Gregorio da Cerchiara tra storia e agiografia

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INTRODUZIONE  

San Gregorio da Cerchiara, o anche di Cassano o di Burtscheid1, fu un illustre monaco calabro-greco vissuto nel X secolo d.C., non meno importante sotto l’aspetto religioso, storico, politico e culturale, rispetto ad uno dei grandi padri del monachesimo greco del Mezzogiorno d’Italia: San Nilo da Rossano2. Sebbene l’esistenza storica di Gregorio sia comunemente riconosciuta,

tuttavia

si

tratta

di

un

santo

ignorato

sia

dall’agiografia basiliana, sia da quella calabrese3. Il motivo del silenzio delle fonti agiografiche è da rintracciarsi nel fatto che il santo monaco trascorse solo la parte iniziale della sua esistenza in terra calabra, trasferendosi in seguito, a motivo di particolari vicende,

in

Germania,

presso

la

corte

sassone.

Avvenne

pertanto, che nei luoghi del sud Italia, dove Gregorio era nato e aveva iniziato il suo percorso di fede, si cancellò dopo breve tempo la memoria delle opere prodigiose di cui si fregiò il monaco, nonché delle sue pregnanti e incisive prediche. Egli è stato uno di quei santi monaci, di rito greco (tra cui si ricordano Cristoforo di Collesano con i suoi figli Vitale e Saba, Leoluca di Corleone, Luca di Demenna, Fantino il Giovane, Zaccaria, Giovanni, Nilo, Stefano e Giorgio di Rossano, Proclo di Bisignano), che accrebbero, nel corso del X secolo, la fama della Calabria, e in particolar modo dell’Eparchia monastica del                                                                                                                 1

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, premessa di Filippo Burgarella, Castrovillari 2010, p. 21. 2 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 17. 3 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, II (1948), p. 193.

 

1  

Mercurion4. In verità, Gregorio, così come Pacomio di Cerchiara e Antonio di Cassano (che santificò il monte Liparchi), suoi contemporanei, non appartenne propriamente all’Eparchia del Mercurion, ma visse nella Valle del Crati, nella Calabria settentrionale. A proposito dell’Eparchia monastica del Mercurion si è discusso

a

lungo

riguardo

alla

sua

precisa

ubicazione.

Inizialmente si pensò che questa località fosse collocata nei pressi dell’antica Tauriano, vicino Palmi; oggi, invece, in seguito a studi più approfonditi5, si ritiene con certezza che tale Eparchia fosse

ubicata

nella

Calabria

settentrionale,

ad

ovest

di

Castrovillari, e precisamente nella zona compresa tra Avena e Orsomarso. Gregorio per i suoi confratelli fu un modello esemplare di amore della preghiera e del lavoro, e divenne celebre fra le popolazioni

limitrofe

per

scacciare

demoni

e

i

la

per

sua le

capacità

sue

straordinaria

guarigioni

di

miracolose6.

Nell’ambito della santità cristiana, infatti, il miracolo era ed è considerato

un

signum

sanctitatis

indispensabile,

scaturito

dall’esercizio delle virtù morali. Al miracolo era affidato il compito di garantire la visibilità della santità, di riproporre il modello dell’”eroe” capace di dominare la natura e di accedere alla realtà soprannaturale7. Miracolo e santità sono elementi strettamente connessi tra loro, tant’è vero che, semplificando, si potrebbe dire che non esiste santità senza miracolo e viceversa. Ancora oggi, infatti, nonostante i progressi della scienza che                                                                                                                 4

F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 193. G. GAY, L’Italie Méridionale et l’Empire Byzantin, Paris 1904, pp. 381 ss. 6 R. VAN DOREN, Gregorio, in Bibliotheca Sanctorum, VII, Roma 1966, p. 174 7 S. BOESCH GAJANO-M. MODICA, Miracoli. Dai segni alla storia, Roma 2000, pp. 2223. 5

 

2  

impongono un atteggiamento di maggior cautela e prudenza nella verifica e nell’accettazione della soprannaturalità di un evento, non avviene la beatificazione senza che sia riconosciuto al “candidato” in questione almeno un miracolo. Quest’ultimo è la conseguenza di una condotta di vita, la manifestazione della perfezione spirituale e la prova di un diretto rapporto con Dio8. La

centralità

del

nesso

santità-miracolo

ha

assunto

nell’arco degli anni un’importanza tale da determinare un accrescimento dell’attenzione degli agiografi a tale rapporto, attenzione che si è indirizzata verso tre direzioni. La prima è data dalla funzione del miracolo nel percorso di santità, visto come

un

iter

di

formazione,

iniziatico

all’acquisizione

di

determinati privilegi e capacità; la seconda è il riconoscimento sociale e istituzionale del miracolo9; la terza è l’uso delle raccolte di miracoli come fonti per la storia della società, per l’analisi delle dinamiche politico-sociali10. Il miracolo è un elemento connotativo della santità cristiana e non solo, reca in sé il contrassegno peculiare della trasformazione intervenuta nella percezione

del

rapporto

tra

realtà

naturale

e

mondo

sovrannaturale. Significativa a riguardo è la posizione di Sant’Agostino il quale dapprima considerò miracoli veri quelli derivati dal conseguimento della fede, della conversione e dei sacramenti, poi, consapevole dell’importanza dei prodigi nel processo di consolidamento della pietas cristiana, considerò questi anche

                                                                                                                8

S. BOESCH GAJANO, Dalla storiografia alla storia, in S. BOESCH GAJANO-M. MODICA, Miracoli. Dai segni alla storia, Roma 2000, p. 220. 9 Cfr. A. VAUCHEZ, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Age d’après les procès de canonisation et les documents hagiographiques, Roma 1981. 10 S. BOESCH GAJANO, Dalla storiografia alla storia, cit., pp. 220-221.

 

3  

come

un

valido

strumento

per

l’edificazione

della

nuova

religione11. Tornando a Gregorio da Cerchiara, l’unica fonte di cui si è in possesso, utile per ricostruire la sua figura e il suo operato, è la doppia redazione in latino di una Vita Gregorii Abbatis12, composta da agiografi anonimi legati al santo monaco e interessati alla diffusione e riviviscenza del suo culto13. Gregorio nacque a Cassano Jonio nel 92014 o nel 93015, dai nobili Licastro e Anna (forse identificabili con l’Imperatore Romano I Lekapenos e sua moglie Anna)16, che provvidero ad offrirgli un’impeccabile educazione nella grammatica, nelle arti e soprattutto nella conoscenza dei testi sacri. I mezzi e alle risorse di cui godette per via della condizione familiare agiata ne favorirono una crescita spirituale e culturale17. Alla morte prematura del padre, la madre vedova provvide subito a programmare le nozze del figlio con una giovane di alto rango, ma Gregorio, deludendo le aspettative materne, decise di dare ascolto a quelle inclinazioni che lo avevano indirizzato sin da fanciullo verso un cammino di spiritualità. Pertanto, rotto ogni legame familiare, affettivo e con la terra di origine, si recò presso il vescovo di Cassano, dal quale ottenne di essere accolto tra i chierici candidati al sacerdozio.                                                                                                                 11

S. BOESCH GAJANO, Verità e pubblicità: i racconti di miracoli nel libro XXII del De Civitate Dei, in E. CAVALCANTI (a cura di), Il De Civitate Dei. L’opera, le interpretazioni, l’influsso, Roma-Freiburg-Wien 1996, pp. 367-388. 12 O. HOLDER-HEGGER, in MGH, Script., XV, 2, pp. 1187-1190; 1191-1199. 13 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 193. 14 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, Milano 200, p. 37. 15 VAN DOREN, Gregorio, Bibliotheca Sanctorum, p. 174; F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 194. 16 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 37. 17 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 194.

 

4  

Fu ordinato sacerdote nel 95118, e, dopo poco tempo, attratto dalla fama dell’abate Pacomio che reggeva il monastero di Sant’Andrea a Cerchiara, in provincia di Cosenza, si trasferì lì abbracciando la vita monastica19. Proprio da tale località egli è ricordato anche come Gregorio da Cerchiara, oltre che come Gregorio di Cassano, sua città natia20. Non appena l’abate Pacomio venne a mancare, i suoi confratelli scelsero come suo successore Gregorio, che da subito aveva lasciato sbigottita tutta la comunità, inclusi i membri più anziani, per la sua forza d’animo e di spirito. Nel 960, nonostante le sue remore e i vani tentativi di rifiuto, fu nominato abate e divenne un modello per tutti gli altri monaci21. Egli

consacrò

la

sua

vita

alla

preghiera,

alla

contemplazione, all’umiltà, alla mortificazione e al duro lavoro, dedicando il tempo libero alla lettura, alla trascrizione di codici e alla coltivazione dei campi. La sua attività fu costantemente costellata da miracoli di varia natura, per lo più guarigioni di indemoniati e di ciechi, che contribuirono alla diffusione della fama e all’accrescimento della notorietà del santo ben oltre i confini della Calabria22. Il santo in questo senso si sostituisce alla figura del medico, considerando che gli strumenti scientifici e le conoscenze mediche di cui si era in possesso in quei secoli erano molto limitate ed esigue. Il fatto che il maggior numero di guarigioni riguardi ciechi, lebbrosi e indemoniati va attribuito a quelle che erano le patologie più                                                                                                                 18

R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 37. 19 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 194. 20 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 38. 21 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 37. 22 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 194.

 

5  

diffuse o più temute in quel periodo, patologie ritenute incurabili, e spesso imputate al demonio poiché se ne ignorava l’eziologia. Sebbene nella storia della santità vi siano rari casi di santi medici(si pensi ai santi Cosma e Damiano), tuttavia laddove appare nei testi agiografici la figura del medico, essa si carica di valenza negativa. Il medico è visto come un essere impotente di fronte ad alcune patologie, pronto a cedere il passo di fronte al vero “medico” dell’anima e del corpo, il santo, che guarisce non per sapienza terrena ma perché riceve il potere taumaturgico direttamente da Dio23. Al

tempo

in

cui

Gregorio

era

abate

la

Calabria

settentrionale fu colpita da una delle molteplici incursioni di saraceni, e dal momento che i nemici si erano spinti fino alle porte di Cassano, i monaci di Sant’Andrea assieme al loro abate abbandonarono il monastero per scampare alla ferocia degli invasori. Gregorio, durante la fuga, imbattutosi nei pagani, fu ricattato e costretto a consegnare tutti i denari custoditi nel monastero. Affermando che non vi erano che 27 tarì24, aizzò la furia dei saraceni che iniziarono a torturarlo brutalmente per poi collocarlo su di una pira di legna per arderlo vivo. Fu allora che si manifestò a tutti l’intervento divino: per miracolo, le mani dei carnefici inaridirono e Gregorio potette far ritorno al monastero dove continuò ad operare altri prodigi e guarigioni.                                                                                                                 23

S. BOESCH GAJANO, Dalla storiografia alla storia, cit., p. 227. La moneta ufficiale di questo periodo in Calabria era il nomisma bizantino, tuttavia il tarì arabo godeva di una buona circolazione, per lo più nel Tema di Longobardia, grazie ai frequenti scambi commerciali con la Sicilia araba e i principati longobardi; cfr. P. BALOG, La monetazione della Sicilia araba e le sue imitazioni nell’Italia meridionale, in F. GABRIELI-U. SCERRATO (a cura di), Gli Arabi in Italia, cultura, contatti e tradizioni, Milano 1979, pp. 611-628; A. GUILLOU, L’Italia bizantina. Dall’esarcato di Ravenna al tema di Sicilia, Torino 1988, pp. 65, 67; V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, in Romische Quartalschirft fur Christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte, 93 (1998), p. 227; D. MINUTO, San Gregorio di Cassano, in Profili di santi nella Calabria bizantina, Reggio CalabriaMontecatini Terme 2002, p. 55. 24

 

6  

Per sottrarsi alla dilagante fama di tali azioni, si rifugiò per un certo periodo di tempo nel monastero di Buccino, in provincia di Salerno. In seguito, tornato a Cerchiara, fu inseguito con foga dal catapano di Bari, il quale, incuriosito dai racconti che vedevano come protagonisti Gregorio e i suoi miracoli, era intenzionato ad inviarlo a Costantinopoli, per ordine dell’imperatore25. Riuscì però a svincolarsi e si imbarcò per Roma, dove attorno al 97226 fondò un monastero in onore del Salvatore, donato con generosità dall’imperatrice Teofano che lo mise a capo in qualità di

egùmeno.

Quest’ultima,

affascinata

dalla

personalità

di

Gregorio, di comune accordo con il marito, l’imperatore Ottone II, gli affidò l’educazione del figlio, il futuro Ottone III27. Successivamente, il santo monaco si trasferì in Germania, dove a Burtscheid, nei pressi di Aquisgrana, fondò un altro monastero greco, dedicato ai SS. Apollinare e Nicola, strutturato secondo la regola di San Benedetto28, nel quale trascorse gli ultimi anni della sua vita, lontano dagli intrighi politici e dalle lotte intestine che causarono la tragica fine di altri suoi confratelli (tra cui il conterraneo Giovanni Filagato di Rossano)29, e dedito ad esercizi ascetici e a prediche incisive. Stando alla seconda redazione del testo della Vita Gregorii Abbatis,

la

costruzione

del

monastero

di

Burtscheid

fu

                                                                                                                25

Si trattava di Romano II (959-963) o di Niceforo II Foca (963- 969), o di Giovanni I Zimisce (969-976), o di Basilio II (976-1025). 26 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 38. 27 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 38. 28 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 38. 29 Giovanni Filagato da umili origini divenne un monaco dalla grande gloria, ma finì per essere accusato perfino di relazioni illecite con Teofano, cfr. F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 195.

 

7  

incentivata e promossa dall’imperatore Ottone II, preoccupato per le condizioni fisiche di Gregorio, fiaccato dal continuo contatto con i fedeli30. Secondo altre fonti31, più probabilmente, quando Ottone II morì, il 7 dicembre del 983, il santo monaco accompagnò Teofano e il figlio in Germania. Fu quindi Ottone III ad ordinare le costruzione di quel monastero di cui Gregorio fu il primo abate32, così come attesta un diploma di Enrico II datato al 21 gennaio 101833, che recita: Quod nos pro remedio animae nostrae seniorisque nostri

atque

nepotis,

Ottonis

vide

licet

tercii

imperatoris augusti, qui ipsum locum a fondamento ad dei servitium ordinare cepit […]34. Questa seconda ipotesi si fonderebbe sulle parole contenute nella prima edizione della Vita, laddove l’agiografo scrive: Igitur Ottonum tertio, caesarum augustissimo et in omni

pietate

ac

totius

religionis

stabilitate

ferventissimo, Romana imperia pio regiminis sceptro gubernante, probabilis,

erat

vir

Gregorius

vita

et

nomine

morum (=

honestate al

tempo

dell’imperatore Ottone, che era un uomo molto devoto, nonchè difensore della religione cristiana,

                                                                                                                30

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 190-191. 31 Cfr. P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit.; S. BORSARI, Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell’Italia meridionale prenormanne, Napoli 1963, pp. 55 n. 137-56. 32 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 38; VAN DOREN, Gregorio, cit., pp. 174-175. 33 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 237. 34 Heinrici II et Arduini Diplomata, in MGH, Diplomatum Regum et Imperatorum Germaniae, III, Berlino 1957, n. 380 pp. 484-485.

 

8  

visse un uomo che eccelleva su tutti per la sua onestà e la sua condotta di vita, ossia Gregorio)35. Gregorio morì il 4 novembre di un anno di poco anteriore all’anno 1000, data in cui fu composto un diploma di Ottone III che lo ricorda già come morto36, e venne seppellito nei pressi del suo monastero. Nel 1150 ca. l’abate Arnoldo, suo successore alla guida del monastero di Burtscheid, fece eseguire la ricognizione delle reliquie del santo monaco e le fece trasferire sull’altare maggiore della chiesa di San Giovanni Battista, all’interno di un sarcofago monumentale,

sul

quale

dispose

di

apporre

la

seguente

epigrafe37: Continet iste taphos peregrini membra sepulti Nomine Gregorii, meritis studioque colendi Regis Graecorum natus Gregorius Abbas Primus Porrectum coluit templumque locavit Cuius in hac fossa requiescunt corporis ossa38. Dalla fine degli anni ’40 del ‘900 fino ad oggi, la figura di Gregorio da Cerchiara è stata studiata ed analizzata nell’ambito di varie opere di studiosi differenti, sulla base dell’unica fonte agiografica di cui si è in possesso, citata prima, ossia la Vita Gregorii Abbatis. Tale opera si inserisce perfettamente nel filone agiografico tradizionale e presenta elementi topici e ricorrenti in varie fonti                                                                                                                 35

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 92-93. 36 MGH, Ottonis III Diplomata, Diplomatum Regum et Imperatorum Germaniae, II, 2, Berlino 1957, n. 348. 37 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 195. 38 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 206-207; Questa tomba contiene le ossa di un pellegrino qui sepolto/ il suo nome è Gregorio, uomo degno di venerazione per meriti e per zelo/ figlio di un re greco, Gregorio fu il primo abate/ di Porceto e lì fondò la sua chiesa/ le sue ossa riposano in pace in questo sepolcro.

 

9  

dello stesso tipo di epoche differenti. Gli studi agiografici, che hanno assunto un carattere critico a partire dai Bollandisti, per i quali la letteratura agiografica aveva come compito principale quello di contribuire alla ricostruzione storica del profilo del santo,

si

sono

evoluti

nell’arco

degli

anni,

focalizzandosi

essenzialmente sulla trasformazione della figura ideale del santo, sulla

presenza

di

elementi

costanti

e

tipologici

e

sulla

contestualizzazione delle fonti39. Per quanto concerne la presenza di caratteri topici in opere agiografiche differenti, si può pensare alla descrizione di quegli aspetti che caratterizzano la santità, modellati sull’esempio, narrato nei Vangeli, del santo per eccellenza, Gesù Cristo. Spesso il desiderio di rifarsi al modello di santità e di prodigiosità incarnato

da

appiattimento “estraniazione”

Cristo del

ha

avuto

racconto

del

fatto

come

agiografico

miracoloso

conseguenza e

dal

una

un

sostanziale

contesto

storico-

biografico in cui si trova inserito40. A determinare la santità sono i miracoli. Il miracolo etimologicamente è ciò che suscita meraviglia,

esso

però

diviene

anche

manifestazione

della

divinità, segno della sua volontà e del suo potere41. La centralità del miracolo nel cristianesimo, assunta a partire dai Vangeli, ha presentato alla storiografia il problema della sua presenza e della sua funzione nelle culture e nelle società in cui il cristianesimo affonda le sue radici: la civiltà classica greca e romana e la civiltà ebraica.                                                                                                                 39

S. BOESCH GAJANO, Santità, culti, agiografia. Temi e prospettive. Atti del I Convegno di studio dell’Associazione italiana per lo studio della santità, dei culti e dell’agiografia (Roma, 24-26 ottobre 1996), Roma 1997, pp. 16-24. 40 S. BOESCH GAJANO, La tipologia dei miracoli nell’agiografia altomedievale. Qualche riflessione, in Schede Medievali 5, 1983, pp. 304-305. 41 S. BOESCH GAJANO, Dalla storiografia alla storia, cit., p. 215.

 

10  

Da una parte la storiografia classica si è concentrata sul rapporto tra

razionalità

e

prodigi

nell’ambito

del

pensiero

greco

impregnato di mitologia, dall’altra gli studi biblici hanno posto attenzione al significato degli interventi divini e hanno stabilito un rapporto di continuità fra miracoli vetero e neotestamentari. Cristo in quanto mediatore di Dio diviene l’operatore di miracoli per antonomasia42. Le

scritture

agiografiche,

grazie

alla

costante

preoccupazione di precisare la verità del racconto mediante il riferimento a testimoni affidabili, di interpretare l’evento e di sancirne

la

soprannaturalità,

divengono

testimonianze

privilegiate per analizzare le forme narrative della costruzione del miracolo,

le

forme

socio-antropologiche,

attraverso

l’identificazione dei personaggi, dei luoghi, dei gesti, degli oggetti e le forme culturali mettendo in luce il percorso che ha seguito un evento per giungere allo statuto di miracolo43. L’agiografia tardoantica e medievale si differenzia da quella moderna

e

contemporanea

essenzialmente

per

il

diverso

approccio all’analisi delle fonti nonchè per finalità e intenti differenti. La produzione agiografica che va dal VI al XII secolo è fonte essenziale e spesso unica per conoscere la storia religiosa, istituzionale e culturale dell’Occidente, nei suoi ininterrotti rapporti con l’Oriente(così come avviene nel nostro caso relativo a

Gregorio

da

Cerchiara).

