA PETRUCCI NARDELLI, Un illustre ‘mostro’ tipografico. Il Tesoro Messicano, «Rara volumina», V, 1998, n. 1, pp. 37-71; GILBERTO DE ANGELIS, ‘Januarium nostrum’. L’esplorazione botanica lincea di Monte Gennaro agli inizi del XVII secolo. Nel IV centenario di fondazione dell’Accademia dei Lincei: 1603-2003, Villa Adriana-Tivoli, Tipigraf, 2003. 8 BELLINI , Federico Borromeo, cit., pp. 203-214. 9 GIUSEPPE GABRIELI , Giusto Ricchio belga: i suoi scritti editi ed inediti [1933], in Contributi, cit., II, pp. 1133-1164; ID., Ancora di Josse Rycke (Giusto Ricchio) panegirista o encomiatore ufficiale dei Lincei defunti nella prima Accademia [1941], ivi, pp. 1165-1175. Per la bibliografia specifica sul fiammingo, di seguito alla voce di J. ROULEZ nella Biographie Nationale, publie´e par l’Acade´mie Royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique, Bruxelles, Bruylant, 1876, V, coll. 689-691, si veda soprattutto la ricostruzione biografica di RUDOLF VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, «Messager des sciences historiques», 1880, pp. 12-32 e 189-208; 1881, pp. 160-185 e 457477; inoltre, pubblica il resoconto del secondo viaggio di Ryckius verso Roma il contributo di AL` Rome en 1624, in Me´langes Godefroid Kurth, Lie`ge-Paris, Vaillant CarPHONSE ROERSCH, De Gand a manne-Honore´ Champion, 1908, II, pp. 239-250. Ha sottolineato il ruolo di Ryckius tra i primi Lincei, definendolo «personaggio cruciale per la trasmissione della cultura neostoica all’interno dell’Accademia», BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., pp. 18, 162, 211-223; da ultimo, si vedano le

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va dimorato per alcuni mesi nei palazzi milanesi del cardinale, tra il 1611 e il 1612, inaugurando cosı` un sodalizio proseguito negli anni successivi per via epistolare.10 Come gesto di riconoscenza per l’ospitalita`, il fiammingo rese omaggio a Federico nel 1624 dedicandogli una raccolta di poesie latine dal titolo Heroicorum carminum liber singularis, il cui primo componimento e` un elogio in esametri della Biblioteca Ambrosiana. E` opportuno ricostruire gli antefatti di questo incontro per meglio valutarne il significato sia nella biografia del Linceo, non molto sondata dopo le ricostruzioni di Gabrieli, sia nella storia della Biblioteca Ambrosiana. Con la tappa milanese del 1611-12, Ryckius, allora ventiquattrenne, chiudeva il suo primo soggiorno italiano, durato circa sei anni e intrapreso alla fine degli studi per perfezionare, secondo il costume dell’epoca, la sua formazione umanistica. L’Accademia dei Lincei lo coinvolse nelle proprie attivita` solo nel successivo viaggio in Italia, a partire dal 1625 e fino alla morte, avvenuta a Bologna il 10 dicembre 1627. In realta`, sin dal 1614 il principe Federico Cesi attendeva il ritorno di Ryckius a Roma, perche´ mettesse al servizio dei Lincei le sue doti riconosciute di scrittore latino. Le mansioni previste erano di natura letteraria, dovendo egli curare l’ufficio della corrispondenza, garantire la correttezza stilistico-retorica degli scritti accademici e comporre gli elogi per i Lincei defunti. E` nota la premura, testimoniata soprattutto dal discorso Del natural desiderio di sapere et institutione de’ Lincei per adempimento di esso, che Cesi applicava alla memoria dei ‘fratelli’ scomparsi, auspicando la cura editoriale delle opere incompiute o ancora inedite e, appunto, ricostruendone le biografie ‘lincee’, da consegnare al ricordo dei posteri.11 Il principe Cesi analisi sull’attivita` di Ryckius come poeta linceo svolte da MASSIMO GUARDO, L’ape e le api: il paratesto linceo e l’omaggio ai Barberini, «Paratesto», I, 2004, pp. 121-136 e, dello stesso autore, il saggio ‘Apes nullis unquam encomij satis extuleris: retorica e stile nell’‘Apiarium’ di Federico Cesi, in appendice al volume FEDERICO CESI, Apiarium, a cura di Luigi Guerrini, traduzione di Marco Guardo, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2005 (Storia dell’Accademia dei Lincei, Fonti, 3). 10 Considerando l’alternanza di forme con cui si presenta il nome del fiammingo, si e ` scelto di adottare la grafia ‘Ryckius’ sulla base delle firme autografe visionate. Si conservano attualmente sette lettere indirizzate da Justus Ryckius a Federico Borromeo: 1) da Gand, 7 luglio 1612 (Milano, Bibl. Ambr., S.P. II 124 f. 202; JUSTUS RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria Altera, Nova. In qua mixtim Quaesita et Censurae, Lovani, Typis Christophori Flavi, 1615, n. 10, pp. 3-5); 2) da Lovanio, 21 agosto [1612-1614] (Milano, Bibl. Ambr., G 256 inf. n. 173); 3) da Gand, 27 agosto 1624 (JUSTUS RYCKIUS, Heroicorum carminum liber singularis ad Illustriss. Heroem Federicum Borromaeum Cardinalem, Gandavi, Ex Officina Typographica Iudoci Doomsii, 1624, [dedicatoria], cc. [*ijr-ijv]); 4) da Roma, 20 settembre 1625 (Milano, Bibl. Ambr., G 245 inf. n. 180; VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1881, p. 177); 5) da Bologna, [20 dicembre 1626] (Milano, Bibl. Ambr., G 256 inf. n. 165; VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1881, pp. 461-462); 6) da Bologna, 15 gennaio 1627 (ivi, p. 77); 7) da Bologna, 25 maggio 1627 (Milano, Bibl. Ambr., G 51 inf. n. 127; VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1881, pp. 466-467). 11 Il Discorso di Cesi, edito per la prima volta da Giuseppe Govi nelle «Memorie della R. Ac-

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raccolse appunti per i profili di Lincei defunti quali Antonio Persio (1612), Filippo Salviati (1614), Marcus Welser (1614), Giovanni Battista Della Porta (1615), Vincenzo Mirabella (1623) e Virginio Cesarini (1624), ma di queste solo la Vita dell’ultimo pote´ essere conclusa e avviata alle stampe nel 1629.12 Secondo Giuseppe Gabrieli, Ryckius «era rimasto quasi estraneo ed ignaro all’idea ed alla realta` accademica nel suo primo soggiorno in Italia»; tuttavia, occorre considerare che il suo ruolo tra i Lincei e` programmato almeno dal 1614, in coincidenza con l’avvio del Tesoro Messicano, e dunque la sua collocazione si inserisce nel primitivo modello teorizzato dal fondatore.13 Nel Carteggio linceo si coglie l’urgenza con cui Cesi attende il fiammingo, seguendo con apprensione gli impedimenti, di salute e familiari, che lo trattenevano nelle Fiandre: «Aspetto con desiderio il sig. Richio [...]. Finito il libro [il Tesoro Messicano], che subito giunto il Rickio io voglio premer con tutte le forze si faccia presto, lo mandaremo, e provederemo bene» (22 novembre 1614); 14 «M’e` stato caro particolarmente intender che il Richio sia per venir presto, che veramente e` un pezzo che l’aspettiamo, e molte cose patiscono per il suo tardare» (2 agosto 1615); 15 «Se il Richio viene, il che bisogna sollecitare per tutte le vie, il Terrentio havera` soddisfattione, che fra un anno e mezzo il libro senza dubio alcuno sara` finito di stampare; poiche´ ora camina adagio perche´ niuno di noi pol esserci assiduamente sopra, et io faccio quanto posso; cademia dei Lincei», s. III, V, 1880, pp. 249-261, ora si legge nel volume Scienziati del Seicento, a cura di Maria Luisa Altieri Biagi-Bruno Basile, Milano-Napoli, Ricciardi, 1980, pp. 39-70: 58. Per un puntuale commento del testo: OLMI, «In essercitio universale di contemplatione, e prattica», cit., pp. 315-379. Si ricordi inoltre quanto si prescriveva nel Lynceographum: «Principis, caeterorum Lynceorum gesta quaecumque tam in Lynceis rebus, quam alijs praecaris, negocia Lyncea, Lynceorum constructiones, Lynceorum admissiones, probationes, qui quo modo, nomine, titulo, vita, moresque, et gesta cuiusque Lyncei ad mortem usque in suum librum referat, ut vel ipse, vel alius iussu Principis historiam texere possit, et litteris consignare» (Lynceographum, quo norma studiosae vitae Lynceorum philosophorum exponitur, a cura di Anna Nicolo`, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2001, p. 124). 12 GABRIELI , Giusto Ricchio belga, cit., p. 1135; ID., Ancora di Josse Rycke, cit., p. 1166. Federico Cesi aveva richiesto la stesura degli elogi almeno dal 1616, come si evince da una missiva spedita dal Ryckius ad un amico il 16 settembre di quell’anno, in cui accenna al testo in onore di Marcus Welser, scomparso due anni prima: «De laudatione funebri amplissimo Velsero paranda, si adhuc eadem principis voluntas, neque ego indignus videor, qui onus in me suscipiam, age, mandatum mihi principis et argumentum cura»: GIUSEPPE GABRIELI, Il carteggio linceo della vecchia Accademia di Federico Cesi (1603-1630), «Memorie della R. Accademia Nazionale dei Lincei», Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. VI, (1938-1942), n. 445, p. 583 (le citazioni dal Carteggio linceo faranno sempre riferimento alla ristampa anastatica approntata dall’Accademia Nazionale dei Lincei nel 1996). 13 La prima candidatura lincea di Ryckius, su proposta di Faber, si colloca a ridosso di queste ricorrenze epistolari, risalendo alla tornata accademica del 24 marzo 1616 (GABRIELI, Introduzione a Il carteggio linceo. Parte III ed ultima – anni 1625-1630... –, cit., p. 1000). 14 GABRIELI , Carteggio linceo, cit., n. 367, p. 468. 15 Ivi, n. 405, p. 505.

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e V.S. creda pure che ho ritrovato figure, e aggiustate altre, e accomodati luoghi che, se si fosse affrettato piu`, era l’opra un cumulo d’errori, e ci vol diligenza continua, insistente» (8 agosto 1615).16 Da una lettera inviata da Johann Faber a Cesi nel 1615 pare di intendere che l’iscrizione accademica del fiammingo fosse sottintesa, legata al suo arrivo in Italia e all’inizio della prevista collaborazione. Alludendo all’intenzione del Ryckius di dedicargli «alcune operette», Cesi da` istruzioni al Faber, intermediario tra i due, circa gli stemmi da porre nel frontespizio dei testi, e allude ad una prematura, ma pur sempre menzionata, insegna lincea: «Circa li titoli, non essendo ancora tempo di palesar affatto l’impresa lincea, massime che il Rickio non e` ancora linceo, mi par che bastino quelli che vengono nell’inclusa cartuccia, che sono li soliti; se ci vole quella terza linea cioe` ‘filius et bene’, se non ci vole, si pol levare».17 La lettera con cui Faber il 18 gennaio 1614, per primo, riannoda il rapporto con l’amico rientrato in Belgio da circa due anni, contiene spunti interessanti per inquadrare il ruolo che Ryckius avrebbe dovuto svolgere all’interno dei Lincei. Facendo leva sugli argomenti piu` efficaci, Faber assicura che l’incarico di segretario non lo avrebbe distolto dagli studi prediletti, anzi, aggiunge, non sara` esclusa la possibilita` che le sue composizioni vengano stampate a spese del Principe; quest’ultimo inoltre, non solo possiede un biblioteca fornitissima ma, elemento fondamentale, e` generoso estimatore di letterati e, da ultimo, scrittore egli stesso: Inveni autem Principem quemdam saecularem, cui deberes ab epistolis esse tum latinis tum italicis: characterem is curat; haberes enim subsecretarium, modo litteras tu ipsi conciperes, in quibus etiam non ita multum occupareris, ita ut commodissime studiis et compositionibus, quod Principi illi volupe [sic] valde foret, incumbere posses; quin etiam facili negotio ab ipso impetrares ut tua, sive poetica, sive oratoria, suis sumptibus imprimi curaret. Et bibliothecam habet instructissimam [...]. Noveris insuper Principem nostrum benignissimum, splendidissimum, et quod caput rei est non solum literatorum omnium amatorem, mecenatem et admiratorem, sed ipsum etiam bonarum artium omnium studiosissimum, ita ut viri docti aliquando partus eius literarios visuri sint.18 16 Ivi, n. 406, pp. 506-507. Per ulteriori significativi cenni al Ryckius si vedano nel Carteggio linceo le lettere di Cesi a Faber comprese nel periodo 7 gennaio 1615-6 novembre 1617: n. 376, p. 477, n. 378, p. 481, n. 408, p. 508, n. 409, p. 509, n. 412, p. 513, n. 466, p. 608, n. 477, p. 616, n. 478, p. 618: «Persii quaeso impressionem maturet; ego me mexicanae editionis brevi complemento accingo, et praesertim si Richius advenerit: utinam et D. Columnam Romae haberemus; sed multa ego desidero, aliqua saltem contingant». Sottolinea l’ansia con cui era atteso Ryckius dai Lincei BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., p. 223. 17 GABRIELI , Carteggio linceo, cit., n. 421, p. 521. 18 Ivi, n. 299, pp. 409-410. Sulla biblioteca di Federico Cesi e dei Lincei: GIUSEPPE GABRIELI , La prima Biblioteca Lincea o Libreria di Federico Cesi [1938], in Contributi, cit., I, pp. 79-96: 91-92; ANNA MARIA CAPECCHI, Per la ricostruzione di una biblioteca seicentesca: i libri di storia naturale di

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Ryckius probabilmente non conosceva Federico Cesi di persona, ma alla proposta del Faber, che ancora celava l’identita` del patrono, subito indovina e mostra di apprezzare l’offerta – «conditionem illam romanam satis placere» –, fatta eccezione per un unico «scrupulum». I suoi primi sei anni in Italia saranno stati sufficienti per apprendere i rudimenti della lingua parlata ma, osserva Ryckius, replicando meno di un mese dopo (13 febbraio), altra cosa e` la scrittura, che ancora non aveva tentato e per la quale sono ugualmente necessari l’esercizio a tavolino e la pratica dell’uso: Illud tamen scrupulum iniecit, munus videlicet ab epistolis Italicis, nam ut candore Belgico hoc dicam, non is ego sum thuscanus, qui tam praefidenter has partes geram. Si quid stile poetico, aut oratorio valerem, id possem Principi meo dedicare, in Italica phrasi nihil praeter conatum adferre possum et promtam [sic] addiscendi voluntatem. Didicisse tamen oportet cum eo venerim, et magisterium in scenam, non disciplinam adferre; nisi ipsimet hyposecretario, quem scribis, de ridiculo esse debeam. Si tamen vel sic placere potuero, nihil morar: contentus sum in Italiam primo quoque tempore redire.19

I Lincei nascevano segnando un discrimine tra scienze esatte e discipline umanistiche, rifiutando la diffusa fisionomia di accademia letteraria, tuttavia ad essi non manco` la consapevolezza del valore fornito dall’estetica della scrittura. Era d’altronde coerente con l’epistemologia della nuova scienza, tesa a valorizzare il dialogo, la comunicazione e la condivisione del sapere, lo sforzo per corrispondere alle attese dei sapienti d’Europa. Prima della scissione tra le cosiddette ‘due culture’ e la conseguente nascita dei linguaggi settoriali, il codice di scambio culturale si muoveva sul vasto terreno degli studia humanitaFederico Cesi, «Rendiconti della R. Accademia Nazionale dei Lincei», classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. VIII, XLI, 1986, pp. 146-164; MARCO GUARDO, Storia della Biblioteca, nel volume della mostra Il trionfo sul tempo. Manoscritti illustrati dell’Accademia Nazionale dei Lincei, a cura di Antonio Cadei, Modena, Panini, 2002, pp. 23-33; MARIA TERESA BIAGETTI, La biblioteca di Federico Cesi. Un progetto di ricostruzione, nel volume Biblioteche private in eta` moderna e contemporanea. Atti del convegno internazionale Udine, 18-20 ottobre 2004, a cura di Angela Nuovo, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2005, pp. 95-103. 19 Ivi, n. 306, p. 415. A questi dubbi del Ryckius il tedesco Faber rispose con divertita ironia, felicitandosi per la disponibilita` dell’amico al rientro in Italia: «Placet te ita promptum esse Italiam revidendi, et candor tuus Germano-Belgicus placet, quo quid te remorari possit indicas, nempe Italici idiomatis imperitia, ut affirmas; quod tamen cum nullum sit te minime remorari debet, cum apud hunc Principem non ita frequenter, ut fieri in aulis cardinalium solet, literae Italicae scribuntur; quin si etiam plures tibi essent exarandae, an ingenium ad rerum capita excogitanda tibi deest? Quae si habes, ut probe illa possides, an verba tibi deficient? Quod si Cicero triduo etiam iuris prudentiam se professurum sperabat, an non quatriduo te secretarii munus promittes? Noli tibi ita diffidere; scribendo disces scribere, et fabricando fabri fuimus» (ivi, n. 313, p. 422, 15 marzo 1614). Dilungandosi il rientro in Italia, Ryckius inizio` in Belgio lo studio della lingua italiana, come dimostra la lettera che invio` al Faber il 31 agosto 1615 (ivi, n. 413, pp. 513-515).

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tis.20 Se dunque doveva apparire ovvio a Federico Cesi che servissero le competenze di un ‘professionista’ per comporre le biografie dei compagni defunti in base ai principi di un genere letterario, altrettanto fondamentali erano gli apparati di testo a corredo del Tesoro Messicano, opera lontana dalle codificazioni tradizionali. Non stupisce allora, ad esempio, che Faber, cui certo non mancavano nozioni di scrittura latina, potesse chiedere a Cesi di sottoporre alla revisione stilistica del fiammingo le pagine appena composte del Tesoro – «mi favorisca di far dare in tutta questa operetta una strupicciata bona» –, poiche´, aggiunge, «littera scripta manet, et quando e` stampata la cosa, non si puo` fare altro» (1 agosto 1625).21 * All’altezza del 1614 Ryckius aveva pubblicato una raccolta di lettere e due antologie poetiche, opere in realta` definite da lui stesso ‘giovanili’ e che non eb-

20 A proposito dell’ampio dibattito storiografico sulle ‘due culture’, tra le numerose voci disponibili, basti qui il rinvio a GIULIO PRETI, La polemica delle ‘due culture’, nel vol. Retorica e logica. Le due culture, Torino, Einaudi, 1968, pp. 9-60; Letteratura e scienza, a cura di Andrea Battistini, Bologna, Zanichelli, 1977; EZIO RAIMONDI, Letteratura e scienza, negli Atti del Congresso Letteratura e scienza nella storia della cultura italiana, Palermo, Manfredi, 1978, pp. 9-47; tra gli interventi piu` recenti si segnalano, anche per maggiori informazioni bibliografiche, il volume Letteratura e orizzonti scientifici, a cura di Giovanni Baffetti, Bologna, Il Mulino, 1997 e il saggio di ERALDO BELLINI, Galileo e le ‘due culture’, in Cultura scientifica e cultura umanistica: contrasto o integrazione?, a cura di Giorgio Olcese, Genova, Edizioni San Marco dei Giustiniani-Fondazione Giorgio e Lilli Devoto, 2004, pp. 117-145. 21 GABRIELI , Carteggio linceo, cit., n. 858, p. 1055, 1 agosto 1625. Cosı` scrive Faber a Cesi nel corso del 1625, alludendo, prima, ad alcune descrizioni di animali americani appena composte e, nell’ultimo caso, all’elogio di Giovanni Ciampoli da inserirsi nel Tesoro Messicano: «Vellem etiam, ut quam fieri potest, et fieri quidem una horula poterit, D. Rykius limam his suam adiungeret»; «Ho mandato questa mattina quel tanto che voglio stampare sopra l’elogio di Monsig.r Ciampoli nostro, con sentire la mente sua. Et ecco mi ha rimandato il foglio con quella animadversione che V. Ecc.za vedra` scritta dalla sua mano, che vuole dire che desidera si scriva che la camera sua e` sempre frequentata da virtuosi. Et sara` bene dunque che il Sig.r Rykio in questo gionga quattro parole»; «Mando qui un altro fascicolo della mia compositione a V. Ecc.za, et la supplico voglia darlo a rivedere al Sig.r Rykio, perche´ vi sono molte parole greche et altre d’eruditione, che ricevono qualche lima o spongia» (ivi, n. 822, p. 1024, n. 853, pp. 1049-1050, n. 886, p. 1084). Le parole del Faber, in particolare, andranno riferite alla sezione del Tesoro che i Lincei riuscirono a far stampare nel 1628. L’opera era aperta da un epigramma latino in onore del dedicatario Francesco Barberini composto da Ryckius, che, in tale occasione, «went to work on polishing the prose of his colleagues and coordinating the prefatory material and the laudatory epigrams» (FREEDBERG, The Eye of the Linx, cit., pp. 264-267: 266; PETRUCCI NARDELLI, Un illustre ‘mostro’ tipografico, cit., p. 59; DE ANGELIS, ‘Januarium nostrum’, cit., pp. 19-26). Ancora, il 22 gennaio 1626 Faber invita Cesi a far copiare dal suo amanuense il catalogo del Museo Naturalistico del medico olandese Bernard ten Broeke, e quindi a sottoporlo al controllo del Ryckius: «Sara` necessario che detto scrittore vada dal Sig.r Rykio et legga terno per terno seco, accioche´ sia scritto corretto, atteso che sono molte parole dalla derivazione greca, che esso forse non intendera`» (GABRIELI, Carteggio linceo, cit., n. 892, p. 1090; circa l’interesse dei Lincei per la raccolta di questo collezionista si veda anche BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., p. 75).

