Caruso_CONTEMPORANEA.pdf

May 23, 2017 | Autor: Rossella Caruso | Categoria: Art Installations, Performance Art and Art Happenings, Francesca Woodman
Share Embed


Descrição do Produto

Spadar Dal Canton Sbrilli Righetti Pesci Schiaffini Pancotto Schiaffini Caruso Fonti Carrera ambianchi Gavrilovich Rinaldi De Mar Cassanelli Barilli Volpi Orlandini Perna Liberati Zambianchi Aniello Ricciard Masina Broo Bindella Giorgini Subrizi Coen Gall ernabei Cieri Via Bartorelli Bilardello Nigro Benzi Mitrano Bordi

Righetti Mitrano Schiaffini NigroGiorgini Zambianchi Contemporanea Cassanelli Scritti di storia dell’arte per Jolanda Nigro Covre Liberati Masina Fonti Bernabei Cieri Via Bilardello Schiaffini Messina Volpi Orlandini Dal Canton Righetti Aniello Sbrilli Pesci Carrera Ricciardi Gavrilovich Brook Perna Caruso Gallo Barilli Zambianchi Spadaro Bindella Subrizi Pancotto Bartorelli Rinaldi De Marco Bordini Benzi Campisano Editore a cura di Ilaria Schiaffini Claudio Zambianchi

Saggi di storia dell’arte

Il volume è stato pubblicato con il contributo del Magnifico Rettore e del Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo, Sapienza Università di Roma

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda le fonti iconografiche e letterarie non individuate. Progetto grafico

Gianni Trozzi © copyright 2013 by Campisano Editore Srl 00155 Roma, viale Battista Bardanzellu, 53 Tel +39 06 4066614 - Fax +39 06 4063251 [email protected] www.campisanoeditore.it ISBN 978-88-98229-10-9

Contemporanea Scritti di storia dell’arte per Jolanda Nigro Covre

a cura di Ilaria Schiaffini Claudio Zambianchi

Campisano

Editore

Indice

p. 9

Prefazione Marina Righetti

11

Introduzione Ilaria Schiaffini, Claudio Zambianchi

13

Leonardiana Luciana Cassanelli

21

Requeno, Lorgna, Gerli e Reiffenstein. Fonti e trattatistica per una storia materiale dell’encausto Alessandro Liberati

33

Le esposizioni universali come luogo di creatività diffusa Lucia Masina

39

Divagazioni dell’estetica positivistica: memoria e immaginazione in Arturo Graf Franco Bernabei

47

«Un’orrida convulsione di una rana decapitata». Riflessioni dall’archivio di Aby Warburg Claudia Cieri Via

59

C’è nero e nero: Seurat e il disegno Enzo Bilardello

71

Collage di Gauguin Maria Grazia Messina

77

Sogno di un abbraccio di amanti: un’iconografia tra Previati, Delville e De Carolis Giuseppina Dal Canton

83

«Certi effetti di sonorità misteriose e profonde». Teoria e tecnica nelle incisioni di Vittore Grubicy de Dragon Flavia Pesci

91

Otto Greiner pittore. Una fonte per Sartorio e Boccioni Manuel Carrera

99 105 111

119

I maestri russi del giovane Vasilij Kandinskij: un percorso di ricerca Donatella Gavrilovich Cˇiurlionis dall’astratto al concreto Renato Barilli La «cosa in sé»: qualche spunto su un tópos della critica d’arte del primo Novecento Claudio Zambianchi Quatre histoires en blanc et noir. La xilografia di František Kupka Marina Bindella

127

Discontinuità nel modernismo: il caso della Société Anonyme Carla Subrizi

139

Un’ospitalità fraterna. Umberto Boccioni a Giovanni Prini e Orazia Belsito Ester Coen

147

Il futurista pensa al passato: uno specchietto storico negli scritti di Boccioni e il posto che vi occupa Rembrandt. Breve traccia Guido Bartorelli

