Benozzo Gozzoli a San Gimignano «Spectabilis magister […] pictor eximius» 2016

May 26, 2017 | Autor: Gerardo de Simone | Categoria: Renaissance Art, Italian Renaissance Art, Benozzo Gozzoli, San Gimignano (SI)
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Descrição do Produto

In copertina:

Benozzo Gozzoli, Vergine con Bambino in trono, due angeli e i santi Giovanni Battista, Maddalena, Agostino e Marta, particolare con la Vergine e il Bambino, San Gimignano, Pinacoteca civica.

Nel retro:

Benozzo Gozzoli, Vergine con Bambino in trono, due angeli e i santi Giovanni Battista, Maddalena, Agostino e Marta, particolare con sant’Agostino e santa Marta, San Gimignano, Pinacoteca civica.

Benozzo Gozzoli a San Gimignano a cura di

Gerardo de Simone, Cristina Borgioli

© Opera Laboratori Fiorentini S.p.A www.operalaboratori.com Prima edizione: giugno 2016 Realizzazione editoriale Giunti Editore S.p.A. via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia piazza Virgilio 4 - 20123 Milano - Italia È vietata la duplicazione con qualsiasi mezzo. La società si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.

Stampato presso Lito Terrazzi srl, stabilimento di Iolo.

Benozzo Gozzoli a San Gimignano

Pinacoteca piazza Duomo 2 Altre sedi: Museo d’Arte Sacra Duomo di Santa Maria Assunta Chiesa di Sant’Agostino Abbazia di Monteoliveto San Gimignano 18 giugno – 1 novembre 2016

Comune di San Gimignano

Sindaco Giacomo Bassi Assessore alla Cultura Carolina Taddei Direzione Organizzativa Dirigente Settore Servizi alla Cultura e alla Persona Valerio Bartoloni Comitato Promotore Giacomo Bassi Comune di San Gimignano Anna di Bene Soprintendente Belle Arti e Paesaggio delle Province di Siena, Grosseto e Arezzo Felicia Rotundo Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Province di Siena, Grosseto e Arezzo In collaborazione con Don Andrea Bechi Arcidiocesi di Siena Colle val d’Elsa e Montalcino Mons. Mauro Fusi Parroco di Santa Maria Assunta in San Gimignano Padre Brian Lowery Rettore Chiesa di Sant’Agostino in San Gimignano Padre Abate Bernardo Gianni Abbazia di San Miniato al Monte Curatori della mostra Gerardo de Simone Accademia di Belle Arti di Carrara Cristina Borgioli Accademia di Belle Arti di Palermo

Opera Presidente Giuseppe Costa

Catalogo a cura di Gerardo de Simone Cristina Borgioli

Amministratore Delegato Albino Ruberti

Responsabile editoriale Claudio Pescio

Organizzazione Roberto Balzano Mariella Becherini Marilena Caciorgna Andrea Ceccherini Silvia Cresti Stefano Di Bello Daniele Petrucci Barbara Tavolari

Editor Giovanna Ferri

Allestimento Piero Castri Gianni Cinali Stefano Ciucci Antonio Cornicello Sponsor tecnico Apice Firenze S.r.l. Civita Group Coordinamento Alberto Rossetti Comunicazione Lucia Bianco Umberto Pastore Progetto grafico Orsola Damiani Ufficio Stampa Salvatore La Spina Barbara Izzo con Arianna Diana

Progetto grafico Elisabetta Giovannini Impaginazione Grafica Punto Print S.r.l. Supervisione tecnica delle immagini Filippo Manghisi Autori dei saggi e delle sezioni Cristina Borgioli Diane Cole Ahl Gerardo de Simone

Referenze fotografiche Archivio Museo d’Arte Sacra, San Gimignano/ su concessione dell’Arcidiocesi di Siena, Colle Val d’Elsa, Montalcino. AFSPI. n 26422 su concessione del MiBAC/Soprintendenza Pisa, prot. N° 5178 del 10 maggio 2016. Cortesia Emanuele Barletti. Cortesia Diane Cole Ahl. Cortesia Gerardo de Simone. Elaborazione grafica Gabriele de Simone. Foto Bruno Bruchi, Siena/su concessione del Comune di San Gimignano.Foto Andrea e Fabio Lensini, Siena/su concessione del Comune di San Gimignano, dell’Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Toscana e Umbria, dell’Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa, Montalcino. Foto Fontanelli, San Gimignano/ su concessione del Comune di San Gimignano e dell’Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa, Montalcino. Foto © RMN Grand Palais/René Gabriel Ojéda. Gabinetto Fotografico del Polo Museale della Toscana. Milano, collezione privata/foto © Francesco Vitali. Milano, Pinacoteca di Brera. Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Archivio di Stato di Firenze. © Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid. Pinacoteca Comunale, Terni, 1983, Archivio Seat/Archivi Alinari.

Ringraziamenti Emanuele Barletti Caterina Bay Giovanni Borgioli Alberto Bruschi Fabrizio Cherici Laura Dani Andrea De Marchi Gabriele de Simone Andrea Di Lorenzo Paolo Di Simone Graziella Giapponesi don Alessandro Lombardi Marco Longari Alba Macripò Marie Mayot Matteo Mazzalupi Elvira Anna Milione Mauro Minardi Fortunata Pizzi Felicia Rotundo Susan Scott Dominique Thiébaut Fabio Torchio per il prezioso aiuto, in modi diversi, alla realizzazione della mostra e del catalogo.

