catalogo mostra.pdf

May 22, 2017 | Autor: Paolo Valerio | Categoria: Contemporary Art, Stigma, Gender Roles, Gender Identity
Share Embed


Descrição do Produto

paolo valerio

gender roles, gender cages and surroundings

paolo valerio

gender roles, gender cages and surroundings a cura di Raffaele Loffredo Castel dell’Ovo - Salone delle carceri 12 luglio 2016 > 10 agosto 2016

Indice Alain Giami introduzione

pag. 7

Alessandra Pacelli prefazione

pag. 16

Paolo Valerio about me

pag. 22

Raffaele Loffredo postfazione

pag. 42

Indice delle opere

pag. 48

Paolo Valerio: le gabbie del genere La prima volta che ho incontrato il Professore Paolo Valerio, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, è stato durante un congresso internazionale di sessuologia svoltosi in Portogallo. Fin dal primo scambio di sguardi, ho capito che il professore non era per nulla ordinario, anzi tutt’altro. La sua riflessione teorica, il suo lavoro di scrittura, il coordinamento di un’équipe di psicologi all’Università, fanno di lui, indubbiamente, un grande professore. Ma, al di là di questo, Paolo è un uomo instancabilmente impegnato nelle battaglie contro le discriminazioni e a favore dell’eguaglianza degli esclusi – che si tratti di gay o lesbiche, di trans* o di persone disabili. Egli dirige alcune strutture di aiuto psicologico e di accompagnamento finalizzate a garantire l’eguaglianza di queste persone. È altresì molto impegnato nelle associazioni politiche che

costituiscono delle lobbies intellettuali e di professionisti che cercano di promuovere nella realtà sociale questa eguaglianza, e sono impegnate ad abbattere gli ostacoli psico-sociali, giuridici e medici che vi si oppongono. Al di là di tutte queste attività che occupano l’intera settimana e talvolta anche i week-end, Paolo è un uomo elegante. Elegante nelle sue idee espresse con garbo ma sempre con forza, elegante nell’abbigliamento, attento sempre ad associare i colori, le materie e i tessuti che gli conferiscono una considerevole invisibilità per chi sa osservarlo da vicino. Il segreto della vitalità di Paolo è altrove: lo Scoglio. Una vecchia struttura balneare, un po’ sfiorita, costruita negli anni cinquanta a Pozzuoli che Paolo frequenta assiduamente ogni fine settimana quando resta a Napoli. In questo luogo, tenuto segreto, affinché non sia frequentato da troppe persone, si ritrova con un gruppo

di amici di vecchia data, in tutte le stagioni – sole, vento o pioggia – per trascorrere insieme il tempo… Tutti insieme passano il tempo immersi in vasche piene di acque minerali a 40 gradi, passeggiano sulla spiaggia o si bagnano nelle acque del mare, mangiano, bevono, si riposano, dormono e sempre… conversano tutto il tempo, ascoltando gli altri e scambiandosi opinioni. Il gruppo di amici è il più eterogeneo possibile. Comprende, infatti, intellettuali, burocrati, commercianti, artisti, operai, persone intelligenti e semplici, gentili e talvolta anche antipatiche. Un vero microcosmo della società napoletana – soprattutto maschile – si ritrova e si rigenera in questo luogo magico. Benché egli occupi un posto centrale in questa confraternita – molto organizzata – di frequentatori dello Scoglio, Paolo sa conservare quella distanza dagli altri che lo aiuta a preservare il suo mondo interiore.

7

Nel bel mezzo del pomeriggio, Paolo scompare e si dirige all’altra estremità della spiaggia per raccogliere il materiale che la risacca marina ha trasportato sulla sabbia grigia dello Scoglio. Il mare sa mostrarsi molto generoso e sa rendere agli umani le cose che gli hanno dato, che hanno gettato in esso senza chiedere il suo parere. Ma il mare opera su questo materiale, lo cesella, lo scolpisce, lo rimodella dando un nuovo aspetto a tutti questi oggetti, i più eterocliti della infinita attività umana. Grandi blocchi di polistirolo espanso, resti di imballaggio, ritagli di rete da pesca, ciottoli, pneumatici, plastiche varie, radici di albero, cime di barche o funi, bambolotti, forchette, pietre pomici, tessuti vari, ecc., tutto un bestiario alla cinese che lo stesso Borges non saprebbe catalogare e organizzare… Tutto questo si trova sulla spiaggia dello Scoglio a Pozzuoli dove Paolo, con il suo costume da bagno rose-bonbon sta lì per guardare, palpare, prendere in mano, torcere, slegare e poi legare di nuovo, organizzare per dare una nuova vita a questi

8

oggetti inanimati la cui anima egli riesce a cogliere. E alla fine del pomeriggio ritorna con i suoi trofei: l’opera che ha pazientemente e saggiamente creato con i pezzi di funi e corde dai vivaci colori inglobati in reti da pesca o in altre reti dai colori vivaci, provenienti dai numerosi vivai di cozze presenti in quel tratto di mare. È diventato ormai un rituale quello di esibire con orgoglio questi trofei allo sguardo degli altri e farsi fotografare con il corpo abbronzato, esibendo le sue opere, per poi postare questa collezione su Facebook. Questo consente a tutti i suoi amici di seguire il ritmo sostenuto della sua energica produzione. L’arte grezza e le immagini dell’inconscio Da molto tempo ho un particolare gusto e un interesse per i lavori estetici, la creazione di forme inattese emerse direttamente dall’inconscio, dal cunicolo, dalle “toilettes”, dai bordi della strada… o da altrove, prodotte dagli emarginati, dagli esclusi dalla società costituita, istituita.

I malati di mente, i detenuti, i clochards, i “flâneurs”, i pittori della domenica, i conformisti, i non-conformisti, i naïfs, gli isterici che fanno esplodere i colori e gli ossessivi che riprendono ogni dettaglio nel minimo particolare. Questo movimento artistico comparso alla fine della seconda guerra mondiale nasce appunto dalla definizione di un pittore francese, Jean Dubuffet, che esprime un nuovo modo di accostarsi all’arte, per cui le convenzioni estetiche tradizionali del mondo occidentale sono respinte in favore di un linguaggio pittorico genuino e immediato, paragonabile al sostrato istintivo che possiamo cogliere nell’arte primitiva e arcaica, in quella che scaturisce in maniera del tutto naturale da individui totalmente digiuni di cultura artistica, come i bambini o i malati di mente, tanto che è anche definita “l’arte dei folli”. Tutta una serie di monografie erano già state pubblicate nei Fascicules de l’Art Brut che rappresentano una vera e propria galleria fondatrice dell’arte grezza fin dal

