Asili nido o bonus bebè? Questo è il dilemma

September 4, 2017 | Autor: Moira Mastrone | Categoria: Welfare State, Poverty, Children and Families, Child Welfare, Social Welfare
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N EWSLETTER 45

Anno 7  N. 45  2014

29.12.2014 ARBEITSFÖRDERUNGSINSTITUT

ISTITUTO PROMOZIONE LAVORATORI

Öffentliche Körperschaft für Forschung, Bildung und Information

Ente pubblico di studi, formazione ed informazione

Asili nido o bonus bebè? Questo è il dilemma! In Italia, rispetto agli altri paesi europei, vengono investite poche risorse pubbliche nella prima fase del ciclo di vita dei bambini, siano esse trasferimenti monetari alle famiglie (come il neonato “bonus bebè”) o servizi per la prima infanzia (ad esempio asili nido). Il dilemma è proprio questo: meglio garantire più posti negli asili nido o meglio più trasferimenti monetari alle famiglie? di Moira Mastrone, tirocinante presso l’IPL con la collaborazione di Silvia Vogliotti, ricercatrice IPL Asili nido: solo il 10% dei bambini italiani ha un posto nel nido comunale Molto spesso in Italia si tende a fare comparazioni con altri Stati europei, quello più ricorrente è quello con la Germania, dove è stata approvata una riforma che assicura un posto all’asilo nido pubblico per ogni nuovo nato, successivamente seguita come esempio anche da Francia e dai Paesi scandinavi. Un posto al nido aiuterebbe di molto le mamme italiane. Potrebbe migliorare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, contribuire all’aumento della fecondità, evitando molto probabilmente che tante neo-mamme siano costrette ad uscire dal mercato del lavoro dopo la nascita del primo figlio.

In questa newsletter  Asili nido: solo il 10% dei bambini italiani ha un posto nel nido comunale  I trasferimenti monetari ed il contrasto alla povertà infantile  Il Bonus Bebè  Box: Il dilemma visto dai lavoratori dipendenti  Conclusioni: in primis libertà di scelta alle famiglie  Bibliografia e ulteriori informazioni

Uno degli strumenti per garantire la possibilità di conciliare famiglia e lavoro è sicuramente avere a disposizione un posto in un asilo nido (sia esso pubblico o privato). Nella maggior parte dei Comuni italiani si assiste però da qualche anno ad un razionamento dei posti nido, con un’offerta inferiore alle domande delle famiglie. Nell’anno 2012/2013 i bambini di età tra 0 e 2 anni iscritti agli asili nido in Italia erano 198.705 a fronte di 581.855 nati nel corso del 2012 (dati ISTAT). Capiamo subito che il rapporto tra posti disponibili e bambini in età pre scuola materna è quindi del tutto inadeguato: i bambini sotto i 3 anni che utilizzano il servizio di asilo nido comunale sono solo il 9,6% dei possibili utenti (dati Istat), ma con grosse differenze tra regioni del Sud e regioni del Nord, dove il tasso di copertura (ovvero il rapporto posti/bambini nella fascia 0-3 anni) risulta decisamente maggiore. Da sottolineare come risultino in forte crescita negli ultimi anni le offerte del privato sociale, sia in microstrutture gestite da cooperative che in nidi aziendali o interaziendali. E’ ormai risaputo che gli asili nido rappresentano un servizio alle famiglie che oltre che ad offrire un sostegno alle famiglie nel loro compito educativo promuovono altresì lo sviluppo psico-fisico, cognitivo, affettivo e sociale del bambino. La consapevolezza è quella che i servizi all’infanzia accessibili e di buona qualità contribuiscono a conciliare in modo rilevante la vita familiare e quella lavorativa dei genitori, ed oltretutto vari studi internazionali hanno mostrato che i bambini che hanno frequentato l’asilo nido hanno poi avuto risultati maggiormente soddisfacenti nell’apprendimento e nello sviluppo di competenze1. Infatti la partecipazione al nido aiuta i bambini nelle facoltà cognitive e nel socializzare con gli altri, in special modo coloro che fanno parte di famiglie a basso reddito, socialmente deboli o con background migratorio.