155

Giacomo Balla: Compenetrazioni iridescenti e Velocità astratte. Un percorso verso l’astrazione futurista Fabio Benzi

167

Roma, aprile 1917: le due serate di Giacomo Balla al Costanzi. Qualche precisazione sulla scenografia plastica per Feu d’artifice Alessandro Nigro

175

Modello femminile e ideologia futurista. Contraddizioni e avanguardismi Ida Mitrano

183

Ru°žena Zátková. Un’artista boema fra tradizione e avanguardia Marina Giorgini

193

Scambi nell’avanguardia europea degli anni Venti: Vinicio Paladini, Karel Teige e il fotomontaggio Ilaria Schiaffini

203

Carlo Levi negli anni di Parigi: Waldemar George e la questione della poesia etnica ebraica Daniela Fonti

213 223 237 247 253 261 267

275 283 291 301 309 319

Rêveries germaniques. Il Romanticismo nordico nell’opera di Joseph Cornell Antonella Sbrilli Premesse e caratteri del collezionismo d’avanguardia negli Stati Uniti Marisa Volpi Orlandini «Il liberarsi di un canto». Afro e Petrassi tra musica e pittura Barbara Aniello Dall’Abruzzo alla Swinging London: sotto il segno dell’epressione astratta Maria Cristina Ricciardi Una pagina in altezza su un lembo di cielo. Noël, Novelli, Twombly e l’onda lunga di Mallarmé Marco Rinaldi La scultura di Alicia Penalba Carolina Brook Natura e problematiche della fotografia di opere effimere. Lo Zodiaco di Gino De Dominicis nelle foto di Claudio Abate e Fausto Giaccone Raffaella Perna Performance e arti figurative in Italia: metodi, generi e temi in dialogo Francesca Gallo Francesca Woodman: installazioni e blueprints (1978-1980) Rossella Caruso Luigi Ontani e i suoi simboli Liliana Spadaro Nuovi sapienti Pier Paolo Pancotto Intorno a Cees Nooteboom e José Saramago. Quando la scrittura di finzione presta le parole al dibattito artistico contemporaneo Gabriella De Marco Erbe d’artista Silvia Bordini

APPARATI 327 333

Elenco delle pubblicazioni di Jolanda Nigro Covre Indice dei nomi

Francesca Woodman: installazioni e blueprints (1978-1980) 1 Rossella Caruso

È opinione condivisa che gli strumenti metodologici a disposizione dello storico dell’arte possano rivelarsi inadeguati nello studio della contemporaneità più prossima. Le opere non ancora storicizzate soffrono di un’indeterminatezza stilistica e di una seppur temporanea assenza di riferimenti teorici, e per definizione sono prive di quella distanza prospettica che, anche se in modo anacronistico, contribuisce a sostanziarle. Tuttavia – come sostiene Didi-Huberman – in un’immagine recente (contemporanea), coesistendo la complessità di tempi eterogenei, il passato non smette mai di riconfigurarsi poiché «siamo noi l’elemento fragile, passeggero [...]», mentre «L’immagine ha spesso più memoria e più avvenire di colui che la guarda» 2. La definizione interpretativa del percorso di un artista nella sua totalità può a sua volta risentire del trascorrere del tempo, specie se tale lavoro è inscritto in un sistema di relazioni criticamente irriducibili e dunque tendenzialmente aperto a nuove letture e ulteriori approfondimenti. Come a dire che, a fronte della natura astorica ma feconda dell’opera d’arte contemporanea, il relativo esercizio indagativo compiuto attraverso la scrittura («scrivere sull’arte vuol dire innanzitutto scrivere» 3) è inevitabilmente contingente e più vulnerabile, anche se autentico nelle intenzioni e nella scrupolosità dei dati documentali. L’analisi delle opere di Francesca Woodman (1958-1981) ha posto varie di queste questioni, anche in considerazione di una singolare precocità dell’artista americana e di un corpus di lavori (fotografie, blueprints, video, disegni) – in buona parte e per lungo tempo inedito – che tuttora lascia ampio spazio all’esercizio ermeneutico; sia nella dimensione diacronica e nei rimandi stilistico-concettuali, sia nella considerazione unitaria di una poetica che mette in campo non soltanto il mezzo foto-