1964. Dopo un’esistenza nomade attraverso la Francia e gli Stati Uniti, e dopo le esitazioni delle autorità culturali francesi, la collezione dell’Arte Grezza ha trovato rifugio nel 1976 presso il castello di Beaulieu a Losanna dov’è regolarmente raccolta, conservata ed esposta. Ma il successo esige sempre un prezzo. L’arte grezza, trasformata come outsider art, arte singolare, raw art, ecc. è diventata una corrente alla moda: i principali artisti scovati dai collezionisti esperti sono ormai collegati alle gallerie specializzate e la loro quotazione (finanziaria) non cessa di aumentare, senza che i benefici sostanziali realizzati dai mercanti siano versati agli artisti, i quali spesso continuano a vivere nella miseria, per la strada o in ospizi insalubri. Questi artisti – veri – sono inventati dai galleristi affinché le loro opere possano acquisire un valore di mercato sostenuto al di là del loro valore culturale ed emotivo. A Parigi, il vecchio museo di Arte Naïf, collocato nella prestigiosa Halle Saint-Pierre ai piedi della Butte Montmartre e nel cuore

del mercato dei tessuti è diventato, nel corso degli anni, il tempio parigino dell’Arte Grezza con esposizioni individuali o collettive che si susseguono incessantemente per sei mesi. Mi ritorna in mente la grande esposizione dei “Magiciens de la Terre” presentata nel 1989 alla Grande Halle della Villette e al Centro Pompidou che associava in uno stesso percorso artisti noti e riconosciuti e una serie di artigiani del quotidiano venuti da tutte le parti del mondo per presentare il loro bricolage al meravigliato pubblico parigino. Mi ricordo in particolare di un artista congolese che offriva ai defunti delle bare associate a quella che era stata la loro esistenza sulla terra (una bara in forma di automobile per un tassista) e la vetrina di frutti tropicali, piena di manghi, di papaie e di banane, marciti sul posto durante le settimane dell’esposizione. Bricoleur, da bricolage, è questa espressione che prendo in prestito da Claude Levi-Strauss e che mi sembra la più adatta a descrivere ed evocare il lavoro di Paolo Valerio: “Il bricoleur deve arrangiarsi

con i mezzi di bordo, praticare la riutilizzazione, deviare i materiali dal loro uso primario e gli usi che sono a sua disposizione. L’ingegnere concepisce e costruisce gli elementi della sua opera in funzione di un piano e di un intento preliminarmente definito. È dal lato dell’apertura, il bricoleur è dal lato della riorganizzazione”. Sì, riorganizza ciò che il mondo ci offre, di meglio e di peggio, per renderlo conforme ai nostri desideri e trasformare gli scarti in bellezza.

Paolo Valerio A suo modo Paolo Valerio è un marginale, come lo è ciascuno di noi che, trascorrendo il tempo a esaminare se stesso, scopre la propria unicità, spostando il cursore della normalità. Bisogna solo chinarsi per vedere nel fondo di se stessi e portare alla superficie della terra il meglio e il peggio, giacché l’uno non va senza l’altro. Ma d’altra parte Paolo è un Professore, uno studioso riconosciuto dalla sua comunità di pari.

9

Tutta la ricchezza di Paolo consiste nel fatto che ha saputo, a un certo punto della sua vita in cui si trovava intrappolato nella “cultura asfissiante” descritta da Dubuffet, fare una deviazione e cominciare a raccogliere ciò che colpiva la sua attenzione e a riciclare gli scarti restituiti dalla marea. L’Arte Grezza non sarebbe, dunque, di proprietà o appannaggio di coloro che sono esclusi dal sistema o che si sono esclusi da sé, ma di chiunque ne ha voglia, che ha l’energia di esprimersi con tutto ciò che capita tra le sue mani.

L’opera Le opere di Paolo hanno invaso il suo spazioso appartamento situato nella zona alta dei Quartieri Spagnoli, dall’ingresso, al salone, al bagno, alla camera da letto e alla terrazza: ce ne sono dappertutto. Queste reti da pesca dai colori vivaci inglobano altre reti o pezzi di vita, materiali di consumo, abbandonati sulla spiaggia. Tutto questo è avvolto in una trama di reti colorate

10

che contengono al loro interno altre cime e corde dai vivaci colori. Paolo gioca con i colori di queste differenti corde per assemblare i pezzi più rari, unici, su cui il mare, il sale e la sabbia hanno esercitato la loro azione. In uno di questi pezzi a risplendere è il rosso, mentre in un altro sarà il giallo a stridere con l’azzurro del cielo della rete, pur facendo risaltare un pezzo di specchio rotto che rimanda allo sguardo. Paolo dà una forma di enigma alle sue opere, attribuendo loro un nome che ruota intorno alla metafora del nodo: i circolari nodi d’amore, i prorompenti impensabili pensieri, il peso e le vicissitudini di un amore, che mescolano in un bell’assemblaggio il ferro, la plastica, le conchiglie di mare, il rosso, il bianco, l’arancio e il viola; i rossi pensieri impensabili (About loss and mourning Il bastone della vecchiaia, red green white in orange… red hot unthinkable unreachable thoughts); i nodi solubili e indissolubili dell’amore (nodi solubili... nodi insolubili... about love). Un altro grande pensatore, Ronald D.

Laing, il cantore della psichiatria esistenziale inglese degli anni sessanta, epoca della contro-cultura oggi decisamente passata, aveva già scritto sui nodi:

Tutto è in tutto Ogni uomo in tutti gli uomini Tutti gli uomini in ogni uomo Ogni essere in ciascun essere Ciascun essere in ogni essere Ogni cosa in ciascuna cosa Ciascuna cosa in ogni cosa Tutte le distinzioni sono spirito, da parte dello spirito, nello spirito, dello spirito Nessuna distinzione, nessuno spirito per distinguere

Alain Giami Flaneur 19 giugno 2016

11

12

prefazione

Alessandra Pacelli

La doppia vita di Paul Valery The double life of Paul Valery

16

Ho un’ammirazione sconfinata per chi è capace di cambiare vita, per coloro che sanno dare spazio alle proprie passioni lasciandosene travolgere, per chiunque riesca a farsi trasportare da un’idea creativa che lo avvolga come un pensiero-nube, da una luminosa ossessione che lo vesta come un mantello da mago. Per Paul Valery nutro anche una forma di amore ilare e rispettoso allo stesso tempo, nutrito di quelle molteplici sfaccettature che trasformano un’amicizia in un percorso meravigliosamente sghembo, pieno di dettagli attuali che si sovrappongono ai ricordi, alle cose che mi ha mostrato, raccontato e insegnato. Conosco Paul Valery da quasi trent’anni - allora si chiamava solo Paolo Valerio, ed era già una persona dalle molte anime - e nella sua compulsiva propensione al collezionismo non potevo ancora immaginare si nascondesse il desiderio e la capacità di saltare al di là dello specchio: un po’ come la sballatissima Alice di letteraria memoria, Paul ha varcato quel confine che separa il possessore di una preziosa wunderkammer dall’artista che quella wunderkammer alimenta. Il tema del doppio sarà a lui sicuramente caro, visto che la sua prima esistenza è stata segnata dallo studio di menti e comportamenti altrui - non è certo il primo psichiatria-artista, basti solo citare in merito l’amico Tatà Fleur - ma questo sdoppiarsi lui lo riconduce a un’unità del sentire, dell’emozionarsi, davvero unica e gioiosa. E la cosa bella è che lui stesso sembra stupirsene per primo.