Sommario Presentazione del Sindaco e dell’Assessore alla Cultura del Comune di San Gimignano

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Presentazione del Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo e del funzionario storico dell’arte

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Presentazione del Responsabile Culturale Arcidiocesi Siena, Colle di Val d’Elsa e Montalcino

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Benozzo Gozzoli a San Gimignano. «Spectabilis magister […] pictor eximius» Gerardo de Simone

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Benozzo Gozzoli e gli affreschi di San Gimignano Diane Cole Ahl

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Benozzo Gozzoli e le arti applicate. Opere, documenti e qualche riflessione Cristina Borgioli

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Sezioni I dipinti Gerardo de Simone, Diane Cole Ahl

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I disegni Gerardo de Simone

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Le sinopie Diane Cole Ahl

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I tessuti Cristina Borgioli

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Le oreficerie Cristina Borgioli

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I documenti Cristina Borgioli

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Apparati Biografia Cristina Borgioli

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Bibliografia

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Valorizzare la collezione della Pinacoteca di San Gimignano è l’obiettivo che ci siamo posti nel momento in cui abbiamo inaugurato la prima mostra dedicata alla Pala dell’Assunta del Pintoricchio due anni fa, e così il percorso prosegue e si amplia in modo sempre più ambizioso: presentiamo oggi Benozzo Gozzoli a San Gimignano, una mostra di alto valore sia per le opere esposte sia per le sinergie che ambisce a creare. Conservare negli anni un patrimonio importante come quello del nostro Comune è un’operazione complessa, soprattutto la tutela del centro storico, bene patrimonio mondiale dell’UNESCO, ma ancor più ardua è la sua valorizzazione in un’epoca in cui si tende a prestare poca attenzione e a dedicare poco tempo agli approfondimenti. La mostra Benozzo Gozzoli a San Gimignano vuole celebrare un artista del Rinascimento fiorentino di grande notorietà e far conoscere al pubblico tutto ciò che il maestro ha creato per San Gimignano durante il suo soggiorno nel XV secolo. Le opere d’arte conservate a San Gimignano sono strettamente legate alla storia della città e ai suoi dominatori e così nei secoli, insieme ai podestà, si alternano in egual misura artisti senesi e fiorentini. Quando Benozzo Gozzoli, fra il 1464 e il 1467, soggiorna a San Gimignano è all’apice della sua carriera e notorietà. Le opere realizzate a Firenze, secondo la maniera e il gusto del Rinascimento, lo hanno collocato fra i grandi autori della storia dell’arte italiana. Il capolavoro della Cavalcata dei Magi, in Palazzo Medici Riccardi, raffigurante il corteo di Papa Pio II Piccolomini insieme a Lorenzo il Magnifico, è oggi diventata un’icona di Firenze e del Rinascimento. Seppur breve, il soggiorno sangimignanese è straordinariamente prolifico: Benozzo Gozzoli, con la sua bottega, dipinge affreschi e tavole per i principali luoghi della città. Il ciclo nella chiesa di Sant’Agostino, le opere per la Collegiata, il restauro della Maestà di Lippo Memmi nel Palazzo Comunale e la Crocifissione nell’Abbazia di Monteoliveto sono fra le opere più note. La mostra Benozzo Gozzoli a San Gimignano non poteva dunque se non attraversare i vari luoghi, metterli in rete e far risaltare una ricchezza di opere così diffusa e straordinaria. La Pinacoteca diventa, dunque, il luogo centrale della mostra dal quale si aprono itinerari verso la Collegiata, il Museo di Arte Sacra, Sant’Agostino, l’Abbazia di Monteoliveto e un invito a recarsi ancora a Castelfiorentino dove un museo testimonia la ricchezza della produzione del maestro. Il cuore dell’esposizione è la Pala di Santa Maria Maddalena, opera presente nella collezione della Pinacoteca, che in occasione della mostra sarà ricomposta con l’originaria predella, ormai divisa in frammenti conservati fra le collezioni del Musée du Petit Palais di Avignone, della Pinacoteca di Brera di Milano, del Museo Thyssen Bornemisza di Madrid. Il percorso espositivo è arricchito anche dai documenti provenienti dall’Archivio Storico di San Gimignano attestanti la presenza di Benozzo Gozzoli in città e da disegni su carta provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, opere rare da poter consultare e generalmente riservate a un pubblico di addetti ai lavori, ma estremamente pregiate. Una piccola sezione è poi dedicata alle arti applicate con gli apparati liturgici dell’epoca tanto esaltati nelle opere di Benozzo Gozzoli. La mostra è dunque, ancora una volta, uno strumento privilegiato per conoscere e valorizzare il patrimonio pittorico della Pinacoteca di San Gimignano, ma vuole essere anche un invito a soffermarsi nel centro storico e conoscere meglio le testimonianze che i grandi artisti hanno lasciato sul nostro territorio e nei paesi limitrofi. Giacomo Bassi Sindaco del Comune di San Gimignano

Carolina Taddei Assessore alla Cultura del Comune di San Gimignano

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Benozzo Gozzoli a San Gimignano

