DEDICA AD ISIDE DA ARQUATA DEL TRONTO

May 29, 2017 | Autor: Stefano Treggiari | Categoria: Mitologia, Saperi Naturalistici Popolari, Archeology
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Treggiari Stefano 339 – 4524198



Gianfranco Paci – Stefano Treggiari





Dedica ad Iside da Arquata del Tronto


Premessa

Quella dei monti Sibillini è un'area dalle caratteristiche
assolutamente particolari, sia per la sua posizione (tra Marche
meridionali, Abruzzo, Umbria e Lazio occidentale), per le sue peculiarità
morfologiche ed ambientali, per la ricchezza di tradizioni che fanno ad
essa capo (1), sia infine per gli aspetti dell'economia che la
contraddistingue. La creazione del Parco naturale dei Sibillini è
intervenuta, ormai qualche decennio fa, a sottolineare, salvaguardare tali
caratteristiche, nonché a potenziare le possibilità della zona. Per restare
nell'ambito dell'età antico, vale la pena di ricordare come questa zona sia
stata oggetto, nella seconda metà del secolo scorso e in anni più recenti,
di studi che ne hanno esaminato i tracciati viari, di ricerche volte
all'acquisizione della documentazione epigrafica d'età romana e di indagini
indirizzate alle esame delle potenzialità economiche (2).
Seppure si tratta di territorio difficile e dalle caratteristiche tutte
particolari, da una parte conservativa dall'altra d'ostacolo alle indagini
sul terreno, è evidente che le potenzialità d'indagine di quest'area sono
tutt'altro che esaurite.
Tale territorio oggetto dell'indagine del progetto: "il Piceno una terra
dalle tracce millenarie" coordinato da Stefano Treggiari, sta riportando
in superficie, un enorme patrimonio culturale che rischiava di andare
perduto.
Grazie alla volontà di 37 Amministrazioni comunali delle Province di
Ascoli Piceno e Macerata e del Centro Beni Culturali Regione Marche si è
reso operativo il progetto che vuole raggiungere come primo obiettivo
l'emersione e la preservazione dei segni lasciati dall'uomo.
Recentemente il ricercatore Stefano Treggiari è riuscito a individuare un
ricco corpus di iscrizioni e simboli su massi ed altro, che – si capisce
subito – costituiscono una documentazione importante per la storia dei
luoghi.
Un primo esame dei testi sul materiale fotografico, non consente di
risolvere in modo soddisfacente taluni problemi, come in primo luogo quello
del contenuto delle epigrafi e della loro cronologia, e si capisce che solo
un esame ravvicinato, sui documenti stessi potrà consentire di risolverli
almeno in parte.
E comunque evidente fin d'ora che tali segni scritti lasciati
dall'uomo per questi luoghi, quale che sia il livello cronologico di
appartenenza e quale il preciso tenore, costituiscono una documentazione
importante per la storia della frequentazione dell'area.
Durante il primo approccio al materiale fotografico fin qui acquisito
è stato in ogni modo possibile individuare un testo di sicura pertinenza
antica: una dedica ad Iside oggetto di queste pagine.
La lastra, è su un muro esterno di una casa di Arquata del Tronto (A.P.) ha
una larghezza massima di cm. 27.00 e un'altezza massima di cm. 17.50, la
dimensione delle lettere varia da cm. 5.00 a cm. 2,50, nel particolare le
lettere della prima linea vanno da cm. 5.00., a cm. 4.50, della seconda
da cm. 3.50 a cm. 3.00, della terza da cm. 3.50 a cm. 2.50, della quarta
cm. 2.50 . Si precisa che lo spessore non si è potuto rilevare in quanto
l'epigrafe è incassata sul muro a filo di intonaco.

La dedica ad Iside di Acquata del Tronto

La nuova epigrafe consiste in una piccola lastra in marmo bianco
fratta verticalmente in tre parti che si ricongiungono e con vari sui
bordi: in particolare sono andati perduti i due angoli superiori a sinistra
e a destra, mentre la pietra è palesemente incompleta a destra ed in basso;
tratti del bordo originario sono conservati sul lato di sinistra ed in
quello superiore.
Essa presenta un testo distribuito su quattro linee e redatto in
lettere di buona esecuzione. L'interpunzione, costituita di virgole
rovesciate, è usata con regolarità. Il testo è del seguente tenore:



Isidi

P(ublius) Bovius P(ubli) [f(ilius)]

Sabinus

d(ono) d(edit).

