Bioetica, roba da otaku

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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo

TITOLO DELLA TESI

BIOETICA, ROBA DA OTAKU Una discussione di etica pubblica attraverso il cinema d'animazione giapponese

Tesi di laurea in Bioetica

Relatrice Prof.ssa: Marina Lalatta Costerbosa Correlatore Dottor: Valerio Portacci

Presentata da: Pietro Balestra

Sessione seconda Anno accademico 2014-2015

A Giuliano, che mi ha insegnato a vedere con l'anima.

«Quello che ora noi vediamo, lo vediamo come in uno specchio: in modo confuso.» Il Burattinaio in Ghost in the Shell «Noi temiamo il giorno in cui gli uomini

progetteranno

altri

uomini, perché tale possibilità sposterà il confine tra caso e decisione che sta alla base dei nostri criteri di valore.» Ronald Dworkin

RINGRAZIAMENTI Ringrazio innanzitutto la professoressa Marina Lalatta Costerbosa per il magnifico e ispiratore corso di Bioetica tenuto, per avermi preso sotto la sua ala e seguito con passione in questo percorso, nonostante la sua estraneità al mondo degli anime; a tal proposito, ringrazio il dottor Valerio Portacci che, coi suoi studi e interessi a trecentosessanta gradi, s'è affiancato alla professoressa e ha saputo creare un ponte tra la saggezza filosofica di quest'ultima e le mie velleità artistiche, dandomi quindi un validissimo aiuto nella mia ricerca. Dell'Alma Mater che mi ha covato e continuerà a covarmi, ringrazio inoltre il professor emerito Lucio Vetri per avermi insegnato a guardare all'arte da molteplici prospettive, il professor Walter Cavini per avermi trasmesso le modalità e le forme del ragionare filosofico, il professor Fabriano Fabbri e la professoressa Monica Dall'Asta per le lezioni magistrali ove arte, cinema e pensiero s'incontrano, si scontrano e, dialetticamente, si rincontrano. Ringrazio le amiche dottoresse in Antropologia e Scienze Politiche per i consigli e le fonti fornitemi: Federica Losi, Eleonora Bongioli e Cecilia Erba. Infine ringrazio mio padre Giuliano Balestra, cui dedico questo mio primo lavoro di ricerca, per il sostegno che mi ha dato lungo tutto il mio percorso, e mia madre Luisa Poggi, non più tra noi da molti anni ormai, ma della quale non dimentico la grande lezione: dare sempre il meglio di sé. Pietro Balestra

INDICE 0. Introduzione – La bioetica al cinema

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1. Mazinger Z – L'uomo alla conquista dell'universo

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2. Gaia – Quando il grido della terra interruppe il sogno 2.1 La guerra tra l'uomo e la natura

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2.2 La vittoria dell'uomo è una vittoria dell'umanità?

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3. «Chi sono io?» – La crisi dei principi d'identità e d'autonomia 3.1 L'ingegneria genetica e il “perfezionamento” della specie

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3.2 L'ingegneria genetica e la clonazione riproduttiva

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3.3 L'ingegneria cibernetica verso una nuova definizione di essere vivente

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4. Il complesso di Shinji – La nuova umanità e lo stato di natura

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5. Conclusione – Le domande scomode del cinema

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INTRODUZIONE La bioetica al cinema La bioetica è la branca della filosofia morale che riflette intorno il rapporto dell'umanità con la vita nelle molteplicità e vastità delle sue forme e delle sue fasi. Una riflessione bioetica può essere personale – quando un individuo definisce la giustizia secondo la propria concezione morale – o pubblica. Nel secondo caso – di maggior interesse tanto per la politica, quanto per la società e i singoli individui che la compongono – è necessario, al fine di una buona discussione, salvare le proprie convinzioni personali e metterle a valore in termini d'intuizione, osservarle poi dal di fuori, analizzandole attraverso le questioni principali: cos'è giusto che la società permetta? Cos'è giusto che invece la società vieti? Com'è giusto che la società disciplini? È giusto che la società disciplini? Come si evince, ʻgiustiziaʼ è la prima parola chiave della riflessione, e le sue definizioni e applicazioni sono d'interesse comune; perciò bisogna che il dibattito bioetico esca fuori dalle università, dai pensatoi e dalle sedi di governo, e coinvolga un'assemblea più ampia ed eterogenea; infatti, come scrisse John Locke «se è vero che gli uomini uniti in società politica hanno ceduto al pubblico la disponibilità di tutta la loro forza […] essi mantengono ancora il potere di pensare bene oppure male».1 A tal fine, occorre scegliere un linguaggio per coinvolgere attivamente gli sprovvisti di conoscenze e terminologie specifiche; un esempio significativo è il linguaggio artistico, la cui universalità è innegabile. In particolare il saggio che si sta or ora introducendo propone di affiancare, a letture specialistiche, un cineforum mirato così da non indottrinare il pubblico, bensì guidarlo alla formazione di un'opinione propria, completa e ben argomentata. Il genere all'interno del quale ci si muoverà è naturalmente quello della fantascienza, specificatamente nelle sue risultanze futuristiche e distopiche; ma non s'interpellerà in cinema live action occidentale, bensì il cinema d'animazione giapponese: l'anime,2 arte prediletta del Sol Levante, terreno degli otaku.3 È stata operata questa scelta “un po' fuori dalle righe” per due motivi: 1.

La cultura orientale è da sempre pervasa da filosofie e religioni panteiste, che

riconoscono quindi il divino in tutti gli esseri e in tutte le cose viventi. Saranno analizzati dunque 1 John Locke in Marina Lalatta Costerbosa, Una bioetica degli argomenti (2012), Torino: G. Giappichelli Editore, p. 20. 2 Neologismo coniato su un etimo inglese (animation) negli anni Settanta del XX secolo, indica i prodotti del cinema d'animazione giapponese. 3 Letteralmente ʻcasa altruiʼ o, meglio, ʻla sua (forma di cortesia della seconda persona singolare) casaʼ, indica i “tifosi” del cinema d'animazione giapponese.

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film dove le anime del mondo e dell'universo sono protagoniste attive, dove bioetica e metafisica s'incrociano offrendo una visione olistica delle questioni affrontate; 2.

Il cinema d'animazione, l'anime in particolare, ancora non ha avuto il riconoscimento a

livello accademico che, come si dimostrerà, certamente merita.

fig. 1: Murakami Takashi, Tan Tan Bo Puking - a.k.a. Gero Tan (2002). I mondi "pucciosi" (kawai), colorati ma nel contempo grotteschi, dell'artista giapponese Neopop Murakami introducono i problemi che si affronteranno nel corso dell'elaborato.

In un percorso dove s'incontrano e si confrontano saggi filosofici e film d'animazione, saranno analizzate le principali questioni bioetiche e, in parallelo, le parole chiave che insieme definiscono la ʻgiustiziaʼ: responsabilità, autonomia, identità e salute. Dapprima sarà presentato il contesto storico che definirà da un lato le dinamiche politiche, sociale e culturali tra Giappone e Stati Uniti d'America, dall'altro il rapporto tra l'umanità e la scienza, e si mostrerà come nel cinema d'animazione giapponese entrambi i fattori convergano nel filone dei Super Robot. Di poi con Il Grande Mazinga, Getta Robot G, UFO Robot Goldrake contro il Dragosauro di Akehi Masayuki si aprirà la riflessione sulla questione ambientale; seguirà con una trattazione dell'urbanizzazione, attraverso l'analisi di Pom Poko di Takahata Isao, e dell'inquinamento, attraverso invece Nausicaä della Val del Vento di Miyazaki Hayao e L'uovo dell'angelo di Oshii Mamoru. Il discorso su autonomia e identità sarà invece diviso in tre parti: confrontando i temi di Akira di Otomo Katsuhiro con le tesi di Jürgen Habermas e John Harris, si parlerà miglioramento della specie attraverso l'ingegneria genetica; si passerà poi alla clonazione riproduttiva analizzando le figure di Ayanami Rei in Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno e Tima in Metropolis di Rintaro, passando per la lettura di Paolo Vezzoni; in chiusura s'interpelleranno il maestro Oshii Mamoru, con Ghost in the 2

Shell, e Hans Jonas per discutere il rapporto tra bioetica e ingegneria cibernetica. Infine si tratterà dello statuto psicologico dei membri dell'ipotetica nuova specie umana, immaginando un dibattito tra Ronald Dworkin e Hans Jonas da un lato e John Harris dall'altro, intorno la figura di Ikari Shinji in Neon Genesis Evangelion.

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1. MAZINGER Z L'uomo alla conquista dell'universo Il 6 agosto 1945 l'aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica Little Boy sulla città giapponese di Hiroshima, nell'isola di Honshū; tre giorni dopo, il 9 agosto, la stessa sorte toccò a Nagasaki, nell'isola di Kyūshū, rasa al suolo dalla furia distruttrice dell'ordigno Fat Man. A partire da quelle date, il terrore del nucleare dilagò per tutto il pianeta, permanendo fino al 9 novembre 1989, giorno in cui fu abbattuto il Muro di Berlino e si concluse così la Guerra Fredda. Eppure tutti sembrarono tralasciare il dato più importante: il 6 agosto 1945 fig. 2: Hiroshima, 6 agosto 1945. Fotografia del fungo atomico scaturito dall'esplosione del Little Boy.

l'umanità aveva imparato a suicidarsi. Perché? L'Impero giapponese annunciò la resa senza condizioni e il 27 agosto 1945 giunsero i primi contingenti statunitensi per

procedere all'instaurazione della dittatura culturale. Il professor Iwabuchi Kōichi4, nel 2006, così descrisse il progetto americano di rieducazione civile e culturale del Giappone: Il Giappone era la vittima, non l'oppressore. […] Gli veniva permesso di dimenticare il proprio passato da colonizzatore e di impuntarsi sulla rivendicazione della propria purezza e omogeneità razziale, attraverso l'opposizione binaria di due entità culturalmente organiche, il Giappone e l'Occidente.5

Gli Stati Uniti d'America, attraverso lo SCAP (Supreme Comandment of the Allied Powers), destituirono i centri di potere politico e finanziario giapponesi e rifondarono l'assetto sociale basandosi sui principi democratici: estesero a tutti i cittadini gli stessi diritti, introdussero il suffragio universale e riedificarono il sistema educativo. Il 22 settembre 1945 istituirono il CIE (Civil Information and Education Section), acquisendo così il controllo, tra le altre cose, della produzione cinematografica: monitorando i lavori fin dalla stesura della sceneggiatura, da un lato proibirono la realizzazione di film che rievocassero l'ideologia nazionalsocialista, antidemocratica, xenofoba e discriminatoria, dall'altro promossero l'importazione di pellicole straniere – soprattutto americane – e l'avvento di un cinema giapponese di gusto internazionale, che esaltasse i democratici valori della parità tra cittadini di entrambi i sessi e di ogni estrazione sociale, il miglioramento delle 4 Iwabuchi Kōichi, nato a Tokyo, specializzato in media and cultural studies, dal 2012 è professore presso la Facoltà di Arte della Monash University. 5 Iwabuchi Kōichi in Maria Roberta Novielli, Animerama – Storia del cinema d'animazione giapponese (2015), Venezia: Marsilio Editori, pp. 81, 82.