Un artista, la peste, un santo e una città

San Gimignano dedica una mostra a Benozzo Gozzoli, uno dei maggiori rappresentanti della seconda generazione del Rinascimento fiorentino che unisce alla padronanza della prospettiva appresa dal Ghiberti, con il quale collaborò alla seconda porta del Battistero di Firenze, la limpida purezza dell’Angelico, del quale fu discepolo, così come ci riferisce il Vasari: «Costui fu discepolo dello Angelico fra’ Giovanni, e a ragione amato da lui, e da chi lo conobbe tenuto pratico di grandissima invenzione, e molto copioso negli animali, nelle prospettive, ne’ paesi e negli ornamenti». Il carattere della sua pittura, così ben delineato, risulta particolarmente originale, sia per qualità coloristiche sia compositive: egli unisce agli eleganti apparati decorativi, personaggi, paesaggi e architetture, denunciando la sua propensione alla narrazione e nel ricreare l’ambiente e la moda colta e raffinata della Firenze del Quattrocento. A San Gimignano, ove giunse in età matura nel 1464 e dove rimase per tre anni, lasciò importanti opere a cominciare dal ciclo di affreschi nel coro di Sant’Agostino, il San Sebastiano che intercede in favore della comunità di San Gimignano nella stessa chiesa, e il Martirio di san Sebastiano sulla parere della controfacciata della collegiata, entrambi dipinti per celebrare la fine della pestilenza, e poi ancora l’affresco staccato e oggi esposto nel Museo d’Arte Sacra raffigurante Cristo crocifisso adorato da san Girolamo e da san Francesco con donatore e, per finire, la Crocifissione nella chiesa degli olivetani di Barbiano oltre a due straordinarie tavole nel Museo Civico provenienti dalla chiesa di Sant’Andrea e dal soppresso monastero di Santa Maria Maddalena. Attorno a queste ultime opere, che costituiscono il nucleo della mostra, sono raccolti per la prima volta importanti dipinti, disegni e documenti che contribuiscono a far conoscere il periodo sangimignanese di Benozzo. La mostra si snoda quindi in un percorso attraverso i luoghi ove Benozzo lavorò e così dai Musei Civici si sposta nel vicino Museo d’Arte Sacra e nella Collegiata dove si può ammirare il più ieratico e anatomicamente perfetto San Sebastiano posto su un piedistallo, indifferente alle frecce lanciate da eleganti aguzzini mentre in alto, fra una schiera di angeli, si svolge la muta preghiera della Madonna a Gesù Cristo. Il percorso prosegue nella chiesa di Sant’Agostino dove in quattordici scene si racconta la vita del santo, unico nel suo genere. Questa mostra, curata da Gerardo de Simone e Cristina Borgioli, per il suo alto spessore scientifico si pone come un’attività di valorizzazione di questo straordinario patrimonio artistico e del territorio in cui è stato prodotto, offrendo uno strumento conoscitivo che supera il consueto scopo di realizzare l’evento cui ci ha abituato il mercato dell’arte, un evento che consumandosi nell’arco di una stagione lascia ben poco spazio alla nostra percezione della storia dell’arte, ma solo l’impressione di aver goduto di uno spettacolo. Questa mostra, come le altre promosse negli anni passati dal Comune di San Gimignano, costituisce invece occasione di arricchimento culturale, di nutrimento delle nostre anime, e va a rafforzare la nostra identità. La Soprintendenza Belle Arti di Siena, Grosseto e Arezzo è quindi lieta di incoraggiare, sostenere e partecipare a questo tipo di iniziative che oltre alla valorizzazione tout court sono uno strumento per attuare la conservazione e la tutela del nostro grande patrimonio artistico, cui tutti siamo chiamati.

Se oggi possiamo ammirare la produzione di Benozzo Gozzoli nella splendida cornice di San Gimignano, lo dobbiamo al flagello che sconvolse l’apice della civiltà medievale e continuò a minacciare la vita rinascimentale: la peste, che avrebbe spinto l’artista a lasciare la grande metropoli fiorentina per rifugiarsi nelle alture sangimignanesi. Eppure la peste colpì anche qua, tanto che furono a lui commissionate, quali ex voto, ben due immagini di san Sebastiano, invocato contro la terribile malattia. Non meno tempestosi furono i tempi vissuti da Agostino di Ippona, uno dei quattro grandi dottori di sapienza della Chiesa occidentale, che visse la crisi dell’Impero Romano e morì proprio mentre la sua Ippona era assediata dai Vandali. A lui è dedicato il grande ciclo che Benozzo realizzò nella chiesa degli Agostiniani che proprio a partire da quegli anni si avviavano verso una riforma con il movimento osservante, a testimonianza della turbolenza che investiva anche la Chiesa, pienamente partecipe delle vicende sociali. L’attività di Benozzo, estendendosi tra l’altro alla realizzazione di due pale d’altare che hanno come soggetto principale Maria Santissima e il Cristo contornati da santi, e quindi la Chiesa trionfante nel regno celeste, fu strettamente connessa e attenta al contesto nel quale operava: non solo alla consulenza del fine teologo che lo guidò nella realizzazione delle storie di sant’Agostino, ma anche alla concreta struttura urbana dei palazzi sangimignanesi come alle vesti liturgiche indossate per le celebrazioni. Dunque la mostra rende possibile non solo il godimento dell’opera straordinaria di un artista, ma permette di entrare in un mondo lontano, ma forse vicino, che invita l’uomo contemporaneo a guardare con maggiore fiducia al presente, come seppero fare Agostino e Benozzo, giocando le loro straordinarie capacità umane e la loro speranza cristiana per lasciare un segno positivo nella storia. Don Andrea Bechi Responsabile dei Beni Culturali Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa e Montalcino

Anna Di Bene Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo

Felicia Rotundo Funzionario storico dell’arte

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Benozzo Gozzoli a San Gimignano. «Spectabilis magister […] pictor eximius» Gerardo de Simone «Benozzo Gozzoli, too, is another grand master of that time […] At S. Gemignano, a short distance from Florence, I understand he is in his glory» (Elizabeth Eastlake, 1858)1

Figura 1. Benozzo Gozzoli, Storie di sant’Agostino, particolare con San Gimignano con il modellino della città, 1464-1465, San Gimignano, chiesa di Sant’Agostino.

1. La fortuna di Benozzo Gozzoli vive il suo acme con la riscoperta dei primitivi tra la fine del XVIII e il XIX secolo. Il suo nome, in precedenza sovente storpiato (“Benelzo”, “Benotzzio”, “Bennoti”) dai viaggiatori stranieri (de La Lande, d’Orbessan, Smollett)2, ma talora precocemente esaltato nell’agiografia locale (le figure dell’anconetta di Terni sono per padre Antonio d’Orvieto «impresse dal famoso pennello dell’insigne Benozio Fiorentino»)3, riceve una illustre consacrazione da parte di Luigi Lanzi, che reputa Benozzo secondo, sulla scena fiorentina del Quattrocento, al solo Masaccio: Molto sopra gran parte de’ contemporanei si elevò Benozzo Gozzoli, altro suo discepolo [dell’Angelico] e imitatore di Masaccio. Vince il suo esemplare in poche cose; come sono la vastità degli edifizi, l’amenità del paese, la bizzarria delle idee gaie veramente, lepide, pittoresche. Qui è dove spiega un talento per la composizione, una imitazione del vero, una varietà di volti e di attitudini, un colorito sugoso, vivace, lucido di oltremare, una espressione di affetti da farlo tener primo dopo Masaccio4.