Il testo, a parte la perdita di due lettere alla fine delle ll. 3 e
4, è completo, come ci rassicura la sua stessa impaginazione.
Sull'integrazione proposta alla l. 3 si dirà appresso; quanto alla lettera
finale della l. 4, il frustolo di asta verticale sormontato da apice ben
marcato, visibile sul margine di frattura, ci rassicura, considerato anche
il contesto, sulla sua natura.
In nuovo documento ci restituisce una dedica ad Iside, il cui nome è
evidenziato dalle lettere di maggior formato, posta da un certo Publio
Bovio Sabino. La condizione sociale del dedicante resta naturalmente
ignota, potendosi trattare di un cittadino romano come di un liberto. Il
fregiarsi egli di un cognome latino induce tuttavia a ritenerlo, piuttosto,
di nascita libera, anche se la cosa non è imperativa. C'è tuttavia un altro
elemento da tener presente. Il gentilizio Bovius, d'origine ….(sannita?),
non è fin qui particolarmente documentato in regione: lo troviamo finora
attestato, a quanto pare, solo a Falerio (Falerone) e su ben due testi
epigrafici, a dimostrazione di un certo radicamento della gens in questa
città. Il primo è dato da una perduta urna cineraria rotonda, con
decorazione ad embrici, in cui compaiono i nomi di una Bovia Fausta e di un
Bovius Flaccus (3); l'altro è la famosa epistula di Domiziano a proposito
della controversia de susecivis che oppose per lungo tempo i Falerionensi
ai Firmani (4): in fondo al documento compare, in veste di curator, quindi
– se non erro – come responsabile della pubblicazione su tavola di bronzo
della decisione imperiale, un certo T. Bovius Verus e quindi - tra i tre
legati che devono aver perorato la causa di Falerio presso l'imperatore -
un certo P. Bovius Sabinus, omonimo dell'autore della dedica ad Iside. Va
subito detto che i due ultimi personaggi, con tutta probabilità imparentati
tra loro, denunciano l'appartenenza al ceto sociale più elevato, in ambito
municipale, della gens.
Una questione che si pone è se dietro l'omonimia tra l'autore della
dedica ed iliaca e il legato falerionense si celi o meno una identità di
persone. La cosa, va sottolineato, non è impossibile: l'elevato rango
sociale del legato potrebbe ben spiegarne la presenza, per ragioni che ci
sfuggono, in località diversa e alquanto distante dalla patria d'origine,
durante la quale avrà avuto occasione di innalzare la dedica di cui ci
occupiamo. Le attestazioni del gentilizio e il suo apparente radicamento
nell'antica Falerone parrebbero rafforzare tale ipotesi, mentre i caratteri
epigrafici della dedica ad Iside paiono ben conciliabili con una datazione
in età flavia o poco posteriore. D'altra parte, però, Sabinus è cognome
così diffuso e comune da legittimare il sospetto di una semplice omonimia.
L'acquisizione di una dedica alla dea egizia dal territorio
marchigiano, e dal Piceno in particolare, costituisce indubbiamente un
fatto degno d'interesse, sia in quanto viene ad alimentare una tematica -
quella della diffusione dei culti egizi in Italia - che ha visto in questi
ultimi decenni un moltiplicarsi degli studi, sia perché essa viene ad
aggiungersi ad altre scoperte che si sono susseguite ultimamente.
L'interesse per i culti egizi nel nostro territorio ha preso - si può dire
avvio con il ben noto lavoro della Budischovsky che, seppure non abbia
fatto altro che mettere insieme il materiale documentario sparso qua e la
in tante pubblicazioni, ha avuto l'indubbio merito di approntare a
beneficio degli studiosi una documentazione dispersa, evidenziando così
l'impatto ovvero l'importanza che questi culti hanno avuto in area
adriatica (5). Ad esso è poi seguito di recente il lavoro, innovativo e
molto aderente alla realtà territoriale, della Capriotti, che si produce in