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condizioni di lavoro, la libertà e la pace.6 Ciò nonostante, al capillare controllo statunitense sfuggirono autori indipendenti come Kuri Yoji, nato nel 1927, anarchico. Egli fondò un cinema di contestazione ermetico, a tratti statico, coi suoi cortometraggi animati rappresentanti terre deserte, aride e ostili, abitate da mostri carnivori (che siano le catastrofiche conseguenze dei bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki?), oppure donne crudeli, schiaviste voraci. Le forme di Kuri Yoji sono un tratto stilizzato, tra l'infantile e il vignettistico, sottofondi musicali ripetitivi e angoscianti, talvolta elettronici, soggetti saturi di violenza gratuita e disturbante; i suoi contenuti sono in antitesi a quelli richiesti dal CIE: la critica all'occupazione statunitense, all'uso degli ordigni nucleari e all'emancipazione femminile. Nel 1953 le truppe americane si ritirarono. Al Giappone è da riconoscere la sorprendente capacità di aver assimilato il modello occidentale e averlo mescolato al proprio, piuttosto che aver soppiantato il secondo col primo. Gli psicologi John R. Weisz, Fred M. Rothbaum e Thomas C. Blackburn, nel 1984, spiegarono che probabilmente l'influenza statunitense era dovuta al ʻcontrollo primarioʼ (azione diretta sull'ambiente), mentre l'assorbimento di una cultura straniera da parte del Giappone dipendeva invece dal ʻcontrollo secondarioʼ (adattarsi alle circostanze).7 Scriveva Kawai Kazuo nel 1960: «Dopo le inevitabili incomprensioni, frustrazioni, reazioni, si può sostenere che, a conti fatti, nessuna occupazione di un paese nemico in tutta la storia si è rivelata una sorpresa così felice per entrambi, il conquistatore e il conquistato».8 I giapponesi naturalmente non si riservarono di guardare all'ex occupante non solo con gratitudine, ma anche con occhio critico: nel 1954 uscì nelle sale Gojira (Godzilla), diretto da Honda Ishirō, prodotto dalla Tōhō. Gli scopi della pellicola erano da un lato dimostrare agli statunitensi la forza del nuovo cinema giapponese, creando un mostro gigante che potesse competere col loro King Kong – non a caso il nome Gojira deriva dall'unione delle parole giapponesi gorira, che significa appunto gorilla, e kujira (balena); dall'altro denunciare, attraverso l'arte cinematografica, i gravi danni che le radiazioni nucleari stavano ancora causando al Giappone, dopo le tragedie di Hiroshima e Nagasaki. Gli anni successivi, gli anni della Guerra Fredda, si distinsero in tutto il mondo per la corsa allo sviluppo delle scienze e della tecnica: nel 1965 Ivan Sutherland, Robert Taylor e Lawrence G. Roberts portarono a termine il progetto DARPA, progenitore dell'attuale Internet, col quale 6 Cfr. ibidem. 7 Cfr. ivi, p. 95. 8 Kazuo in ibidem.

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collegarono il MIT (Massachusett Institute of Technology) all'UCLA (Università della California a Los Angeles); nel 1967 il cardiochirurgo Christian Barnard eseguì con successo il primo trapianto di cuore della storia, spingendo la Harvard University a rivedere, nel 1968, la definizione di morte; ma l'evento che più colpì la popolazione mondiale fu l'approdo di Neil Alden Armstrong sulla Luna il 20 luglio 1969. L'uomo aveva conquistato l'universo! L'animazione

giapponese,

ancora

irrimediabilmente

occidentalizzata, nel genere della fantascienza si fece perfetta incarnazione dei coevi sentimenti positivistici di fiducia nei confronti dell'uomo e del suo progresso tecnologico e scientifico: già nel 1963 la Mushi aveva esordito con Tetswan Atom (Atom dal braccio di ferro), in cui lo scienziato Tenma crea un robot con le sembianze del defunto figlio, robot destinato a diventare il difensore della Terra. 9 Il figlio robotico fig. 3: Toei Doga, Mazinger Z. rappresenta le macchine, figlie dell'ingegno umano, grazie alle

Immagine.

quali l'umanità può raggiungere ogni traguardo. Dopo l'allunaggio, dal 1972, il nostro pianeta contro le minacce aliene poté contare su un altro coraggioso paladino: Mazinger Z, robot gigante creato dal dottor Kabuto nell'omonima serie d'animazione, guidato da suo nipote Koji, protagonista della serie targata Toegi Doga, seguita da Getter Robot (1974) e Ufo Robot Grendizer (1975).10 L'uomo era inarrestabile: aveva vinto una battaglia contro la morte, promuovendo così il mito della raggiungibilità dell'immortalità, aveva visitato lo spazio al di fuori dei confini dell'atmosfera terrestre, aveva calpestato il suolo lunare e aveva i suoi fedeli robot giganti a difenderlo dai nemici provenienti dallo spazio più profondo. L'uomo però era veramente consapevole delle sue capacità e delle conseguenze delle sue azioni?

9 Cfr. A. Baricordi, M. De Giovanni, A. Pietroni, B. Rossi e S. Tunesi, Anime – Guida al cinema d'animazione giapponese (2013), Ferrara: Kappalab, pp. 17, 18. 10 Cfr. ivi, pp. 59, 68, 78.

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2. GAIA Quando il grido della Terra interruppe il sogno 2.1 La guerra tra l'uomo e la natura La saga dei robot giganti della Toei Doga si concluse nel 1976, quando uscì nelle sale il mediometraggio Il Grande Mazinga, Getta Robot G, UFO Robot Goldrake contro il Dragosauro, nel quale i cyber paladini della Terra degli anni Settanta si alleano contro quel che si rivela essere il loro più temibile nemico: un mastodontico mostro marino noto come Dragosauro. Analizzandone dei campioni di tessuti, gli scienziati di Tokyo scoprono che si tratta di una creatura preistorica, resa tanto ostile da una dieta a base di petrolio rilasciato negli oceani dalle innumerevoli navi da trasporto incidentate. «Così siamo stati noi esseri umani, inquinando gli oceani, a dar vita al Dragosauro: è stata soltanto fig. 4: Fotogramma da Akehi Masayuki, Il Grande Mazinga, Getta Robot G, UFO Robot Goldrake contro il Dragosauro (1979). Il Dragosauro emerge dall'oceano.

la nostra miopia a crearlo»11 commenta il dottor Kabuto.

È la prima volta che la Terra è attaccata da una minaccia causata da un errore dell'uomo: a metà degli anni Settanta le umane smanie di onnipotenza si ridimensionarono nel momento in cui l'uomo stesso si trovò costretto a riconoscere e affrontare i propri errori e ad assumersi le sue responsabilità. La responsabilità oggettiva è data dalla capacità di agire, dalla capacità di controllare le proprie azioni a dalla consapevolezza di ciò che si sta facendo. L'umanità – perché da qui occorrerà ragionare in termini di umanità e non più di singole nazioni e/o persone – ha davvero il controllo ed è consapevole delle conseguenze di un tanto rapido avanzare del progresso scientifico? Qual è il suo grado di responsabilità nei confronti del pianeta e dell'umanità futura? In altre parole: l'uomo è responsabile della vita? Questa è la domanda centrale intorno alla quale si snocciola il dibattito bioetico. La risposta unanime è affermativa, ma l'agire umano va nell'opposta direzione. Riguardo il trasporto navale di rifiuti tossici, gli stati più sviluppati, per non incorrere in diatribe coi confinanti, sfruttavano gli stati in via di sviluppo per lo smaltimento, causando però danni all'ambiente e agli abitanti di questi ultimi. Negli Stati Uniti d'America fu istituito l'EPA 11 Il dottor Kabuto in Akehi Masayuki, Il Grande Mazinga, Getta Robot G, UFO Robot Goldrake contro il Dragosauro (1979), distribuzione in it. a cura di Dynamic Italia, Tokyo: Toei Animation.

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(Evironmental Protection Agency), ma il suo operato si rivelò inefficace, dal momento che non era chiara la definizione di rifiuto tossico e il programma di trasporto promosso prevedeva la tutela dello stato mandante e dello stato ricevente, adibito allo smaltimento, ma non degli stati coinvolti nel transito. La CE (Comunità Europea) istituì il Directive on General Principles of Waste Disposal nel 1975 e il Directive on Toxic and Dangerous Waste nel 1978; promulgò inoltre nel 1984 una normativa secondo cui lo stato mandante avrebbe dovuto attendere l'approvazione dello stato ricevente e degli intermedi, ma non tutti gli appartenenti alla CE sottoscrissero suddetta normativa. La conseguenza fu che nel 1988 si registrò in tutto il mondo la presenza di una quantità di rifiuti tossici pari a trecento milioni tonnellate, contro le cinque milioni del 1947. Il 22 marzo 1989 la UNEP (United Nations Environment Programme) indisse la Convenzione di Basilea (Svizzera) – sottoscritta da più di centosedici nazioni – la quale promuoveva un programma di sensibilizzazione riguardo il buco nell'ozono e il trattamento dei rifiuti tossici, ottenendo risultati soddisfacenti.12 L'umanità ha dichiarato guerra alla natura per sostituirsi all'ecosistema. Come l'inquinamento degli oceani, anche l'urbanizzazione ne è una prova schiacciante. Nell'autunno del trentunesimo anno dell'era Pom Poko 13, la collina di Tama viene spianata per ampliare i quartieri residenziali della città di Tokyo. I tanuki14 dei boschi, da sempre considerati sacri e ora bistrattati, ingaggiano una crociata contro gli esseri umani per riappropriarsi della propria casa. Ricorrono quindi all'antica tecnica della metamorfosi, assumendo le più disparate forme per atterrire i costruttori; ma l'avidità degli imprenditori edili ha sempre la meglio. I due tanuki particolarmente capaci Tamasaburo e Bunta partono per chiedere aiuto agli anziani sparsi per tutto il Giappone; sarà però solo il primo a far ritorno, un anno dopo, accompagnato dai tre saggi della provincia dello Shikoku; essi aiutano gli assediati a inscenare una parata di spiriti e demoni per le strade della periferia di Tokyo. Dapprima gli esseri umani reagiscono con meraviglia, restano poi terrorizzati dalle fila di antichi e spiriti e demoni che ostruiscono le loro strade – ignorando ovviamente che si trattino di tanuki sotto false sembianze. Nonostante ciò ignorano e dimenticano l'accaduto, ritenendo si trattasse di una stravagante campagna pubblicitaria; inoltre uno dei tre saggi muore nell'inscenare la parata, data la complessità e l'eccessiva mole d'energia necessaria all'illusione. Il più anziano dei tre prende con sé i tanuki incapaci di metamorfosi e li conduce sereni su una 12 Cfr. David P. Hackett, An assessment of the Basel Convention on the control of transboundary movements of hazardous wastes and their disposal (1989-1990), in http://heinonline.org, ultima consultazione il 29 agosto 2015. 13 Takahata Isao, Pom Poko (1994), distribuzione italiana di Lucky Red, Tokyo: Studio Ghibli. 14 I tanuki sono i cani procione dell'Estremo Oriente; secondo il folklore giapponese, sono maestri nell'arte della metamorfosi, golosi e dispettosi.

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nave, diretta nell'alto dei cieli, tra le accoglienti braccia del Buddha. I restanti, ormai rassegnati, accolgono con affetto il ritorno dell'amico Bunta, che annuncia tristemente la dipartita dell'anziano dell'isola di Sado. La guerra è terminata e gli esseri umani hanno vinto. «Ridateci le montagne, ridateci la campagna...»15 grida Bunta, in lacrime. I tanuki decidono così di impiegare tutte le loro energie per un'ultima maestosa illusione: restituiscono alla montagna e alla vallata l'antico aspetto verdeggiante per una manciata di minuti, con sorpresa di tutti gli esseri umani trovatisi ad assistere. Infine, i tanuki non in grado di metamorfosi restano nei boschi, abituandosi agli spazi

fig. 5: Fotogramma da Takahata Isao, Pom

angusti e alla carenza di viveri, mente gli altri si Poko (1994). I tanuki si esercitano nell'arte della metamorfosi – taluni si dimostrano più

trasformano in esseri umani e si trasferiscono a Tokyo, capaci di altri. senza però mai distogliere lo sguardo dall'antica dimora.