1

Il riferimento è agli studi del premio Nobel per l’economia James Heckmann. Ad onor del vero tali studi vengono anche criticati, sollevando la questione che le zone con molti asili nido sono anche quelle più ricche in termini economici e culturali, di partecipazione delle donne al mondo del lavoro, e probabilmente anche con scuole elementari migliori e tutto un tessuto sociale maggiormente funzionante rispetto, ad esempio, alle regioni del Sud.

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2 “Non è vero che i nidi servono "solo" alle mamme che lavorano. I dati dimostrano una relazione positiva tra la presenza di asili nido e le capacità scolastiche: i punteggi in italiano, per esempio. Gli studi del premio Nobel Heckman e di altri autori hanno evidenziato come sia cruciale per lo sviluppo cognitivo individuale l’investimento (da parte delle famiglie e del sistema scolastico) nei primi anni di vita. Investire nei primi anni di vita non solo ha rendimenti più elevati rispetto ad un investimento fatto più tardi, ma ha anche costi minori”. (Del Boca, Pasqua e Pronzato2) Figura 1: Tariffe mensili a carico delle famiglie per gli asili nido comunali in alcuni Comuni italiani - 2012/2014 € 600

€ 550

€ 515

€ 500

€ 484 € 484

€ 477

€ 477 € 458

€ 458 € 444

€ 444 € 440

€ 440

€ 434

€ 441

€ 400 € 300 € 200 € 100 €0 Lecco

Sondrio

Belluno 2012/2013

Cuneo

Lucca

Alessandria

Bolzano

2013/2014

Fonte: Cittadinanzattiva © IPL 2014 L’ultimo studio di Cittadinanzattiva rispetto agli asili nido comunali italiani – vedi figura 1 – rileva come le città italiane dove l’asilo nido è più caro (in termini di costo per le famiglie), sono tutte situate nel nord Italia, mentre i Comuni dove l’asilo nido risulta più economico (dati per il servizio a tempo pieno) sono situate per la maggior parte nel sud Italia. Bisogna tuttavia sottolineare che a fronte di asili nido mediamente più cari al Nord vi è anche una maggior disponibilità di posti: le regioni che dispongono di un maggior numero di posti nido a livello assoluto sono infatti l’Emilia Romagna e la Lombardia con rispettivamente 28.231 e 25.644 posti nei nidi. Se rapportiamo il numero di posti nei nidi pubblici con il numero di potenziali utenti otteniamo che in Italia mediamente solo 1 bambino ogni 10 ha un posto in un asilo nido comunale (figura 2). Le regioni con la maggior disponibilità di posti sono l’Emilia Romagna, la Provincia di Trento e la val d’Aosta, mentre agli ultimi posti le regioni del sud quali Campania, Calabria e Puglia. La provincia di Bolzano col 4,3% è al quartultimo posto, ma va considerato che i nidi comunali sono solo una delle diverse possibilità che si hanno in Provincia, a cui si sommano le Tagesmütter, le microstrutture e gli asili nido aziendali, mentre nelle altre Regioni non sempre ai nidi comunali si somma la disponibilità di strutture del privato sociale.

2

Carneiro, P., and Heckman, J. J. (2003), "Human Capital Policy", in J. J. Heckman, A. B. Krueger, and B. M. Friedman (Eds.), Inequality in America: What Role for Human Capital Policies?, Cambridge, MA: MIT Press, 77-239.

