«An Essential Beneficence of Things». Natura umana e cambiamento sociale in Herbert Spencer

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«An Essential Beneficence of Things» Natura umana e cambiamento sociale in Herbert Spencer di FEDERICO MORGANTI ABSTRACT: In the following paper I provide a brief discussion on Herbert Spencer’s treatment of the problem of social change, which was central to his philosophy of society. I contend that, despite some ambivalence, Spencer held a view of society in which human nature is shaped by social institutions, which are in turn the unintended result of the spontaneous interaction between individuals. KEYWORDS: Herbert Spencer; cambiamento sociale; evoluzione; istituzioni sociali ABSTRACT: Oggetto del presente articolo è una discussione sul tema del cambiamento sociale in Herbert Spencer, questione assolutamente centrale della sua filosofia della società. Sosterrò che, a dispetto di alcune ambiguità, Spencer sostenne una visione della società in cui la natura umana evolve in risposta a cambiamenti nelle istituzioni sociali, che sono a loro volta il risultato inintenzionale dell’interazione tra gli individui. KEYWORDS: Herbert Spencer; social change; evolution; social institutions

1.   Introduzione In questo contributo affronterò il tema del cambiamento sociale per come emerge dai testi di Herbert Spencer (1820-1903). Per la filosofia spenceriana è una questione a dir poco cruciale, ma è anche rilevante per la dicotomia natura/storia per almeno due ragioni. In primo luogo, l’intera filosofia di Spencer è un tentativo di ricomprendere i fenomeni naturali e sociali sotto una spiegazione generale ricavata da un certo concetto di ‘evoluzione’. Per Spencer il cambiamento sociale è cambiamento evolutivo, cioè cambiamento naturale. È la manifestazione più complessa di un processo cosmico che parte dall’inorganico, attraversa l’organico e si conclude, per così dire, nelle trasformazioni sociali. Spencer scrive in piena età darwiniana – benché elaborando la propria concezione

ARTICOLI Syzetesis, Anno III – 2016 (Nuova Serie) Fascicolo 1 ISSN 1974-5044 http://www.syzetesis.it  

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dell’evoluzione prima di Darwin1 – ed è forse superfluo osservare che, a partire dalla comparsa dell’Origine delle specie (1859), i tentativi di applicare alle scienze sociali gli strumenti forniti dalle teorie evoluzionistiche si sarebbero moltiplicati. Il secondo motivo per cui l’analisi spenceriana del cambiamento sociale è importante per la dicotomia natura/storia risiede nel fatto che la spiegazione del cambiamento sociale coinvolge una certa concezione della ‘natura umana’. Ed è qui che nascono problemi teorici e interpretativi particolarmente spinosi. Il cambiamento sociale è da intendere nel senso più ampio possibile. Esso coinvolge le istituzioni, le credenze, l’organizzazione politica. Il passaggio dall’aggressione al commercio, dal feudalesimo al capitalismo, dal politeismo al monoteismo, dalla poligamia alla monogamia, dalla monarchia assoluta ai governi rappresentativi sono tutte forme di cambiamento sociale. Espressa nel modo più sintetico possibile, la tesi di Spencer è che in ogni epoca vi sia una congruenza, benché imperfetta, fra le condizioni sociali e la natura umana individuale. In altri termini ogni contesto storico presenta in media quelle istituzioni che meglio corrispondono alla natura umana per come si è evoluta sino a quel momento storico. La natura umana va intesa in termini di emozioni o sentimenti esibiti più frequentemente dagli individui. In un’epoca dominata dalla guerra gli individui presenteranno più facilmente emozioni egoistiche e comportamenti aggressivi. Qui, affinché la società funzioni e sia possibile per gli individui coordinarsi e risolvere i problemi, sarà necessario il ricorso a una cooperazione forzata, sotto l’autorità dello stato. Viceversa, in un’epoca di pace gli individui avranno sviluppato emozioni altruistiche e comportamenti cooperativi spontanei; a quel punto lo stato non avrà bisogno di imporre comportamenti cooperativi e potrà limitarsi alla semplice protezione della vita e della proprietà individuale. Il problema è che non è immediatamente chiaro, nella spiegazione spenceriana, quale sia il ruolo causale rispettivamente attribuito alla natura umana e alle condizioni sociali: è la comparsa di certe condizioni sociali a modificare la natura umana, o viceversa l’evoluzione di quest’ultima a promuovere la nascita di nuove istituzioni, la modificazione di vecchie credenze, ecc.? In quanto segue sosterrò che, a dispetto di qualche formulazione ambivalente, è più credibile la prima spiegazione. In Spencer la natura umana si adatta a cambiamenti sociali che si realizzano spontaneamente. In sintesi, il cambiamento è spontaneo                                                                                                 1