Essa

pone

luce

non

solo

sui

protagonisti, ma anche su coloro che vi si muovono attorno per trarne benefici materiali e spirituali44.                                                                                                                 42

S. BOESCH GAJANO, Dalla storiografia alla storia, cit., p. 216. S. BOESCH GAJANO, Dalla storiografia alla storia, cit., p. 229. 44 S. BOESCH GAJANO, La strutturazione della cristianità occidentale, in A. BENVENUTI-S. BOESCH GAJANO-S. DITCHFIELD-R. RUSCONI-F. SCORZA 43

 

11  

Nonostante i passi in avanti compiuti dall’agiografia più recente, grazie anche all’utilizzo di strumenti di ricerca più validi, ci sono terreni ancora non sondati. Un elemento interessante, tralasciato anche dagli ultimi studi, è il rapporto tra folklore, agiografia e liturgia nonché l’importanza della cultura folklorica45. Ciascun santo, infatti, vive, si muove ed entra in contatto con un ambiente ricco di folklore, ambiente di cui si troveranno tracce nella sua biografia. Talvolta il dato folklorico può insinuarsi nella figura stessa del santo, nella sua psicologia, nella sua formazione culturale (basti pensare ai padri del deserto e ai monaci delle prime generazioni come Paolo, macario, Antonio, Arsenio e Ilarione). È possibile individuare l’elemento del folklore anche nel racconto del culto con il quale il popolo venera o invoca il santo a partire dai suoi stessi funerali46. Ritornando agli studi, a cui ho accennato prima, attorno alla figura e alla vita di Gregorio da Cerchiara, essi ebbero avvio con Russo che nel 1948 dedicò alla Vita Gregorii Abbatis un articolo inserito nel Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata. Jules Baudot e Leon Chaussin inserirono il racconto della sua vita nell’XI volume delle Vies des Saint, pubblicato a Parigi nel 1954. Poi, nel 1966, Van Doren ne curò la voce da inserire nella Bibliotheca Sanctorum e Roger Aubert, nel 1986, quella da collocare

nel

Dictionnaire

d’histoire

et

de

géographie

ecclésiastique.                                                                                                                

BARCELLONA-G. ZARRI, Storia della santità nel cristianesimo occidentale, Roma 2005, p. 146. 45 P. BOGLIONI, Agiografia, liturgia e folklore. Appunti di metodo, in A.BENVENUTI-M. GARZANITI, Il tempo dei santi tra Oriente e Occidente. Liturgia e agiografia dal tardo antico al concilio di Trento. Atti del IV Convegno di studio dell’Associazione italiana per lo studio della santità, dei culti e dell’agiografia (Firenze, 26-28 ottobre 2000), Roma 2005, p. 474. 46 P. BOGLIONI, Agiografia, liturgia e folklore. Appunti di metodo, cit., p. 465-469.

 

12  

Vera Von Falkenahusen scrisse un articolo dal titolo Gregor von Burtscheid das Griechische Monchtum in Kalabrien, pubblicato nel 1998 sulla rivista Romische Quartalschirft fur Chistiliche Altertumskunde und Kirchengeschichte. I lavori più recenti relativi a Gregorio da Cerchiara sono l’articolo di Domenico Minuto, edito nel 2002 sulla rivista Profili di santi nella Calabria bizantina e l’opera di Paolo Damiano Franzese del 2010 contenente un’introduzione sulla figura del santo, preceduta da una premessa curata da Filippo Burgarella, e il testo in latino delle due Vitae affiancato dalla traduzione. Con il mio elaborato mi propongo di assemblare i principali studi attorno alla figura del monaco calabrese e di gettare luce su alcuni elementi controversi, approfondendo e investigando aspetti della sua vita, della sua attività e della fortuna del suo culto. Dopo una breve introduzione volta ad inquadrare la figura di Gregorio, nel primo capitolo intendo sottolineare alcuni elementi di importanza storico-culturale che emergono dal testo della Vita del santo. Dedicherò poi il secondo capitolo ad una digressione

concernente

le

caratteristiche

peculiari

del

monachesimo e del noviziato ai tempi di Gregorio, trattando il tema del rapporto tra monaci e potere, profilando un confronto tra il monaco di Cerchiara e Nilo da Rossano e descrivendo, in ultimo, il territorio che diede i natali al santo calabrese. Nel III capitolo passerò in rassegna la Vita Gregorii nella sua doppia redazione, fornendo notizie relative al contenuto, alla tradizione del testo e agli aspetti linguisitici e stilistici. In appendice riporterò il testo in latino della Vita Gregorii Abbatis Prior e della Vita Gregorii Abbatis Posterior (tratto

 

13  

dall’editio princeps di Holder-Hegger47), proponendo a fronte una mia traduzione, maturata in seguito ad un confronto con quella elaborata dal Franzese48.

                                                                                                                47 48

 

O. HOLDER-HEGGER, in MGH, Script., XV, 2, pp. 1187-1190; 1191-1199. P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit.

14  

CAPITOLO I VITA GREGORII ABBATIS: ELEMENTI DI IMPORTANZA STORICO-CULTURALE Dalla lettura della Vita di San Gregorio da Cerchiara emergono dati significativi relativi ad eventi storici e fenomeni culturali che caratterizzarono il X secolo, e, in particolar modo la Calabria. Un primo elemento è costituito dal riferimento nella Vita Prior al nome di un vescovo greco di Cassano, un tale David, la cui esistenza non è attestata da nessun’altra fonte49. Dalla documentazione di cui si è in possesso, si sa che la diocesi di Cassano esisteva già nel X secolo50; essa compare come suffraganea di Reggio e come diocesi di rito greco. Gli storici ignorano la modalità di fondazione di tale diocesi e sono concordi nel ritenere che fosse di origine bizantina. Sono sconosciuti i nomi dei vescovi greci che ressero le diocesi prima dell’arrivo dei Normanni; il primo vescovo di cui ricorre il nome è un latino: si tratta di Sasso o Sassone, che governò tra il 1095 e il 1105, definito in un diploma del 1096 Sasso Cassanensis episcopus et Vicarius Domini Urbani Pape51. La Vita Gregorii testimonierebbe, quindi, la presenza di un vescovo greco di molto anteriore nel tempo, che attorno al 950 accolse il giovane santo monaco.                                                                                                                 49 50 51

 

F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 194. Cfr. F. TRINCHERA, Syllabus Graecorum membranarum, Napoli 1865. F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 194.

15  

Tale notizia è di fondamentale importanza, in quanto farebbe retrocedere di un secolo e mezzo la cronotassi dei vescovi di Cassano52. Un altro particolare di rilevanza storica è costituito dal riferimento

all’incursione

saracena

che

colpì

il

territorio

circostante Cerchiara e costrinse i monaci di Sant’Andrea e il loro abate Gregorio a darsi alla fuga. Tale invasione sarebbe la stessa a cui si riferisce Bartolomeo di Rossano, biografo della Vita

di

S.

Nilo53.

Quest’ultima

costituisce

un

capolavoro

dell’agiografia italo-greca, nonché una fonte preziosa, ricca di notizie

riferibili

alla

storia

del

X

secolo,

notizie

spesso

considerate false e smentite da uno storico razionalista quale è il Gregorovius54, ma spesso confermato da fonti coeve. Dunque, la fuga di San Nilo dal suo cenobio di Sant’Adriano verso i monti andrebbe letta in parallelo a quella di Gregorio. Questi due eventi sono riferibili alla stessa data, che secondo il Russo sarebbe da collocare tra il 969 e il 970, in quanto poco dopo questo periodo entrambi i santi si trasferirono in territorio latino55, abbandonando la Calabria56. Russo si basa su un’ampia relazione contenuta all’interno della Cronaca siculosaracena57, di cui si è conservata una doppia redazione in due codici greci di origine calabrese custoditi nella Biblioteca Vaticana e a Parigi58. L’arco cronologico compreso in tale cronaca va dall’827 al 982, anno in cui i saraceni furono sconfitti                                                                                                                 52

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 22. 53 M. CARYOPHILUS, Vita di S. Nilo, Roma 1624. 54 A. SABA, Storia della Chiesa, II, Torino 1942, p. 241. 55 R. AUBERT, Grégoire de Cerchiara, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastique, 21, 1986, pp. 1490-1491. 56 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 195. 57 Cfr. I. COZZA-LUZI, La Cronaca Siculo-Saracena di Cambridge, Palermo 1890. 58 Codex Vaticanus Graecus 1912; Codex Parisinus Graecus 920.

 

16  

dall’imperatore Ottone II, e prosegue fino al 1035, data della presa di Cassano59. Secondo Franzese60 e altri studiosi61, l’invasione saracena in questione non sarebbe quella del 969-970, bensì quella del 987-98862, che colpì dapprima Cosenza e Bari, e, in un secondo momento, interessò in modo diretto Cerchiara, Cassano e il monastero del monte Sellaro63. Questa seconda ipotesi è avvalorata dal dato secondo il quale, come già detto, fu Ottone III e non il padre, Ottone II, l’imperatore con cui Gregorio entrò in contatto e che dispose la costruzione del monastero di Burtscheid64. Strettamente connesso a questo è un terzo elemento di rilevanza storica relativo alla fondazione del monastero greco di Roma intitolato al Salvatore e all’incontro tra Gregorio e l’imperatrice Teofano. Risulta difficoltoso identificare l’edificio fondato da Gregorio di Cassano tra i tanti siti dedicati al Salvatore in quel territorio. Questo cenobio doveva essere compreso nella zona dell’Aventino o del sottostante Velabro, abitata quasi esclusivamente da greci durante l’alto medioevo. La

costruzione

del

monastero

del

SS.

Salvatore

fu

promossa dall’imperatrice Teofano in seguito al suo incontro a Roma con il santo monaco; pertanto, per risalire alla data di

                                                                                                                59

Cfr. I. COZZA-LUZI, Due Cronache greco-siculo-saracene, Roma 1892. P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 47. 61 S. BORSARI, Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell’Italia meridionale prenormanne, Napoli 1963, p. 56. 62 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 224; G. GAY, L’Italie Méridionale et l’Empire Byzantin, cit., p. 367. 63 R. VAN DOREN, Gregorio, cit., pp. 174-175; A. POCELET, Commentarius Praevius, in AA./SS. Novembris, II, 1, nota 1 p. 461 e p. 472. 64 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 47. 60

 

17  

fondazione del cenobio bisogna in primis comprendere l’esatta cronologia di quell’incontro. Teofano fu a Roma in due momenti: nel 972, dopo le nozze con il marito Ottone II65, e nel 989-990, dopo la morte del marito, per assistere ai funerali di Saba di Collesano66, nel monastero di San Cesario al Palatino67. È difficile stabilire con esattezza in quale delle due occasioni fu fondato il cenobio. Secondo Russo sarebbe da preferire il 972 ca.68, se si tiene conto del fatto che Gregorio, dopo l’incursione saracena, lasciò la Calabria, e, una volta partito per la Germania, non ritornò più in Italia. Franzese, partendo dalla convinzione che l’incursione saracena a cui si fa riferimento nella Vita Gregorii è quella del 987-988, ritiene, invece, che l’incontro tra Teofano e il santo monaco non possa che essere avvenuto nel 99069. Pertanto, la data di fondazione del monastero dedicato al Salvatore sarebbe di poco successiva al 990. Quale che sia la data di fondazione del cenobio romano (di sicuro anteriore alla morte di Teofano)70, è importante rilevare l’influenza esercitata a Roma da Gregorio sui notabili locali71, che fu tale da introdurre nel mondo monastico un illustre e agiato esponente di tale cerchia, Giovanni Campano, il quale                                                                                                                 65

F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 198. Vita di S. Saba, § 50; VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 238. 67 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 48. 68 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 198; R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 38. 69 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 48. 70 B. HAMILTON, The Monastery of S. Alessio and the religious and intellectual Renaissance in the Tenth Century Rome, in Studies in Medieval and Renaissance History, 2 (1965), pp. 283 e ss. 71 F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, n.s., XLI (1987), p. 42. 66

 

18  

inviò una grossa somma di denaro alla comunità monastica, per poi entrarvi a far parte72. Ad accrescere i fondi e le risorse della nuova fondazione monastica contribuì in modo cospicuo la stessa imperatrice Teofano, la quale fu protagonista di notevoli elargizioni a beneficio anche del monastero di Burtscheid, di cui Gregorio fu primo abate, e del monastero di San Nicola di Brauweiler, dove fu sepolta sua sorella Matilde nel 999, e che ricevette in dono anche opere d’arte bizantina73. È degna di nota la forte presenza in queste zone del culto di San Nicola, che si diffuse in Occidente per

mano

di

Teofano,

particolarmente

devota

e

legata

all’iconografia del santo. Riguardo al monastero dei SS. Apollinare e Nicola, fondato a Burtscheid, nei pressi di Aquisgrana, per volere dell’imperatore Ottone III (o Ottone II secondo altre fonti), esso si popolò di monaci greci giunti dalla Calabria, e, sotto la spinta del suo abate Gregorio, prosperò e divenne un centro di irradiazione della cultura greca per tutta la Germania occidentale e la Francia74. I monaci calabresi giunti a Burtscheid furono i principali promotori e fautori della diffusione della cultura greco-bizantina in area germanica, che penetrò fino alle contrade più remote75. La città di Colonia divenne il fulcro di tale penetrazione che coinvolse tutta la valle del Reno e la Francia, da Treviri a Parigi76. Teofano costituisce il tramite di un simile intreccio di                                                                                                                 72

F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 198. R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 39. 74 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., pp. 198-199. 75 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 199. 76 G. GAY, L’Italie Méridionale et l’Empire Byzantin, cit., pp. 381 e ss. 73

 

19  

cultura, di riti e di uomini, e fu grazie alla sua sensibilità religiosa e culturale, nonché alla sua generosità nel concedere fondi e mezzi economici, che si ebbe tale irradiazione e contaminazione77. Un ulteriore dettaglio di interesse storico-culturale che si evince dal testo della Vita Gregorii Abbatis concerne l’attività calligrafica del santo monaco. Non v’è motivo di dubitare della perizia calligrafica di Gregorio, che, così come altri santi italogreci, tra i quali Sant’Elia lo Speleota e San Nilo, fu abile amanuense78, trascorrendo le sue giornate aut scribendo aut legendo aut in agricoltura laborando79. Egli infatti fuggiva l’ozio così come Bartolomeo riferisce di Nilo, il quale si alzava di buon’ora e aveva le giornate ricche di impegni: dopo gli esercizi di pietà del mattino, si dedicava fino alla terza ora alla trascrizione di codici, con una scrittura corsiva, così come la definisce il biografo per distinguerla dall’onciale che il santo non adoperò mai80. Come Bartolomeo testimonia l’abilità calligrafica di Nilo, sostenendo che portò alla luce un gran numero di libri81, allo stesso modo, l’anonimo agiografo di Gregorio sostiene che: Nam scriptorem eum aiunt peritum fuisse et in multa alia arte satis edoctum82.

                                                                                                                77

F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 43. 78 F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 41. 79 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 100-101. 80 A. CAFFI, Santi e guerrieri di Bisanzio nell’Italia meridionale, appendice a P. ORSI, Le chiese Basiliane della Calabria, Vallecchi 1929, p. 325. 81 Vita di S. Nilo. 82 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 100-101.

 

20  

Si può, dunque, affermare che nel monastero del monte Sellaro ci doveva essere uno scriptorium attrezzato per la produzione dei testi83. Tale scriptorium non va inteso come un organizzato e centralizzato centro di produzione, ma come luogo di singola e individualistica attività personale, incentivata da bisogni interni e dall’iniziativa di egùmeni, confratelli e laici, che commissionavano tali opere per donarle al monastero84, o anche di

persone

estranee

alla

comunità

monastica,

disposte

a

sostenere le spese di un tale lavoro85. Nella Calabria del X secolo vi furono significativi centri di produzione libraria, tra i quali si ricordano quelli di Reggio e Rossano. Dall’analisi dei codici superstiti prodotti in tali centri emerge una produzione caratterizzata da una notevole varietà, sia

dal

punto

di

vista

codicologico,

sia

sotto

l’aspetto

paleografico86. Spesso si nota una certa indipendenza rispetto al modello contemporaneo proveniente da Costantinopoli e la decorazione rivela chiare influenze dell’arte occidentale, precarolingia e carolingia87. I monasteri greci dell’Italia meridionale hanno svolto un ruolo decisivo nel tramandare le opere fondamentali per il

                                                                                                                83

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 40. 84 G. CAVALLO, Una storia comune della cultura: realtà o illusione?, in G. CAVALLO (a cura di), Europa medievale e mondo bizantino, contatti effettivi e possibilità di studi comparati (Tavola Rotonda del XVIII congresso CISH-Montréal 29 agosto 1995), Roma 1997, pp. 24 e ss; G. CAVALLO, Dallo “scriptorium” senza biblioteca alla biblioteca senza “scriptorium”, in AA. VV., Dall’eremo al cenobio, Milano 1987, pp. 331-424. 85 P. CANART, Aspetti materiali e sociali della produzione libraria italo-greca tra Normanni e Svevi, in G. CAVALLO (a cura di), Libro e lettori nel mondo bizantino, guida storica e critica, Bari 1982, pp. 115 e ss. 86 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 40. 87 P. CANART, Aspetti materiali e sociali della produzione libraria italo-greca tra Normanni e Svevi, cit., pp. 115 e ss.

 

21  

patrimonio culturale dell’Occidente, e a testimoniarlo è un’ampia tradizione storiografica88. Pertanto, si può affermare con un certo margine di sicurezza che Gregorio ebbe la possibilità di leggere e copiare, oltre a testi scritturistici e liturgici, anche opere di scrittori autorevoli quali, Giovanni Crisostomo, Gregorio Nazianzeno, Basilio il Grande, Gregorio di Nissa, Efrem il Siro, Doroteo di Gaza, Giovanni Damasceno, Teodoro Studita, e testi di carattere agiografico89. A differenza di Nilo, della cui attività calligrafica la biblioteca di Grottaferrata e altre hanno conservato cimeli, per Gregorio

non

abbiamo

testimonianze

dirette,



menzioni

specifiche in alcuna fonte agiografica o storica. Egli, infatti, trascorse gran parte della sua vita e morì in ambiente latino, e                                                                                                                 88

A. PERTUSI, Italogreci e Bizantini nello sviluppo della cultura italiana dell’Umanesimo, in Vichiana, I (1964), pp. 75-133, 159-226; J. IRIGOIN, L’Italie méridionale et la tradition des textes antiques, in Jarbuch der Osterreichischen Byzantinistik, 18 (1969), pp. 37-55; G. SCHIRO’, Aspetti e eredità della civiltà bizantina in Magna Grecia, in Magna Grecia bizantina e tradizione classica, Atti del decimo settimo Convegno di studi sulla Magna Grecia, (Taranto 9-14 ottobre 1977), Napoli 1978, pp. 1-18. 89 P. CANART-S. LUCA, I codici greci dell’Italia meridionale, Roma 2000; R. DEVREESSE, Les manuscrits grecs de l’Italie méridionale. Histoire, classement paleographie, Città del Vaticano 1955; G. CAVALLO, La cultura italo-greca nella produzione libraria, in AA. VV., I Bizantini in Italia, Milano 1982, pp. 497-592; G. CAVALLO, Manoscritti italo-greci e trasmissione della cultura classica, in Magna Grecia Bizantina e Tradizione Classica, Atti del decimo settimo Convegno sulla Magna Grecia, (Taranto, 9-14 ottobre 1977), Napoli 1978, pp. 193-234; S. LUCA’, Attività scrittoria e culturale a Rossano: da S. Nilo a S. Bartolomeo da Simeri (secoli X-XII), in Atti del Congresso Internazionale su S. Nilo da Rossano, (28 settembre-1 ottobre 1986), Rossano-Grottaferrata 1986, pp. 25-73; S. LUCA’, Manoscritti “rossanesi” conservati a Grottaferrata. Mostra in Occasione del Congresso Internazionale su S. Nilo di Rossano (Rossano, 28 settembre- 1 ottobre 1986), Grottaferrata 1986; C. CRIMI, Osservazioni sulla “fortuna” dei Padri cappadoci nella Vita Nili ed in altri testi dell’Italia e della Sicilia bizantine, in Atti del Congresso Internazionale su S. Nilo di Rossano, (28 sett.-1 ott. 1986), Grottaferrata 1989, pp. 503-517; A. M. IERACI BIO, Notazioni mediche nella Vita Nili, in AA. VV., Atti del Congresso Internazionale su S. Nilo di Rossano, (28 settembre-1 ottobre 1986), Grottaferrata 1989, pp. 441-461; M. L. CONCASTY, Manuscrits grecs originaries de l’Italie méridionale conservés à Paris, in VIII Congresso Internazionale di Studi Bizantini (Palermo, 3-10 aprile 1951), Palermo 1953, pp. 2234; S. BORSARI, Sulla cultura letteraria dei monasteri bizantini nel Mezzogiorno d’Italia, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, XVIII (1949), pp. 139-146; S. BORSARI, La tradizione classica nei monasteri basiliani, in Magna Grecia, 12, 9-10, (1977), pp. 235-250.