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3 Figura 2: Tasso di copertura per gli asili nido comunali per Regione - 2013 25,0% 20,0% 15,0% 9,6%

10,0% 5,0%

4,3%

0,0%

Fonte: Istat © IPL 2014 Nel 2013 le nascite in Alto Adige sono state pari a 5.281, con un tasso di natalità del 10,3 ogni 1000 abitanti, mentre per i primi due trimestri del 2014 secondo i dati Astat le nascite in Provincia sono state 2.642. Come già evidenziato in provincia di Bolzano l’offerta per l’assistenza ai bambini fino all’età di 3 anni è fornita da asili nido pubblici (comunali), dalle microstrutture private e dalle Tagesmütter (singole o associate in cooperative). Dai dati della Ripartizione Famiglia e politiche sociali si apprende che la capacità di accoglimento dei servizi dedicati alla prima infanzia è cresciuta negli ultimi anni: in Alto Adige alla fine del 2012 negli asili nido, nelle microstrutture, e nei servizi di Tagesmutter erano disponibili complessivamente 2.454 posti. Dal 2008 al 2012 i numero di posti è stato potenziato così che a fine 2012 erano previsti 15 posti ogni 100 bambini. Il tasso di copertura nel 2012 era pari al 19,6% con un totale di 3.141 bambini di età compresa tra gli 0 e 36 mesi che hanno potuto avere un posto in un servizio per la prima infanzia. In Provincia di Bolzano per l’anno scolastico 2013/2014 le rette mensili sono pari a 340 euro per l’asilo nido pubblico, mentre per l’asilo nido privato è pari a 584 euro. Il costo dell’asilo nido è calcolato in base al reddito per un servizio giornaliero con uscita indicativa intorno alle ore 15.30, ovvero un “tempo normale”. Le rette aumentano ovviamente nel caso del tempo pieno, ma sono attualmente previste riduzioni delle rette per famiglie con un reddito basso. Anche il Consiglio Provinciale ultimamente si è interessato al problema degli asili nido, ma nelle varie proposte non si parla di azzerare le rette ma solo di diminuirle. I trasferimenti monetari ed il contrasto alla povertà infantile Un’altra possibilità per sostenere le famiglie con figli piccoli sono gli aiuti economici, ovvero i trasferimenti di denaro: negli ultimi anni lo Stato italiano ha predisposto diverse misure economiche a sostegno delle famiglie. Nel 2004 l’allora Ministro del Welfare Roberto Maroni inserì nella legge di stabilità il c.d. “bonus bebè” e ad oggi questa misura di aiuto alle famiglie è andata a sostegno di diverse fasce di reddito. Tra i vari “stati di allarme” che hanno spinto il Governo nel corso degli anni ad attuare misure per il sostegno alle famiglie si cita il tasso di natalità, pari solo ad 1,4 figli per donna italiana rispetto ad 1,6 della media europea. Nel 2013 è stato riscontrato il dato più basso dall’Unità d’Italia. La crisi economica ha effetti disastrosi sulla fecondità in Italia, perché i giovani non hanno sicurezza e non riescono a raggiungere un’indipendenza economica che gli permette di creare una nuova famiglia e quindi di avere figli, e se lo fanno spesso si fermano al primo figlio. Ormai è noto il legame positivo tra occupazione femminile e tasso di natalità: si fanno più figli dove le donne sono più occupate e non viceversa. In Italia vi è quindi un dibattito in atto, focalizzato principalmente sulla rilevanza di aiutare le madri a conciliare la vita lavorativa ed il carico degli impegni familiari.

