Due cause di recesso da S.p.a.

June 15, 2017 | Autor: Riccardo Bordi | Categoria: Commercial Law, Diritto commerciale
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Diritto societario Società per azioni

Due cause di recesso da S.p.a. di Riccardo Bordi L’articolo esamina un problema che si presenta assai frequentemente nei casi in cui la maggioranza approva una modifica dello statuto sociale senza il consenso dei soci di minoranza: stabilire se sussiste o non sussiste, e dunque va o non va riconosciuto, il diritto di recesso. Prendendo spunto da un caso concreto vengono esaminate due modifiche statutarie concernenti: (i) l’inasprimento dei vincoli alla circolazione delle azioni (più precisamente, la modifica statutaria comportava il passaggio da una clausola di prelazione “semplice” a una clausola di prelazione “impropria”); (ii) la riduzione della quota di utili distribuibili. Si conclude che per entrambe le modifiche statutarie ora indicate sussiste, e dunque va riconosciuto, il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437 c.c.

1. Il problema di stabilire in quali casi sussiste il diritto di recesso Quando la maggioranza approva una modifica dello statuto sociale senza il consenso dei soci di minoranza, un primo problema da risolvere concerne lo stabilire se nel caso concreto sussiste o non sussiste il diritto di recesso. Si tratta di un problema frequente e attuale, come dimostrano i recenti importanti casi “Fiat” (1) e “Alitalia” (2). Anche in un recente caso concernente un istituto bancario era sorta una lite sulla sussistenza o (1) In data 1.8.2014 l’assemblea di Fiat S.p.A. ha approvato il progetto di fusione transfrontaliera di Fiat S.p.A. nella controllata totalitaria Fiat Investments N.V. La fusione - oltre a comportare rilevanti modifiche allo statuto sociale di Fiat S.p.A. - comportava anche il trasferimento della sede all’estero (art. 2437, comma 1, lett. “c” c.c.); il delisting delle azioni (art. 2437 quinquies c.c.); l’assoggettamento al diritto straniero della società risultante dalla fusione (art. 5, D.Lgs. n. 108/2008). Per le tre ragioni ora indicate gli amministratori di Fiat hanno ritenuto sussistente (e dunque hanno riconosciuto) il diritto di recesso in capo ai soci che non avevano concorso alla deliberazione di approvazione del progetto di fusione. Per limitare gli esborsi in caso di esercizio massivo del recesso, gli amministratori hanno subordinato l’efficacia della fusione, fra l’altro, alla condizione che “l’ammontare in denaro eventualmente da pagarsi (a) ai sensi dell’Articolo 2437-quater del Codice Civile agli azionisti di FIAT che abbiano esercitato il diritto di recesso in relazione alla Fusione e/o (b) ai creditori che abbiano proposto opposizione alla Fusione ai sensi di legge, non ecceda complessivamente l’importo di Euro 500 milioni” (così art. 17.1.(iii) del Progetto di Fusione). (2) In date 25 luglio/8 agosto 2014 l’assemblea di Alitalia Compagnia Aerea Italiana S.p.A. - nell’ambito dell’operazione con Etihad Airways - ha deliberato, fra l’altro, modifiche statutarie concernenti la emissione di nuove categorie di azioni do-

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meno del diritto di recesso. Il caso può sintetizzarsi come segue: per effetto di una delibera di fusione, lo statuto della società incorporata (si trattava appunto di una banca) veniva modificato conformemente allo statuto della società incorporante (si trattava di un’altra banca, che già controllava l’incorporata). Le modifiche statutarie concernevano, in particolare: (i) l’inasprimento dei vincoli alla circolazione delle azioni (più precisamente, la modifica statutaria comportava il passaggio da una clausola di prelazione “semplice” a una clausola di prelazione “impropria”) (3); tate di particolari privilegi nella ripartizione degli utili. Gli amministratori di Alitalia hanno ritenuto che tali modifiche statutarie non modificassero i “diritti di partecipazione” dei soci e, dunque, non hanno ritenuto sussistente il diritto di recesso ex art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. in capo ai soci che non hanno concorso alle anzidette deliberazioni. (3) In particolare, la modifica statutaria era la seguente:

Previgente statuto:

Nuovo statuto:

Il Socio che intenda trasferire per atto tra vivi, in tutto o in parte proprie azioni (…) dovrà previamente, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, comunicare al Presidente del Consiglio di Amministrazione la proposta di alienazione indicando tutte le condizioni della medesima (…).