Con Pom Poko, Takahata Isao ha testimoniato la vittoria dell'uomo sulla natura, analizzando però il punto di vista di chi stava dall'altra parte della barricata. Ha raccontato una fiaba che spinge l'umanità a riflettere sulle proprie responsabilità. 2.2 La vittoria dell'uomo è una vittoria dell'umanità? Le conseguenze del deturpamento ambientale possono essere nefaste non solo per l'ecosistema, ma anche per l'umanità: l'eccessiva urbanizzazione delle regioni rurali, per esempio, spesso provoca calamità naturali come le alluvioni, dovute alla mancanza di terreno che assorba la pioggia. Bisogna inoltre citare la tragedia della Baia di Minamata, in Giappone, nella quale la Chisso Corporation aveva riversato acqua contenente mercurio ininterrottamente dal 1932 al 1968. Secondo i dati registrati nel marzo del 2001, furono più di duemila le persone colpite dalla fig. 6: Un paziete affetto dalla Sindrome di Minamata, conseguenza appunto dell'avvelenamento Sindrome di Minamata. La fotografia 16 testimonia i nefasti sintomi della da mercurio. Più della metà sono decedute. malattia, provocata dall'inquinamento dell'oceano. 15 Bunta in Takahata Isao, Pom Poko (1994), distribuzione it. a cura di Lucky Red, Tokyo: Studio Ghibli. 16 Cfr. Alessandro Bencivenni, Hayao Miyazaki – Il dio dell'anime (2011), Genova: Le mani, p. 53. Inoltre Romina Arena, Giappone, baia di Minamata: un disastro ambientale dimenticato (2011), in http://www.ilcambiamento.it, ultima consultazione il 30 agosto 2015.

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È questa triste vicenda che spinse Miyazaki Hayao a realizzare il suo manga Nausicaä della Val del Vento, dal quale nel 1984 sarà tratto l'omonimo lungometraggio d'animazione. A seguito di una catastrofe naturale nota agli uomini come ʻI sette giorni di fuocoʼ, la popolazione umana si decimò e una fitta selva, la Giungla Tossica – così chiamata per le mortifere spore che emanano i suoi alberi, abitata oltretutto da insetti giganti – coprì gran parte del globo, non cessando mai di espandersi. Mille anni dopo, Nausicaä, principessa della pulita e pacifica Valle del Vento, perlustra la Giungla e scopre che le sue spore velenose sono la conseguenza dell'aria sporca che le piante avevano respirato quando gli uomini avevano dominato il mondo con le loro macchine; constata inoltre che è sufficiente curare le stesse piante con acqua e aria pulita delle profondità della terra perché esse si depurino e diventino rimedi per i malanni degli uomini. La Valle viene coinvolta in una guerra tra due nazioni più grandi e tecnologicamente più avanzate: Tolmekia e Pejite. La principessa è presa in ostaggio. Fuggita dal giogo dei Tolmekiani, Nausicaä incontra Asbel, principe di Pejite, e insieme penetrano nel cuore del pianeta, sotto la Giungla Tossica, dove l'acqua e le piante sono benefiche. Takahata Isao, citato nel precedente paragrafo, e Miyazaki Hayao fondarono il noto e prolifico Studio Ghibli nel 1985. Vissuti entrambi gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, covano un forte sentimento antibellico, il timore del nucleare e la nostalgia del Giappone delle tradizioni, dello Shintoismo e del Buddismo, tutti ingredienti importantissimi dei loro film d'animazione; acre e realista il primo, magico e positivo il secondo: «Cerco sempre di partire dall'assunto che gli umani siano stupidi. Mi disgusta il concetto che l'uomo sia l'essere definitivo, che sia stato scelto da Dio. Anche se credo che in questo mondo ci siano cose belle, importanti e per le quali meriti impegnarsi a combattere».17 Alla fine del film, Nausicaä è in piena sintonia con l'anima del mondo: riesce a comunicare con gli insetti giganti e riporta la pace. Per Miyazaki la medicina contro il male, invenzione prettamente umana, è la sensibilità propria dei bambini e delle donne: occorre rinnamorarsi del pianeta, ascoltarlo e connettersi fig. 7: Fotogramma da Miyazaki Hayao, Nausicaä della Val del Vento (1984). Nausicaä nella Giungla Tossica.

a esso.

Nausicaä della Val del Vento è stato inoltre fortemente influenzato dall'ipotesi di Gaia, 17 Miyazaki Hayao in Alessandro Bencivenni, Hayao Miyazaki – Il dio dell'anime, cit., p. 61.

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formulata nel 1979 da James Lovelock, membro della Royal Society. Lo scienziato sostenne che la Terra sarebbe anch'essa un essere vivente che agisce in modo tale da mantenere sempre il suo equilibrio.18 La teoria si sposa perfettamente col misticismo panteista giapponese, infatti influenzò direttamente anche un altro celebre film: Final Fatasy – The Spirits Within. 2065. La Terra è sotto assedio da parte della specie aliena Phantom; qui da un lato il generale Hein vuole convincere i governanti ad attivare lo Zeus – cannone che rischia di disintegrare il pianeta – dall'altro la dottoressa Ross e il dottor Cid, suo mentore, sono convinti che la soluzione migliore sia raccogliere gli otto spiriti coi quali risveglieranno Gaia, lo spirito della Terra. Nel 1985, un anno dopo il rilascio di Nausicaä della Val del Vento, Oshii Mamoru esordì alla regia con Tenshi no Tamago (L'uovo dell'angelo), film d'animazione nel quale, ricorrendo all'allegoria e al misticismo, l'autore ripropose le tragedie di Hiroshima e Nagasaki da un nuovo punto di vista: col loro gesto, gli Stati Uniti d'America non avevano solo sconfitto il Giappone, ma e soprattutto l'umanità intera. Il pianeta, ridotto a un cumulo di macerie di ferro e cemento, è coperto da un cielo rosso come il sangue. Un guerriero dai capelli argentati assiste alla discesa della nave degli dei. Poco dopo, in un'arca abbandonata in mezzo a una foresta, una bambina si sveglia, prende con sé il suo uovo, lo nasconde sotto la veste ed esce per cercare dell'acqua. Arriva presso una città abbandonata dove incontra il guerriero che insiste per sapere cosa si celi dentro l'uovo. Lei scappa, ma lui le resta alle calcagna. I due vengono travolti da una folla di uomini, pallidi e inespressivi, più morti che vivi, i quali lanciano arpioni contro ombre a forma di squali e balene che si dipingono sui muri dei palazzi: l'umanità dimostra nostalgia per la natura che ha disfatto, rapportandosi al fantasma di quest'ultima come ha sempre fatto, ovvero con violenza. L'umanità è stata punita per la sua arroganza, eppure dimostra di non aver compreso i suoi errori. O di essersi rassegnata all'oblio. La bambina conduce il guerriero al suo rifugio, dove lui vede inciso su una parete l'Albero della Vita della mitologia giudaica. Ho già visto un albero come questo da qualche parte. Quando è stato? È passato così tanto tempo che l'ho dimenticato. Le nubi rumoreggiavano mentre si muovevano nel cielo, l'oscuro orizzonte s'incendiò, e dalle tenebre emerse un albero gigantesco. Assorbì la vita dal terreno e i suoi rami si tesero verso l'alto, come per afferrare qualcosa: un uovo nel cui interno dormiva un gigantesco uccello.19

L'Albero della Vita diventa in tale analogia il fungo atomico del Little Boy. 18 Cfr. ivi, p. 57. 19 Anonimo in Oshii Mamoru, L'uovo dell'angelo (1985), Tokyo: Studio Deen e Tokuma Shoten.

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La bambina conduce il guerriero dal fossile di un angelo: l'uccello del mito del Diluvio Universale, l'uccello visto dal guerriero il giorno della fine del mondo, il simbolo della vita che si è consumata e che la bambina ha promesso di riportare curando l'uovo. Durante la notte, l'uomo, sentendo più forte fig. 8: Fotogramma da Oshii Mamoru, L'uovo dell'angelo (1985). Il primo incontro tra i due protagonisti.

la sua smania di potere dell'amore per la vita,

rompe l'uovo. Al risveglio della bambina, il guerriero non c'è più e del suo tesoro non sono rimasti che cocci rotti. Si dispera e cade in un fiume: sulla Terra, dal suo corpo nascono migliaia di uova, mentre lei ascende al cielo sulla nave degli dei.

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3. «CHI SONO IO?» La crisi dei principi d'identità e d'autonomia 3.1 L'ingegneria genetica e il “perfezionamento” della specie Il 16 luglio 1988, durante la Terza Guerra Mondiale, una devastante e silente esplosione rase al suolo la metropoli di Tokyo. Trent'anni dopo, nel 2019, una banda di giovani motociclisti, capitanata da un ragazzo di nome Kaneda, sfida la banda rivale formata dai cosiddetti Clown, sulle strade della riedificata Neo Tokyo. Tetsuo, il più giovane, stufo di essere considerato debole e inadatto alla battaglia, parte al feroce inseguimento dei rivali, ma un bambino dai capelli bianchi, la pelle raggrinzita e un numero tatuato sul palmo di una mano gli sbarra la strada, facendolo capitombolare dalla moto. Sia Tetsuo che il bambino sono prelevati e portati via dall'esercito. Tetsuo è sottoposto a una serie di estenuanti esperimenti, durante i quali sono rilevate congruenze tra la sua aura e quella del misterioso Akira, responsabile della catastrofe del 1988: scopo dell'esercito è sintetizzare il suddetto Akira per poterlo sfruttare per scopi militari. Nel frattempo Kaneda, per salvare il suo migliore amico, si unisce a un gruppo di ribelli intenti a fermare il progetto dell'esercito. Qualcosa va storto: Tetsuo è adirato e i suoi poteri sovrannaturali fuori controllo. Fugge dal laboratorio, distruggendo ogni cosa gli si pari davanti, massacrando chiunque senza pietà; neanche accoglie l'amico Kaneda, al contrario lo bistratta e tenta di ucciderlo. Il suo scopo è raggiungere Akira, unico ad avere un potere più grande del suo, ed eliminarlo. Nella cella frigorifera segreta dov'è sicuro di scovarlo, trova invece solo delle fiale contenenti organi interni immersi in un liquido amniotico. Questo è il famigerato Akira, Tetsuo. […] Dopo la sua metamorfosi climatica, il suo corpo è stato sottoposto ad ogni immaginabile tecnica di studio e sperimentazione. Tetsuo, quello che hai davanti a te non è altro che il risultato finale: i più rinomati scienziati attuali non hanno saputo svelare il mistero e così hanno raccolto tutti i dati e tutti i test campione, che hanno poi depositato in capsule congelate al fine di assicurare i loro studi alle generazioni future. […] Akira è morto fin dal principio [corsivo mio].20

Così spiega il capo dell'esercito a Tetsuo, senza però a riuscire a placare la furia distruttrice del ragazzo, che alla fine, non riuscendo a più a controllare il suo potere, muta in un grottesco gigante di carne, ossa e organi ed esplode causando un'onda d'urto uguale a quella del 1988, sedata solo dal coraggioso sacrificio degli altri tre giovani soggetti degli esperimenti, anch'essi in possesso di poteri sovrannaturali. 20 Il colonnello Shikishima in Otomo Katsuhiro, Akira (1988), distribuzione it. a cura di Multivision, Tokyo: Akira Committee Company.