un vero proprio studio sulla diffusione dei culti egizi, immettendo nel
dibattito un'abbondante documentazione anche nuova che va dall'età
pronostica all'età romana, arricchita attraverso ricerche personali e
l'approfondimento di un importante complesso come quello di Treia (6). In
effetti quella treiense costituisce l'acquisizione più importante, avvenuta
in questi ultimi anni, in questo campo per il nostro territorio, grazie
allo scavo di una parte del complesso cultuale e la conseguente
contestualizzazione topografica e cronologica di alcune testimonianze
sparse già note (7); ad essa si sono aggiunti un frammento d'iscrizione
col nome di Serapide proveniente dal Fabrianese (8) ed una dedica ad Iside
rinvenuta a Cagli (9). Si tratta in ogni caso di acquisizioni significative
che contribuiscono alla conoscenza della fortuna di questi culti, come ha
sottolineato ultimamente il Malaise (10).
La dedica di Arquata del Tronto si inquadra dunque in un panorama di
testimonianze ormai abbastanza articolato, che sottolinea il seguito
fortuna che questi culti hanno incontrato, non diversamente da quanto è
accaduto in altre aree dell'Italia antica, nel nostro territorio. Il testo
dell'epigrafe è, purtroppo, terribilmente avaro di informazioni (11), così
che a noi non resta che cercare di immaginare, sulla base della casistica
generale, qualcosa del suo retroterra. Innanzitutto il sito di provenienza,
per quanto indeterminato, si caratterizza per la sua importanza viaria,
venendo a trovarsi su un punto nodale della viabilità in questo tratto di
territorio: il sito d'Arquata innanzitutto costituisce un importante punto
di controllo della Salaria (12), che transita in basso, come mostrano le
vicende di età più recente e l'innalzamento, in tale funzione, del
castello. In questo punto inoltre della via consolare vanno probabilmente
collocate, stando alle ultime esiti della ricerca (13), la mutatio di
Surpicano e quella di Ad Centesimum, a poca distanza l'una dall'altra, la
prima delle quali sarebbe da porre nei pressi della chiesa di San
Salvatore, sottostante al paese, dove doveva trovarsi lo svincolo di una
strada che, salendo per Pretare, Montegallo, Comunanza e Amandola, passava
per l'antica Falerio e raggiungeva quindi Firmum Picenum.
Se dunque l'importanza strategica del sito, sin dall'età antica, è
abbastanza evidente, mancano invece le testimonianze di un presenza umana
che faccia ad essa riscontro (14): la cosa, certamente curiosa e forse
dovuta alla scarsezza delle nostre informazioni, non inficia comunque la
rilevanza del sito, di cui s' detto. La provenienza da qui, ora, della
dedica ad Iside va indubbiamente collegata con la realtà viaria del sito, e
con ogni verosimiglianza proprio con la stazione di Surpicano che qui si
trovava (15). E verosimile che in connessione della statio esistesse qui un
luogo di culto da età antica, dove ad un certo punto, per ragioni che ci
sfuggono, Publio Bovio Sabino decise di porre una dedica ad Iside. Che
cosa egli abbia fatto esattamente, cosa - cioè - si nasconda dietro questa
dedica, non lo sappiamo: per esempio potrebbe egli aver offerto una
immagine della dea con relativa dedica, oppure potrebbe aver addirittura
innalzato un'edicola destinata al culto della dea.
La testimonianza di Arquata del Tronto sottolinea ancora una volta il
ruolo che la viabilità romana ha avuto nella diffusione dei culti orientali
ed egizi in particolare (16), i quali trovavano poi in ambito cittadino il
migliore terreno di attecchimento e propagazione. E' significativo, a
questo riguardo, trovare proprio nella città di Asculum Picenum una
importante attestazione del culto isiaco nella dedica, databile al I sec.
d.C., di un recinto fatta dalla liberta Valeria Citeride alla dea, qui
associata a Giunone (17).