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4 Le condizioni socio-economiche delle famiglie italiane sono peggiorate dal 2008 ad oggi per colpa della crisi economica che non tende ad attenuarsi. Le famiglie italiane risultano più povere rispetto a qualche anno fa, e non solo quelle con tre o più minori a carico, ma anche quelle con uno o due figli minorenni, con un tasso del 10% per le prime e 13,4% per le seconde. Le famiglie povere con almeno un minore all’interno del nucleo familiare sono passate dal 3,9% del 2007 al 12,2% nel 2013. Se da un lato si sottolinea quindi l’importanza per alcune tipologie di bambini di frequentare l’asilo nido, chiaro che in molti casi se non è presente un sostanzioso aiuto economico alle famiglie o una riduzione delle rette queste non possono affrontare da sole la spesa per il nido e si avranno conseguenze future gravi non solo in campo economico, ma anche sul futuro di questi bambini. L’Italia da un paio d’anni sta cercando di adattarsi agli standard di altri paesi europei, i quali hanno strumenti di tipo universalistico a sostegno della natalità e responsabilità familiari contrastando così la povertà, cosa che in Italia non esiste. L’Italia sta affrontando drastici riassestamenti della spesa pubblica, e questo potrebbe mettere a rischio la capacità degli enti locali di offrire servizi di sostegno. Dal punto di vista dei Comuni i servizi alla prima infanzia sono anche minacciati da tagli e minori entrate dalle rette. Inoltre quando si parla di minori, la priorità deve essere data nel contrastare la povertà, prendendo esempio dagli altri stati europei, uno fra tutti la Francia. La Francia, infatti, oltre ad avere un bonus simile al bonus bebè di importo maggiore di 80 euro mensili, ha anche un reddito di solidarietà dove ogni anno vengono stanziati più di 10 miliardi di euro. Anche in Italia ci sono state proposte per stabilire un reddito minimo ma ad oggi nulla è stato concretizzato. Per quanto riguarda la povertà infantile dai dati OCSE risulta che l’Italia (col 17,8%) è sopra la media OCSE (pari al 13,3%). I dati sono relativi ad un’analisi condotta dall’OCSE nel marzo 2014 al netto delle tasse e dei contributi.

Figura 3: Quota di popolazione in povertà per tipologia nei paesi OCSE – %, 2010 30 25

Minorenni

Popolazione totale

20 15

17,8 13,3

10 5 0

Fonte: OCSE – Child Poverty January 2014 © IPL 2014

Appurando la crescita dei bambini in stato di povertà in Italia, molti criticano il Bonus Bebè perché ritengono che questo debba essere innanzitutto rafforzato ed inoltre indirizzato a contrastare la povertà infantile, perciò le famiglie con reddito-medio alto non dovrebbero rientrare nei parametri per accedere al sostegno. L’Ocse ha condotto un’indagine concentrandosi su quanto i Governi aiutino le famiglie, ovvero quale quota del PIL venga dedicata al sostegno alle famiglie: in media nei paesi Ocse si spende per la famiglia il 2,55% del PIL. Irlanda, Ungheria, Danimarca e Gran Bretagna spendono oltre il 4%, mentre molti paesi mediterranei non arrivano neppure all´1,5%. L’Italia spende per le famiglie il 2% del PIL e si trova nella parte bassa della classifica. La spesa può essere di tre tipi, ovvero prevedendo una riduzione delle tasse (detrazioni, deduzioni per chi ha figli a carico e spese legate alla loro crescita/educazione ecc), ovvero fornendo servizi per le famiglie (asili nido ecc.), o prevedendo trasferimenti monetari diretti (assegni familiari ecc.). Mediamente nei paesi Ocse si spende l’1,34% in trasferimenti monetari, lo 0,96% in servizi e lo 0,25% per la riduzione della tassazione. Il Lussemburgo, l’Irlanda e AFI-IPL NEWSLETTER - [email protected] - www.afi-ipl.org - http://facebook.com/afi.ipl

5 la Gran Bretagna preferiscono aiutare le famiglie fornendo loro trasferimenti in denaro, al contrario dei paesi scandinavi che investono invece maggiormente nei servizi, prima di tutte la Danimarca con ben il 2,42% del PIL. I paesi scandinavi e del Nord Europa preferiscono i servizi anche rispetto alle detrazioni fiscali: un esempio fra tutti è il servizio dentistico gratuito offerto a tutti i bambini danesi fino al compimento della maggiore età. Uno dei paesi Ocse con maggior equilibrio tra le tipologie di spesa è invece la Francia, con una spesa nei servizi dell’1,69% del PIL, una buona media anche nelle detrazioni e nei trasferimenti monetari.