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Ma chi, o cos'è Akira? A spiegarlo è una bambina, uno dei sopraccitati soggetti sperimentali del Progetto Akira: Un essere umano, lo sai bene, persegue molti progetti nell'arco di una vita intera, giusto? […] Da dove pensi che provenga tutto questo potenziale enorme di energia? Dopotutto l'uomo discende direttamente dalla scimmia, giusto? E ancor prima dagli insetti, dai pesci, e prima di questi dal plancton e dall'ameba unicellulare. Se ci pensi bene, ogni essere vivente è dotato di una sua energia. […] Se tutto questo si è evoluto, allora deve aver trattenuto una qualche memoria al suo interno che potrebbe farci risalire fino a prima che iniziasse il tempo. […] Ma se l'ordine delle cose fosse stato stravolto? Se nel corso di un esperimento fosse stato trasfuso su un ameba il potere di un essere umano? [corsivo mio] […] Le amebe non sono in grado di costruire moto o bombe atomiche: si limitano a divorare tutto ciò che trovano sulla loro strada. […] All'inizio alcuni uomini cercarono di sfruttare quell'energia, […] ma fallirono e la distruzione di Tokyo fu allora inevitabile.21

Nel settimo capitolo di Wonderwoman and Superman, John Harris, stabilito che esistono dei tratti che ci rendono umani, si chiede quali siano questi tratti, fino a che punto, modificandoli con l'ausilio dell'ingegneria genetica, potremmo ancora autodefinirci umani e, cosa più importante, se dovremmo scegliere di preservare la nostra umanità al costo dell'evoluzione o della nostra salute; in altre parole «Might we wrong humanity at large by either creating a new subspecies of superbeings, or indeed and eventually, changing humanity entirely for we would believe to be better?»22 Con Akira di Otomo Katsuhiro e John Harris, si affronta qui il dibattito sugli ibridi: chi/cosa sono? Qual è/dovrebbe essere il loro statuto etico, normativo e psicologico? Dapprima Harris definisce gli ibridi come organismi transgenici, ovvero ai quali sono state inserite sequenze di DNA di altri, com'è stato fatto a Testuo; prosegue poi paragonandoli alle chimere, creature mitiche recanti tratti di diversi animali, e spiegando che la loro condizione d'infelicità è data da un lato dalla scomodità, dalla disarmonia tra le loro parti, dall'altro dal percepirsi come unici e bizzarri. L'uomo è legittimato a creare chimere umane? In ultima istanza, la risposta sembra essere negativa, dal momento che, prescindendo dalle argomentazioni religiose – poiché, fa notare Harris, gli esperimenti d'ingegneria genetica interferirebbero col piano divino come del resto già fa l'uso dell'antibiotico, che è invece socialmente accettato, – intervenendo invasivamente sul DNA di un embrione, il rischio è portare la persona futura ad avere crisi d'identità e difficoltà a percepirsi come autonomo rispetto ai suoi fattori.23 Del principio d'autonomia, Jürgen Habermas parla diffusamente nel suo trattato Die Zukunft 21 Kyoko in ivi. 22 «Creando una nuova sottospecie di superuomini o addirittura, alla fine, cambiando l'umanità intera in un senso che ci sembra migliorarla, non facciamo un torto a tutta l'umanità?» ( John Harris, Wonderwoman and Superman – The ethics of human biotechnology (1992), Oxford: Oxford University Press, 1993, p. 145, trad. it. di Rodolfo Rini, Wonderwoman e Superman – Manipolazione genetica e futuro dell'uomo (1997), Milano: Baldini&Castoldi, p. 219). 23 Cfr. ivi, pp. 145-155.

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der menschlichen Natur. Posto che il limite dell'agire di ogni individuo è l'altrui autonomia, è corretto asserire che sperimentando sugli embrioni si lede la loro autonomia? Habermas sostiene di no: Ciò che […] trasforma l'organismo in una vera e propria persona è l'atto, socialmente individualizzante, della sua accettazione nel pubblico nesso interattivo di un mondo-di-vita intersoggettivamente condiviso. […] Il corpo geneticamente individuato nel corpo materno […] non può essere considerato già da sempre in termini di persona.24

Tuttavia l'embrione gode di tutela giuridica in quanto persona futura; per tal motivo Harris e Habermas distinguono l'aborto, che consiste nel terminare una vita prima che l'embrione diventi una persona con una propria identità e autonomia, dalle operazioni d'ingegneria genetica, che implicano invece che l'individuo nasca e cresca con tratti definiti da terzi. La distinzione tra organico e inorganico e la certezza di essere organismi naturalmente divenuti e non artificialmente progettati sono basi socialmente e psicologicamente fondamentali per ognuno; la persona geneticamente “migliorata” potrà percepirsi umana e capace di operare scelte autonomamente? Il pubblico inglese rimase sconvolto nel 1988 davanti alla messa in onda del film della BBC First Born, che racconta di un bambino per metà umano e per metà gorilla. Chi o cos'è? Chi o cosa si sentirà? Questi interrogativi possono essere riproposti anche per Tetsuo in Akira ed è il tragico finale di ribellione, distruzione e morte, a rispondere. Per completezza, bisogna però tener conto fig. 9: Fotogramma da Otomo Katsuhiro, Akira (1988). Tetsuo all'inizio della sua metamorfosi climatica. anche di altri due fattori. In primo luogo, diversamente da quanto si vede in Akira, come specifica Paolo Vezzoni, nella realtà dei fatti i sostenitori dell'ingegneria genetica non sono tutti scienziati freddi e cinici che agiscono per smania di potere, così come i contrari non sono tutti fanatici religiosi promotori di valori arretrati.25 Inoltre l'atmosfera angosciante e la drammatica condizione dei personaggi del film – si vedrà come tali fattori si ripresentano in pressoché tutti i lungometraggi coevi – è data anche dall'esigenza di soddisfare un pubblico specifico: mentre gli otaku del ventennio Sessanta-Settanta erano i 24 Jürgen Habermas, Die Zukunft der menschlichen Natur – Auf dem Weg zu einer liberalen Eugenik? (2001), Francoforte sul Meno: Suhrkamp Verlag, a cura di Leonardo Ceppa, Il futuro della natura umana – i rischi di una genetica liberale (2010), Torino: Einaudi., p. 37. 25 Paolo Vezzoni, Si può clonare un essere umano? (2003), Bari: Laterza, pp. 124-126.

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giovani delle lotte, degli scioperi, dell'amore libero e di Jim Morrison, gli otaku dell'OttantaNovanta ascoltano invece le urla di Kurt Cobain, sono gli sconfitti, gli oppressi, i delusi che hanno bisogno di ritrovare sé stessi al cinema e veder sfogato tutto il proprio risentimento. In Akira infatti «la maggior parte dei giovani protagonisti sono orfani, letteralmente (Kenda e Tetsuo) e metaforicamente (i bambini mutanti abbandonati al governo per gli esperimenti scientifici)» 26 sottolinea Susan Napier. I nuovi spettatori si immedesimano nei giovani di Akira, soli, abbandonati e carichi di rabbia, risentimento e violenza repressa. 3.2 L'ingegneria genetica e la clonazione riproduttiva 2015. A seguito di una catastrofe naturale la popolazione mondiale si è ridotta di due terzi rispetto al decennio precedente. La Terra viene regolarmente attaccata da mostri ultraterreni noti come Angeli. La Nerv, un'organizzazione militare giapponese per la sicurezza mondiale, ha creato dei robot giganti, gli Evangelion, per fermarli; a pilotarli sono ragazzi di appena quattordici anni, i Children. Ayanami Rei, la prima di essi, non ricorda nulla del suo passato: i suoi unici legami sono il generale Ikari Gendō e l'Eva 00, la sua unica missione è difendere l'umanità dagli Angeli. Neon Genesis Evangelion, creata da Anno Hideaki e prodotta dallo Studio Gainax, è una serie animata mandata in onda per la prima volta nel 1995; seguirono nel 1997 due lungometraggi: Evangelion – Death and rebirth, che riassume la trama della serie, e The end of Evangelion, diviso a sua volta in Air e Magokoro Wo Kimi Ni (A te il mio animo sincero), che raccontano un finale alternativo, più tragico ma comunque più apprezzato dagli spettatori; è stata infine presentata una nuova trilogia: Evangelion – You are (not) alone (2007) ed Evangelion – You can (not) advance (2009), che ancora una volta riassumono la trama della serie, ed Evangelion – You can (not) redo (2012), ovvero un terzo finale, filosoficamente meno intenso, ma narrativamente più chiaro, aperto a un quarto e ultimo capitolo. È un'opera complessa, molto apprezzata dai giovani ma raramente compresa dalla critica accademica,27 opera nella quale si mescolano saggiamente bioetica, misticismo e psicologia. La Nerv è protetta dal primo angelo, caduto sulla terra quattro miliardi di anni prima: Lilith, la moglie di Lucifero secondo la mitologia giudaica, in Evangelion rappresentata crocifissa, con la 26 Susan Napier in Maria Roberta Novielli, Animerama – Storia del cinema d'animazione giapponese, cit., p. 208. 27 «Azuma considera Neon Genesis Evangelion una ʻgrande non-narrazioneʼ, ovvero ʻun insieme di elementi frammentari, […] tali da poter essere interpretati liberamente, secondo le propensioni emotive di ogni spettatoreʼ. Quanto appena dichiarato dallo studioso trova conferma nella palese impossibilità di cogliere in Neon Genesis Evangelion un progetto complessivo dalla portata superiore sul piano contenutistico e una qualsiasi visione dell'esistenza. Questo si spiega con la volontà di soddisfare le aspettative degli otaku, gli spettatori di riferimento della serie, ai quali non importa scoprire dei significati più profondi o la poetica di un regista.» (Marco Teti, La riconfigurazione multimediale del fenomeno otaku, in Le nuove forme della cultura cinematografica – Critica e cinefilia nell'epoca del web [2012], a cura di Roy Menarini, Milano-Udine: Mimesis, pp. 130-131.)

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lancia di Longino conficcata nel costato, come Gesù Cristo, salvatore dell'umanità secondo la religione cristiana. Gli Evangelion non sono robot giganti, bensì cloni di Adam, primo uomo secondo la mitologia giudaica, secondo angelo approdato sulla terra nella serie d'animazione; fa eccezione l'Eva 01, clone invece di Lilith, pilotato da Ikari Shinji, figlio del generale Gendō. Inoltre la moglie di quest'ultimo, Ikari Yui, prima di morire, sceglie di farsi clonare per creare una soldatessa in grado di pilotare il primo prototipo dell'Eva 00: tale soldatessa è la sopraccitata Rei Ayanami.

fig. 10: Fotogramma da Anno Hideaki, Neon Genesis Evangelion – Death and rebirth (1997). I corpi di riserva di Ayanami Rei.

In una celebre sequenza della serie del '95, riproposta nel lungometraggio del '97, la dottoressa Akagi conduce Shinji nel laboratorio in cui sono conservati i corpi di riserva di Rei, fantocci senz'anima, senza identità, usati come banca degli organi per la pilota dell'Eva 00. Quelli che si trovano qui sono solo fantocci e nient'altro che componenti per Rei. L'uomo trovò un dio e ben lieto tentò di impossessarsene, per questo venne punito. Ciò accadde quindici anni fa, e così scomparve la divinità tanto fortunosamente rinvenuta. Ma in seguito l'uomo cercò di far risorgere la divinità con le proprie forze: tale era Adam. Da Adam vennero creati degli uomini a immagine e somiglianza del dio: tali sono gli Eva. […] Negli Eva, che originariamente non hanno anima, sono alloggiate anime di persone, tutte essenze recuperate. A contenere un'anima è anche Rei, ma una sola: l'anima venne disposta in una sola bambina. […] Gli oggetti simili a Rei che vedete qui non hanno anima: sono solo contenitori vuoti. [corsivo mio] Per questo li distruggo: perché li odio!28

Così spiega la scienziata, prima di smantellare i corpi che anche in questo lungometraggio d'animazione galleggiano in un liquido amniotico. Shinji non regge l'orrendo spettacolo: la differenza tra organico e inorganico sembra non avere più importanza e ciò lo turba e lo confonde.