Il mutamento del gusto è evidente nel saggio del Ciampi sul Camposanto di Pisa (1810): «Nomi venerati sono oggi i Giotti, i Masacci, i Benozzi non meno che i Leonardi, i Raffaelli, i Michelangioli (sotto i relativi aspetti)»5. Si tratteggia un peculiare canone ottocentesco di eccellenza artistica, che informa l’estetica purista del Selvatico (1842): Concludiamo dunque raccomandando agli artisti i quali vogliono consecrarsi alla rappresentazione de’ temi religiosi, di attignere l’idea degli esseri soprannaturali dai dipinti purissimi di Giotto, dell’Orcagna, del B. Angelico, del prezioso suo discepolo Benozzo Gozzoli, di Lorenzo de Credi, del Perugino, del Pinturicchio, di Francesco Francia, e direi anche di quel sommo… [Raffaello]6.

La ripresa letterale del giudizio del Lanzi da parte di Stendhal (1817)7 prelude all’apprezzamento di Benozzo in Francia, che culminerà in alcuni passaggi della Recherche proustiana8 e nelle precoci monografie di Mengin (1909), Hoogewerff (1930), Lagaisse (1934). In Inghilterra, il pittore è amato da Ruskin (un suo disegno dell’Abramo benozzesco affrescato a Pisa riattiva in Proust il ricordo del padre)9 e dai Preraffaelliti: per Dante Gabriel Rossetti «Benozzo was a gold» (1856), la Processione dei Magi nella 13

Gerardo de Simone - Benozzo Gozzoli a San Gimignano. «Spectabilis magister […] pictor eximius»

Cappella Medici è presa a modello da Burne-Jones (1859)10. Nel 1865 un ritratto monumentale a figura intera di Benozzo, realizzato a mosaico su bozzetto di Edward Armitage, viene incluso, in qualità di «greatest muralist of the Italian Renaissance», nel ristretto Pantheon di artisti ammessi ad ornare il “Kensington Walhalla” nel Victoria and Albert Museum11. Il sacello mediceo e il ciclo del Camposanto pisano diventano mete ricercate e celebrate dai viaggiatori europei. Nel Grand Tour oramai esteso al riscoperto Medioevo, San Gimignano, con la sua intatta selva di torri entro la cerchia di mura, sale alla ribalta (fino a diventare nel 1905 la Monteriano di Forster)12, e con essa le opere ivi realizzate da Benozzo. Su tutte naturalmente gli affreschi in Sant’Agostino (fig. 1), chiesa che già accoglieva opere di illustri artisti senesi13. L’importanza del ciclo agostiniano, elogiato da Vasari (1568) come «la migliore opera che in quel luogo facesse»14, rimarrà incontestata, anche dopo che l’astro del suo autore si sarà nel frattempo eclissato agli occhi non degli amatori, ma dei conoscitori (in favore di nuovi numi quattrocenteschi, come Piero della Francesca)15: a partire da Cavalcaselle (1864 e 1898), che pur riconoscendogli la perizia tecnica e l’«immaginazione grande e vivace», lo giudica nel complesso «inferiore ai pittori naturalisti del suo tempo, quali erano i Peselli, il Baldovinetti, i Pollaioli ed il Verrocchio»16. Berenson, avverso alle qualità per lui antiartistiche della decoration e della illustration, stronca due narratori per immagini come Benozzo e Ghirlandaio addirittura come «non affatto classificabili tra i grandi artisti e quasi senza importanza nello sviluppo della pittura fiorentina poco più che delle mediocrità, quasi privi di senso genuino per ciò che fa della pittura una grande arte»17. 2. Nel percorso di Benozzo, il soggiorno sangimignanese cade negli anni della piena maturità («l’artiste était dans toute la vigueur de l’âge e du talent», chiosa il Rio) 18: all’incirca quarantacinquenne, il pittore è reduce da un intenso lustro fiorentino, inaugurato dalla prestigiosa commissione della Cappella dei Magi in Palazzo Medici (1459) e proseguito con la pala d’altare per la compagnia della Purificazione (1461-1463), il cui oratorio era annesso al convento di San Marco, pure di stretta orbita medicea19. La permanenza del Gozzoli a San Gimignano, almeno dall’inizio del 1464 e fino alla fine del 1467, segna un capitolo importante nella storia della pittura italiana del Quattrocento. Per la vicenda artistica della città, anzitutto: San Gimignano, gravitante nel XIV e fino alla metà del XV secolo verso Siena (da Memmo di Filippuccio a Sano di Pietro), anche dopo l’annessione alla Repubblica di Firenze nel 1353, visse con l’arrivo del Gozzoli una svolta decisiva in direzione del primo Rinascimento fiorentino20. Tale svolta, di significato anche politico-ideologico e dettata in parte non irrilevante dalla presenza in città di giovani delle più illustri famiglie fiorentine21, corrisponde a quella che negli stessi anni, e spesso coinvolgendo i medesimi artisti, interessò Siena22. Dopo Benozzo a San Gimignano giungeranno, di persona o attraverso le loro opere, Giuliano da Maiano, Domenico Ghirlandaio, Andrea della Robbia, Piero Pollaiolo, Filippino Lippi, Perugino, Benedetto da Maiano, Pietro Torrigiani, Sodoma, Pintoricchio; a non dire degli artefici locali come Bastiano Mainardi e Vincenzo Tamagni23. Nel primo biennio a San Gimignano Benozzo alloggiò con ogni probabilità nel convento di Sant’Agostino: dalla lettera che il pittore indirizzò a Lorenzo il Magnifico – appellato «Charissimo mio in Cristo», segno della sua familiarità con i Medici – il 4 luglio 1467 sappiamo che vi aveva risieduto per cinque anni il suo assistente Giovanni della Checca, nipote dell’Angelico, accusato dai frati di furto di lenzuola24. Nel 1464 e 1465 il Gozzoli operò in modo pressoché esclusivo nella sua specialità riconosciuta, come pittore a fresco (per una sintesi dell’attività come frescante si veda qui il saggio di Diane Cole Ahl). Nel ciclo con Storie di sant’Agostino, che incorniciava nel coro il polittico di Simone Martini sull’altare maggiore (sostituito nel 1483 dall’Incoronazione della Vergine di Piero Pollaiolo)25, il pittore mostra il suo grado di 14

