Estetica pop

June 8, 2017 | Autor: Francesco Paparella | Categoria: Theodor Adorno, Max Horkheimer, Walter Benjamin, Karl Popper, Jean Baudrillard, Umberto Eco
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1. Valore di estetica in estetica pop: definizione concettuale di bello,
riflessione sul ruolo del bello, artificiale e naturale, per una
comprensione/analisi filosofica del reale secondo il programma kantiano
nella terza Critica (1790) nel contesto culturale della nascita
dell'estetica filosofica; come è noto il termine appare nelle Meditationes
philosophicae de nonnullis ad poema pertinentibus (1735), di Baumgarten
come «scienza della conoscenza sensibile»/«gnoseologia inferiore» e come
«teoria delle arti liberali».


2. In questo intervento, quindi, si prenderà in considerazione la cultura
pop, la cultura popolare per approfondire quale sia l'idea di bello e più
in generale di perfezione che questa cultura propone sia per valutare lo
spessore delle espressioni di tale cultura in termini di concettualità e
speculazione. In questo modo alcune riflessioni potranno avvicinarsi a
quella branca della riflessione filosofica contemporanea indicata come Pop-
sophia: analisi dei fenomeni culturali pop con strumenti e da punti di
vista filosofici per comprendere il grado di complessità degli stessi e per
leggerli come le narrazioni dove rinvenire l'ethos/lo spirito del nostro
tempo.
Non si prenderà invece in considerazione la Pop Art la quale è di certo
connessa al fenomeno della cultura popolare ma se ne distanzia per qualità
e finalità.
2.1 la Pop Art, come osserva Lawrence Alloway, parte dell'Indipedent Group
londinese e al quale viene attribuita l'introduzione dell'espressione Pop
Art, è la corrente artistica, collocabile negli anni '60 del '900, in cui
l'arte popolare, cioè mass-mediatica e per le folle, è sottoposta a una
riflessione consapevole, un'analisi sul sistema/codice della cultura pop (a
partire quindi da una posizione non pop). In modo analogo anche Eco
definisce la pop art come reazione dell'avanguardia alla cultura popolare
di cui riprende gli elementi più caratterizzanti ri-analizzandoli e
modificandone il significato.


3. Relazione tra cultura pop e cultura di massa; definizione della cultura
di massa e dell'inizio della sua storia


4. L'atteggiamento della cultura e della critica nei confronti della
cultura di massa e della pop cultur può essere articolato in tre posizioni,
anche cronologicamente differenti:

4.1 La prima fase, quella sviluppata nel pensiero di Walter Benjamin
(L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, pubblicata
nel 1936 è il caso più significativo), propone una valutazione positiva
della nuova forma di cultura. L'analisi di Benjamin in particolare si
concentra sulle conseguenze gnoseologiche (al livello di riflessione sul
valore conoscitivo) delle nuove tecniche di produzione-riproduzione
dell'arte, ovvero la fotografia e il cinema; la riproduzione dell'opera
d'arte mediante la fotografia e la creazione cinematografica producono:
1) un venire meno dell'aura (importanza, eccezionalità, sacralità
dell'opera d'arte; definita da Benjamin come la lontananza perdurante
nell'oggetto artistico e nell'esperienza estetica, anche naturale) in
quanto l'opera d'arte è fruita ovunque/in qualunque momento nelle sue
copie.
2) il diverso tipo di attenzione/conoscenza propria della fruizione
dell'arte riprodotta tecnicamente, in particolare nel cinema, A) ovvero una
visione inconscia (in quanto operata da uno sguardo oggettivo della
macchina da ripresa, a-coscienziale), B) distratta (secondo la modalità di
fruizione del cinema che non permette un'attenzione costante e
focalizzata), C) organizzata nella "dinamite dei centesimi di secondo"
(cfr. velocità della riproduzione e del montaggio nel cinema) che consente
una osservazione libera e con attenzione diffusa.
Benjamin sottolinea l'importanza politica di questa arte, in quanto
"democratizza" l'arte e va incontro ai bisogni conoscitivi delle masse
proletarie.
Benjamin non manca di sottolineare in questa arte le sue trasformazioni più
pertinenti per la questione della cultura di massa, sottolineando che con
questa l'immagine non ha più valore cultuale ma espositivo: l'arte nella
dimensione pop-di massa si fa fruibilità e puro apparire.

4.2 La seconda fase è quella di netta critica che si sviluppa a partire dal
saggio del 1947 L'industria culturale contenuto in Dialettica
dell'illuminismo (poi ripresa in conferenze e interventi degli anni '60),
testo di Horkheimer e Adorno di riflessione sulle origini delle barbarie
naziste e sui limiti della cultura occidentale (definita come illuminista
in senso lato e le cui prime manifestazioni si trovano già nell'Ulisse
omerico).
Nell'analisi dei due filosofi (in esilio in America) l'industria culturale,
come quella americana del cinema hollywoodiano, rappresenta una A) forma di
produzione stereotipata e di basso contenuto, B) funzionale
all'indottrinamento delle masse per l'obbedienza nel sistema capitalistico.