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bero ampia circolazione.22 Il credito che poteva vantare presso Cesi e i Lincei poggiava pertanto quasi esclusivamente sulla reputazione e sulle amicizie raccolte nei sei anni trascorsi in Italia. I documenti di quel periodo rimandano, in particolare, alla fitta comunita` di stranieri residenti a Roma, composta da prelati, letterati, artisti e scienziati, tra i quali erano gli stessi Faber e Schreck, i due accademici piu` legati a Ryckius, esponenti della «Germania Lincea».23 Ai primi del Seicento Roma, rinnovata nei fasti dal pontificato di Paolo V, continuava ad essere urbs urbium, meta ideale per i viaggi dei dotti provenienti da ogni parte d’Europa. Insieme a quella ‘germanica’, la nazione belga era uno dei gruppi piu` folti ed attivi, costituita soprattutto dai pittori attirati a Roma dalla generosa committenza, ma anche dalla nuova maniera di Caravaggio.24 Sul meno perlustrato versante degli studia humanitatis, gli ‘oltramontani’ a Roma fanno riferimento, perlopiu`, alla comune scuola di Giusto Lipsio.25 L’ascrizione a tale discepolato oltrepassava il ristretto numero degli allievi diretti del celebre filologo di Lovanio, andando a legare in modo capillare le generazioni educate nel corso della sua lunga carriera accademica, svolta in tre sedi universitarie del nord Europa. In tal modo, l’adesione alle sue dottrine e la 22 JUSTUS RYCKIUS, Praeludia Poetica, Duaci, Ex typographeio Caroli Boscardi, 1606; ID ., Primitiae epistolicae ad Italos et Belgas, Coloniae Agrippinae, Sumptibus Bernardi Gualtheri, 1610; ID., Poematum libb. II, Lovanii, Typis Io. Christoph. Flavii, 1614 (VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1880, pp. 189-194; GABRIELI, Giusto Ricchio belga, cit., pp. 1138-1139). 23 GIUSEPPE GABRIELI , La «Germania Lincea» ovvero Lincei e linceabili tedeschi della prima Accademia: in particolare di Teofilo Mu¨ller [1939], in ID., Contributi, cit., I, pp. 311-330. Sul Faber in particolare, con i dovuti rimandi bibliografici, si veda il saggio di GABRIELLA MIGGIANO, ‘Libri prohibiti’: qualche appunto dalle carte di Johannes Faber Lynceus Bambergensis, in L’organizzazione del sapere. Studi in onore di Alfredo Serrai, a cura di Maria Teresa Biagetti, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2004, pp. 245-273. 24 FRANC¸ OISE WAQUET, L’espace de la Re ´publique des Lettres, in Commercium litterarium. La communication dans la Re´publique des Lettres / Forms of Communication in the Republic of Letters. Confe´rences des Colloques tenus a` Paris 1992 et a` Nime`gue 1993 / Lectures held at the Colloquia Paris 1992 and Nijmegen 1993, par/by Hans Bots-Franc¸oise Waquet, Amsterdam-Maarssen, Apa-Holland University Press, 1994, pp. 175-189. Per un orientamento circa la presenza straniera tra Cinque e Seicento si segnalano i saggi di LILIANA BARROERO, «Il se rendit en Italie». Artisti stranieri a Roma nel Seicento; ELISJA SCHULTE VAN KESSEL, La presenza nederlandese nel primo Barocco romano: storia di un progetto di ricerca; IRENE POLVERINI FOSI, A proposito di una lacuna storiografica. La nazione tedesca a Roma nei primi secoli dell’eta` moderna, raccolti in «Roma moderna e contemporanea», I, 1993, pp. 13-34, 35-44 e 45-56. Inoltre: KARL RUDOLF, Santa Maria dell’Anima, il Campo Santo dei Teutonici e Fiamminghi e la questione delle nazioni, «Bull. de l’Inst. Historique Belge de Rome», L, 1980, pp. 75-91; Fiamminghi a Roma 1508-1608. Artistes des Pays-Bas et de la Principaute´ de Lie`ge a` Rome a` la Renaissance, cat. exh. Brussels (Palais des beaux-Arts), Ghent, 1995; Fiamminghi a Roma 1508-1608. Proceedings of the Symposium Held at Museum Catharijneconvent, Utrecht, 13 March 1995, Firenze, Centro Di-Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte, 1999; BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., pp. 220-233. 25 JOZEF IJSEWIJN , Scrittori latini a Roma dal Barocco al Neoclassicismo, «Studi Romani», XXXVI, 1988, pp. 229-249.

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condivisione del suo metodo critico si costruivano, oltre che attraverso la notorieta` dei suoi scritti, mediante un forte senso di appartenenza reciproca, maturata nell’educazione ai medesimi valori civili, religiosi e culturali. Anche a Ryckius premeva sottolineare questa partecipazione e, per quanto il suo percorso scolastico fosse stato relativamente autonomo dal magistero di Lipsio, in questi egli individuava il riferimento ideale della sua formazione. Rievocando la scomparsa del filologo, Ryckius leniva il proprio dolore nell’apprendere che Lipsio, quasi in punto di morte, aveva tenuto in mano il suo primo libro di poesie e ne aveva approvato il titolo, consacrando un tutorato soffocato sul nascere («Oh infelicem me! qui in ipso, quod aiunt, portu naufragium fecerim, quique illhinc unde praesidium sperabam, moerorem retulerim!»).26 Appare evidente l’importanza del neostoicismo nell’indirizzo culturale del giovane fiammingo, e dunque anche il possibile tramite da lui svolto per veicolare, o consolidare, l’influsso di questa scuola di pensiero tra i primi Lincei.27 Lipsio, che aveva vissuto in Italia tra il 1568 e il 1570, era solito riunire gli studenti migliori nella sua dimora privata, chiamata con termine di origine militare ‘contubernium’, espressione abbastanza diffusa e che, tra l’altro, si trova nel Lynceographum per indicare il gruppo dei Lincei.28 A questi giovani era impartito un curriculum ispirato ai principi della filosofia neostoica, la cui ultima tappa era il viaggio di perfezionamento, inteso non solo a completare la formazione culturale, ma anche «ad res humanas explorandas». Con la peregrinatio erudita, momento qualificante della crescita finalizzata al connubio di sapientia e virtus, i contubernales praticavano unitamente ai dotti di ogni nazione gli imperativi di amicitia e conversatio, capisaldi della pedagogia lipsiana in quanto strumenti di perfezionamento: «solus sapiens scit amare, solus sapiens amicus est»; «nulla res magis animis honesta induit dubiosque et in pravum inclinabiles revocat ad rectum quam bonorum virorum conversatio».29 Certamente a questo ideale formativo mirava Ryckius, il quale, scriven26 «Consolatur tamen me quod ante fatalem illam horam, fortasse paulo ante quam ‘ad lectum et letum’ ut ipse aiebat concederet, devoti sibi animi nostri signa viderit, non qualia merebatur, sed qualia tunc Ryckius illo ingenio, illaque aetate offerre poterat; scribis enim et libellum in manu sumpsisse, et titulo tantum inspecto, eo quod mortem prae oculis observantem haberet, studium nihilominus meum voce, nutuque probavisse» (RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 4, pp. 5-6). 27 Da tempo sono stati segnalati elementi di neostoicismo, diffusi nel sincretismo filosofico del tempo, nel pensiero di Federico Cesi e della prima Accademia: OLMI, «In essercitio universale di contemplatione, e prattica», cit., pp. 322-323, p. 356, n. 161; DE RENZI, Il progetto e il fatto, cit., pp. 503504, 512-513; BAFFETTI, Federico Borromeo, cit., p. 98; BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., pp. 152153; DE ANGELIS, ‘Januarium nostrum’, cit., p. 89. 28 Lynceographum, cit., p. 25. 29 I passi senecani (Ep., 81.12, 94.40) sono commentati da Lipsio nei suoi Manuductionis ad Stoicam Philosophiam Libri Tres, il fortunato manuale di filosofia neostoica edito per la prima volta nel 1604, a ridosso degli studi sul testo di Seneca culminati nella edizione critica del 1606: IUSTUS

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do da Roma nel 1610 ad un amico appena rientrato in Belgio, sintetizza con efficacia l’ethos del viaggiatore ‘curioso’, che non assiste passivo allo spettacolo dei luoghi e delle persone, ma prudentemente fa tesoro di tali esperienze, secondo i dettami della saggezza: In Belgium, mi Lichterveldi, venisti, hoc est in Latium illud, ubi sedes quietas tua Fata tibi ostendunt.30 Italiam, Germaniam, Gallias, praecipua Europae nostrae decora spectasti. Nec spectasti tantum otiose, ut multi nobilium (quos vocant) hominum, qui velut jxua* in theatris pqo*rxpa silentes, hiantesque praetervehuntur; sed (quod caput est peregrinationis tuae) ex decreto sapientum curiose annotasti quicquid ad vitam bene prudenterque instituendam necessarium videbatur.31

Corollario intrinseco del confronto con i dotti era la pratica di inviare e ricevere lettere, le quali, secondo un’immagine topica, agiscono come ‘vicarie’ LIPSIUS, Manuductionis ad Stoicam Philosophiam libri tres, in Opera Omnia, 4 voll., Vesaliae, Apud Andream ab Hooghenhuysen et Societatem, 1675, IV, pp. 613-821: 792 e 819. Mark Morford, autore di un fondamentale studio sulla ‘scuola lipsiana’ in Europa, circoscrive le fonti classiche del concetto di ‘amicizia’ (Panezio, Cicerone e Seneca), ponendo in luce il carattere di collegialita` e condivisione: «Lipsius, following Seneca, concludes that friendship between those who are sapientes is a matter of mutual trust and sharing, based upon knowledge that leads to virtue. [...] For him (as for Seneca) the more important element in Stoic friendship was that it extended beyond the inner circle of two or a few friends to widening circles of humanity, affirming the principle of the commune ius generis humani. Thus Stoic friendship was literally appropriate to the humanist, for it reminded its practitioners of their involvement with all humanity» (MARK MORFORD, Stoics and Neostoics. Rubens and the Circle of Lipsius, Princeton (N. J.), Princeton University Press, 1991, pp. 24-25). Sulle attitudini pedagogiche di Lipsio si vedano inoltre i saggi di HUGO PEETERS, Le ‘contubernium’ de Lipse a` Louvain a` travers sa correspondance, e di MARK MORFORD, Life and letters in Lipsius’ Teaching, nel volume Iustus Lipsius Europae Lumen et Columen. Proceedings of the International Colloquium. (Leuven 17-19 September 1997), ed. by Gilbert Tournoy-Jeanine De Landtsheer-Jan Papy, Leuven, Leuven University Press, 1999 (Suppl. «Humanistica Lovaniensia», XV), pp. 107-123 e pp. 141-168: 153. Circa il soggiorno di Lipsio in Italia: JOSE´ RUYSSCHAERT, Le se´jour de Juste Lipse a` Rome (1568-1570), «Bull. de l’Inst. Historique Belge de Rome», XXIV, 1947-1948, pp. 139-192; JAN PAPY, ‘Italiam vestram amo supra omnes terras!’ Lipsius attitude towards Italy and Italian Humanism of the late Sixteenth Century, «Humanistica Lovaniensia», XLVII, 1998, pp. 245-277; ID., Giusto Lipsio e la ‘Respublica litteraria’ italiana: ammirazione, ispirazione, delusione?, in Rapporti e scambi tra Umanesimo italiano ed Umanesimo europeo. ‘L’Europa e` uno stato d’animo’, a cura di Luisa Rotondi Secchi Tarugi, Milano, Nuovi Orizzonti, 2001, pp. 281-298. Per un inquadramento bibliografico su Lipsio, oltre alle voci citate, si veda l’utile saggio di RUDOLF DE SMET, Les etudes lipsiennes 1987-1997: e´tat de la question, «Bull. de l’Inst. Historique Belge de Rome», LXVIII, 1998, pp. 15-42 (numero monografico dedicato agli atti del convegno The World of Justus Lipsius. A Contribution towards his Intellectual Biography. Proceedings of a Colloquium Held under the Auspices of the Belgian Historical Institute in Rome (Rome, 22-24 May 1997), ed. by Marc Laureys. 30 «Per varios casus, per tot discrimina rerum / tendimus in Latium, sedes ubi fata quietas / ostendunt» (VERG. Aen I 204-206). 31 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 8, p. 23. Sul motivo del ‘teatro del mondo’, che la filosofia neostoica adotta come simbolo dell’effimero opposto alla imperturbabilita` del saggio, si vedano, anche per i dovuti rinvii bibliografici, le pagine di ANDREA BATTISTINI, Il Barocco. Cultura, miti, immagini, Roma, Salerno, 2000, pp. 82-86.

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del dialogo in praesentia. Lipsio aveva dedicato alla corrispondenza un importante testo teorico, cui aveva accompagnato altresı` la pubblicazione di circa ottocento missive tra il 1586 e il 1602, rinnovando un genere di antica tradizione umanistica e, soprattutto, richiamandosi ai precedenti trattati De conscribendis epistolis di Erasmo (1522) e di Vives (1536). La sua Epistolica institutio, a stampa per la prima volta nel 1591, intendeva recuperare la nozione latina di epistola, assegnandole autonomia rispetto al testo oratorio, cui era stata associata a partire dalla trattatistica medioevale. Declinata stilisticamente, a seconda del contenuto, nelle categorie di seria, docta e familiaris, essa, mentre diviene un piu` spontaneo strumento di meditazione interiore, si impiega a costruire la rappresentazione sociale dell’uomo di cultura, veicolandone la conversazione erudita con i pari d’Europa.32 La filigrana di queste idee, diffuse nella produzione coeva, e` ravvisabile nella lettera prefatoria della seconda raccolta di Justus Ryckius, nella quale al commercio epistolare e` riconosciuto il merito di donare all’uomo la possibilita` di infrangere i limiti dello spazio e del tempo, trasportando ovunque lo scambio dei pensieri: Magna est omnis litterarum dignitas [...], ea praecipua, quae scribendarum Epistolarum artem complectitur. Nam sine illa vix commercia humana subsistere, aut sal ille terrarum, amicitia, servari possit. Eius ministerio ubique sumus, etiam cum nusquam sumus; vel in pulvere et in urna sumus; ab ea loquimur, cum amplius non loquimur; perque illam «quicquid agunt homines, votum, timor, ira, voluptas, gaudia, discursus» [IUV. Sat. I, 85-86] ubivis terrarum degentibus nunciantur, et ab iis invicem accipiuntur. Hinc mentis nostrae velut altera quaedam mens est epistola, et linguae nostrae vicaria quasi lingua.33

Quando Ryckius giunse a Roma nel 1606, la scuola lipsiana vantava una riconoscibilita` ben consolidata. Proprio alla fine dell’anno precedente il poeta e filologo Philip Rubens, fratello minore del celebre pittore e allievo prediletto di Lipsio, era giunto dal Belgio per offrire ufficialmente a papa Paolo V l’edizione di Seneca appena completata dal maestro.34 Philip si trattenne in citta` 32 E. CATHERINE DUNN , Lipsius and the Art of Letter-Writing, «Studies in the Renaissance», III, 1956, pp. 145-156; MARC FUMAROLI, Gene`se de l’e´pistolographie classique: rhe´torique humaniste de la lettre, de Pe´trarque a` Juste Lipse, «Revue d’histoire litte´raire de la France», LXXVIII, 1978, pp. 886905; JEAN LEBEL, Litte´rature de voyage et genre e´pistolaire au XVIe sie`cle, «Bulletin de l’Association Guillaume Bude´» (2000), pp. 175-192; JAN PAPY, La correspondance de Juste Lipse: genese et fortune des ‘Epistolarum selectarum centuriae’, «Les Cahiers de l’Humanisme», II, 2001, pp. 223-234; Selfpresentation and social identification. The Rhetoric and Pragmatics of Letter Writing in Early Modern Times, ed. by Toon Van Houdt-Jan Papy-Gilbert Tournoy-Constant Matheeussen, Leuven, Leuven University Press, 2002 (Suppl. «Humanistica Lovaniensia», XVIII). 33 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., cc. [a2]v-a3r. 34 MORFORD, Stoics and Neostoics, pp. 37-41.

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per circa dieci mesi, riannodando le fila con alcuni compatrioti, come ad esempio il compagno di studi Johann Hemelaers, bibliotecario e segretario dello zio di Federico Cesi, il cardinale Bartolomeo. Forse proprio nella ricca dimora di questo prelato Philip ebbe occasione di incontrare lo scienziato Ascanio Persio, fratello del Linceo Antonio, gia` di sua conoscenza, entrambi assidue presenze nell’epistolario di Ryckius.35 Tra gli interlocutori di Philip era anche Kaspar Schopp, che da alcuni anni aspirava ad essere riconosciuto come sodale del gruppo lipsiano, promuovendo in tal senso iniziative editoriali volte a consolidare l’immagine ‘cattolica’ di Lipsio. Proprio in quei mesi, Schopp lavorava ai suoi Elementa Stoicae Philosophiae, un testo che sperava gli avrebbe guadagnato i favori del maestro di Lovanio.36 Il giovane Ryckius, che trovo` i primi impieghi come istitutore proprio grazie all’appoggio di Philip Rubens, frequento` i cenacoli piu` esclusivi di questo ambiente culturale, collazionando manoscritti nelle antiche biblioteche per conto di eruditi d’Oltralpe o raccogliendo iscrizioni e reperti archeologici.37 Tra i committenti di tali ricerche emerge lo storico bavarese Marcus Welser, al quale Ryckius si presento` per via epistolare dietro consiglio dell’amico Schopp, a sua volta protetto dall’aristocratico di Augusta. Molteplici interessi e numerose iniziative culturali ponevano Welser al centro di una estesa rete di relazioni, allargata a toccare luoghi e persone della res publica litteraria del35 Giunto ventenne a Roma nel 1600 con una lettera di raccomandazione di Lipsio, che gia ` aveva avuto un ruolo cruciale per la sua conversione al cattolicesimo, l’Hemelaers rimase nella casa del cardinale Cesi fino al 1607, quando il suo patrono ne assecondo` il desiderio di far ritorno in patria procurandogli un canonicato ad Anversa. Alcuni versi di omaggio reciprocamente scambiati testimoniano l’amicizia con Ryckius: E´MILE VAN AREMBERG, Biographie Nationale, cit., 1886-87, IX, coll. 2025; GIUSEPPE GABRIELI, Ricordi romani di P.P. Rubens [1928], in Contributi, cit., II, pp. 1577-1583; lettere di Ryckius ad Antonio Persio in RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 8, pp. 14-15, n. 33, pp. 52-54; al fratello Ascanio, nella stessa raccolta, n. 96, pp. 182-184. 36 MARK MORFORD, Towards an Intellectual Biography of Justus Lipsius. Pieter Paul Rubens, «Bull. de l’Inst. Historique Belge de Rome», LXVIII, 1998, pp. 387-403; BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., soprattutto il capitolo IV: Conversazioni filosofiche: Seneca e la nuova scienza, pp. 149170. E` interessante notare che gli Elementa di Schopp figurano nell’inventario della biblioteca di Johann Faber; inoltre, in quel medesimo periodo i fratelli Rubens, Kaspar Schopp e Faber stesso furono insieme coinvolti nella edizione delle incisioni di Theodore Galle esemplate sulla raccolta di antichita` di Fulvio Orsini. E` infatti opera di Faber il commento alle Imagines illustrium ex Fulvii Orsini Bibliotheca, pubblicate con successo ad Anversa nel 1606, inizialmente commissionato dall’Orsini a Schopp (ivi, pp. 149-152, 160). Su Kaspar Schopp, di seguito al ricco studio di MARIO D’ADDIO, Il pensiero politico di Gaspare Scioppio e il machiavellismo del Seicento, Milano, Giuffre`, 1962, si segnala il piu` recente volume Kaspar Schoppe (1576-1649), Philologe im Dienste der Gegenreformation. Beitra¨ge zur Gelehrtenkultur des europa¨ischen Spa¨thumanismus, Frankfurt am Main, Zeitspru¨nge. Forschungen zur Fru¨hen Neuzeit, Band 2, Helf 3/4, 1998; per le relazioni con Lipsio si consulti l’Inventaire de la correspondance de Juste Lipse (1564-1606), par Aloı¨s Gerlo-Hendrik D.L. Vervliet, Anvers, E´ditions Scientifiques E´rasme, 1968, ad indicem. 37 GABRIELI , Giusto Ricchio belga, cit., p. 1134.