Figura 2. aggiornamento culturale e la sua Benozzo Gozzoli, curiosità artistica e intellettuale: le Storie di sant’Agostino, diciassette scene sono inquadrate La partenza di sant’Agostino da Roma, 1463-1467, da paraste con puttini all’antica San Gimignano, in finto marmo, a emulazione chiesa di Sant’Agostino. della scultura; le architetture sia interne che esterne (complesse scenografie urbane) sono rese con perizia prospettica e attenzione verso le coeve novità tosco-romane (Michelozzo, Alberti, Rossellino, la Sacrestia delle Messe)26; il talento come ritrattista si dispiega, come già nella cappella medicea, con straordinaria efficacia, culminando nell’autoritratto che il pittore orgogliosamente inserisce nella Partenza di Agostino da Roma27, sul cui fondo si ammirano un’articolata veduta della Città Eterna coi suoi monumenti e un bel brano di paesaggio (fig. 2); alle citazioni dall’antico si sommano le finezze ottico-luministiche alla fiamminga, come il notevole – ancorché assai rovinato – interno di chiesa con vetrata e polittico nella Santa Monica in preghiera; gusto aneddotico e piacevolezza narrativa animano garbatamente le composizioni, intessute con un ricercato connubio di decorum, copia e varietas di ispirazione albertiana28; iscrizioni latine fanno da didascalie, a conferma del gusto del pittore per la parola scritta, che lo accomuna al suo maestro Angelico e lo discosta dalla linea “purovisibilista” di Masaccio e Piero della Francesca29. Ideatore e committente del ciclo fu fra Domenico Strambi, dottore in teologia a Parigi, che più tardi commissionerà a Bastiano Mainardi, allievo e cognato di Domenico Ghirlandaio, il proprio cenotafio dipinto, sulla parete sinistra della navata (1488)30. Benozzo ritrasse lo Strambi inginocchiato nella piccola Crocifissione, simulante un’icona su tavola, raffigurata al centro della predella dell’affresco con San Sebastiano intercessore per la peste, sempre in Sant’Agostino (1464-1465)31. Il contratto per l’altro San Sebastiano, martire e pur’esso contra pestem, sulla controfacciata della Collegiata, il 25 febbraio 1465 viene allogato «spectabili magistro Benotio de Florentia pictori eximio», segno dell’altissima stima di cui l’artista godeva in città 32. Un altro contratto, il 22 aprile 1466, fu stipulato «in casa di Bartolo di Gimignano alla piazzetta, dove habita al presente Maestro Benozo dipintore da Firenze». Verosimilmente dopo aver concluso i lavori in Sant’Agostino, il Gozzoli trovò alloggio presso una delle famiglie storiche della città, il cui palazzo era a ridosso della porta San Matteo, nell’anno in cui nasceva il futuro pittore Bastiano33. Nel secondo biennio trascorso in Valdelsa Benozzo, pur continuando a realizzare affreschi (come la Crocifissione e la perduta Annunciazione nel Palazzo Comunale)34, si dedicò molto anche alla pittura su tavola. Il 1466 fu un per lui un vero tour de force: oltre alle due opere appena citate, e ad altri lavori (Il 6 febbraio è pagato per le figure sui pilastri della cappella di San Sebastiano, ovvero la controfacciata, in Collegiata; il 16 giugno per una

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Gerardo de Simone - Benozzo Gozzoli a San Gimignano. «Spectabilis magister […] pictor eximius»