28 La dottoressa Akagi in Anno Hideaki, Neon Genesis Evangelion – Death and rebirth (1997), distribuzione it. a cura di Dynit, Tokyo: Studio Gainax.

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Salvatore dell'umanità non è il figlio di Dio, ma al contrario la regina dell'Inferno che ha offerto all'uomo il frutto della conoscenza. Grazie a tal dono, l'umanità è riuscita a sostituirsi a Dio nella creazione di esseri perfetti; il fine è quello di sovvertire l'ordine naturale che vuole annientare l'umanità per dare inizio a una nuova era. In Si può clonare un essere umano? Paolo Vezzoni immagina un dialogo tra un sostenitore della clonazione riproduttiva e un suo avversario. fig. 11: Fotogramma da Anno Hideaki, Neon Genesis Evangelion – Death and rebirth (1997). Lilith.

Contrari. […] Non è meglio che sia la natura a decidere piuttosto che l'uomo? […] E poi, chi stabilisce ciò che è meglio e ciò che è peggio? Chi è in grado di sostituirsi a Dio, o, secondo altri, anche solo alla natura? Favorevoli. […] Se fosse davvero in nostro potere farlo, dovremmo migliorare la specie umana? […] Se potessimo produrre uomini esenti da malattie, non sarebbe giusto modificare il genoma? […] Contrari. Non bisogna essere così sicuri che l'evoluzione sia cieca e non sappia dove andare. […] Ogni cambiamento che avviene, avviene in rapporto con il tutto: siamo sicuri di poter prevedere tutte le conseguenze dei cambiamenti che andremmo ad effettuare? Credo che vi sia un po' di hybris in questo ragionamento. Favorevoli. Siamo giunti ad un punto molto interessante. Prometeo ribelle o Prometeo martire? Prometeo buono o Prometeo cattivo? Prometeo da incatenare o Prometeo da liberare? [corsivo mio]29

In Neon Genesis Evangelion, la clonazione è la metafora dell'abbattimento da parte dell'uomo delle barricate imposte dalla natura. Ma cosa si cela dietro di esse? In A te il mio animo sincero, Shinji si fonde con l'Eva 01, muta in un Angelo al quale spetta decidere se preservare il mondo degli uomini o annientarlo per dar inizio a qualcosa di nuovo. L'eroe, il cui animo è saturo di paure e risentimenti nei confronti di un mondo dove organico e inorganico si confondono tra loro, imbocca la seconda via. Il Vezzoni rileva un altro problema etico intorno alla clonazione riproduttiva: Contrari. […] Ma vi è un altro tipo di richiesta che sembra frequente, quella di coppie che chiedono di clonare il figlio di due anni morto in un incidente. Favorevoli. […] Ma questi genitori andrebbero avvertiti di una cosa: che clonare il figlio morto non darebbe loro più sollievo di avere un altro figlio diverso dal precedente. […] Ma se insistessero, in nome della libertà di ogni individuo, perché non dovrebbero essere accontentati? Contrari. Per una ragione molto semplice, che ognuno ha diritto di essere sé stesso [corsivo mio]. Nessuno può essere la copia di un altro; nessuno deve pensare di essere stato voluto in funzione di un altro. Non è forse un imperativo categorico che l'uomo deve essere un fine e che 29 Paolo Vezzoni, Si può clonare un essere umano?, cit., pp. 94-97.

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non può mai essere considerato come mezzo?30

ʻOgnuno ha diritto di essere sé stessoʼ, proprio tal punto è il fulcro del dramma di Tima in Metropolis31 di Rintaro – in parte ispirato all'omonima pellicola di Fritz Lang del 1927. Metropolis è per l'appunto una metropoli futuristica strutturata su quattro livelli: la discarica nel più profondo, le caldaie sopra di esse, la città dei poveri e dei delinquenti poco più in su e l'alta società in superficie. Non c'è lavoro per gli appartenenti alle classi meno abbienti, segregate nel sottosuolo, perché le mansioni più umili ormai sono svolte da robot pazienti e ubbidienti. Qui il duca Red, l'uomo più ricco e influente della città-stato, fa innalzare la Ziggurat, la più grande e spettacolare struttura del mondo, guadagnandosi il benvolere sia della classe politica, sia della classe borghese. Il suo vero scopo è però porre a capo della città, attraverso quel che potremmo definire un virus, un essere perfetto, un robot con le sembianze della sua defunta figlia Tima. Come e perché si può paragonare la situazione di un figlio frutto della clonazione riproduttiva a Tima il robot? Bisogna ricordare che nel 1950 fu pubblicata la raccolta di novelle sulla robotica Io, Robot, di Isaac Asimov, nella quale l'autore fonda le Tre Leggi della Robotica: 1.

Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del

proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno; 2.

Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non

contravvengano alla Prima Legge; 3.

Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché tale autodifesa non contrasti con la

Prima e la Seconda Legge.32 Dal momento della loro fondazione, nessuno scienziato o artista intento ad approcciarsi alla robotica potrà prescindere da esse. La ragione è una sola ed è molto semplice: è illogico che l'uomo possa volere creare una macchina, provvista di autocoscienza, in grado di ribellarsi al volere dell'uomo stesso. Tima, a differenza dei suoi simili meccanici in Metropolis, non rispetta suddette leggi; dovremo allora chiederci perché: Rintaro avrà commesso un errore o avrà parlato di robotica per significare altro? Confrontando il dramma di Tima col sopraccitato dialogo tratto da Si può clonare un essere umano? di Vezzoni, fig. 12: Fotogramma da Rintaro, Metropolis (2001). Il risveglio di l'interpretazione più plausibile è che lei rappresenti un clone: il suo Tima. 30 Ivi, p. 91. 31 Rintaro, Metropolis (2001), distribuzione italiana di Columbia Tristar, Tokyo: Madhouse. 32 Cfr. Antonino Pingue, Isaac Asimov e i Robot, in http://www.treccani.it, ultima consultazione il 29 agosto 2015.

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essere robot significa che i cloni non potrebbero percepirsi come individui naturalmente divenuti, con una propria identità e autonomia, ma solo quali macchine artificialmente progettate, copie di qualcun/qualcos'altro, esattamente come attestano Harris e Habermas (cfr. § 3.1). «Sono un essere umano io? Oppure sono anch'io una macchina, proprio come quei poveri robot?» «Ma quali sciocchezze stai dicendo? Come potresti mai tu essere simile a quelle immondizie?» «Allora sono anch'io un essere umano, proprio come Kenichi?» «Ma cosa stai dicendo? Tu non sei affatto un essere umano: non sei un effimero essere vivente in balia di sentimento e passione, accecato da amore e moralità. Sei un essere supremo!» 33

Così Tima interroga il suo creatore, il duca Red, ma le risposte sembrano non convincere nemmeno quest'ultimo. Il finale del film ripropone temi già visti analizzando i precedenti: la creatura si ribella al creatore, la Ziggurat, come la biblica Torre di Babele, crolla per punizione divina inferta agli uomini per la loro arroganza, e Tima, sprofondando nel vuoto sulle note di I can't stop loving you di Ray Charles, neanche prima di spegnersi per sempre troverà risposta all'interrogativo: ʻchi sono io?ʼ Di lei non rimarranno che un cuore piccolo, luminescente e pulsante, simile a un cuore umano, e un registratore, sepolto dalle macerie, che riproduce incessantemente la stessa frase: ʻchi sono io?ʼ È, in chiusura del paragrafo, importante chiarire che la clonazione riproduttiva della specie umana non sembra essere un prossimo traguardo della storia dell'ingegneria genetica: ancora non si ha il controllo tutte le tecniche fondamentali per portare a termine una gravidanza, inoltre è difficile reperire abbastanza ovuli da fecondare per gli esperimenti e donne volontarie disposte a ospitare gli embrioni nel proprio utero, infine, anche ammesso si riuscissero a superare queste difficoltà tecniche, il numero di fallimenti auspicati per i primi tentativi (aborti spontanei e nascita di bambini con gravi malformazioni) sarebbe psicologicamente ed eticamente inaccettabile. 3435 Il cinema d'animazione quindi, in questo caso, non denuncia le conseguenze negative di qualcosa che è accaduto/sta accadendo, esprime bensì i timori dell'opinione pubblica riguardo qualcosa che potrebbe accadere.36

33 Tima e il Conte Red in Rintaro, Metropolis (2001), distribuzione it. a cura di Columbia Tristar, Tokyo: Madhouse. 34 Cfr. Paolo Vezzoni, Si può clonare un essere umano?, cit., pp. 78-83. 35 In The Third Twin, romanzo thriller edito per la prima volta nel 1996, Ken Follett immagina che la clonazione riproduttiva sia già praticata segretamente dalla Genetico, nota e prolifica azienda privata di ricerca nel campo dell'ingegneria genetica, con lo scopo di creare una rinnovata e perfetta razza umana. I piani di conquista globale dei suoi fautori cominciano a vacillare quando emerge che proprio essi non avevano tenuto conto dell'ereditarietà e della variabilità dei genomi che determinano le propensioni del carattere dei cloni. 36 Cfr. ivi, pp. 19-20.

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3.3 L'ingegneria cibernetica verso una nuova definizione di essere vivente La bioetica si occupa della vita intesa come nascere, vivere e morire non in sé, bensì nel corso del loro svolgimento; cardine della bioetica è quindi la nozione di salute. La salute è l'opportunità di vivere seguendo la propria strada: secondo l'Enciclopedia della bioetica di Warren Reich «la salute è lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale», 37 mentre nel 1986 l'Organizzazione Mondiale della Salute, con la Carta di Ottawa, dichiarò che le condizioni fondamentali per la salute sono la pace, l'abitazione, l'istruzione, un reddito, un ecosistema stabile, le risorse sostenibili, la giustizia sociale e l'equità. Nel 1943 il fisiologo Arturo Rosenblueth, il matematico Norbert Wiener e l'ingegnere Julien Bigelow pubblicarono su Philosophy of Science un articolo, caposaldo della contemporanea cibernetica, proponente una teoria unificante, valida tanto per le macchine quanto per i sistemi viventi e sociali; è in tal sede che cibernetica e salute – e quindi bioetica – s'incontrano. L'articolo sopraccitato si snoda intorno a due nozioni cardine: il comportamento e lo scopo. Per comportamento s'intende «ogni cambiamento di un'entità rispetto al suo ambiente»; 38 tale può essere passivo o attivo, e quest'ultimo può a sua volta essere causale (privo di scopo) o finalizzato (con uno scopo). «La base del concetto di scopo è la consapevolezza di un'attività volontaria [corsivo mio]».39 Rosenblueth, Wiener e Bigelow paragonarono la volontà umana al feedback o meccanismo di retroazione delle macchine, grazie al quale esse correggono il proprio movimento in vista dell'obiettivo. Nel 1966, il filosofo Hans Jonas pubblicò Cybernetics and Purpose: A critique, saggio breve nel quale dichiarò di diffidare della soluzione proposta dai tre autori, poiché, spiegava, alla macchina manca l'emotività, il motore imprescindibilmente umano che spinge ogni individuo a essere coerente col principio di responsabilità: l'errore dei tre nell'elaborare la loro teoria unificata fu confondere l'ʻavere uno scopoʼ con il ʻservire a uno scopoʼ. Nella mente umana esiste una tendenza, che sembra quasi irresistibile, a considerare, da un lato, le funzioni umane in termini di prodotti artificiali che prendono i posto di esse, e, dall'altro, i prodotti artificiali nei termini delle funzioni umane sostituite. […] Lo scopo totale, dal momento che non risiede nelle singole parti, deve risiedere nell'intero, […] quindi la domanda diventa se il meccanismo è un intero, avente un identità, o un sé che può essere detto il portatore dello 37 Da Warren Reich, Enciclopedia della bioetica (1978). Devo il contributo alla lezione introduttiva di Bioetica, tenuta dalla professoressa Marina Lalatta Costerbosa presso il Dipartimento di Filosofia dell'Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna, in data 30 settembre 2014. 38 A. Rosenblueth, N. Wiener e J. Bigelow in Alfonso M. Iacono, Introduzione, in Hans Jonas, Cybernetics and Purpose: A critique (1953), New York: Social Research, n. 20, a cura di Marzia Campanelli, La cibernetica e lo scopo: una critica (1999), Pisa: Edizioni ETS., p. 10. 39 Ibidem.