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l’Europa cattolica e protestante. Welser, che sarebbe divenuto Linceo solo nel 1612, applicava gli interessi antiquari e storici al rinnovamento culturale e civile della sua citta`, impegnandosi a ricostruire la memoria imperiale di Augusta e per questo raccogliendo testimonianze epigrafiche e documenti antichi di vario genere.38 Tra Welser e Ryckius correva la distanza di una generazione, appartenendo il primo all’eta` di Lipsio, Giuseppe Scaligero, Fulvio Orsini e Gianvincenzo Pinelli e il secondo a quella di quanti cercavano di perpetuarne la lezione in campo storico e filologico. Di certo gli incarichi svolti a nome di Welser, a quell’altezza assai influente e conteso da accademie e istituzioni culturali, dovettero presentarsi a Ryckius come una preziosa occasione per concretizzare tale appartenenza e accelerare gli inizi della carriera. In tale contesto si inseriva anche la stesura da parte di Ryckius degli Epicedia latini in omaggio al Welser, annunciati per lettera al poeta Janus Gruterus nel 1615, ad un anno dalla scomparsa dell’augustano, e immediatamente dati alle stampe, preambolo dell’elogio che il fiammingo avrebbe dovuto stilare per incarico di Federico Cesi e che invece resto` in forma di abbozzo.39 Piu` in concreto, Ryckius volentieri assecondava queste ricerche archeologiche perche´ finalizzate in primis alla compilazione dell’opera da cui si aspettava il massimo riconoscimento. Durante il primo soggiorno italiano a lungo lavoro` infatti al suo De Capitolio Romano Commentarius, una raccolta di antichita` inerenti il Campidoglio, che riuscı` a stampare a Gand nel 1617 e per i cui meriti ottenne nel 1620 il titolo di cittadino romano.40 GABRIELI, Marco Welser Linceo augustano [1937], in Contributi, cit., II, pp. 989-1009; ROJ.W. EVANS, Rantzau and Welser: Aspects of Later German Humanism, «History of European Ideas», V, 1984, pp. 257-272; BERND ROECK, Zu Leben und Werk des Marcus Welser (1558-1614), «Archiv fu¨r Kulturgeschichte», LXXII, 1990, pp. 115-141; per le relazioni con Lipsio, di seguito alla relativa voce nell’Inventaire de la correspondance de Juste Lipse, cit., si veda JAN PAPY, Lipsius and Marcus Welser: the Antiquarian’s Life as ‘via media’, «Bull. de l’Inst. Historique Belge de Rome», LXVIII, 1998, pp. 173-189. Circa l’inizio della collaborazione tra Ryckius e Welser: RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 94, pp. 176-180; inoltre: ID., Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 9, pp. 2633, n. 21, pp. 76-78, n. 26, pp. 92-94, n. 29, pp. 101-103, n. 42, pp. 132-138, n. 44, pp. 140-141. 39 «Marci Velseri (cuius amorem crebre olim ad me litterae testabantur) superioribus diebus Epicedia conscripsi. Viri profecto maiore laudatore digni, ut quem maiores saeculo virtutes vivente nuper extulerint. Eorum exempla lubens ad te mitterem, nisi Plantiniani excudenda suscepissent, quae sic excusa, ad censuram tuam deferam» (ivi, n. 99, pp. 274-275). Il testo della Pietas in funere Ampliss. Et Cl. V. Marci Velseri figura entro le S. Asterii Episcopi Amaseae Homiliae edite con traduzione da Philipp Rubens nel 1615 presso la tipografia Plantin di Anversa; fu poi ristampato nell’Opera Omnia di Welser; tre elegie In funere Marci Velseri sono segnalate anche alle pp. 76-81 delle Parcae, l’antologia che il fiammingo diede alle stampe nel 1625 (VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1880, p. 195 e p. 208; GABRIELI, Giusto Ricchio belga, cit., p. 1139; ID., Ancora di Josse Rycke, cit., pp. 1172-1173). Ryckius riferisce a Cesi il 16 ottobre 1626 in merito alla faticosa redazione della biografia lincea di Welser (VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1881, p. 459). 40 JUSTUS RYCKIUS, De Capitolio Romano Commentarius, Gandavi, Apud Cornelium Marnium, 1617; GABRIELI, Giusto Ricchio belga, cit., p. 1139. Circa l’incidenza degli interessi antiquari nella cul38

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Insieme ai fratelli Rubens o a Kaspar Schopp, Ryckius e Faber si incontravano presso la bottega romana del medico olandese Enrico Corvino, protettore di artisti e letterati, nonche´ affiancatore dei primi Lincei nel corso delle escursioni botaniche compiute sui monti laziali nelle proprieta` della famiglia Cesi.41 E` ispirata all’hortus Corvinianus una lettera scherzosa inviata al semplicista Faber, definito rex botanicae, in cui Ryckius, mescolando ironicamente antiquaria e fitologia, trascrive un’epigrafe immaginaria contenente il testo di una antica «Lex Hortensia sive De Horto Corviniano». Dopo le sottoscrizioni dei consoli, che portano nomi quali Florius Venustus o Anthusius Purpureus, i sedici articoli della legge impongono norme semiserie riguardanti la condotta da tenersi nell’Hortus: vi accedano liberamente persone desiderose di imparare e ben disposte verso il prossimo («Siquis Studiosus, siquis amicus in illum Hortum venerit, usumfructum illi deberi»); vi si osservino le varieta` vegetali facendo pero` attenzione a non toccare o addirittura calpestare aiuole e filari, pena la «damnatio ad horti inrigationem» («Floribus, herbis, bulbis, neque pede molestus fiet, neque ungue. / Nihil carpat, aut vellicet, nihil deruncinet, nihil attigat, nisi quod per Herum licuerit»); cio` che piu` conta, conforme alla modestia e verecondia dei visitatori («Modesti tamen et verecundi, quique Gratias amant, et quos Gratiae adeant, petant, impetrent»), il giardino sia luogo di svaghi intellettuali e di conversazioni utili, il cui contenuto tuttavia si astenga da argomenti troppo seri, riservati ad altri luoghi («Caeterum litterarios sermones, et docta dicta, dummodo ne clamosos, dummodo ne rixosa, ab hoc loco non sperni»).42 Le fonti di questa Lex Horti Corviniani, secondo la segnalazione di Irene Baldriga, sono le analoghe leggi composte da Giusto Lipsio alla maniera degli Horti antichi.43 Nel momento in cui le ville dell’aristocrazia rinascimentale aprirono all’accesso pubblico porzioni dei loro giardini, si diffuse la moda tura neostoica si considerino le osservazioni di Peter N. Miller: «It is a striking fact that this philosophy found its warmest reception in the same audience that was also deeply engaged with antiquarian study of the past. If, as Lipsius’ ‘Ego e Philologia Philosophiam feci’ suggest, antiquarianism was responsible for neo-stoicism, the reverse is to some extent also true. The ‘Age of the Antiquaries’, to use Momigliano’s phrase, was also the age in which neo-stoicism flourished because history was felt to provide a certain kind of consolation to men who were so desperately seeking it. If ‘applied Stoicism’ was all about putting things in perspective, who could comprehend this better than the antiquary who spent his day poring over the broken remains of ancient glory? Who better knew that time was the destroyer of all things?» (PETER N. MILLER, Peiresc’s Europe. Learning and Virtue in the Seventeenth Century, New Heaven and London, Yale University Press, 2000, pp. 134-135); inoltre: COLETTE NATIVEL, Juste Lipse antiquaire, nel volume Juste Lipse (1547-1606) en son temps. Actes du colloque de Strasbourg, 1994, par Christian Mouchel, Paris, Honore´ Champion, 1996, pp. 275-293. 41 DE ANGELIS, ‘Januarium nostrum’, cit., pp. 35-44; BALDRIGA , L’occhio della lince, cit., pp. 227-233. 42 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 31, pp. 105-109. 43 BALDRIGA , L’occhio della lince, cit., pp. 209-220.

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di far incidere sui portali d’ingresso leges comportamentali, per il cui testo si recuperavano in chiave archeologica fonti latine di ambito giuridico e letterario. Lo stesso Lipsio, durante il suo viaggio in Italia, pote´ vedere un esempio di tali norme nella piu` antica di queste iscrizioni, fatta apporre da papa Giulio III nella villa che ancora porta il suo nome, dove il filologo usava incontrarsi con Marc Antoine Muret, suo interlocutore del trattato dialogico De recta pronunciatione Latinae Linguae, ambientato nel contesto del parco di Villa d’Este a Tivoli. Nell’opera di Lipsio figurano due esempi di leges horti, entrambe scritte a ornamento del suo giardino privato, e numerose riflessioni dedicate a questo tema, a riprova dell’importanza che tali luoghi rivestirono nella sua biografia e, soprattutto, entro il pensiero neostoico.44 Come messo in luce da Mark Morford, Lipsio mutua dall’antichita` il valore del giardino come luogo di ritiro solitario, lontano dai grigiori della vita urbana, della politica o della guerra; tuttavia, attento a non cadere nella visione lassista dell’epicureismo, troppo incline all’edonismo dell’isolamento, rinforza l’aspetto comunitario e intellettuale del tempo lı` trascorso. Il giardino e` luogo di negotium animi, di conversazioni leggere con amici intelligenti, ove recuperare la serenita` necessaria ad affrontare la vita sociale. Questa tensione morale non contraddiceva peraltro la dedizione alla cura del giardino – dove la natura da sottoporre all’ordine della ratio e` metafora della vita stessa – e alla raccolta di piante e fiori rari; anzi e` noto che Lipsio fu in strette relazioni con botanici di spicco, come ad esempio Charles de l’E´cluse, dal quale si faceva spedire i preziosi bulbi dei tulipani, da poco giunti in Europa. Tuttavia, ripetutamente Lipsio sottolinea che in primis l’hortus e` dedicato agli otia della mente e che dunque vanno condannati gli eccessi gratuiti del collezionismo. Il secondo libro del De constantia intitola dogmaticamente uno dei capitoli dedicati ai giardini: «Contra curiosos quosdam dissertum, qui hortis ad vanitatem et ignaviam abutuntur. Quis verus eorum usus. Sapientibus et doctis idoneos esse: et Sapientiam ipsam altam in iis educatam».45 DAVID R. COFFIN, The Villa in the Life of Renaissance Rome, Princeton, 1979; ISA BELLI BARVille di Roma. Lazio, I, Milano, Rusconi, 19832, pp. 170-186; DAVID R. COFFIN, The ‘Lex Hortorum’ and Access to Gardens of Latium during the Renaissance, «Journal of Garden History», II, 1982, pp. 201-232; MARK MORFORD, The Stoic Garden, «Journal of Garden History», VII, 1987, pp. 151-175. Le due leges di Lipsio, anch’esse in formula giocosa, figurano l’una nel terzo libro delle Antiquae lectiones, dissertazione in forma di Convivium tra amici ambientato nel giardino dell’autore, l’altra in una lettera a Dominic Lampson del 18 giugno 1587 (LIPSIUS, Antiquarum lectionum liber III, in Opera, cit., I, pp. 366-368; Epistolarum centuria II Miscellanea, in Opera, cit., II, n. 15, pp. 142-143). Sul trattato De recta pronunciatione Latinae Linguae, edito per la prima volta nel 1586, si veda il saggio di DIRK SACRE´, Juste Lipse et la prononciation du latin, in Juste Lipse (15471606) en son temps, cit., pp. 117-135. 45 «Iam siquis ex his Florae candidatis novius aliquid aut rarius nactus est, ut ostendat! Ut alii competitores aemulantur, invident! [...] Quid dicam? Nisi hilaram hanc quamdam insaniam esse: 44

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Cio` considerato, non dovevano mancare a Ryckius le motivazioni per mettersi nelle orme di Lipsio e dar prova di brillante estro erudito, rinforzando l’immagine di docta sodalitas a favore della compagnia che lo affiancava nelle ore di studio e nei momenti di svago. D’altronde, a conferma della fortuna di questo genere di jeu d’esprit, non sara` inutile segnalare che, all’incirca negli stessi anni, Maffeo Barberini componeva la Lex per i giardini di Villa Borghese sul Pincio. Grazie alla benevolenza del signore, che ha restaurato l’eta` d’oro cui disdicono «ferreas leges» – recita la legge – il bene moratus hospes e` legittimato a fruire liberamente delle gioie del parco, fatto salvo il rispetto per l’«honesta voluptas», il perseguimento del «verum» e l’osservanza dell’«aurea urbanitas».46 Al seguito del conte Ludovico Sarego, presso cui era impiegato, Ryckius trascorse lunghi periodi in Umbria, dove ebbe occasione di coltivare una serie di durature amicizie. Oltre al suo patrono, di cui Ryckius elogiava generosita` e raffinatezza culturale, rimandano all’ambiente perugino i nomi di Marc’Antonio Bonciari, Giovan Battista Lauro e Giuseppe Neri.47 Il Bonciari era personalita` di qualche rinomanza internazionale, ciceroniano rigoroso e docente di eloquenza nel locale ateneo dal 1592, egli apparteneva all’ultima grande genenec absimilem illi puerorum, pallentium et rixantium circa pupas suas et sigilla? [...] An ego tam levis, quem efferat aut deprimat herbula aliqua rarior, sive adepta sive amissa? Imo aestimo res suis pretiis: et reposito lenocinio illo novitatis, scio herbas esse, scio flores: id est brevia quaedam et fugacia. [...] Itaque non sperno eas sive delicias sive elegantias (et exemplum vides) sed hoc a mollibus Hortensiis istis muto, quod sine cura haec talia conquiram: sine cura habeam: sine cura amittam. Nec inde ille ego tam marcidus, imo tam mortuus, ut recondam et velut sepeliam me in his hortorum umbris. Negotium etiam in illo horto reperio, et invenit ibi animus, quod sine actione ulla agat, sine labore ullo elaboret» (LIPSIUS, De constantia, in Opera, cit., IV, pp. 567-569). Circa i rapporti con Charles de l’E´cluse si veda il saggio di JEANINE DE LANDTSHEER, Justus Lipsius and Carolus Clusius. A Flourishing Friendship, «Bull. de l’Inst. Historique Belge de Rome», LXVIII, 1998, pp. 273-295. 46 BELLI BARSALI , Ville di Roma, cit., p. 110 e pp. 248-267; COFFIN , The ‘Lex Hortorum’, cit., p. 221 (a pp. 227-228, n. 2 il testo della legge). 47 Il Sarego, di nascita veronese, fu governatore pontificio di Spoleto e di Imola, poi, tra il 1606 e il 1607, vicelegato a Perugia per conto del cardinale Bonifacio Bevilacqua (GABRIELI, Ancora di Josse Rycke, cit., pp. 1174-1175). A questo contesto sociale vanno riferite le relazioni di Ryckius con il Bevilacqua, che il fiammingo ringraziava per la stima mostrata verso Lipsio e i ‘lipsiani’ ed elogiava poeticamente nel testo di un’iscrizione latina composta, ma non affissa, per il sepolcro di Torquato Tasso, la cui costruzione, commissionata dal cardinale, fu terminata in S. Onofrio nel 1608 (RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 76, pp. 140-142). Inoltre, a proposito della predilezione di Ryckius per Tasso, cosı` annuncia ad un amico l’invio dei versi latini in onore del poeta: «Ephitaphia ista mitto, summi inter italos vestros poetae Torquati Tassi. Cui homo belga lubenter hoc, quantutulumque [sic] est, officii impendi, ut posteritas intelligat (si modo haec nostra aetatem ferent) illustribus ingeniis, in quavis terra, a bono et studioso quolibet, virtutis et industriae testimonia esse conferenda» (ID., Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 22, pp. 79-80, qui anche i versi in onore di Tasso, a pp. 79-80). Citano l’epitaffio del Ryckius: ANGELO SOLERTI, Vita di Torquato Tasso, 3 voll., Torino-Roma, Loescher, 1895, I, n. 1, p. 826; GABRIELI, Ancora di Josse Rycke, cit., p. 1165 (ma con una svista nell’indicazione della raccolta epistolare contenente il testo).

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razione di retori e filologi rinascimentali. Allievo di Muret e compagno di studi di Marcus Welser, amico e corrispondente di Cesare Baronio, Roberto Bellarmino, Fulvio Orsini e Gianvincenzo Pinelli, membro della romana Accademia degli Umoristi, era in relazione epistolare anche con Lipsio, quest’ultimo introdottogli per il tramite di un altro filologo di spicco della cultura umbra, il gesuita Francesco Benci.48 Le numerose lettere di Ryckius al Bonciari lasciano intendere sincera amicizia e comunanza di intendimenti culturali e umani; al piu` anziano maestro Ryckius poteva esternare i timori per la grigia situazione politica europea, invitandolo ad allontanare con la medicina dello studio timori ‘pubblici’ e dolori privati. Condizione diffusa negli stati d’animo dei fiamminghi in Italia, anche in Ryckius si riscontra l’amaro sconforto di chi vede la propria nazione battuta da decenni di lotte sanguinose e laceranti, e dunque si erge a portavoce di un’istanza irenica che univa al topico appello all’antica pax christiana le crude ragioni biografiche, assai spesso temperate dai sostegni della filosofia («Gallia in armis est, Germania tota concutitur, Belgica excussis pene induciis iterum fluctuat, turbida undique et acerba nunciantur. [...] Interea, mi Bonciari, obsidemus animum studiis Sapientiae, quae tunc demum veri aliquid fructus commodique adferunt, cum publici metus, aut doloris alicuius privati, gravissimam auferunt acerbitatem»).49 Vicino al Bonciari, essendo entrambi membri della cittadina Accademia degli Insensati (cui partecipo` anche Maffeo Barberini), Giovanni Battista Lau48 Muret, Fulvio Orsini e Latino Latini, insieme a Paolo Manuzio e a Girolamo Mercuriale, sono le conoscenze piu` significative che Lipsio strinse a Roma (RUYSSCHAERT, Le se´jour de Juste Lipse a Rome, cit., pp. 150-151; inoltre, fissano i dettagli di queste relazioni i saggi, raccolti nel «Bull. de l’Inst. Historique Belge de Rome», LXVIII, 1998, di JOZEF IJSEWIJN, Marcantonio Mureto, pp. 7180, WOUTER BRACKE, Giusto Lipsio e Fulvio Orsini, pp. 81-96, HUGO PEETERS, La correspondance de Juste Lipse avec Plauto/Francesco Benci: le re´cit d’une amitie´, pp. 97-119 e il gia` citato PAPY, Lipsius and Marcus Welser, pp. 177-190). Per quanto riguarda piu` da vicino Antonio Bonciari e Giusto Lipsio, si confrontino le loro ricorrenze nell’Inventaire de la correspondance de Juste Lipse, cit., ad indicem; presso la Biblioteca Ambrosiana si conservano due lettere, con le relative minute delle risposte, del Bonciari a Federico Borromeo (FEDERICO BORROMEO, Indice delle lettere a lui dirette conservate all’Ambrosiana, a cura di Carlo Castiglioni, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 1960, p. 60; le minute si leggono nel manoscritto Milano, Bibl. Ambr. G 230 inf., f. 65r e f. 277r). Per una prima informazione sul personaggio si veda la voce di RENZO NEGRI, in Dizionario biografico degli italiani, cit., XI, 1969, pp. 676-678. 49 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 15, pp. 50-52; ancora lettere al Bonciari, ivi, n. 43, pp. 138-140; ID., Primitiae epistolicae, cit., n. 51, pp. 83-87, n. 70, pp. 129-131, n. 99, p. 186; inoltre, un’ode alcaica dedicata al Bonciari e` inviata all’amico Johannes Wouwerius: ivi, n. 61, pp. 108-110. Il nome di Bonciari nell’epistolario di Ryckius si accompagna spesso a quelli di Schopp e di Antonio Querenghi; quest’ultimo era molto considerato dal fiammingo sia per le doti letterarie sia, verosimilmente, per il largo credito goduto presso la corte di papa Paolo V, da cui Ryckius sperava potessero giungergli offerte per una piu` sicura e prestigiosa sistemazione: ivi, n. 2, p. 3, n. 7, pp. 11-13, n. 39, p. 62, n. 78, p. 144. Sul Querenghi: UBERTO MOTTA, Antonio Querenghi (15461633). Un letterato padovano nella Roma del tardo Rinascimento, Milano, Vita e Pensiero, 1997, soprattutto le pp. 231-314.

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ro coltivo` una lunga relazione con Ryckius, inaugurata in questi anni italiani e coronata nel 1625 quando proprio al fiammingo il Lauro, a quel tempo ben inserito nell’ambiente della Roma barberiniana e lincea, affida la curatela editoriale della sua Theatri Romani Orchestra, una compilazione latina che, in forma di dialogo, tratteggia personaggi e ambienti della vita culturale romana all’altezza del 1618.50 Benche´ non restino lettere al Lauro risalenti agli anni 1606-12, questi e` ricondotto dal Ryckius al gruppo delle conoscenze umbre, come attesta lo scambio dei saluti in una missiva di quel periodo inviata al vicino Bonciari. Grande amico di questi e del Lauro era anche Giuseppe Neri, «tipico esponente di quell’area culturale perugina direttamente nota e geograficamente molto vicina al principe Cesi». Docente di matematica e astronomia nell’ateneo umbro ai primi del Seicento, la sua cultura di orientamento aristotelico non ne impediva il dialogo con la nuova scienza, tanto da essere ritenuto interlocutore competente da Galileo ed essere accolto, sebbene per poco piu` di un anno (14 aprile 1622-8 agosto 1623) tra i membri dell’Accademia dei Lincei, quasi alla vigilia della morte prematura.51 I frequenti soggiorni nei dintorni di Perugia, che nei luoghi e nelle persone paiono consuonare con la cultura umbra della famiglia Cesi, lasciarono al Ryckius un’impronta piu` duratura rispetto alla vivace trasferta napoletana, condotta al seguito del conte Sarego nella tarda primavera del 1610. Un dettagliato resoconto dell’escursione, nei toni divertiti e compiaciuti ben comuni tra gli stranieri in visita al paesaggio e all’archeologia nostrani, si trova in una missiva inviata all’amico Maximilian Vrient, diario delle singole giornate di viaggio: da Roma, lungo le vie Campana e Appia, essi fecero tappa nelle odierne Ariccia, Velletri, Cori, Sezze, il promontorio del Circeo, Terracina, il porto di Gaeta, l’anfiteatro di Minturno, Cascano, la decaduta Capua e infine Napoli, con i suoi pittoreschi dintorni (Pozzuoli, Miseno, Posillipo, Cuma, il Ve-

50 GIOVANNI BATTISTA LAURO , Theatri Romani Orchestra, Romae, Typis Andreae Phaei, 1625; una lettera di Ryckius al Lauro in VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1881, pp. 467-468. Sono utili per circoscrivere le relazioni tra questi personaggi le due raccolte epistolari del Lauro: Epistolarum Centuria Prima, Perusiae, Ex Typographia Augusta, 1618 (corrispondenza con Bonciari a pp. 42-43, 57-58, 86-87, 97-98); Centuria Selecta nunc primum edita, Romae, apud Andream Phaeum, 1621 (corrispondenza con Ryckius a pp. 50-53). 51 LINO CONTI , Giuseppe Neri: un matematico aristotelico all’Accademia dei Lincei, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1990, p. 3; RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 56, pp. 97-99, n. 66, pp. 121-124 (qui Ryckius include un’ode alcaica in lode del Neri come ringraziamento per l’«elegantissimam odam» composta per lui dall’amico), n. 73, pp. 136-138, n. 88, pp. 161-163. Circa i caratteri umbri della prima Accademia si veda, con i dovuti rimandi bibliografici, l’introduzione del volume FEDERICO CESI, Opere scelte, a cura di Carlo Vinti-Antonio Allegra, Perugia, Fabrizio Fabbri, 2003 (soprattutto la sezione redatta dal primo curatore: Federico Cesi, la prima Accademia, l’Umbria, pp. XIII-XLIX: XLI).