cortina destinata alla stessa cappella)35, eseguì ben tre pale d’altare, due per San Gimignano e una per i francescani di Terni (tre variazioni sul tema della Madonna col Bambino, corredate di antifone mariane, dall’Incoronata alla Vergine dell’Umiltà allo Sposalizio mistico di santa Caterina), e restaurò la Maestà di Lippo Memmi nella Sala del Consiglio (oggi Sala di Dante). Ricordato anche da Vasari, quest’ultimo incarico, che investiva l’immagine manifesto della comunità sangimignanese (1317), già ritoccata e ampliata nel secondo Trecento da Bartolo di Fredi, certifica lo status di pittore civico incarnato da Benozzo, la fiducia di cui godeva presso i sangimignanesi: il pittore, sempre orgoglioso di apporre la firma in calce alle proprie opere, siglò anche questo intervento: «BENOZIUS FLORENTINUS PICTOR RESTAURAVIT ANNO DOMINI MCCCCLXVII», in corrispondenza dei due santi all’estrema destra aggiunti da Bartolo di Fredi, Bartolo Buonpedoni e Ludovico di Tolosa, di cui aveva ridipinto i volti36. 3. La presente mostra ricostruisce, per la prima volta e in modo esaustivo, la ricca e composita attività di Benozzo nel comune valdelsano, uno dei periodi più intensi e fecondi nella sua lunga carriera, con alcune significative proiezioni sul quinquennio fiorentino che lo precede e sul lungo soggiorno pisano che lo segue. Oltre agli affreschi visibili in situ (in Sant’Agostino, nella Collegiata e la Crocifissione nel chiostro di Santa Maria Assunta a Barbiano), nelle due sedi museali (Civico e d’Arte Sacra) sono esposte tutte le opere mobili note dell’artista degli anni sangimignanesi37: le due pale d’altare, dipinte per le chiese di Sant’Andrea (in località omonima, oggi ridotta ad abitazione privata) e di Santa Maria Maddalena (distrutta dopo le soppressioni ottocentesche), conservate nel Museo Civico e di formato “quadrato” secondo la moderna tipologia rinascimentale inaugurata dall’Angelico (catt. 3 e 4); l’anconetta francescana di Terni (cat. 6); i tre frammenti, oggi divisi tra i musei di Brera (Cristo in pietà tra i dolenti), Avignone (Beata Fina e Santa Maria Maddalena) e Thyssen di Madrid (San Girolamo e Beato Bartolo), che secondo le ricostruzioni critiche più recenti costituivano la predella della pala della Maddalena, e che vengono così per la prima volta ricomposti insieme nel luogo di origine e al di sotto della pala di pertinenza (cat. 4); le sinopie degli affreschi di Sant’Agostino, saggi illuminanti del disegno preparatorio per due storie dipinte sulla parete di fondo (Arrivo di Agostino a Ostia e Conversione di Agostino, cat. 11). A esemplificare l’importanza e la qualità di Benozzo disegnatore, uno dei più attivi e prolifici del secolo – Vasari aveva numerosi fogli del Gozzoli relativi al ciclo agostiniano e a quello veterotestamentario del Camposanto di Pisa38 – sono visibili in mostra due pregevoli disegni del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, risalenti agli anni della Cappella dei Magi, che testimoniano l’attenzione del pittore verso l’antichità classica (cat. 9) e la pittura fiamminga (cat. 10). Sempre agli anni fiorentini antecedenti il soggiorno a San Gimignano risalgono altre due importanti opere su tavola: la predella del Museo di San Marco (cat. 2), con un’iconografia (Cristo in pietà tra santi) analoga alle due predelle sangimignanesi; e il frammento di Madonna della misericordia già in collezione Bardini (oggi in collezione privata), da ricondurre a una committenza confraternale (cat. 1). La Madonna col Bambino, nota come Madonna del Poggio, di Calci (1485 circa), versione moderna di un’icona bizantina (forse della Madonna di sotto gli organi venerata nel Duomo di Pisa), è un saggio invece del successivo venticinquennio pisano (cat. 7). La Sacra conversazione dipinta da Domenico di Michelino per la parrocchia di San Michele a Casale, oggi nel Museo Civico di San Gimignano (cat. 8), offre un significativo confronto per Benozzo (cui era in passato attribuita): eredi entrambi, sia pure ad un livello diverso (più alto e culturalmente ricco Benozzo, più limitato e di impronta devozionale Domenico) dell’alto magistero angelichiano, condivisero almeno una commissione a Firenze (eseguendo uno a testa i pilastrini oggi nella Galleria dell’Accademia, collegabili alla predella del Museo di San 16

Marco, cat. 2)39, e si ritrovarono a operare in Valdelsa pressoché in contemporanea nel settimo decennio del secolo40. Ad arricchire il quadro del contesto in cui Benozzo operò, e a rendere testimonianza dei suoi rapporti assai stretti con le arti applicate, la mostra include un’ampia selezione di preziosi tessuti liturgici e oreficerie del tempo, discussi e analizzati in catalogo da Cristina Borgioli. Il gusto del pittore per le ornamentazioni, maturato sugli esempi dell’Angelico e di Gentile da Fabriano e approfondito in emulazione dei modelli fiamminghi ed iberici e degli arazzi borgognoni41, si riscontra nella cura e nel dettaglio con cui egli riprodusse nelle sue opere oreficerie, stoffe, vetrate, sculture, ed è confermato dal suo diretto coinvolgimento negli apparati effimeri e negli arredi liturgici, oggi ricostruibile solo per via documentaria. Per esempio in conclusione del suo soggiorno in Valdelsa, il 16 dicembre 1467 Benozzo è pagato per dipingere tre teste di terracotta eseguite da Giuliano da Maiano e destinate a ornare il pergamo dell’organo in Collegiata42. La ricca sezione documentaria che chiude la mostra include, oltre alla menzionata lettera di Benozzo a Lorenzo il Magnifico firmata con bella grafia «Benozzo di Lese dipintore in San Gimignano», i documenti relativi al pittore conservati nell’archivio cittadino, tra cui il Libro di entrata ed uscita della Collegiata, che ci danno informazioni su opere sia conservate che perdute e altrimenti ignote43. 4. Il talento pragmatico e versatile di Benozzo, capace nelle prove migliori di uno straordinario realismo analitico ed epidermico coniugato a una diligente applicazione dei dettami prospettici, alieno nella sua mondana concretezza dalla concentrata spiritualità del suo maestro Angelico ma sempre ispirato da una sincera religiosità (come la sua biografia attesta non meno della sua opera)44, trovò nei quattro intensi anni trascorsi a San Gimignano un terreno fertile per esprimersi, sia nel colto ambiente agostiniano con dotti rimandi patristici e umanistici, sia nelle pale dipinte per comunità monastiche femminili o per chiese del contado, specchio di una devozione più semplice e diretta, sia nelle commissioni pubbliche per la comunità sangimignanese: Benozzo incarna alla perfezione il ruolo di genius loci, portavoce attraverso le sue immagini del sentire, dei valori e delle aspirazioni degli abitanti di San Gimignano. Con la sua pittura comunicativa e accostante, la sua prolifica vena narrativa, il pittore fiorentino fu interprete di una vulgata accessibile e largamente influente nel contesto centroitaliano in cui operò, specie in quello “periferico” e rurale, il mondo dei conventi, delle confraternite, delle piccole comunità, dall’Umbria (Montefalco, Perugia) al Lazio (Viterbo, Sermoneta), dalla Valdelsa (San Gimignano, Certaldo, Castelfiorentino) fino a Pisa e Pistoia, dove morì nel 1497. La sua influenza negli ambiti figurativi del cosiddetto “Rinascimento umbratile” (Longhi) o “Pseudo-Rinascimento” (Zeri), si estende dagli umbri Bonfigli, Mezzastris, Caporali, Alunno ai laziali Antonio e Lorenzo da Viterbo, Valentino Pica, Pancrazio Jacovetti, Antoniazzo Romano, per arrivare nella Toscana di provincia al suo assistente Giusto d’Andrea45, a Neri di Bicci e Domenico di Michelino, al prete Pierfrancesco Fiorentino, suo epigono in terra sangimignanese, ai suoi allievi a Pisa, Zanobi Machiavelli e i figli Francesco e Alesso, che ne prolungano le formule fin nel Cinquecento46. Tenuto pratico, di grandissima invenzione e molto copioso negli animali, nelle prospettive, ne’ paesi e negli ornamenti. Fece tanto lavoro nell’età sua, che e’ mostrò non essersi curato d’altri diletti: e ancoraché e’ non fusse molto eccellente a comparazione di molti che lo avanzarono di disegno, superò nientemento col tanto fare tutti gli altri dell’età sua; perché in tanta moltitudine di opere gli vennero fatte pure delle buone47. 17