I have boundless admiration for anyone capable of changing their life, anyone who knows how to find space for and be overwhelmed by their passions, for whoever succeeds in being transported by a creative idea that envelops him/her like a cloud of thought, by a luminous obsession that covers him like a magician’s mantle. I also harbour a form of love for Paul Valery which is respectful and hilariously amused at the same time, nourished by the many facets that transform friendship into a wonderfully crooked path, full of contemporary details that overlap with memories, with things that he showed me, taught me and recounted to me. I have known Paul Valery for almost thirty years – at the time he was called simply Paolo Valerio - and he was already a person of many souls. And in his compulsive propensity for collecting things I could not even imagine that there hid the desire and the ability to jump through the mirror to the other side : a little like the crazily nonsensical Alice of literary memory, Paul has crossed that boundary that separates the owner of a valuable “Wunderkammer”, a Cabinet of Curiosities, from the artist who feeds that Wunderkammer. The theme of the double will surely be dear to him, as his earlier existence was marked by the study of minds and behaviors of others - he certainly is not the first psychiatrist-cum-artist : it suffices to mention his friend Tatà Fleur – but he pulls this split personality back to a unity of feeling, a really unique and joyful sense of becoming

17

Paul Valery ha così abbracciato una pratica creativa dall’ascendenza duchampiana, trasformando col suo gesto smisurato qualcosa che nessuno vede in qualcosa da guardare. O meglio: oggetti-scarto privi di capacità attrattiva in “opere” cariche di sentimento. Come un moderno demiurgo, Paul dà una seconda possibilità di vita a ciò che non serve più a nessuno, e così dona nuovo senso all’insensato. Forse è tutta una questione di sguardo: lui “vede” nei detriti quello che noi non cogliamo, li anima, ne acchiappa probabilmente la vera natura assegnando loro quella valenza artistica predestinata. Un pezzo di rete di plastica, a pensarci bene, è qualcosa di straordinario. Così come il corpo smembrato di un bambolotto (gesto liberatorio per eccellenza di ogni bambino), o un legno corroso dal sole, o ancora un pezzo di ferro contorto dall’incessante accanirsi della salsedine marina. E che dire di fantastici piumaggi qui incarnati in penne macilente di gabbiani puteolani? Paul Valery, come un padre amorevole che volesse ricomporre quel che resta del sogno di un figlio, assembla scarti del contemporaneo con brandelli di natura, in composizioni dell’assurdo cui lui assegna insperata dignità. E che rinomina scavando nella letteratura psicoanalitica: “Sinapsi”, “Dark side of the mind”, “Gender cages”. Il risultato sono installazioni stupefacenti e inquietanti, che inventano un inedito dialogo tra citazione colta e suggestione autobiografica, tra follia e ambiente, tra fantascienza e classicismo. Una visionarietà un po’ Alien un po’ Arcimboldo. E se la munnezza può essere arte, allora è vero: la bellezza salverà il mondo.

18

emotional. And the wonderful thing is that he himself seems the first to be astonished. And so Paul Valery has embraced a creative practice by Duchamps, transforming, with his unrestrained act, something nobody sees into something to look at. Or rather: scrap objects, devoid of the capacity to attract into “works” full of feeling. As a modern demiurge, Paul gives a second chance at life to what no longer serves a purpose to anyone, and thus gives new meaning to the meaningless. Maybe it is all a matter of looking: he “sees” in the detritus things that we do not grasp, he gives them life, probably capturing their true nature and assigning that artistic value which, perhaps, was predestined. A piece of plastic netting, come to think of it, is an extraordinary thing. As well as the dismembered body of a doll (a gesture of liberation par excellence for any child ), or a piece of wood corroded by the sun, or even a piece of iron, twisted by the incessant battering of the salty sea. And what of the fantastic plumage here embodied in scrawny feathers of Pozzuoli seagulls ? Paul Valery, like a loving father wanting to reconstruct what is left of a child’s dream, assembles contemporary waste with shreds of nature, in the absurd compositions which he assigns unexpected dignity. And which he renames by digging into psychoanalytical literature : “ Synapse “ , “ Dark Side of the Mind” , “Gender cages “ . The results are amazing and disturbing installations, inventing a new dialogue between erudite quotation and autobiographical suggestion, between madness and environment, science fiction and classicism. A ‘visionariness’, in part Alien and in part Arcimboldo . And if rubbish can be art, then it is true : beauty will save the world.

19

20

21

About me

22

Tutto è iniziato a dicembre di tre anni fa, quando un evento improvviso irruppe nella mia vita e, con la forza deflagrante del “fulmine”, andò a rompere le grate dietro le quali avevo fino ad allora imprigionato la mia creatività artistica. È stato bello, emozionante. Tutto è accaduto molto rapidamente, in modo naturale. Tutti i materiali e gli oggetti vari che mi avevano colpito e che fino ad allora avevo guardato con interesse e raccolto sulla spiaggia o sugli scogli, perché avevano in sé qualcosa di attraente e misterioso cominciarono a essere guardati con uno sguardo diverso. Quella plastica nera, simile al magma vulcanico che avevo trovato durante una passeggiata lungo la foce del Garigliano, cominciava ad acquisire un’altra dignità. Avevo scorto qualcosa di meraviglioso dietro quella informe massa di plastica bruciata, l’avevo ammirata, raccolta e fatta mia. Ai miei occhi non era solo il visibile, plastica bruciata. La natura se ne era riappropriata, l’aveva trasformata in opera d’arte. Il fuoco le aveva dato una forma, il vento l’aveva levigata e il sole le aveva dato quel particolare colore scuro. Lo stesso era accaduto alla boa raccolta sulla spiaggia dell’Arenauta. Mi aveva colpito per la strana forma che mi ricordava una madrepora del Mar Rosso per i sui colori rosso, giallo e blu e per le rughe che la percorrevano tutta, traccia dell’opera del fuoco. Molti vedevano in lei, in quella boa, una farfalla, un fiore, un genitale femminile. E tale cominciò ad apparire anche ai miei occhi tanto da decidere di inviarla, essendo uno dei miei pezzi preferiti, alla Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno.

