D. Salerno (2016) \"Emma Bond, Guido Bonsaver e Federico Faloppa \'Destination Italy: Representing Migration in Contemporary Media and Narrative\'\"

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Il Mulino - Rivisteweb

E. Bond, G. Bonsaver e F. Falloppa (a cura di), 2015, Destination Italy: Representing Migration in Contemporary Media and Narrative [Daniele Salerno]; S. Ponzanesi e G. Colpani (a cura di), 2015, Postcolonial Transitions in Europe. Contexts, Practices and Politics [Gaia Giuliani]; K. McKittrick (a cura di), 2015, Sylvia Wynter: On Being Human as Praxis [Marta Scaglioni]; G. Navarini, 2015, I mondi del vino. Enografia dentro e fuori il bicchiere [Lorenzo Domaneschi] (doi: 10.1405/84529)

Studi culturali (ISSN 1824-369X) Fascicolo 2, agosto 2016

Ente di afferenza: Universit` a di Bologna (unibo)

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RECENSIONI

Emma Bond, Guido Bonsaver e Federico Falloppa (a cura di) Destination Italy: Representing Migration in Contemporary Media and Narrative Bern, Peter Lang, 2015, pp. 468

Il volume curato da Emma Bond, Guido Bonsaver e Federico Faloppa è il risultato di una ricerca triennale finanziata dalla britannica Leverhulme Trust. I ventidue saggi raccolti e l’articolata introduzione dei curatori ci restituiscono una analisi di quelle che potremmo definire risposte culturali alle migrazioni in Italia, attraverso una focalizzazione su tre formati discorsivi: il discorso giornalistico, la letteratura e il cinema. Gli otto saggi della prima sezione, dedicata ai media e principalmente alla carta stampata, sono accomunati dalla necessità di decostruire la rappresentazione dei migranti come soggetti abietti. Nel saggio di apertura, Marco Binotto analizza le diverse strategie di lessicalizzazione e figurativizzazione dei migranti come invasori, intrusi o criminali. Il discorso del pericolo che sottostà a queste rappresentazioni è al centro dei due successivi saggi di Marco Bruno e di Mahmoud Zidan, entrambi dedicati alle coperture giornalistiche degli sbarchi. Bruno si concentra sul periodo immediatamente successivo all’inizio delle cosiddette primavere arabe, mentre Zidan mette a confronto copertura italiana e internazionale. Federico Faloppa nel saggio successivo descrive la zona grigia del lessico sulla razza, quello che potremmo chiamare razzismo latente. Faloppa analizza le ristrutturazioni del campo semantico del razzismo che diviene una forza carsica che riemerge continuamente nell’uso che facciamo delle parole. Andrea Pogliano, che ha già in passato prodotto illuminanti analisi sulla rappresentazione mediatica del fenomeno migratorio (tra cui un articolo con Marco Solaroli pubblicato sul numero 3 2012 di «Studi Culturali»), aggiunge nel suo saggio due importanti tasselli: la rappresentazione visiva e il processo di framing delle immagini, in particolare quello umanitarista. Gabriela Jacomella e Anna Meli approfondiscono il tema delle prassi giornalistiche. La prima si concentra sulla mancanza delle voci

dei migranti come uno dei sintomi delle cattive pratiche giornalistiche dominanti nei media, a dispetto dei diversi protocolli elaborati dalle associazioni di categoria. La seconda racconta proprio la sua esperienza di formatrice, come consulente per la comunicazione multiculturale, per diffondere tra i giornalisti le buone pratiche descritte nella Carta di Roma: protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. La sezione sui media si chiude con il saggio di Eugénie Saitta che analizza il caso molto interessante di Yalla Italia. Si tratta di un giornale, poi blog, per «seconde generazioni, nuovi italiani, generazioni 1.5, figli di immigrati, bla bla bla», come si legge sul sito. L’aspetto più interessante di queste iniziative sta nella presa di parola dei «nuovi italiani», nella necessità di trasformarsi da oggetto a soggetto della rappresentazione. La seconda parte è dedicata alla letteratura. Il saggio di Grazia Biorci e di Nora Moll si concentrano sulla cosiddetta letteratura italiana della migrazione, analizzandone natura inter-linguistica e inter-culturale (un aspetto poi ripreso da Loredana Polezzi nel suo saggio sull’opera di Giose Rimanelli). Biorci approfondisce gli aspetti lessicali e frastici, analizzando le metafore, i calchi e i neologismi che nascono nel contatto tra lingua e cultura natia e lingua e cultura italiana. Il processo creativo scaturisce da una dinamica (auto)traduttiva che Moll analizza nelle strategie narrative, mostrando l’evoluzione soprattutto dello/la scritt-ore/ rice migrante come figura di mediazione. Emma Bond si focalizza sulla funzione narrativa del corpo per come emerge nei romanzi di Cristina Ali Farah, Ornela Vorpsi e Pap Khouma. Bond descrive come il corpo, e in particolare la pelle, possa assumere diversi ruoli narrativi passando dall’essere punto di percezione del mondo a strumento di espressione, da superficie di iscrizione dei conflitti a corpo percepito. Nel suo saggio sulla letteratura postcoloniale e nel passaggio dalle analisi delle biografie degli anni novanta ai più recenti testi, Maria Grazia Negro mostra come la doppia repressione della memoria del passato coloniale e delle passate migrazioni generi forme di razzismo che risalgono all’epoca pre-fascista e fascista. Daniele Comberiati e Linde Luijnenburg analizzano Timira: Romanzo meticcio di Wu Ming 2 e