284 ROSSELLA CARUSO

grafico. Senza omettere di menzionare alcune delle più recenti posizioni critiche – certamente da condividere e in linea con riflessioni già enunciate 4 – che oppongono a una tendenziale univocità interpretativa, per lo più esercitata su un numero troppo esiguo di fotografie, il dato persistente di una complessiva elusività del lavoro di Woodman 5. Dal 1986 – anno di pubblicazione del primo catalogo monografico (Francesca Woodman: Photographic Work) curato da Ann Gabhart in occasione delle mostre al Wellesley College Museum (MA) e poi all’Hunter College di New York – l’attenzione degli studiosi si è rivolta principalmente a una parte della produzione fotografica, connotata dalla ricorrenza autorappresentativa dell’artista e da stampe di piccolo formato (riferibili all’uso di una macchina fotografica Yashica Mat twinreflex che produceva negativi quadrati 6). Inoltre, nei due decenni successivi alla sua scomparsa, non si è tenuto adeguatamente conto di una processualità che è parsa in seguito distintiva del suo lavoro creativo. Nella scelta delle opere per i numerosi eventi espositivi, ad esempio, alcuni gruppi di fotografie concepiti secondo una modalità seriale o compositiva – intenzionale ma non necessariamente narrativa – sono stati occasionalmente smembrati a favore di libere associazioni di temi e motivi, lasciando che le ragioni curatoriali prevalessero sui criteri allestitivi suggeriti dalle opere. Più in generale, non si è colta nel rapporto stringente tra alcune immagini la singolare interscambiabilità esecutiva tra il mezzo fotografico, il video e la stampa cianografica (blueprints), e si è sorvolato sulla sequenzialità di alcuni scatti appartenenti allo sviluppo di idee progettuali presenti nei diari personali, e nella corrispondenza indirizzata da Woodman agli amici e ai famigliari. Si è portati invece a ritenere che la straordinaria compiutezza dei primi esiti discenda proprio da un’abile coerenza progettuale, declinata attraverso mezzi espressivi diversi. Nella sua ricerca Francesca Woodman ha sperimentato sin dall’inizio un’immedesimazione proiettiva già controllata nei rapporti spaziali e percettivi tra osservatore e oggetto/soggetto fotografico. E l’impiego disinvolto del proprio corpo – raramente vestito e invece carico di inquietudini esistenziali e di genere – ha rappresentato in una duttile opacità proprio lo strumento più idoneo, come lei stessa ha dichiarato, determinando nello spettatore un’accentuata attivazione dei meccanismi di proiezione. Al punto che è piuttosto agevole riconoscere come alcuni scatti di Woodman trattengano e misurino la cinematica e la performatività di una personale esplorazione spaziale e di un continuo