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suvio).52 Nella citta` partenopea Ryckius ebbe occasione di incontrare, tra gli altri, il letterato Giulio Cesare Capaccio, «virum amoenissimum», solito ad intercalare con profitto le occupazioni forensi, cui era chiamato per professione, e i «delicata Musarum otia». Insieme a Capaccio, che era in contatto anche con Ascanio Persio, Faber, Schreck e Welser, un altro incontro napoletano rimanda da vicino al circolo della prima Accademia cesiana, i cui debiti nei confronti del fertile ambiente partenopeo furono, come e` noto, molto consistenti.53 Ryckius visito` infatti il celebre museo di Ferrante Imperato, aderendo all’usanza che gia` da anni accomunava i viaggiatori di passaggio in citta`, attirati dalla straordinaria ricchezza della collezione, la cui variegata campionatura di naturalia ed artificialia, all’altezza dei primi del secolo, era oggetto «di un duplice tipo di fruizione [...]: da una parte gli addetti ai lavori e dall’altra i curiosi o i turisti».54 Molto probabilmente la comitiva cui si univa Ryckius va collocata nella seconda categoria, senza trascurare pero` le trame che legavano quell’ambiente alle frequentazioni lincee del fiammingo. Di fronte alla ridondanza di meraviglie esotiche, citando Properzio, Ryckius fornisce il resoconto di un luogo che gli appare strabiliante e insieme un po’ caotico. Accanto all’ammirazione per la varieta` di animali, vegetali e minerali lı` raccolti, l’accento e` posto sulla quantita` e sulla mole della raccolta, la cui visita occupo` una giornata intera, anche se, osserva Ryckius, non ne sarebbero bastate tre o quattro: Neapoli reversus nihil antiquius habui, quam ut Ferdinandi Imperati V. Cl. pacjsgri* am inspicerem: quam ille exoticorum animantium, lapidum, herbarum,

metallorum, et si quae sunt eius generis, adeo instructam habet, ut Romani Callimachi quamvis aliam sententiam, thesauro illi collaudando iure possim accomodare, «Natura hic posuit quicquid ubique fuit» [Prop. El. III, XXII 33], totam fere hodiernam diem eo inspicendo transegimus: sed nec triduum, immo quatriduum sufficiat ad omnia curiose et pensiculate examinanda.55 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 47, pp. 144-158. Ivi, p. 157; due lettere a Capaccio in RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 79, pp. 144-146 (a proposito di questa missiva, occorre segnalare una svista di GABRIELI, Giusto Ricchio belga, cit., p. 1149: il brano citato non si riferisce a Capaccio ma appartiene a una lettera a Faber raccolta nella seconda Centuria di Ryckius) e ID., Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 37, pp. 122-123. Sui rapporti tra la citta` campana e i Lincei: GIUSEPPE GABRIELI, Il «Liceo di Napoli». Lincei e linceabili napoletani e corrispondenti della vecchia Accademia dei Lincei nel Mezzogiorno d’Italia [1938], in Contributi, cit., pp. 1497-1548; G. OLMI, La colonia lincea di Napoli, in Galileo e Napoli, a cura di Fabrizio Lomonaco-Maurizio Torrini, Napoli, Guida, 1987, pp. 23-58. 54 ENRICA STENDARDO , Ferrante Imperato. Collezionismo e studio della natura a Napoli tra Cinque e Seicento, Napoli, Accademia Pontaniana, 2001, la citazione a p. 96 (si vedano in particolare le pp. 30-38 per le relazioni del collezionista con i Lincei); piu` in dettaglio, i rapporti tra Francesco Imperato, figlio di Ferrante, e Johan Faber sono stati descritti dalla medesima autrice in Francesco Imperato e i Lincei. Con alcune lettere inedite, «Aprosiana», IX, 2001, pp. 156-168; BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., pp. 61-69. 55 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 47, pp. 144-158: 156-157. 52 53

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* Dopo aver atteso una promozione sociale invano ricercata, alla fine del 1611 Ryckius decise di tornare in patria. Durante il rientro, che lo avrebbe dovuto portare a Parigi – dove era atteso dal gesuita Fronton le Duc 56 – una malattia lo costrinse a trascorrere i mesi invernali a Milano. Tuttavia, diverse circostanze, e per prima la generosa ospitalita` del cardinale Borromeo, resero meno disagevole l’incidente, tanto che avrebbe definito l’imprevisto felicem morbum e fortunatum infortunium, confermando il giudizio suggeritogli dal Welser. Nella Epistola dedicatoria dell’Heroicorum carminum liber, l’antologia offerta a Federico Borromeo, Ryckius rievoca con amarezza gli ultimi tempi romani, ricostruendo gli antefatti dell’arrivo a Milano: Olim namque alienissimo tempore ab urbe profectus, et Mediolani ea aegritudine praepeditus, quae amicos poene omnes et populares a me removit; prius subsidium tuum adesse sensi, quam implorassem: citius me intra aulam vocatum, quam cognitum; inter familiares receptum, quam clientibus adscriptum. Ut non sine causa V.C. Marcus Velserus, litteris sub id tempus ad me datis, ‘felicem’ illum ‘morbum’ inclamaverit, qui apud talem principem ‘admissionalis’ vice perfunctus, beavisset me verius, quam adflixisset. Et sane beatum me ac fortunatum infortunium illud reddiderat, si uti diutius fortuna ista domesticae necessitates permisissent.57

Ryckius da poco piu` di un anno conosceva di persona, oltre che per fama, il cardinale Federico, da quando cioe` si erano incontrati in occasione delle celebrazioni romane per la canonizzazione di Carlo Borromeo.58 Gli allestimenti Ivi, n. 49, pp. 162-163. Nella stessa raccolta figura un Itinerarium poetico che riassume il percorso da Roma a Milano: Heroicorum carminum liber singularis, cit., c. [*iij]r e pp. 45-54. 58 Dopo il lungo periodo romano degli anni giovanili (1586-1595), fondamentale nell’indirizzare la sua formazione culturale e spirituale, il cardinale soggiorno` a Roma nel 1597-1601, per dirimere questioni giurisdizionali intercorse con il governo spagnolo della sua citta`, nel 1610, per la canonizzazione del cugino Carlo e, infine, in occasione dei conclavi del 1605, 1621 e 1623. Per le vicende legate a questi tre ultimi viaggi: GIAN VICO BORROMEO, Federico Borromeo ed il conclave del 1623, «Nuova Antologia», IIIC, 1962, pp. 525-544; CARLO MARCORA, Il cardinal Federico Borromeo ed i conclavi, in Memorie storiche della diocesi di Milano, XI, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 1964, pp. 61-99. La fonte principale per la biografia di Federico Borromeo resta FRANCESCO RIVOLA, Vita di Federico Borromeo, Milano, Dionisio Gariboldi, 1656; un autorevole profilo e` stato fornito da PAOLO PRODI, Nel IV centenario della nascita di Federico Borromeo. Note biografiche e bibliografiche, «Convivium», XXXIII, 1965, pp. 337-359, in seguito rifuso nella voce del Dizionario biografico degli italiani, cit., XIII, 1971, pp. 3342. Per un orientamento nella bibliografia federiciana, dopo i lavori di FRANCO MOLINARI, Appunti storiografici sul card. Federico Borromeo, in Atti dell’Accademia di San Carlo. Inaugurazione del IV anno accademico, Milano, Accademia di San Carlo, 1982, pp. 155-174 e Per una bibliografia ragionata del cardinale Federico Borromeo, «Ricerche di storia sociale e religiosa», XXVII, 1985, pp. 55-74, si consulti la rivista «Studia Borromaica», che pubblica annualmente gli atti dei convegni organizzati dall’Accademia di san Carlo. In particolare, si segnalano i volumi Federico Borromeo. Fonti e storiografia, a cura di Massimo Marcocchi-Cesare Pasini, «Studia Borromaica», XV, 2001; Federico Borromeo uomo 56 57

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scenografici per la festa non avevano lasciato indifferente Ryckius che, riferendo dei sontuosi preparativi, non tratteneva l’entusiasmo pensando al riflesso positivo che l’evento avrebbe portato alla citta` lombarda: «Felicissimum Mediolanum, cui inter degeneres aevi reliquas [sic] tantus derepente Phoenix alluxit!».59 Il cardinale Federico si era trattenuto alla corte pontificia tra il 21 settembre e il 23 dicembre 1610, dividendo le sue ore tra i palazzi vaticani e i luoghi a lui piu` cari, come l’Oratorio filippino della Vallicella. Giovera` forse ricordare che proprio in quell’autunno tra le questioni maggiormente dibattute nei cenacoli laici ed ecclesiastici vi erano le recenti scoperte astronomiche di Galileo Galilei, messe ufficialmente alla prova dagli scienziati del Collegio Romano con una serie di osservazioni condotte tra il 22 e il 27 novembre.60 Durante questa permanenza a Roma, tra l’altro, il Borromeo ebbe occasione di conoscere il giovanissimo Giovanni Ciampoli, fissando i preamboli dei due mesi trascorsi dal fiorentino a Milano nella tarda primavera del 1612. Per una coincidenza fortuita, la promessa di questa visita era contenuta nella prima lettera scritta da Ciampoli a Borromeo e datata 7 novembre 1611, dunque ricevuta a Milano al principio del soggiorno di Ryckius.61 Quando il fiammingo giunse in citta` erano trascorsi meno di due anni dalla solenne inaugurazione della Biblioteca Ambrosiana, evento cardine nella biografia di Federico Borromeo e, insieme, occasione storica per il rilancio della sede lombarda. Milano, dopo la stagione riformatrice di Carlo Borromeo, con l’elezione di Federico aveva confermato un ruolo di primo piano nello scacchiere cattolico d’Europa, cui ora si aggiungeva la fama del mecenadi cultura e di spiritualita`, a cura di Santo Burgio-Luca Ceriotti, «Studia Borromaica», XVI, 2002; Federico Borromeo vescovo, a cura di Danilo Zardin, «Studia Borromaica», XVII, 2003; Federico Borromeo principe e mecenate, a cura di Cesare Mozzarelli, «Studia Borromaica», XVIII, 2004; Federico Borromeo fondatore della Biblioteca Ambrosiana, a cura di Franco Buzzi e Roberta Ferro, «Studia Borromaica», XIX, 2005. 59 La lettera, datata 12 settembre 1610, e ` indirizzata all’amico domenicano Philipp Wannemaker, che in quel momento si trovava proprio a Milano (RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 48, pp. 158-162). Il primo di novembre, in coincidenza con l’inizio dei festeggiamenti, Ryckius scrive inoltre al milanese Raffaele Montorfano annunciandogli l’intenzione di far visita al Borromeo (ivi, n. 23, pp. 81-82). Nella raccolta poetica del 1614 (ID., Poematum libb. II, cit.) e` contenuta un’ode in onore di san Carlo (VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1880, pp. 193-194). Sugli allestimenti per la festa del santo milanese si veda il saggio di ANDREA SPIRITI, L’apparato vaticano per la canonizzazione di san Carlo Borromeo (1610): novita` e considerazioni, nella miscellanea Studi di Storia dell’arte in onore di Maria Luisa Gatti Perer, a cura di Marco Rossi - Alessandro Rovetta, Milano, Vita e Pensiero, 1999, pp. 291-299. 60 Traccia in dettaglio il contesto di tali vicende GIOVANNI BAFFETTI , Retorica e scienza. Cultura gesuitica e Seicento italiano, Bologna, Clueb, 1997, pp. 149-210. 61 GUGLIELMINETTI -MASOERO , Lettere e prose inedite, cit., pp. 156-158; BELLINI , Federico Borromeo, cit., pp. 203-204.

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tismo artistico e culturale del suo arcivescovo.62 Il cardinale, che nel dicembre del 1609, al momento dell’apertura della Biblioteca, aveva di poco passato il quarantacinquesimo anno d’eta`, aveva da tempo maturato il lungimirante progetto della raccolta, la cui fama ormai circolava negli ambienti eruditi d’Europa. I numerosi attestati di stima che giunsero al Borromeo per festeggiare l’evento danno la misura delle aspettative cresciute attorno alle magnificenti collezioni ambrosiane, recuperate con tenacia e senza risparmio di denaro.63 In questo catalogo encomiastico entra anche la citata poesia scritta da Ryckius e collocata, come dicevamo, in prima posizione nell’antologia Heroicorum carminum liber, tatticamente data alle stampe nel 1624, poche settimane prima della seconda partenza per Roma. Il Borromeo entro` cosı` nel numero dei mecenati prediletti dal fiammingo, insieme ai cardinali Cobelluzzi e Bentivoglio, alla famiglia Barberini e a Federico Cesi.64 Proprio al neoeletto Urbano VIII Ryckius aveva donato nel 1623 62 Per un orientamento storiografico sul Seicento lombardo, di seguito alla classica Storia di Milano, 18 voll., Milano, Treccani, X, L’eta` dei Borromei (1559-1630), 1957, si vedano: «Millain the Great». Milano nelle brume del Seicento, a cura di Aldo De Maddalena, Milano, Cariplo, 1989; GIANVITTORIO SIGNOROTTO, Milano e la Lombardia sotto gli spagnoli, in Storia della societa ` italiana, 25 voll., Milano, Teti, XI, La Controriforma e il Seicento, 1989, pp. 189-223; Lombardia borromaica. Lombardia spagnola (1554-1659), 2 voll., a cura di Paolo Pissavino-Gianvittorio Signorotto, Roma, Bulzoni Editore, 1995; CESARE MOZZARELLI, Milano seconda Roma. Indagini sulla costruzione dell’identita` cittadina nell’eta` di Filippo II, in Felipe II (1527-1598). Europa y la Monarquı´a Cato´lica, 2 voll., director Jose´ Martı´nez Milla´n, Madrid, Parteluz, 1998, II, pp. 531-553; GIANVITTORIO SIGNOROTTO, Aperture e pregiudizi nella storiografia italiana del XIX secolo. Interpretazioni della Lombardia spagnola, «Archivio Storico Lombardo», CXXVI, 2001, pp. 513-560. 63 ANTONIO CERUTI , Biblioteca Ambrosiana, in Gli istituti scientifici, letterari e artistici di Milano, Milano, Pirola, 1880, pp. 95-204: 133-140; PETER BURKE, L’Ambrosiana e l’Europa del tempo, nel volume miscellaneo Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento, Milano, Cariplo, 1992, pp. 391-413; ALFREDO SERRAI, Storia della bibliografia, 9 voll., Roma, Bulzoni Editore, 1988-1995, V, Trattatistica biblioteconomica, a cura di Margherita Palumbo, pp. 201-233. I momenti cruciali in cui il cardinale convoglio` le intenzioni di rinnovamento culturale nella decisione di istituire la Biblioteca vanno probabilmente collocati nei primissimi anni del Seicento, considerando che a partire dal 1601 il cardinale risiede stabilmente a Milano e che risalgono al 1603 i primi documenti circa la costruzione dell’edificio che avrebbe ospitato l’Ambrosiana: ADA ANNONI, Le Costituzioni e i regolamenti, in Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento, cit., pp. 149-184: 153; MASSIMO RODELLA, Federico Borromeo collezionista di manoscritti: un primo percorso, «Studia Borromaica», XV, 2001, pp. 201-213; ID., Federico e i libri prima dell’Ambrosiana, in BONOMELLI, Cartai, tipografi e incisori, cit., pp. 19-31. 64 Ryckius dedico ` diversi scritti a Scipione Cobelluzzi (1564-1626), conosciuto mentre era segretario di papa Paolo V (in seguito avrebbe svolto le funzioni di abbreviatore di Curia, custode dell’Archivio di Castel Sant’Angelo e dal 1618 bibliotecario pontificio); tra queste opere figura il De Capitolio Romano Commentarius, edito nel 1617, un anno dopo la nomina cardinalizia del Cobelluzzi. Sul personaggio si veda la scheda di FRANCA PETRUCCI, in Dizionario biografico degli italiani, cit., XXVI, 1982, pp. 433-435. Circa i favori che il fiammingo ricevette dal Cobelluzzi, si dovra` tenere in considerazione quanto Ryckius scrive a Faber il 24 gennaio 1618, alludendo, gia` a quest’altezza, alla cattedra presso l’Universita` di Bologna, che di fatto gli verra` assegnata nel 1626, dopo il definitivo rientro in Italia: «Nugari quidem forte me credas, et exquisitam aliquam pqo*uarim adferre: non facias

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un elogio poetico dal titolo Orbis Felicitas, seguito l’anno successivo da una raccolta di epitaffi, le Parcae, dedicata al principe dell’Accademia dei Lincei.65 Facendosi portavoce dell’amico a lungo atteso, il 31 dicembre 1624 Johann Faber immediatamente avvisava Federico Cesi dell’arrivo di Ryckius a Roma, riassumendo in poche righe cio` che da anni ne condizionava i reciproci rapporti (le difficolta` in Belgio, le aspettative legate all’offerta di Cesi, le speranze affidate alle opere appena stampate e indirizzate a personaggi influenti e, da parte dei Lincei, l’augurio che finalmente Ryckius conducesse ad un punto di svolta la redazione degli scritti accademici): Mi ha lasciato la mia lettera, nella quale sono le condizioni che V. Ecc.za per me gli fece altre volte offerire, et se bene dice gli paia non convenga a pattuire con simili Principi grandi, tuttavia non havendo egli altrimenti da vivere, e` quasi necessitato a ricercare quello che non vorrebbe per bona creanza. Essendo dunque res utrimque [sic] integra, verra` a stare con V.a Ecc.za quando lei commandera`. Porta seco un’operetta dedicata a V. Ecc.za, et un’altra dedicata a Sua Santita` et Sig.r Cardinale Barberino, et un’altra al Sig.r Cardinale Borromeo. Spero che ci fara` non solamente grandissimo honore, ma sara` unico per mettere in essere tutte le compositioni Lyncee et abbellirle.66

Se dunque la stampa dei versi per l’Ambrosiana rientrava nelle strategie in preparazione del nuovo soggiorno italiano, la loro ideazione risaliva indietro all’inverno tra il 1611 e il 1612, quando Ryckius risiedette nelle stanze del cardinale: «citius me intra aulam vocatum, quam cognitum – scrive nella dedicatoria gia` ricordata –, inter familiares receptum, quam clientibus adscriptum».67 Facevano parte della corte del Borromeo personaggi di non mediocre cultura, alcuni gia` noti al Ryckius per fama, come il medico Ludovico Settala, gloria dell’erudizione locale, negli anni seguenti oppositore del plagiario di tamen si scias ill.mum Cardinalem Cobellutium, iuxta Principis Caesii conditiones, cathedrae Professoriae Bononiensis in Italia adipiscendae amplissimam spem fecisse, modo statuissem in Italiam redire» (GABRIELI, Carteggio linceo, cit., n. 487, p. 627). 65 Se ne veda la descrizione in GABRIELI , Ancora di Josse Rycke, pp. 1168-1175. La stesura delle Parcae era annunciata per lettera dal Ryckius a Faber sin dal 16 luglio 1617: «‘Capitolinus’ meus ‘Commentarius’ iam calet sub incudine Ill.mo Cardinali Cobellutio inscribendus; sequentur illum ‘Parcarum’ sive ‘Funerum’ libri tres Exc.mo Principi Caesio dedicandi, antecenia videlicet maiorum meorum in studiis missuum futuri: sunt ii libri partim prosa partim versa oratione conscripti, et non pauca in iis Epicedia Lynceorum Academicorum M. Velseri, Persii, Salviati, aliorum» (GABRIELI, Carteggio linceo, cit., n. 464, p. 603). 66 Ivi, n. 808, p. 976. 67 In una lettera del 15 luglio 1621 Ryckius testimonia la volonta ` di dedicare a Federico Borromeo i Tres Silvarum libri, alludendo alla raccolta che, con titolo diverso, avrebbe pubblicato tre anni dopo (ivi, n. 596, pp. 740-741).