Politicamente questa condizione è l'effetto/pendant della democrazia come
potere dell'opinione pubblica dove non c'è persuasione (razionale) ma la
pressione della massa/numero che condiziona le singole coscienze; la
conseguenza estetica di questa politica è "cercare di stupire più che di
piacere", "trascinare le passioni più che attrarre il gusto", secondo
l'espressione di Tocqueville, La democrazia in America, pagg. 474 – 5.
individualismo massificato (N.P.: contraddizione in termini culto della
persona per tutti, come i prodotti di Baudrillard personalizzati benché
industriali, di serie ma personalizzabili per pochi dettagli e orientati a
riprodurre il modello unico che pochi possono possedere, a partire da Il
sistema degli oggetti, 1972; analoghe riflessioni in Van den Haag in Of
Happiness and Of Desire we Have no Measure del 1957 dove si afferma che le
cose e le relazioni impersonali sono personalizzabili per compensare l'uomo
della sua spersonalizzazione della vita individuale).
Sul tema della relazione tra cultura di massa-pop e democrazia e come
testimonianza della critica alla stessa cultura pop, una delle voci più
interessanti è quella di Karl Popper (1902 – 1904) il quale si è anche
occupato di temi etico-politici a partire da La società aperta e i suoi
nemici (1945). Popper ritiene che la cultura televisiva sia una minaccia
alla democrazia proprio in quanto espressione del potere democratico.
Popper, in Una patente per fare tv, poi raccolto nel volume Cattiva maestra
televisione con altri scritti (1994), accusa la televisione di essere un
pericolo per l'educazione dei giovani in quanto violenta; la violenza (come
il sesso e il sensazionalismo) sono però conseguenze di ciò che il pubblico
richiede; Popper sostiene che, al di là di altre difficoltà (come sapere
veramente cosa la gente vuole e non sapere se la gente potrebbe imparare a
gradire programmi educativi) osserva che la democrazia è "difesa della
dittatura" e che non è anti-democratico che chi sa educhi chi non sa, in
quanto la democrazia pone grande enfasi sulla educazione (pagg. 36 – 37).
Inoltre la democrazia è "mettere sotto controllo il potere politico" (pag.
44), e se la televisione ha un potere (per Popper il più grande), va
controllata.
In questo modo Popper tocca temi centrali della relazione
potere/politica/cultura in ambito democratico: A) la democrazia come
espressione della massa produce una cultura della massa, ma non sempre il
giudizio della massa è corretto, B) la democrazia richiede educazione della
massa, sebbene l'idea di una educazione/selezione sembri contraddire l'idea
della libera espressione della maggioranza.
Si definisce così una rottura tra Cultura alta, artisticamente
rappresentata dalle avanguardie novecentesche (Adorno fa riferimento alla
musica dodecafonica di Schönberg), e una Cultura bassa, appunto di massa-
pop, opposta alla prima per qualità e tecniche.

4.3. La terza fase che può essere fatta iniziare nella metà degli anni 60,
in cui il giudizio sulla cultura pop si fa più articolato e in cui vengono
inserite nel dibattito nuove categorie. Il 1964 in particolare è un anno
fecondo in quanto escono alcuni saggi innovativi sul tema della cultura di
massa: Apocalittici e integrati di Umberto Eco e il catalogo della mostra
presso il Los Angeles County Museum curata da Clement Greenberg con un suo
articolo sull' "astrattismo post-pittorico" (secondo la definizione dello
stesso Greenberg).
In questo contesto la riflessione su limiti e valore della cultura pop vede
l'elaborazione della categoria di mid-culture o midcult, elaborata in
particolare da Dwight MacDonald in Masscult e midcult (saggio del 1960,
frutto di diverse rielaborazione successive) in cui MacDonald individua il
vero prodotto decadente dell'industria culturale nella Midcult, la cultura
di mezzo, che si oppone sia all'avanguardia sia alla vera cultura di massa.
Il limite di questa forma di prodotto è l'assenza di una profondità e
originalità dei contenuti che però viene dissimulata da una aspirazione a
forme di espressione più alta; secondo l'espressione di MacDonald si tratta
di una cultura di massa che nasconde il suo carattere di massa sotto una
"foglia di fico" della vera cultura.
Le medesime intuizioni si trovano in ripresa in Leslie Fiedler in un saggio
del 1955: The Middle against both Ends.
All'interno di questa fase emergono anche posizioni teoriche che
asseriscono il valore della cultura di massa-pop.
Già Eco osserva che la visione integrata è quella che nasce dall'analisi
dei testi della cultura di massa, mentre quella apocalittica dai testi
sulla cultura di massa (la riflessione intellettuale e critica su ciò che
sembra essere la cultura di massa).
In questo senso significativa è la posizione di Lawrence Alloway che
definisce la cultura pop nei termini di un nuovo folklore globale; in
questo senso uno dei caratteri propri della cultura di massa, ovvero il
sostituirsi alle tradizioni di un popolo, è visto come fenomeno non
negativo e risulta associato con la creazione di una visione del reale
condivisa, come tratto anch'esso positivo. Alloway si rifà in questo caso
alle posizioni di Johann Herder (1744-1803) il quale aveva enfatizzato, in
termini romantici, il ruolo della tradizione popolare e dei saperi/racconti
propri di un popolo, secondo la convenzione per cui l'anima di un popolo è
riflessa proprio dai suoi canti popolari (cfr. il termine volkslied nel
1773 e la raccolta del 1778 di Volkslieder, ispirata in parte al precedente
lavoro del vescovo Thomas Percy, Reliques of ancient English poetry, del
1765). È su queste basi teoriche tra l'altro che i fratelli Grimm, Jacob
(1785-1863) e Wilhelm (1786-1859), raccolgono le fiabe popolari all'inizio
dell'800 (1812 e 1815). La cultura di massa quindi come il nuovo "canto del
popolo", non più legato a una singola tradizione ma unito globalmente in
un'unica visione e cultura.
Analoga impostazione si può trovare in John McHale che nel 1959 vede la
cultura di massa come il superamento del classicismo nei suoi valori di
bellezza e verità assolute in quanto l'arte è parte della consumabilità dei
mass-media.