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Il severo giudizio di Vasari, pur nell’apprezzamento che non manca di certe doti, riflette l’ancoraggio del pittore alla “diligenza”, qualità e limite della pittura quattrocentesca nel sistema estetico dell’aretino. L’ordinata paratassi delle composizioni benozzesche, la staticità un po’ da manichini delle sue figure, la stereotipia delle espressioni, tengono il pittore al di qua – con talune eccezioni, come la predella Alessandri oggi a New York e vari brani dei suoi cicli di affreschi – delle nuove sperimentazioni sul corpo, sul movimento, sui moti dell’animo, già di Andrea del Castagno e Domenico Veneziano, e poi di Pollaiolo e Verrocchio48; ma questi limiti, che determinano la sua eclisse dalla scena fiorentina dopo il clamoroso exploit della Cappella dei Magi, non possono oscurare i suoi molti e grandi meriti. I risultati raggiunti dal pittore a San Gimignano aprono la via alla ciclopica impresa del Camposanto di Pisa, in cui Benozzo prevalse su competitori del rango di Andrea Mantegna e Vincenzo Foppa: due epigrammi in distici latini, apposti a metà (1474) e dopo la conclusione (1486) dei lavori, celebrano l’impresa lodando la verisimiglianza delle figure («pinxit viva ora Benoxus») e la celerità di mano, paragonando l’artefice a due mitici pittori dell’antichità, Apelle e Parrasio49.

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Eastlake 1895, II, p. 89-90, luglio 1858, lettera a H. Jane Gifford: malata, Lady Eastlake è in Scozia, e scrive all’amica che le ha chiesto consigli su cosa vedere a Firenze. 2 Previtali 1964, pp. 211-212. 3 Cronologia 1717, p. 331; cfr. scheda 6. 4 Lanzi 1795-1796, pp. 54-55. 5 Ciampi 1810, p. 134. 6 Selvatico 1842, ed. 2007, pp. 366-367. 7 Stendhal 1868 (18171), pp. 96-97. 8 Per esempio in La prigioniera (1923) a proposito del «sovrapporsi di immagini successive» di Albertine nei due diversi scenari di Balbec: «Gli esseri, infatti, compresi quelli di cui abbiamo così a lungo sognato che ci sembrano appena delle immagini, figure di Benozzo Gozzoli rilevate su un fondo verdastro, e le cui sole variazioni alle quali siamo propensi credere sono quelle dipendenti dal variare del nostro punto di vista, della distanza che ne separa, dell’illuminazione. Quegli esseri, mentre cambiano in rapporto a noi, cambiano anche in se stessi» (questo passo, e altri due di La strada di Swann, 1913, e di All’ombra delle fanciulle in fiore, 1919, possono leggersi, in traduzione italiana, in Alù 1998). 9 Muhlstein 2012, p. 65. 10 William Morris 1984, p. 96. 11 http://collections.vam.ac.uk/item/O132528/benozzo-gozzoli-design-for-a-oil-painting-armitage-edward/. 12 «Ricordati che solo uscendo dalle piste battute si riesce a conoscere il paese. Va a vedere le piccole città, Gubbio, Pienza, Cortona, San Gimignano. E non andare, te ne scongiuro, con quella terribile idea da turista che l’Italia sia soltanto un museo d’antichità» (Forster 1992, pp. 7-8). Il nuovo turismo borghese si affaccia nella seconda metà dell’Ottocento, favorito dalla diffusione delle guide Baedeker (Ricci 1977); ma già nel 1853 il massimo storico locale, il canonico Luigi Pecori (su cui Bartoloni 2006), registra che «illustri personaggi ed artisti accorrono frequenti dalle più colte parti d’Europa a visitare questi monumenti» (cit. in Borgioli 2001, p. 15). 13 Simone Martini, Lippo Memmi, Tino di Camaino, Bartolo di Fredi e Francesco di Valdambrino (Loseries 2003, pp. 127-132). 14 Vasari-Milanesi 1878, p. 51. 15 Castelnuovo 2003. 16 Di Benozzo Cavalcaselle stigmatizza le pieghe «trite abbondanti e angolose», la mancanza «di modellatura e di rilievo», le figure «dure e stecchite», «le membra difettose di forme e di moto», i tipi «poco piacevoli, specialmente quelli muliebri» (Cavalcaselle, Crowe 1898, pp. 2-3). 17 Berenson 1896, cit. in Castelnuovo 2003, p. 9. Se un’intendente e pioniera della storia dell’arte in area anglosassone come Lady Eastlake raccomandava a un’amica nel 1858 la visione delle opere sangimignanesi di Benozzo (si veda il brano in epigrafe), lo studioso lituano-americano snobisticamente bolla «quest’attraente pittore che domina le fantasie delle zitelle di lingua inglese» (1932, cit. ibidem). 18 Rio 1861, p. 390. 19 Sulla Cappella Medici cfr. Acidini Luchinat 1993; sulla pala della Purificazione, commissionata nel 1461 e terminata di pagare il 24 febbraio 1463, Cole Ahl 1996, pp. 112-119 e 224-225; Boskovits in Benozzo Gozzoli 2002, pp. 260-267; Mencarelli 2003.