 

22  

ciò provocò un distacco dall’ambiente greco e calabrese di origine. Due codici Urbinati greci 20 e 21, custoditi nella Biblioteca Vaticana, hanno aperto una speranza in tal senso e sembrano poter giustificare l’esplicito encomio dell’anonimo agiografo della Vita, rivolto all’attività di scrittura del santo monaco. Si tratta di due codici membranacei che tramandano lo stesso contenuto, ossia il Commento di S. Giovanni Crisostomo al Vangelo di S. Matteo, scritti nel 992 dalla stessa mano, a detta di Cozza-Luzi90, δια' χεìρος Γρεγορìου, come recita la sottoscrizione apposta al codice 2091. Di primo acchito non sembrerebbe da escludersi l’ipotesi che i due codici siano stati scritti per mano di Gregorio da Cerchiara. Gregorio, infatti, morì poco prima dell’anno Mille, e quindi nel 992, epoca alla quale si fanno risalire tali codici, era ancora vivo e attivo; la tecnica esecutiva dei codici urbinati inoltre non differisce da quella dei codici niliani provenienti dall’Eparchia del Mercurion92. Tali

codici

di

X

secolo,

conservati

nelle

biblioteche

Vaticana, Nazionale di Parigi e di Grottaferrata, rivelano tratti inconfondibili, ben distinguibili, e diversi da quelli delle opere prodotte presso lo Studion di Costantinopoli, che fanno ipotizzare l’esistenza di una scuola calligrafica del Mercurion. I dettami e le tendenze proprie di questa scuola non dovettero rimanere confinate nel territorio dell’Eparchia del Mercurion,

ma

dovettero

diffondersi

nel

circondario,

                                                                                                                90 91 92

 

I. COZZA-LUZI, Nova Patrum Bibliotheca, X, Roma 1905, p. 284. Bibliothecae Apost. Vat. Codices M. S. Recensuit STORNAJOLI, Roma 1895, p. 29. F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 201.

23  

raggiungendo soprattutto i monasteri di Rossano e della diocesi di Cassano. Tale

irradiamento

è

testimoniato

da

alcuni

codici

provenienti da zone marginali del Mercurion, come i codd. Vat. gr. 1456 con l’Onomasticon di Eusebio e il 2061 con le omelie di Gregorio Nazianzeno, entrambi del X secolo e provenienti dal Patirion93; i codd. Reginen. gr. 73 e 75 trascritti da Simeone, prete di S. Parasceve di Malvito; il cod. Vat. gr. 2030 contenente le opere di Efrem, copiato nel 1020 dal monaco di S. Sozonte (nella Val del Crati), Marco94. Concludendo, si potrebbe ritenere che l’attività di Gregorio, rientrante in quella praticata nella Val di Crati nel X secolo, sia di derivazione mercuriese, la quale trova il suo più grande esponente in Nilo da Rossano. Nonostante tali considerazioni, altri studiosi come Burgarella95 e Franzese96 ritengono che sia assai difficile attribuire a Gregorio da Cerchiara la stesura dei codici Urbinati greci 20 e 21, ma ciò non va ad inficiare del tutto la veridicità del dato contenuto nella Vita Gregorii relativo alla perizia calligrafica del monaco. Un altro dato affatto trascurabile è l’influsso esercitato da Gregorio e dai monaci calabro-greci presenti nel monastero di Burtscheid sulla corrente artistica che incominciò ad affermarsi a partire dalla seconda metà del X secolo, nella valle del Reno e in gran parte della Francia97.                                                                                                                 93

Cfr. P. BATIFFOL, L’Abbaye de Rossano, Contribution à l’histoire de la Vaticane, Parigi 1891, pp. 64-65; G. MERCATI, Per la storia dei MS. greci di Genova e di alcune Badie basiliane d’Italia, Città del Vaticano 1935, p. 310. 94 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 202. 95 F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 42. 96 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 61. 97 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 202.

 

24  

Quei monaci che si raggrupparono attorno a Gregorio nei pressi di Aquisgrana, oltre che abili calligrafi, erano anche pittori, miniaturisti, ingegneri, capifabbrica e artigiani di vario genere. Dall’analisi dei codici superstiti, di origine calabrese, del periodo, si rileva inoltre la presenza in area calabra di una solida tradizione miniaturistica che traeva le sue origini da correnti artistiche orientali della Siria, piuttosto che di Bisanzio98. Questo perché i primi monaci greci di Calabria discendevano dai monaci melchiti di Siria ed Egitto, che, con l’avanzata degli Arabi, migrarono e si rifugiarono nell’Italia meridionale. Vi sono codici autorevoli che confermano la presenza di tale tradizione codicologica e miniaturista di ascendenza siriaca: si

tratta

del

Codice

Purpureo

di

Rossano

di

VI

secolo,

chiaramente importato dalla Siria; del Codice Vaticano 1970, di XII secolo, noto come Rotulo di Rossano o Patiriense (dal monastero di S. Maria del Patir), contenente la liturgia di S. Marco e S. Giacomo e copiato sulla base di un esemplare siriaco; il pentateuco di Ashburnaam di VII secolo, con miniature di evidente derivazione orientale, sebbene il codice sia stato copiato, nell’Italia meridionale, e, forse, proprio in Calabria. E poi ancora si possono menzionare il Cod. Patm. 33 con le opere di Gregorio Nazianzeno, copiato in Calabria nel 941 e decorato con ornamenti zoomorfi ispirati all’arte orientale; il Cod. 431 di fine X secolo, conservato nella Biblioteca di Montecassino, che riporta la Dottrina di Doroteo, copiato, e, forse anche miniato, in stile orientale da Arsenio99. Appurato, sulla base di tale documentazione, il legame tra l’arte calligrafa e miniaturista calabra e la tecnica degli scriptoria                                                                                                                 98 99

 

F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., pp. 202-203. F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 203.

25  

della Siria, si ritiene dunque che Gregorio e i monaci della sua cerchia si siano resi autori della diffusione di questa tradizione nelle zone dell’Europa occidentale100. Tale tecnica raggiunse livelli di esecuzione e formalità talmente alti che fu inevitabile un suo influsso sulla cosìddetta arte carolingia e benedettinolongobardica101. Parallelamente all’attività di Gregorio e del suo entourage in Germania, testimoniata anche dal cod. gr. 375 scritto a Colonia nel 1021 dal monaco Elia, membro del cenobio di Burtscheid, si colloca quella di Nilo da Rossano e dei suoi proseliti in Italia. Nilo, infatti, si fece promotore della diffusione della

stessa

arte

contemporaneamente

scrittoria da

Gregorio

e

decorativa, nell’Europa

irradiata

occidentale,

dapprima introducendola a Montecassino, e poi trapiantandola a Roma. Si può giungere alla conclusione, pertanto, che Gregorio, oltre ad essere un eccellente calligrafo, dovette essere anche un ottimo miniaturista, se non perfino un caposcuola al pari di Nilo102. La straordinaria abilità di copista del santo monaco, sottolineata nel testo della Vita dall’anonimo compositore, influì probabilmente nella decisione dell’imperatore di portarlo con sé in Germania per affidargli la direzione del nuovo monastero nelle vicinanze di Aquisgrana103. La Germania vantava importanti centri d’incontro culturale tra elementi artistici ottoniani, italiani e bizantini, centri come

                                                                                                                100

F. RUSSO, «Sulla F. RUSSO, «Sulla 102 F. RUSSO, «Sulla 103 P. D. FRANZESE, 58. 101

 

Vita Vita Vita San

Gregorii Abbatis», cit., pp. 204-205. Gregorii Abbatis», cit., pp. 204-205. Gregorii Abbatis», cit., p. 205. Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p.

26  

Colonia, Treviri, Reichenau, Hildesheim, Ecthernach e Paderbon: l’ipotesi sopra avanzata pertanto sembra molto vicina alla realtà. Gregorio si fece ambasciatore della cultura italo-bizantina nel cuore imperiale e culturale dell’Europa ottoniana di X secolo, cultura che si era già affacciata in queste località ai tempi di Carlo Magno104. Basti pensare ai vari tipi di pianta delle chiese carolingie ispirati ad altrettanti modelli greco-orientali, così come il caratteristico Westwerk, che non è altro se non la fusione di due elementi di derivazione orientale, ossia la pianta centrale e la facciata a due torri105. Furono, però, soprattutto gli Ottoni ad incentivare la commistione tra elementi greci ed autoctoni. Emblema di tale processo sono due documenti: il primo è il diploma che riporta la lista dei ricchi doni offerti dalla principessa bizantina Teofano, in occasione delle sue nozze, trascritto in caratteri d’oro con fondo purpureo e, decorato secondo lo stile dei sontuosi tessuti orientali, lavorati con scene di combattimenti fra belve; il secondo è una placchetta d’avorio raffigurante Cristo che benedice Teofano e Ottone II, conservata al museo di Cluny di Parigi106. Per meglio comprendere la fioritura culturale che si ebbe sotto gli Ottoni e l’importanza della Germania come punto di incontro di realtà e tradizioni artistiche differenti, si può far riferimento alla ricca produzione di altissima qualità degli scriptoria ottoniani.                                                                                                                 104

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p.

58. 105

Cfr. H. THUEMMLER, Carolingio, in Enciclopedia Universale dell’Arte, III, VeneziaRoma 1958. 106 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 59.

 

27  

Fra i manoscritti più celebri si ricordano i Vangeli e il Sacramento di Corvey (di fine X secolo), il Codex Wittekindeus di Fulda (scritto fra il 970-80), l’Evangeliario di Poussay (del 980), il Codex Egberti (datato tra il 977-993), i Vangeli della Sainte-Chapelle (del 986), e soprattutto il Registrum Gregorii (del 984), il cui raffinatissimo autore, ricordato come il Maestro del

Registrum

Gregorii,

era

conoscitore

del

greco,

come

dimostra il piccolo salterio greco-latino di Egberto, a lui attribuito, oggi conservato nella Biblioteca di Treviri107. Meritano una menzione anche i Vangeli di Aquisgrana (del 990 ca.), in cui sono rielaborati moduli iconografici di ascendenza bizantina, al cui interno campeggia il ritratto di Ottone III seduto in trono all’interno di una mandorla, sostenuto dalla terra e raffigurato nell’atto di ricevere la corona reale direttamente dalla mano del Signore. A fine secolo si collocano i celebri Vangeli di Ottone III, manoscritti

miniati

in

cui

compare

sempre

l’immagine

dell’imperatore mentre riceve in dono le quattro provincie dell’Impero, ossia Roma, la Gallia, la Germania e la Sclavinia108. A esercitati

manifestare

i

sull’arte

segni

imperiale

degli vi

influssi sono

greco-bizantini anche

opere

architettoniche109, come la chiesa di san Ciriaco a Gernrode,                                                                                                                 107

C. NORDENFALK, Der Meister des Registrum Gregorii, in Munchner Jahr. D. Bild. Kunst, 3 (1950), pp. 61-77; L. CASTELFRANCHI VEGAS, L’arte ottoniana intorno al Mille, Milano 2002, pp. 34 e ss. 108 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 60. 109 B. BERTAUX, L’Art dans l’Italie méridionale, Paris 1904; A. PRANDI (a cura di), L’art dans l’Italie méridionale. Aggiornamento all’opera di E. Bertaux, Roma 1978; G. AGNELLO, Le arti figurative nella Sicilia bizantina, Palermo 1962; A. MUNOZ, I codici greci miniati delle biblioteche minori di Roma, Firenze 1955; G. CAVALLO (a cura di), Rotoli d’exultet dell’Italia meridionale, Bari 1973; M.P. DI DARIO GUIDA, Cultura artistica della Calabria medievale, Cava dei Tirreni 1978; P. ORSI, Le Chiese basiliane della Calabria, Roma 1997; A. GUILLOU, Italie méridionale byzantine ou Byzantins en Italie méridionale, in Byzantion, 44 (1974), pp. 180 e ss; A. GUILLOU, Art et religion dans l’Italie grecque médievale, in La Chiesa Greca in Italia dall’VIII al XVI secolo, II, Padova 1972, pp. 725-758; A. MEDEA, Gli affreschi delle cripte eremitiche pugliesi,

 

28  

risalente al 960-965, la cappella di san Bartolomeo fatta erigere dal vescovo di Paderborn, Meinwerk, nel 1017, e poi anche i cicli pittorici della chiesa di san Giorgio ad Oberzell, sull’isola di Reichenau, caratterizzati

risalenti dalla

all’ultimo presenza

decennio di

del

decorazioni

X

secolo,

scultoree

e ad

intreccio, di pulvini, di matronei, di modelli iconografici tardo antichi, di complesse greche prospettiche e di figure di santi collocate all’interno di clipei110. A tale ciclo figurativo si può accostare quello della cappella palatina

di

Aquisgrana111,

commissionato

direttamente

da

Ottone III, il quale chiamò dall’Italia un artista poco noto, Iohannes Italicus112, per la realizzazione degli affreschi. Il ciclo pittorico della cappella di Aquisgrana emerse durante i lavori di restauro del 1870 nella loggia imperiale, ma, in quell’occasione, fu ricoperto; oggi pertanto gli affreschi sono noti solo mediante alcune copie ad acquarello. Non è dunque                                                                                                                

Roma 1939; I. P. MARASCO, Gli affreschi medioevali in S. Pietro d’Otranto, in Annali dell’Università degli Studi di Lecce, II (1964-1965), pp. 79-97. 110 O. PACHT, La Miniatura medievale, Torino 1987; F. MUTHERICH-K. DACHS, Das Evangeliar Ottos III, Munchen 2001; E. KLUCKERT, La pittura romanica, in R. TOMAN (a cura di), L’arte del Romanico, Milano 1999, pp. 382-425; C. BARBERI (a cura di), Psalterium Egberti, facsimile del ms. CXXXVI del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, Rodeano Alto 2000; F. J. RONIG, Egberto, Arcivescovo di Treviri (977-993): un mecenate delle arti, in Psalterium Egberti, facsimile del ms. CXXXVI del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, Rodeano Alto 2000, pp. 27-38; C. BERTELLI, Miniatura e pittura dal monaco professionista, in AA. VV., Dall’eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, Milano 1987 pp. 579-644; H. TURNER-C. R. DODWELL, Reichenau reconsidered, London 1965; F. TONIOLO, Pericopi Evangeliche (codex Egberti), in AA. VV., Incontrarsi ad Emmaus, Padova 1977; W. D. WIXON, Byzantine art and the latin west, in The glory of Byzantium, art and culture of the middle byzantine era a./d. 843-1261, New York 1997, pp. 435-490; H. EHL, Die Ottonische Kolner Buchmalerei, Bonn 1922; A. GRABAR, L’art du moyen age en Occident: influence byzantine et orientale, London 1980; E. KITZINGER, The Art of Byzantium and the medieval west, BloomingtonLondon 1976. 111 Cfr. G. VALENZANO, La cultura pittorica della Reichenau, in BOCCHIERO, Psalterium Egberti. Facsimile del ms. CXXXVI del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, Trieste 2000, pp. 63-74. 112 Cfr. C. NORDENFALK, Milano e l’arte ottoniana: problemi di fondo sinora poco osservati, in C. BERTELLI (a cura di), La Città del vescovo dai Carolingi al Barbarossa, Milano 1988, pp. 102-123.

 

29  

possibile

fare

osservazioni

precise

sulla

qualità

e

sulle

caratteristiche distintive degli affreschi di Aquisgrana, ma di certo essi dovettero essere emblematici dell’impulso artisticoculturale impresso da Ottone III. C’è stato chi, come Carl Nordenfalk in un saggio del 1988, sulla base di comuni elementi stilistici e decorativi, ha proposto di identificare l’artista autore del ciclo di Aquisgrana con il Maestro del Registrum Gregorii. Questa resta ancora una supposizione, ma ciò che è certo è che tutte queste diversificate testimonianze artistiche non fanno altro che confermare gli intensi scambi culturali fra la corte sassone e gli ambienti italiani, scambi di cui gli Ottoni furono promotori e in cui Gregorio da Cerchiara ebbe un ruolo di rilievo113. Secondo alcune fonti Gregorio sarebbe stato l’artefice anche della diffusione del culto di san Nicola di Mira ad Aquisgrana. Cesario di Heisterbach in un’opera composta attorno al 1223, il Dialogus Miracolorum114, riporta la notizia secondo la quale il santo monaco calabrese avrebbe donato al monastero di Burtscheid di Aquisgrana un’immagine beati Pontificis Nycholai ab umbelico et sursum in se repraesentans, un’icona miracolosa di san Nicola. Tale dato risulta essere poco probabile, dal momento

che

l’icona

in

questione,

una

delle

primissime

                                                                                                                113

F. ABBATE, Storia dell’arte nell’Italia meridionale, Napoli 1963; M. ROTILI, Arte bizantina in Calabria e in Basilicata, Cava dei Tirreni 1980; R. FARIOLI CAMPANATI, La Cultura artistica nelle regioni bizantine d’Italia dal VI al XI secolo, in AA. VV., I Bizantini in Italia, Milano 1982, pp. 139-426; V. PACE, Pittura bizantina nell’Italia meridionale ( sec. XI-XIV), in AA. VV., I Bizantini in Italia, Milano 1982, pp. 427-498; H. BELTING, Byzantine art among Greeks and Latins in Southern Italy, in Dumbarton Oaks Papers, 28 (1974), pp. 3-29; M. FALLA CASTELFRANCHI, Per la storia della pittura bizantina in Calabria, in Rivista Storica Calabrese, N. S., IV (1985), pp. 389414. 114 C. HEISTERBACH, Dialogus miracolorum, Colonia 1851.

 

30  

immagini del santo di Mira oltre le Alpi, è risalente alla fine del XII secolo e agli inizi del XIII115. Si potrebbe, comunque, supporre la presenza di un modello iconografico risalente al X secolo e riferibile agli ambienti gregoriani, sulla base del quale fu realizzata l’icona a mosaico di cui siamo oggi in possesso116. Non va dimenticato infatti che Gregorio decise di dedicare il nuovo monastero di Burtscheid ai santi Nicola e Apollinare, il cui culto era molto diffuso sia a Roma sia nelle terre di origine del santo monaco117. La

figura

di

Gregorio

si

inserisce

in

un

ambiente

profondamente attratto dai figli di Bisanzio, in cui artisti di vario genere e di diversa provenienza erano accolti e convivevano in un sereno scambio culturale, accomunati dal desiderio di una decisa

e

prossima

Renovatio

Imperii

religiosa,

politica

e

culturale. Il santo monaco calabrese si fece medium e tramite sia di una innovativa e rivisitata spiritualità monastica italo-greca, sia di un gusto artistico e culturale di impronta bizantina, tipico dell’Europa di fine X secolo118. Alla morte di Gregorio i suoi discepoli giunti dalla Calabria ne continuarono l’attività, ma, con la scomparsa dei potenti protettori ottoniani, la loro posizione incominciò ad incrinarsi. Il vescovo di Hildeshiem, Godehardo, nella prima metà dell’XI secolo, intraprese l’offensiva contro i monaci, accusati di essere fannulloni, e la sua ostilità giunse al punto di imporre il divieto di ospitare all’interno dello xenodochio della sua diocesi,                                                                                                                 115

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 61-62. 116 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 217. 117 F. BURGARELLA, Ravenna e l’Italia meridionale e insulare, in Ravenna da capitale imperiale a capitale esacrale, cit., pp. 112-116. 118 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 63.