Cfr. [H. Spencer], The Development Hypothesis, «The Leader», 3 (1852), pp. 280-281, e H. Spencer, The Principles of Psychology, Longman, Brown, Green, and Longmans, London 1855, pp. 339-620.

 

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perché provocato in modo non-intenzionale dall’interazione tra gli individui. Cercherò più avanti di chiarire in che senso si possa parlare di evoluzione ‘spontanea’. In quanto segue considererò l’opera spenceriana in modo essenzialmente diacronico. V’è ragione di pensare che nel corso degli anni, salvo alcuni aggiustamenti minori, il punto di vista di Spencer sia rimasto inalterato. Il problema del cambiamento sociale è affrontato in molti testi: tra questi, Social Statics (1851), The Study of Sociology (1873), Principles of Sociology (1876-1896), Principles of Ethics (1892-93), ai quali si aggiungono saggi talvolta confluiti nelle opere appena menzionate. È questo il caso, ad esempio, di The Data of Ethics, pubblicato nel 1879 e riapparso nel 1892 quale prima parte dei Principles of Ethics. Il seguente brano illustra in maniera abbastanza chiara il problema di cui ci stiamo occupando: Ever the tendency [of society] is towards congruity between beliefs and requirements. Either the social arrangements are gradually changed until they come into harmony with prevailing ideas and sentiments; or, if surrounding conditions prevent change in the social arrangements, the necessitated habits of life modify the prevailing ideas and sentiments to the requisite extent2.

Ma, se la natura umana per cambiare ha bisogno che cambino le condizioni sociali, e se le condizioni sociali per cambiare hanno bisogno che cambi la natura umana, è difficile capire quale sia il primum movens del cambiamento. C’è anzi il rischio che la spiegazione spenceriana si risolva in un ragionamento circolare. Il titolo del presente contributo, «Un’essenziale beneficenza delle cose», s’ispira a un saggio del 1853 dedicato all’evoluzione della credenza religiosa3, e sta a indicare proprio questo rischio: che questa ‘armonia’ tra natura umana e condizioni sociali, che c’è in ogni epoca, non sia che il residuo di una visione teleologica e provvidenzialistica secondo cui il progresso umano – la marcia verso un futuro stato di perfezione – sia in qualche modo iscritto nel cosmo, in una qualche legge imposta sulle cose ma situata al di sopra di esse. In ogni epoca le società umane svilupperebbero esattamente quelle istituzioni, quelle credenze e quei sentimenti che                                                                                                 2

H. Spencer, The Data of Ethics, Williams and Norgate, London 1879, p. 136. [H. Spencer], The Use of Anthropomorphism, «The Leader», 4 (1853), pp. 1076-1077. Sul tema dell’evoluzione religiosa in Spencer cfr. M. Francis, Herbert Spencer and the Invention of Modern Life, Acumen, Stocksfield 2007, pp. 111-131, e F. Morganti, Religious Freedom and the Quest for a New Creed: Herbert Spencer’s Religious Thought in Context, «Rivista di storia della filosofia», 71 (2016), pp. 47-68. 59