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Al soggiorno fiorentino risale con ogni probabilità anche la Madonna oggi a Detroit, di smaltata e cesellata policromia, forse usata come saggio delle sue capacità pittoriche presso i Medici (Acidini Luchinat 2002, pp. 109-110), assai affine, oltre che alla pala della Purificazione, alle Madonne sangimignanesi (catt. 3-4). 20 Angelini 1987; Loseries 2003; Cecchi 2015. 21 Pecori (1853, pp. 224-225) cita «un Brunelleschi, un Lapi, un Bernardo e un Piero de’ Medici, un Lorenzo Capponi, un Ludovico di Galileo Galilei». 22 Loseries 2003, pp. 138-142. 23 Ibidem; Venturini 2003; Pintoricchio 2014. 24 Doc. 23. 25 Loseries 2003, p. 138. 26 Sull’interesse e la competenza mostrate da Benozzo per l’architettura cfr. Benozzo Gozzoli e l’architettura 2002. 27 Sulla moderna autocoscienza d’artista di Benozzo, riflessa nei suoi ripetuti autoritratti, cfr. Ames-Lewis 2003. 28 Sulla corrispondenza delle storie benozzesche ai principi del De pictura di Leon Battista Alberti cfr. Dalli Regoli 2001. 29 Sull’uso della parola nella pittura di Benozzo cfr. Dalli Regoli 2003. 30 Al di sotto dell’affresco, da lui stesso realizzato (1487) con San Gimignano che benedice tre illustri sangimignanesi (Venturini 2003, p. 143). 31 La figura è identificabile anche dall’iscrizione vergata in corrispondenza di essa sulla cornice inferiore, F.D.M.P., che si può sciogliere in «Frater Dominicus Magister Parisinus» (Venturini in Padoa Rizzo 1997a, pp. 69-70). Sulla presenza di un ritratto dello Strambi anche tra i devoti inginocchiati nel campo grande sotto il manto di san Sebastiano cfr. Cole Ahl 1988, pp. 44, nota 35 e 49-50. 32 Si vedano qui il saggio di Cole Ahl e il doc. 19. 33 Sembra probabile che Benozzo avesse alloggiato in precedenza presso i frati di Sant’Agostino, anche se non si conosce con esattezza quando si sia insediato presso i Mainardi (ibidem, p. 133). 34 Si vedano cat. 5 e il doc. 22. 35 Docc. 20b e 20c. 36 Doc. 22; Bellosi 1981; Venturini in Padoa Rizzo 1997, pp. 73-74: il restauro benozzesco interessò anche i piedi del Battista, l’azzurro del cielo e la doratura del trono della Vergine. 37 Al periodo sangimignanese, o al primissimo soggiorno pisano, risale anche la Madonna col Bambino, due angeli e le sante Maddalena e Marta già a Berlino, distrutta nel secondo conflitto mondiale (Cole Ahl 1996, p. 209). 38 Ames-Lewis 1995, Melli 2002 e 2003. «La quale opera [le Storie di sant’Agostino] ho tutta disegnata di sua mano nel nostro libro, insieme con molte altre carte delle storie sopradette di Campo Santo di Pisa» (Vasari-Milanesi 1878, p. 51). 39 «Le affinità di risultati cui talvolta arrivano Benozzo e Domenico di Michelino (questi limitatamente a mere risorse esteriori, quali l’accusata insistenza di ricerche chiaroscurali e l’asprigna durezza dei panneggiamenti) si nota anche nei due pilastri nn. 8620-21 dell’Accademia di Firenze» (Collobi Ragghianti 1950, p. 366). 40 Il 9 giugno 1465 Benozzo rientra temporaneamente a Firenze per valutare, con Alesso Baldovinetti e Neri di Bicci, l’affresco con Dante di Domenico di Michelino nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore (Padoa Rizzo 2003, p. 141). 41 Sull’apprezzamento nell’Italia del tempo degli arazzi franco-fiamminghi, acquistati e collezionati a Firenze da Piero e Giovanni de’ Medici, e sulla loro influenza sul ciclo della Cappella dei Magi cfr. Cole Ahl 1996, pp. 111-112. 42 Docc. 20g-h; alla stessa data si registra il pagamento all’artista per «dipignere gli angeli che tengono il tabernacolo dove sta il corpo di Cristo» (sull’iconografia dei tabernacoli eucaristici cfr. de Simone 2008, pp. 29-34). La coloritura di sculture – di cui è esempio in Sant’Agostino il gruppo ligneo dell’Annunciazione di Jacopo della Quercia decorato da Martino di Bartolomeo, ai lati del San Sebastiano martire di Benozzo (Loseries 2003, p. 133) – vedrà impegnato il Gozzoli anche a Pisa, nel 1491, in San Michele in Borgo: Benozzo è pagato il 26 agosto 1491 «per dipintura del tabernacholo del corpo di Cristo, che l’à dipinto con alquanti angeli di sopra et ad ornatura del tabernacolo di marmo che v’era innanzi che era solamente biancho» (Orlandi 1997, pp. 134-135, doc. 96). 43 Docc. 19-23. 44 «Visse Benozzo costumatissimamente sempre e da vero cristiano» (Vasari-Milanesi 1878, p. 53). 45 Giusto, figlio del pittore Andrea di Giusto e apprendista di Neri di Bicci dal 1458 al 1461, fu al servizio di Benozzo a San Gimignano (nel ciclo di Sant’Agostino) e a Certaldo per tre anni fino al 1o marzo 1465, quando prese in affitto una casa a Firenze (Padoa Rizzo 2003, pp. 141-142 e, sul tabernacolo di Certaldo, eseguito da Giusto con Giovanni del Mugello tra il 1463 e il 1465, pp. 169-180). 46 Sugli assistenti del pittore a Pisa cfr. cat. 7. 47 Vasari-Milanesi 1878, p. 46. 48 Boskovits in Benozzo Gozzoli 2002, pp. 266-267. 49 Cole Ahl 1996, pp. 156-188 e 243-245. Al solo Apelle era stato accostato il suo maestro Angelico nell’epitaffio funebre (de Simone 2009).

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