 

31  

per più di due giorni119. L’atteggiamento avverso del vescovo bloccò l’arrivo di altri monaci dall’Italia meridionale, portando così al tramonto l’operato di Gregorio120. In occasione della translatio delle reliquie del santo monaco, avvenuta alla metà del XII secolo, la sua fama fu corroborata sicuramente, come dimostra il notevole interesse per la sua vita che fu studiata e trascritta in numerosi centri monastici europei fino però soltanto alla fine del XV secolo121. Nel XVI secolo la tomba del santo monaco era ancora venerata

con

particolari

attività

liturgiche,

nel

giorno

dell’anniversario della sua morte, come testimonia il Martirologio di Usuard di Greveni (del 1515)122. Esso documenta che, durante la translatio voluta dall’abate Arnoldo, un braccio di Gregorio fu portato nella chiesa di san Michele a Fulda, e che il nome del santo era invocato dai fedeli per la guarigione dei bambini malati con tali parole: Ex usu sacrum summum, sed de die, itemque vesperae solleone, inter quas incensatur sepulchrum divi abbatis in quo sepulchro quiescunt sacra eiusdem ossa, praeter partem brachii, quae iam in Fuldensi ecclesia S. Michahelis conservatur. Invocatur praecipue Gregorii patrocinium in gratiam infantium qui morbo debilive valetudine tentantur. Utrum autem aliis in locis agatur sancti nostri festum, incompertum est123.                                                                                                                 119

A. CAFFI, Santi e guerrieri di Bisanzio nell’Italia meridionale, cit., p. 325 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 200. 121 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 46. 122 H. QUENTIN, Martyrologes historiques, Parigi 1908, pp. 675-677. 123 A. POCELET, Commentarius Praevius, cit., p. 462. 120

 

32  

Dopo ben un millennio nella comunità di Burtscheid è ancora vivo il ricordo del monaco calabro: qui sorge una grande statua bronzea raffigurante Gregorio, eretta nel 2009 accanto alla nuova parrocchia dedicata a St. Gregor von Burtscheid, che lo commemora il 4 novembre di ogni anno124.

                                                                                                                124

R. VAN DOREN, Gregorio, cit., p. 175; R. AUBERT, Grégoire de Cerchiara, cit., p. 1491.

 

33  

CAPITOLO II MONACHESIMO E NOVIZIATO AL TEMPO DI GREGORIO Nell’Italia meridionale di X secolo non esisteva un’univoca prassi per il noviziato, né un uniforme modus vivendi all’interno delle

varie

comunità,

agiografico125.

Le

come

variabili

emerge

principali

dalle erano

fonti

di

costituite

tipo dalle

inclinazioni del novizio e dalle propensioni e intenzioni del superiore126. A tal proposito è bene portare alcuni esempi che rendono testimonianza di diverse esperienze monacali praticate nello stesso secolo e nella stessa area geografica. L’agiografo di san Nilo, riguardo al suo primo ingresso nel monastero di san Nazario, scrive che: Reso ossequio all’egùmeno ed a tutti i fratelli [i monaci], e scongiurati di pregare per lui il Signore, fu da essi accolto come figlio e fratello diletto. Avendolo veduto assai stanco ed affaticato per il cammino, con tutta carità lo rifocillarono con pesci e vino ed ogni altro ristoro solito darsi in simili circostanze ai fratelli […]127.                                                                                                                 125

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p.

30. 126

A. PERTUSI, Aspetti organizzativi e culturali dell’ambiente monacale greco dell’Italia meridionale, in L’eremitismo in Occidente. Atti della II settimana internazionale di studio (Mendola, 30 agosto-6 settembre 1962), Milano 1965, pp. 92; 393. 127 L. R. MENAGER, La “byzantinisation” religieuse de l’Italie meridionale (XI-XII siècle) et la politique monastique des Normands d’Italie, in Revue d’Histoire Ecclésiastique, 53

 

34  

Di Elia le fonti raccontano che, attirato dalla fama del monaco Arsenio, si fece tonsurare da lui e vestire dell’abito monacale, in seguito si dedicò all’ascesi trascorrendo le giornate pregando e lavorando duramente nei campi e nei boschi. Divenuto egùmeno compì subito un’azione miracolosa: guarì infatti, un monaco ribelle che si era allontanato dal monastero senza permesso128. L’omonimo santo di Enna finì invece per ben due volte in mano musulmana, fu poi acquistato da un cristiano e venduto ad un altro cristiano in Africa. Dopo essere stato affrancato, andò in Palestina, dove ricevette l’abito monacale dal Patriarca di Gerusalemme, per poi dirigersi, dopo un anno, in un monastero sul monte Sinai. Per quanto concerne Leo Luca da Corleone si sa che, rimasto orfano, rinunciò ai suoi beni e si ritirò nel celebre monastero siciliano di San Filippo d’Agira, dove seguì gli insegnamenti di un anziano monaco. In seguito, a causa dell’arrivo dei musulmani, emigrò in Calabria, e, dopo un lungo vagare senza una meta, decise di dedicarsi alla vita comunitaria, sotto consiglio di una giovane donna129. Solitamente il giovane novizio trascorreva i primi anni all’interno di un cenobio, rispettando con rigore la rigida disciplina dell’obbedienza, e poi, se lo desiderava e se gli era concesso, poteva allontanarsi dal monastero per condurre vita eremitica.                                                                                                                

(1958), p. 766; S. LUCA’, Frammenti di codici greci in Calabria, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, LXVII (2000), p. 171-188. 128 H. DELHOUGNE, Autorité et partecipation chez les Père du cénobitisme, in Revue d’Ascetique et Mystique, 46 (1969), p. 12. 129 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 30.

 

35  

Il tempo da trascorrere in monastero prima di potersi eventualmente dedicare alla vita anacoretica era stato fissato a tre anni dal Sinodo del Trullo già nel 692, anche se la realtà dei fatti era molto più duttile e sfaccettata130. La Vita di Fantino è ricca di informazioni e dati illuminanti per comprendere gli aspetti peculiari della vita monastica dell’Italia meridionale. Quando aveva soli otto anni egli fu accompagnato dal padre nel monastero di Sant’Elia lo Speleota, il

quale,

dopo

aver

trascorso

cinque

giorni

in

completo

isolamento all’interno di una cella segreta lontana dal cenobio, ritornato il sabato della stessa settimana, accolse il piccolo Fantino e lo affidò nelle mani del monaco più saggio della comunità,

perchè

fosse

allevato

e

istruito

al

meglio131.

Crescendo, Fantino fece proprie tutte le doti intellettive e spirituali del suo educatore, pertanto fu tonsurato da Elia e ricevette il ministero della cucina132. Come è scritto nella sua Vita: Inoltre,

dato

che

i

monaci

esercitavano

la

mortificazione ciascuno come poteva o voleva, egli dapprima mangiava ogni due o tre giorni, ma, passato un anno dalla sua tonsura, prese a nutrirsi per tutta la settimana perfino una volta soltanto di sole verdure crude e di legumi, accettando di rado un pezzetto di pane con acqua, per il suo ardente amore per l’obbedienza: vinse così la gola, per quanto possibile all’umana natura, e di conseguenza acquisì il                                                                                                                 130

C. LILIANE, Eremitisme en occident, in Dictionnaire de Spiritualité, IV, Parigi 1958, pp. 936-953. 131 Vita di S. Fantino il Giovane, § 4, pp. 405, 407. 132 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 31.

 

36  

completo dominio sulle altre passioni. Dopo aver purificato sino in fondo il suo cuore, ed essere giunto alla misura dell’età che attua la pienezza di Cristo, ed aver acquistato in sé tutti i frutti dello Spirito Santo, di cui parla il beato Paolo, mutò radicalmente ministero, come mai nessun altro, e ricevette da parte del superiore e dei confratelli la cura della chiesa133. Fantino, dopo vent’anni trascorsi all’interno del cenobio, decise poi di abbandonarlo per condurre vita ascetica e solitaria in Lucania, in una zona disabitata. La Vita di Fantino134 costituisce l’esempio di un tipo di noviziato consueto nel X secolo, quello di chi entra nella comunità monastica, viene educato ed istruito, è iscritto poi nella stessa comunità, intraprende la carica di cuoco, e, dopo un anno, con il benestare di tutti, riceve in dono la cura della chiesa135. Tuttavia, il quadro storico e sociale del tempo doveva essere molto più frastagliato e complesso, e le fonti agiografiche non possono che darci una visione parziale e in parte distorta di esso, concentrandosi maggiormente sul ritratto della figura del santo in questione, piuttosto che sulla contestualizzazione del suo operato136. Dagli esempi cui abbiamo fatto riferimento si evince che i monaci, una volta istruiti e ammaestrati all’interno dei cenobi, potevano allontanarsene e dedicarsi a vita eremitica; alcuni di essi potevano vivere in celle esicaste, pur mantenendo attivi i                                                                                                                 133

Vita di S. Fantino il Giovane, § 7, p. 409. E. FOLLIERI, La vita di San Fantino il Giovane: introduzione, testo greco, traduzione, commentario e indici, Bruxelles 1993. 135 A. PERTUSI, Italie. La Spiritualité, VII, 2, Paris 1971, pp. 2193-2206. 136 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 32. 134

 

37  

contatti con i monasteri e i loro egùmeni; alcuni grandi asceti, come

Nilo,

potevano

circondarsi

di

allievi

già

istruiti

nei

monasteri, i quali, se venivano giudicati inadatti e ancora poco pronti alla vita eremitica, venivano spediti nuovamente nei cenobi137. Ci sono eccezioni a queste tendenze: talvolta, poteva, infatti, accadere che l’apprendistato dei novizi si svolgesse direttamente in un esicasterio, come nel caso di Nicodemo di Kellerana, vissuto tra il quinto decennio del X secolo e il secondo dell’XI138. Esistevano anche gruppi di monaci che conducevano vita comunitaria cenobitica pur vivendo in celle e in spelonche. Un caso particolare è dato dai monasteri di Sant’Elia lo Speleota, fondato da quest’ultimo nei pressi di Seminara, di San Michele nel Mercurion, e di San Lorenzo nel Latinianon, costituiti da una spelonca centrale più ampia, all’interno della quale sorgeva la chiesa, e alla quale facevano da corollario tante piccole cellette che ospitavano i monaci divisi in gruppi139. Tale

“carattere

speleolitico”

doveva

essere

molto

comune

nell’Italia meridionale, in quanto univa al risparmio economico, dato dallo sfruttamento delle caverne e di antri naturali come dimore, le necessità della vita eremitica e dell’ascesi140. Un altro vantaggio offerto da pratiche di questo stampo consisteva nella possibilità di fuggire facilmente in caso di attacchi da parte dei saraceni, portando con sé i pochi arredi che                                                                                                                 137

E. MORINI, Eremo e cenobio nel monachesimo greco dell’Italia meridionale nei secoli IX e X, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, 31 (1977), pp. 364 e ss. 138 Vita di S. Nicodemo di Kellarana, M. ARCO MAGRì (a cura di), Roma 1969, pp. 4347. 139 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 33. 140 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 34.

 

38  

decoravano le celle, dal momento che esse di solito erano ubicate in luoghi impervi e di difficile accesso141. In generale i santi italo-greci fin ora citati, nonostante la loro sincera ammirazione per la vita ascetica e solitaria, si mostrano sostenitori e riformatori della vita cenobitica142. Se da un lato non esiste alcun monaco calabro-greco che abbia rinunciato in toto e per sempre all’ideale eremitico, dall’altro mancano anacoreti assoluti143. Analizzando il caso specifico di Gregorio da Cerchiara, stando ai riferimenti presenti nella doppia redazione della sua Vita, sembra che egli non abbia trascorso particolari periodi di ascesi solitaria nelle spelonche circostanti il monte Sellaro.144 Pertanto, egli sarebbe l’unico cenobita per formazione, tra i santi italo-greci, al punto da incarnare il modello di un monachesimo riformato, come richiedevano le istanze del tempo, fondato sulla rigida pratica dell’obbedienza e sull’intensa attività lavorativa e caritatevole, intervallato da elementi tipici della vita eremitica quali penitenze, veglie, sacrifici, divieti alimentari e salmodie145. Si tratta di quel modello riformato del cenobitismo, caritatevole e vicino alle esigenze del prossimo, ma anche caratterizzato dalle esperienze più dure della vita degli anacoreti, che i grandi padri italo-greci stavano approntando, e che egli fece subito proprio. Gregorio rappresenta l’anello di congiunzione tra una                                                                                                                 141

F. RUSSO, L’Epopea del monachesimo greco in Calabria (secc. X-XI), in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XLV (1991), pp. 145-150; A. PRANDI, Aspetti archeologici dell’eremitismo in Puglia, in L’eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII. Atti della seconda Settimana Internazionale di studio, Milano 1965, pp. 435-456. 142 E. MORINI, Il monachesimo italo-greco tra eremitismo e cenobitismo, in Medioevo rupestre. Strutture insediative nella Calabria settentrionale, Bari 2007, p. 26. 143 E. MORINI, Il monachesimo italo-greco tra eremitismo e cenobitismo, cit., pp. 3031. 144 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 37. 145 E. MORINI, Il monachesimo italo-greco tra eremitismo e cenobitismo, cit., pp. 65 e ss.

 

39  

riforma non ancora ben definita e la decisiva svolta cenobitica impressa da san Bartolomeo da Simeri, fondatore nel 1090 ca. del monastero del Patir di Rossano, nonché riformatore del monastero di San Basilio sul monte Athos146.

                                                                                                                146

E. MORINI, Il monachesimo italo-greco tra eremitismo e cenobitismo, cit., pp. 8997; G. ZACCAGNI, Il Bios di san Bartolomeo da Simeri, in Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici, 33 (1996), pp. 193-274; M. RE, Sul viaggio di Bartolomeo da Simeri a Costantinopoli, in Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici, 34 (1977), pp. 31-76; P. BATTIFOL, L’Abbaye de Rossano. Contribution à l’histoire de la Vaticane, Paris 1891.

 

40  

II.1. MONACHESIMO E POTERE L’imperatore Ottone II (973-983) e il suo erede, Ottone III (983-1002), adottarono una politica vincente che mirava ad attirare, riunire e valorizzare le menti più eccelse e brillanti della cultura italo-greca147. Ruolo fondamentale nelle scelte politiche sia dell’uno che dell’altro ebbe un personaggio femminile, l’imperatrice Teofano, di nascita e formazione bizantina, la quale seppe consigliare dapprima il marito e poi il figlio, esercitando una certa influenza sulla corte sassone, e favorendo personaggi a lei affini per interessi culturali e per motivi religiosi, reclutati dalle zone del sud Italia148. A motivare il desiderio di Teofano di inserire intellettuali e monaci del Mezzogiorno nelle trame della politica imperiale era non solo il forte legame con la cultura di stampo grecobizantino, di cui tali individui erano rappresentanti illustri, e che lei voleva promuovere, ma anche esigenze politiche pratiche. Infatti, intendeva avvalersi dei monaci italo-greci per attuare una riforma della Chiesa e un risveglio degli studi e della fede. Così avvenne che le personalità di maggior rilievo dell’ambiente monastico della Calabria, e non solo di questa regione, del X secolo, strinsero forti legami e intrattennero intensi rapporti con le autorità civili, militari e religiose dell’epoca, anche ben oltre i confini bizantini149. Il santo non doveva essere più considerato                                                                                                                 147

F. BURGARELLA, La politica culturale della dinastia ottoniana e i Greci di Calabria, in Atti del Congresso Internazionale su San Nilo di Rossano, (Rossano, 28 sett.-1 ott.), 1986. 148 F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 35. 149 F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., pp. 35-36.

 

41  

come l’incarnazione del messaggio divino, come un essere chiuso nel suo mondo spirituale, refrattario ai rapporti con gli altri, ma come un medium efficace che facesse da tramite non solo tra Dio e i fedeli, ma anche tra i cives e le autorità150. Significativi sono a riguardo gli esempi portati da alcune Vitae di santi come quella di Elia il Giovane151, di Elia lo Speleota152, di Nilo153 e di Vitale da Castronovo154. Quest’ultimo, convocato

dal

catapano

di

Bari,

così

come

Gregorio

da

Cerchiara, salvò il delegato imperiale da una straordinaria tempesta di grandine che provocò una strage di uomini e di bestiame. È un vero e proprio topos quello del santo interlocutore che interviene per preannunciare o scongiurare una carestia, una pestilenza, un disastro naturale, un evento luttuoso o un attacco saraceno155. Se da un lato ci sono molteplici esempi di santi monaci in contatto diretto con le autorità e con le comunità cittadine, dall’altra emergono casi in cui essi rifiutarono e rifuggirono qualsiasi contatto con le autorità bizantine156. Nelle comunità greco-bizantine iniziò ad esercitare un forte ascendente l’elemento latino, romano157, tanto che si ebbero cospicui casi di monaci in pellegrinaggio ad loca santa158, come                                                                                                                 150

A. GUILLOU, Greci d’Italia meridionale e di Sicilia nel medioevo: i monaci, in Aspetti della Civiltà Bizantina, Bari 1976, p. 291. 151 G. ROSSI TAIBBI, Vita di S. Elia il Giovane, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici, 1962. 152 V. SALETTA, La Vita di Sant’Elia, Roma 1972. 153 M. CARYOPHILUS, Vita di S. Nilo, Roma 1624. 154 A. CILENTO, Potere e monachesimo. Ceti dirigenti e mondo monastico nella Calabria bizantina (secoli IX-XI), Firenze 2000, pp. 100-101. 155 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 48-49. 156 A. CILENTO, Potere e monachesimo, cit., p. 105. 157 P. LAMMA, Oriente e Occidente nell’alto medioevo, Padova 1968, pp. 333 e ss; A. CILENTO, Potere e monachesimo, cit., p. 129. 158 F. RUSSO, La Peregrinatio dei santi italogreci alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XXII (1968), pp. 89-99.