Figura 4: Spese per le famiglie per tipologia in alcuni paesi OCSE - % del PIL, 2011 Trasferimenti monetari

Servizi

Riduzione della tassazione

4,50 4,00 3,50 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00 0,50 0,00

Fonte: OCSE – Public Spending on family benefits – October 2013 © IPL 2014

Il Bonus Bebè Dal 2004 il Governo italiano prevede annualmente nella legge di stabilità un aiuto economico alle famiglie italiane che si va ad aggiungere a quelli già esistenti: anche nel 2014 il Governo italiano ha stanziato dei fondi che andranno alle famiglie italiane sotto forma di assegno mensile, denominato “bonus bebè”.

Figura 5: Finanziamento governativo del Bonus Bebè (milioni di €) – 2015-2020 2015

202

2016

607

2017

1012

2018

1012

2019 2020

607 202

Fonte: Legge di Stabilità 2015 Art.13 © IPL 2014 AFI-IPL NEWSLETTER - [email protected] - www.afi-ipl.org - http://facebook.com/afi.ipl

6 Con la Legge di Stabilità per il 2015 il Governo italiano ha stanziato dei fondi per questa misura che intende aiutare le famiglie italiane con almeno un minore a carico. La norma prevede un contributo mensile per incentivare le nascite e per contribuire alle relative spese per il sostegno alle famiglie, che verrà dato a tutte le famiglie residenti sul territorio nazionale per ogni bambino nato o adottato dal primo gennaio 2015 al 31 dicembre 2017, fino al compimento del terzo anno di età. L’intervento verrà dilazionato per i prossimi sei anni, sarà soggetto a determinati requisiti e avrà le seguenti principali caratteristiche:

Figura 6: Requisiti e caratteristiche del Bonus Bebè 2015 Beneficiari

Tutte le famiglie residenti in Italia con un bambino nato o adottato tra il 1. gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2017. Il diritto vale fino al quarto figlio per ordine di nascita o ingresso nel nucleo familiare (nato o adottato). Le famiglie potranno beneficiare del bonus fino al compimento del terzo anno di età del bambino. 960 euro all’anno dilazionati mensilmente con un ammontare pari a 80 euro a partire dalla data di nascita o di adozione del bambino. Nell’anno solare precedente i genitori devono avere un reddito ISEE non superiore a 25.000 euro. Se l’ISEE è inferiore a 7.000 euro annui, l’ammontare del bonus bebè sarà di 160 euro mensili. Deve essere fatta domanda all’INPS che sarà successivamente incaricato di versare l’ammontare.

Arco temporale Ammontare Limite reddituale

Come ottenere il bonus Fonte: Legge di Stabilità 2015 Art.13 © IPL 2014

In Italia oltre al bonus bebè esistono altri quattro strumenti a livello nazionale di sostegno monetario a favore delle famiglie con prole. I primi due strumenti sono di tipo fiscale, ovvero detrazioni per i figli a carico, quindi una previsione di minori tasse per chi ha figli piccoli o ragazzi che studiano, in base al principio della ridotta capacità contributiva di famiglie con figli. Il terzo strumento attualmente in vigore è l’assegno familiare erogato dall’INPS direttamente in busta paga alle famiglie dove almeno il 70% del reddito deriva da pensione o lavoro dipendente. Un ulteriore ed aggiuntivo assegno è erogato ai nuclei familiari con almeno tre figli minorenni. In Provincia di Bolzano, oltre ai sopracitati strumenti nazionali di sostegno alle famiglie, si aggiunge l’assegno provinciale al nucleo familiare, erogato alle famiglie con figli minori di 3 anni, se il reddito è inferiore a 80.000 €. Da gennaio 2014 l’importo dell’assegno provinciale al nucleo familiare è passato da 100 a 200 €. Con il raddoppio dell’assegno è stata attuata una delle misure centrali della legge provinciale sulla promozione della famiglia. Oltre a ciò vi è anche un assegno regionale per le famiglie, inversamente proporzionale al loro reddito e patrimonio (dichiarazione DURP), che dal 1 gennaio 2014 è stato accorpato con quello provinciale di cui sopra.