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RECENSIONI

Mohamed Antar, un caso paradigmatico che ha già prodotto molte interessanti analisi (per esempio un articolo di Sonia Sabelli pubblicato nella tavola rotonda La sottile linea bianca in «Studi Culturali» 2, 2013). I due autori vedono in Timira una nuova forma di arte post-coloniale che si fa anche riflessione teorica. Derek Duncan nel suo saggio su Primo Levi post-coloniale analizza gli usi della voce, dell’esperienza storica e della testimonianza dell’autore torinese nella rappresentazione delle migrazioni nel Mediterraneo di oggi. L’Olocausto e il suo repertorio di forme linguistiche e topiche viene oggi convocato per dare forma all’esperienza del viaggio che divide i migranti tra i sommersi – letteralmente, nell’attraversamento – e i salvati. La terza sezione del volume è dedicata all’immagine e in particolare all’immagine cinematografica. Vito Zagarrio, in apertura, ripercorre la produzione cinematografica sull’immigrazione negli ultimi venti anni, leggendo una continuità tra la tradizione del cinema civile e l’impegno post-moderno nel nuovo millennio. Guido Bonsaver aggiunge al quadro tracciato da Zagarrio, la produzione di film di registi migranti o con background migrante. Le grandi difficoltà e i pochi esempi incoraggianti non impediscono a Bonsaver di prevedere il futuro ingresso nel cinema italiano di registi figli o nipoti di immigrati. Millicent Marcus e Paolo Russo passano dal quadro generale tracciato dai precedenti saggi all’analisi di alcuni casi. Marcus analizza Mar Nero di Federico Bondì che racconta l’emersione di una dimensione mitica, che prende una forma geografica, nel rapporto tra una anziana donna italiana e la sua badante rumena. Paolo Russo analizza invece come il tema migratorio sia entrato in una delle tradizioni cinematografiche italiane, il noir, in film come Gomorra e La sconosciuta di Matteo Garrone e Giuseppe Tornatore. Alessandro Jedlowski offre una analisi di due film italiani Torino Boys (Manetti Bros 1997) e Sotto il sole nero (Verra 2004) comparandoli con il video nigeriano Akpegi Boyz (Omoigui e Sandretti 2009) sullo sfondo della produzione del cinema

di Nollywood. Questa comparazione si fa sotto il segno della rappresentazione antiumanitaria. Gli ultimi due saggi di Áine O’Healy e Alessandro Triulzi ci restituiscono due esperienze registiche e produttive particolarmente importanti. O’Healy analizza il lavoro di Andrea Segre e lo sforzo del documentarista nel forgiare strategie narrative e visive per raccontare le esperienze della migrazione. Il lavoro di Segre ci porta al saggio che chiude il volume: il racconto di Alessandro Triulzi relativo all’Archivio delle Memorie migranti di Roma e all’esperienza produttiva, distributiva e narrativa di Come un uomo sulla terra (Segre, Yimer e Biadene 2008), Soltanto il mare (Yimer 2011) e Benvenuti in Italia (Amiri, Dera, Dilaria, Ali, Yimer 2012). Il volume curato da Bond, Bonsaver e Faloppa è estremamente ricco, quasi di ambizione enciclopedica per la quantità di materiale analizzato. L’organizzazione dei contenuti, l’ordine in cui sono presentati i capitoli – spesso con un efficace passaggio di testimone tematico tra i vari autori – e la ottima introduzione permettono una lettura unitaria e non frammentata come spesso avviene in volumi collettanei di questa ampiezza. Tuttavia i curatori, in una comprensibile necessità di selezione, hanno trascurato alcuni elementi oggi fondamentali. Il volume in particolare è molto focalizzato sui media del diciannovesimo e ventesimo secolo (carta stampata, cinema, letteratura). Internet, che oggi ha un ruolo fondamentale nella ridefinizione delle modalità di costruzione della notizia, non ha ricevuto l’attenzione che forse era necessaria. Un secondo elemento che avrebbe meritato attenzione è il discorso politico. Alcune delle tendenze analizzate, come per esempio lo spostamento nella costruzione dell’alterità dal terrone al clandestino, si riflettono nelle strategie di movimenti come la Lega Nord (passata ad ambizioni da partito nazionale), nel quadro di dinamiche politiche che devono prendere in considerazione anche l’Europa come altra alterità presente nella rappresentazione del fenomeno migratorio.

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Daniele Salerno

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