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sono utili agli esseri umani, a seconda dello stadio di sviluppo raggiunto. Una visione che rischia tuttavia di non poter spiegare il cambiamento sociale, risolvendosi nella semplice affermazione che il mondo, e il mondo umano in specie, cambia (e in meglio) in virtù di una qualche necessità intrinseca. Studiare i termini della questione in Spencer, ed eventualmente scongiurare un simile esito, servirà dunque a capire se la prospettiva sociologica spenceriana possa ancora offrire spunti e strumenti all’analisi di un problema ancora attuale delle scienze sociali. 2.   Evoluzione cosmica ed evoluzione sociale Per Spencer tutte le forme di cambiamento – astronomica, geologica, biologica, psicologica, sociale – rispondono alla seguente formula dell’evoluzione: «Evolution is an integration of matter and concomitant dissipation of motion; during which the matter passes from an indefinite, incoherent homogeneity to a definite, coherent heterogeneity; and during which the retained motion undergoes a parallel transformation»4. Non occorre soffermarsi sui dettagli di quest’ostica formulazione: basti tenere a mente che per Spencer c’è una qualche necessità che spinge i corpi a evolvere verso una maggiore complessità e diversificazione. Questa formula dell’evoluzione non può essere considerata come una ‘legge’, risolvendosi nella semplice descrizione delle caratteristiche generali del processo evolutivo. Se Spencer si limitasse a enunciare questa formula, egli non starebbe affatto spiegando il cambiamento evolutivo. Negli scritti dedicati all’evoluzione organica Spencer avrebbe criticato quelle teorie – in particolare quelle di Erasmus Darwin, Lamarck e Robert Chambers, l’anonimo autore di Vestiges of the Natural History of Creation (1844) – che attribuivano il cambiamento a una presunta tendenza intrinseca alla materia vivente. Per Spencer si trattava di una pseudo-spiegazione5. Se la vita mostra una tendenza a evolversi verso una maggiore complessità, questa tendenza dev’essere a sua volta spiegata in virtù di qualche causa sottostante. Ma la tendenza come tale non è una spiegazione. Il progresso evolutivo, in ogni sua forma, deve dunque essere spiegato sulla base di qualche altro principio. Già in The Ultimate Laws of Physiology (1857), uno dei suoi primi scritti sull’evoluzione, Spencer aveva attributo le varie forme di cambiamento a un principio fondamentale detto ‘instabilità dell’omogeneo’6. In base a questo principio, se si considera un                                                                                                 4

nd

H. Spencer, First Principles, 2 ed., Williams and Norgate, London 1867, p. 396. Cfr. H. Spencer, The Principles of Biology, Williams and Norgate, London 18641867, vol. I, p. 404. 6 Cfr. H. Spencer, The Ultimate Laws of Physiology, «National Review», 10 (1857), pp. 332-355. 5

 

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qualsiasi aggregato uniforme si osserverà che tale condizione di omogeneità tenderà a venir meno nell’arco di breve tempo. Si consideri una massa d’acqua perfettamente omogenea: «the radiation of heat from neighbouring bodies, by affecting differently its different parts, would inevitably produce inequalities of density and consequent currents; and would so render it to that extent heterogeneous»7. Il processo di raffreddamento della crosta esterna della Terra a partire da una condizione d’incandescenza si spiega secondo lo stesso principio. Qualcosa di simile avviene con l’espansione delle prime società. Quando una popolazione è nomade, tutti i suoi membri conducono pressappoco la stessa esistenza8. Viceversa, nel momento in cui essa diventa stanziale, le varie porzioni della popolazione occuperanno territori leggermente diversi, dando inizio un processo di differenziazione interna: […] a community which, growing populous, has overspread a large tract, and has become so far settled that its members live and die in their respective districts, keeps its several sections in different physical circumstances; and then they no longer remain alike in their occupations. Those who live dispersed continue to hunt or cultivate the earth; those who spread to the sea-shore fall into maritime occupations; while the inhabitants of some spot chosen, perhaps for its centrality, as one of periodical assemblage, become traders, and a town springs up9.

Spencer presenta qui l’idea che le società si sviluppino in modo non dissimile da come evolvono gli organismi. L’idea dell’organismo sociale è usata da Spencer come vera e propria analogia, non come semplice metafora10. E una delle proprietà che stabiliscono tale analogia risiede nel fatto che sia le società, sia gli organismi si sviluppano per differenziazione delle parti.

                                                                                                7

H. Spencer, First Principles, cit., p. 402. Ivi, p. 343. 9 Ivi, p. 425. 10 Cfr. [H. Spencer], The Social Organism, «Westminster Review», 17 (1860), pp. 90121, e H. Spencer, The Principles of Sociology, D. Appleton & Co., New York 1898, vol. I, pp. 449-462. Per una discussione critica sull’organicismo spenceriano cfr. W.M. Simon, Herbert Spencer and the “Social Organism”, «Journal of the History of Ideas», 21 (1960), pp. 294-299; J.D.Y. Peel, Herbert Spencer: The Evolution of a Sociologist, Heinemann, London 1971, pp. 166-191; D. Wiltshire, The Social and Political Thought of Herbert Spencer, Oxford University Press, Oxford 1978, pp. 229-242; e M.W. Taylor, Men Versus the State: Herbert Spencer and Late Victorian Individualism, Clarendon Press, Oxford 1992, pp. 131-166. 61 8

 

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The earliest social organisms consist almost wholly of repetitions of one element. Every man is a warrior, hunter, fisherman, builder, agriculturist, toolmaker. Each portion of the community performs the same duties with every other portion; much as each portion of the polyp’s body is alike stomach, skin, and lungs. […] The next stage is distinguished by a segregation of these social units into a few distinct classes – soldiers, priests, and labourers11.