1. Detrazione figli a carico

2. Detrazione per contribuenti con almeno quattro figli a carico

Figura 7: Strumenti per il sostegno monetario della famiglie in Italia © IPL 2014

3. Assegno familiare

4. Assegno per nuclei con almeno tre minori

5. Bonus Bebè 2015

In linea di principio dovrebbe essere lo Stato a garantire le politiche per la famiglia, e gli interventi locali – come i sopracitati assegno provinciale e assegno regionale - dovrebbero essere aggiuntivi

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7 rispetto alle erogazioni a livello nazionale. Invece in Alto Adige si assiste al fenomeno opposto, col rischio che le prestazioni erogate dalla Provincia e dalla Regione vengano poi conteggiate nel calcolo del reddito ISEE per il bonus bebè, generando un controsenso ed una penalizzazione per alcune famiglie altoatesine.

BOX: Il dilemma visto dai lavoratori dipendenti

Figura 8: Preferisce asili nido gratuiti o un aumento dell'assegno provinciale al nucleo familiare?

Asili nido gratuiti 36%

Aumento assegno provinciale al nucleo familiare 64%

Nell’indagine del Barometro IPL per l’autunno 2014 è stato chiesto ad un campione di lavoratori dipendenti se preferivano asili nido gratuiti o un aumento dell’assegno provinciale al nucleo familiare. Il 64% degli intervistati preferisce un aumento dell’assegno provinciale al nucleo familiare, mentre il 36% prediligerebbe asili nido gratuiti. L’idea di azzerare le rette degli asili nido a livello locale non pare quindi molto apprezzata dai lavoratori dipendenti, che per via della crisi economica preferiscono un aiuto monetario non solo per pagare l’asilo nido ma evidentemente anche per far fronte ad altri bisogni della famiglia. Dai dati risulta inoltre un forte divario di chi risiede in città e chi in periferia: il 70% dei residenti di Comuni rurali preferiscono un aumento dell’assegno provinciale al nucleo familiare, mentre lo auspicano solo il 55% di coloro che risiedono in Comuni urbani.

© IPL 2014 – Barometro Autunno 2014 (n = 482)

Conclusioni: In primis libertà di scelta alle famiglie di Silvia Vogliotti, ricercatrice IPL

I finanziamenti attualmente erogati dallo Stato italiano non sono coordinati tra loro e da molti anni si è proposta un’unificazione degli stessi per una migliore finalizzazione delle misure. In questo contesto il “bonus bebè” si caratterizza anch’esso quale strumento estemporaneo, essendo valido solo per i bambini nati o adottati tra il 2015 ed il 2017 fino al compimento del terzo anno di età. Inoltre la soglia individuata - reddito non superiore a 90.000 euro - escluderà dal bonus solo le fasce molto alte di reddito, mentre secondo alcune simulazioni il bonus andrà per il 70% a famiglie con reddito medio-alto, quando in molti lamentano l’urgenza di maggiori aiuti economici per i bambini che vivono in famiglie disagiate3. Il bonus ha come obiettivo quello di contribuire alle spese per il sostegno del nuovo arrivato tra cui un aiuto nel pagare l’asilo nido, ma ad oggi non tutti i bambini frequentano l’asilo nido (perché come abbiamo visto non sempre ci sono posti), motivo per cui molte mamme si licenziano o non rientrano più nel mondo del lavoro. Le varie proposte di riduzione se non di azzeramento delle rette dell’asilo nido si trovano poi a scontrarsi con le sempre maggiori difficoltà di sostenibilità finanziaria dei Comuni, nei cui bilanci ricadono le spese dei nidi. Nel complesso delle politiche familiari italiane emerge come il solo bonus bebè non possa certo dare una vera svolta alla vita familiare e alle condizioni di vita dei bambini, e non rappresenta la panacea di tutti i mali, ma forse non è da bocciare senza appello. Se da molte parti emerge un forte scetticismo rispetto all’esiguità dell’importo (che non aiuterà le famiglie a pagare la quota mensile agli asili dato che 80 euro non equivalgono neanche al 20% della ret3

Guerra, M. C., (2014), “Bebè? Non troppo Bonus”, in neodemos.it, http://www.neodemos.it/index.php?file=onenews&form_id_notizia=834

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8 ta), da altre parti si valuta come positiva la misura, se non altro per il segnale rivolto alle famiglie che lo Stato cerca di aiutarle, di dare un respiro in più alle famiglie meno abbienti, o di spingere coppie intenzionate ad avere un figlio a non posticipare ulteriormente la decisione.

