Analisi del § 1 del \"De principiis naturae\" di Tommaso d\'Aquino

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Studio Teologico “Celso Costantini” – Pordenone Seminario di Filosofia  

18 febbraio 2017 Analisi del § 1 del De principiis naturae di Tommaso d’Aquino Giovanni Catapano A. TRADUZIONE PERSONALE Nota che una certa cosa può essere anche se non è, una certa cosa invece è. Quello che può essere, si dice essere in potenza; quello che già è, si dice essere in atto. Ma l’essere è duplice, vale a dire l’essere essen|5|ziale della cosa o sostanziale, come l’essere un uomo, e questo è l’essere in senso assoluto; è invece altro l’essere accidentale, come l’essere un uomo bianco, e questo è l’essere una cosa qualificata in un certo modo. Rispetto all’uno e all’altro essere vi è una qualche cosa in potenza: |10| una qualche cosa infatti è in potenza ad essere un uomo, come lo sperma e il sangue mestruale, una qualche cosa è in potenza ad essere bianca, come un uomo. Tanto quello che è in potenza rispetto all’essere sostanziale quanto quello che è in potenza rispetto all’essere accidentale può |15| dirsi materia, ad esempio lo sperma dell’uomo e l’uomo della bianchezza; ma differiscono tra loro per il fatto che la materia che è in potenza rispetto all’essere sostanziale si dice materia “da cui”, quella invece che è in potenza rispetto all’essere accidentale si dice materia “in cui”. |20| Parimenti, parlando in senso proprio ciò che è in potenza rispetto all’essere accidentale si dice soggetto, ciò che invece è in potenza rispetto all’essere sostanziale si dice in senso proprio materia. Che poi quello che è in potenza rispetto all’essere accidentale si dica soggetto, ne è indice |25| il fatto che gli accidenti si dicono essere nel soggetto, non invece che la forma sostanziale sia nel soggetto. E la materia differisce dal soggetto in questo: che il soggetto è ciò che non ha l’essere da ciò che arriva, ma per sé ha un essere completo, ad esempio |30| l’uomo non ha l’essere dalla bianchezza; mentre la materia ha l’essere da ciò che arriva ad essa, perché da sé ha un essere incompleto. Perciò, parlando in senso assoluto, la forma dà l’essere alla materia, mentre il soggetto all’accidente, anche se talvolta un termine viene preso al posto dell’altro, vale a dire |35| la materia al posto del soggetto e viceversa. Ora, come tutto ciò che è in potenza può dirsi materia, così tutto ciò da cui una qualche cosa ha l’essere, qualunque essere sia, o sostanziale o accidentale, può dirsi forma: ad esempio l’uomo, essendo |40| bianco in potenza, diventa bianco in atto per mezzo della bianchezza, e lo sperma, essendo uomo in potenza, diventa uomo in atto per mezzo dell’anima. E poiché la forma fa essere in atto, per tale ragione la forma si dice essere atto; ora, ciò che fa in atto l’essere sostanziale è la forma sostanziale, |45| e ciò che fa in atto l’essere accidentale si dice forma accidentale. E poiché la generazione è un movimento verso la forma, alla duplice forma corrisponde una duplice generazione: alla forma sostanziale corrisponde la generazione in senso assoluto, alla forma |50| accidentale invece la generazione in senso relativo. Quando infatti viene introdotta la forma sostanziale, si dice che una qualche cosa viene fatta in senso assoluto; quando invece viene introdotta la forma accidentale, non si dice che una qualche cosa viene fatta in senso assoluto, ma che essa viene resa “questa” cosa: ad esempio, quando l’uomo diventa |55| bianco, non diciamo che l’uomo viene fatto o generato in senso assoluto, ma che viene fatto o generato bianco. E a questa duplice generazione corrisponde una duplice corruzione, vale a dire in senso assoluto e in senso relativo; la generazione e la corruzione in senso assoluto, invero, non sono se non nel |60| genere della sostanza, mentre la generazione e la corruzione in senso relativo sono in altri generi. E poiché la generazione è un certo mutamento dal non essere o ente all’essere o ente, mentre al contrario la corruzione deve essere dall’essere al non essere, la generazione si produce non |65| da un non essere qualsiasi, ma dal non ente che è l’ente in potenza: ad esempio, l’idolo dal rame, che è idolo in potenza, non in atto.