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scopo [corsivo mio] […] Ora, considerare il siluro insieme al suo pilota, o l'automobile insieme al suo autista come se fossero una singola entità intenzionale, ha senso quanto dichiarare che l'accetta partecipa al comportamento finalizzato del boscaiolo che l'utilizza. 40

Tuttavia oggi, circa quarant'anni dopo la pubblicazione del saggio di Jonas, la sua tesi non è più così scontata: l'uomo è ormai immerso in una realtà digitale, ove sono andate creandosi società digitali e ogni individuo investe in apparecchiature di anno in anno sempre più sofisticate, per non esserne lasciato fuori. Se fino al secolo scorso, nelle famiglie più povere, in tempo di crisi, si risparmiava sui beni di conforto per acquistare cibo e beni di prima necessità, oggi tutti ritengono una priorità avere il notebook e lo smartphone per essere integrati nella nuova società digitale. I telefoni cellulari di ultima generazione nello specifico sono ormai diventati parte costitutiva della vita quotidiana, se non un'autentica parte del corpo umano: grazie a essi, non solo comunicare a grandi distanze è più semplice e veloce, ma è più facile anche orientarsi, fare acquisti, scaricare documenti come analisi del sangue e ricette mediche e molto altro ancora. L'artista

contemporanea

Yamaguchi

Noriko incarna la singolarità – la fusione tra uomo

e

macchina



nella

sua

celebre

performance Keitai Girl (Ragazza Cellulare), nella quale indossa una tuta aderente recante una fantasia bluastra che richiama i microchip di un computer. Il suo viso è privo d'ogni espressione, coperto da un pesante trucco bianco e asettico; ha dei cavi che, come

fig. 13: Yamaguchi Noriko, Keitai Girl – N.4 (2004).

tentacoli, le escono dalle orecchie.41

Tuttavia l'essere incessabilmente connessi alla rete ha i suoi lati negativi. Ormai ogni individuo conserva nel proprio smartphone una lunga serie di dati personali (conversazioni, foto, le proprie coordinate geografiche, referti medici, coordinate bancarie...), che possono essere facilmente scovati da terzi – non necessariamente da un membro dei servizi segreti, ma anche solo da un fidanzato un po' troppo geloso che abbia dimestichezza coi computer. La digitalizzazione della società sta innegabilmente conducendo l'uomo verso la perdita di un bene inestimabile: la privacy. Un uomo, per esempio, netturbino nella Tokyo del 2029, si ferma a ogni punto di raccolta per scaricare direttamente nel suo cervello, attraverso una presa elettrica che egli ha nel collo, foto e 40 Hans Jonas in ivi, pp. 32, 46-47. 41 Cfr. Fabriano Fabbri, Lo zen e il manga – Arte contemporanea giapponese (2009), Milano: Bruno Mondadori, p. 313.

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informazioni sugli spostamenti della sua ex moglie, inviategli da un investigatore privato. L'uomo sarà prelevato dalla polizia informatica, guidata dal maggiore Kusanagi, e in commissariato apprenderà di non aver mai avuto né una moglie, né una figlia: un virus si è infiltrato nel suo cervello e ha modificato la sua memoria, così da poterlo sfruttare per viaggiare nella rete. Ghost in the Shell42 di Oshii Mamoru è ambientato in un ipotetico futuro nel quale il mondo funziona come una rete informatica. Agli esseri

umani

vengono

innestati

congegni

cibernetici per svolgere più facilmente le loro mansioni; in particolare il cervello è stato sostituito dal Ghost, a tutti gli effetti uno smartphone interno al cervello umano. Avere informazioni su una persona è molto semplice, persino entrare nella mente di quella persona e fig. 14: Immagine di presentazione di Oshii Mamoru, Ghost in the Shell (1995). Il maggiore Kusanagi – degna

modificare la sua identità agendo sui ricordi di nota la rassomiglianza con Keitai Girl di Yamaguchi Noriko (fig. 13). sembra essere fin troppo semplice. In un mondo del genere, dove tra reale e virtuale non c'è più confine, dove la privacy, l'identità e l'autonomia così come la definiva Habermas sono a repentaglio, cosa significa vivere?43 Il maggiore Kusanagi forse non sa cosa significhi vivere, ma sa bene cosa significa invece esistere: Così come sono tanti i pezzi necessari perché un essere umano resti tale, occorrono sorprendentemente molti elementi perché ognuno di noi continui a rimanere sé stesso: un viso che ci distingue dagli estranei, una voce cui non prestiamo attenzione, due mani da guardare al risveglio, i ricordi dell'infanzia e i presentimenti del futuro. E non solo: c'è anche il vasto universo delle informazioni e delle reti cui ha accesso il mio cyberbrain. Tutto questo definisce l'Io che genera l'autocoscienza individuale in cui ognuno si riconosce. E contemporaneamente confina l'Io in uno spazio sempre più limitato.44

E il virus, con voce femminile, aggiunge: «Quello che ora noi vediamo, lo vediamo come in 42 Oshii Mamoru, Ghot in the Shell 2.0 (2008), restauro di Ghost in the Shell (1995), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: I.G. 43 Analogamente, in Do Androids Dream of Electric Sheep?, romanzo fantascientifico distopico edito per la prima volta nel 1968, Philip K. Dick descrive uno scenario post apocalittico dove gli esseri umani sono in guerra contro i droidi; tra questi ultimi, alcuni sono in possesso di ricordi artificiali che impediscono loro di riconoscersi come “cose”, come esseri inorganici dotati di un'intelligenza artificiale, pertanto si sentono e si comportano come esseri umani. In una simile situazione, come può un individuo distinguere tra realtà e virtualità? Come può affermare di essere un umano piuttosto che un droide? Dal romanzo sarà tratto nel 1982 il film Blade Runner di Ridley Scott, pellicola che molto ispirerà Oshii Mamoru nella realizzazione di Ghost in the Shell. 44 Il maggiore Kusanagi in Oshii Mamoru, Ghot in the Shell 2.0 (2008), restauro di Ghost in the Shell (1995), distribuzione it. a cura di Dynit, Tokyo: I.G.

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uno specchio: in modo confuso».45 Il Burattinaio – ovvero il virus ricercato dalla polizia informatica – si rivela essere un'arma militare che, acquisite informazioni in sovrabbondanza nella vastità della rete, ha sviluppato una propria autocoscienza ed esige che gli sia riconosciuto lo status di ʻessere viventeʼ. Attira a sé il maggiore Kusanagi e i due – il virus e la cyborg – si fondono in un'unica nuova entità che, libera d'ogni vincolo fisico e normativo, s'immette nella rete. Tre anni dopo, nel 2032, i membri della polizia informatica Batou e Togusa sono chiamati a risolvere il caso di una serie di ginoidi da compagnia (robot dalle fattezze femminili) che uccidono i loro proprietari, ricchi e influenti politici, per poi suicidarsi. Prima di autodistruggersi, le macchine dai volti inespressivi piangono e implorano aiuto. Com'è possibile che delle ginoidi infrangano le Tre Leggi della Robotica (cfr. § 3.2)? L'unica risposta possibile è che qualcuno le abbia dotate di un'anima, ma come e perché? Sono questi gli interrogativi in cui s'imbattono gli ex colleghi del maggiore Kusanagi in Ghost in the Shell 2.46 Batou e Togusa risalgono all'hacker Kim, giungono presso il suo covo dove il virtuale si confonde con il reale, l'organico con il meccanico: Kim l'intrappola in un loop temporale, che li costringe a rivivere tre volte la stessa situazione, finché Batou non riceve dal Maggiore la soluzione per fuggirne. Così dice loro l'hacker: L'essere umano non può competere con un robot in quanto a forma, eleganza nei movimenti ed essenza. Le inadeguatezze della consapevolezza umana diventano inadeguatezze di fronte alla realtà della vita. La perfezione è possibile solo per gli esseri privi di coscienza o per chi è dotato di coscienza illimitata, in altre parole per i robot o per le divinità. […] Chi è bramoso di conoscenza, ha una concezione più inafferrabile e sfuggente della divinità. […] Se non conosciamo bene la vita, come facciamo a conoscere la morte? Lo dice anche Confucio. È raro trovare un essere umano che conosce la morte: molti vanno incontro alla morte impreparati, armati solo di una fiduciosa ignoranza, la gente muore solo perché è inevitabile. […] Il dubbio ci attanaglia: se una creatura sembra viva, è viva realmente? O al contrario, se un oggetto è senza vita, può vivere? È per questo che i robot ci fanno paura: sono modellati sugli umani, ma in realtà essi sono umani. Ci mettono di fronte all'orrore di essere un mero meccanismo, semplice materia; in altre parole, ci danno la consapevolezza che anche noi umani siamo parte del Nulla [corsivo mio].47

Alla fine i criminali saranno scoperti: la mafia giapponese vendeva ragazze innocenti all'organizzazione Locus Solus, che trasferiva le loro anime nelle ginoidi per renderle sia più appetibili agli acquirenti, sia capaci di uccidere esseri umani e suicidarsi; così da un lato le vittime 45 Il Burattinaio in ivi. 46 Oshii Mamoru, Ghost in the Shell 2 – Innocence (2012), restauro di Ghost in the Shell 2 - Innocence (2004), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: I.G. 47 Kim in Oshii Mamoru, Ghost in the Shell 2 – Innocence (2012), restauro di Ghost in the Shell 2 - Innocence (2004), distribuzione italiana a cura di Dynit, Tokyo: I.G.

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sacrificali diventavano bambole senz'anima, dall'altro le ginoidi schiave sofferenti dei loro fattori. La cibernetica sta entrando prepotentemente nella vita dell'uomo, sta penetrando nel suo corpo, compromettendo alcuni degli elementi fondamentali per la sua salute. In questo senso la cibernetica sta diventando un importante oggetto del dibattito bioetico.