 

42  

Leone Luca159, Elia lo Speleota160, Cristoforo da Collesano161 e Vitale da Castronovo162, e altri casi di monaci eminenti come Gregorio, Nilo e Giovanni Filagato che si allontanarono per sempre dal sud Italia, attratti dal nord della penisola. Roma era un crogiolo di culture, tendenze ed etnie differenti, e, in quanto tale, accoglieva immigrati provenienti dall’Asia, dall’Africa, dall’Oriente e dall’Italia bizantina163. La capitale fungeva, quindi, da centro di mediazione fondamentale tra oriente e occidente164 ed il viaggio a Roma non assumeva più il significato della topica visita devozionale alla tomba degli Apostoli Pietro e Paolo, ma simboleggiava il desiderio, da parte dei monaci di ascendenza bizantina, di aprirsi alle influenze del mondo latino di cui la città eterna era emblema. Lo spostamento delle comunità greche oltre il confine bizantino era motivato sia

                                                                                                                159

Vita di S. Leo-Luca, § 6. Vita di S. Elia Speleota, § 8. 161 Vita di S. Cristoforo, § 11. 162 Vita di S. Vitale, § 2. 163 P. CHIESA, Traduzioni e traduttori a Roma nell’altomedioevo, in Roma fra Oriente e Occidente, settimane di studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo 19-24 aprile 2011, Spoleto 2002, pp. 455-487. 164 O. BERTOLINI, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941; J.-M. SANSTERRE, Les moines grecs et orientaux à Rome aux époques byzantines et carolingienne (milieu du VIe-fin du IXe siècle), Bruxelles 1983; F. BURGARELLA, Presenze greche a Roma: aspetti culturali e religiosi, in Roma fra Oriente e Occidente, settimane di studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo (19-24 aprile 2011), Spoleto 2002, pp. 943-988; A. PRANDI, La tomba di S. Pietro nei pellegrinaggi dell’età medievale, in Pellegrinaggi e culto dei santi in Europa fino alla I Crociata. Convegni del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale IV, Todi 1963, pp. 285-447; E. HUBERT, Les résidences des étrangers à Rome, in Roma fra Oriente e Occidente, settimane di studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo (19-24 aprile 2011), Spoleto 2002, pp. 173-204; C. FARAGGIANA DI SARZANA, Gli insegnamenti dei Padri del deserto nella Roma altomedievale (saec. V-IX). Vie e modi di diffusione, in Roma fra Oriente e Occidente, settimane di studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo (19-24 aprile 2011), Spoleto 2002, pp. 587-602; B. HAMILTON, The City of Rome and the Eastern Churches in the tenth century, in Orientalia Christiana Periodica, XXVII (1961), pp. 5-26; G. FERRARI, Eahrly Roman Monasteries. Notes for the History of the Monasteries and Convents at Rome from the V throungh the X Century, Città del Vaticano 1957; A. GUILLOU, Rome centre transit des produits de luxe d’Orient au haut moyen age, in Zograf, 10 (1979), pp. 17-21. 160

 

43  

dal

pericolo

e

delle

incursioni

saracene,

sia

dall’azione

calamitante di grandi centri culturali e religiosi come Roma165. È esemplificativo, a tal proposito, riportare le esperienze di due santi monaci del sud Italia, note attraverso i loro βιοι, san Saba e san Nilo. Saba si recò una prima volta a Roma per la tradizionale peregrinatio, in compagnia del monaco Niceta e del fratello Macario166. La sua prima azione diplomatica che rese palese il suo ruolo di intermediazione politica, lo mise in relazione con l’imperatore Ottone II. Un funzionario bizantino di nome Romano avanzò al santo una richiesta di intervento in quanto, quando ricevette la reggenza d’Italia e di Calabria167, a causa della sua negligenza,

molti

castelli

e

borghi

della

Longobardia

defezionarono e chiesero soccorso al re dei Franchi. Pertanto: Una

tremenda

agitazione

sconvolse

l’animo

di

Romano, il quale smosse ogni pietra, come si suol dire, per poter raggirare quell’uomo [Ottone II] e persuaderlo a rimanere nella sua regione. Pregò allora il venerabile padre di partire e di agire come legato per indurre il re alla concordia. E, quello, che mai nessuna richiesta accoglieva con pigrizia, partì per Roma168. Mentre Saba era in viaggio, la Calabria fu colpita da una violenta incursione saracena che lo costrinse ad abbandonare la sua missione e a trovare rifugio ad Amalfi.                                                                                                                 165

F. RUSSO, Nicola, in Bibliotheca Sanctorum, IX, Roma 1967, pp. 920-921; F. FERRARI, S. Nicola Greco comprotettore di Guardiagrele, ricordo del IV centenario della traslazione del santo a Guardiagrele (1338-1938), Teramo 1938. 166 Vita di S. Saba, § 18-19. 167 Vita di S. Saba, p. 37. 168 Vita di S. Saba, pp. 37-38.

 

44  

Nel frattempo, il re dei Franchi partì per la Longobardia con l’intento di guidare un esercito contro gli Ismaeliti. L’agiografo della vita di san Saba fa qui riferimento alla battaglia di Stilo del 982169, durante la quale gli Arabi risultarono vittoriosi e costrinsero Ottone II a rifugiarsi a Rossano, dove l’imperatore si ricongiunse con la moglie e il figlio170. Lo stesso Saba fu protagonista di altre azioni intermediarie con Ottone III: dapprima si recò dall’imperatore per chiedere la liberazione del figlio del principe longobardo di Salerno Giovanni, imprigionato durante le guerre dinastiche del 981-983 dal padre, Ottone II171. Il

santo

fu

ospitato

con

grandi

onori

e

benevolenza

e

l’imperatore accolse la sua supplica liberando il prigioniero. Fu poi la volta del duca di Amalfi, Mansone, che invocò il monaco per intercedere presso Ottone II per la liberazione del figlio, anch’egli

prigioniero172.

Così

san

Saba

si

recò

presso

il

monastero di San Cesario al Palatino173 per compiere l’ennesima azione di mediazione andata a buon fine174. Elemento ricorrente in tutti questi episodi è il pianto congiunto alla preghiera e alle richieste di Romano, di Giovanni e di Mansone, pianto che nei testi bizantini si fa segno evidente del pentimento, e che qui simboleggia, invece, un segno tangibile della disperazione che corrobora la supplica175 e                                                                                                                 169

D. ALVERMANN, La battaglia di Ottone II contro i Saraceni nel 982, in Archivio Storico Calabria-Lucania, LXII (1995), pp. 129 e ss. 170 G. GIOVANELLI, Vita di San Nilo fondatore e patrono di Grottaferrata, Grottaferrata 1966, pp. 213 e ss. 171 G. DA COSTA-LOUILLET, Saints de Sicile et d’Italie méridionale aux VIII, IX et X siècle, in Byzantion, Revue Internationale des Etudes Byzantines, XXIX-XXX (19591960), p. 139. 172 P. D. FRANZESE. San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 50. 173 Cfr. F. CARAFFA (a cura di), Monasticon Italiae, Roma e Lazio, I, Cesena 1981, p. 48. 174 Vita di S. Saba, § 48-49. 175 E. PATLAGEAN, Santità e potere a Bisanzio, Spoleto 2002, pp. 73-86.

 

45  

accomuna

uomini

di

ogni

rango,

a

testimonianza

dell’uguaglianza sociale di fronte al dolore. Sebbene gli eventi narrati nella Vita di san Saba siano di dubbia veridicità, è importante notare come, nella descrizione dell’incontro tra il santo e l’imperatore, ad avere più spazio sia l’esaltazione del successo dell’azione diplomatica del monaco, e come il ritratto del sovrano passi in secondo piano176. Proprio in occasione della sua ultima missione da “ambasciatore”, Saba perse la vita, e, a testimonianza dei tenaci vincoli di affinità culturale che legavano il santo e i suoi simili alle autorità imperiali, l’imperatrice Teofano partecipò devotamente alle sue esequie177. Per quanto concerne Nilo, egli, rifiutato l’invito di recarsi a Costantinopoli, a causa delle continue incursioni saracene abbandonò nel 978/980 il monastero di Sant’Adriano in Calabria e si recò a Capua178. Dopo aver rifondato il monastero di San Michele Arcangelo a Valleluce, fu accolto con grandi onori a Montecassino dall’abate Aligernio (985) con il quale intrattenne rapporti e discussioni dottrinali insieme ad altri monaci locali179. L’azione mediatrice di Nilo è narrata dall’autore del suo βìος con dovizia di particolari che sembrano essere confermati da altre fonti coeve: il santo incontrò per la prima volta Ottone III per

                                                                                                                176

A. CILENTO, Potere e monachesimo, cit., p. 126. J.-M. SANSTERRE, Les moines grecs et orientaux à Rome aux époques byzantines et carolingienne (milieu du VIe-fin du IXe siècle), pp. 49, 207; A. PERTUSI, Rapporti tra il monachesimo italo-greco ed il monachesimo bizantino nell’alto Medioevo, in La chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI secolo, II Atti del Convegno storico interecclesiale, (Bari 30 aprile- 4 maggio 1969), Padova 1972, p. 503. 178 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 51-52. 179 J. M. SANSTERRE, S. Nil de Rossano et le monachismo latin, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XLV (1991), pp. 346 e ss. 177

 

46  

intercedere a favore di Giovanni Filagato180, monaco di Rossano, divenuto

antipapa

di

Gregorio

V,

cugino

dell’imperatore,

dall’aprile del 997 al febbraio del 998. Giovanni era stato punito duramente: egli, infatti fu fatto prigioniero, mutilato e accecato, e così san Nilo, seppur anziano e malato, si recò da Gaeta a Roma per chiedere all’imperatore di risparmiare Filagato181. Io [Nilo] non sono venuto dalle Vostre Maestà per desiderio di gloria, o di donativi, o di grandi benefici, ma per implorare grazia per colui, che già molti servizi ha reso a voi, e che è stato così salatamente ripagato. Vi ricordo che egli vi ha tenuto l’uno e l’altro al sacro fonte, ed ora da voi è stato privato della luce degli occhi. Prego, pertanto, la pietà vostra di farmene dono, affinché, dimorando meco, piangiamo insieme i nostri peccati. Queste

le

parole

pronunciate,

secondo

quanto

riporta

l’agiografo, da san Nilo, alle quali Ottone III rispose: Noi siamo pronti a fare tutto quanto piace alla tua Santità, purché anche tu acconsenta ad una nostra preghiera,

e

cioè

ti

compiaccia

di

ricevere

un

monastero in questa città, quale tu vuoi, e così restare sempre con noi182. Grazie all’intervento del santo monaco, Filagato fu liberato, ma la situazione si complicò ulteriormente, in quanto Gregorio V offrì

Giovanni

al

ludibrio

dell’intera

comunità

cittadina,

inasprendo così Nilo.                                                                                                                 180

H. ZIMMERMANN, Papstabsetzungen des Mittelalters, Gratz-Vienne-Cologne 1968, pp. 105-113; T. E. MOEHS, Gregorius V. 996-999. A Biographical Study, Stuttgart 1972; G. GAY, L’Italie Méridionale et l’Empire Byzantin, Paris 1904, pp. 366-369. 181 A. CILENTO, Potere e monachesimo, cit., p. 127. 182 Vita di S. Nilo, § 90.

 

47  

È noto come attorno all’anno 1000, Ottone III amareggiato per l’accaduto, si recò in pellegrinaggio penitenziario al santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano, e durante il viaggio di ritorno fece tappa al monastero di Serperi dove si trovava san Nilo, il quale: Fatto apprestare l’incensiere, gli andò incontro con tutta la Comunità dei fratelli, e lo ossequiò con tutta umiltà e riverenza183. Allora il giovane imperatore porse la sua mano verso il canuto monaco, con atteggiamento filiale, e dopo un breve colloquio sulle comunità di monaci greci nel territorio latino, Ottone offrì nuovamente a Nilo qualsiasi monastero desiderasse, ma egli non solo rifiutò, ma gli ricordò che sebbene: Tu sia imperatore, nondimeno, com’è per tutti gli uomini, anche tu devi morire e rendere conto a Dio di tutte le tue opere cattive e buone184. A questo punto l’imperatore, scoppiato in un pianto abbondante, si tolse la corona, la pose nelle mani di Nilo e, ricevuta la benedizione, riprese il suo cammino185. Questo

gesto

descritto

dall’agiografo

fa

parte

del

cerimoniale bizantino, quando l’imperatore, in occasione di grandi festività, depositava la corona in segno di umiltà per pregare e ricevere la benedizione. Ottone è paragonato ad un sovrano bizantino e viene anche chiamato basileus, termine che, fino al VII secolo, distingueva l’imperatore di Bisanzio dai vari reges occidentali di rango inferiore186.                                                                                                                 183 184 185 186

 

Vita di S. Nilo, § 92. Vita di S. Nilo, § 93. A. CILENTO, Potere e monachesimo, cit., p. 129. A. CILENTO, Potere e monachesimo, cit., p. 129.

48  

Il fatto che l’agiografo di Nilo attribuisca lo stesso titolo di basileus sia al sovrano occidentale che a quello orientale indica che il monachesimo italo-greco riconobbe una completa regalità politica al sovrano sassone, senza dimenticare la propria fedeltà ideale all’autocrate bizantino. La mancanza di questo titolo in riferimento al re sassone nella Vita di San Saba si spiega, invece, alla luce del fatto che il biografo, Oreste, era un dotto esponente della più alta gerarchia ecclesiastica bizantina187. Ottone III fin da piccolo provò una certa ammirazione per i figli di Bisanzio188 grazie all’istruzione ricevuta per volere della madre Teofano, proprio dall’italo-greco Filagato, abate del ricchissimo monastero di Nonantola presso Modena, e poi vescovo di Piacenza. Il 21 maggio del 996 Ottone fu incoronato a Roma dal cugino, Gregorio V, il primo papa tedesco; in seguito, dopo la morte della madre, incontrò a Roma due grandi uomini che influenzarono molto la sua formazione e la sua spiritualità, Gerberto d’Aurillac e sant’Adalberto da Praga189. Gerberto190, abate di Bobbio, fu eletto papa con il nome di Silvestro II nel 999, e diede un notevole apporto alla Renovatio Imperii

Romanorum

di

ideazione

tutta

ottoniana,

avviata

dall’aprile del 998. Ottone si circondò di colti, raffinati ed eruditi personaggi del secolo come Romualdo di Ravenna, Brunone di Querfurt, Nilo da Rossano, Bernardo di Hildesheim, Eriberto di Brogne e                                                                                                                 187

A. CILENTO, Potere e monachesimo, cit., p. 130. E. R. LABANDE, Mirabilia Mundi: essai sur la personalité d’Otton III, in Cahiers de Civilization Médiévale, VI (1963), pp. 297-313, 455-477; H. FOCILLON, L’an Mil, Paris 1952. 189 Cfr. P. RICHE’ (a cura di), L’Europe de l’an Mil, Orléans 2001, pp. 62-63. 190 P. RICHE’, Gerbert d’Aurillac. Le Pape de l’an mil, Paris 1987; M. OLDONI, Gerberto e la sua storia, in Studi Medievali, XVIII (1977), II, pp. 628-704; G. DUBY, L’anno Mille, storia religiosa e psicologia collettiva, Torino 1981, pp. 35-39. 188

 

49  

Villigiso di Magonza, tra i quali colui che più di tutti lo condizionò fu Adalberto da Praga191. Quest’ultimo intrattenne rapporti paterni con l’imperatore e gli trasmise valori quali la carità, l’umiltà, l’amore per la giustizia e l’amore per la patria celeste, contrapposta alla caduca patria terrena192. Nel progetto della Renovatio Imperii Romanorum di Ottone era

inclusa

anche

una

renovatio

monastica

affidata

alle

personalità di cui si circondò. Egli si sentiva responsabile dello stato miserevole e scandaloso in cui versava la Chiesa193 e, con i suoi numerosi pellegrinaggi a Monte Sant’Angelo, alla tomba di Adalberto in Polonia e a quella di Carlo Magno ad Aquisgrana, dava prova della sua spiccata sensibilità religiosa194. Anche l’incontro tra Ottone e Gregorio da Cerchiara, descritto nella Vita Posterior del santo195, rientra perfettamente nei piani riformatori e nei progetti di rinnovamento ideati dalla corte sassone. Come è stato già detto (cfr. p. 11), l’ipotesi più accreditata è che Gregorio abbia incontrato l’imperatore negli anni 90 del X secolo, anni in cui il sovrano sassone era in contatto con Gerberto d’Aurillac e sant’Adalberto196. Ne da testimonianza la Brunonis Vita S. Adalberti, scritta da Brunone di Querfurt, nel 1004; l’autore tramanda che Gregorio faceva parte, assieme a Nilo, del gruppo di quattro monaci presenti alla seconda visita di                                                                                                                 191

E. R. LABANDE, Mirabilia Mundi, pp. 475-476. P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 54. 193 H. FOCILLON, L’an Mil, cit., p. 150. 194 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 55. 195 P. D. FRANZESE. San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit.,pp. 186-187. 196 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 55. 192

 

50  

Sant’Adalberto al monastero dei Santi Alessio e Bonifacio sull’Aventino nel 995-996: Usus vero sibi (Adalberto) maximus erat colloquia quaerere spiritualium et seniorum, qui crebro illic pro caritate abbatis (Leone) plures confluxerant. Greci, inquam, otpimi veniunt, Latini similes militarunt. Superioribus

quatuor

pius

Basilius,

inferioribus

quatuor magnus Benedictus dux sive rex erat. Inter quos medius incedens, Deum siciens Adalbertus verba

vitae

sumit

et

glutit;

raptus

in

altum,

contemplatur dulcis Deum. O quantociens aborti lacrimis memini dicentem, cum causa aedificacionis agressus essem Iohannem abbatem; ubi sunt, inquit, margarite meae? Ubi sunt cibi animi mei? Dum convenirent sancti viri, pluebant ibi sermones Dei accensae sentenciae mutuo cursant; arsit ignis supra terram

cordis,

testatur

Deum

praesentem

unda

compunctionis. Hoc Gregorius abbas, hoc erat pater Nilus, hoc Iohannes bonus infirmus, hoc simplex Stratus et super terram angelus unus, hoc ex Romae, maioribus

Dei

sapiens

Iohannes,

hoc

silens

Theodorus, hoc Iohannes innocens, hoc simplex Leo, psalmorum amicus et semper predicare paratus197. Proprio san Nilo in virtù del suo legame di amicizia con Adalberto gli aveva suggerito come sede idonea per la sua scelta di vita monacale il suddetto monastero, e lo aveva inviato con

                                                                                                                197

B. DE QUERFURT, S. Adalberti Pregensis Vita Altera, in Monumenta Poloniae Historica, H. Karawasinska IV, 2, Warsawa 1969, pp. 19-20.

 

51  

una lettera di presentazione dall’abate Leone, affinché lo accogliesse nella comunità198. L’incontro tra questi maestri di spiritualità, avvenuto alla vigilia

dell’incoronazione

precedette

l’intensa

imperiale

opera

di

di

Ottone

III

evangelizzazione

nel

995,

degli

Slavi

dell’Europa orientale attuata da Sant’Adalberto, e il trasferimento di Gregorio ad Aquisgrana199, e smentisce l’idea di una comunità monastica italo-greca suddivisa in più gruppi isolati. L’abbas Gregorio e il pater Nilo200 sono descritti da Brunone come impegnati nella conversazione reciproca, elemento che conferma il forte legame che teneva unite le comunità latine e quelle ellenofone, e soprattutto gli stretti contatti e l’acceso dibattito culturale e religioso fra i massimi esponenti della vita spirituale del secolo201. Entrambi i santi monaci ebbero la possibilità di frequentare e conoscere l’abate Leone, che in seguito divenne abate di Nonantola (997) e arcivescovo di Ravenna (999), Sant’Adalberto, Gerberto d’Aurillac, Bruno di Querfurt che successivamente entrò nella

comunità

dei

monaci

aventiniani

(998),

e

Giovanni

Canapario, abate del monastero dei Santi Bonifacio e Alessio nonché probabile autore della Vita S. Adalberti I202.

                                                                                                                198

B. DE QUERFURT, S. Adalberti Pregensis Vita Altera, in Monumenta Poloniae Historica, series nova, H. Karawasinska, IV, 1, Warsawa 1962, pp. 22 e ss, 58 e ss, 77 e ss; F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., pp. 40-41. 199 B. HAMILTON, The monastery of S. Alessio and the religious and intellectual Renaissance in the Tenth Century Rome, pp. 283 e ss; B. HAMILTON, The City of Rome and the Eastern Churches in the tenth century, cit., pp. 17 e ss. 200 J. M. SANSTERRE, S. Nil de Rossano et le monachismo latin, cit., pp. 378 e ss. 201 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 56-57. 202 Cfr. V. VON FALKENHAUSEN, Adalbert von Prag und das griechische Monchtum in Italien, in Italien-Mitteldeutschland-Polen. Geschichte und Kultur im europaischen Kontext vom 10, bis zum 18, Leipzig 2013.

 

52  

Tutti ebbero modo di partecipare alla vita di uno dei centri più attivi e informati della cultura del tempo203, baluardo di una visione universalistica ed unitaria, mirante ad affermare e difendere la piena legittimità del primato romanocentrico di contro alle innumerevoli forze centrifughe di fine secolo204.

                                                                                                                203

F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., pp. 40-41; J. M. SANSTERRE, Le monastère des Saints-Boniface-et-Alexis sur l’Aventin et l’expansion du christianisme dans la cadre de la Renovatio Imperii Romanorum d’Otton III, in Revue Bénédectine, 100 (1990), pp. 493-506. 204 F. BURGARELLA, Chiese d’Oriente e d’Occidente alla vigilia dell’anno Mille, in G. ARNALDI-G. CAVALLO (a cura di), Europa medievale e mondo bizantino. Contatti effettivi e possibilità di studi comparati, Roma 1997, pp. 179-212.