 

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Affinché vi sia una generazione si richiedono dunque tre cose: vale a dire un ente in potenza, che è la materia; |70| un non essere in atto, che è la privazione; e ciò per mezzo di cui diventa in atto, vale a dire la forma. Ad esempio, quando dal rame si fa un idolo, il rame che è in potenza alla forma di idolo, è la materia; il fatto invece che è privo di figura o di disposizione, si dice privazione; la figura invece |75| in base alla quale si dice idolo è la forma, non però sostanziale, poiché il rame prima dell’arrivo della forma o della figura ha l’essere in atto, e il suo essere non dipende da quella figura, ma è una forma accidentale: tutte le forme artificiali infatti sono accidentali, |80| l’arte infatti non opera se non sopra ciò che è già stato costituito in un essere compiuto dalla natura. B. DIVISIONE DEL TESTO 1. Capoverso 1 (linee 1-8) = due distinzioni dell’essere a. essere in potenza ed essere in atto b. essere sostanziale ed essere accidentale 2. cv. 2 (ll. 9-19) = la materia come essere in potenza a. rispetto all’essere sostanziale = materia “da cui” b. rispetto all’essere accidentale = materia “in cui” 3. cv. 3 (ll. 20-35) = materia e soggetto a. la materia è in potenza rispetto all’essere sostanziale, mentre il soggetto è in potenza rispetto all’essere accidentale b. la materia riceve l’essere dalla forma, mentre il soggetto dà l’essere all’accidente 4. cv. 4 (ll. 36-46) = la forma come ciò che fa essere in atto a. sostanziale b. accidentale 5. cv. 5 (ll. 47-61) = duplice generazione e corruzione a. in senso assoluto (rispetto alla forma sostanziale) b. in senso relativo (rispetto alla forma accidentale) 6. cv. 6 (ll. 62-67) = la generazione come mutamento dall’ente in potenza 7. cv. 7 (ll. 68-81) = materia, privazione e forma come condizioni della generazione C. PARAFRASI [1.] Le cose si dicono essere in due modi: in potenza oppure in atto. Si dicono in potenza quando possono essere, ma ancora non sono; si dicono in atto quando invece sono già. L’essere delle cose, inoltre, si distingue in sostanziale e in accidentale. L’essere sostanziale di una cosa, che è l’essere detto in senso assoluto (simpliciter), è quello per cui essa è una certa specie di cosa (ad es., per un essere umano, l’essere appunto un uomo); l’essere accidentale è invece quello per cui la cosa è qualificata in una determinata maniera (ad es., per un essere umano, essere di colore bianco). [2.] Quando si dice che una cosa è x in potenza, lo si può intendere in senso sostanziale o in senso accidentale. In entrambi i casi quella certa cosa si può dire “materia” di x, anche se nel primo caso si dice materia “da cui” (ex qua) è x, mentre nel secondo caso si dice materia “in cui” (in qua) è x. Ad es., lo sperma può dirsi materia dell’essere umano e un essere umano può dirsi materia della sua bianchezza, ma nel primo caso la materia è ciò da cui è detto svilupparsi l’essere umano, mentre nel secondo caso la materia è ciò in cui è detta essere la bianchezza. [3.] Parlando in senso proprio, però, si dice materia di x solo ciò che è in potenza rispetto all’essere sostanziale di x (ossia la materia “da cui” è x), mentre ciò che in potenza rispetto all’essere accidentale di x (ossia la materia “in cui” è x) si dice propriamente “soggetto” (subiectum) di x. La differenza tra la materia in senso proprio e il soggetto consiste nel fatto che la materia ha un  