285 FRANCESCA WOODMAN: INSTALLAZIONI E BLUEPRINTS (1978-1980)

processo identificativo: dallo schiacciamento corporeo, contro superfici fisiche compatte, trasparenti o riflettenti, all’estesa dispersione nella natura. Dove ai due estremi troviamo la frontalità assoluta dell’autoritratto con il certificato di nascita (New York, 1980-81) 7 e l’inusuale dimensione installativa di progetti come Tree Piece e Temple, entrambi del 1980. Al 1978 risale la mostra personale dal titolo Swan Song, allestita dall’artista alla Woods-Gerry Gallery (16-22 novembre) – all’interno di un’ex residenza dell’Ottocento – in occasione del conseguimento del BFA presso la Rhode Island School of Design di Providence, sede dell’esposizione. Solo di recente la critica si è soffermata sulla straordinarietà di questo progetto, anche se le prime riproduzioni di un paio di immagini a colori che ne documentano l’allestimento erano già apparse all’inizio del 2000 negli apparati del catalogo della mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma (2 febbraio - 27 marzo) 8. In un unico ambiente della galleria, caratterizzato da pavimentazione in legno, pareti chiare e alti soffitti a cassettoni decorati a stucco, Woodman dispone un gruppo di opere liberamente ispirate all’opera letteraria di Marcel Proust (fig. 115). Le stampe in bianco e nero, prive di cornice, sono collocate in modo arbitrario in corrispondenza delle diverse altezze delle pareti perimetrali, escludendo proprio quella canonica: le fotografie quadrate di ampio formato (all’incirca un metro per un metro) sono situate in posizione angolare, a qualche decina di centimetri dalla cornice bianca del soffitto, o addossate a uno degli accessi dell’ambiente espositivo; le altre molto più piccole, approssimativamente formato cartolina, segnano in lunghezza il margine superiore del battiscopa. La disposizione affiancata e angolare delle grandi fotografie può ricordare alcune sperimentazioni compiute negli anni Dieci dai protagonisti delle avanguardie russe, ma sembra più appropriato valutare ciò che dell’astrattismo costruttivista è stato mediato dal minimalismo (ad esempio da Dan Flavin e Richard Serra, frequentato quest’ultimo quale amico dei genitori), riconoscendo alla giovane artista statunitense una notevole consapevolezza. Si tratta nel complesso di un’installazione che, richiedendo una partecipazione attiva dell’osservatore, impegnato in un’esplorazione fisica dello spazio nella sua totalità, esaspera nelle distanze il rapporto dialettico con l’architettura. Laddove, invece, all’interno delle immagini fotografiche, l’eccentricità della grammatica espositiva è rinserrata in un ordine compositivo per fasce orizzontali e nella presenza narrativamen-

286 ROSSELLA CARUSO

te ridondante di una banda bianca, in asse con le linee architettoniche. Questo elemento geometrico corrisponde in realtà al piano d’appoggio del corpo nudo dell’artista, fotografato dall’alto con l’autoscatto (in alcune stampe si vede il filo dello scatto remoto) e non scorciato in funzione di una visione prospettica dal basso. Il corpo stesso, circondato da oggetti personali o familiari all’atlante immaginativo di Woodman, disegna direzioni e andamenti obliqui richiamati nelle piccole fotografie: stampe su supporto trasparente che lasciano intravedere le scritte a mano delle pagine di quaderno sottostanti, come quelle presenti nel Quaderno dei Dettati e dei Temi (uno dei cinque quaderni fotografici realizzati dall’artista), ma con la ricorrenza di teste femminili affiancate in ritmi binari. Nelle grandi stampe la planarità è data tuttavia dalla prassi esecutiva: Woodman esegue questi scatti nella darkroom della Rhode Island School of Design (RISD) collocando la lente fotografica in un buco ricavato, o forse già presente nel soffitto. Anche l’uso strumentale del proprio corpo – il cui volto è sempre celato o rovesciato, a vantaggio del busto e degli arti – sarebbe nella logica di un sistema prospettico e di un paradigma ornamentale 9 giocati su diverse polarità: superficie/profondità, alto/basso, parallelo/obliquo, visibile/invisibile. «Come se il montaggio precedesse l’immagine, come se la mostra precedesse il dipinto, come se il globale inventasse il locale. Come se il montaggio e la mostra inventassero letteralmente la forma [...]» 10. Non si vuole con questo porre ai margini le connotazioni simboliche e la varietà delle suggestioni iconografiche presenti in Woodman; né si ritiene che la costante presenza di elementi autoreferenziali sia accessoria. Nondimeno si osserva come l’aver troppo insistito sui medesimi argomenti, volendo perseguire un biografismo morboso e fallace, abbia impedito ad alcuni di cogliere l’autentica complessità del lavoro della giovane artista, compromettendone la corretta valutazione estetica. Riflessi invece dell’urgenza creativa all-over presente in Swan Song, spinta ben oltre la stampa pellicolare e lo specifico fotografico – per altro insufficiente per inquadrare storicamente il percorso di Francesca Woodman – si rintracciano nella sperimentazione avviata a New York all’inizio del 1980 attraverso un nuovo medium: la cianografia (blueprint o anche diazotype), e mediante due distinti procedimenti. Composizioni di immagini fotografiche in positivo (pellicola di 10 × 13 cm) su carta lucida – come quella usata dagli architetti –, ad esempio per la straordinaria sequenza Bridges and Tiaras; oppure immagini