Il Socio che intenda trasferire per atto tra vivi a titolo oneroso e con corrispettivo fungibile in tutto o in parte le proprie azioni (…) deve previamente, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, rivolgersi al Presidente del Consiglio di Amministrazione, comunicandogli oggetto, quantità, prezzo e condizioni dell’operazione, nonché l’identità del soggetto al quale intende effettuare il trasferimento. Il prezzo indicato non può superare di oltre il 30% il corrispettivo monetario massimo fissato da un collegio di tre arbitri (…) Le deliberazioni del collegio arbitrale saranno per le parti definitive e vincolanti come manifestazioni della loro stessa volontà (…).

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Diritto societario (ii) la riduzione della quota di utili distribuibili (4). Alcuni soci di minoranza della società incorporata - che non avevano concorso alla deliberazione delle modifiche statutarie ora indicate - hanno sostenuto che entrambe tali modifiche statutarie fondavano il diritto di recesso dalla società. Per tali ragioni i soci di minoranza hanno esercitato il recesso. La società ha contestato il recesso esercitato dai soci, e i soci di minoranza dissenzienti hanno allora iniziato un giudizio che aveva ad oggetto la sussistenza o meno del loro diritto di recesso. Il giudizio è stato definito in primo grado dal Tribunale di Lecce con sentenza del 23.1.2013, inedita, con cui il Tribunale ha affermato la sussistenza del diritto di recesso in relazione a entrambe le modifiche statutarie ora indicate.

2. Il diritto del socio di recedere dalla società sussiste: 2.1. In caso di “inasprimento” dei vincoli statutari alla circolazione delle azioni (art. 2437, comma 2, lett. b, c.c.) La legge consente di “introdurre o rimuovere” a maggioranza, cioè senza il consenso unanime dei soci, “vincoli alla circolazione dei titoli azionari”, ma in tal caso riconosce il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso alla relativa deliberazione (art. 2437, comma 2, lett. b, c.c.) (5). (4) In particolare, la modifica statutaria era la seguente:

Previgente statuto

Nuovo statuto

L’utile d’esercizio, quale risulta dal bilancio approvato, a netto della quota destinata a riserva legale nonché della riserva straordinaria e degli accantonamenti volontari e di legge, sarà ripartito fra gli azionisti sotto forma di dividendo salvo diversa deliberazione dell’Assemblea. Alla riserva legale verrà destinato non meno del 5% dell’utile di bilancio, mentre alla riserva straordinaria sarà assegnato il 5% dell’utile stesso.

Gli utili netti, dopo la detrazione del dodici per cento, da accantonarsi a titolo di riserva legale fino a che esso abbia raggiunto il quaranta per cento del capitale sociale e dopo la detrazione di un ulteriore quaranta per cento da accantonarsi a riserva statutaria, vengono distribuiti agli azionisti come dividendo sulle azioni salva diversa deliberazione della Assemblea, la quale può destinare in sede ordinaria in tutto od in parte gli utili disponibili, nonché quelli di precedenti esercizi accantonati a nuovo od a riserve facoltative, per l’accantonamento a riserva disponibile, per svalutazione di partite dell’attivo, per acquisto di azioni sociali o per altri fini sociali.

La modifica statutaria comportava dunque: (i) l’innalzamento della quota annuale di accantonamento a riserva legale, che passava dal 5% del “previgente” statuto al 12% del “nuovo” statuto; (ii) l’innalzamento della riserva statutaria, che passava dal 5% del “previgente” statuto al 40% del “nuovo” statuto. (5) Si tratta di una causa di recesso “derogabile”, cioè che sussiste “salvo che lo statuto disponga diversamente” (così