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essere (sostanziale) incompleto, mentre il soggetto ha un essere (sostanziale) completo. Ad es., lo sperma preso di per sé non è ancora un essere umano, e lo diventa quando l’embrione a cui dà origine riceve l’anima (razionale), che è la forma sostanziale dell’essere umano; un essere umano che diventa bianco di capelli, invece, è già in tutto e per tutto un essere umano prima ancora di incanutire. In questo senso si dice che la materia riceve l’essere (sostanziale) da ciò che arriva a completarla, cioè dalla forma (sostanziale), e quindi che la forma dà l’essere alla materia (ad es., l’anima fa sì che l’embrione sia un essere umano), mentre il soggetto non riceve il proprio essere (sostanziale) dall’accidente, ma al contrario dà l’essere all’accidente (ad es., è l’essere umano a far sì che vi sia la canizie, e non viceversa). [4.] Nella misura in cui si può comunque dire non solo in senso sostanziale ma anche in senso accidentale che una cosa che è x in potenza è materia di x, si può anche dire che ciò da cui la cosa riceve l’essere x è forma di x. Se l’essere x è sostanziale, si parla di forma sostanziale, se invece l’essere x è accidentale, si parla di forma accidentale. Ad es., l’anima è forma sostanziale di un essere umano, da cui lo sperma (che è materia di un essere umano) riceve l’essere un uomo, che è un essere sostanziale; la bianchezza è forma accidentale di un essere umano, da cui quell’essere riceve l’essere bianco, che è un essere accidentale. Poiché ricevere l’essere x significa diventare x in atto, la forma, che produce l’essere x, si dice atto di x. [5.] Dato che la generazione equivale all’acquisizione di una forma, e dato che le forme sono di due tipi, vi sono due tipi di generazione, ossia la generazione in senso assoluto (simpliciter), che è l’acquisizione di una forma sostanziale, e la generazione in senso relativo (secundum quid), che è l’acquisizione di una forma accidentale. Nel primo caso, la materia intesa in senso proprio riceve la forma sostanziale e si genera così una nuova sostanza (ad es., l’embrione riceve l’anima razionale e così si genera un nuovo essere umano); nel secondo caso, un soggetto riceve una forma accidentale e acquisisce una nuova determinazione (ad es. un uomo diventa canuto). Corrispettivamente, si avranno due forme di corruzione: una in senso assoluto, quando una materia perde la forma sostanziale e così viene meno una sostanza (ad es., il corpo perde l’anima e viene meno un essere umano), e una in senso relativo, quando un soggetto perde una forma accidentale e così perde una certa determinazione (ad es., un uomo perde il colore nero dei capelli). [6.] La generazione può essere considerata anche come un passaggio dal non essere all’essere, e viceversa la corruzione come un passaggio dall’essere al non essere. “Non essere” ed “essere” qui vanno intesi però come “non essere in atto”, cioè come essere in potenza, e come “essere in atto”. La produzione di un idolo, ad es., è il passaggio di un pezzo di rame dal non essere un idolo, inteso come essere un idolo in potenza, all’essere un idolo in atto. [7.] Il non essere x in atto e l’esserlo in potenza si dice “privazione”. La generazione è dunque il passaggio di ciò che è x in potenza, cioè della materia di x, dallo stato di privazione, cioè dal non essere x in atto, all’essere x in atto. Poiché l’essere x in atto dipende dalla forma, come è stato detto sopra, ne consegue che la generazione di x si dà quando vi sono queste tre cose: la materia di x, la privazione e la forma. La forma fa essere x in atto la materia di x, che inizialmente è in stato di privazione. Ad es., la figura dell’idolo fa essere idolo in atto il pezzo di rame. Nell’esempio dell’idolo, come in quello di tutti i prodotti artificiali, la figura è una forma accidentale, non sostanziale, perché il pezzo di rame è già in atto prima di ricevere quella figura e resta un pezzo di rame anche dopo averla ricevuta (mentre lo sperma non è ancora il corpo di una sostanza vivente prima di ricevere l’anima e, quando riceve quest’ultima, smette di essere sperma). D. DETTAGLI •

 

Nel capoverso 1 (l. 8), l’esse aliquid (letteralmente “l’essere una qualche cosa”) viene distinto dall’esse simpliciter (letteralmente “l’essere semplicemente”) e la distinzione equivale a quella tra essere accidentale ed essere essenziale o sostanziale. L’essere essenziale o sostanziale è quello per cui la cosa è una sostanza dotata di una certa essenza, la 3