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4. IL COMPLESSO DI SHINJI La nuova umanità e lo stato di natura Sulla possibilità di creare una nuova specie umana (o sovrumana?) attraverso le tecniche scientifiche, così si espresse Ronald Dworkin: Abbiamo distinto tra ciò che è stato creato dalla natura, evoluzione inclusa, e ciò che noi facciamo di nostra iniziativa nel mondo, con l'aiuto di questi geni. [...] Questa distinzione traccia sempre un chiaro confine tra ciò che noi siamo e ciò che noi facciamo di questa eredità a partire dalla nostra responsabilità. Questo confine decisivo tra tra caso e libera scelta rappresenta la spina dorsale della nostra morale. […] Noi temiamo il giorno in cui gli uomini progetteranno altri uomini, perché tale possibilità sposterà il confine tra caso e decisione che sta alla base dei nostri criteri di valore.48

Dworkin paragonò la responsabilità a un filtro, costituito da un intreccio di convincimenti morali plurali ed eterogenei: ricercando una verità morale, ogni individuo necessita di un filtro il più possibile ampio e denso. Ancora più esplicito, col suo contributo, fu Hans Jonas: Ma a chi appartiene questo potere? E su chi, o che cosa, esso si esercita? Evidentemente è il potere dei viventi sugli uomini venturi, che sono gli oggetti inermi di decisioni prese in anticipo da chi pianifica oggi. L'altra faccia dell'odierno potere è la futura schiavitù dei vivi nei confronti dei morti.49

Alla luce delle nuove responsabilità che l'umanità si è assunta, sosteneva Jonas, è necessario controllare il progresso scientifico e tecnologico. Per prima cosa, bisognerà liberarsi dei quattro dogmi che attanagliano la contemporaneità: 1.

La neutralità della scienza;

2.

Il superamento della metafisica morale: è necessario scoprire una razionalità non

unicamente strumentale, affinché l'umanità si faccia carico dei suoi doveri morali nei confronti del pianeta e del suo futuro; 3.

La legge di Hume: da un ʻessereʼ avalutativo (descrittivo) non può essere desunto un

ʻdover essereʼ (prescrittivo), ma la vita è già in sé intrisa di valore. L'ʻessereʼ non è in Jonas la categoria descrittiva che era per Hume; 4.

La reciprocità tra diritti e doveri: occorre sviluppare un senso del dovere nei confronti

dell'umanità futura, fondare dunque un dovere che prescinde dal diritto. Quel che è proposto in Jonas è quindi un archetipo atemporale di ogni responsabilità, come 48 Ronald Dworkin in Jürgen Habermas, Il futuro della natura umana – i rischi di una genetica liberale, cit., p. 31. 49 Hans Jonas citato in ivi, pp. 49-50.

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quello dei genitori nei confronti del neonato – che nella qual metafora rappresenta sia l'umanità futura che l'umanità presente. Per instillare suddetto archetipo nell'umanità è necessario riattivare la sua facoltà immaginativa attraverso la paura, così da spingerla a intravedere il baratro verso il quale l'uso spregiudicato della scienza e della tecnica la stanno spingendo. Tale prassi è definita euristica della paura ed è in tale direzione che va il cinema d'animazione giapponese col genere della fantascienza.50 Ikari Shinji rimane orfano di madre poco dopo la sua venuta al mondo, mentre suo padre lo tiene distante: lo affida alle cure di un tutore e non gli mostrerà mai le foto della genitrice che egli non ha mai conosciuto. Il generale Ikari Gendō cresce il figlio per pilotare l'Eva 01, per diventare quindi il motore di un essere umano artificiale (cfr. § 3.2); Shinji è stato infatti pensato e concepito all'interno del ʻProgetto per il perfezionamento dell'uomoʼ intrapreso parallelamente dalla Nerv e dalla Seele.51 Le conseguenze confermano i timori di Jonas: Shinji cresce confuso e timorato di sé e del prossimo, incapace di ribellarsi, sviluppare un'identità propria e scoprire la propria sessualità in modo sano. Dapprima Shinji è attratto da Ayanami Rei (il clone della sua defunta madre). In una delle sequenze iniziali di Death and rebirth, le inciampa adosso, con le mani ben salde sul suo nudo seno. Dopodiché l'oggetto del desiderio di Shinji diventa Sōryū Langley Asuka, pilota dell'Eva 02, giovane aggressiva, competitiva e megalomane, anch'ella orfana di fig. 15: Fotogramma da Anno Hideaki, Neon Genesis Evangelion – Death and rebirth (1997). Ikari Shinji e Ayanami Rei.

madre. In una scena nella prima parte del lungometraggio, ella si addormenta accanto a Shinji, che si trova a fissarle il

seno scoperto e le labbra semichiuse. Cerca di baciarla finché non la vede lacrimare e non la sente mormorare: ʻMamma...ʼ Durante la battaglia finale poi, Asuka è in coma, ricoverata presso l'ospedale della Nerv. Shinji prova a parlarle, la implora di svegliarsi, ma ella non risponde; così il giovane si masturba davanti al corpo in fin di vita della collega. Shinji infine conosce Nagira Kaworu, l'ultimo Children52. I due intrattengono dialoghi che 50 Devo il contributo alle lezioni su Hans Jonas, tenute dalla professoressa Marina Lalatta Costerbosa presso il Dipartimento di Filosofia dell'Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna, in data 29 ottobre e 3 novembre 2014. 51 La Nerv e la Seele sono le organizzazioni militari citate in Neon Genesis Evangelion, guidata dal generale Ikari Gendō e fattrice degli Eva la prima, avvolta dal mistero e dall'anonimato e presunta mandante degli Angeli la seconda. 52 I Children sono ragazzi di non più di quattordici anni, scelti e addestrati per guidare gli Eva in Neon Genesis

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lasciano presupporre un'intesa affettiva oltre che sessuale, ma quando Kaworu rivela di essere l'ultimo Angelo53 e attacca la Nerv, Shinji si sente tradito e furioso: sale a bordo dell'Eva 01, afferra e stritola a morte Kaworu. Si tenga a mente che in A te il mio animo sincero è proposto un finale alternativo della saga di Neon Genesis Evangelion, nel quale Shinji dovrà scegliere se preservare il genere umano o dar inizio a una nuova era (cfr. § 3.2). In tal momento, il giovane affronterà i fantasmi delle donne da lui amate: «Bugiarde! Quel vostro sorrisino malizioso serve solo a mantenere ambigua

questa

situazione.

[…]

L'ansia

mi

consuma, non riesco a calmarmi, voglio sentire la vostra voce: restate con me, prendetevi cura di me!»54 Gli risponderà Asuka, aggredendolo anche fisicamente: «Tu non hai mai amato nessuno, Shinji:

fig. 16: Fotogramma da Anno Hiadeaki, A te il mio

nella vita hai solo te stesso, eppure non hai ancora animo sincero, in Neon Genesis Evangelion – The end

of Evangelion (1997). Ikari Shinji, a bordo dell'Eva 01,

imparato a volerti bene. Patetico».55 Ella si rifiuterà atterrito e svuotato dai propri fantasmi.

di aiutarlo; Shinji allora la spingerà a terra, la immobilizzerà e le premerà forte le mani intorno alla gola. Shinji non ha mai potuto affrontare il suo complesso edipico, perciò a quattordici anni manifesta una sessualità morbosa, violenta e malata come quella di uno stupratore. Citando Dworkin, in Ikari Shinji ʻil confine tra caso e decisione che sta alla base dei nostri criteri di valoreʼ non è mai stato segnato. È appurato tanto dalla scienza quanto dalla filosofia che la sessualità non sia nell'uomo solo per procreare, ma la procreazione potrebbe davvero prescindere dalla sessualità? La nuova specie umana, sintetizzata in laboratorio, manterrà le componenti ludiche e affettive della sessualità o l'abbandonerà completamente, perdendo ogni legame con lo stato di natura? E, ponendo per vero il secondo caso, in che modo si staccherà dallo stato di natura e dalla sessualità? In Brave new world, romanzo fantascientifico distopico edito per la prima volta nel 1932, Aldous Huxley immaginò una società formata unicamente da individui geneticamente programmati, Evangelion. 53 Gli Angeli sono, in Neon Genesis Evangelion, creature ultraterrene che attaccano regolarmente la Terra per annientare il genere umano e sostituirsi a esso. 54 Shinji in Anno Hideaki, Neon Genesis Evangelion – Death and rebirth (1997), distribuzione italiana a cura di Dynit, Tokyo: Studio Gainax. 55 Asuka in Ivi.

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fecondati in vitro e psicologicamente condizionati fin da neonati in modo da essere istruiti a svolgere determinate mansioni e non altre, secondo la casta d'appartenenza – dai dirigenti Alfa, agli operai Ipsilon. Al lettore non è dato sapere come sia sorto questo nuovo mondo, poiché neanche gli stessi abitanti, tanto gli operai quanto i dirigenti, ne sono al corrente: la storia e la memoria sono considerate antisociali. In quest'ottica, la ʻschiavitù dei vivi nei confronti dei mortiʼ profetizzata da Jonas s'è tristemente avverata. Huxley immaginò che, nella sua diegesi, l'assoggettamento e l'annichilimento degli individui fossero causati inoltre dal libero sfogo delle loro pulsioni sessuali: nel nuovo mondo, la genitorialità è un crimine, la monogamia immorale, ʻtutti appartengono a tutti gli altriʼ, la poligamia e la promiscuità sono i nuovi doveri cui adempiere. Diversamente da Dworkin e Jonas, John Harris sostenne che nessun argomento contrario al miglioramento artificiale della specie è tanto forte da adombrarne i benefici. Nel nono capitolo di Wonderwoman and Superman differenzia le ibridazioni della specie studiate nel settimo capitolo (cfr. § 3.1) dai suoi miglioramenti, ed espone i vantaggi e gli svantaggi della new breed (ʻnuova specieʼ). Da un lato i nuovi esseri umani sarebbero più resistenti alle malattie e alle intemperie, la loro salute di ferro permetterebbe loro di fruttare più dei normali lavoratori e di conseguenza i prezzi delle cure mediche per gli umani comuni si abbasserebbero; dall'altro non occorrerebbe più tutelare la salute dei lavoratori – poiché questi ultimi non ne avrebbero più bisogno – inoltre bisognerebbe impedire ai membri della nuova specie di procreare con gli uomini comuni per mantenere puro il DNA delle generazioni future – tuttavia ciò non sarebbe etico. Infine occorre tener conto che non tutti potrebbero economicamente permettersi di procreare attraverso l'ingegneria genetica: solo i più danarosi potrebbero garantire ai propri figli un posto nella ʻnuova specieʼ.56 Analizzati i diversi punti di vista, conclude Harris: For my own part I welcome the possibility of a new breed of persons wich life chances not available to us. Of course engineering genetic protections of various kinds into the human genome will not automatically make the world a better place to live in, nor will it necessarily make people happier. We will still have to work as hard as ever to reduce disease, new diseases are after all always liable to arise. We will still have to work as hard as ever to reduce prejudice, including prejudice against the new breed, to combat injustice, to eliminate poverty, starvation, cruelty, and the thousand unnatural shocks that flesh is heir to; as well as the natural ones. But the fact that we cannot cure everything has never been an argument for failing to cure something, particularly when it is something that causes pain, misery, and premature death. 57 56 Cfr. John Harris, Wonderwoman and Superman – The ethics of human biotechnology, cit., pp. 187-192. 57 «Secondo me, la possibilità di una nuova stirpe di persone con possibilità di vita che a noi sono precluse merita di essere accolta con favore. Naturalmente mettere a frutto l'ingegneria genetica per introdurre nel genoma umano protezioni di vario tipo non significa automaticamente né fare del mondo un posto migliore per viverci né rendere le persone più felici. Dovremo continuare a lavorare sodo come in passato per vincere le malattie, senza dimenticare che ne potrebbero anche nascere di nuove. Dovremo continuare a lavorare sodo per ridurre il pregiudizio, anche quello contro la nuova stirpe, per combattere l'ingiustizia, per eliminare la povertà, la morte per fame, la crudeltà e le mille