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La lettera della legge non ha suscitato particolari problemi interpretativi sulla sussistenza del diritto di recesso in caso di introduzione ex novo di vincoli alla circolazione delle azioni che prima non esistevano (o in caso di rimozione di vincoli pre-esistenti) (6). Un problema interpretativo può invece porsi in caso - non già di introduzione ex novo, bensì - di semplice modificazione (inasprimento) della clausola di prelazione, cioè di modificazione un pre-esistente vincolo alla circolazione delle azioni. Di seguito si sintetizzano gli argomenti che, in conformità alla (scarsa) giurisprudenza edita, portano a ritenere che sussiste il diritto di recesso anche in caso di semplice modificazione (“inasprimento”) di un pre-esistente vincolo alla circolazione delle azioni. (i) La modificazione di un pre-esistente vincolo alla circolazione delle azioni equivale, nella sostanza, alla introduzione ex novo di “diversi” e/o“aggiuntivi” vincoli alla circolazione delle azioni, vincoli prima inesistenti (7). In questa situazione non pare potersi dubitare che anche la modificazione di un pre-esistente vincolo alla circolazione delle azioni - cioè, in sostanza, la introduzione ex novo di “diversi” e/o “aggiuntivi” vincoli alla circolazione delle azioni prima inesistenti - attribuisca il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437, comma 2, lett. b), c.c. l’art. 2437, comma 2, c.c.; v. anche quanto disposto dall’art. 2355 bis, comma 2, c.c. sulle clausole di c.d. “mero gradimento”). (6) Ad esempio, non si dubita della sussistenza del diritto di recesso nel caso in cui la maggioranza dei soci introduca ex novo una clausola di “prelazione”. Sulla “prelazione” quale limitazione alla circolazione delle azioni si rinvia all’ampia disamina di L. Delli Priscoli, L’uscita volontaria del socio dalle società di capitali, Milano, 2005, 179 ss.; v. anche Rinaldi, nota a Trib. Milano, 30.4.2008, in questa Rivista, 2/2010, 236; L. Ferri, Il recesso nella nuova disciplina delle società di capitali. Brevi considerazioni, in Riv. notar., 2004, I, 924: alle deliberazioni “che introducono o sopprimono clausole di gradimento o di prelazione a semplice maggioranza…fa da contrappeso il riconoscimento ai soci non assenzienti di un diritto di recesso”. (7) In questo senso v. M. Ventoruzzo, I criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso del socio, Relazione al convegno OIV-Univ. Bocconi, Diritto e prassi delle valutazioni d’azienda: aspetti critici, Milano, 9-10.6.2014 (ivi nt. 81 e testo corrispondente). Nel caso deciso dal Tribunale di Lecce la modifica statutaria che, inasprendo la clausola di “prelazione” pre-esistente, la trasforma in una clausola di prelazione c.d. “impropria”, equivale alla introduzione di un ulteriore aggiuntivo vincolo alla circolazione delle azioni: al socio alienante viene imposto non più solo la previa offerta delle azioni agli altri soci, ma il prezzo massimo di vendita delle azioni (non più del 30% del prezzo stabilito da un collegio arbitrale).

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Diritto societario (ii) La conclusione ora indicata è confermata dalla ratio della causa di recesso prevista dall’art. 2437, comma 2, lett. b), c.c., che è quella di riconoscere al socio la tutela di cui all’art. 2437, comma 2, lett. b), c.c. (cioè il diritto di recesso) in presenza di qualsiasi modifica statutaria che abbia l’effetto di cambiare le condizioni di rischio del suo investimento (nel caso, la possibilità di vendere più o meno agevolmente le azioni) rispetto alle condizioni note al momento in cui è entrato nella compagine sociale. Le considerazioni sub “i” e “ii” che precedono sono da tempo affermate dalla dottrina maggioritaria che - seppure con qualche distinguo - ritiene che anche la semplice modificazione di un pre-esistente vincolo alla circolazione delle azioni attribuisce, ai sensi dell’art. 2437, comma 2, lett. b), c.c., il diritto di recesso (8). Anche la giurisprudenza afferma che la modifica statutaria che introduce una clausola di c.d. “prelazione ‘impropria’” (clausola di cui è addirittura dubbia la validità (9)) costituisce un inasprimento “estremamente grave” “del diritto alla libera alienazione delle azioni societarie” e legittima il diritto di recesso. In particolare: - il Tribunale di Lecce, nella sentenza inedita del 23 gennaio 2013 già citata (v. § 1), ha rilevato che il passaggio dalla clausola di prelazione semplice alla clausola di prelazione c.d. “impropria” (e v. nt. 3), “certamente apprezzabile per le sue finalità solidaristiche endosocietarie tese a favorire e regolamentare la prelazione spettante ai soci, modifica evidentemente in peius - per il socio cedente - le prospettive di possibile realizzo ed incide direttamente sul regime di circolazio-