Questa differenziazione dei ruoli comporta a sua volta una maggiore interdipendenza tra gli individui. Se un individuo è in grado di svolgere molti compiti, la sua dipendenza dagli altri è minore. Se invece svolge un solo compito, ad esempio la coltivazione del cotone, avrà bisogno della collaborazione del sarto perché si arrivi alla produzione di abiti. Ma avrà anche bisogno del fornaio per mangiare, del birraio per dissetarsi, del falegname per arredare la propria abitazione. Ritorniamo quindi all’idea spenceriana di cambiamento sociale. Man mano che si rafforza la coesione sociale – perché le persone hanno sempre più bisogno le une delle altre – occorrerà che gli individui mettano da parte quei desideri, quegli impulsi, che possono essere soddisfatti soltanto a spese degli altri. Se gli individui non riescono a limitare spontaneamente queste pulsioni, ne consegue o che molti desideri restano insoddisfatti, oppure che vengono soddisfatti a spese degli altri. In un’opera del 1851, Social Statics, Spencer descrive questa come una condizione di nonadattamento. Nel momento in cui si formano i primi aggregati sociali, l’essere umano non è ancora adattato allo stato sociale. Il perfetto adattamento a quest’ultimo si avrà soltanto quando gli individui tenderanno a presentare soltanto quei desideri che possono essere soddisfatti senza procurare danno agli altri. But why is not man adapted to the social state? Simply because he yet partially retains the characteristics that adapted him for an antecedent state. The respects in which he is not fitted to society are the respects in which he is fitted for his original predatory life. His primitive circumstances required that he should sacrifice the welfare of other beings to his own; his present circumstances require that he should not do so; and in as far as his old attribute still clings to him, in so far is he unfit for the social state. All sins of men against each other, from the cannibalism of the Carrib to the crimes and venalities that we see around us; the felonies that fill our prisons, the trickeries of trade, the quarrelings of nation with nation, and of class with class, the corruptness of institutions, the

                                                                                                11

H. Spencer, Social Statics: or, the Conditions Essential to Human Happiness Specified, and the First of Them Developed, J. Chapman, London 1851, p. 453.

 

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jealousies of caste, and the scandal of drawing-rooms, have their causes comprehended under this generalization12.

Questo graduale adattamento allo stato sociale consiste nella comparsa delle emozioni che sono più adeguate alle nuove condizioni. Il presupposto alla base di questo processo è il principio ‘lamarckiano’ per cui le caratteristiche acquisite dagli individui in virtù dei propri sforzi adattativi sono poi trasmesse per via ereditaria. Se da un lato può sembrare che ciò comprometta l’impianto spenceriano, in quanto il lamarckismo è oggi controverso, per dire il meno, dall’altro resta la possibilità che ‘lamarckiano’ sia il processo di trasmissione culturale, come in effetti è stato suggerito13. 3.   Dalla società militare alla società industriale L’organismo sociale si sviluppa dunque man mano che le esigenze individuali si organizzano spontaneamente in relazioni di tipo pacifico. Spencer aveva spiegato come ciò potesse avvenire in un saggio dal titolo The Social Organism, apparso nel 1860 sulla Westminster Review, dove si illustrava un processo non lontano dalla divisione del lavoro teorizzata da Adam Smith: It is not by […] “collective wisdom”, that men have been segregated into producers, wholesale distributors, and retail distributors. Our industrial organization, from its main outlines down to its minutest details, has become what it is, not simply without legislative guidance, but, to a considerable extent, in spite of legislative hindrances. It has arisen under the pressure of human wants and resulting activities. While each citizen has been pursuing his individual welfare, and none taking thought about division of labour, or conscious of the need of it, division of labour has yet been ever becoming more complete. It has been doing this slowly and silently: few having observed it until quite modern times. By steps so small, that year after year the industrial arrangements have seemed just what they were before – by changes as insensible as those through which a seed passes into a tree; society has become the complex body of mutuallydependent workers which we now see14.