287 FRANCESCA WOODMAN: INSTALLAZIONI E BLUEPRINTS (1978-1980)

proiettate da diapositive per ore, in camera oscura, su grandi fogli di carta (disponibili in rotoli da 1 × 25 m) e poi processate attraverso una specifica macchina e con l’assistenza di un tecnico, come nel caso delle Cariatidi per il Temple, in scala monumentale. Anche Tree piece (1980, ogni singolo elemento 91,4 × 203,2 cm), titolo dell’installazione nel bosco di betulle realizzata durante la residenza estiva alla McDowell Colony (Peterborough, New Hampshire), rappresenta una delle applicazioni di questo secondo procedimento, messo in atto dall’artista nello studio newyorkese del padre, come racconta dettagliatamente proprio George Woodman 11 (fig. 116). Si tratta della riproduzione cianografica in color seppia delle gambe di un tavolo da pranzo e delle sedie della casa dei genitori, che attestano di un imprinting procedurale attraverso il quale Woodman isola e traspone elementi di un’intima realtà: «It’s very hot and I am sitting on the floor by the window. Looking through the table legs + chair legs I try to think about trees, about the woods. I want to return the wooden table legs to the woods from whence they came» 12. Perché la natura possa essere metaforicamente risarcita, le immagini dei sostegni in legno, sovradimensionate ma sbiadite, devono frapporsi all’assialità dei tronchi, fluttuare come lenzuola al vento e contrapporre la propria impermanenza all’equilibrio biologico del bosco. Ma le cianografie, che hanno diversi formati e un’estesa gamma cromatica utilizzata ampiamente da Woodman (da un blu freddo al marrone-arancio), sono materialmente fragili e deperibili, aspetto che per molto tempo ne ha condizionato l’esposizione. E anzi, nell’installazione alla McDowell Colony la colorazione fané è piuttosto funzionale al raggiungimento di un contrasto, nell’alternanza con la flagrante saturazione dei verdi della vegetazione. In un appunto scritto a mano sul retro di un blueprint che riproduce la pianta di un appartamento – conservato nell’archivio di New York (The Estate of Francesca Woodman) – Woodman fa proprio riferimento alla peculiarità del procedimento cianografico e alle eventuali opportunità offerte dal suo impiego: «[...]. It looks like a big prehistoric bird and I think about it a lot at home although I don’t know when my own work and this machine will cross paths». Si tratta di un documento che attesterebbe l’inizio dell’interesse per questo modo di impressionare i negativi: «a machine that take[s] pictures on microfilm». Un procedimento che, nel significato attribuitogli dall’artista, avrebbe come risultante un’immagine preistorica, un fossile,