 

53  

II.2. GREGORIO DA CERCHIARA E NILO DA ROSSANO: DUE SANTI A CONFRONTO Come abbiamo accennato nei capitoli precedenti, Nilo e Gregorio furono senz’altro due protagonisti assoluti del nuovo monachesimo italo-greco del X secolo. Sebbene i due monaci si differenziassero per personalità e sensibilità monastica (Gregorio non era particolarmente amante della solitudine ascetica, e, a differenza di Nilo, accettò di far parte dei progetti di Ottone III), vi sono numerosi elementi di contatto che accomunano le loro esperienze religiose e culturali, quali la lingua, la terra natia, la vocazione di santità e un profondo e intenso amore per la cultura. Nilo era originario di una città appartenuta fin dalla prima metà del VI secolo all’Impero Romano d’Oriente, e segnata da un forte rapporto di coesione con il patriarcato di Costantinopoli e con il mondo ortodosso sin dalla prima metà dell’VIII secolo. Gregorio nacque in un territorio in cui, tra il VI e il VII secolo,

ai

Bizantini

subentrarono

i

Longobardi,

e

che

fu

recuperato da Bisanzio solo tra IX e X secolo con la dinastia macedone205. Sebbene il monaco di Cerchiara fosse natio di un luogo di recente bizantinizzazione, tuttavia egli si rivelò ben inserito nel quadro spirituale ortodosso del monachesimo greco, tanto quanto il suo coetaneo di Rossano. Entrambi abbracciarono la scelta

dell’esodo

verso

terre

esterne

all’area

di

diretta

dominazione politica bizantina, anche se per ragioni e attraverso percorsi differenti.                                                                                                                 205

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p.

17.

 

54  

San Nilo si spostò dapprima a Valleluce nei pressi di Montecassino, poi a Gaeta e, infine, a Grottaferrata, mentre Gregorio, abbandonato il suo monastero degli esordi a Cerchiara, si intrattenne per un breve periodo di tempo a Buccino, nel vallo di Diano, poi si diresse a Roma e infine si trasferì ad Aquisgrana. Gli spostamenti dei due santi monaci furono condizionati dalle numerose e sconvolgenti incursioni saracene che, come abbiamo detto, colpirono di frequente il sud Italia nel corso del X secolo. Sia l’uno che l’altro subirono il fascino esercitato dall’Impero Romano, apparentemente antagonista dell’impero bizantino al quale Gregorio e Nilo erano per nascita legati, ma di fatto volto ad emularlo e sostituirlo sotto la spinta degli Ottoni206. I due sicuramente si conoscevano ed erano in contatto, come dimostra la loro frequentazione del monastero romano intitolato ai Santi Bonifacio e Alessio sull’Aventino. Anche Gregorio, come Nilo, vanta un seguito di biografi o agiografi che scrissero in latino gli eventi relativi alla sua vita e alla sua attività, conservando così vivi la sua memoria e il suo culto207. La Vita di San Nilo da Rossano fu scritta nel corso dell’XI secolo da un concittadino del santo, forse Bartolomeo il Giovane, egùmeno di Grottaferrata208, e costituisce il documento più importante dell’agiografia italo-greca. La Vita Gregorii Abbatis è giunta in una doppia redazione. Fu composta sulla base delle testimonianze di tre discepoli del                                                                                                                 206

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 18-19. 207 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 19. 208 G. GIOVANELLI, S. Bartolomeo Iuniore cofondatore di Grottaferrata, Grottaferrata 1962; S. IMPELLIZZERI, Bartolomeo, il Giovane, santo, in Dizionario Biografico degli Italiani, VI, coll. 680-682, 1964; A. GARZYA, Note sulla lingua della Vita di San Nilo da Rossano, in Atti del IV Congresso Storico Calabrese (Cosenza 1966), Napoli 1969, pp. 75-84.

 

55  

santo (Andrea, Saba e Serio), provenienti, assai probabilmente, dallo

stesso

ambiente

culturale

ed

ecclesiastico

del

loro

maestro209. Si può concludere pertanto che personaggi quali San Gregorio da Cerchiara, San Nilo da Rossano e anche Giovanni Filagato, mediante le loro esperienze personali, differenti nei percorsi ma uguali per obiettivi e sostrato culturale, incarnano l’esempio concreto della maturazione raggiunta dalla cultura italo-greca, svincolata dall’ala protettiva di Bisanzio e capace di diffondersi autonomamente, arricchendosi di elementi originali e dinamici210.

                                                                                                                209

F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 33. 210 F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 46.

 

56  

II.3. IL CONTESTO TERRITORIALE Ancora

oggi

è

possibile

visitare

i

resti

dell’antico

monastero di Sant’Andrea, al quale la tradizione legò il ricordo di Gregorio. Su una piccola piana a circa 800 metri di altezza sul livello del mare, ricadente nel territorio del comune di Cerchiara e in quello del Parco Nazionale del Pollino211, emergono i resti del monastero, affioranti in modo più meno regolare dal terriccio. Con le dovute opere di restauro e recupero archeologico si potrebbe riportare alla luce l’intera struttura di quel monastero, che costituisce di certo un monumento di grande interesse per la storia medievale della regione212. Il

pianoro

che

conserva

i

resti

del

monastero

di

Sant’Andrea è sovrastato dalle pareti rocciose del monte Sellaro, che già in epoca protostorica costituiva un crocevia importante tra l’Alto Ionio, la bassa valle del Crati e l’alta valle del Raganello213.

                                                                                                                211

F. RUSSO, Il santuario della Madonna delle Armi, presso Cerchiara di Calabria, Roma 1951, p. 21. 212 B. CAPPELLI, Un gruppo di Chiese medioevali della Calabria settentrionale, in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, VI (1936), pp. 41-62; F. MARTORANO-D. MINUTO, Cinque Chiese calabresi di tradizione bizantina, struttura muraria, tipologia architettonica, decorazione, in Bisanzio e l’Italia, raccolta di studi in memoria di Agostino Pertusi, Milano 1982, pp. 239-259; D. MINUTO-S. VENOSO, Indagini per una classificazione cronologica dei parametri murari calabresi in età medievale, in Mestieri, lavoro e professioni nella Calabria medievale: tecniche, organizzazioni, linguaggi. Atti dell’VIII Congresso Storico Calabrese, Soveria Mannelli 1993, pp. 183-226; D. MINUTO-S. VENOSO, L’architettura religiosa in età bizantina, in AA. VV., Storia della Calabria medievale. Culture, arti, tecniche, Roma 1999, pp. 361-365. 213 G. PLACANICA, Assi e direttrici protostoriche in Calabria, in Klearchos, XIX (1977), pp. 51-104; L. QUILICI, Carta archeologica della Piana di Sibari, in Atti e Memorie della Società Magna Grecia, IX-X (1968-1969), pp. 91-155; G. PROCOPIO, Cerchiara di Calabria, ripostiglio di accette bronzee dell’età del ferro, in Bollettino del Ministero della Pubblica Istruzione, VII (1953), pp. 153 e ss.

 

57  

Con la caduta dell’Impero romano214 e il conseguente spostamento della popolazione dalle coste verso l’interno, queste vie furono ampiamente battute, e anzi costituirono per l’Italia meridionale gli unici assi commerciali e di comunicazione affidabili per le comunità rurali locali. L’area del Sellaro è confinante con le più celebri zone del Mercurion215 e del Latinianon216, l’una rivolta verso oriente, l’altra verso settentrione. Tali zone accolsero monaci provenienti dalla Sicilia e dalle coste settentrionali dell’Africa e dell’Oriente, raggiungendo il loro massimo splendore proprio nel X secolo. Se non fosse per le Vitae di Gregorio, non sarebbero emerse

preziose

informazioni

riguardo

alla

fondazioni

monastiche, di eremi e cenobi, dell’area del monte Sellaro in questo

secolo,

considerando

la

grande

penuria

di

fonti

diplomatiche e agiografiche a tal proposito217. Ben diverso è il quadro relativo alla realtà del XII secolo. Tale differenza è dovuta ad un profondo mutamento storico che investì queste zone con la conquista normanna. Vi sono pertanto, fonti documentarie che attestano l’esistenza, oltre che di uno xenodochium, di almeno nove monasteri disseminati nel territorio circostante Cerchiara, sebbene spesso non siano note l’epoca di fondazione e l’ubicazione precisa.                                                                                                                 214

S. ACCARDO, Villae romanae nell’ager Brutius, il paesaggio rurale calabrese durante il dominio romano, Roma 2000. 215 F. BURGARELLA, L’eparchia di Mercurio: territorio e insediamenti, in Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici, n.s. 39 (2002), pp. 59-92; B. CAPPELLI, Il Mercurion, Il monachesimo basiliano ai confini Calabro-Lucani, Napoli 1963, pp. 225-251; B. CAPPELLI, I limiti della regione ascetica del Mercurion, in La Chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI secolo, Atti del convegno storico interecclesiale (Bari, 30 aprile-4 maggio 1969), III, Padova 1973, pp. 1205-1219; G. GIOVANELLI, L’Eparchia monastica del Mercurion, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XV (1961), pp. 121-143. 216 B. CAPPELLI, Alla ricerca di Latiniano, in Calabria Nobilissima, XIV (1960), n. 3940, pp. 43-58. 217 P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 27-28.

 

58  

Di questi nove monasteri ben quattro sono femminili: si tratta di quelli di San Fantino, di cui la prima attestazione risale al 1178218 e la cui chiesa è ancora attestata in una Platea della diocesi di Cassano del 1510219; di Santa Maria di Cosma220; di San Nicola di Nuda, collocato nella Valle del Nuda221, poco sotto l’abitato di Cerchiara; di Santa Maria delle Armi222, situato poco sopra quello di Sant’Andrea, che fu oggetto agli inizi del XVI secolo di una rifondazione da parte dell’Universitas Civium di Cerchiara, e che oggi è ancora molto attivo e frequentato. Tra quelli maschili si ricordano oltre quello intitolato a Sant’Andrea, quello dei Santi Quaranta Martiri, di San Giovanni di Prasteia (Prostia o Prestia)223, situati entrambi a nord di Cerchiara, di Sant’Angelo di Battipede224 e di Santa Maria degli Schiavi225, che forse testimonierebbe la migrazione di gruppi di Schiavoni dalmati in Calabria. Non si deve ritenere che tali monasteri sorsero tutti nel XII secolo solo perché non si è in possesso di notizie antecedenti a tale periodo relative alla loro esistenza; tuttavia, ogni tentativo                                                                                                                 218

I. MATTEI-CERASOLI, La badia di Cava e i monasteri greci della Calabria superiore (Appendice: S. Nicola de Nuda e S. Fantino di Cerchiara), in Archivio Storico della Calabria e della Lucania, IX (1939), pp. 315-318. 219 P. DE LEO, Di uno sconosciuto diploma di Federico II a Giovanni vescovo di Cassano allo Jonio, in Rivista della Storia della Chiesa in Italia, 53 (1999), pp. 119-120; G. ROMA, Su alcuni centri monastici dell’alto Jonio cosentino in età medievale, in Napoli Nobilissima, XXVII (1988), pp. 151-152. 220 P. D. FRANZESE, La chiesa di Santa Maria delle Armi dal monastero al santuario, presso Cerchiara di Calabria, Castrovillari 1999, pp. 28-29; B. CAPPELLI, Nota al Santuario dell’Armi, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XXVIII (1974), pp. 110-113. 221 I. MATTEI-CERASOLI, La badia di Cava e i monasteri greci della Calabria superiore, cit., pp. 315-318. 222 P. D. FRANZESE, La Istoria di don Francesco Antonio Stigliano. Le leggende di fondazione, appunti critici e storiografici, in Rivista Storica Calabrese, XXII (2001), pp. 349-363. 223 C. PAGANO, Le pergamene greche di Cerchiara: custodite nella Badia di Cava de’ Tirreni, Sorrento 1998, pp. 11-13. 224 C. PAGANO, Le pergamene greche di Cerchiara: custodite nella Badia di Cava de’ Tirreni, cit., pp. 15, 33-35. 225 C. PAGANO, Le pergamene greche di Cerchiara: custodite nella Badia di Cava de’ Tirreni, cit., pp. 13-14.

 

59  

di indagine e ricerca in tal senso, allo stato attuale delle fonti, risulta insoddisfacente226.

                                                                                                                226

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 28-29.

 

60  

CAPITOLO III LE DUE VITAE È stato possibile ricostruire il profilo storico di Gregorio da Cerchiara mediante le informazioni ricavate da una Vita, giunta in una doppia redazione, conservata all’interno della Biblioteca di Vienna227. Le due recensioni sono state pubblicate con il titolo di Vita Gregorii Abbatis Prior (BHL 3671) e Vita Gregorii Abbatis Posterior (BHL 3672)228 da parte di Holder-Hegger. Esse

sono

strettamente

connesse

tra

di

loro,

sebbene

differiscano per elementi non trascurabili, inoltre la prima redazione sembrerebbe essere la più antica ed è alquanto più breve rispetto alla seconda229. La

Vita

Prior

è

tramandata

da

5

codici:

il

Codex

Sancrucensi 12 di XII secolo, il Codex Admuntensi 24 di XIII secolo, il Codex Palatino Vindobonensi lat. 336 di XIII secolo, il Codex Zwettlensi 24 di XIII secolo e il Codex Mellicensi M. 4 di XV secolo. La Vita Posterior, invece, è riportata da un solo codice di XV secolo, il Codex Darmstadtensi 205.

                                                                                                                227

F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 193. ed. O. HOLDER-HEGGER, in MGH, Script., XV, 2, pp. 1187-90, 1191-99.   229 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 193.     228

 

61  

III.1. VITA PRIOR La Vita Prior è conservata mutila della parte finale in una raccolta

agiografica

cistercense,

il

Magnum

Legendarium

Austriacum, ed è priva delle sezioni relative al periodo romano, alla morte del santo e agli eventi che ne seguirono230. A comporre tale βìος pochi anni dopo la morte di Gregorio, prima del 1050, secondo Van Doren231,fu un monaco latino a Burtscheid, o, più inverosimilmente, a Roma per analogia alla Vita

di

Sant’Adalberto

composta

nel

monastero

dei

Santi

Bonifacio e Alessio sull’Aventino232. Il compilatore, come evince dallo stesso testo della Vita233, si avvalse delle testimonianze dirette di tre confratelli di Gregorio, Andrea, Saba e Serio, alla cui revisione sottopose il suo lavoro una volta ultimato234. La narrazione si interrompe con l’episodio dell’imbarco ad Otranto235. L’agiografo

sembra

subire

l’influenza

del

modello

agiografico tipicamente latino-occidentale236, soprattutto per la struttura narrativa del testo abbastanza stringata e sintetica. La brevità del testo può essere attribuita in parte anche al fatto che lo scrittore descrive eventi e realtà non vissute in prima persona, ma, nonostante ciò, la narrazione appare lineare, chiara e                                                                                                                 230

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 21.     231 R. VAN DOREN, Gregorio, cit., p. 175. 232 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 247. 233  P. D. FRANZESE. San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 98-99.   234 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 247. 235 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 247. 236 G. BARONE, Une hagiographie sans miracles. Observations en marge de quelques Vies du X siècle, in Les Fonctions des saints dans le monde occidental (III-XIII siècles), Roma 1991, pp. 435-446.

 

62  

autentica, nonché impreziosita da dettagli e informazioni di importanza unica che gettano luce non solo sulla figura di Gregorio, ma anche su tutto il panorama socio-politico ed ecclesiastico della Calabria settentrionale237. Come

detto

prima,

la

Vita

tramanda

informazioni

scarsamente o non attestate altrove; costituisce, per esempio, la prima testimonianza dell’esistenza di un tale di nome David238, vescovo

di

Cassano,

attesta

l’esistenza

del

monastero

di

Sant’Andrea e del suo egùmeno Pacomio (di cui non abbiamo altre notizie), e della città di Cerchiara. Il racconto, scritto in prima persona plurale, inizia con un richiamo

alla

straordinarietà

degli

interventi

divini239

e

all’importanza di affidare alla scrittura il resoconto dei miracoli avvenuti grazie ad essi, in modo da sottrarli all’oblio del tempo. Prosegue

ponendo

l’accento

sulla

peculiare

e

ammirevole

sanctitas operum cuiusque in agone mundani certaminis legitime certantium et gloriose triumphantium240, e si propone di illustrare l’esempio della vita e dei costumi del vir Dei. In primis si fa riferimento ai nobili natali di Gregorio, ex nobili ergo parentela, patre scilicet Licasto, matre autem Anna vocata241, laddove è stato ipotizzato che tali Licastos e Anna potrebbero

essere

identificati

con

l’imperatore

romano

I

Lekapenos e l’imperatrice Anna242. L’agiografo ricorda quindi una                                                                                                                 237

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 22. 238 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., pp. 193-205. 239 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp.

92-93.   240 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit. 241 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 92-93.     242 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 37.    

 

63  

serie di vicende che fungono da preambolo alla narrazione dei fatti prodigiosi che resero celebre Gregorio, come la morte di suo padre, il rifiuto da parte del santo delle nozze programmate dalla madre243, la benedizione come chierico ricevuta a Cassano da parte del vescovo David244, la promozione alla funzione di presbitero e il suo trasferimento nel monastero di Sant’Andrea di Cerchiara, dove fu accolto dall’abate Pacomio e si sottomise agli obblighi rigorosi della disciplina monastica245. Quest’ultimo episodio viene presentato come una profetica chiamata dall’alto, avvolta da un alone di spiritualità frammista a profonda religiosità, da parte di una perentoria e imprecisata vox246 che rompe il già inquieto sonno di Gregorio247. L’autore della Vita Prior evidenzia le doti eccellenti e incomparabili del santo che lo fecero distinguere sin dagli esordi della sua vita monastica, per poi passare a descrivere la sua giornata, trascorsa tra salmi, preghiere, messe quotidiane, attività di scrittura e lettura, assiduo lavoro nei campi che rendeva il nutrimento giornaliero248, e pratiche di altro tipo dal momento che era in multa alia arte satis edoctum249.

                                                                                                                243

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 23, 92-93. 244 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 94-95. 245 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 96-97. 246 Nell’agiografia italo-greca è molto comune la rivelazione divina nel sonno: cfr. ad esempio la Vita di Sant’Elia il Giovane. 247 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 26. 248 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 38, 101. 249 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 101.

 

64  

Segue il ricordo di alcuni dei tanti miracoli compiuti da Gregorio, quali la guarigione di un giovane indemoniato250 di nome Arsafio251 e di un epilettico, e gli eventi prodigiosi verificatisi durante l’incontro con i saraceni252, guidati da un certo Scandalis253. L’agiografo pone l’attenzione sul fatto che il monaco ottenga tutti questi prodigi in modo semplice, ma solo in particolari condizioni, quali il digiuno e le preghiere estenuanti, al di fuori delle quali non avrebbe l’ardire di presentare tali richieste al Signore254. Successivamente, l’autore si sofferma sulla dilagante fama del santo, derivata dai suddetti eventi miracolosi, fama che egli rifuggì, trascorrendo un periodo di tempo in Campania, nel monastero di Buccino255, nel Vallo di Diano256 (principato longobardo di Salerno), dove si verificarono ulteriori eventi straordinari, tra cui le guarigioni di un lebbroso e di un indemoniato, e il prodigioso episodio dell’anfora costantemente piena di olio. Il monaco compilatore della Vita di Gregorio non manca di ricordare più volte quali siano le fonti da lui utilizzate, ossia la testimonianza diretta dei tre confratelli257 ai quali il santo                                                                                                                 250

V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 226. 251 Nome di origine iranica che testimonia la multi etnicità della Calabria del X secolo. 252 U. SCERRATO (a cura di), Gli Arabi in Italia, cultura, contatti e tradizioni, Milano 1979, pp. 611-628. 253 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 227. 254 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 108-109.   255 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 42, 116-117.   256 B. CAPPELLI, I Basiliani nel Cilento superiore, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XVI (1962), pp. 9-21. 257 R. VAN DOREN, Gregorio, cit., p. 175.

 

65  

avrebbe confidato i suoi segreti258, i già menzionati Andrea, Saba e Serio259. L’epilogo della narrazione è costituito dall’episodio del catapano di Bari che, incuriosito dai racconti straordinari, assai diffusi, sulla persona di Gregorio, lo rincorse e alla fine riuscì abilmente a scovarlo per condurlo con sé ad Otranto contro la sua volontà260. Conclude questo testo incompleto una frase di grande significato: Deus ei gratiam ad redeundum impetrandae licentiae donavit, quia eum nostri piissimi caesaris augendae saluti reservavit261. Si può segnalare come singoli eventi siano trattati e raccontati

in

modi

diversi:

se,

infatti,

nel

complesso

la

narrazione risulta essere essenziale e asciutta262, vi sono tratti in cui è talmente concisa da offuscare i dettagli degli eventi e altri in cui si infittisce inaspettatamente di dettagli. Generiche e alquanto imprecise sono, ad esempio, le notizie concernenti l’origine geografica di Gregorio263, affidate all’espressione

lapidaria

in

confino

Calabriae

et

Apuliae

oriundus264, così come scarno è il racconto dei fatti precedenti alla sua iniziazione religiosa.                                                                                                                 258

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 98-99.     259 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 21, 98-99. 260 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 42, 124-125. 261 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 42, 124-125. 262 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 22. 263 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 25. 264 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 92-93.