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Galileo, Baldassarre Capra.68 Altri erano stati avvicinati per lettera, come ad esempio il dotto segretario del senato cittadino, Giovan Battista Sacco, cultore di studia humanitatis, attorno al quale si muoveva un piccolo gruppo di giovani letterati stranieri. Nelle raccolte di Ryckius si trova solo una missiva indirizzata al Settala, tuttavia il fiammingo conservo` a lungo la riconoscenza verso il celebre archiatra, grazie alle cure del quale pote´ superare la malattia che lo fermo` a Milano, tanto da inserire nell’Heroicorum carminum liber un componimento di tema medico a lui dedicato.69 Il vincolo con Giovan Battista Sacco inizio` nel 1610, quando Ryckius assunse l’iniziativa di scrivergli dietro suggerimento di Philipp Wannemaker, come attesta la prima delle tre lettere inviate al segretario del Senato.70 Se a quest’altezza ancora non si ipotizzava un incontro tra i due, diverso il caso dell’ultima lettera, dell’anno successivo, il cui tono meno formale e deferente giustifica una serie di episodi che avvicinano i due interlocutori; Ryckius ringrazia per la sollecita risposta dell’amico, si compiace del felice ritorno del cardinale Borromeo a Milano e, infine, dopo aver promesso l’invio di un suo scritto preannuncia la propria visita in citta`: Illustrissimus Borromaeus si bene ad vos rediit, gaudeo et gratulor; nullus enim est Principum quem magis salvum velim. Adeo natus ille ad invidiam caeterorum videtur qui ingeniis faveat, litteras iacenteis erigat, et novam melioris saeculi spem munificentia sua praebeat. ‘Centuriam’ meam ‘Epistolicam’ non misi prae exemplarium inopia: alioqui nihil veritus fuissem stomachum tuum fatuis istis cibis onerare. Mittam

68 FAVARO , Amici e corrispondenti di Galileo [1905-1906], cit., II, pp. 619-646). Su Ludovico Settala: SILVIA ROTA GHIBAUDI, Ricerche su Ludovico Settala, Firenze, Sansoni, 1959; Dizionario biografico degli scienziati e dei tecnici, a cura di Giorgio Dragoni-Silvio Bergia-Giovanni Gottardi, Bologna, Zanichelli, 1999, pp. 1331-1332; PAOLO COSTANTINO PISSAVINO, Lodovico Settala: aristotelismo e Ragion di Stato, «Studia Borromaica», XIV, 2000, pp. 175-197. Il Settala figura tra i corrispondenti di Giusto Lipsio: Inventaire de la correspondance de Juste Lipse, cit., ad indicem. 69 Scrive Ryckius al Faber da Milano l’11 febbraio 1612: «Ego quoque ad Orci pene januam steti, trimestri aegritudine ita confectus, ut nisi Cl. Septalius Herculem se praestitisset, sedissem aeternum infelix Theseus» (RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 58, p. 186). La lettera al Settala, di argomento filologico, e` spedita nel 1612 e bibliotheca Borromaea (manca l’indicazione del giorno: ivi, n. 55, pp. 179-181). Il carme al medico, ODOMSAKCIA ad Ludovicum Septalium V.C. Archiatrum, in ID., Heroicorum carminum liber singularis, cit., pp. 55-60. 70 «Jam amare etiam ausus sum, et benevolentiam tanti viri sollicitare peregrinus et ignotus, cognitore tamen dato R.V. Philippo Wannemakero, populari meo, quem pro veteri illa adversum me fide (atque utinam fidus hac in re Belga!) multa in commendationem mei apud te locutum opinor» (RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 11, pp. 34-35). Per le notizie sul segretario del senato cittadino occorre riferirsi alle poche informazioni ricavabili dai repertori bibliografici; tra tutti, FILIPPO ARGELATI, Bibliotheca scriptorum mediolanensium, 2 voll., Mediolani, In Aedibus Palatinis, 1745, t. II.I, coll. 1269-1270. Anche Sacco, come Settala, e` antica conoscenza di Giusto Lipsio: Inventaire de la correspondance de Juste Lipse, cit., ad indicem.

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tam brevi, cum Belgico proelo recusa fuerit; nam Agrippinense nimis misere illam habuit. Praesentem annum MDCXI felicem tibi ire, solemni voto voveo.71

Sacco a sua volta, riepilogando gli antefatti dello scambio epistolare con Ryckius, ne descrive l’arrivo improvviso in citta` e l’accoglienza ricevuta da tre giovani compatrioti – Ioannes de Scepper, Antonius Sanderus, e Philipp Wannemacher – che, come lui, avevano lasciato le universita` del Belgio per perfezionarsi in Italia: Iustus Ryckius iuvenis est Belga, mihi numquam de facie, nec etiam de nomine notus, nisi a paucis mensibus. Is enim Romae cum degeret, apud elemosynarium (ut accepi) summi Pontificis provocavit me cum litteris sane quam politissimis. Respondi procopia. Iterat: gemino. Inde silentium inter nos fuit. Nunc vero ecce hic repente Mediolanum advenit cum socio, in Belgium profecturus pervagatus antea amoenitates Italiae. Excipitur a Sanderio et Scapero. Mox ad me omnes eunt, uni cum Wannemachero. Gratus utique mihi talis iuvenis adventus et iucundus (utinam etiam fortunatus!) et iam prandium meditabor adventitium profectitiumque. Postridie ad me accurrivit Scaperus. Narrat iuvenem quidem hunc Canonicatum obtinuisse in patriam, quo illi sit redeundum.72

I fitti legami di Milano con la cultura dei Paesi Bassi spagnoli sono testimoniati anche dalla nota sensibilita` artistica del Borromeo, che fu tra i primi 71 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 39, pp. 127-128; manca l’indicazione del giorno, da supporrre tuttavia ai primi del 1611, dal momento che allo scadere del 1610 datava il rientro di Federico Borromeo a Milano; la seconda lettera, del 1610, ma anch’essa senza indicazione del giorno e del mese, e` di argomento filologico (ivi, n. 27, pp. 94-99). Da queste parole a Sacco si conferma che la rarita` della prima raccolta epistolare di Ryckius – le citate Primitiae epistolicae ad Italos et Belgas, Coloniae Agrippinae, sumptibus Bernardi Gualtheri, 1610 – e` un problema quasi coevo la stampa stessa: infatti, scrivendo a Marcus Welser il 10 luglio 1610, l’autore gia` accennava alla ristampa della raccolta affidata allo stesso editore ma «maiore impendio et cura» (Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 21, p. 77). Sulle ragioni di tale penuria, VAN DEN BERGHE scriveva che «l’auteur ayant probablement supprime´ tous les exemplaires qu’il a pu trouver. [...] Cette mesure serait due a` l’extreˆme ne`gligence avec laquelle l’imprimeur s’e´tait acquitte´ de sa taˆche» (Justus Rycquius, cit., 1880, p. 191). In effetti, l’esemplare da me consultato a Bologna presso la Biblioteca dell’Archiginnasio (segn. 7.U.V.41) ha caratteristiche del tutto concordanti con questa tesi: presenta numerose scorrettezze, consistenti sia in refusi tipografici sia in errori formali dovuti alla incompetenza del tipografo; d’altra parte, l’autore stesso nell’«Erratorum graviorum indiculus», constatando l’evidente impossibilita` di recuperare il testo attraverso l’errata corrige, fece stampare queste parole: «Graeca tuo Marte corriges. Amplissimum est reliquorum spicilegium, sed tanti mihi non erit ut bonas horas male perdam: tu facile inter legendum observitabis quisquis libellum non oscitanter percurres». Inoltre, testimoniano la volonta` di Ryckius di provvedere alla ristampa della raccolta le numerose correzioni manoscritte autografe che punteggiano i margini e il corpo del testo, probabili indizi di un lavoro di riscrittura iniziato e mai portato a compimento. 72 Bruxelles, Bibliothe ` que Royale, 19112 (ff. n.n., lettera ad Erycius Puteanus datata 7 dicembre 1611). Il manoscritto fa parte di un gruppo di sei faldoni contenenti le lettere dei corrispondenti di Erycius Puteanus, di questi il Ms. 19112 e` interamente occupato dalle missive di Sacco.

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estimatori di pittura fiamminga e intrattenne duraturi legami con Jan Brueghel dei Velluti e Paul Brill. Il cardinale, che gia` possedeva alcuni ‘paesaggi’ di Brill, sicuramente avra` mostato a Ryckius la Veduta marina inviatagli dal pittore di Anversa entro il settembre del 1611.73 Non e` escluso d’altronde che Ryckius conoscesse personalmente Paul che, insieme al fratello Matthaeus, aveva goduto delle cure mediche di Johann Faber a Roma, dove giunse nel 1575 e rimase sino all’anno della morte (1626), lavorando al servizio di papi e cardinali.74 Ryckius poteva dunque considerare la Milano borromaica una citta` ospitale e stimolante, memore anche del fatto che solo pochi anni prima, tra il 1598 e il 1606, vi aveva vissuto l’amico Erycius Puteanus, uno dei professori in carriera dell’Universita` di Lovanio, erede della prestigiosa cattedra di Giusto Lipsio, maestro di entrambi.75 In una lettera del 5 marzo 1612, Ryckius 73 MARCO ROSSI -ALESSANDRO ROVETTA , La Pinacoteca Ambrosiana, Milano, Electa, 1998, p. 122; in particolare, sulla permanenza italiana di Brueghel e la sua attivita` per il Borromeo: GIOVANNI CRIVELLI , Giovanni Brueghel pittore fiammingo o sue lettere e quadretti esistenti presso l’Ambrosiana, Milano, Boniardi-Pogliani, 1868; STEFANIA BEDONI, Jan Brueghel in Italia e il Collezionismo del Seicento, Firenze-Milano, s.e., 1983. Il cardinale condenso` le sue idee sull’arte in due scritti pubblicati nel corso degli anni Venti del Seicento: FEDERICO BORROMEO, De pictura sacra libri duo, Mediolani, [nella Stamperia di Sig.ria Ill.ma il Cardinale, presso Giorgio Rolla in Camposanto], 1624 (ora con il titolo Della pittura sacra libri due, a cura di Barbara Agosti, Pisa, Scuola Normale Superiore di Pisa, 1994) e Musaeum, Mediolani, [nella Stamperia di Sig.ria Ill.ma il Cardinale, presso Giorgio Rolla in Camposanto], 1625 (ora, a cura di Piero Cigada e commento di Gianfranco Ravasi, Milano, Gallone, 1997). La monografia piu` completa sugli interessi artistici di Borromeo e` di PAMELA M. JONES, Federico Borromeo e l’Ambrosiana. Arte e riforma cattolica nel XVII secolo a Milano [1993], trad. it., Milano, Vita e Pensiero, 1997; si vedano anche: PLATT ARLENE QUINT, Cardinal Federico Borromeo as a Patron and a Critic of Arts and his ‘‘Musaeum’’ of 1625, New York, Garland, 1986; BARBARA AGOSTI, Federico Borromeo, le antichita` cristiane e i primitivi, «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia», XXII, 1992, pp. 481-493; EAD., Collezionismo e archeologia, cit. 74 GABRIELI , Ricordi romani, cit., p. 1580; JONES, Federico Borromeo, cit., pp. 23, 63-71; JAN DE MAERE-MARIE WABBES, Illustrated Dictionary of 17th Century Flemish Painters, 3 voll., ed. by Jennifer A. Martin, Brussels, La Renaissance du livre, 1994, Text, pp. 76-77; BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., p. 172. 75 L’amicizia tra Ryckius e Puteanus risaliva indietro di almeno tre anni. La prima lettera a stampa di Ryckius a Puteanus e` datata 13 novembre 1608: Ryckius si rammarica di essere passato da Milano dopo che Puteanus gia` aveva lasciato la citta` lombarda per raggiungere Lovanio, si congratula per la cattedra di Lipsio da questi ereditata e, in chiusura, si augura di poter essere ricordato tra i sodali del nuovo professore. In particolare, la clausula finale – «Vale a novo, et veteri amico» – fa escludere che i due non si conoscessero prima ma, contemporaneamente, lascia intendere che il dialogo, forse mai realizzato de visu, per quanto fissato alla comune formazione lipsiana, ancora era considerato in fase di avviamento (RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 43, pp. 72-74; altre lettere in Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 56, pp. 181-183, n. 82, pp. 241-243; lettere di Puteanus a Ryckius in ERYCIUS PUTEANUS, Epistolarum Atticarum Missus Secundi, in Centurias tres divisi, jam vero centuria singulari et nova aucti, Coloniae, Sumptibus Haeredum Lazari Zetzeneri, 1636, pp. 358, 405 e in Epistolarum selectarum apparatus miscellaneus et novus, Coloniae, Sumptibus Haeredum Lazari Zetzeneri, 1641, cent. I, n. 61, pp. 67-74). Esiste uno studio monografico su Erycius

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idealmente definisce questa sorta di ‘colonia’ fiamminga a Milano, inserendosi nella linea iniziata da Puteanus, «primus e nostris Belgis», e destinata a proseguire «dum aliquis virtutem sequetur aut musas».76 Puteanus aveva insegnato storia ed eloquenza presso le Scuole Palatine della citta` lombarda, approfittando del suo soggiorno per tessere duraturi legami con l’Italia, di cui restano ampie tracce nelle centinaia di lettere scambiate con corrispondenti di tutta Europa e nelle decine di opere che scrisse e pubblico`, spaziando con versatilita` nelle arti del trivio e del quadrivio.77 Qui conta ricordare che anch’egli subı` il fascino delle imprese culturali di Federico Borromeo, assistendo di persona alla ideazione e alla costruzione della Biblioteca e del Collegio dei Dottori. Tornato in patria, volle mettere a frutto tali esperienze costituendo nel 1610 un’accademia per la formazione dei giovani talenti e promuovendo la rifondazione della biblioteca di Lovanio. Alla costante ricerca di finanziamenti per queste attivita`, era solito additare nel Borromeo un esempio di illuminato e generoso mecenate, sensibile alle esigenze del sapere moderno, i cui statuti costringevano ad uscire dai limiti dell’intraprendenza privata e per necessita` cercavano l’appoggio delle autorita` pubbliche. Di fronte all’arciduca Alberto d’Austria, chiamato a proteggere la novella Palestra Bonae Mentis, il maestro lovaniense richiamava il modello borromaico, rievocato con toni enfatici che, per quanto non rari nella sua prosa, vengono qui giustificati dalla sede accademica in cui l’orazione e` pronunciata: Sed et Mediolanum, urbs maxima, toties ruinis suis aucta, nunc tandem ad felicitatis fastigium uno Musarum domicilio surrexit, postquam in litteris Illustrissimus ac Reverendissimus Cardinalis Fredericus Borromaeus invenit, quod maximae urbis gloriae posset addi. Oh litterarum, non aedificium dicam, sed miraculum! Quod orbis totius, et antiquitatis thesauri videntur adornare. Oh virum, seculi non ornamentum dicam, sed numen! A quo tantum expectare beneficium aeternitas ingeniorum potuit. Sed non si optimi antistitis vestigia sequimur, quid ni et profectum aliquem speremus? Aliquis hic quoque Borromaeus erit, aliquis patrocinium Palaestrae suscipiet, et cum primum pubescentibus adhuc alis se Bonae Mentis fama tollet, ingenio-

Puteanus, datato ma ancora fondamentale: THEODORE SIMAR, Etude sur Erycius Puteanus (15741646) conside´re´ spe´cialement dans l’histoire de la philologie belge et dans son enseignement a` l’Universite´ de Louvain, Paris-Bruxelles, Picard-Dewit, 1909; inoltre, di seguito alla voce curata da ALPHONSE ROERSCH nella Biographie Nationale, cit., 1905, XVIII, coll. 329-344, si veda soprattutto la rivista «Humanistica Lovaniensia», XLIX, 2000, che raccoglie gli atti del convegno Acta Puteanaea. Proceedings of the International Colloquium ‘Erycius Puteanus (1574-1646)’. Leuven-Antwerp, 7-9 November 1996, pp. 169-421. Segnala il legame tra Ryckius e Puteanus BALDRIGA, L’occhio della lince, cit., p. 220. 76 RYCKIUS, Epistolarum Selectarum Centuria, cit., n. 56, p. 182. 77 Se ne veda l’elenco in JEAN FRANC¸ OIS FOPPENS , Bibliotheca Belgica, II, Brussels, 1739, pp. 748-823.

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rumque auspicia quaedam explicabit; nescire litteras nemo volet, ignorare Lovanium nemo poterit, et huc tandem velut ad portum recipient litterarum amatores, qui tempestate quadam seculi ubique fere iactantur.78

Al suo rientro in Belgio, nella primavera del 1612, Ryckius riannodo` l’amicizia con Puteanus che, anzi, da lı` in poi fu tra le persone a lui piu` vicine, accogliendolo ripetutamente nella sua casa di Lovanio, durante le lunghe trafile patite per la stampa delle sue opere, e sostenendolo nella ricerca di sempre migliori condizioni economiche. Certamente in questi frangenti Ryckius ebbe occasione di leggere all’amico i suoi versi in lode della Biblioteca Ambrosiana e Puteanus, per parte sua, pote´ fornire suggerimenti che gli venivano da un ininterrotto esercizio letterario sul tema. L’argomento biblioteconomico e` infatti uno dei tanti interessi lipsiani che Puteanus accolse e sviluppo`. Nel 1602 Lipsio aveva dato alle stampe un opuscolo sulle biblioteche antiche, il De bibliothecis syntagma, che, se non aggiungeva molto in termini storici, sintetizzava in poche pagine i capisaldi della materia, divenendo cosı` un diffuso manuale e costituendo «un efficace punto di partenza per l’avvio di tutto un nuovo fronte di illustrazioni e di ricerche sulla realta` bibliotecaria del XVII secolo».79 La carica propositiva dello scritto di Lipsio derivava dal fondamento stesso dei suoi interessi antiquari e filologici, mossi da intenti operativi inerenti l’etica del comportamento e anche versanti piu` pragmatici, come appunto la costituzione e l’uso delle biblioteche. L’invito rivolto da Lipsio al dedicatario dell’opuscolo, il principe Carlo duca di Croy e Arschot («hortor viam hanc verae laudis porro insistere, et libris litterisque propagandis, aeternitati tuum nomen consecrare»),80 trova un concreto appiglio nella lettera che il professore lovaniense scrisse a Federico Borromeo il 23 dicembre 1605, felicitandosi per la Biblioteca e, soprattutto, per il Collegio dei Dottori. Era quest’ultimo un piccolo gruppo di ricercatori, selezionati dal cardinale tra le piu` promettenti leve del clero locale, sollevati dalle cure parrocchiali o di insegnamento e stipendiati per mettere a frutto con lo studio il patrimonio della Biblioteca. In virtu` del motto ‘Singuli singula’, scelto dal Borromeo ad indicare la necessaria specializzazione e il moderno rifiuto dell’enciclopedismo, a ciascun Dottore era assegnata una disciplina specifica, nella quale doveva dimostrare applicazione pubblicando una nuova ricerca con cadenza almeno triennale e relazionando periodicamente di fronte al Col78 ERYCIUS PUTEANUS , Palestra Bonae Mentis Auctoritate Serenissimum Principum in Atheneo Lovaniensi Instituta, Lovanii, E Bibliopolio Flaviano, 1611, p. 24. 79 SERRAI , Storia della bibliografia, V, Trattatistica biblioteconomica, cit., pp. 197-200: 197. 80 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, in Opera, cit., III, pp. 1117-1140: 1140.

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legio riunito, a sua volta chiamato a collaborare con critiche o suggerimenti.81 A Lipsio premeva sottolineare come il Collegio milanese non fosse un istituto scolastico per giovani, ma un luogo di alta qualificazione, fino a quel momento unico in Europa. Solo incoraggiando i ‘maestri’, concludeva Lipsio, si puo` assicurare la continuita` della tradizione e arginare la decadenza: Iam denique serio intellexi ex benignis tuis ad me litteris consilium quod usui publico suscepisti, neque tale et tantum id esse animo praesumebam. De Bibliotheca suspicabar, eaque selecta et simul copiosa: sed addis etiam Collegium, atque id novi generis, in quo non juvenes, sed grandiores alantur, et qui facti aptique iam sint scriptis, consilio, voce alios iuvare vel docere. [...] Barbaries et tenebrae, quas magno opere discusserunt boni providique maiores nostri, utinam nos faciamus, ut ne frustra! Sed tu facies pro tua parte Ill.me et Rev.me Domine: sequantur duo, tres in Europa, oh magnum brevi et diffusum lumen! Enimvero saepe miratus sum, cum tam multa passim collegia aut scholae instituantur pueris aut iuventuti formandae: neminem adhuc fuisse, qui proprie solicitus esset et curaret de doctoribus: sine quibus cui usui omnis illa institutio est? Speciem non rem habet, et multi in cursi sunt, pauci ad metam veniunt et verum studiorum finem. Cavendi prospiciendique ratio aut haec est, quam inis, aut nulla: et ipsi eligendi, alendi, formandi sunt, qui forment.82

Proprio nel 1605 Puteanus inizio` a trattare questo tema componendo un’orazione dal titolo De usu fructuque librorum, espressamente dedicata al Borromeo e recitata di fronte all’uditorio delle Scuole Palatine di Milano. Ri81 Il primo abbozzo delle Constitutiones Collegii ac Bibliothecae Ambrosianae risale al 1606, a ridosso dunque della lettera di Lipsio, ma gia` dal 1603 il cardinale seguiva con attenzione la formazione di coloro che aveva scelto per comporre la sua e´quipe di studiosi; il 7 settembre 1607 con atto notarile si sanciva la nascita ufficiale del Collegio; al proposito si vedano le osservazioni di ANNONI, Le costituzioni e i regolamenti, e CARLO MARCORA, Il Collegio dei Dottori e la Congregazione dei Conservatori, nel citato volume Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento, cit., pp. 185-217 e p. 254; circa l’impostazione della ricerca auspicata dal cardinale, sia permesso il rinvio a ROBERTA FERRO, Gli scritti di Federico Borromeo sul metodo degli studi, «Aevum», LXXV, 2001, pp. 737-758. 82 LIPSII Epistolarum Selectarum Centuria V. Miscellanea postuma, in Opera, cit., II, n. 88 pp. 519-520; la precisazione sull’eta` adulta degli studiosi si leggeva gia` nel De bibliothecis syntagma: «Sed [Strabo] viros ait: non ergo pueros aut iuvenes, et qui velut in spem studiorum (hodie solitum) educarentur» (De bibliothecis syntagma, cit., p. 1139). Sull’opuscolo di Lipsio si vedano: PAUL NELLES, Juste Lipse et Alexandrie: les origines antiquaries de l’histoire des bibliothe `ques, in Le pouvoir des bibliothe`ques. La me´moire des livres en Occident, par Marc Baratin-Christian Jacob, Paris, Albin Michel, 1996, pp. 224-242; THOMAS D. WALKER, Ancient authors on libraries: an analysis and bibliographic history of ‘De bibliothecis syntagma’ by Justus Lipsius, in Iustus Lipsius Europae lumen et columen, pp. 233-247. Pone a confronto le idee lipsiane con la struttura della Biblioteca Ambrosiana UBERTO MOTTA, Borromeo, Pinelli e Querenghi: letteratura e collezionismo librario tra Cinque e Seicento, «Studia Borromaica», XIII, 1999, pp. 129-159: 145-149; il regesto dello scambio epistolare tra Lipsio e il cardinale in Inventaire de la correspondance de Juste Lipse, cit., ad indicem, la pubblicazine delle lettere in ROBERTA FERRO, Un dialogo tra intellettuali: la creazione di una grande biblioteca (Federico Borromeo e Giusto Lipsio), «Studia Borromaica», XIX, pp. 311-349: 330-349.