288 ROSSELLA CARUSO

un’impronta: ciò che resta di un tempo remoto e dunque qualcosa di fortemente evocativo. Pur essendo Woodman lontana dalla cosiddetta cultura pop, e dalle relative strategie estetiche («pop culture was just not in her radar» 13), i suoi blueprints ricordano per alcuni aspetti le sperimentazioni compiute nello stesso ambito da Robert Rauschenberg: le cianografie degli anni Cinquanta, avendo in sé la stessa natura ontologica di traccia; e le serigrafie del Warhol di Death & Disasters, per l’andamento seriale e ridondante, e non per l’effetto “bassa qualità” da rotocalco. Nel ritmo visuale di Bridges and Tiaras (prima elaborazione nel gennaio del 1980), ad esempio, l’impronta monocromatica della cianografia è al servizio di una composita (decorativa) variazione di due motivi, apparentati nella forma ma non nelle dimensioni: ponti in ferro e tiare, in un continuum di archi e corone dai profili molto disegnati, che si susseguono alternandosi come in una Suite di Bach (fig. 117). In queste successioni zigzaganti – Zig Zag è proprio il titolo di un altro blueprint color seppia del 1980 – si perde la specificità degli oggetti riprodotti (drappi, mobili, corpi, mani e gambe di bambino) a vantaggio di un’elegante astrattezza che fa prevalere le textures, mettendo insieme in un’originale tassonomia elementi formali appartenenti a cose e generi diversi. È soltanto per un’imponderabile sensazione che a queste immagini dalle tonalità calde e morbide dei seppia si associa il fascino sorprendente delle stereoscopie dell’Ottocento. Come per quest’ultime è richiesta una visione individuale e paziente, perché ciò che si presenta all’attenzione dello sguardo possa rivelare completamente il proprio mistero. Così è in Head on a Rug (92,7 × 317,5 cm) – letteralmente una testa femminile sopra un tappeto dai motivi floreali – dove il richiamo alla frontalità aprospettica dei mosaici bizantini è impercettibilmente interrotto dal camouflage di due corolle di fiori, veri, e dalla poetica apparizione delle dita di una mano destra: «l’elemento del contatto rimane una garanzia di unicità, di autenticità [...]» 14. Per il Temple Woodman lavora ancora su un altro registro: un collage di ventinove blueprints a comporre un’opera monumentale (457,2 × 304,8 cm; The Metropolitan Museum of Art, New York) (fig. 118). Nella genesi di questo lavoro permane un disegno progettuale che ha in conto sia le esperienze dirette – a circa sedici anni visita l’Acropoli di Atene – sia un’ampia conoscenza delle arti visive, precocemente introiettata; in aggiunta a una particolare disinvoltura nell’impiega-

NOTE Questo contributo rappresenta un ulteriore approfondimento del lavoro di Francesca Woodman, già avviato alla fine degli anni Novanta e finalizzato inizialmente alla selezione delle opere per la rassegna monografica al Palazzo delle Esposizioni di Roma: Francesca Woodman. Providence, Roma, New York, 2 febbraio - 27 marzo 2000. Come allora (autunno ’99), mi è stata data la straordinaria opportunità di lavorare nell’archivio dell’artista a New York (The Estate of Francesca Woodman), dove sono tornata lo scorso anno per approfondire alcuni temi, verificare ipotesi e documenti, proprio in occasione della retrospettiva organizzata al Solomon R. Guggenheim Museum (16 marzo - 15 giugno 2012). E mentre era esposta una selezione di blueprints alla Marian Goodman Gallery di New York, e il monumentale Blueprint for a Temple al Metropolitan Museum of Art (già donato al museo nel 2001 da George e Betty Woodman). Ringrazio pertanto Betty e George Woodman per la piena disponibilità e la libera concessione alla riproduzione delle immagini a illustrazione del testo; e la conservatrice dell’archivio Katarina Jerinic, per l’altrettanto affettuosa e competente collaborazione. 2 G. Didi-Huberman, Devant le temps. Histoire de l’art et anachronisme des images, Paris 2000; trad. it. di S. Chiodi, Storia dell’arte e anacronismo delle immagini, Torino 2007, p. 13. 3 Ivi, p. 155. 4 R. Caruso, Riflessi nell’ombra. Ritratti e camouflage nell’opera fotografica di Francesca Woodman, in Autobiografia/Autoritratto, Catalogo della Mostra a cura di L. Iamurri (Museo Hendrik Christian Andersen, 26 ottobre 2007 - 20 gennaio 2008), Roma 2007. 5 J. Bryan-Wilson, Blurs: Toward a Provisional Historiography of Francesca Woodman, in Francesca Woodman, Catalogo della Mostra a cura di C. Keller, (San Francisco, San Francisco Museum of Modern Art, 5 novembre 2011 - 20 febbraio 2012), San Francisco 2011. 1

