Asse (1936)

June 9, 2017 | Autor: Rocco Luigi Nichil | Categoria: Storia Della Lingua Italiana, Lessicografia italiana, Storia delle parole
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1936. ASSE

aspirapolvere (1932), tostapane (1954), frullatore (1959), friggitrice (1974); elettrodomestici bianchi, come frigorifero (1834), congelatore (1920), lavatrice (1930); elettrodomestici bruni, o con componente elettronica, come radio (1918), televisore (1929), videoregistratore (1970). Al loro esordio le forme concorrenti furono molto più numerose di quelle sopravvissute oggi: con frigorifero si usava anche refrigerante o frigidaire (“Domus”, vol. I, n. 1, 15 gennaio 1928, p. 35); alternativi a scaldabagno (1902) erano idroelettrotermo e boiler (rispettivamente “Domus”, vol. I, n. 1, 15 gennaio 1928, p. 41 e vol. I, n. 9, 1° settembre, 1928, p. 37); l’idroelettrolava era la lavastoviglie, inventata da Josephine Cochrane nel 1886 (Panati, 2000, p. 118), l’elettronitor era l’aspirapolvere (“Domus”, vol. I, n. 1, 15 gennaio 1928, p. 42 e vol. I, n. 12, 1° dicembre 1928, p. 94). In alcuni casi sia il nome comune (composto inizialmente con suffissi classici come -fero, o con -tore -trice e poi sempre più spesso con composti V + N: Catricalà, 1996, p. 47) sia il nome commerciale sono sopravvissuti e vengono a tutt’oggi alternati: è il caso di asciugacapelli e fon (entrambi presenti nel catalogo Excelsior). Anche la stessa forma elettro-, d’altra parte, ha prevalso su galvano-, con cui entrò in concorrenza per qualche decennio (galvanoplastica, galvanotecnica ecc.). Ugualmente oggi, dopo un lungo processo di espansione della tecnologia e di trasferimento per miniaturizzazione dei supporti meccanici agli usi quotidiani (per esempio gelatiera è del 1909, ma solo negli anni ottanta il gelataio è entrato nelle case), elettrodomestico è usato insieme a ulteriori recentissime neoformazioni. Abbiamo infatti gli infodomestici (calco dell’ingl. information appliance, coniato alla fine degli anni settanta da Jef Raskin), che sono «dispositivi specializzati» (Norman, 2005, p. 124) e non multifunzionali come il personal computer, ma la concorrenza si sta sviluppando soprattutto con gli elettrodomestici intelligenti, gli apparecchi che, dotati di hardware, sono in grado di ridurre i consumi e di telefonare al centro assistenza. La domotica è subentrata, ormai, alla robotica, ma non è ancora detto se, per necessità ecologiche, il futuro sarà piuttosto dei manodomestici, oggetti e utensili manuali prodotti e distribuiti dal 1971 con marchio registrato a Verbano per favorire il risparmio energetico. (MCA)

1936. Asse (s. m.) La «verticale Berlino-Roma {...} non è un diaframma, è piuttosto un asse attorno al quale possono collaborare tutti gli Stati europei animati di volontà di collaborazione e di pace» (Il DUCE fissa dinanzi al mondo la chiara posizione dell’Italia imperiale, in “Il Littoriale”, 2 novembre 1936). Con queste parole, pronunciate nello storico discorso del 1° novembre tenuto in Piazza del Duomo a Milano, il Duce traccia «le direttrici di marcia per l’anno XV {...}: pace con tutti, con i vicini e con i lontani, pace armata» (ibid., nel sottotitolo). Le sue parole segnano il progressivo avvicinamento alla locuzione Asse 165

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Roma-Berlino (poi semplicemente Asse), espressione chiave della politica estera del regime nei tardi anni trenta. Secondo Bruno Migliorini la paternità del neologismo semantico spetterebbe a Gyula Gömbös (cfr. Migliorini, 1975a, p. 18), politico ungherese, vicino alle posizioni del fascismo, che era stato il primo capo di governo a fare visita ad Adolf Hitler quando questi era divenuto cancelliere. Appare però improbabile pensare, per l’italiano asse, a un calco semantico dall’ungherese tengely. La parola, d’altronde, già attestata alla fine dell’Ottocento nel significato figurato di “elemento portante o centrale, in senso politico, intellettuale, spirituale” (cfr. LEI, s. v.), con Benito Mussolini aveva assunto una decisa venatura politica molto precocemente: «Rimane l’ipotesi di una confederazione danubiana sull’asse Vienna-Budapest» (Mussolini, 1921, p. 159). Nello scritto contenente queste parole Mussolini aveva esposto le linee programmatiche del fascismo in materia di politica estera, sviluppando una sorta di copia in negativo del “discorso di Milano”. Se nel 1921, pur riconoscendo all’Austria «il diritto di “alienarsi” alla Germania», aveva paventato un’alleanza fra i due paesi («Questa ipotesi non ci può lasciare indifferenti, per via del confine al Brennero, questione di vita o di morte, per la sicurezza della valle padana. Un’Austria affamata ed elemosinante, non può scatenare un irredentismo pericoloso contro di noi; unita alla Germania, la questione dell’Alto Adige si farebbe certissimamente più acuta»: ibid.), nel 1936 egli saluta invece l’accordo austro-tedesco dell’11 luglio (di fatto l’anticamera dell’Anschluss) come «un’epoca nuova {...} nella storia dell’Austria moderna». L’avvicinamento italiano alla Germania aveva seguito tappe obbligate, ma «fin dai primi anni venti il duce aveva mantenuto costanti legami con la destra antirepubblicana tedesca, convinto com’era che una svolta autoritaria in Germania gli avrebbe fatto buon gioco» (Mantelli, 2005, p. 104). Non vi è dubbio che Mussolini pensasse di approfittare, dopo il 1933, dell’aggressività del Terzo Reich per giocare un ruolo determinante nel sistema di contrappesi politici stabilito dai trattati di pace. La questione aveva tuttavia subito una decisa accelerazione alla fine del 1935, dopo l’aggressione italiana all’Etiopia che aveva rotto il fronte anti-tedesco di Stresa, spingendo il Duce verso l’alleato nazista; la condanna formale e le sanzioni economiche inflitte all’aggressore dalla Società delle Nazioni avevano avuto come effetto il rafforzamento dei legami economici e di amicizia fra Italia e Germania. Il 9 maggio 1936, in un discorso radiofonico trasmesso in tutta la nazione, Mussolini annuncia solennemente la «rinascita dell’Impero sui colli fatali di Roma» (cfr. Labanca, 2005, p. 659) e, appena una settimana prima del discorso milanese («la Germania {ha} praticamente riconosciuto l’Impero di Roma», avrebbe detto), i ministri degli Esteri dei due paesi, Galeazzo Ciano e Costantin von Neurath, firmano un importante protocollo: contiene, fra le altre cose, il riconoscimento formale da parte tedesca del dominio italiano sull’Etiopia; intanto, nell’aprile del 1936, il capo della polizia italiana 166