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sale pero` a un trentennio piu` avanti l’opera per cui ancora il suo nome e` ricordato nelle ricostruzioni storiche di questa materia. Gli Auspicia bibliothecae publicae Lovaniensis sono una lunga dissertazione in cui alla storia delle biblioteche, dall’antichita` sino ai tempi moderni, si aggiungono sezioni piu` innovative, in cui Puteanus tratta dei criteri di selezione tra opere ed edizioni diverse, della struttura e dell’uso dei cataloghi, dell’importanza di annettere alla biblioteca un’officina tipografica, vero motore per la diffusione dell’attivita` scientifica: Reliquum est, ut quemadmodum Academiae Bibliotheca accessit: ita Bibliothecae Typographiam sociam demus. Quid enim? Ut Bibliotheca Academiae altera Academia est, ita Typographia Bibliothecae altera Bibliotheca. In ista dedicantur libri, ut publici fiant, in hac excuduntur, ut queant dedicari. Hic inde si momenta librem, utilius a praelo, quam armario depromantur: singuli ab armario, infiniti a praelo. Illi unius loci sunt, hi omnium: illi a paucis admodum legi solent, hi ab universis.83

Puteanus era a Milano mentre il cardinale Borromeo si adoperava per affiancare alla Biblioteca una Tipografia Ambrosiana, la cui creazione avrebbe dovuto svincolare la produzione scritta dei Dottori da editori esterni, dotando cosı` i ricercatori dell’ultimo sussidio – quello editoriale – affinche´ il loro lavoro portasse frutti circolando nella Res publica litteraria. Il cardinale, ricettivo nei confronti delle proposte culturali piu` aggiornate, teneva sotto gli occhi l’esempio della stamperia Vaticana, frequentata assiduamente durante i suoi trascorsi giovanili presso la Santa Sede.84 Negli anni di insegnamento a Lovanio, Puteanus incentivo` i suoi studenti nella scrittura di elogi dell’Ambrosiana, i migliori dei quali venivano donati al cardinale. Fra questi, si conta un Elogium Bibliothecae Ambrosianae inviato da Nicolaus Burgundius a Federico Borromeo, il quale, una volta ricevuto l’omaggio, ringrazio` l’autore tramite una lettera del 5 settembre 1610. Al di la` dell’episodio, da valutarsi come esercizio scolastico, interessa notare che Bur83 ERYCIUS PUTEANUS, Auspicia Bibliothecae publicae Lovaniensis, Lovanii, Typis Everardi de Witte, 1639, p. 59 (l’anno della princeps e` da retrodatare al 1636 secondo le ipotesi di ANTONIO IURILLI, Erycius Puteanus: dalla Biblioteca Ambrosiana alla Lovaniense, «Accademie e biblioteche d’Italia», LXV, 1997, pp. 5-22: 9); l’orazione De usu fructuque librorum, et Bibliothecae ac Musaei Ambrosiani fu edita per la prima volta nella sua raccolta Suada Auspicalis, sive orationum selectarum Praemetium, Hanoviae, Typis Wechelianis apud Claudium Marnium et heredes Io. Aubrii, 1606 (ma la dedicatoria della singola orazione e` firmata 21 agosto 1605); SERRAI, Storia della bibliografia, cit., III, Vicende ed ammaestramenti della ‘Historia Literaria’, a cura di Maria Cochetti, Roma, Bulzoni Editore, 1991, pp. 313-317. 84 Lo stesso Puteanus, una volta tornato in patria, venne incaricato dal cardinale di procacciare un editore di livello per gli scritti del Collegio. Tuttavia, fu in seguito sollevato da tale servizio perche´ accusato di fregiarsi inopportunamente del titolo di ‘Dottore Ambrosiano’ nei frontespizi di alcune sue opere (MASSIMO RODELLA, Fondazione e organizzazione della Biblioteca, in Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento, cit., pp. 136-144).

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gundius in seguito strinse amicizia con Ryckius, come attesta una poesia latina del giovane alunno inserita quale ultimo componimento nell’Heroicorum carminum liber.85 Ancora, a dimostrazione di quanto premesse il tema ambrosiano al gruppo di studenti e maestri di Lovanio, lo stesso Philipp Wannemaker, il domenicano che abbiamo visto con Sanders e de Schepper accogliere Ryckius a Milano, compose un Triumphus latino per onorare la Biblioteca milanese e il suo fondatore, nel cui testo emerge come preponderante lo spirito riformatore dell’impresa federiciana, eretta a baluardo contro la decadenza religiosa e culturale.86 Piu` celebre di Burgundius e Wannemaker, anche il venticinquenne Antonius Sanders, come Ryckius originario di Gand, certamente ricavo` dalla citta` borromaica indicazioni preziose in vista della sua prolifica attivita` erudita. «Formidabile raccoglitore di libri», egli avrebbe occupato la sua decennale carriera in una «indefessa opera di documentazione storica e bibliografica», componendo importanti repertori biobibliografici sugli scrittori della Fiandra, di Gand e di Bruges, cataloghi sui fondi manoscritti delle biblioteche dei Paesi Bassi e profili storico-geografici della sua terra. Aderendo ad istanze diffuse nelle province dei Paesi Bassi, divenute tra Cinque e Seicento il «centro propulsore ed innovatore delle attivita` bibliografiche», nel 1633 Sanders indirizzo` ai governanti di Gand una Dissertatio paraenetica per stimolare l’istituzione di una biblioteca pubblica cittadina, anch’egli ripercorrendo la storia delle raccolte antiche e moderne, puntualizzando le finalita` di una biblioteca, i suoi sistemi organizzativi e i compiti del bibliotecario.87 85 Il carme latino di Burgundius a Federico Borromeo e la lettera di risposta del prelato figurano in PUTEANUS, Palestra Bonae Mentis, cit., pp. 136-142; i versi ospitati nella raccolta del Ryckius, un panegirico a Maffeo Barberini dal titolo Nicolai Burgundi Auspicium Urbani Octavi Pontificis Maximi, si leggono in RYCKIUS, Heroicorum carminum liber singularis, pp. 104-107; una sua poesia anche in ID., Poematum lib. II, cit. (VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1880, pp. 193-194). Il Burgundius era nato nel 1586 e, dopo gli studi giuridici presso l’Universita` di Lovanio, raggiunse il successo affiancando gli impegni di giureconsulto, politico e studioso erudito (J. BRITZ, Biographie Nationale, cit., 1868, II, coll. 852-857). Piu` scarne le notizie su Jean de Schepper, anch’egli proveniente da Gand e ricordato come cronista e poeta; la sua permanenza a Milano e` legata al ruolo di cappellano e bibliotecario del governatore Velasco. Ryckius compose un epitaffio per celebrarne la morte prematura avvenuta nel 1620, quando aveva all’incirca quarant’anni (AUGUSTE VANDER MEERSCH, Biographie Nationale, cit., 1876, V, coll. 718-719). 86 Il Triumphus intende fornire, a scopo encomiastico, un’accurata immagine della vivacita ` culturale attorno all’Ambrosiana e dunque ripetutamente cita i personaggi qui ricordati: PHILIPP WANNEMAKER, Triumphus litteratorum, in quo Borromeianae virtutis imago, Mediolani, Apud Haer. Pacifici Pontii et Ioan. Baptistam Piccaleum, 1611 (Puteanus: p. 8; Bonciari: pp. 16, 109, 111; Sacco: pp. 26, 110; Schepperus: p. 39; Ryckius: pp. 60, 112; Lauro: p. 110; Settala: p. 112); sull’opera si veda il saggio di DIRK SACRE´, A Forgotten Somnium: Philippus Wannemakerus (1586-1630) and his ‘Triumphus Litteratorum’, «Lias», XXXI, 2004, pp. 141-164. Sul domenicano: FOPPENS, Bibliotheca Belgica, cit., II, p. 1045; SERRAI, Storia della bibliografia, V, Trattatistica biblioteconomica, cit., pp. 225-226. 87 VICTOR FRIS , Biographie Nationale, cit., 1911-13, XXI, coll. 317-367; SERRAI , Storia della bi-

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Oltre agli encomi di rito sulla straordinaria abbondanza di libri e manoscritti, i contenuti di tali testi, compreso il carme di Ryckius, insistevano su idee ben circoscritte. Di fronte all’inerzia culturale, i libri conservano la memoria del passato e riannodano la catena delle conoscenze, offrendo ai moderni il presupposto per il progresso del sapere. La biblioteca non e` piu` tesoro privato, dove gli oggetti si accumulano in ragione del dato estetico, ma si apre al pubblico, alla comunita` dei sapienti. In questo modo i volumi e i manoscritti non restano muti ma partecipano alla diffusione della cultura. Per tale fine, riprendendo l’antico modello del Museo Alessandrino, il cardinale ha raccolto un gruppo di studiosi, il Collegio dei Dottori, appositamente chiamati a dedicarsi allo studio, e per questo sollevati da ogni cura materiale.88 A cio` si aggiunga l’esemplare figura di Federico, icastico modello di humilitas borromaica e socratica, che, seppur primo tra i suoi Dottori per sapienza ed erudizione, bliografia, V, pp. 288-307; MARIE THE´RE`SE ISAAC, L’hommage d’Antoine Sanderus (1586-1664) a` la ville de Gand, «De Gulden Passer», LXXIII, 1995, pp. 129-153. Testimoniano l’amicizia tra Ryckius e Sanders alcuni versi del secondo in RYCKIUS, Poematum lib. II, cit. (VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1880, pp. 193-194). A questo elenco di personaggi si puo` aggiungere, se non altro per i suoi rapporti epistolari con il Borromeo, Puteanus e Ryckius, anche il nome del bibliotecario di Anversa Aubert Le Mire (1573-1640) che, dietro incoraggiamento di Lipsio, di cui fu biografo, si dedico` a studi storici ed archivistici, pubblicando numerose opere compilative su ordini religiosi ed istituzioni ecclesiastiche, fonti diplomatiche e cronache. Poco dopo l’inaugurazione dell’Ambrosiana scrisse i Bibliothecae Antuerpianae Primordia (Antuerpiae, Apud Davidem Martinium, 1609), un catalogo della raccolta appena fondata dai canonici della citta`, cui premetteva nelle pagine introduttive al lettore una veloce rassegna delle biblioteche di ogni tempo, stilata sul fortunato modello di Lipsio. Tale serie si chiudeva con un accorato elogio dell’istituto milanese, anche qui additato a modello per l’emulazione di altri mecenati: «Quis Ambrosianam Bibliothecam ac Collegium, a Frederico Borromaeo, Cardinale et Archiepiscopo Mediolanensi, nuper excitatum ampliterque dotatum ignorat? Collegium, inquam, cuius vectigalibus annuis non pueri aut iuvenes (ut vulgo solitum) sed viri, Ecclesiae ac Reipublicae commodo, aluntur, et qui iam facti aptique sunt scriptis, consilio, voce alios iuvare ac docere. Sic olim in Museio Alexandrino viros eruditos ab Aegypti Regibus honorifice habitos atque educatos Strabo memorat; ut nimirum a vitae victusque cura vacuis totos sese studiis consecrare fas esset. Nescio an aliud simile in omni aevo exemplum. Laudatissimum itaque Ill.mi Borromaei conatum Deus prosperet, et vos, Principes atque Antistites, honesta aemulatio excitet» (cc.n.n.); M.B.-C. DE RIDDER, Aubert le Mire, sa vie, ses e´crits, in Me´moires couronne´s et me´moires de savants e´trangers publie´ par l’Acade´mie royale des Sciences, des Lettres, et des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles, Hayez, 1863; CATHLEEN FLANAGAN, Aubertus Miraeus, an Early Belgian Librarian, «Journal of Library History», X, 1975, pp. 341-353. Lettere di Ryckius a Le Mire in RYCKIUS, Primitiae epistolicae, cit., n. 15, pp. 24-28, n. 54, pp. 90-91; VAN DEN BERGHE, Justus Rycquius, cit., 1881, pp. 473-474; per la corrispondenza con il cardinale di Milano: BORROMEO, Indice delle lettere a lui dirette conservate all’Ambrosiana, cit., ad indicem. 88 «Nam si solae eae, aut rarus adventor, si homines, inquam, non sunt qui frequentent et evolvent: quo ista congeries? Et quid nisi studiosa quaedam luxuria sint, ut Seneca appellat? Providentur hoc quoque Alexandrini Reges: et una cum illis Museum (ita dixerunt, quasi Musarum aedem) exstruxerunt, in quo fas esset Musis operari, a ceteris rebus feriatos. Imo et a vitae victusque curis vacuos: cum alimenta iis hic e publico darentur. Praeclarum institutum!» (LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., p. 1138).

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non ha voluto intitolare la Biblioteca a gloria di se stesso ma di sant’Ambrogio, il grande vescovo-scrittore della citta` di Milano. La lettera dedicatoria premessa da Ryckius al libro offerto al cardinale sinteticamente ripropone tali motivi, gia` fissati da Puteanus e ormai diffusi nell’immaginario catalogo delle virtu` poetabili del mecenate milanese: Argumento sunt tot doctissimi libri a te conscripti, quos domi tuae, velut modestus parens, occultatos tenes: (atque oh, si Mercurius aliquis eos pie suffuratus publici iuris, vel invito parente, faciat!) tot eruditi viri, velut in Musaeo Alexandrino, aut Aegyptia mensa, sumptibus tuis aliti, tot millenorum voluminum Bibliotheca in Mediolanensi urbe, incredibili impensa ac diligentia, undecunque comparata. In qua adeo verecundus fuisti, ut ne titulum quidem eius tibi vindicaveris; sed a sanctissimo Ecclesiae Doctore, et decessore olim tuo, Ambrosianam nominari voluisti.89

Le ragioni della dedica, spiega qui Ryckius, si fondano sulla dottrina del destinatario, provata dalle opere che pote´ vedere di persona e, soprattutto, sui meriti guadagnati attraverso la fondazione dell’Ambrosiana. Per quanto riguarda il primo elemento, a ragione Ryckius sottolinea la quantita` delle composizioni federiciane e, a quell’altezza cronologica, la loro veste inedita. Senza mai scompagnare lo studio dalla pratica della scrittura, il cardinale aveva fermato le sue considerazioni in numerosi zibaldoni di appunti che dal 1610 aveva iniziato a distendere e legare in forma di libri. Questa produzione, le cui tematiche spaziavano nell’enciclopedia dei suoi interessi personali, solo a partire dal 1616 comincio` ad essere data alle stampe, destinata tuttavia, per volonta` dello stesso cardinale che non dichiarava ambizioni letterarie, a circolare per fini pedagogici nella stretta cerchia dell’ambiente milanese.90 89 RYCKIUS, Heroicorum carminum liber, cit., c. [*ijv]. Si confrontino gli analoghi concetti espressi da Puteanus: «Quod Venetiis Bessarion, Mediolani, quae altera solet Roma appellari, Fredericus Cardinalis Borromaeus, D. Caroli Patruelis, nuper egit: altiore etiam consilio, quia Bibliothecae, tanquam Philadelphum exprimeret, Musaeum adiunxit; libris viros, qui viri essent, et adsignatum sibi tam legendi quam scribendi munus egregie sustinerent. An viris libros, qui viros facerent, utilesque Ecclesiae et Reipublicae essent? Amantissimus litterarum doctissimusque antistites, ut Borromaeum se praestaret, erexit ad sublimia animum, non aliam spectans magnitudinem, nisi quae cum aeternitate iungeretur. Quid opus est verbis? Magnam Insubrum Urbem D. Carolus religione ac pietate correxerat: doctrinae bonarium artium cultu Fredericus confirmavit» (PUTEANUS, Auspicia, cit., pp. 29-30). 90 Circa le ragioni della ritrosia nel pubblicare i propri libri, scrive il cardinale tra i suoi appunti privati: «Ad alcune persone poi si appartiene il far questo maggiormente che all’altre, poiche´, o il grado, o l’eta`, o la trattata materia, o la propria singolare condizione de’ tempi questo ricerchi. E pero` talvolta cosı` far si dee, per la osservanza delle leggi del decoro della propria persona, che ha scritto» (Milano, Bibl. Ambr., G 310 (8) inf., De suis studiis commentarius, p. 227). Sul cardinale studioso e letterato: ANTONIO BARERA, L’opera scientifico letteraria del cardinale Federico Borromeo, Milano, Vita e Pensiero, 1931; GIOVANNI GALBIATI, Federico Borromeo studioso, umanista e mecenate, Milano, Moneta, 1932; ALESSANDRO MARTINI, «I tre libri delle laudi divine» di Federico Borromeo. Ricerca storico-stilistica, Padova, Antenore, 1975; MARCORA, Catalogo dei manoscritti del card. Fede-

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L’ode di Ryckius svolge questi motivi in luce marcatamente encomiastica, concentrando l’elogio prima sulla persona del cardinale e, di riflesso, sulla biblioteca.91 Cio` e` evidente sin dall’enfatico incipit, che dopo aver iperbolicamente sollecitato forze superiori alle Ninfe Aonide e a Febo al canto di «Federicum decus Insubrae», si avvia a cantare la «domus herculea», la cui mole marmorea si erge superba, spalancando i portali incisi e innalzandosi sino alle sommita` dei tetti dorati (vv. 1-15).92 Secondo i rumori della fama, scrive Ryckius, Apollo Cinzio e la mano elegante di Minerva hanno sigillato l’opera, in cio` seguendo il comando dello stesso Federico, che la volle consacrata al culto delrico Borromeo, cit.; STEFANO PELIZZONI, Federico Borromeo e le note di lettura del periodo romano, «Aevum», LXIX, 1995, pp. 641-664; FRANCO BUZZI, Il ‘corpus’ delle opere di Federico Borromeo stampate in vita e conservate all’Ambrosiana (1616-1631), «Studia Borromaica», XV, 2001, pp. 109135; infine, i seguenti saggi contenuti nel citato numero monografico di «Studia Borromaica», XVI, 2002: SILVIA MORGANA, Federico Borromeo e la lingua italiana attraverso le stampe e i manoscritti ambrosiani, pp. 245-262; ALESSANDRO MARTINI, La formazione umanistica di Federico Borromeo tra letteratura latina e volgare, pp. 197-214; ROBERTA FERRO, L’esercizio della scrittura nel pensiero di Federico Borromeo, pp. 215-243. 91 L’ode in onore di Federico Borromeo, qui trascritta in appendice, si compone di 144 esametri latini che occupano le pp. 1-8 della citata raccolta Heroicorum carminum liber, a sua volta dedicata interamente da Ryckius al cardinale di Milano. Per un confronto della poesia di Ryckius con l’ambiente coevo, dopo un primo inquadramento fornito da ETTORE PARATORE, L’influenza della letteratura latina da Ovidio ad Apuleio nell’eta` del Manierismo e del Barocco, in Manierismo, Barocco, Rococo`: concetti e termini. Convegno Internazionale (Roma, 21-24 aprile 1960), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1962, pp. 239-301; GIOVANNI PARENTI, La poesia latina del Cinquecento. Esemplarita` ed imitazione, «Studi italiani», 2 (1990), pp. 5-39 e soprattutto dal volume Companion to Neolatin Studies, I, History and Diffusion on Neo-latin Literature, by Jozef Ijsewijn, Louvain-Leuven, University Press-Peeters Press, 1990 (Suppl. «Humanistica Lovaniensia», V), in particolare il capitolo Low Countries, pp. 148-163, si veda, a titolo esemplare, il saggio di JAN PAPY, La poe´sie de Juste Lipse. Esquisse d’une e´valuation critique de sa technique poe´tique, in Juste Lipse (1547-1606) en son temps, cit., pp. 163-214. Qualche osservazione sulla poesia di Ryckius, a proposito dell’opera Apes Dianiae in monimentis veterum observatae (In urbe Urbium, typ. Iac. Mascardi, 1625), in FREEDBERG, The Eye of the Linx, cit., pp. 163-166. Infine, si veda il saggio di MARC LAUREYS, A Newly Discovered Poem of Justus Ricquius, in Hommages a` Carl Deroux, V, Christianisme et Moyen Aˆge, Ne´o-latin et survivance de la latinite´, par Pol Defosse, Bruxelles, Editions Latomus, 2003, pp. 453-465 con le necessarie osservazioni di DIRK SACRE´, Grotiana: Iohannes Havraeus, Iohannes Hemelarius, Iustus Ricquius, and Hugo Grotius, «Humanistica Lovaniensia», LIII, 2004, pp. 371-379. 92 Forse qui il poeta allude alle due tavole di marmo nero, apposte nell’atrio dell’edificio, che recavano ammonizioni di scomunica per chi avesse asportato libri dalla Biblioteca; ADELE CARLA BURATTI, Da Libreria Borromea a Biblioteca Ambrosiana: genesi ed evoluzione di un’idea nei suoi disegni di progetto, in Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento, cit., pp. 253-295: 264; inoltre, per una descrizione dell’edificio ospitante la biblioteca: JONES, Federico Borromeo, cit., pp. 36-39. In questa porzione di testo sono particolarmente presenti i richiami alle celebri descrizioni di rocche e regge della classicita` – in primis il palazzo di Priamo tratteggiato da Virgilio nell’Eneide (II, 241-505) – reperiti da Ryckius nel catalogo degli autori classici da lui piu` frequentati. A questi tuttavia andranno aggiunti riferimenti anche da testi eta` tardoantica tornati in auge nel Cinquecento; ad esempio, tra i poeti piu` ricorrenti nella memoria latina di Ryckius figura Claudiano, i cui panegirici consolari potevano offrire un ottimo modello di poesia celebrativa.