289 FRANCESCA WOODMAN: INSTALLAZIONI E BLUEPRINTS (1978-1980)

re fonti appartenenti a epoche diverse, senza che queste perdano la propria aura. Nell’impasto sfumato e bluastro delle cianografie per il Temple, efficace per una lettura introspettiva e fuori dal tempo, l’ispirazione non è né propriamente classica, né unica. I particolari decorativi di vecchi bagni newyorkesi, fotografati negli appartamenti degli amici, possono convivere con la messa in scena di modelle (incarnate), drappeggiate come le cariatidi dell’Eretteo e altrettanto maestose: «Bathrooms with classical inspiration are often found in the most squalid and chaotic parts of the city. They offer a note of calm and peacefulness like their temple counterparts offered to wayfarers in Ancient Greece», annota la stessa Woodman 15. Ancor più se l’ipotesi sulla presenza nei marmi del Partenone di «calchi dal vero» 16 – già avanzata nel primo Ottocento e verificata in seguito anche su altre sculture – non appare impropria e meramente suggestiva, ma invece consona a quelle pratiche del contatto (aptica) che anche Woodman invera, nutrendo di realtà e immaginario ciò che sarebbe soltanto rappresentazione.

290 ROSSELLA CARUSO

C. Keller, ivi, p. 179. R. Caruso, Riflessi nell’ombra..., cit., p. 74. 8 Francesca Woodman. Providence, Roma, New York, Catalogo della Mostra a cura di R. Caruso e C. Casorati, (Roma, Palazzo delle Esposizioni 2 febbraio - 27 marzo 2000), Roma 2000, p. 209. 9 M. Carboni, L’ornamentale tra arte e decorazione, Milano 2001. Considerazioni sulla dimensione ornamentale in Francesca Woodman già in R. Caruso, Camere con vista interna, in Francesca Woodman, Catalogo della Mostra a cura di M. Pierini, (Siena, Santa Maria della Scala, 25 settembre 2009 - 10 gennaio 2010), Cinisello Balsamo, Milano 2009. 10 G. Didi-Huberman, La Ressemblance par contact. Archéologie, anachronisme et modernité de l’empreinte, Paris 2008; trad. it. di C. Tartarini, La somiglianza per contatto. Archeologia, anacronismo e modernità dell’impronta, Torino 2009, p. 36. 11 G. Woodman (con K. Jerinic), in Francesca Woodman: The Blueprints, Catalogo della Mostra, (New York, Marian Goodman Gallery, 1 marzo - 28 aprile 2012), New York 2012. 12 Ivi. 13 B. Berne, To Tell the Truth, in Francesca Woodman: Photographs 1975-1980, Catalogo della Mostra a cura di B. Berne e B. Buchloh, (New York, Marian Goodman Gallery, 12 ottobre - 13 novembre 2004), New York 2004. 14 G. Didi-Huberman, La Ressemblance par contact. Archéologie, anachronisme et modernité de l’empreinte, cit.; trad. it. cit., p. 68. 15 G. Woodman (con K. Jerinic), in Francesca Woodman: The Blueprints, cit. 16 G. Didi-Huberman, La Ressemblance par contact. Archéologie, anachronisme et modernité de l’empreinte, cit.; trad. it. cit., p. 145. 6 7

115. Particolare dell’installazione Swan Song, Woods-Gerry Gallery, Rhode Island School of Design, 1978. Courtesy George e Betty Woodman 116. Veduta dell’installazione Tree Piece, McDowell Colony, Peterborough, New Hampshire, 1980. Courtesy George e Betty Woodman 117. F. Woodman, Small sketch for a piece about bridges and tiaras, 1980. Courtesy George e Betty Woodman 118. F. Woodman, Temple, 1980, The Metropolitan Museum of Art, New York. Courtesy George e Betty Woodman

Lihat lebih banyak...

Comentários

Copyright © 2017 DADOSPDF Inc.