Everything began three years ago in December, when an unexpected event interrupted my life and, with the unwhipped force of the “lightning”, the grates were broken which up-to-then had kept my artistic activity a prisoner. It was beautiful, emotional. Everything happened so quickly, so naturally. All the materials and the various objects which had struck me and which, up-to-then, I had looked at with interest and collected on the beach and on the rocks, because they were inherently attractive and mysterious, led me to look at them differently. This black piece of plastic, like volcanic magma, which I had come across during a stroll along the mouth of the Garigliano, took on another form of dignity. I had come across something marvellous within that shapeless mass of burnt plastic. Nature had taken it over, had transformed it into a work of art. The fire had given it a form, the wind had raised it up and the sun had given it that particular dark colour. The same had happened to the boa collected on Arenauta Beach. It had struck me because of its strange form which had reminded me of a motherpore in the Red Sea because of its reds, yellows, and blues and the creases all over it, a trace of the work of fire. Many saw in it, in that boa, a butterfly, a flower, a female organ. And thus it began to seem to my eyes, too. So much so that I decided to send it, as it was one of my favourite pieces, to the Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno.

23

Ispirandomi al noto quadro di Gustave Courbet la intitolai “L’origine della vita”. Questo quadro, che occupa un posto unico nell’arte occidentale, mi aveva colpito perché rappresenta senza concessioni , senza alibi storici o mitologici, non solo il sesso di una donna, ma Il Sesso della Donna e dunque, insieme, tutte le donne, amanti e madri incluse. Da rifiuto raccolto su una spiaggia a opera che sarà presentata e accettata a una mostra. Questo è accaduto nell’ottobre del 2014. Mi rendo conto che non è facile scrivere di me, trasformare le emozioni e i pensieri in parole. I ricordi che affiorano scardinano il fluire ordinario del tempo. Molto tempo è trascorso da quando ho cominciato a raccogliere vari materiali trovati sulla spiaggia o in altri luoghi a quando lo sguardo che ne coglieva la bellezza è stato ripensato come il riconoscimento di un atto creativo operato dalla natura e il gesto stesso di raccoglierli come una manifestazione della mia creatività. La natura attraverso il fuoco, il vento, il sole e il mare aveva scolpito quei materiali, trasformandoli in opere d’arte, così come accade agli informi blocchi di marmo su cui lo scultore, con lo scalpello, esercita la sua sapiente azione. Quegli oggetti, come il marmo informe tratto dalle cave dell’Amianta, sarebbero rimasti sulla spiaggia e considerati da tutti come oggetti di scarto se la loro peculiare e misteriosa bellezza non fosse stata colta e valorizzata dal mio sguardo.

24

Inspired by the well-known picture by Gustavo Courbet I entitled it “The origin of life”. This picture, which has a unique place in western art, had struck me because it represents, without concessions, without historical or mythological alibi, not only the sex of a woman, but The Sex of Woman and so, together with it, included all women, mistresses and mothers. This was transformed from a piece of flotsam on the beach to a work which will be presented and accepted at an exhibition. This happened in October, 2014. I realize that it is not easy to write about myself, to transform my emotions and thoughts into words. My memories which appear overflow the ordinary banks of time. A long time has gone by from when I began to collect various material found on the beach or in other places to when my book recognized the beauty and re-thought its recognition of a creative act as worked by nature and the very gesture of collecting them as a manifestation of my creativity. Nature through fire, wind, sun and the sea had shaped those materials, transforming them into works of art, just as had happened to the shapeless blocks of marble on which the sculptor, with his scalpel, exercised his knowledgeable action. Those objects, like informal marble taken from the Amianta Caves, would have remained on the beach and have been considered by everybody as objects to chuck out if their peculiar and mysterious beauty had not been welcomed and made valuable by my gaze.

Nello stesso momento in cui mi sono chinato per raccoglierli, attraverso quel semplice gesto, ho compiuto io stesso un atto creativo. Ancora altro tempo è trascorso perché potessi cominciare a comprendere che ero particolarmente attratto dalla misteriosa e cupa bellezza di quegli oggetti perché avevano qualcosa di peculiare che mi riguardava personalmente: da sempre avevano fatto parte del mio mondo interno ed esprimevano parti di me. Quei materiali non erano solo raccolti ma sono stati accolti nella mia casa, dove prendevano lentamente il posto di altri oggetti, che avevo acquistato, conquistato dalla loro bellezza, in un mercatino, in una mostra o nel negozio di un antiquario. Con entusiasmo li mostravo agli amici che, colpiti dalle mie descrizioni e dal mio sguardo d’amore, cominciavano a guardarli in modo diverso, anche se, prima di toccarli, mi chiedevano “li hai lavati?” Nel frattempo il “fulmine” che aveva sbloccato la mia creatività continuava a produrre i suoi effetti. La mia attività di raccoglitore di opere frutto dell’azione incessante della natura, andò lentamente mutando. Non mi limitavo a raccogliere sulla spiaggia oggetti vari, per lo più plastiche bruciate dal sole e plasmate dal vento e dal mare, ma iniziai a recuperare e ad assemblare l’una dentro l’altra reti di plastica che, simili a reti sinaptiche, inglobavano al loro interno funi, gomene e brandelli di plastica. Il tutto assumeva forme strane e, talvolta ripetitive, ma sempre diverse per gli sgargianti colori che le rendevano uniche.

26

At the very moment in which I had bent down to collect them, through that simple gesture, I myself was part of a creative act. Still more time was spent for myself to begin to understand that I was particularly attracted by the mysterious and dark beauty of those objects because they had something peculiar which regarded me personally. They had always been part of my internal world and expressed parts of me. Those materials which were not only collected but which I had brought home slowly took the place of other objects, that I had acquired, overcome by their beauty, in a little market, in an exhibition or from an antiquarian. I enthusiastically showed them to my friends who, struck by my descriptions and my loving look, began to look at them differently, even if, before touching them, they asked me “have you washed them?” In the meantime the “lightning” that had unblocked my creativity continued to produce its effects. My collecting activity which was the result of an unceasing natural action, was slowly changing. I did not only collect on the beach different objects, mostly plastic burnt by the sun and shaped by the wind and sea, but I began to recuperate and assemble others within plastic nets which, similar to synaptic ones, had internal ropes, rubbers and plastic netting. All this took on strange, and, sometimes, repetitive forms, but they were always different because of their outlandish colours which made them unique.