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la poesia e della sapienza (vv. 16-25). Inizia cosı` il dettagliato ritratto della sala e della collezione, condotto sommando elementi della letteratura ad altri verosimilmente frutto dell’esperienza dell’autore. Le pareti e gli intonaci dell’«aula ingens» non infastidiscono la lettura con dorature abbaglianti, come gia` Lipsio suggeriva, ma dilettano con il brio dei colori variegati («laetos sed mixta colores, / qualis Apellaeas variat manus apta tabellas / aut viridi in prato violarum examina rident»). Per la descrizione della raccolta, il lessico attinente alla sfera semantica della vista, la ripresa del deittico «hic quicquic ...» e una doppia ripetizione di relative riproducono le impressioni estasiate del visitatore, il cui occhio si immagina transitare dagli armadi traboccanti di volumi manoscritti e a stampa, alle preziose pergamene, alle sontuose miniature e alle legature di seta (vv. 26-48). Nei versi successivi, il riferimento all’antichita`, su cui primeggia l’impresa federiciana («praeteritis nihil excellentius annis / saecula cognorint, [...] / [...] tuus altior exit / Borromaee labor»), sposta l’attenzione dall’elemento decorativo a quello propriamente culturale, tema centrale dell’ode, chiamando in causa la promettente Scuola Ambrosiana. In un crescendo di immagini enfatiche ed esclamazioni, Ryckius dedica il perno del componimento all’aspetto qualificante del progetto ambrosiano: nell’attesa che il futuro ne ratifichi l’apoteosi («Tunc ubi magnifici vis costantissima coepti / vicerit invidiam, famaque adiecerit annos»), occorrera` intanto prendere atto non solo del fatto che nulla di simile ha saputo innalzare la magnificenza dei privati in Europa, ma anche che in questa domus Palladia tutti possono entrare e consultare libri. In aggiunta, il pius Federico, consapevole dei danni apportati allo studio dalla «saeva Fortuna», dalla poverta` o dagli oneri della vita mondana, ha determinato di proteggere alcuni studiosi, sollevandoli da tali impedimenti: «Scilicet hanc charis pestem Federicum alumnis / Arcuit, et tristes studuit defendere curas / sumptibus aeternis, victuraque praemia firmans» (vv. 69-83). Per questa via si apre la felice parentesi in lode di Antonio Olgiati, primo Bibliotecario dell’Ambrosiana e stretto collaboratore del cardinale durante i fervidi anni della raccolta del patrimonio librario. Nato a Lugano intorno al 1570, aveva insegnato eloquenza nel Seminario milanese di porta Orientale sino al 1603, prima di essere chiamato dal cardinale con l’incarico di inventariare i manoscritti acquistati e di guidare la formazione dei futuri Dottori Ambrosiani. Dotato secondo le fonti di «una profonda cognizione delle lingue latina e greca, una vasta erudizione d’altre scienze, e insieme una soda pieta`», i quindici versi a lui dedicati ne dipingono qualita` che la trattatistica, e Lipsio per primo, auspicavano tra le doti del bibliotecario: alla vigilanza e alla competenza sui materiali conservati, doveva accompagnarsi una buona formazione intellettuale, necessaria per fornire consulenza agli ospiti e per gestire il mi-

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glior funzionamento della raccolta.93 In aggiunta, Olgiati e` ritratto come scrittore in proprio, visto il suo ulteriore titolo di Dottore del Collegio Ambrosiano e dunque il suo dovere di studioso, ma, soprattutto, come instancabile cacciatore di libri («venator improbus») e a tal scopo indefesso viaggiatore nelle regioni piu` lontane: Hos inter, Phariis veluti Phalereus in arvis servavit diteis, Ptolomaea volumina, capsas, praepositus custosque viges, Olgiate, perennis auctor consilii, et iusto decoratus honore. Cuius ab eximio partis sudore libellis Bibliotheca nitet, coelo velut astra sereno plurima nocturnas collustrant lampade terras. Non etenim Arctoi tellus ne ninguida caeli, Hesperiumque salum, nec Eoi sideris ardor dilecto potuit quaerendo avertere censu. Iussa sed assiduis aeterna laboribus urgens Principis, illustres commisso ab itinere gemmas eduxti. Silvis venator ut improbus altis aut timidum leporem, fallacem aut prendere vulpem novit, et interdum Libycos tetigisse leones (vv. 84-98).

Fissate le grandi imprese federiciane – allestimento della biblioteca e sua apertura al pubblico, fondazione del Collegio dei Dottori – Ryckius ne traccia le alte istanze, ossia ne colloca i valori nella crisi dell’eta` contemporanea e ne individua gli obiettivi nell’auspicato rinnovamento di arti e lettere. Questi motivi si animano nella persona di Federico Borromeo: il cardinale, effigiato mentre giudica autorevolmente le attivita` dei suoi Dottori («Vidi, vidi ipse labores / pensantem doctos, castigantemque modesta / iudicii trutina si quid non riserat, aut quae / laudaret, merito plausu nutuque probantem»), e` paragonato ai sovrani sapienti dell’eta` dell’oro, cui arridevano le muse, prima che l’ambizione e il lusso scindessero il felice connubio, volgendo all’indietro i tempi (vv. 99119). Da qui in poi il poeta si avvia a chiudere il componimento moltiplicando le invocazioni affinche´ il cardinale prosegua l’opera intrapresa e schiuda epoche migliori ai posteri («veniet felicior aetas, / auspice te, sacrum studiis quae reddat 93 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., p. 1132; MARCORA , Il Collegio dei Dottori, cit., p. 186. Cosı` sono descritte le doti che devono contraddistinguere il bibliotecario secondo le norme contenute nel capitolo De Bibliothecario et Bibliotheca delle Constitutiones Collegii ac Bibliothecae Ambrosianae: «Sit sacerdos, Graecis, Latinisque litteris eruditus, gravitate simul, et comitate conspicuus, atque is demum, qui ad Bibliothecam accedentes cum hilariter, benigneque excipere, tum iucundis, eruditisque sermonibus detinere suaviter possit» (pp. 22-23).

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honorem, / [...] te, tempestate maligna, praesidium Sophiae, defensoremque Minervae, / te Pindi columen, mirabitur aequa fuisse / posteritas: tantisque fidem non destruet actis). La proiezione in divenire dell’impresa federiciana, che raccorda passato, presente e futuro, viene resa da Ryckius mediante l’efficace metafora del navigante, il quale, benche´ immerso nel freddo di una buia tempesta, non esita a sperare nel porto desiderato, forte della guida sicura della stella dell’Orsa. Con lo stesso spirito positivo, il cardinale lavora per il bene della cultura, dando riparo ai documenti del passato e promuovendo nuovi studi, meritando in tal modo l’Olimpo dei padri e l’accostamento al grande cugino Carlo: Aegaeis sic prensus aquis, tristique procella, caetera cum tecto fugerunt sidera mundo, faustam Helicen dum nauta videt, sidusve gemellum Castoris, optatos audet praesumere portus, nec fluctus hiememque timet. (vv. 130-34) [...] Mox et cum placidae duraris tempora vitae, tecum Pieridum florentia crescere dona aspicias, patriumque diu merearis Olympum, sero ineas: longo qua te patruelis amore inter formosos exspectat Carolus igneis (vv. 139-43).

Erano questi i caratteri della riforma iniziata dal cardinale Borromeo, elementi che, seppur con le dovute peculiarita`, partecipavano a una temperie culturale di piu` ampie dimensioni, riguardante le innovazioni verso la modernita`. Andavano ugualmente in questa direzione le intuizioni metodologiche di Federico Cesi e dell’Accademia dei Lincei. La stessa attenzione prestata dal Lynceographum alla definizione normativa della Biblioteca Lincea risponde alla volonta` di regolare un istituto essenziale per l’attivita` accademica. La Particula nona dello statuto accademico auspica sin dal titolo che «Bibliothecam, Gymnasium, studia, conscriptiones, editionesque assidue, diligenterque Bibliothecarius curet», assegnando al custode un ruolo di primaria responsabilita` e notevole profilo professionale. Nella duplice carica di «adiutor» e «Praeses», egli regola lo stato degli indici librari, si assicura che nulla manchi in sala («papirus, pennae, atramenta, et necessaria quaecumque nunquam desint») e, soprattutto, conosce le discipline di cui si occupano i compagni e di conseguenza impartisce suggerimenti pertinenti («Lynceorum singulorum ea propter studia plene noscat, eosque in illis consilio, et monitis iuvet, utiliores libros, normasque proponendo, praesertim scripturis, qui ipsi materiam, et scribendi methodum, modumque aperiant, et an alii similiter, aut diverse ea de re scripserint, qui propinqua, quam utilis materia, quid de eo labore sentiat, audiant»). Il bibliotecario linceo, inoltre, e` chiamato ad operare una scrupolosa supervisione scientifica sull’atti-

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vita` dei colleghi, controllandone l’idoneita` e legittimandone la stampa («Censor ipse librorum, imprimenda Lynceorum opera legere, et perspicere debet, an constitutionibus respondeant, illiusque minime repugnet, quo cognito more solito, potius placiti, et hudis, quam approbationis modo subscribere, et in suum librum cum tempore, et operis qualitate notare»).94 D’altro canto, le consonanze tra la Biblioteca Ambrosiana e le iniziative coeve patrocinate in diversi luoghi d’Europa hanno messo in luce la comune rispondenza ad un’evoluzione funzionale del concetto biblioteconomico, legato a nuovi modi di accostarsi ai depositi della tradizione, all’indomani dell’invenzione della stampa e dell’avvicendamento tra doxa ed episteme nei riguardi del sapere antico.95 Nel momento in cui la percezione del tempo si dispiega in linea retta e dunque l’idea di progresso legittima un dialogo critico con le intelligenze di ogni epoca e luogo, ai libri e alle biblioteche si assegnano qualita` coerenti con tale modello. I primi divengono documenti in cui discernere le conoscenze da conservare, le biblioteche – alla pari delle conversazioni erudite e dei viaggi di studio – luoghi ove realizzare la collaborazione necessaria a evitare un’eccessiva specializzazione. Manifestando sintonie con il contesto in cui si elaborarono le innovazioni dell’Accademia dei Lincei, Federico Borromeo componeva un opuscolo dal titolo Salomon sive opus regium in cui declinava nelle discipline scientifiche l’entusiasmo riformatore gia` concretizzato con la Biblioteca Ambrosiana. Nel Salomon infatti il cardinale invocava i possidenti perche´, anziche´ sperperarle in lussi o, peggio, in guerre, spendessero le loro ricchezze a vantaggio degli studi naturalistici, sostenendo economicamente l’organizzazione di un moderno istituto. A tal proposito, il cardinale aveva delineato nel Salomon un programma articolato in quattro punti, definiti «scopi», intesi a suggerire il metodo da seguirsi nella ricerca. I primi due scopi riguardano il vaglio critico della tradizione, che, chiede il cardinale, va soppesata al fine di discernere cio` che risulta accettabile per i criteri delle discipline correnti: 94 Lynceographum, cit., pp. 125-129: 126. Si confrontino le parallele indicazioni riguardanti il Bibliotecario dell’Ambrosiana: «Ad elucubrandum argumenta Doctoribus suggerat, sumpta praesertim occasione ex libris, qui nondum editi in Bibliotheca fuerint, quorum indicem, eorumque maxime, quos verti, corrigi, notisque, et scholiis illustrari operae pretium esset, exhibeat, atque legat. Adiumento etiam sit scribentibus, et lucubrantibus non modo codicum varietate suppeditanda, sed libris, qui ad propositum argumentum quoquo modo faciant, indicandis» (Milano, Bibl. Ambr., S.P. 21.1, Costitutiones Collegii, ac Bibliothecae Ambrosianae, p. 25). 95 GIUSEPPE GABRIELI , La prima Biblioteca Lincea o Libreria di Federico Cesi [1938], in Contributi, cit., I, pp. 79-96: 91-92; BAFFETTI, Federico Borromeo e i Lincei, cit., pp. 97-98; un puntuale confronto tra le due istituzioni nel saggio di MARCO GUARDO, Il «ristretto» delle costituzioni lincee del 1612: fonti, stile e funzioni, «Studia Borromaica», XIX, 2005, pp. 491-517.

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Il primo scopo si e` che ciascun uomo nel suo mistiero e nel suo officio a lui destinato, prima di fare ogni altra cosa, racolga tutto quello che scritto hanno gl’antichi e i moderni, e questo potra` a lui servire per imparare esso primieramente quello che dagl’altri puo` per se stesso apprendere [...]. Il secondo scopo sara` di fare gl’esperimenti, affine che altri possa sapere se tutte le cose narrate dagli scrittori siano. Ma non pero` di queste si converrebbe far longhe dispute e consumar il tempo in combattere con altrui, ma convien dire quello che si e` osservato e veduto.

Con la seconda parte del programma lo scienziato raggiunge lo scopo fondamentale del suo lavoro, ossia la prosecuzione concreta dell’indagine nell’ambito di cio` che ancora resta da conoscere e capire. In questa fase non e` sufficiente l’ingegno del singolo, ma serve la cooperazione tra competenti. Il dialogo tra sapienti, altrettanto istruttivo della consultazione dei libri, attiva la ‘catena delle conoscenze’ nella direzione sincronica dei contemporanei, cosı` come lo studio del passato recupera il patrimonio degli antichi, realizzando in tal modo la piu` completa dimensione collettiva del sapere: Il terzo scopo sara` d’aggiungere di nuovo quanto fia possibile alle cose gia` ritrovate molte particolari osservazioni, aggiungendo poi ad esse nuove meditazioni e speculazioni e considerazioni, et agevolando e dichiarando ognora piu` gl’oscuri effetti e le cagioni che di nuovo ritrovato avranno [...]. Il quarto scopo poi esser deve, non solamente imparare dai libri e dalle esperienze e specolando ritrovare quello ch’altri non ha potuto trovare, ma dagl’uomini ancora, i quali allora fossero vivi, pero` a questi tali converrebbe peregrinare per lo mondo vicendevolmente, per parlare con quegl’omini che essi giudicassero per loro dover essere ottimi maestri. Ne´ errar dovrebbero in incerto, ma conoscere quanto fosse possibile il meglio quelle persone con che ragionar devono, e quelle andar a trovare. Et avverebbe che, sı` come communalmente si dice che un libro apre l’altro, cosı` una persona dimostrarebbe e darebbe a conoscere l’altra; e tosto noti a quei tali sarebbero tutti gl’uomini e tutti i luoghi da cui alcun profitto ritrar potessero.96

Senza cancellare la tradizione monastica medievale, la cui importanza per la conservazione del sapere non viene dimenticata, le biblioteche moderne si promuovono, a fianco della trasmissione dei testi, come sedi di elaborazione e proiezione verso l’esterno, a prescindere dalla vocazione laica o ecclesiastica oppure dall’indirizzo storico-letterario piuttosto che scientifico delle loro ricerche. ROBERTA FERRO 96 Milano, Bibl. Ambr., G 309 (4) inf., pp. 34-40 (MARCORA , Catalogo dei manoscritti, cit., p. 60); dalla redazione volgare del testo si ricavo` un’edizione latina, in pochissimi esemplari, a stampa nel 1617: FEDERICO BORROMEO, Salomon, sive Opus regium liber unus, Mediolani, [nella Stamperia di Sig.ria Ill.ma il Cardinale, presso Giorgio Rolla in Camposanto], 1617 (BONOMELLI, Cartai, tipografi e incisori, cit., pp. 166-168); BELLINI, Federico Borromeo, cit., pp. 219-226; FERRO, Gli scritti di Federico Borromeo, cit., pp. 743-751.

APPENDICE

FEDERICI

BIBLIOTHECA AMBROSIANA CARDINALIS BORROMAEI, ARCHIEPISCOPI MEDIOLANENSIS 97

Si quisquam Aonides nymphas in vota vocavit 98 et iuste et merito clariosque ambivit honores Phoebi inspirato bacchatus 99 numine vates, huc certe cunctos decet accersire furores Aonidum, et totas Phoebum deposcere lauros,100 quum decus Insubrae Federicum dicere gentis aggredior, sanctosque lares, quibus ille Camoenis hospitium, sacrosque dedit requiescere libros. Vestra etenim sunt iussa deae, vos grandius illo nosse caput, pluresve alio cepisse favores non reor. Extremum sed quid primumve canamus? 101 Stat domus Herculeae 102 sublimis moenibus arcis 103

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97 JUSTUS RYCKIUS , Heroicorum carminum liber, cit., pp. 3-9. La trascrizione del testo si da ` secondo criteri di tipo conservativo. I pochi interventi riguardano: normalizzazione delle maiuscole, della punteggiatura, dei segni diacritici, delle grafie obsolete; scioglimento delle abbreviazioni; correzione di errori evidenti, perlopiu` da considerarsi refusi di tipografia. La ricerca delle fonti, segnalate in nota, e` stata svolta, senza pretese di completezza, mediante ausilio elettronico e intende suggerire possibili riscontri testuali validi a ricostruire il bagaglio letterario dell’autore. 98 VERG ., Aen., V , 514: «tela tenens, fratrem Eurytion in vota vocavit»; ivi, VII , 471: «Haec ubi dicta dedit divosque in vota vocavit»; ivi, XII, 780: «Dixit opemque dei non cassa in vota vocavit». 99 VERG ., Aen., VI , 77-78: «At, Phoebi nondum patiens, immanis in antro / bacchatur vates, magnum si pectore possit»; PROP., El., III, XVII, 1-2: «Nunc, o Bacche, tuis humiles adsolvimur aris: / da mihi bacchato vela secunda, pater!»; SEN., Ep., XXVIII, 3: «Talem nunc esse habitum tuum cogita, qualem Vergilius noster vatis inducit iam concitatae et instigatae multumque habentis in se spiritus non sui: ‘bacchatur vates, magnum si pectore possit excussisse deum’». 100 VERG., Buc., VII , 61: «formosae myrtus Veneri, sua laurea Phoebo»; MARTIAL., VIII , 82, 7: «fer vates, Auguste, tuos: nos gloria dulcis, / nos tua cura prior deliciaeque sumus. Non quercus te sola decet nec laurea Phoebi: fiat et ex hedera civica nostra tibi». 101 STAT ., Silv., I , III , 34: «Quid primum mediumve canam, quo fine quiescam?». 102 VERG., Aen., VIII , 192: «stat domus et scopuli ingentem traxere ruinam»; ivi, VIII , 268: «et domus Herculei custos Pinaria sacri». 103 SIL. IT., I , 356: «fulminis haec ritu summis e moenibus arcis».

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marmoreum 104 subnixa latus postesque superbos 105 liminis inscripti pandens, nitet aemula luxu ianua, et auratis surgunt fastigia tectis.106 Ipsa manu lepida tectum absoluisse Minerva creditur, et succis vocali fonte 107 petitis dilectos sparsisse lares, quin limine toto Cynthius Aonias iussit succrescere frondeis, Pegaseasque ederas illaeso serpere muro.108 Hanc pater Aonidumque choro, Charitumque sacratam esse iubet Federicus, et his considere templis intonsum vovet, armata cum Pallade,109 Phoebum,110 aedibus in mediis sancti patuere recessus Musarum. Patet aula ingens, non illa lituris deformata auri, nimio aut fulgore molesta luminibus iuucnum, laetos sed mixta colores, qualis Apellaeas variat manus apta tabellas,111 aut viridi in prato violarum examina rident.112

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104 OV ., Met., XV , 671-674: «adventuque suo signumque arasque foresque / marmoreum que solum fastigiaque aurea movit / pectoribusque tenus media sublimis in aede / constitit atque oculos circumtulit igne micantes». 105 VERG ., Aen., II , 503-505: «Quinquaginta illi thalami, spes tanta nepotum, / barbarico postes auro spoliisque superbi / procubuere; tenent Danai, qua deficit ignis». 106 VERG ., Aen., II , 302: «Excutior somno et summi fastigia tecti»; ivi, VIII , 366: «Dixit et angusti subter fastigia tecti»; CIC., Par., XLIX: «illi aurata tecta in villis et sola marmorea facienti et signa et tabulas». 107 STAT., Silv., I , II , 6: «et de Pieriis vocalem fontibus undam». 108 VERG ., Buc., VIII , 13: «inter victrices ederam tibi serpere lauros». 109 VERG ., Aen., III , 544: «Palladis armisonae, quae prima accepit ovantis»; ivi, VIII , 433: «aegidaque horriferam, turbatae Palladis arma». 110 LIPSIO (De bibliothecis syntagma, cit., pp. 1131-1132), descrivendo la Biblioteca Palatina fatta costruire da Augusto sul colle omonimo, cita varie fonti, tra cui Ovidio: «Itaque temporum ordinem in Bibliothecis recensendis Ovidius secutus est, cum primo ‘Asiniam’, tum ‘Octavia’, denique istam ‘Palatinam’ sic adnumerat: ‘Inde tenore pari gradibus sublimia celsis / Ducor ad intonsi candida templa dei. / Signa peregrinis ubi sunt alterna columnis, / Belides et stricto barbarus ense pater, / quaequae viri docto veteres cepere novique / pectore, lecturis inspicienda patent. / Quaerebam fratres, exceptis scilicet illis, / quos suus optaret non genuisse pater: / quaerentem frustra, custos sed me sedibus illis / praepositus, sancto iussit abire loco’ [OV., Trist., III, I, 59-68]»; TIB., III, 5, 121-22: «Annue: sic tibi sint intonsi, Phoebe capilli, / sic tua perpetuo sit tibi casta soror»; HOR., Carm. I, XXI 1-2: «Dianam tenerae dicite virgines, / intonsum, pueri, dicite Cynthium». 111 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., pp. 1135-1136: «In Isidoro lego: ‘Peritiores architectos neque aurea lacunaria ponenda in Bibliothecis putasse: neque pavimenta alia, quam e Carystio marmore, quod auri fulgor hebetet, et Carystii viriditas reficiat oculos’. Bono hoc iudicio iste, sive a quo hausit. Nam de fulgore, certum est et mihi compertum, intentioni et stilo officere: sicut de virore, liquet oculis recreandis esse»; PROP., El., I, II, 22: «qualis Apelleis est color in tabulis»; STAT., Silv., II, II, 64: «si quid Apellei gaudent animasse colores». 112 PETRONIO, Sat., 127, 9: «Emicere rosae violaeque et molle cyperon, / albaque de viridi rise-