2.2. Il diritto del socio di recedere dalla società sussiste in caso di modificazioni dello statuto concernenti la partecipazione dei soci agli “utili” (art. 2437, comma 1, lett. g, c.c.) La legge consente di approvare a maggioranza, cioè senza il consenso unanime dei soci, “modificazioni

(8) Si veda, ex multis, D. Galletti, in Il nuovo diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2005, sub art. 2437, 1514: il diritto di recesso ex art. 2437, comma 2, lett. b), c.c. riguardi non solo l’“introduzione …di vincoli alla circolazione dei titoli azionari”, ma anche la “mera modificazione di clausole di prelazione” preesistenti; Id.,Il diritto di recesso, in Il nuovo diritto societario, a cura di S. Ambrosini, Torino, 2005, 345. Nello stesso senso v. G. Guerrieri, Questioni aperte in tema di prelazione statutaria, in Giur. comm., 2011, 6, 828; M. Ventoruzzo, Recesso e valore della partecipazione nelle società di capitali, Milano, 2012, 35, secondo cui anche una “mera modificazione di clausole di prelazione…avrà l’effetto di ampliarne o restringerne la portata e, quindi, potrà essere considerata un’introduzione o rimozione di vincoli”; Id., I criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso, in Riv. Società, 2005, 309 e, più recentemente, Relazione al convegno OIV-Univ. Bocconi, Diritto e prassi delle valutazioni d’azienda: aspetti critici, Milano, 9-10 giugno 2014; V. Di Cataldo, Il recesso del socio di società per azioni, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum di G.F. Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007, 231; F. Annunziata, cit. da A. Daccò, Il recesso nelle s.p.a., in Le nuove s.p.a., diretta da O. Cagnasso e L. Panzani, Bologna, 2010, 1417, secondo cui il recesso deve essere riconosciuto “anche ad ipotesi ‘intermedie’ per effetto delle quali clausole già presen-

ti in statuto vengono ampliate o ristrette nella loro concreta portata”. (9) V. Trib. Trieste 19 dicembre 1993, in questa Rivista, 1994, 1371 e in Giur. comm., 1995, II, 431 secondo cui “è nulla la clausola di prelazione che … rimette la determinazione [del prezzo delle azioni - N.d.A.] ad un collegio arbitrale in quanto impone al socio alienante di preferire il consocio al terzo anche a condizioni diverse, e nel caso di specie ad un prezzo inferiore”. V. anche autorevolmente F. Galgano, Sull’equitas delle prestazioni contrattuali, in Contr. e impr., 1993, 423 e T. Ascarelli, Sui limiti statutari alla circolazione delle partecipazioni azionarie, in Banca, borsa, tit. cred., 1953, 314. (10) La sentenza è pubblicata in Giur. comm., 2007, II, 390, con nota adesiva di V. Santoro. V. anche Trib. Roma 9 dicembre 1987 - in un caso di introduzione, nel nuovo statuto, di una clausola di prelazione “impropria” in luogo della clausola di prelazione propria precedentemente vigente - che ha rilevato che tale clausola “deve apprezzarsi come una vera e propria innovazione destinata ad influire non già sulla gestione della società ma sulle posizioni personali dei soci che, dapprima liberi di vendere al miglior prezzo possibile, avrebbero dovuto per il futuro sottostare alla determinazione dell’arbitratore e rinunciare così alle possibili maggiori somme offerte loro dai terzi” (in questa Rivista, 5/1988, 491).

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ne delle azioni, escludendo dall’area dei potenziali acquirenti tutti quei soggetti ispirati dall’interesse ad entrare a far parte della compagine in luogo dei soci uscenti e, perciò, disposti ad offrire un prezzo maggiorato oltre il 30% rispetto a quello determinato dal collegio arbitrale”. Va detto che, sotto questo profilo, il caso deciso dal Tribunale di Lecce era particolare poiché lo statuto della società prevedeva espressamente il diritto di recesso anche in caso di semplice modificazione (“inasprimento”) dei vincoli alla circolazione delle azioni; - il Trib. Vicenza 31 ottobre 2005, in Giur. comm., 2007, II, 390 - in un caso in cui era stata deliberata “l’introduzione nello statuto sociale di una clausola di prelazione impropria con contestuale esclusione del diritto di recesso” - ha rilevato che simile deliberazione rappresentava “una importante limitazione del diritto alla libera alienazione delle azioni societarie precedentemente vantato da tutti i soci - la cui compressione oltretutto si presenta estremamente grave per essere stato previsto quel particolare meccanismo di prelazione impropria che … comporta, attraverso l’intervento degli arbitratori, la perdita della possibilità dei soci che intendano cedere a terzi le loro azioni e che reperiscano acquirenti disposti a pagare le stesse azioni più di quanto stabilito dagli arbitratori medesimi di ottenere questo maggior vantaggio” (10).