27

All’interno di una di queste reti, a maglie molto strette e dalla forma lunga e flessuosa raccolsi molte palle di gomma, di dimensioni e colori diversi. Scelsi come titolo dell’opera “Pensieri Impensabili” e la presentai nella sezione “Arte” alla IV Edizione del Festival Alig’art 2014 di Cagliari in una collettiva di artisti che esponevano opere realizzate con materiali di scarto e di riciclo per un progetto che accoglieva storie non convenzionali, all’insegna dell’innovazione sociale e della “felicità sostenibile”. Questo era accaduto nel Settembre 2014. Di nuovo il ricordo di un episodio per me molto significativo ha rotto il normale fluire del tempo. Continuavo a mostrare gli oggetti raccolti ad amici e ad amiche quando venivano a casa a trovarmi. Tutti erano meravigliati dallo sguardo appassionato che rivolgevo ai miei “nuovi amori”. Non più le incisioni che avevo per molti anni raccolto, né i bei quadri di Ernesto Tatafiore o di altri artisti amici, ma le mie plastiche bruciate dal fuoco, i miei cavallucci, le grandi masse di polistirolo espanso nelle cui cavità, create e levigate dal mare prendevano alloggio ostriche, cozze e madrepore varie. Nel frattempo Lucrino o meglio il Lido Lo scoglio era diventato lentamente il mio atelier invernale. Le bianche scogliere, dietro punta Epitaffio e le grotte scavate nel tufo erano invece il mio atelier estivo, che raggiungevo a nuoto accompagnato spesso da Luigi Maria un amico che entusiasta mi incoraggiava a continuare ad andare al di là delle “Colonne d’Ercole”. Finalmente giunse la sera fatidica. Nel Marzo del 2014 avvenne un altro evento impensabile.

28

Inside one of these nets, with very tight string and with a long and a flexible form were gathered together many rubber balls, of various shapes and colours. I chose the title “Unthinkable Thoughts” as the title of this work and I presented it in the “Art” section of the 4th Edition of the 2014 Festival of Alig’art in Cagliari with a collection of artists who showed their works realized with the help of throwaway and recycled materials for a project which collected unconventional stories, dealing with social innovation and “sustainable happiness”. This took place in September, 2014. Again the memory of an episode which for me was very significant had broken up the normal flow of time. I continued to exhibit objects collected from male and female friends who came over to my place. They were all very surprised by the passionate gaze which I bestowed upon my “new loves”. This was no longer a question of these bits and bobs which I had been collecting for many years, nor Ernesto Tatafiore’s beautiful paintings nor those of other friends, but my bits of plastic burnt by the fire, my easels, my large amounts of expansive polystirol in whose depths, created and kept up by the sea these were oysters, cockles and various motherpores. In the meantime Lucrino, or better still the Lido Lo Scoglio had slowly become my winter abode. The white cliffs, behind the Epitaffio Point and the caves dug into the tufa, were instead my summer abode, which I reached by swimming often with Luigi Maria, a friend, whose enthusiasm encouraged me to go beyond the “Colonne d’Ercole”. Finally the august evening arrived. In March, 2014, another unthinkable event took place.

Dopo una delle tante cene iniziai a mostrare ad Alessandra e a Raffaella l’ennesima plastica bruciata trovata sulla spiaggia. All’improvviso, all’unisono, convinte esclamarono: “Paolo, è giunto il momento di fare una mostra!” Faccio riferimento a due care amiche: Alessandra Pacelli, giornalista del Mattino di Napoli, da sempre osservatrice qualificata di arte contemporanea e Raffaella Mariniello le cui fotografie sono presenti in prestigiose mostre, cataloghi e libri. Ero confuso, sorpreso ma al tempo stesso rassicurato. La nuova identità verso la quale pieno di incertezza mi stavo timidamente, ma allo stesso tempo caparbiamente avviando, era riconosciuta, certificata anche da altri. Attraverso il loro sguardo incoraggiante potevo cominciare a considerare me stesso come un artista. Il tutto si è realizzato in tempi non molto lunghi. Furono contattati Mario Pellegrino e Peppe Mannajuolo che, visti i miei lavori, si resero subito disponibili a organizzare una mostra al Blu di Prussia, la loro galleria d’arte nella quale erano mostrate le opere di noti artisti. Ancora molte le incertezze e le titubanze. Non avevo il coraggio di invitare il pubblico a vedere il materiale raccolto sulla spiaggia durante le mie passeggiate. Temevo che molti avrebbero potuto guardarlo solo come oggetti di scarto che inquinano la Terra dei Fuochi. In realtà quello che maggiormente temevo e di cui cominciavo ad essere sempre più consapevole, era che avrebbero potuto

30

After one of the many dinners I began to show Alessandra and Raffaella the nth burnt bit of plastic found on the beach. Suddenly, all together, they enthusiastically exclaimed: “Paolo, it is time you held an exhibition”. I am speaking about two dear friends. Alessandra Pacelli, a journalist with Il Mattino in Naples, has always been a qualified observer of contemporary art and Raffaello Mariniello has photographs which are present in prestigious exhibitions, catalogues and books. I was confused, surprised but at the same time re-assured. The new identity towards which, although full of uncertainty, I was fearfully approaching saw in me, at the same time, the feeling that I was cleverly setting out what I could do and this was now being recognized and certified by others. With their encouraging gaze I could begin to consider myself an artist. All this took place over a reasonable period of time. Mario Pellegrino and Peppe Mannajuolo were contacted who, when they saw my works, made themselves available at once so as to organize an exhibition at the Blu di Prussia, their art gallery in which they had exhibited works by well-known artists. I again felt uncertain and concerned. I did not have the courage to invite the public to see the material collected on the beach during my strolls. I was afraid that many would only look on it as throwaway objects which pollute the Terra dei Fuochi. To be honest what I feared the most and of which I began to take note, was that they could have

31

cogliere che, attraverso quel materiale di scarto, stavo esponendo anche me stesso. Per superare l’empasse decisi di associare alla mostra due eventi. La presentazione di una ricerca accademica sui “femminielli napoletani” e la presentazione della Fondazione Genere Identità e Cultura di cui sono Presidente. Un evento durato una sola giornata nel corso della quale il pubblico, intervenuto per la presentazione del libro, ebbe l’opportunità di vedere, non solo il materiale da me raccolto su cui la natura aveva esercitato la sua azione, ma anche quello rielaborato da me come espressione creativa del mondo interno. Presentai, infatti, anche alcune delle mie “reti sinaptiche” al cui interno erano inglobati materiali vari insieme a cime strette in nodi difficilmente districabili da me recuperate sugli scogli a cui si erano inestricabilmente avviluppate o trovate sulla spiaggia, essendo state strappate dalla forza del mare dalle boe a cui erano legate. Fu un successo. Rimasero tutti affascinati e conquistati dall’inquietante e misteriosa bellezza che prorompeva da quegli oggetti esposti nelle bacheche della Galleria e al centro delle sue immense sale, ben illuminati e messi in rilievo grazie all’allestimento curato da Raffaella e Alessandra. L’evento ha confermato altre consapevolezze. C’è un fil rouge che unisce il mio lavoro scientifico a quello artistico. Come psicologo clinico interessato agli studi di genere e