Il risultato più importante di questo processo di aggiustamento spontaneo degli interessi individuali è dunque la                                                                                                 12

Ivi, p. 63. Cfr. L.L. Cavalli Sforza, L’evoluzione della cultura. Proposte concrete per studi futuri, a cura di T. Pievani, Codice Edizioni, Torino 2004. 14 [H. Spencer], The Social Organism, cit., pp. 91-92. 63 13

 

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transizione dalle società militari alle società pacifiche basate sul commercio. Mentre in Social Statics Spencer aveva descritto una transizione lineare dalla ‘società militare’ alla ‘società industriale’, negli scritti sociologici della maturità avrebbe visto una storia contaminata da rigurgiti di militarismo. A ciascun tipo di società corrispondono istituzioni, credenze e organizzazioni politiche peculiari. Nei Principles of Sociology (1876-1896) avrebbe analizzato i fenomeni del cambiamento sociale in un’ampia serie di istituzioni sociali: la famiglia, le istituzioni ecclesiastiche, le professioni, le organizzazioni politiche, le istituzioni commerciali. Il passaggio dalla società militare a quella industriale, o viceversa, comporterà cambiamenti corrispondenti in tutti questi settori della vita sociale. […] the trait characterizing the militant structure throughout, is that its units are coerced into their various combined actions. As the soldier’s will is so suspended that he becomes in everything the agent of his officer’s will; so is the will of the citizen in all transactions, private and public, overruled by that of the government. The co-operation by which the life of the militant society is maintained, is a compulsory co-operation15.

Mentre il sistema di organizzazione della società militare è un sistema di irreggimentazione, il modello industriale-commerciale può fare a meno di un organo di regolamentazione centralizzata esigendo soltanto un organo rappresentativo di controllo, al quale spetta il compito di amministrare la giustizia, assicurando che ogni cittadino possa godere dei benefici che gli spettano legittimamente e non interferisca arbitrariamente nella sfera privata degli altri. These pervading traits in which the industrial type differs so widely from the militant type, originate in those relations of individuals implied by industrial activities, which are wholly unlike those implied by militant activities. All trading transactions, whether between masters and workmen, buyers and sellers of commodities, or professional men and those they aid, are effected by free exchange. […] This relation, in which the mutual rendering of services is unforced and neither individual subordinated, becomes the predominant relation throughout society in proportion as the industrial activities predominate. Daily determining the thoughts and sentiments, daily disciplining all in asserting their own claims while forcing them to recognize the correlative claims of others, it produces social units whose mental structures and habits mould social arrangements into corresponding forms. There results a type characterized throughout by that same individual freedom which every

                                                                                                15

 

H. Spencer, Principles of Sociology, cit., vol. I, p. 564. 64

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commercial transaction implies. The co-operation by which the multiform activities of the society are carried on, becomes a voluntary co-operation16.

Per Spencer sono dunque le istituzioni sociali a spingere gli individui a modificare la propria natura per meglio adattarsi alla vita in società. Prendiamo in considerazione il caso dell’istituzione familiare: «The ideas and sentiments which make possible any more advanced phase of associated life, whether in the Family or in the State, imply a preceding phase by the experiences and discipline of which they were acquired; and these, again, a next preceding phase; and so from the beginning»17. Così, la vita ‘predatoria’ che caratterizza le società militari promuove l’ostilità per l’altro e la soddisfazione egoistica attraverso la conquista. Nelle società più rudimentali, le donne sono considerate oggetti di cui impadronirsi, mentre i figli sono tenuti in vita soltanto finché dura l’istinto di paternità. Nelle società militari vigono il disprezzo per i ‘diritti delle donne’, l’ineguaglianza fra i sessi – in alcuni casi connessa con la poligamia –, la condizione di servitù femminile e il diritto di vita e di morte del padre su moglie e figli. Viceversa, la vita sociale che caratterizza le società basate sul commercio tendono a presentare abiti mentali di segno opposto: The daily habit of exchanging services, or giving products representing work done for money representing work done, is a habit of seeking such egoistic satisfactions only as allow like egoistic satisfactions to those dealt with. There is an enforced respect for other’s claims; there is an accompanying mental representation of their claims, implying, in so far, fellow-feeling; and there is an absence of those repressions of fellowfeeling involved by coercion18.