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Diritto societario dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione”, ma anche in tal caso riconosce il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso alla relativa deliberazione (art. 2437, comma 1, lett. g, c.c.) (11). Un rilevante problema interpretativo concernente questa causa di recesso è quello di stabilire se sussiste o non sussiste il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. in caso di modifica delle clausole statutarie concernenti la partecipazione agli “utili”. Si tratta, in sostanza, di stabilire se la modifica delle clausole statutarie concernenti la partecipazione agli “utili” può ritenersi una modifica dei “diritti di partecipazione” ai sensi dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. (12). Gli argomenti più convincenti portano a ritenere che sussiste il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. in caso di modifica delle clausole statutarie concernenti la partecipazione agli “utili” (si tratta di argomenti che superano le obiezioni che potrebbero condurre a una conclusione opposta (13)). In sintesi. (i) Sotto il profilo letterale, l’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. riconosce il diritto di recesso in caso di “modificazioni dello statuto concernenti” sia “i diritti di voto” sia “i diritti di partecipazione”. Per valorizzare questa dicotomia fra diritti di voto e diritti di partecipazione, cioè per valorizzare “la contrapposizione con la prima parte della norma, relativa

ai diritti corporativi, quale quello di voto”, è “più coerente dare un’interpretazione che riferisca la formula” “diritti di partecipazione” proprio “al diritto di partecipazione agli utili” (14). (ii) Sotto il profilo della ratio, la causa di recesso prevista dall’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. tutela il socio (di minoranza) consentendogli di disinvestire qualora sia modificato dalla maggioranza il profilo di rischio del suo investimento (15). Poiché non può ragionevolmente dubitarsi che il profilo di rischio di un investimento sia fortemente modificato in caso di modificazioni statutarie concernenti la partecipazione agli “utili”, appare del tutto conforme alla ratio dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. riconoscere il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso alle modificazioni statutarie concernenti la partecipazione agli “utili” (16). (iii) Sotto il profilo contrattuale, del resto, la partecipazione agli “utili” rappresenta un essenziale diritto di partecipazione del socio al contratto di società. Infatti, non solo la partecipazione agli “utili” è scopo comune di tutti i contraenti del contratto di società (art. 2247 c.c.), ma le clausole statutarie “secondo le quali gli utili devono essere ripartiti” sono elemento essenziale del contratto di società (art. 2328, comma 2, n. 7, c.c.). In questa situazione è ragionevole ritenere che l’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c., laddove ricono-

(11) Sull’interpretazione dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. con prevalente riferimento alla locuzione “diritti di voto” ci si limita a citare i recenti articoli di V. Salafia, Le modifiche statutarie concernenti il diritto di voto (o di partecipazione), in questa Rivista, 8-9/2014, 913, e di A. Busani - M. Sagliocca, Le azioni non si contano, ma si pesano: superato il principio one share one vote con l’introduzione delle azioni a voto ‘‘plurimo’’ e a voto ‘‘maggiorato’’, in questa Rivista, 10/2014, 1048 i quali rilevano che, con riferimento alla recente introduzione delle azioni “a voto plurimo”, qualora “una società decida di introdurre la clausola, che consente di emettere azioni ‘a voto plurimo’, mediante una modifica del suo statuto” occorre riconoscere ai soci non assenzienti il diritto di recesso ex art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. (12) Questo problema interpretativo era stato segnalato anche da Borsa Italiana s.p.a. nelle Osservazioni sulla “bozza” di riforma del diritto societario pubblicate in Riv. Società, 2002, 1579. (13) Le obiezioni per sostenere che la modifica statutaria concernente la partecipazione agli “utili” non è una modifica statutaria che attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. non considerano la lettera e la ratio della norma. Tali obiezioni possono sintetizzarsi come segue: (i) il socio non è titolare di un vero e proprio “diritto” agli utili, quanto piuttosto di una mera “aspettativa” agli utili. Infatti, il diritto agli utili “sorge soltanto se e nella misura in cui la maggioranza assembleare ne disponga l’erogazione ai soci, mentre, prima di tale momento, vi è una semplice aspettativa, potendone l’assemblea sociale impiegare diversamente gli utili o anche rinviarne la distribuzione nell’interesse della società”