Note
* Appartiene a S. Treggiari la premessa, a G. Paci la presentazione
dell'epigrafe.
(1) Tra le quali spiccano per rilevanza quelle legate al mito della
Sibilla. Su di esse esiste oggi una vasta, quanto varia bibliografia. Cfr.
in generale F. Allevi, Con Dante la Sibilla ed altri, Milano 1965.
(2) G. Schmiedt, Contributo della foto-interpretazione alla conoscenza
della rete stradale dell'Umbria nell'alto Medioevo, in Atti del III
Convegno di Studi umbri (Gubbio, 23-27 maggio 1965), Perugia 1966, pp. 177-
209; R. Cordella – N. Criniti, Tra Salaria e Flaminia: la valle del Nera in
età tardoantica e altomedievale, in La Salaria in età tardoantica e
altomedievale. Atti del Convegno di studi (Rieti - Cascia - Norcia -
Ascoli Piceno, 28-30 settembre 2001), a c. di G. Paci - E. Catani, Roma
2004, pp. 00-00; R. Cordella – N. Criniti, Iscrizioni latine di Norcia e
dintorni, Spoleto 1982; Idd., Nuove iscrizioni latine di Norcia, Cascia e
Nalnerina, Spoleto 1988; E. Giorgi,
(3) C.I.L. IX 5469.
(4) C.I.L. IX 5420; F.I.R.A. I, n. 75.
(5) M.-C. Budischovsky, La diffusion des cultes isiaques autour de la mer
adtiatique, I. Inscriptions et monuments, Leiden 1977. Aggiungere qui
l'Inventaire di Malaise ?
(6) G. Capriotti Vittozzi, Oggetti, idee, culti egizi nelle Marche. Dalle
tombe picene al tempio di Treia, Tivoli 1999 (= «Picus» Suppl. VI).
(7) Grazie soprattutto agli scavi condotti sul sito, su cui vd. G.M.
Fabrini, Dal culto pagano al culto cristiano: testimonianze documentarie e
archeologiche per l'area del SS. Crocifisso a Treia, in «Picus» X (1990),
pp. 107-175.
che hanno tra l'altro consentito di contestualizzare topograficamente e
cronologicamente alcune testimonianze sparse.
(8) S.M. Marengo, I culti orientali dell'Italia centrale adriatica, in Les
cultes polythéistes dans l'Adriatique romaine, Paris – Bordeaux 2000 (=
«Ausonius», Et. 4), pp. 155-169.
(9) S. Orlandi, Una nuova dedica ad Iside da Cagli, in «Picus» XIX (1999),
pp. 207-217.
(10) M. Malaise, Nova Isiaca documenta Italiae. Un premier bilan (1978-
2001), in Isis en Occident. Actes du IIéme Colloque International sur les
études isiaques (Lyon III, 16-17 mai 2002), Leiden 2004, pp. 18-19, 21-23.
(11) A differenza di tante altre, che presentano testi più articolati come
si può vedere attraverso il prezioso repertorio di L. Vidman, Sylloge
inscriptionum religionis Isiacae et Sarapiacae, Berolini 1969.
(12) Sul percorso della Salaria in questo punto cfr. G. Conta, Asculum II.
Il territorio di Asculum in età romana, Pisa 1982, p. 363-365. Cfr. anche,
in generale sulla località, S.M. Marengo, Arquata del Tronto, in «Picus» V
(1985), pp. 250-256.
(13) Cfr. P. Dall'Aglio – E. Giorgi, La mutatio di Surpicano e i
diverticoli della Salaria nell'alta valle del Tronto, in La Salaria in età
antica. Atti del Convegno di studi (Ascoli Piceno - Offida - Rieti, 2-4
ottobre 1997), Roma 2000, pp. 171-183.
(14) Su possibili o presunti resti di mura romane cfr. Dall'Aglio – Giorgi,
art. cit., p. 177. Più consistenti sono invece i rinvenimenti, di età
protostorica, nella zona di Arquata, su cui ha richiamato l'attenzione N.
Lucentini, Prima della Salaria: testimonianze protostoriche della valle del
Tronto, in La Salaria in età antica, cit., pp. 297 e 305.
(15) L'impiantarsi di culti orientali lungo importanti arterie viarie si
spiega facilmente con l'assidua frequentazione di esse e con l'importanza
che i culti vennero ad avere in età imperiale. Ricordi, in ambito
regionale, la scoperta a Tavernelle di Serrungarina, sulla Flaminia, di
strutture riferibili ad una statio, tra le quali è stata recuperata una
testa di Attis, «probabilmente attribuibile al culto praticato nella
statio»: cfr. P. Quiri, Recenti interventi di scavo e restauro su manufatti
romani della via Flaminia, in Le strade nelle Marche. Il problema nel
tempo. Atti del Convegno di Fano, Fabriano, Pesaro, Ancona 11-14 ottobre
1984, Ancona 1987, p. 190.
(16) M. Malaise, Les conditions de pénétration et de diffusion des cultes
égyptiens en Italie, Leiden 1972, pp. 343-354. Cfr. anche, in ambito
regionale, Capriotti, op. cit., pp. 82-84.
(17) C.I.L. IX 5179; I.L.S. 4365; Budishovsky, op. cit., p. 30; Vidman, op.
cit., n. 479: Valeria M(arci) l(iberta) Citheris / Isidi Victricis (!) /
Iunoni / ex visu circuitum / d(e) s(ua) p(ecunia) f(aciendum) c(uravit). La
Budischovky (loc. cit.) richiama l'attenzione anche su C.I.L. IX 5209 in
cui compare una Cennia (mulieris) l(iberta) Amonia, il cui cognome denuncia
una matrice cultuale egizia. Per altre testimonianze di culti egizi nella
città cfr. anche Capriotti, op. cit., p. 64.
Sull'epigrafe anche Marengo?
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