32

grasped that, through this throwaway material, I was also exhibiting myself. To get over this impasse I decided to associate two events to the exhibition. These were the presentation of an academic research project on “Neapolitan Femminielli” and the presentation of the Fondazione Genere Identità e Cultura (the Gender Identity Culture Foundation) of which I am President. It lasted only one day during which the public, thanks to the presentation of the book, had the chance to see, not only the material collected by me on which nature had exercised its action, but also that re-elaborated work which I had as a creative expression of an internal world. In fact I also presented some of my “synaptic nets” whose insides was filled with various materials together with the tight tops in different knots which could only with difficulty be undone and saved from the cliffs to which they were tightly bound and found on the beach, as they had been seized by the force of the sea from boas to which they had been bound. It was a success. They were fascinated and won over by the worrying and mysterious beauty which emanated from those objects exposed on the shelves of the Gallery and in the centre of its immense rooms, which were well-lit up and shown up thanks to how they had been set up by Raffaella and Alessandra. The event confirms other knowledge. This is a fil rouge which unites my scientific work to its artistic one. As a clinical psychologist interested in gender studies and

all’antropologia psicoanalitica mi avventuro da qualche anno nel mondo dei “femminielli”, persone che rappresentano un fenomeno peculiare della cultura partenopea. Sono da sempre presenti a Napoli ma sono stati raramente studiati e analizzati dal punto di vista non solo antropologico ma anche sociale e psicologico. Parlo di persone messe ai margini della società, quei “Corpi sull’uscio” raccontati in un libro scritto insieme a Eugenio Zito con il quale volevamo lasciare una traccia per quelli che un giorno si chiederanno: “chi erano i femminielli napoletani?”. A sua volta l’interesse per il mondo dei femminielli è scaturito dal lavoro che da più di venti anni porto avanti sul piano della clinica e della ricerca scientifica, esplorando un’altra area ai confini e ai margini della società, quella che è rappresentata nello specifico dal mondo delle persone gender variant, delle persone gender non conforming, delle persone transgender e più in generale dall’universo delle persone Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer Questioning e Intersessuali - LGBTQI. Qual è il collegamento tra questi mondi e il mio mondo artistico? Molte delle mie opere rappresentano attraverso le loro forme, attraverso i materiali usati, attraverso la varietà dei colori che le connotano, quei mondi in cui vengono spesso ingabbiate le persone LGBTQI che vivono, relegate e messe ai margini della società, in contesti nei quali non viene riconosciuto loro il diritto ad autodeterminarsi e rispettata la loro dignità di esseri umani. Lo stesso accade al materiale di scarto che uso per realizzare le mie opere che, se non fosse da

34

psycho-analytical anthropology I have been weaving myself into the “femminielli” world, people who represent a particular phenomenon in our Parthenopean culture. They have always been present in Naples but they have rarely been studied and analyzed from not only the anthropological but also the social and psychological point of view. I am speaking about people on the margins of society, those “Bodies on the edge” talked about in a book written together with Eugenio Zito with whom they wanted to leave a trace for those who one day will wonder “who were the Neapolitan femminielli?” At the same time the interest for the femminielli world came about thanks to the work which for more than twenty years I have carried out on a clinical plain together with scientific research, where I explore another area at the confines and margins of society, which is represented specifically by the world of gender variant people, of gender non-conforming people, of transgender people and more in general by the universe of Lesbian, Gay, Bi-Sexual, Transgender, Queer Questioning and Inter-Sexual people - LGBTQI. What is the link between these worlds and my artistic world? Many of my works represent through their forms, through used materials, through the variety of colours that make them up, those worlds in which the LGBTQI people who live in them are often encaged. They are in contexts where their right to self-determination and to have their dignity respected by human beings are not recognized. The same happened with the throwaway material that I use to carry out my work. If it had not been collected by me, it would have accumulated

35

me raccolto, sarebbe accumulato ai margini della spiaggia per essere poi bruciato nelle discariche della Terra dei Fuochi. Quelle reti, che simili a reti sinaptiche includono materiale libero, imprigionato di nuovo, possono rappresentare un corrispettivo di quei mondi, e più nello specifico del nostro mondo interno? Quelle cime, quei nodi da me pazientemente sciolti e poi riannodati e intrecciati con altre cime fino a creare un groviglio di nodi inestricabilmente ingarbugliati, possono rappresentare quelle gabbie che ci stringono e costringono nel corso della vita o quelle soluzioni a cui facciamo ricorso per sfuggire a conflitti emozionali difficilmente accessibili al livello conscio? Quanto le reti in cui avviluppo le cime, intrecciandole tra loro e in cui sono inserite “Barbie” trovate sulla spiaggia, pupazzi, personaggi maschili, pistole, coltelli, orsetti o animaletti vari, rappresentano quelle “gender cages”, gabbie di genere in cui siamo tutti imprigionati rispetto a ruoli stereotipicamente assegnati al genere, nelle sue complesse, molteplici e articolate declinazioni? Quanto spesso quei nodi faticosamente sciolti e poi pazientemente ricreati rappresentano i grovigli della vita con cui ci confrontiamo di fronte a sentimenti di inadeguatezza che sin dall’infanzia ci portiamo dentro, chi più chi meno, rispetto al non sentirci “abbastanza” aderenti ai ruoli che dovremmo di volta in volta performare? Da qui tutta una serie di lavori: “Gender Cages”, “Never enough”, “Attento ai falli”, “L’insostenibile peso dell’amicizia”, “The dark side of the mind” e tanti altri.

36

on the shores of the beach to then be burnt in the rubbish dumps in the Terra dei Fuochi. Those nets, which are similar to synaptic nets, include free material, imprisoned again, and can they represent a corresponding element of these worlds, and more specifically, of our internal world? Those tops, those knots which were patiently loosened by me and then re-knotted and intertwined with other tops until creating a mishmash of tightly bound, messed-up knots, can they represent those cages which tie us up and force us with them in the course of life or even those solutions to which we have recourse to flee from emotional conflicts which only with difficulty are accessible at a conscious level? As regards the nets in which I envelop the tops, weaving them among themselves and in which are inserted “Barbies” found on the beach, dolls, masculine characters, pistols, teddy bears or various toy animals, do they represent those “gender cages”, gender cages in which we are all imprisoned with respect to stereotypically assigned genders, in their complex, multiple and articulated declinations? How often have those knots which I have tirelessly freed up and then patiently recreated represent the mish-mash of life with which we confront ourselves before feelings of inadequacy which right from infancy we carry within ourselves, who more who less, with respect to not feeling adherent “enough” to those roles which we should in turn carry out? This leads to a series of words, e.g. “Gender Cages”, “Never enough”, “Attento ai falli”, “L’insostenibile peso dell’amicizia”, “The dark side of the mind” and so many others.