(Cass. 11 marzo 1993, n. 2959). In questa situazione, la modifica delle clausole statutarie concernenti la partecipazione agli “utili” non potrebbe ritenersi la modifica di un vero e proprio “diritto” di partecipazione ai sensi dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c.; (ii) inoltre i diritti di “partecipazione” di cui all’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. dovrebbero essere intesi come i diritti c.d. “amministrativi” dei soci (diritto di voto, diritti di rappresentanza in CdA, ecc.), con esclusione dei diritti c.d. “patrimoniali” dei soci (quali appunto la partecipazione agli utili). (14) Così O. Cagnasso, Profili della disciplina del recesso del socio di s.p.a., in Il Nuovo dir. delle Società, 17/2011, 13. Nello stesso senso A. Awad, I “diritti di voto e di partecipazione” fra recesso e assemblee speciali, in Banca, borsa, tit. cred., 3/2009, 315, il quale rileva che “in questo specifico contesto, i diritti di partecipazione non possono esaurirsi nei soli diritti amministrativi”, diversamente “la specificazione ‘diritti di voto’, contenuta nella prima parte, sarebbe priva di ogni utilità, essendo ingiustificato lo scorporo dei diritti di voto dai diritti di partecipazione”. Pertanto, “nell’ottica di attribuire un significato ulteriore … l’espressione [diritti di partecipazione - N.d.A.] potrebbe avere una valenza solo patrimoniale, o una valenza omnicomprensiva, riferita sia ai diritti patrimoniali sia ai diritti amministrativi”. (15) Il diritto di recesso in caso di “alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento” è anche previsto espressamente dall’art. 2497-quater, comma 1, lett. c) (concernente il diritto di recesso del socio “all’inizio ed alla cessazione dell’attività di direzione e coordinamento”). (16) In questo senso C. Frigeni, Partecipazione in società di capitali e diritto al disinvestimento, Milano, 2009, 185.

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Diritto societario sce il recesso in caso di “modificazioni dello statuto concernenti i diritti … di partecipazione”, si riferisca alle modificazioni delle clausole statutarie “secondo le quali gli utili devono essere ripartiti” (e cioè alle modificazioni delle clausole che disciplinano lo scopo comune di tutti i contraenti e sono elemento essenziale del contratto di società) (17). (iv) Sotto il profilo sistematico, infine, è stato rilevato che, laddove il legislatore ha inteso riferirsi ai soli diritti “amministrativi” dei soci e non anche ai diritti “patrimoniali” dei soci, lo ha detto espressamente (v. l’art. 2349 c.c. che parla solo di “diritti amministrativi”). Laddove invece l’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. parla genericamente di diritti di “partecipazione”, sembra preferibile riferire tale locuzione sia ai diritti “amministrativi” sia anche ai diritti “patrimoniali” dei soci (18). In definitiva sembra potersi concludere che sussiste il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. in caso di modifica delle clausole statutarie concernenti i diritti c.d. “patrimoniali” dei soci, quali la partecipazione dei soci agli “utili”.

Le considerazioni che precedono sono condivise dalla dottrina (19) e dalla giurisprudenza più recente; precisamente: - il Tribunale di Lecce, nella sentenza inedita del 23 gennaio 2013già citata (v. § 1), ha rilevato che “se per statuto si riduce la quota di utili da ripartire, diminuisce ad un tempo - in proporzione - la possibilità per i soci di ricevere concretamente hic et nunc il denaro via via spettante in base alla propria partecipazione. Non può dunque dubitarsi che la modifica [statutaria che riduce la quota di utili da ripartire: v. nt. 4] rientri a pieno titolo tra quelle previste dall’art. 2437 comma 1 lett. g) c.c.” (20); - anche il Tribunale di Roma, nella sentenza del 21 gennaio 2013 in Foro pad., 2013/II, 469, aveva affermato che “nel concetto di modificazione dei ‘diritti di partecipazione’” di cui all’art. 2437, comma 1, lett. “g” c.c. “si deve ricomprendere qualsiasi modificazione statutaria incidente in maniera diretta…sui diritti patrimoniali”, “ossia di partecipazione ai risultati economici della società” (21).