Questa disciplina, che induce a considerare i diritti degli altri, fa sì che siano presi in considerazione anche quelli delle donne e dei figli. Il rapporto tra i coniugi non è più un rapporto di padronanza e sudditanza, bensì un rapporto tra associati. Mutano anche i metodi educativi: da un’educazione basata sull’imposizione di nozioni e sulle punizioni corporali, si passa gradualmente a un’educazione che valuta l’autonomia e i talenti del giovane, che invece di applicare punizioni corporali insegni al giovane a comprendere le conseguenze delle proprie azioni.                                                                                                 16

Ivi, pp. 568-569. Ivi, pp. 759-760. 18 Ivi, pp. 761-762. 17

 

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4.   Natura umana e istituzioni sociali Per Spencer la società cambia dunque in modo inintenzionale in conseguenza delle interazioni tra gli individui. A loro volta, i cambiamenti così prodotti costringono, per così dire, gli individui a una forma di adattamento: la natura umana si modifica in risposta a cambiamenti sociali che sono il prodotto di processi inintenzionali. Secondo questa logica le istituzioni sociali costituiscono un vincolo al comportamento, inducendo nel tempo gli individui a sviluppare quei tratti cognitivi ed emotivi che risulteranno più adeguati all’ambiente sociale. Secondo questa lettura è la natura umana che evolve in risposta ai cambiamenti della società. Nel criticare Spencer per una presunta incoerenza – perché, si sostiene, non sarebbe chiaro da dove abbia inizio il cambiamento, se dall’individuo o dalla società19 – si fraintende il senso in cui egli ipotizza che il cambiamento sia prodotto dall’azione individuale, cioè in modo non-intenzionale. In un contributo del 1853 dal titolo Over-Legislation, apparso anch’esso sulla Westminster Review, Spencer aveva discusso una serie di casi concreti, tratti dalla realtà politica dei suoi giorni, e aveva mostrato come i tentativi di produrre il cambiamento a tavolino fossero quasi sempre deleteri, non tenendo conto di come gli individui potessero reagire alle nuove norme. Un esempio tra i più curiosi riguardava gli effetti della tassa sul sapone: «By the excise on soap, you have, it turns out, greatly encouraged the use of caustic washing-powders; and so have unintentionally entailed an immense destruction of clothes»20. Ma qual era la logica alla base di tale critica? In every case you perceive, on careful inquiry, that besides acting upon that which you sought to act upon, you have acted upon many other things, and each of these again on many others; and so have propagated a multitude of changes in all directions21.

Il cambiamento è il risultato di un lento processo di adattamento, il quale non può essere scavalcato dalla politica senza che si producano delle ‘conseguenze inintenzionali’ che finiscono per rallentare il cambiamento che invece si intende facilitare.                                                                                                 19

Una critica simile si trova ad es. in E.F. Paul, Herbert Spencer: The Historicist as a Failed Prophet, «Journal of the History of Ideas», 44 (1983), p. 625. Per un’interpretazione più sfumata cfr. M.W. Taylor, op. cit., pp. 100-130. 20 [H. Spencer], Over-Legislation, «Westminster Review», 60 (1853), p. 61. 21 Ibid., corsivo aggiunto.

 