 

66  

Il tempo narrativo si dilata, invece, quando viene descritto l’incontro con i saraceni invasori265 e quando si enumerano le opere taumaturgiche e le qualità straordinarie del santo266. In particolar modo, l’episodio dell’incontro con i saraceni267 è trattato dall’autore con dovizia di particolari e con una certa sicurezza nella descrizione sia dei luoghi268 che facevano da scenario, sia dei comportamenti, dei sentimenti, dei tormenti che accompagnarono le invasioni saracene269. La guarigione inoltre da parte di Gregorio del suo carnefice, l’empio Agareno, dal mal di denti270, lo riallaccia al precetto della carità, tipico dei grandi padri, e all’insegnamento dell’amore costante verso il prossimo271, e crea un parallelo con altre vicende di compassione e pietas, come l’episodio di san Saba di Palestina (532 d.C.), che sfamò quattro musulmani, e quello della conversione di una folla di barbari operata da parte di sant’Eutimio il Grande (460 d.C.). L’evento che più da vicino ricalca quello di Gregorio e i saraceni è quello che vede come protagonista san Vitale di Castronovo (1011 d.C.)272, il quale convertì un gruppo di                                                                                                                 265

L’elemento dell’incontro e della cattura da parte dei saraceni è un topos presente anche al di fuori dell’ambiente italo greco. Significativo a tal proposito è il racconto del rapimento dell’abate di Cluny, Maiolo (994 d.C.), riportato da Rodolfo il Glabro. 266 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 25. 267 Cfr. N. CILENTO, Incursioni saraceniche in Calabria, in Atti del IV Congresso Storico Calabrese, Napoli 1969, pp. 213-214. 268 D. MINUTO, San Gregorio di Cassano, in Profili di santi nella Calabria bizantina, Reggio Calabria-Montecatini Terme 2002, p. 55. 269 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 41.     270 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 42, 114-115. 271 G. M. COSSU, Il motivo formale verso Dio e verso il prossimo in S. Basilio Magno, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, XIV (1960), pp. 3-30; G. M. COSSU, L’amore naturale verso Dio e verso il prossimo nell’insegnamento di S. Basilio Magno, in Ivi, pp. 87-107. 272 Vita di S. Vitale, § 14.

 

67  

saraceni, adirati e delusi per lo scarno bottino ricavato ed intenzionati per questo ad ucciderlo. La Vita Prior lascia trapelare la concezione di santità del tempo273: si tratta di una santità esclusiva274, che prevede come conditio sine qua non il distacco da tutto ciò che è terreno, la ξενιτεìα275, il taglio netto con la sfera di tutti i legami materiali e affettivi che àncorano l’uomo al mondo terreno276. È indispensabile, dunque, che Gregorio perda l’affetto del padre a causa della sua morte, che si allontani di nascosto dalla madre e rifiuti le nozze con una giovane di degno rango, che abbandoni la sua terra natia277, per sgomberare così la mente e l’anima da qualunque passione e sentimento diversi dalla devozione verso il Signore. Interessante è notare come tale santità sia il modello di santità per antonomasia, tipico delle esperienze monacali italogreche di X secolo, il che fa sì che la Vita Prior Gregorii Abbatis si inserisca perfettamente nella tradizione agiografica coeva278.

                                                                                                                273

B. FLUSIN, L’hagiographie monastique à Byzance au IXe et au Xe siècle. Modèles anciens et tendences contemporaines, in Revue bénédictine CIII (1993), p. 48. 274 Cfr. A. BARBERO, Un santo in famiglia, vocazione religiosa e resistenze sociali nell’agiografia latina medievale, Torino 1991. 275 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 26.     276 Cfr. G. LUONGO, Itinerari dei santi italogreci, in G. VITOLO (a cura di), Pellegrinaggi e itinerari dei santi nel Mezzogiorno medievale, Napoli 1999, pp. 48-49. 277 Th. PRATSCH, Der hagiographische Topos. Griechische Heiligenviten in mittelbyzantinischer Zeit, Berlin-New York 2005, pp. 147-159. 278 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 26.    

 

68  

III.2. VITA POSTERIOR La Vita Posterior, secondo Van Doren indipendente dalla Vita Prior279, come già detto è giunta in un codice280 della seconda metà del XV secolo281 ed è stata redatta a partire da un esemplare non preso in considerazione dagli editori della Vita Prior, il ms. 24282, conservato nell’Archivio Civico di Aachen (Aquisgrana)283, contenente un racconto redatto alla fine del XII secolo, precisamente attorno al 1179-93284, periodo in cui fu abate Arnoldo. Tale racconto, che fa leva su un nucleo storico autentico, fu composto da un agiografo anonimo dopo la ricognizione delle reliquie di Gregorio, avvenuta attorno al 1150, sotto le direttive dell’abate di Porceto (Burtscheid), Arnoldo285. L’incipit

del

racconto

è

dato

dal

sintagma

Beatus

Gregorius286, che anticipa al lettore il fulcro della narrazione e sottolinea immediatamente la straordinarietà del monaco. Anche in questo caso, come nella Vita Prior, è l’autore stesso a dichiarare espressamente di quali fonti si sia servito per la stesura della sua opera. Se l’agiografo della prima redazione afferma di aver strutturato la biografia del santo sulla base dei racconti dei tre confratelli ai quali Gregorio confidò i suoi più intimi segreti, Andrea, Saba e Serio, l’agiografo della seconda                                                                                                                

R. VAN DOREN, Gregorio, cit., p. 175.     Codex Darmstadtensi 205. 281 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 219.     282 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 21.     283 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 219.       284 R. VAN DOREN, Gregorio, cit., p. 175.       285 R. GREGOIRE, Theofano. Una bizantina sul trono del Sacro Romano Impero, cit., p. 37. 286 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 126-127.     279 280

 

69  

redazione

sostiene

di

essersi

ispirato287

ai

famosi

ricami

dell’arazzo di Santa Maria di Colonia288 e inserisce nell’elaborato elementi innovativi di carattere leggendario. La figura di Gregorio infatti è connessa mediante un rapporto di stretta parentela, con quella dell’imperatrice Teofano, moglie di Ottone II e madre di Ottone III289. L’autore ricorda la perdita durante un incendio, per motivi ignoti, di un’antica e preziosa Vita di Gregorio compilata aureis et argenteis litteris290, in caratteri d’oro e d’argento, evento che lo costrinse ad avvalersi dell’arazzo conservato nella chiesa di Santa Maria in Campidoglio presso Colonia291, commissionato, stando alle parole dell’anonimo, dalla stessa sorella di Gregorio, Teofano, e ad oggi non rinvenuto. Eccezion fatta per tale elemento e altri dallo stesso sapore leggendario, contenuti all’interno della seconda redazione della Vita di Gregorio, per il resto i due testi sembrano procedere parallelamente, concordando in ampia parte e presentando numerose analogie sia sotto il profilo formale, sia sotto quello strutturale292. Si può, pertanto, ipotizzare che il testo della Vita Posterior sia alquanto affidabile, dal momento che l’anonimo agiografo avrebbe utilizzato, per comporlo, un modello scritto poco dopo la morte

del

santo,

o

avrebbe

avuto

i

mezzi

per

leggere

oculatamente una qualche redazione della Vita Prior.                                                                                                                 287

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 204-205.     288 R. VAN DOREN, Gregorio, cit., p. 175.     289 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 193.     290 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 202-203.     291 A. POCELET, Commentarius Praevius, cit., p. 459. 292 A. POCELET, Commentarius Praevius, cit., p. 460.    

 

70  

Rispetto a quest’ultima, però, la Vita Posterior presenta distorsioni e differenze più o meno volontarie293

, ed è

interessante notare come alla singolare stringatezza della prima redazione si contrapponga una ben più ampia e dilatata narrazione di quest’ultima, nonché una maggiore linearità e chiarezza per quel che concerne la struttura narrativa294. L’autore mette in evidenza le origini nobili del santo, Graeciae ortus nobilioribus, Byzantini regis exstitit filius295, così come fa anche il compositore della Vita Prior. È emerso che l’appartenenza ad un alto lignaggio fosse un vero e proprio topos296 molto ricorrente nella letteratura agiografica italo-greca297 . Altri esempi celebri298 sono dati da San Bartolomeo da Simeri (1130), da Sant’Elia lo Speleota (863), da San Vitale da Castronovo (1011)299, da San Luca di Armento (984), da San Giovanni Teriste (1050), da Sant’Elia il Giovane (903) e da San Nilo (1004). L’alto ceto della famiglia natia permetteva, infatti, al ragazzo di avere un’ottima formazione culturale ed educativa, ed una precoce ed approfondita conoscenza soprattutto dei testi                                                                                                                 293

V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., pp. 227, 228, 248.     294 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., pp. 243-244.     295 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 126-127.       296 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 23.     297 Cfr. A. PERTUSI, Aspetti organizzativi e culturali dell’ambiente monacale greco dell’Italia meridionale, in L’eremitismo in Occidente nei secoli X-XI. Atti della Seconda Settimana Internazionale di Studio (Mendola, 30 agosto-6 settembre 1962), Milano 1965, pp. 382-435. 298 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 24.     299 S. CARUSO, Sulla cronologia del Dies Natalis di S. Vitale da Castronovo di Sicilia, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, 52 (1998), pp. 117-139.

 

71  

sacri300, tant’è che anche nelle Vita Prior non si manca di sottolineare, con abbondanza di parole, l’indole straordinaria di Gregorio: Nullus

clericus

morum

honestate

erat

sibi

aequiparandus, nulli sua abstrahens, cum hilaritate propria impertiens, iustitia et fide omne iniquum ut fantasma propellens, spe et caritate inimico rum austeritatem

devincens,

libidini

sobrietatem

et

semper vicio virtutem opponens, Deo triumphante, victor gloriosus exsultat, e, nec in tantum insigne genus adulescentis extulit, quantum virtutis in eo crescentis gratiam commendavit301. Di questo dato si ha testimonianza anche nella vita di Nilo da Rossano: Fin dalla più giovane età amava la lettura assidua della vita dei Santi Padri, di Antonio, Saba, Ilarione e degli

altri,

le

cui

immagini

erano

dipinte

nella

cattedrale (di Rossano), e le leggeva con assai piacere e penetrazione302. Similmente di Fantino il Giovane l’agiografo scrive: Nacque da genitori molto giusti e virtuosi, di tanto superiori agli altri per ricchezza e rinomanza, quanto li superavano per la vita ossequiante alla legge divina, al punto che egli era in tenerissima età, e lo aveva nutrito, più che il latte, la condotta dei genitori,

                                                                                                                300

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 24.       301 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 24, 98-99.     302 Vita di S. Nilo, § 2.

 

72  

ricolma di Spirito Santo, quando fu dato allo studio delle sacre scritture303. Nobiltà familiare e nobiltà d’animo sono considerate doti direttamente proporzionali e dipendenti l’una dall’altra304. A quei tempi una buona educazione era data non solo dalla conoscenza

della

grammatica,

ma

anche

dalla

lettura

ed

interpretazione dei testi sacri305, capacità quest’ultima che costituiva un distinguo e alimentava il seme della probabile santità del fanciullo306. La nobiltà della famiglia prevedeva la possibilità di accedere al sapere sin da piccoli307, cosa che non era affatto semplice né scontata per lo più nelle zone rurali dell’immensa provincia dell’Impero308. Ecco dunque che i nobili natali imprimevano una spinta decisiva in tale direzione309. L’agiografo della Vita Posterior trae l’idea che una “santità nobile”, frutto di un’illustre discendenza, fosse un elemento indispensabile per la predestinazione alla santità da un modello peculiare dell’agiografia di età carolingia310. Al tempo della redazione della Vita Posterior questo topos antico doveva essere ancora molto influente. Va inoltre messo in risalto il fatto che la rielaborazione fantastica e leggendaria delle                                                                                                                 303

Vita di San Fantino il Giovane, § 2, p. 403. P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 24-25.     305 G. CAVALLO (a cura di), Libri e lettori nel mondo bizantino, guida storica e artistica, Bari 1982, pp. 5-20. 306 San Filareto e San Leone Luca sono due eccezioni a questa tendenza; cfr. Vita S. Philareti monachi, in AA. SS. Apr., I, p.606; Vita di S. Leone Luca, p.99.     307 A. GUILLOU, L’école dans l’Italie bizantine, in La scuola nell’Occidente latino dell’alto medioevo, Settimane di Studio del Centro Italiano sull’Alto Medioevo (15-21 aprile 1971), XIX, I, Spoleto 1972, p. 308. 308 Cfr. C. MANGANO, La civiltà bizantina, Bari 1991, pp. 159-165. 309 Cfr. P. KAZHDAN, La produzione intellettuale a Bisanzio, libri e scrittori in una società colta, Napoli 1983; J. IRIGOIN, La culture byzantine dans l’Italie méridionale, in La cultura in Italia fra tardo antico e alto medioevo. Atti del Convegno (Roma 12-16 novembre 1979), Roma 1981, pp. 587-604. 310 R. MICHALOWSKI, Il culto dei santi fondatori nei monasteri tedeschi dei secoli XI e XII, proposte di ricerca, in S. BOESCH GAJANO (a cura di), Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale, Roma-Aquila 1984, pp. 107-140. 304

 

73  

origini

del

santo

monaco

greco,

sia

finalizzata

ad

una

strumentalizzazione postuma del culto311. Il testo della Vita diviene, pertanto, detentore di una nuova e specifica funzione pubblica, attentamente patrocinata da una determinata comunità religiosa312. Il

racconto

assolve alla

funzione di accrescere e corroborare la fama taumaturgica del proprio monastero, propagandando la devozione nei confronti del santo fondatore che aveva dato lustro e sostentamento al monastero stesso313. L’autore, dopo aver fatto riferimento ai natali del monaco, e dopo aver introdotto l’elemento leggendario che distingue questo testo da quello della Vita prior, passa in rassegna gli eventi relativi alla sua adolescenza314, enumerandoli in modo molto più dettagliato e dando loro molto più spazio rispetto a quanto fatto dall’autore della prima redazione. Emerge un Gregorio combattuto tra due voci, quella materna:

Fili,

desponsatam

accipe

coniugem;

e

quella

apostolicum: Solutus es ab uxore, noli quaerere uxorem315, a differenza della Vita Prior in cui il santo in modo risoluto decide immediatamente di fuggire dalla sua sorte di coniuge profilata dalla madre. Seguono poi gli eventi relativi all’abbandono dei suoi possedimenti, della sua famiglia, dei suoi legami e alla fuga presso Pacomio, che in questo caso non lo accoglie da subito con                                                                                                                 311

F. PRINZ, Ascesi e cultura, il monachesimo benedettino nel medioevo, Bari 1983, pp. 109 e ss. 312 F. GAUSS, Le funzioni del culto dei santi, in S. BOESCH GAJANO (a cura di), Agiografia altomedievale, Bologna 1976, pp. 150-153.     313 R. GREGOIRE, Manuale di agiologia, introduzione alla letteratura agiografica, II ed., Fabriano 1996, pp. 25 e ss., pp. 261, 363-375. 314 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 126-129.     315 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 128-129.    

 

74  

disponibilità, ma si rimette alla volontà degli altri monaci del convento316. Manca, inoltre, l’elemento della manifestazione notturna della voce che invita Gregorio ad indossare le vesti monacali, mentre si allude soltanto ad un suggerimento angelico317, che lo persuade a seguire il suo percorso di fede, e non è specificata la località in cui è ubicato il monastero che accoglie il santo. Si narra, poi, della morte dell’abate Pacomio, e della successiva nomina ad abate di Gregorio, che inutilmente tenta con tutte le sue forze di opporvisi318. A questo punto ha inizio la sezione dedicata alle guarigioni prodigiose operate dal monaco che, mosso a compassione, tra le lacrime, scaccia via il demonio con la forza della sua devozione e della preghiera da un uomo e da un ragazzo invasati dal maligno319. Da subito si prospettano la preoccupazione di Gregorio che la folla attribuisca tali opere prodigiose alla sua opera e non a quella della mano del Signore e il suo desiderio di sottrarsi alla fama mondana. Questi pensieri costituiscono una costante nella mente del monaco, nonché un elemento che torna spesso nell’arco della narrazione. Successivamente è riportato l’episodio dell’incontro con i saraceni che sono qui ritratti come un popolo feroce e senza scrupoli che fa terra bruciata di tutto ciò in cui si imbatte:                                                                                                                 316  P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 132-133.   317

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 130-131.     318 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 136-139     319 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 140-149.    

 

75  

Accidit enim quodam tempore Sarracenorum gentem, conflicta moltitudine immensa, dira feritate Argolicorum fines irrumpere, munitiones atque castra fortia mira sagacitate et industria expugnare, urbes igni ferroque solo aequare, templa sanctorum atrocius profanare,

eum

quoque

magnificare,

quicumque

socios excelleret in sceleris atrocitate; praeterea populos

depopulari,

quosque

cristiani

nominis

professores invenierent, variis tormentis ac tormento rum instrumentis suffocare; atrocius omnia fiebant quam dici queat, quippe, ubi abundavit iniquitas, ne cibi in notitia habeatur caritas320. La crudeltà di questo popolo non conosce possibilità di redenzione in questo caso, in quanto, a differenza di quanto avviene nella Vita Prior, qui gli aguzzini non subiscono alcuna conversione e risparmiano Gregorio, lasciandolo inerme riverso per terra, solamente perché, scoraggiati di fronte alla sua fede ferrea, ritengono di averlo già massacrato abbastanza321. Inoltre, se nel racconto di XII secolo si descrive la guarigione dal mal di denti da parte di Gregorio di uno dei saraceni

suoi

carnefici,

un

tale

Agareno,

qui,

invece,

la

guarigione da tale patologia è riferita non ad un saraceno, bensì ad un tale imprecisato che si presenta al cospetto del santo poco dopo l’incontro terrifico con i saraceni322. Di seguito l’agiografo racconta del soggiorno a Buccino del monaco, di opere taumaturgiche a beneficio di un lebbroso e di                                                                                                                 320

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 150-151.     321 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 154-155.     322 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 156-157.    

 

76  

un indemoniato e dell’episodio della moltiplicazione dell’olio, presente già nella Vita Prior se pur con qualche diversità. Nella Vita Posterior infatti si dice che: Nam

divinitus

locus

sibi

ostenditur

in

latere

monasterii sui, quo angelica insinuatione directis fratribus invenitur amphora plena olei limpidissimi […] tanta abundantia per Dei misericordiam exuberare illud fecit, ut nec vasa sufficienter habere possent, in quae oleum transfunderent323. Diversamente

nella

Vita

Prior

l’agiografo

scrive

che

Gregorio un giorno entrò in cucina e si accorse che i cuochi non si prodigavano per la preparazione dell’olio, pertanto chiese loro il motivo di tale inopia, ricevendo come risposta dal capo-cuoco che l’olio era terminato, e subito disse: Nonne, ad hoc opus oleum in amphora positum abundat?324. A questo punto il capo-cuoco replicò: Abiens et senioris iussum adimplens, amphoram plenam inveniens325. Un altro elemento che discosta la Vita Posterior dalla Vita Prior

è

dato

dalla

motivazione

che

spinge

Gregorio

ad

abbandonare il monastero sul monte Sellaro: se nell’una questo deriva dalla volontà del catapano di Bari di condurlo secum Costantinopolim

et

suis

imperatoribus326

gratuite

faciendo

                                                                                                                323

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 164-165.     324 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 122-123.     325 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 122-123.     326 Si tratta di Basilio II (976-1025 d.C.) e di Costantino IX (976-1028 d.C.).