“Il bonus bebè - in attesa di cambiamenti più strutturali ed incisivi che richiedono per il Governo tempi più lunghi - non va forse bocciato senza appello” (Rosina, 2014). Questi interventi parcellizzati ed estemporanei spesso sono legati più a valutazioni elettorali che non a programmazioni di medio termine, mentre la politica per la famiglia dovrebbe entrare a pieno titolo nell’agenda politica fattivamente, e non solo come dichiarazione d’intenti. Negli anni passati in Italia invece non si sono formulate politiche per le famiglie esplicite, per cui le singole misure adottate non hanno portato a grandi cambiamenti. Mentre si dovrebbe prendere in seria considerazione di modificare e integrare maggiormente in una policy comune il sistema dei servizi rivolti alle famiglie con figli a carico da un lato (prendendo esempio da altri Stati europei, come Germania, Francia e i Paesi scandinavi), i trasferimenti monetari e la tassazione per chi ha carichi di famiglia. Il bonus bebè va letto come un “tassello” che dovrebbe venir messo accanto a molti altri tasselli, mentre in Italia spesso le varie tessere del puzzle che si susseguono, governo dopo governo, emergenza dopo emergenza, non compongono mai un vero puzzle, una figura unitaria, ma sono singoli pezzi che mal si incastrano tra loro. Per concludere rispondendo alla domanda posta nel titolo: più bonus bebè o più nidi? Tutti e due, ed anche qualche cosa in più! Non basta il bonus bebè, non bastano più posti nei nidi, ma va ridisegnato il quadro complessivo delle politiche familiari italiane, garantendo la possibilità di scelta dei genitori di quale sia il mix migliore tra lavoro di cura e lavoro pagato (anche per la donna), garantendo maggior autodeterminazione alle famiglie. Serve una vera ed esplicita politica per la famiglia, con misure coordinate e programmazioni di medio-lungo termine, nonché una valutazione ex-post delle misure adottate, per vedere l’effetto che fa la singola misura ma anche per capire cosa ci insegna l’esperienza passata.

Bibliografia e ulteriori informazioni Bebè? Non troppo bonus – Maria Cecilia Guerra per Neodemos, 05/11/2014 http://www.neodemos.it/index.php?file=onenews&form_id_notizia=834 Cittadinanzattiva – Dossier Asili nido comunali Edizione 2014 http://www.vita.it/societa/famiglia/cittadinanzattiva-in-italia-l-asilo-nidco-comunale-costa-309-euro-al-mese.html “Come può uno scoglio arginare il mare?” La recessione delle nascite e gli effetti del bonus bebè – Alessandro Rosina, Neodemos, 12/11/2014, neodemos.it EUROSTAT http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/File:Total_fertility_rate,_1960%E2%80%932012_%28live_bi rths_per_woman%29_YB14.png La crisi economica bussa alla porta dei nidi - Daniela Del Boca, Chiara Pronzato e Giuseppe Sorrenti, 02/07/2013 http://ingenere.it/articoli/la-crisi-economica-bussa-alla-porta-dei-nidi I nidi fanno bene a genitori e figli - Daniela Del Boca, Silvia Pasqua e Chiara Pronzato, 15/12/2011 http://www.ingenere.it/articoli/i-nidi-fanno-bene-genitori-e-figli ISTAT, L’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia http://www.istat.it/it/archivio/129403 La Voce – Meglio più nidi che Bonus Bebè, http://www.lavoce.info/archives/30799/nidi-bonus-bebe/ Legge di stabilità 2015 http://www.governo.it/GovernoInforma/documenti/legge_stabilita_2015/allegati/ARTICOLATO.pdf OCSE – Child Poverty, http://stats.oecd.org//Index.aspx?QueryId=48093

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