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(Arturo Bocchini) e il suo omologo tedesco (Heinrich Himmler) «sottoscri{vono} un patto di collaborazione finalizzato a reprimere i reciproci oppositori» (Mantelli, 2005, p. 105). Dopo il discorso di Milano la formula Asse Roma-Berlino, attestata già nel dicembre del 1936 sulle pagine di Cronaca politica della “Nuova antologia” (pp. 17, 215), avrà larga fortuna in Italia come in Germania, dove si parlerà tuttavia di Achse Berlin-Rom («con maggiore rispetto dell’ordine alfabetico, ma anche con implicita sottolineatura della sproporzione esistente fra i partner»: Mantelli, 2005, p. 106). L’entente cordiale fra i due dittatori si trasformerà in un’alleanza militare vera e propria con la stipula del Patto d’acciaio (22 maggio 1939), formalizzata a Berlino da Ciano e von Ribentropp; gli eventi successivi, e in primo luogo l’invasione tedesca della Polonia (1° settembre), che darà inizio alla seconda guerra mondiale, dimostreranno però come la presunta parità fra i due contraenti si fosse ormai trasformata in un rapporto asimmetrico, con l’Italia in evidente posizione di inferiorità. Nell’alveo dell’Asse Roma-Berlino sarebbero nati assista (“partigiano dell’Asse Roma-Berlino”: DM, 1942-App., s. v.) e assofilo (“amico dell’Asse Roma-Berlino”: Puccini, 1948, p. 201; DM, 1950-App., s. v.); la coalizione degli Stati che si erano contrapposti all’alleanza italo-tedesca sarebbe diventata l’antiasse (“Storia e politica internazionale”, I, 1939, p. 456; DM, 1942-App., s. v.); in riferimento all’intesa politico-militare fra Inghilterra e Stati Uniti d’America si sarebbe diffusa, durante il conflitto, l’espressione Asse Londra-New York (ibid., s. v.). Notevole l’Asse Roma-Firenze con cui Giulio Bertoni e Francesco Ugolini avrebbero indicato, nell’introduzione al Prontuario di pronunzia e di ortografia, il collegamento ideale tra i due «fuochi linguistici» ritenuti ugualmente accettabili per la pronuncia italiana (Bertoni, Ugolini, 1939, p. 11; l’intervento, col titolo L’asse linguistico Roma-Firenze, era già stato pubblicato in “Lingua nostra”: I, 1939, pp. 25-7). I due studiosi rivendicavano «il ruolo di Roma nella questione della lingua, visto che la capitale era ormai “la maggior fucina della lingua attuale”» (Marazzini, 1994, p. 398); ancora una volta, a dispetto del presunto equilibrio fra i due contraenti, un asse dunque nettamente sbilanciato. Il costrutto continuerà a mostrare una notevole vitalità, specie in campo giornalistico, anche nella seconda metà del Novecento, dando vita a una serie infinita di formulazioni, che sarebbe difficile sintetizzare in modo esaustivo: dall’Asse Mosca-Pechino (“Rassegna italiana di politica e di cultura”, XXXII, 1955, p. 96), l’alleanza fra URSS e Cina sviluppatasi nel clima della  GUERRA FREDDA {1962}, all’Asse Parigi-Bonn (“Nord e Sud”, XVII, 1970, p. 8), l’intesa economica e politica tra Francia e Germania all’interno della nascente Comunità Europea (CEE), al recentissimo Asse Milan-Juve (“Corriere della Sera”, 9 agosto 2006). Un asse, assai più prosaico, chiamato a denunciare la presunta alleanza fra le due società sportive al tempo di “calciopoli” ( TANGENTOPOLI {1989}). (RLN) 167

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