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Ora, se sono le condizioni esterne a sollecitare gli individui ad adattarsi alle circostanze sociali, come spiegare i passi in cui Spencer sembra invece affermare il contrario, cioè che i cambiamenti sociali presuppongono certe facoltà intellettuali e certe emozioni22? Possiamo spiegarli, credo, in due modi. Anzitutto, interpretando tali affermazioni come un semplice requisito ‘al negativo’. Le facoltà mentali che, in un determinato contesto storico, appartengono alla natura umana sono correlate a una certa organizzazione sociale, con le sue pratiche e le sue istituzioni. Di conseguenza, quelle facoltà e quelle credenze non potranno mai prescindere da ciò che le istituzioni consentono: ad esempio, sarà difficile riscontrare emozioni altruistiche sviluppate in una società organizzata su base militare, poiché le istituzioni, i vincoli all’azione posti da una società di tal genere disincentivano quei sentimenti e i relativi comportamenti. In secondo luogo, osservando che il cambiamento non può avvenire in modo repentino. In presenza di mutamenti violenti, come nel caso dei moti rivoluzionari, la natura umana opererà una sorta di ‘resistenza’ che finirà per compromettere lo stesso tentativo di cambiamento. Questo perché l’adattamento degli individui alle condizioni sociali avviene gradualmente, così come graduale è il processo evolutivo in generale. Se ad esempio si trapiantano delle istituzioni commerciali in una società tribale, quelle istituzioni tenderanno a essere recepite secondo quella che è la società di destinazione. C’è un celebre caso storico che, con alcuni aggiustamenti, può essere spiegato secondo la logica spenceriana. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il tentativo di creare un’economia di mercato nei paesi del blocco si risolse non già nella crescita economica di quei paesi, come auspicato, bensì nell’emergere del cosiddetto gangster capitalism. Quello che avvenne fu che, in assenza di istituzioni economiche e giuridiche in grado di favorire la produzione e gli scambi, le risorse finivano nelle mani di coloro che detenevano la forza e il potere militare. Gli altri attori economici, non potendo contare sulla legge e sul rispetto dei contratti, finivano per cedere ai capi della malavita le poche risorse che avevano a

                                                                                                22

 

nd

Cfr. ad es. il seguente brano dei Principles of Psychology, 2 ed., Williams and Norgate, London 1870-1872: «It is manifest that the ability of men to co-operate in any degree as members of a society, pre-supposes certain intellectual faculties and certain emotions. It is manifest that the efficiency of their co-operation will, other things equal, be determined by the amounts and proportions in which they possess these required mental powers» (vol. II, p. 508, corsivo aggiunto). 67

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disposizione, guadagnandosi in tal modo una sicurezza che le istituzioni vigenti non potevano garantire23. Questa ricostruzione può fare a meno del concetto di ‘natura umana’ in luogo del concetto economico di ‘incentivo’. Si tratta di un concetto nient’affatto estraneo al pensiero di Spencer. Nella già menzionata Social Statics, questi aveva sostenuto che l’unico modo in cui lo stato poteva favorire il progresso sociale era rinunciare a interferire con l’attività individuale, limitandosi a proteggere la vita e la proprietà delle persone. Qualsiasi forma d’intervento statale – scuola, sanità, assistenzialismo, dazi sulle importazioni, ecc. – avrebbe rimosso gli incentivi all’impegno individuale, impedendo il processo di adattamento della natura umana all’ambiente sociale. Quando lo stato si sostituisce all’attività individuale, rende impossibile il processo di esplorazione dal basso delle soluzioni cooperative, con un conseguente rallentamento del progresso sociale. Per Spencer, come osservato nella sezione precedente, è ad esempio la società basata sul commercio, sulle interazioni volontarie tra individui, a incentivare la comparsa dei comportamenti altruistici. Egli era ad esempio contrario al welfare state sulla base della convinzione che, riducendo la beneficenza privata, impediva agli individui di sviluppare i sentimenti altruistici24. Ma in assenza di appropriate istituzioni sociali, l’evoluzione di questi sentimenti non può avere luogo. E i tentativi di pianificarla a tavolino finiscono per ostacolare il cambiamento che intendono favorire. Per concludere, quello del cambiamento sociale è un problema estremamente attuale, con delle evidenti ricadute a livello di decisioni politiche25. In Spencer troviamo non solo una formulazione consapevole del problema, ma anche una serie di riflessioni e soluzioni che ne fanno un interlocutore con cui è ancora necessario confrontarsi. Università degli Studi di Milano [email protected]

                                                                                                23

Cfr. R.D. Cooter-H. Bernd-Schäfer, Solomon’s Knot: How Law Can End the Poverty of Nations, Princeton University Press, Princeton 2011, in particolare cap. 11. 24 Cfr. H. Spencer, Social Statics, cit., pp. 311-329. 25 Una recente trattazione di questo tema si può ad es. trovare in D.C. North, Istituzioni, cambiamento istituzionale, evoluzione dell’economia, il Mulino, Bologna 2007. Più in particolare sul rapporto tra cambiamento sociale e problemi di policy secondo una prospettiva non lontana da quella di Spencer cfr. R. Bitetti, Individualismo metodologico, cambiamento sociale e politiche pubbliche, «Sociologia», 49 (2015), pp. 37-45.

 

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