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CONCLUSIONE Le domande scomode del cinema Due erano gli obiettivi preposti nell'introduzione: proporre un metodo di estensione del dibattito bioetico a un più ampio pubblico da una parte; dall'altra mostrare le potenzialità del cinema – in particolare del sempre sottovalutato cinema d'animazione giapponese – non solo come oggetto, ma anche come strumento di riflessione filosofica. La giustizia, punto di partenza della riflessione affrontata, è stata posta come condizione imprescindibile e necessaria d'interesse comune, ed è stata definita come compresenza di responsabilità, autonomia, identità e salute. A film d'animazione giapponesi che si sono mossi nel genere della distopia, sono stati poi affiancati saggi filosofici per un'istruzione a tutto tondo delle principali questioni bioetiche; tra gli autori citati, è in particolare Paolo Vezzoni a curarsi di offrire ai suoi lettori, con fare critico e neutrale, tutti i possibili punti di vista sui problemi correlati. È stato dapprima definito il contesto storico, il rapporto tra umanità e scienza e le sue contraddizioni: il terrore delle potenzialità belliche del nucleare da un lato, la cieca fiducia nel progresso dall'altro. Il Grande Mazinga, Getta Robot G, UFO Robot Goldrake contro il Dragosauro di Akehi Masayuki ha testimoniato la presa di coscienza da parte dell'umanità delle sue responsabilità nei confronti del pianeta e delle vite che lo albergano. La trattazione della questione ambientale è poi proseguita con l'analisi di Pom Poko di Takahata Isao e la correlata riflessione sui danni arrecati all'ambiente dall'urbanizzazione; attraverso invece Nausicaä della Val del Vento di Miyazaki Hayao e L'uovo dell'angelo di Oshii Mamoru, si è parlato delle conseguenze nefaste dell'inquinamento sulla salute della specie umana, anche portando come esempio la Sindrome di Minamata, la sua origine e il suo sviluppo. Il discorso su autonomia e identità è stato suddiviso in tre parti: in prima istanza le tesi di Jürgen Habermas e John Harris sulla mancanza di autonomia e identità e la conseguente infelicità degli individui geneticamente modificati – in particolare, in tal occasione s'è parlato di ibridi – hanno trovato riscontro nella tragica storia di Tetsuo in Akira di Otomo Katsuhiro; suddette mancanze sono state poi ritrovate anche nelle figure di Ayanami Rei in Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno e Tima in Metropolis di Rintaro, sbilanciando il dibattito immaginato da Paolo Vezzoni in favore dei contrari alla clonazione riproduttiva; in chiusura è stato dimostrato, attraverso l'analisi Ghost in the Shell (primo e secondo capitolo) di Oshii Mamoru, che la cibernetica sta offese – innaturali non meno che naturali – che sono retaggio della carne. Ma il fatto che non possiamo provvedere a tutto non è mai stato un buon motivo per non impegnarci in compiti più limitati, specialmente quando è in gioco qualcosa che causa dolore, infelicità e morte prematura.» (Ivi, pp. 201-202, trad. it. di Rodolfo Rini, Wonderwoman e Superman – Manipolazione genetica e futuro dell'uomo, cit., pp. 291-292.)

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stravolgendo

l'assetto

sociale

e

psicologico-individuale

dell'umanità,

diventando

parte

imprescindibile della vita quotidiana, ridefinendo radicalmente i concetti di autonomia, identità e privacy, diventando pertanto un nodo importante della riflessione bioetica. Infine si è discusso dello statuto psicologico degli individui appartenenti alla new breed, analizzando la figura di Ikari Shinji in Neon Genesis Evangelion. Benché le patologie mentali del personaggio, espresse attraverso le sue insicurezze e un anomalo sviluppo della propria sessualità, confermino i timori di Hans Jonas e Ronald Dworkin riguardo l'assoggettamento della nuova umanità “artificiale” schiava morale dei suoi fattori, John Harris ribadisce l'importanza di ricorrere alla scienza per migliorare quanto più possibile le condizioni di salute della specie, senza naturalmente tralasciare tutti gli altri problemi che affliggono la società e il mondo. La riflessione potrebbe proseguire in futuro con l'approfondimento del rapporto tra metafisica e bioetica nella fantascienza giapponese, attraverso lo studio del misticismo orientale e il confronto con quello occidentale, soprattutto quel misticismo giudaico che ha tanto ispirato autori come Oshii Mamoru e Hideaki Anno; lo scopo sarebbe arrivare a una definizione unica, univoca e assoluta dell'ʻanima della Terraʼ, valida tanto sul piano scientifico, quanto su quello spirituale. Inoltre il discorso sui rapporti politici tra Giappone e Stati Uniti d'America potrebbe essere integrato con l'analisi dell'anime fantapolitico Code Geass, che ripropone in un futuro lontano le dinamiche della dittatura culturale e dei suoi effetti sulla popolazione autoctona; l'analisi del rapporto tra umanità e scienza potrebbe invece proseguire ulteriormente attraverso il commento di Full Metal Alchemist, che affronta il problema della proporzionalità tra le possibilità dell'uomo e la consapevolezza delle conseguenze delle sue azioni immaginando un universo parallelo, dove gli uomini possono intervenire sulla materia, vivente e non, con l'alchimia (sintesi di scienza e magia). È importante concludere con un ulteriore chiarimento: i film analizzati presentano scenari e racconti tragici; ciò non è ovviamente finalizzato a instillare negli spettatori sfiducia nell'uomo e nelle sue possibilità, bensì per spingerli a interrogarsi attivamente su di esse. Come già spiegato (cfr. il capitolo 4), nell'elaborazione della sua ʻetica della responsabilitàʼ, Hans Jonas spiega che è l'immaginazione a rendere gli individui coscienti delle proprie responsabilità per l'appunto, immaginazione inibita dalla disumanizzazione e dalla distanza – ovvero il pensar troppo nei termini di presente e poco in quelli di futuro, – immaginazione che solo la paura può sbloccare: si parla di ʻeuristica della pauraʼ, attraverso la quale è possibile stabilire un canale comunicativo tra il senso di responsabilità dell'umanità e il suo ʻessere sull'orlo dell'abissoʼ (per usar le parole di Jonas), ed è proprio in tal direzione che si muove non solo il cinema d'animazione giapponese, ma tutta la fantascienza distopica dai tempi di Fritz Lang e il suo Metropolis (1927). 31

fig. 17: Immagine di presentazione di Anno Hideaki, A te il mio animo sincero, in Neon Genesis Evangelion – The end of Evangelion (1997). Il nuovo mondo fondato da Ikari Shinji, sorto dalle ceneri dell'umanità, conclude la riflessione, spingendo i lettori a proseguirla da sé.

Si ritiene quindi necessario che l'Accademia, nel significato platonico del termine, s'incarichi di raccogliere un'assemblea il più ampia possibile per discutere d'argomenti di etica pubblica, e si propone, a tal fine, il linguaggio artistico come chiaro, completo e soprattutto universale.

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MATERIALE DI LAVORO 1. Fonti letterarie DICK, Philip K., Do Androids Dream of Electric Sheep? (1968), New York: Doubleday, trad. it. di Riccardo Duranti, Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (2000), Roma: Fanucci Editore. FOLLETT, Ken, The Third Twin (1996), New York: Crown Publisher, trad. it. di Annamaria Raffo, Il terzo gemello (2015), Milano: Mondadori, collana Oscar Mondadori. HUXLEY, Aldous, Brave New World (1932), Londra: Chatto & Windus, trad. it. di Roberto Cruciani, Prode mondo nuovo / Ritorno a Prode mondo nuovo (2015), Viterbo: Massari Editore. 2. Fonti cinematografiche: AKEHI, Masayuki, Il Grande Mazinga, Getta Robot G, UFO Robot Goldrake contro il Dragosauro (1979), distribuzione italiana di Dynamic Italia, Tokyo: Toei Animation. ANNO, Hideaki, Neon Genesis Evangelion – Death and rebirth (1997), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: Studio Gainax. ANNO, Hideaki, Neon Genesis Evangelion – The end of Evangelion (1997), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: Studio Gainax. ANNO, Hideaki, Evangelion – You are (not) alone, (2007), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: Studio Khara. ANNO, Hideaki, Evangelion – You can (not) advance, (2009), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: Studio Khara. ANNO, Hideaki, Evangelion – You can (not) redo, (2012), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: Studio Khara. MIYAZAKI, Hayao, Nausicaä della valle del vento (1984), distribuzione italiana di Lucky Red, Tokyo: Studio Ghibli. OSHII, Mamoru, L'uovo dell'angelo (1985), Tokyo: Studio Deen e Tokuma Shoten. OSHII, Mamoru, Ghot in the Shell 2.0 (2008), restauro di Ghost in the Shell (1995), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: I.G. OSHII, Mamoru, Ghost in the Shell 2 – Innocence (2012), restauro di Ghost in the Shell 2 Innocence (2004), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: I.G. OTOMO, Katsuhiro, Akira (1988), distribuzione italiana di Dynit, Tokyo: Akira Committee Company. RINTARO, Metropolis (2001), distribuzione italiana di Columbia Tristar, Tokyo: Madhouse.

SAKAGUCHI, Hironobu e SAKAKIBARA, Moto, Final Fantasy – Spirit within (2001), distribuzione italiana di Columbia Tristar, Tokyo: Square Studio. TAKAHATA, Isao, Pom Poko (1994), distribuzione italiana di Lucky Red, Tokyo: Studio Ghibli. 3. Studi: BAZZI, Adriana e Vezzoni, Paolo, Biotecnologie della vita quotidiana (2000), Bari: Laterza, 2003. BENCIVENNI, Alessandro, Hayao Miyazaki – Il dio dell'anime (2011), Genova: Le mani. HABERMAS, Jürgen, Die Zukunft der menschlichen Natur – Auf dem Weg zu einer liberalen Eugenik? (2001), Francoforte sul Meno: Suhrkamp Verlag, a cura di Leonardo Ceppa, Il futuro della natura umana – i rischi di una genetica liberale (2010), Torino: Einaudi. HACKETT, David P., An assessment of the Basel Convention on the control of transboundary movements of hazardous wastes and their disposal (1989-1990), in http://heinonline.org, ultima consultazione il 29 agosto 2015. HARRIS, John, Wonderwoman and Superman – The ethics of human biotechnology (1992), Oxford: Oxford University Press, 1993, trad. it. di Rodolfo Rini, Wonderwoman e Superman – Manipolazione genetica e futuro dell'uomo (1997), Milano: Baldini&Castoldi. IACONO, Alfonso M., Introduzione in Hans Jonas, Cybernetics and Purpose: A critique (1953), New York: Social Research, n. 20, a cura di Marzia Campanelli, La cibernetica e lo scopo: una critica (1999), Pisa: Edizioni ETS. JONAS, Hans, Cybernetics and Purpose: A critique (1953), New York: Social Research, n. 20, a cura di Marzia Campanelli, La cibernetica e lo scopo: una critica (1999), Pisa: Edizioni ETS. LALATTA COSTERBOSA, Marina, Una bioetica degli argomenti (2012), Torino: G. Giappichelli Editore. NOVIELLI, Maria Roberta, Animerama – Storia del cinema d'animazione giapponese (2015), Venezia: Marsilio Editori. VEZZONI, Paolo, Si può clonare un essere umano? (2003), Bari: Laterza. 4. Approfondimenti: ARENA, Romina, Giappone, baia di Minamata: un disastro ambientale dimenticato (2011), in http://www.ilcambiamento.it, ultima consultazione il 30 agosto 2015. BARICORDI, Andrea, DE GIOVANNI, Massimiliano, PIETRONI, Andrea, ROSSI, Barbara e TUNESI, Sabrina, Anime – Guida al cinema d'animazione giapponese (2013), Ferrara: Kappalab.

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