37

Sono ormai giunto alla conclusione di questi pensieri su me stesso e sull’attività, che seppure con timidezza, finalmente si è avviata verso l’irresistibile leggerezza di questa creativa creaturalità. Mai avrei immaginato di poter un giorno ricevere una lettera indirizzata a me come “M° Paolo Valerio”. Ho sempre considerato veri artisti e degni di tale titolo quelli le cui opere fossero in grado di esprimere, accanto al rigore proprio della grammatica e del lessico di ciascuna arte, la loro più immediata e spontanea immaginazione. Né avrei mai immaginato di ascoltare nell’Auditorium di Castel Sant’Elmo le vibrazioni sonore del mio lavoro creativo, risuonare, ancora una volta, attraverso l’ingegno della mia cara amica Chiara Mallozzi che, registrando i suoni emessi nel corso del mio lavoro di assemblaggio, ha composto un brano intitolato: “Dimensioni. In memoria di gesti”. La sua musica mi accompagnerà nell’infinito tempo dell’esistere. Sono molte le domande che continuo a pormi. Prima tra tutte: “Come può un “fulmine” produrre un impatto così violento da rompere la gabbia in cui è stata bloccata la mia creatività, sepolta per tanto tempo negli anfratti dell’inconscio?” Non so dare risposta a questa domanda. Sulla base della mia esperienza ho appreso che siamo tutti costretti a vivere nell’incessante flusso delle incertezze che diventano illusorie certezze nell’incertezza perenne della vita.

38

I have now reached my conclusion as regards these thoughts on myself and my activity, which in spite of shyness, have finally directed themselves towards the irresistible lightness of this creative creaturality. I would never have imagined that one day I would have received a letter addressed to me as “M° Paolo Valerio”. I have also considered true artists and those worthy of such a title those whose works could express, as being near to the very rigourousness of the grammar and the lexis of each art, their most immediate and spontaneous imagination. I would never have thought it possible in the Auditorium of Castel Sant’Elmo to listen to the sonorous vibrations of my creative work, playing once again, through the startling element of my dear friend Chiara Mallozzi who, registering the sounds emitted in the course of my assembly work, composed a text entitled : “Dimensioni. In memoria di gesti”. Her music will accompany me in the infinite time of existence. I continue to ask myself a lot of questions. Above all : “How can a “lightning” produce so violent an impact so as to break a cage in which my creativity was blocked, buried for so long in the concoctions of the unconscious?” I cannot answer the question. On the basis of my experience I have learnt that we are all forced to live in the unceasing flow of uncertainties which become illusory certainties in the perennial uncertainty of life.

39

postfazione

Raffaele Loffredo

Oso Creare Dare to create

42

“A Paolo con amore, Lucio”. Recita così il retro di una nota opera del fotografo Wilhelm von Gloeden, presente nell’appartamento di Paolo Valerio, dono del gallerista Lucio Amelio, protagonista delle sorti artistiche partenopee e poi internazionali negli anni 70/80. Parte da quel contesto l’interesse e la curiosità per le arti contemporanee: l’amicizia con Amelio, l’incontro a Napoli tra Beuys e Warhol, i materiali vissuti di Kounellis, i sacchi di Burri. Mentre Napoli si affermava sempre più come capitale dell’arte contemporanea, Paolo Valerio si consolidava come Medico prima e Psicologo poi, tra i massimi esperti dell’identità di genere. Tutto il suo bagaglio da mero testimone delle altrui attività artistiche si traduce però presto in un triplice salto – medicina/psicologia/arte – che lo porterà ad incanalarsi verso una sua personale forma di produzione artistica e ad affermare oggi umilmente: “Oso creare”. La creatività, rappresenta per Valerio, un processo che implica passaggi, salti, in cui collegandosi al mondo infantile del gioco, coglie l’esteticità dell’oggetto. Risulta evidente l’attrazione per le qualità e capacità intrinseche della materia di stampo poverista, ma le sue corde, cime, oggetti di scarto, plastiche vengono assemblate in gabbie di reti cilindriche. Le sue reti sono sinapsi, intese non a livello biologico (come connessioni tra neuroni), bensì come blocchi, difese, aree dell’inconscio, le vulnerabilità dell’io rispetto ai contesti. Lo scenario è la zona flegrea di Lucrino (Pozzuoli) dove si reca nel fine settimana da alcuni anni per osservare gli oggetti che la natura marittima gli offre – su spiagge, anfratti, scogliere – e successivamente sceglierli, dargli dignità attraverso le sue composizioni dopo che il mare, tramite

“To Paul with love, Lucio”. So reads the back of a famous work by the photographer Wilhelm von Gloeden , in the apartment of Paolo Valerio, a gift from the gallery owner Lucio Amelio , the protagonist of Neapolitan artistic fortunes and later, in the 70s and 80s, internationally. His interest and curiosity for contemporary arts springs from this context: the friendship with Amelio , the meeting in Naples between Beuys and Warhol, the materials experienced by Kounellis, Burri’s sacks. While Naples was increasingly consolidated as the capital of contemporary art, Paolo Valerio affirmed himself firstly as a doctor and psychologist, then as a leading expert in gender identity. All his knowledge as a mere witness of other people’s artistic activities however, quickly executed a triple jump - medicine / psychology / art - which led him to be channeled towards a personal form of artistic production and to concur humbly today : “ Dare to create”. Creativity, for Valerio, is a process that involves steps, jumps, where in connection with the child’s world of games, the aesthetics of the object is captured. The attraction is clear for the qualities and intrinsic capabilities of matter of the ‘poverist’ mold, but its ropes, tops, discarded objects, and plastics are assembled into cages of cylindrical networks. Its networks are synapses, not at the biological level (that is connections between neurons), but as blocks, defenses, areas of the unconscious, and the vulnerability of the ego compared to contexts. The scenario is the Phlegrean area of Lucrino (Pozzuoli), where he went at weekends for several years to observe objects that maritime nature offers - on beaches, ravines, cliffs - and subsequently choosing them, to give them dignity through his compositions, after the sea, with its