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Hic, quicquid docto veteres fecere novique pectore, quos sancto Musa inflammavit amore, dispositum cernas oculis: stant paegmata celsa congestis impleta libris,113 armaria turgent foeta voluminibus, quae sero a sole petita sidus ad Eoum generosi Principis ardor, curaque, contemptrix auri pretiosa, dicavit. Hic, quicquid nitidis Nilotica penna papyris 114 inscripsisse potest, quicquid Cadmeı¨de forma calcographum pressisse manus, quae cortice laevi 115 India liventi seu regia Pergamos arte codice membranae quondam ingeniosa notavit 116 accumulata vides. Non illhic pagina dives tincta deest minio, non ostro ardente superba, pumicis aut nitidi cultu, non vellere Serum 117 compta, nec in frontem quae candida surgit eburnam, non et cui fulvas Pactoli insudit arenas 118 Daedaleus pictor, non cincta minore metallo, argentoque nitens. Tales non Asiagazas sumptibus Attalicis novit; non barbara Memphis;

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runt; lilia prato»; MARTIAL., XI, 18, 15-16: «non boletus hiare, non mariscae / ridere aut violae patere possunt». 113 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., p. 1136: «‘Pluteos’, id est tabulas inclinatas transversim, quibus libri legendi imponerentur; ‘Cuneos’, scamnorum seriem, ut in Atheneo, sic digestam; ‘Armaria’ autem plena et alta, quae dixi. Ea ‘Pegmata’ Cicero ad Atticum videtur appellasse»; MARTIAL., Sp., II, 1-4: «hic ubi sidereus propius videt astra colossus / et crescunt media pegmata celsa via, / invidiosa feri radiabant atria regis / unaque iam tota stabat in urbe domus». 114 APUL., Met., I , I : «At ego tibi sermone isto Milesio uarias fabulas conseram auresque tuas beniuolas lepido susurro permulceam – modo si papyrum Aegyptiam argutia Nilotici calami inscriptam non spreueris inspicere –, figuras fortunasque hominum in alias imagines conuersas et in se rursum mutuo nexu refectas ut mireris». 115 VERG., Buc., V , 13-15: «Immo haec, in viridi nuper quae cortice fagi / carmina descripsi, et modulans alterna notavi, / experiar: tu deinde iubeto ut certet Amyntas». 116 CIC ., De inv., I , VI , 8: «nam satis in ea videtur ex antiquis artibus ingeniose et diligenter electas res collocasse et nonnihil ipse quoque novi protulisse». 117 MARTIAL., VIII , 72, 1-3: «Nondum murice cultus asperoque / morsu pumicis aridi politus / Arcanum properas sequi, libelle»; CATULL., Carm., I, 1-2: «Cui dono lepidum novum libellum / arida modo pumice expolitum?»; ivi, XXII 4-8: «Puto esse ego illi milia aut decem aut plura / perscripta, nec sic ut fit in palimpseston / relata: chartae regiae, novei libri, / novei umbilici, lora rubra, membrana / derecta plumbo, et pumice omnia aequata». 118 GELL., Noct. Att., II , XXVI , 11: «Sic poeta verborum diligentissimus ‘fulvam’ aquilam dicit et iaspidem, ‘fulvos’ galeros et ‘fulvum’ aurum et arenam ‘fulvam’ et ‘fulvum’ leonem, sicque Ennius in Annalibus aere ‘fulvua’ dixit»; CLAUD., Panegyr. Ollybrio et Probino, I, 48-54: «praeceps illa manus fluvios superabat Hiberos / aurea dona vomens (sic vix tellure revulsa / sollicitis fodiens miratur collibus aurum), / quantum stagna Tagi rudibus stillantia venis / effluxere decus, quanto pretiosa metalli / Hermi ripa micat, quantas per Lydia culta / despumat rutilans dives Pactolus harenas».

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aut Prytanaeum Pharii sublime tyranni; quamvis praeteritis nihil excellentius annis saecula cognorint, tristique a funere vitam saepius induerint, cedant quae nobilis Hellas scrinia Erechtaeis libraria struxit Athenis; quae Latii struxere duces, quae Martia Roma 119 colle Palatino stupuit; tuus altior exit Borromaee labor, fatisque faventibus olim Ambrosiae Musaea Scholae ventura iuventus prae Roma, et Nilo, et claris memorabit Athenis. Tunc ubi magnifici vis constantissima coepti 120 vicerit invidiam, famaeque adiecerit annos. Sit satis interea, quod nostro haud grandius aevo privatim surrexit opus quod Gallus, et Auson, Belgaque Musaeo certatim plaudat honori. Sic magis, Insubra quod iis conceditur urbe Palladiam penetrare domum; 121 quod cernere libros (oh pietas!) 122 utique licet; quod nihil sibi clausum hic, veluti patriis regionibus, invenit hospes.123 Nec minus, ingentem meritis qui subdidit orbem, in patriam pius esse potest; Insubrica terra testis, et hinc lecti praestanti pectore cives, omnes Pierias docti feliciter artes,124 omnes divinae immortales munere linguae, queis opus et labor est, uni se dedere curae 125 Musarum, legisse libros, scripsisse legendos,126

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119 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., p. 1129: «Atque hae Bibliothecae, quas memoratu dignas apud exteros repperi: veniamus ad Romanas, situ et aevo magis propinquas. Satis enim tarda ibi haec cura aut studium, apud Martis non Musarum proles». 120 CIC., De domo sua ad pont., I , LIV , 139: «Quae si omnia e Ti. Coruncani scientia, qui peritissimus pontifex fuisse dicitur, acta esse constaret, aut si M. Horatius ille Pulvillus, qui, cum eum multi propter invidiam fictis religionibus impedirent, restitit et constantissima mente Capitolium dedicavit». 121 LUC ., Phars., VIII , 216: «Medorum penetrare domos Scythicosque recessus»; STAT., Theb., XII, 199: «causa fui, penetrare domos et fulmina regni»; SEN ., Herc. Oet., 1870: «ille tyrannos iussit Stygias / penetrare domos populisque modens». 122 SIL. IT., XIII , 749: «Oh pietas, o sancta fides, o vera propago»; MART ., VIII , 78, 4: «Oh pudor! Oh pietas! Et putat esse parum»; PLAUT., Curc., 639: «Et isti me heredem fecit. Oh pietas mea»; OV., Met., XI, 328: «Quam miser (oh pietas!) ego tum patrioque dolorem». 123 CLAUD., De cons. Stilich. XXIV , III , 155: «quod veluti patriis regionibus utitur hospes». 124 TIB., I, 4, 61-62: «Pieridas, pueri, doctos et amate poetas, / Aurea nec superent munera Pieridas»; STAT., Silv., II, 2, 112: «hic ubi Pierias exercet Pollius artes». 125 LUCIL., Sat., 1229-30: «iactare indu sic foro se omnes, decedere nusquam, uni se atque eidem studio omnes dedere et arti». 126 PLIN . SEC ., Epist., VI , 16, 3: «Equidem beatos puto, quibus deorum munere datum est aut facere scribenda aut scribere legenda, beatissimos vero, quibus utrumque».

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securis,127 quid saeva tonet fortuna,128 quis acri pauperie, sortisque nigrae 129 luctetur amaro,130 quis fatua ambiguo vendat suffragia 131 campo, quot trahat infelix elusos aula clientes, quem dubius Mavors Geticis exerceat oris.132 Scilicet hanc charis pestem Federicum alumnis arcuit, et tristes studuit defendere curas 133 sumptibus aeternis, victuraque praemia firmans. Hos inter, Phariis veluti Phaleraeus 134 in arvis servavit diteis, Ptolomaea volumina, capsas, praepositus custosque viges, Olgiate, perennis auctor consilii, et iusto decoratus honore. Cuius ab eximio partis sudore libellis Bibliotheca nitet, coelo velut astra sereno plurima nocturnas collustrant lampade terras.135 Non etenim Arctoi tellus te ninguida 136 caeli, Hesperiumque salum, nec Eoi sideris ardor dilecto potuit quaerendo avertere censu. Iussa sed assiduis aeterna laboribus urgens Principis, illustres commisso ab itinere gemmas 137 eduxti. Silvis venator ut improbus altis 138 aut timidum leporem, fallacem aut prendere vulpem 139

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127 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., p. 1138: «Providerunt hoc quoque Alexandrini Reges: et una cum illis ‘Museum’ (ita dixerunt, quasi ‘Musarum aedem’) exstruxerunt, in quo fas esset Musis operari, a ceteris rebus feriatos. Imo et a vitae victusque curis vacuos. Cum alimenta iis hic e publico darentur». 128 SEN ., Oed., 786: «Ut undique in me saeva fortuna irruit». 129 STAT ., Theb., VI , 376: «sic Iovis imperia et nigrae volvere sorores». 130 OV ., Met., XIV , 466: «admonitu quamquam renovetur luctus amarus». 131 HOR ., Epist., I, 19, 37: «non ego ventosae plebis suffragia veror». 132 SIL. IT., XIV , 9: «sic poscit sparsis Mavors agitatus in oris». 133 TIB., I, 7, 43: «non tibi sunt tristes curae nec luctus, Osiris»; SEN ., Epist., LVIII , 28: «Manent enim cuncta, non quia aeterna sunt, sed quia defenduntur cura regentis: immortalia tutore non egerant». 134 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., p. 1124: «Praeerat Bibliothecae, vir scriptis et factis illustris, Demetrius Phalereus; et quem rex benigne habitum ad haec majora ministeria admovit». 135 VERG., Aen., IV , 6: «Postera Phoebea lustrabat lampade terras»; ivi, VII , 148: «Postera cum prima lustrabat lampade terras». 136 AUSONIUS , Epist., XXIII , 68 «Barcino, me bimaris iuga ninguida Pyrenaei»; ivi, XXIV , 22: «Ecce tuus Paulinus adest: iam ninguida linquit»; ivi, XXVI 51: «Vasconis hoc saltus et ninguida Pyrenaei»; ID., Ordo Urb. Nob., XVIII, 2: «ninguida Pyrenes et pinea Cebennarum». 137 LIPSIUS, De bibliothecis syntagma, cit., p. 1125: «ut Seneca noster [De tr. ix]: ‘quadrigenta millia librorum Alexandriae arferunt [sic], pulcherrimum regiae epulentiae monumentum! Sane pulcherrimum, et supra gemmas omnes vel aurum: sed quanto pulchrius, si uberius?». 138 OV ., Fast., IV , 41: «Postumus hinc, qui, quod silvis fuit ortus in altis». 139 CLAUD ., In Rufinum: «praedonesque lupis, fallaces vulpibus addit».

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novit, et interdum Libycos tetigisse leones. Huc igitur sanctis ingentia pectora 140 curis dum levat, et blandae petit intervalla quietis, nonnunquam dulces studiorum visere coetus adsolet, atque alias Federicus ducere curas, hic sedet, hic doctae recitatum more Palestrae nunc celsum audit epos, nunc Musae grande pedestris 141 eloquium, mox aut Danaı¨s transfusa papyris commata, vel magnis Sophiae de rebus agentem, naturaeque sacris. Vidi, vidi ipse labores 142 pensantem doctos, castigantemque modesta 143 iudicii trutina si quid non riserat, aut quae laudaret, merito plausu nutuque probantem. Non aliter gelidae residens in culmine Cyrrhae Cynthius, Aonios dia testudine cantus comprobat et doctas socia iuvat arte sorores.144 Illa quidem fuerat sapientum tempore vitae caesareas ut opes, et regia sceptra, piasque pontificum vittas Musis favisse deceret. Sed quum luxus iners retro labentibus annis 145 ambitioque nocens, et habendi insana cupido, aurea decurso mutarunt saecula filo,146

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MART., XI, 10, 1: «Contulit ad saturas ingentia pectora Turnus». HOR., Serm., II, 6, 17: «quid prius illustrem saturis Musaque pedestri?». 142 PERSIO , Sat., I, 119-121: «Men’ muttire nefas? Nec clam, nec cum scrobe, nusquam? / Hic tamen infodiam: vidi, vidi ipse, libelle: / Auriculas asini quis non habet? Hoc ego apertum». 143 HOR., Epist., II , 1, 28-31: «Si, quia Graiorum sunt antiquissima quaeque / scripta vel optima, Romani pensantur eadem / scriptores trutina, non est quod multa loquamur: / nihil intra est olea, nil extra est in nuce duri»; CIC., De or., II, 159: «Haec enim nostra oratio multitudinis est auribus accommodanda, ad oblectandos animos, ad impellendos, ad ea probanda, quae non aurificis statera, sed populari quadam trutina examinantur»; PERSIO, Sat., I, 5-7: «Praetulerint? nugae! non, si quid turbida Roma / Elevet, accedas, examenve improbum in illa / Castiges trutina, nec te quaesiveris extra»; AUSONIO, Ecl., XX, 7-15: «ille, dies quam longus erit sub sidere Cancri / quanta que nox tropico se porrigit in Capricorno, / cogitat et iusto trutinae se examine pendit, / ne quid hiet, ne quid protuberet, angulus aequis / partibus ut coeat, nihil ut deliret amussis, / sit solidum, quodcumque subest, nec inania subter / indicet admotus digitis pellentibus ictus, / non prius in dulcem declinans lumina somnum, / omnia quam longi reputauerit acta diei». 144 PROP., El., II , 34, 79-80: «tale facis carmen docta testudine, quale / Cynthius impositis temperat articulis»; OV., Met., V, 255: «constitit et doctas sic est adfata sorores». 145 VERG ., Aen., II , 14: «ductores Danaum, tot iam labentibus annis»; OV ., Trist., IV , 10, 27: «interea tacito passu labentibus annis»; SIL. IT., IX, 237: «sed qua se fluvius retro labentibus undis». 146 SEN ., De brev., II , 1-2: «At alium insatiabilis tenet avaritia, alium in supervacuis laboribus operosa sedulitas; alius vino madet, alius inertia torpet; alium defatigat ex alienis iudiciis suspensa semper ambitio, alium mercandi praeceps cupiditas circa omnis terras, omnia maria spe lucri ducit; quosdam torquet cupido militiae numquam non aut alienis periculis intentos aut suis anxios; sunt quos ingratus superiorum cultus voluntaria servitute consumat; multos aut affectatio alienae formae 140 141

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Tu reddis, Federice, tuis; tua grandia facta 147 purpurei proceres,148 formidatique monarchae, expressisse volent. Veniet felicior aetas,149 auspice te,150 sacrum studiis quae reddat honorem, nec sinat inculti frondes arescere Pindi.151 Ergo dum tristes spes sustinet illa Camoenas, barbariemque domat, te tempestate maligna praesidium Sophiae, defensoremque Minervae, te Pindi columen,152 mirabitur aequa fuisse 153 posteritas: tantisque fidem non destruet actis. Aegaeis sic prensus aquis, tristique procella,154 caetera cum tecto fugerunt sidera mundo,155 faustam Helicen dum nauta videt, sidusve gemellum Castoris, optatos audet praesumere portus, nec fluctus hiememque timet.156 Macte inclyte Princeps,

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aut suae cura detinuit; plerosque nihil certum sequentis vaga et inconstans et sibi displicens levitas per nova consilia iactavit; quibusdam nihil, quo cursum derigant, placet, set marcentis oscitantis que fata deprendunt, adeo ut quod aput maximum poetarum more oraculi dictum est, verum esse non dubitem: ‘exigua pars est vitae, qua vivimus’»; LUCR., De rer. nat., III, 1042: «ipse Epicurus obit decurso lumine vitae». 147 CLAUD ., De cons. Stil., XXII , 2, 203: «tu reddis. Solo poterit Stilichone medente»; ID., In Rufinum, I, 299: «tu prohibes; ditem spoliat, tu reddis egenti». 148 STAT ., Silv., IV , 1, 23-27: «Aspicis ut templis alius nitor, altior aris / ignis et ipsa meae tepeant tibi sidera brumae, / moribus atque tuis gaudent turmaeque tribusque / purpureique patres, lucem que a consule ducit / omnis honos? Quid tale, precor, prior annus habebat?». 149 QUINT., Inst. or., XII , 11: «tot nos praeceptoribus, tot exemplis instruxit antiquitas, ut possit videri nulla sorte nascendi aetas felicior quam nostra, cui docendae priores elaborarunt»; SIL. IT., XI, 123-126: «veniet quondam felicior aetas, / cum pia Campano gaudebit consule Roma / et per bella diu fasces per que arma negatos / ultro ad magnanimos referet secura nepotes»; LUC., Phars., VIII, 869-872: «argumenta tuae. Veniet felicior aetas / qua sit nulla fides saxum monstrantibus illud; / atque erit Aegyptus populis fortasse nepotum / tam mendax Magni tumulo quam Creta Tonantis». 150 OV ., Fast., I , 25-26: «si licet et fas est, vates rege vatis habenas, / auspice te felix totus ut annus eat». 151 STAT ., Silv., III , 3, 8-10: «dedici. Fugere meos Parnasia crines / vellera, funestamque hederis inrepere taxum / extimui trepidamque (nefas!) arescere laurum». 152 CLAUD ., Carm. Min., II , 1: «Pieridum columen, cuius Parnasia magno / numine templa sonant, Phoebe, precor, huc age laeto / te comitante choro, penetralia sancta sororum / et noua Castalios latices per rura petentem / Hippocrenaea uictorem insistere fonte / me fac». 153 CLAUD ., In Rufinum, II , 285: «quae non posteritas, quae non mirabitur aetas». 154 MARTIAL., IX , 40, 6-8: «dispersa rate tristibus procellis / mersus fluctibus obrutus que ponto / ad votum Diodorus enatavit». 155 VERG., Georg., IV , 231-235: «bis gravidos cogunt fetus, duo tempora messis: / Taygete simul os terris ostendit honestum / Pleas et Oceani spretos pede reppulit amnis, / aut eadem sidus fugiens ubi Piscis aquosi / tristior hibernas caelo descendit in undas». 156 VAL. FL., Arg., I , 413-419: «nec timet Ancaeum genetrix committere ponto, / plena tulit quem rege maris securus in aequor / haud minus Erginus proles Neptunia fertur, / qui maris insidias,

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his animis, doctosque olim reparasse libellos non tantum, doctis sed mixtus et ipse libellis permittas monimenta legi,157 quae non tibi Musae, sed tua dictavit sacris sapientia Musis. Mox et cum 158 placidae duraris tempora vitae,159 tecum Pieridum florentia crescere dona aspicias, patriumque diu merearis Olympum, sero ineas: longo qua te patruelis amore 160 inter formosos exspectat Carolus igneis.161

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clarae qui sidera noctis / norit et e clausis quem destinet Aeolus antris, / non metuat cui regna ratis, cui tradere caelum / adsidua Tiphys vultum lassatus ab Arcto». 157 OV ., Trist., V , 14, 1-2: «Quanta tibi dederint nostri monimenta libelli, / oh mihi me coniunx carior, ipsa uides». 158 CLAUD., De cons. Stil., XXII , 2, 407: «mox et cum genero trabeis uisura secundis». 159 AUSONIO , Comm. Prof. Burd., XX, 14-15: «pulchra senecta, nitens habitus, procul ira dolus que; / et placidae uitae congrua meta fuit». 160 PROP., El., I , 19, 25-26: «quare, dum licet, inter nos laetemur amantes: / non satis est ullo tempore longus amor». 161 CLAUD., De sexto cons. Hon. Aug., XXVIII , 101-107: «felix ille parens, qui te securus Olympum / succedente petit! quam laetus ab aethere cernit / se factis creuisse tuis! duo namque fuere / Europae Libyae que hostes: Maurusius Atlans / Gildonis Furias, Alaricum barbara Peuce / nutrierat, qui saepe tuum spreuere profana / mente patrem. Thracum veniente finibus alter».

INDICE GENERALE

PARTE I CRITICA LETTERARIA DENISE ARICO`, «Vestire la persona de gl’altri». Le orazioni immaginarie di Virgilio Malvezzi, fra Tito Livio, Guicciardini e Mascardi

Pag.

3

MARCO CORRADINI, Adone: il tragico e la tragedia . . . . . .

»

39

LUISELLA GIACHINO, «Opera di Stato e d’Amore». Il Prencipe Nigello di Guidubaldo Benamati . . . . . . . . . . .

»

89

JADWIGA MISZALSKA, I romanzi secenteschi italiani nell’antica Polonia: traduzioni, rifacimenti, fortuna. . . . . . . . . .

» 125

PARTE II VITA

E

CULTURA

ROBERTA FERRO, Accademia dei Lincei e Res publica litteraria: Justus Ryckius, Erycius Puteanus e Federico Borromeo . . . .

» 163

FLORIANA CONTE, Il Michelangelo di Daniello Bartoli . . . . .

» 211

JESSE LOCKER, «Con pennello di luce»: Neapolitan verses in praise of Artemisia Gentileschi . . . . . . . . . . . . .

» 243

CLAUDIO PEPI, «Perche´ l’impotenza non degeneri in dimenticanza». Le Pompe Sanesi di Isidoro Ugurgieri Azzolini. . . . . .

» 263

PARTE III BIBLIOGRAFIA

E

DOCUMENTAZIONI

ELENA VAIANI, Lettere di Raffaele Fabretti ad Antonio Magliabechi . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

» 311

430

INDICE GENERALE

CLIZIA CARMINATI, Geografie secentesche. Appunti per le carte di Virgilio Malvezzi . . . . . . . . . . . . . . . SCHEDE SECENTESCHE (XXXV-XXXVIII)

Pag. 355

. . . . . . . .

» 381

INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI (a cura di Martino Capucci) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

» 405

CITTA` DI CASTELLO

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PG

FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GENNAIO 2007

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