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quale viene espressa nella risposta alla domanda su che cosa sia quella cosa. Ad esempio, l’essere sostanziale di Socrate è l’essere un uomo, a cui si fa riferimento quando, rispondendo alla domanda “Che cos’è Socrate?”, si risponde che Socrate è un uomo. L’essere accidentale invece è quello che a cui si fa riferimento in proposizioni in cui non si esprime l’essenza della cosa, ma si indicano determinate sue caratteristiche particolari, che non le sono essenziali, ossia i suoi accidenti. Quando si dice che “Socrate è bianco”, non si risponde alla domanda “Che cos’è Socrate?”, ma a domande diverse, cioè “Come è Socrate?”, “Che qualità particolari ha?”, “Di che colore è?”. Socrate sarebbe un uomo anche se non fosse bianco; la bianchezza è un particolare non essenziale di Socrate. La distinzione tra sostanza e accidenti, come quella tra potenza e atto, proviene dalla filosofia di Aristotele. Nel cv. 3, il termine subiectum è stato tradotto con “soggetto”. Si potrebbe tradurlo anche con “sostrato”. Corrisponde al greco hypokeimenon. La sintassi delle ll. 23-26 nel cv. 3 non è immediatamente chiara. La costruzione più probabile è che dopo autem alla l. 26 sia sottinteso il verbo dicitur. Nei cv. 5-7 il termine generatio corrisponde al greco genesis. Si oppone a corruptio (greco phthorá). Il verbo generari viene usato come sinonimo di fieri (vd. ll. 55-56 e qui sotto). La distinzione tra simpliciter e secundum quid (cv. 5) è frequentissima in Tommaso. Deriva dalla distinzione aristotelica tra haplôs e katà ti. Una cosa è detta simpliciter quando è detta in senso assoluto, mentre è detta secundum quid quando è detta in relazione a un aspetto particolare. Per Tommaso il senso “assoluto” sia dell’essere che del divenire è quello riferito alla sostanza, mentre il senso “relativo” è quello riferito agli accidenti. Nel cv. 5 (ll. 52-56), Tommaso usa il verbo fieri, che significa sia “divenire” sia “essere fatto” (passivo di facere).

E. QUESTIONI • •

In che senso la materia ha l’essere dalla forma, come si afferma nel cv. 3 (ll. 30-33)? Nella parafrasi qui proposta, si è inteso l’esse come esse substantiale in atto. Per mezzo di quale anima l’uomo diventa tale in atto, come si afferma nel cv. 4 (ll. 41-42)? Nella Summa contra gentiles, ad es., Tommaso risponde che si tratta dell’anima razionale: «L’anima vegetativa, che è contenuta in un primo tempo, quando l’embrione vive la vita della pianta, si corrompe e le succede un’anima più perfetta, che è insieme nutritiva e sensitiva, e allora l’embrione vive la vita dell’animale; corrotta questa, le succede l’anima razionale infusa dall’esterno, sebbene le precedenti vi fossero per virtù del seme» (lib. II, cap. 89, n. 11).

F. SINTESI Per tutte le cose che passano dalla potenza all’atto, ossia che si generano ovvero che diventano qualcosa, si può dire che esse, quando sono ancora in potenza, sono la materia di ciò che diventeranno, anche se in senso proprio si dovrebbe chiamare “materia” solo ciò che è in potenza una certa sostanza, mentre si dovrebbe chiamare “soggetto” ciò che è dotato in potenza di un determinato accidente. Ciò che fa sì che una data materia diventi in atto ciò che essa è in potenza è la forma: la forma sostanziale, se parliamo di una sostanza, o la forma accidentale, se parliamo di un accidente. Il diventare una certa sostanza grazie a una forma sostanziale è una generazione in senso assoluto, mentre il diventare dotati di un determinato accidente grazie a una forma accidentale è una generazione in senso relativo. La materia, in quanto ciò che è in potenza, si trova in uno stato di privazione rispetto all’atto; materia, privazione e forma sono dunque le tre condizioni del divenire delle cose.  

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