5. I caratteri della cultura popolare posso essere riassunti in:

5.1 essere tipica espressione della modernità, secondo la definizione che
emerge da Baudelaire attraverso Benjamin. In Baudellaire la modernità è
l'effimero l'arte moderna prende spunto dall'effimero e cerca di
ricavarne un eterno. In questo senso l'arte nella modernità è prostituzione
e culto dell'artificiale (rifiuto della naturalità).
Anche Warhol d'altra parte definiva il pop come amare le cose quotidiane,
ovvero guardare il reale/gli oggetti del quotidiano in modo nuovo dando
loro nuova vita, nel rifiuto del ruolo della natura come elemento del
discorso artistico (vs. Pollock).
Benjamin enfatizza in Baudelaire la sua estetica dell'artificiale
collegandola con il feticismo della merce (ovvero nella teoria di Marx, il
fenomeno tipico dell'economia monetaria, e di quella capitalistica, per cui
le merci non rappresenterebbero semplici oggetti fisici ma
rispecchierebbero rapporti sociali e situazioni antropologiche e quindi la
merce vale per se stessa e non per il suo valore d'uso, come base del sex-
appeal dell'inorganico; cfr. anche il corpo senza organi di Deleuze,
utilizzato in Logica del senso, e poi in Anti-Edipo e Mille piani: il corpo
senza organi, da non confondere con un semplice corpo deprivato degli
organi, rappresenta un modo alternativo di pensare l'uomo rispetto alle
posizioni della psicanalisi freudiana e anche lacaniana trattando il
desiderio come una macchina produttiva sempre in divenire e non connesso
solamente ai problemi edipici, come un modo nuovo di esistere e di fare
esperienza in un divenire costante). Analogamente Benjamin mette l'accento
sulla relazione tra arte e merce come una nuova forma dell'arte (cfr. il
design, la moda, la pubblicità): l'arte nel mondo moderno è produzione di
massa attraverso la tecnologia.

5.2 essere kitsh. In particolare Umberto Eco definisce il kitsh, termine
tedesco traducibile in modo difficoltoso come "cattivo gusto" come
imitazione dell'effetto dell'imitare e non imitazione dell'imitazione. La
cultura di massa è kitsh perché cerca si ottenere un effetto estetico
ultimo (la commozione, la reazione emotiva, il senso del bello) senza
conoscere o avere attenzione ai meccanismo artistici che portano a
quell'effetto; ne risulta un prodotto non originale, derivato e "facile"
che viene consumato da fruitori pigri o incolti, spesso appartenenti a
classi sociali basse (una piccola borghesia ad esempio, secondo la
riflessione di Eco e le osservazioni di MacDonald). Cfr. Apocalittici e
integrati, pagg. 65 – 69.

- Evoluzione della cultura pop/di massa/midcult: complessificazione del
discorso pop nei fumetti (Il ritorno del Cavaliere Oscuro - The Dark Knight
Returns di F. Miller, 1986) e nel cinema (Batman, Il cavaliere oscuro, di
C. Nolan, 2008: https://www.youtube.com/watch?v=-jJZF_oIAEk; scena delle
bombe nel traghetto; Interstellar, di C. Nolan, 2014, cfr. incipit con
poesia di Dylan Thomas: https://www.youtube.com/watch?v=tfBQb29hyfU). I
fenomeni dei serial con l'allungamento dell'arco narrativo e la pluralità
dei canali di distribuzione: la Netflix e il caso Daredevil brutalità,
complessità psicologica (rispecchiamento dell'eroe e del suo antagonista
l'uno nell'altro, abbattimento della distinzione netta tra Soggetto-
Destinatario e Antagonista secondo le categorie attanziali di Genette.
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