(17) In questo senso v. A. Paciello, in Codice commentato delle s.p.a., diretto da G. Fauceglia - G. Schiano di Pepe, Torino, 2007, sub art. 2437, 1114, secondo cui fra le modifiche dei diritti di partecipazione di cui all’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. rientrano “tutte le modifiche di cui all’art. 2328, co. 2, n. 7” (ossia “tutte le modifiche” delle “norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti”). (18) In questo senso v. U. Santosuosso, in La riforma del diritto societario. Lavori preparatori. Testi e materiali, a cura di M. Vietti – F. Auletta - G. Lo Cascio - U. Tombari - A. Zoppini, Milano, 2006 il quale rileva che l’originaria “bozza” di riforma dell’art. 2346 c.c. conteneva l’espressione diritti di partecipazione e che tale espressione è stata volutamente sostituita dal legislatore con l’espressione diritti amministrativi proprio perché “anche i diritti patrimoniali possono essere ricompresi tra i diritti di partecipazione”. (19) Si veda ad es. M. Bianca, Contratto di società e recesso: breve chicane attorno all’oggetto sociale, in Riv. Società, 4/2012, 710; Bonaura, Il recesso del socio di società di capitali, in Giur. comm., 2005, I, 291, secondo cui rientrano “nella previsione normativa certamente le delibere aventi ad oggetto…la modifica delle clausole statutarie relative alla partecipazione agli utili”; F. Annunziata, cit. da E. Bergamo, Il diritto di recesso nella riforma del diritto societario, in Giur. it., 2006, 5, 1102; A. Daccò, Il recesso nelle s.p.a., in Le nuove s.p.a., diretta da Cagnasso - Panzani, Bologna, 2010, 1413, secondo cui con l’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. il legislatore ha voluto “riconoscere il recesso nel caso di modifiche statutarie concernenti il diritto di voto (ad es. eliminazione di una clausola statutaria che prevede il voto per corrispondenza, o introduzione in statuto di limiti quantitativi all’esercizio del diritto di voto) e i diritti c.d. parteci-

pativi (modifica della clausola statutaria relativa alla partecipazione agli utili)”; V. Di Cataldo, Il recesso del socio di società per azioni, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum di G.F. Campobasso, diretto da P. Abbadessa - G.B. Portale, Torino, 2007, 228; P. Butturini, Le fattispecie legali di recesso introdotte dalla riforma delle società di capitali, in Contr. e impr., 2008, 375. Del resto, anche quella parte di dottrina che ha qualche dubbio sul fatto che l’art. 2437, comma 1, lett. g), c.c. “faccia riferimento ai diritti di partecipazione patrimoniale (ad esempio agli utili), ovvero ai diritti di partecipazione amministrativa, o ad entrambi”, conclude nel senso che “la norma abbia prevalentemente ad oggetto i diritti patrimoniali” (così M. Ciconte, in Codice commentato delle s.p.a., diretto da G. Fauceglia - G. Schiano di Pepe, Torino, 2007, sub art. 2437, 1217); conforme D. Galletti, in Il nuovo diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2005, sub art. 2437, 151. (20) Il Tribunale di Lecce ha altresì aggiunto che era “fuorviante l’argomentazione difensiva [della società convenuta] secondo cui ad essere compresso non sarebbe il diritto agli utili bensì la mera aspettativa alla ripartizione degli stessi, che presuppone una autonoma delibera assemblare” (v. precedente nt. 13 punto “i”), poiché una qualsiasi modifica statutaria che incide sulla distribuzione degli utili “penalizza i diritti di partecipazione spettanti agli attori, nella misura in cui modifica i rapporti tra utili indisponibili e utili disponibili”. (21) La sentenza, pubblicata in Foro pad., 2013/II, 469, concerne una modificazione statutaria in base alla quale, in caso di aumento di capitale, la maggioranza dei soci aveva il potere di esonerare il sottoscrittore dall’immediato versamento del 25% del valore delle nuove azioni.

Le Società 4/2015

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