43

la sua azione corrosiva, ha già creato e modellato autonomamente le sue forme riappropriandosi del materiale; salsedine, conchiglie, alghe che plasmano le forme, sono elementi ricorrenti di sculture che prendono forma nell’atto fisico della produzione, una pratica quindi che si consolida come condizione necessaria del suo essere. Paolo Valerio come in un ready-made 2.0 recupera, decontestualizza, le sue reti però sottendono un corto circuito visivo e rappresentano gabbie di genere: il gender, l’intersessualità sono tra i temi principali della sua ricerca universitaria da diversi anni (è Professore ordinario di Psicologia clinica alla Facoltà di Medicina di Napoli); sono prigioni dalle quali, secondo l’artista, dovremmo liberarci, specchio di una cultura profondamente binaria. Differenza e non diversità, come risorsa da valorizzare, l’arte di Valerio rappresenta un pretesto per riflessioni su suoi vissuti eterogenei, momenti della vita, come se avesse un filtro naturale che non gli consente di vedere il brutto della monnezza, trova la sua soggettività nell’opera esattamente come in una poesia dove concepisce ogni fune, ogni oggetto come una lettera “La mia attività – afferma l’artista – mi permette di contattare pensieri impensabili dedicando tempo a me stesso ed al gioco, una parte di me bambino, un atto puerile che lascia una traccia e mi induce a pensare e non soltanto fare (non il fare per non pensare)”. Valerio dunque si mette in contatto con i suoi blocchi, le sue aree di “interior junk”, non da buttare ma anche da amare in quanto facenti parte di lui; il contenitore è la sua casa ma l’opera proviene dalla natura, sovente infatti va alla ricerca di luoghi in solitudine

44

corrosive action, has already created and modeled independently of its forms regaining possession of the material; sea-salt, shells, algae that shape the forms, are recurring elements of sculptures that take shape in the physical act of production, a practice so that is consolidated as a necessary condition of his being. Paul Valerio as in a ready-made version 2.0 recovers, decontextualizes, his networks , however, his networks underlie a short visual circuit and represent gender cages : gender, and intersexuality are among the main themes of his university research for several years (as Full Professor of clinical Psychology at the Faculty of Medicine of Naples ) ; they are prisons from which , according to the artist , we should free ourselves, a reflection of a deeply binary culture. Difference and not diversity, as a resource to be valued , the art of Valerio is a pretext for reflections on his heterogeneous experiences and moments of life, as if he had a natural filter that does not allow him to see the ugliness of garbage, and finds his subjectivity in works exactly like in a poem where he conceives every rope, every object like a letter . ‘My activity’, says the artist, ‘allows me to make contact with unthinkable thoughts, devoting time to myself and to the game, a childlike part of me, a childish act that leaves a trail and leads me to think , and not only to act (not acting in order not to think )’. Valerio, then makes contact with his blocks, areas of “interior junk”, not to be discarded, but also to be loved, as being a part of him; the container is his home but the work comes from nature, often searching for places in solitude, to assemble, untie the knots and then

per assemblare, sciogliere i nodi per poi riassemblarli, tagliare quelli troppo insolubili che spesso come nella vita è meglio interrompere, con la costante consapevolezza che il modo in cui un soggetto esprime l’amore non è mai il modo in cui l’altro desidera essere amato. Contaminazione tra arte e psichiatria, la stridenza tra arte e lavoro scientifico, la volontà di rimettersi in gioco con un vocabolario plastico differente, sono tra le caratteristiche dell’artista. “Gender cages”, “About Mr....”, “Dark side of the mind”, “About Tarantina” sono tra i titoli delle sue installazioni che gli consentono di toccare temi a lui cari come l’omofobia, i femminielli (tema di un suo recente volume dal titolo Genere:femminielli ); o anche la poetica del sentirsi mai abbastanza nel ciclo “Never Enought”, l’utilizzo dell’accezione Wildiana del verde come colore della diversità in “Green butterfly”. La sua grammatica scultorea, se da un lato risente dichiaratamente della lezione materica di Burri - nella trasformazione dell’opera per le sue stesse caratteristiche materiche e naturali – guarda con interesse il messaggio sociale di Beuys nel labile confine superato tra arte/vita e nella socialità del messaggio assumendo però una connotazione prettamente demiurgica.

reassemble them, and cut through those which are too insoluble, as often in life it is better to call a halt, with constant awareness that the way in which a person expresses love is never the way others want to be loved. Contamination between art and psychiatry, the stridence between art and scientific work, the desire to take up the challenge, with a different plastic vocabulary, are among the artist’s characteristics. “Gender cages”, “About Mr ....” , “Dark Side of the mind”, “About Tarantina” are among the titles of his installations that allow him to touch on his favorite themes such as homophobia, the femminielli (traditional Neapolitan transgender, and subject of a recent book entitled Gender: femminielli); or even the poetry of feeling never enough, in the cycle “Never Enough”, the use in the Wildean sense of green as the colour of diversity in “Green butterfly”. His sculptural grammar, if on the one hand it openly reflects Burri’s material lesson in the transformation of the work for its own material and natural characteristics, on the other, it also considers with interest Beuys’ social message in the transient border between art/life and sociability of the message, assuming, all the while, a purely demiurgic connotation.

45

46

47

Indice delle opere

pag. 4-5 “About gender cages, maschilities, colors, mood and surroundings”

48

pag. 11 “… Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro si allontana.”

pag. 11 “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. ...ovvero… “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”

pag. 13 “Morbide Incertezze ovvero Rigidi Principi ovvero Streaming of Consciousness”

pag. 14-15 “Gli infiniti ineludibili inestricabili irrisolvibili nodi della vita”

pag. 16 “About maschilities … about chains”

pag. 16 “It is impossible to love and to be wise”

pag. 19 “Camaleonte”

pag. 20 “About friendship, love, family, creativity and surroundings. The fragrance of a relationship”

pag. 20 “A man, a life, emotions, conflicts, knots and surroundings”

49

pag. 21 “L’insostenibile peso del nulla”

50

pag. 21 “Il sostenibile peso dell’amicizia e dintorni”

pag. 25 “Broken rebel heart”

pag. 26 “Gender roles, Gender cages, Unthinkable thoughts”

pag. 30 “Empire State Building”

pag. 31 “Cratere marino”

pag. 37 “Lava”

pag. 40-41 “Oggetti transizionali ovvero Coping with separation”

pag. 46 “Five iron flowers, never enough love, the tree of the possibilities”

pag. 47 “Two iron flowers, two hearts, two questioning lovers”

pag. 47 “A pink broken rebel heart”

51

TRADUZIONI: Centro Linguistico dell’Università degli Studi di Napoli FEDERICO II Grafica e color correction: I AM Studio www.iamstudio.it FOTO DELLE OPERE: Giancarlo de Luca FOTO DI PAOLO VALERIO: Marcella Corona Finito di stampare dicembre 2016

www.paolovaleri.it

Lihat lebih banyak...

Comentários

Copyright © 2017 DADOSPDF Inc.