 

77  

repraesentaret327, nell’altra è costituito dalle invidie di due greci influenti, che, guidati dal diavolo, tentarono per ben due volte di rapirlo328. L’inserimento da parte dell’autore del motivo delle persecuzioni subite dal santo monaco, alle quali riuscì a sfuggire grazie all’intervento salvifico di Dio, fa pensare ad una profonda e immediata imitatio Christi. Infatti sia mediante tale elemento che attraverso l’episodio dell’incontro con i saraceni viene proposto un modello di santità cristocentrica329. La figura del santo è in stretto rapporto di analogia con quella di Cristo del quale ricalca alcuni elementi e atteggiamenti quali la pietà verso il prossimo, la misericordia, il perdono incondizionato anche dei propri carnefici, l’umiltà, le capacità taumaturgiche, il desiderio di rifuggire la fama e il clamore, le tentazioni e le persecuzioni subite. A questo punto si interrompe nella prima redazione il βìος di Gregorio, che prosegue invece nella Vita Posterior esponendo le

vicende

relative

allo

sbarco

a

Roma,

all’incontro

con

l’imperatrice Teofano e alla reciproca agnitio, alla costruzione, sotto suggerimento dell’imperatrice, dell’oratorio in onore del San Salvatore330 di cui Gregorio fu abate, alla guarigione di un cieco e alla conversione di un nobile di nome Giovanni Campano, forse da identificare con il più celebre Giovanni Canapario331. In seguito ad un’ulteriore guarigione di un cieco, Gregorio incontra l’imperatore Ottone II (più verosimilmente si tratta di                                                                                                                 327

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 124.     328 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 166-169.     329 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 43.     330 B. HAMILTON, The monastery of S. Alessio and the religious and intellectual Renaissance in the Tenth Century Rome, cit., pp. 283-285. 331 V. VON FALKENHAUSEN, Adalbert von Prag und das griechische Monchtum in Italien, cit., pp. 39-56.

 

78  

Ottone III), alle cui orecchie era giunta la grande fama del monaco, che volle condurlo con sé alla corte imperiale ad Aquisgrana. Durante il viaggio per Aquisgrana Gregorio guarisce un monaco malato di nome Luzo e, giunti nella città, fu nominato dall’imperatore abate del monastero dei santi martiri Nicola e Apollinare

presso

(Porcetum/Burci)332.

Burtscheid

Tale

monastero333, fondato forse tra il 997 e il 998334, parallelamente ai

monasteri

Aquisgrana335,

del

San

beneficiò

Salvatore per

e

lungo

di

Sant’Adalberto

tempo

di

cospicue

ad e

numerose elargizioni imperiali (6 dicembre 1016, 21 gennaio 1018, giugno 1029, 8 agosto 1039, 6 giugno 1040, 11 luglio 1056)336

si

configurò

come

una

filiazione

di

quello

aventiniano337, dal momento che possedeva il medesimo statuto di vera e propria fondazione palatina e i medesimi compiti istituzionali di centro di studio e di avvio all’azione missionaria nell’Oriente europeo338. Nel 1029 inoltre fu anteposto al titolo dei Santi Nicola e Apollinare quello di San Giovanni Battista339, e nel 1220, come

                                                                                                                332

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 44.     333 A. POCELET, Commentarius Praevius, cit., p. 462.     334 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., pp. 240-241.     335 V. VON FALKENAHUSEN, Gregor von Burtscheid das Griechische Moncthum in Kalabrien, cit., p. 215.     336 Cfr. MGH, Diplomata Heinrici II, n. 360 p. 463; n. 380 pp. 484-484; n. 381 pp. 385-386; n. 392 pp. 504-505; Diplomata Conradi II, n. 141 pp. 391-392; Diplomata Heinrici III, n. 4 p. 5; n. 46 pp. 58-59; n. 377 pp. 518-519. 337 F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 43. 338 J. F. BOHMER, Regesta Imperii I. Die regesten des Kaiserreichs unter den Karolingern 751-918, Innsbruck 1908-Hildesheim 1966. 339 F. BURGARELLA, Ravenna e l’Italia meridionale e insulare, cit., pp. 112-116.

 

79  

conferma Federico II nel 1222, il monastero passò alle monache cistercensi340. Seguono le vicende relative alla morte di Gregorio, preannunciata dalla visione in sogno del beatus Pacomio, e avvenuta in un 4 novembre di poco anteriore all’anno Mille, anno in cui, come abbiamo già detto, un diploma di Ottone III341 lo ricorda già come morto. Si descrive poi la sua sepoltura a Burtscheid all’interno di un sepolcro prodigioso che sembrava sollevarsi di giorno in giorno e accrescersi nello spessore e le miracolose guarigioni post mortem342 attuate dal santo nel giorno dell’anniversario della sua morte, tra cui quella di un invalido nelle braccia e nelle gambe che tutti i giorni strisciava nella cucina del monastero per chiedere l’elemosina, e quella di un monaco dello stesso monastero, chiamato Wolframmus, che soffriva di calcoli, e che, dopo aver ricevuto la salute per grazia divina, dedicò la parte restante dalla sua esistenza all’indagine della vita di Gregorio, alla predica dei suoi miracoli e alla stesura di un βìος in caratteri d’oro e d’argento343. Si narra infine della translatio dei resti del santo344, avvenuta per volere del successore di Gregorio, l’abate Arnoldo, dopo il rinvenimento di un’urna di piombo con un’iscrizione

                                                                                                                340

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 210-211.     341 MGH, Ottonis III Diplomata, Diplomatum Regum et Imperatorum Germaniae, II, 2, Berlino 1957, n. 348. 342 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 45.     343 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 202-205.     344 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 45.    

 

80  

sull’altare maggiore della chiesa di San Giovanni Battista in un sarcophagum spectabilis345. Al testo della Vita Posterior vero e proprio segue un additamentum nel quale si racconta dell’allontanamento dei monaci dal monastero di Burtscheid, per decreto imperiale, e dello stabilimento delle religiose dell’ordine Cistercense, che con grande meraviglia trovarono la tomba del santo sollevata come se fosse un altare. In conclusione sono riportate una serie di altre guarigioni avvenute per mezzo di Gregorio, che continua ad essere strumento di Dio anche dopo la sua morte, tra cui quella di un cieco, del figlio di una donna di Aquisgrana afflitto dai calcoli, di un neonato che non ha nemmeno la forza di prendere il latte, e di una donna affetta da una grave forma di depressione, che, colta da un raptus, si getta nel vivaio delle monache del monastero, dove alcuni servi la salvano da un probabile annegamento, e che fu guarita da ogni malattia, fisica e mentale, dal santo monaco defunto346. Se nella Vita prior c’è il riferimento specifico alla località di Cassano in cui Gregorio è nominato chierico da parte del vescovo David e al monastero di Sant’Andrea a Cerchiara, dove egli in seguito alla benedizione si trasferisce, nella Vita Posterior manca la menzione esplicita di tali luoghi. Nella Vita Posterior è assente anche la descrizione della giornata del santo monaco, che è invece accuratamente esposta nella prima redazione in tutte le sue fasi.                                                                                                                 345

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 206.     346 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 210-217.    

 

81  

Dal punto di vista stilistico e formale, il testo di XV secolo si caratterizza per periodi ampi, ben strutturati, un fraseggiare ricco di epiteti, similitudini e perifrasi. Il linguaggio adoperato è molto aggettivato e spesso vengono riportati i discorsi diretti fra i personaggi. Significative in tal senso sono le parole levate da Gregorio stesso in punto di morte, tormentato dal demonio: Quid astas, inimice hominum, hostis animarum? Quid quaeris, spiritus perditionis, fomes iniquitatis, spiritus nequam? Nullam partem habebis mecum, tibi nulla in me pars relinquitur; nihil in me tuae potestati dimittitur. Angeli Dei me recipient, Abrahae sinus me custodiet. Discede a me, pabulum mortis; discede, cruenta bestia, quia post Deum adhaesit anima mea347. Nella Vita Posterior inoltre spesso ricorrono similitudini con cui Gregorio è accostato ora ad un atleta vigoroso che si prepara a combattere sul campo contro gli spiriti del male (tanquam fortis atleta contra spiritualia nequitate in agone dimiticaturus, armis spiritualibus se munire studuit iuxta doctrina apostoli)348, ora all’apostolo Pietro, in quanto come Pietro fu messo alla prova dal Signore 349; ora al profeta Elia per lo spirito di profezia e la grandezza del prodigio350; ora a Gesù per le sue raccomandazioni fatte di volta in volta a ciascuno dei miracolati di non proferire parola con nessuno della grazia ricevuta, e per il                                                                                                                 347

P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 196-197. 348 P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 128-131. 349   P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p. 146. 350  P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 162-163.

 

82  

suo rifuggire continuamente la fama e il clamore (quanto magis Iesus

praecipiebat,

ne

cui

dicerent,

tanto

amplius

predicabant)351.

                                                                                                                351  P.D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., pp. 156-157.

 

 

83  

APPENDICE VITA S. GREGORII ABBATIS: TESTO E TRADUZIONE A FRONTE

 

84  

VITA S. GREGORII ABBATIS PRIOR Cum,

divinae

pietatis

operante

nobis

appareant

insignia,

miraculorum

clementia, quae

multa

scripturarum

fidelitati iure debeant commendari, nihil tamen est magis admirandum et scriptis fidelibus commendandum quam onesta morum

et

sanctitas

operum

cuiusque

in

agone

mundani

certaminis legitime certantium et gloriose triumphantium. Licet enim de his, ut legentium novit bene edocta sedulitas, librorum nulla egestas, sed magna sit facultas, tamen quod in his extremis temporibus ex alicuius vita et moribus pro veritate habeamus

expertum,

sanctitate

sua

compulsi,

audientium

enuntiamus devotioni. 1. Igitur Ottonum tertio, caesarum augustissimo et in omni

pietate

ac

totius

religionis

stabilitate

ferventissimo,

Romana imperia pio regiminis sceptro gubernante, erat vir vita et morum honestate probabilis, Gregorius nomine, qui in diebus floridae iuventutis suae haut immemor piissimi Psalmatoris sui, cuncta terrena delectamena postponens, ad aeternae dulcedinis iubilium pervenire optimae operationis studio conabatur. Ex nobili ergo parentela, patre scilicet Licasto, matre autem Anna vocata, in confino Calabriae et Apuliae oriundus, uniuscuiusque qualitatis hominibus ea quae ipse, dum viguit, optime studendo peregit, ad imitationis exempla reliquit. Erat, inquam, a pueritia iuventutem adusque in vestium apparatu ut laicus, cordis vero salubritate Deo vivus et saeculo defunctus. Qualiter et in quantum oderit mundum, ut eius deliciarum spurcitias victoriosa mente ratione

 

calcaverit, facile

audientium

poterit

auctoritas

agnoscere.

85  

Patre

ex

consequentium

etenim

suo

iam

alternantem

motum

sentiente

et

vitam

universae

carnis

migrante mater sua de obitu mariti lacrimosa et continuata querimonia

non

modicum

infirmata,

maeroris

sua

solacia

diligenter exquirens, filium patremfamilias fieri et appellari festinans, sibi coaequaevam et, ut fertur, nobilem ac pulchram desponsavit

adulescentulam,

et

nuptiarum

non

elongari

apparatum materna pietate decreti. Cuius materni affectus in praeparandum

proposito

nuptiarum

filii

sollers

providentia

maturitatem agnoscens, omnia sponsalia omittens ornamenta, Cassianensem episcopum David nuncupatum absque matris scientia cum magnae humilitatis reverentia adire non distulit, et clericalem

sibi

tribui

benedictionem

humiliter

postulavit.

Episcopus vero de eius peticionis almitate gavisus, sanctam ei benedictionem summa donavit devotione. Acolytum quidem illum benedicens et deinceps eum secum commorari praecipiens, quemadmodum cauta sui providentia de virtute in virtutem eum proficere cognovit, ita ei de ordine in ordinem ascensum praebere non distulit; et ita demum unius anni circolo pleniter transacto, ad officium presbyteratus digne et laudabiliter ab eo est promotus.

 

86  

VITA PRIOR DI SAN GREGORIO ABATE Molti miracoli che, a buon diritto, dovrebbero essere affidati ad opere scritte fededegne, ci sembrano straordinari, dal momento che avvengono per intervento della clemenza divina. Tuttavia, non c’è nulla da ammirare di più e nulla che dovrebbe maggiormente essere affidato a scritti veritieri del decoro dei costumi e della santità delle azioni di chi si batte nella sfida della gara mondana e trionfa. Infatti, sebbene riguardo a questi non manchino opere scritte ma sia diffusa una grande produzione, come sanno bene i lettori edotti e diligenti, tuttavia, per la devozione degli ascoltatori, riferiamo ciò che, in questi ultimi periodi abbiamo scoperto essere veritiero riguardo alla vita e ai costumi di un tale, spinti dalla sua santità. 1. Dunque, quando Ottone III, imperatore augustissimo e molto impetuoso in ogni tipo di devozione e per la stabilità di tutta la religione, governava l’Impero Romano con uno scettro del comando, c’era un uomo lodevole per la vita e l’onestà dei costumi, di nome Gregorio, che nei giorni della fiorente gioventù non fu affatto immemore del suo piissimo Creatore, e, mettendo in secondo piano tutti i piaceri terreni, tentava di raggiungere la gioia del piacere eterno con l’impegno assiduo in azioni di grande valore. Nato da illustri genitori, da un padre di nome Licasto e da una madre chiamata Anna, ai confini tra la Calabria e la Puglia, lasciò agli uomini di qualsiasi condizione, come esempio da imitare, le azioni che compì finchè fu pieno di energie, applicandosi al meglio. Era, -lo dico-, vestito come un laico da ragazzo e fino alla giovinezza, ma in verità, visse in Dio con la purezza del cuore e morì al secolo. In che modo e quanto

 

87  

egli odiò il mondo terreno, che calpestò con la sua mente vittoriosa le lordure dei piaceri, facilmente potrà comprenderlo l’autorità degli ascoltatori dal resoconto dei seguaci. Quando il padre percepiva la sua fine ormai prossima, e morì nel suo involucro carnale, la madre, addolorata per la morte del marito e non poco fiaccata dai continui lamenti, cercando con cura un conforto al suo dolore, affrettandosi a fare in modo che il figlio divenisse e fosse chiamato padre di famiglia, come si racconta, promise in matrimonio una giovane, coetanea del figlio, nobile e bella, e decise per devozione materna di non tardare i preparativi delle nozze. La spiccata intelligenza del figlio riconobbe l’assennatezza del sentimento materno nel proposito di preparare le nozze, ma, rifiutando tutti i doni nuziali, non esitò a recarsi dal vescovo di Cassano, chiamato David, all’insaputa della madre, con grande umiltà e rispetto, e chiese umilmente che gli venisse attribuita la benedizione clericale. In verità, il vescovo, rallegrandosi per la purezza della sua richiesta, gli donò con somma devozione, la santa benedizione. Benedicendolo come chierico e in seguito comandandogli di trattenersi con lui, riconobbe con la sua cauta previdenza in che modo progredisse di virtù in virtù, al punto che non esitò ad offrirgli la scalata da una funzione all’altra; e così alla fine, trascorso un intero anno, fu promosso degnamente e in modo lodevole da lui (il vescovo) alla funzione di presbitero.

 

88  

2. Huic ergo tanti meriti viro huius ordinis promotione morum elegantia ac probitate omnes paene sibi contemporales superanti, intempestae noctis silentio somno sopito angelicae vocis admonitio venit, ut nequaquam dimitteret, quind sanctum abbatem

Pachumium,

qui

Circlarense

monasterium

Sancti

Andreae cauta regiminis sui provisione tunc temporis peritissime gubernabat, causa accipiendae monachicae regulae propere adiret et, quae sibi agenda ille praeciperet, tota animi devotione ac omni virium annisu cuncta compleret. Hac quidem visione non minimum hilaritatis adeptus, cum gaudio explebat, quod angelica sibi voce noverat esse persuasum. Ad abbatem autem veniens et ab ipso cum summo dilectionis voto susceptus, post facilem probationem iugo monachicae disciplinae non solum vestium indumento, sed et virtutum incremento oboedienter est subiugatus.

 

89  

2. Dunque a quest’uomo fregiato di tanti meriti nella promozione a quest’ordine, che superava quasi tutti i suoi contemporanei per correttezza dei costumi e rettitudine, nel silenzio del cuore della notte, assopito dal sonno, giunse l’ammonizione di una voce angelica a non rinunciare in nessun modo ma anzi ad andare in fretta dal santo abate Pacomio, che a quel tempo reggeva il monastero di Sant’Andrea di Cerchiara con accorta cautela, in modo assai esperto, per apprendere la regola monastica e per sapere in anticipo ciò che doveva fare per portare a compimento tutte le cose con animo devoto e con ogni dispendio di energie. Ottenuta non poca serenità grazie a questa visione, terminava con gioia (il suo compito), poiché sapeva

di

essere

stato

persuaso

da

una

voce

angelica.

Giungendo dall’abate e accolto da lui con un sommo desiderio di amore,

dopo

obbediente

al

una

semplice

giogo

della

prova

si

disciplina

sottomise monastica,

in non

modo solo

nell’indossare gli abiti monacali ma anche nell’accrescimento delle virtù.

 

90  

3. Quantae igitur conversationis hunc huiusmodi virum esse profitear, qui dum esset laicus, nullus clericus morum honestate erat sibi aequiparandus, nulli sua abstrahens, cum hilaritate propria impertiens, iustitia et fide omne iniquum ut fantasma propellens, spe et caritate inimico rum austeritatem devicens, libidini sobrietatem et semper vitio virtutem opponens, Deo

triumphante,

victor

gloriosus

exultat.

His

virtutum

redimiculis, dum esset laicus, sancte et salubriter sublimatus, in clericali ordine constitutus dulces compunctionis lacrimas, Deo donante, acquisivit ac magna sui parsimonia et sanctarum vigiliarum necnon et precaminum assiduitate non minima ordinem et constitutionem omnium excellebat monachorum. Atqui, sicut trium venerabilium virorum et sibi in discipulatus familiaritatem coniuctorum, Andreae scilicet presbiteri, Sabae diaconi, Serii iam ab adulescentia apud eum conversi et secretorum suorum conscii, veridica relatione comperimus, quod vir

ille

beatus

Gregorius

habitu

monachico

non

solum

corporaliter, sed spiritaliter indutus et, activa iam dimissa, in contemplativae vitae positus dulcedine, [ad] omnium, quae ante fuerat

affectatus,

stemmata

virtutum,

earum

ad

habitum

ducente sancti Spiritus largitate, se gaudebat esse pervetum.

 

91  

3. Dunque dichiarerò apertamente quale condotta di vita ebbe un uomo di tale levatura: finchè fu laico, nessun uomo di chiesa era da equiparare a lui per onorabilità dei costumi, in quanto non sottraeva nulla a nessuno, donava con gioia i propri beni, respingeva come un fantasma ogni forma di ingiustizia con equità e lealtà, sconfiggeva l’asprezza dei nemici con la speranza e l’amore, opponeva la sobrietà alla libidine e sempre la virtù al vizio; trionfando Dio, esultava come un vincitore glorioso. Con queste virtù, finchè fu laico, (visse) in modo santo e sano; entrato nell’ordine clericale, acquisì le dolci lacrime del dolore pungente, donate a lui da Dio, e con grande parsimonia, e con la costanza di sante veglie e preghiere, eccelleva su tutti i monaci

nell’osservanza

dell’ordine

e

della

costituzione

(monastica). E, come apprendiamo dai racconti veritieri di tre uomini venerabili e uniti a lui dalla familiarità della condizione di discepoli, cioè il prete Andrea, il diacono Saba, e Serio, rivoltisi a lui sin dall’adolescenza e a conoscenza dei suoi segreti, quel famoso beato Gregorio, indossato l’abito monacale, non solo sul corpo ma anche spiritualmente, e, messa da parte la vita attiva, adagiatosi nella dolcezza della vita contemplativa, si compiaceva di aver ottenuto tutte quelle virtù, come fregi, alle quali prima aveva aspirato e di cui, con la guida dello Spirito Santo, si era rivestito.

 

92  

4. Verum, quo fructu honorum operum consecutus sit hanc speciositatem virtutum, nulla ratione praetereundum, sed pro posse et nosse pleniter est narrandum. Referunt praedicti probabiles viri, quod tanta et tam magna sanctarum sibi adesset assiduitas

vigiliarum,

ut

paene

nulla

soporis

quietudine

repausaret, nisi tantum modo ad parvi momenti spatium declinaret in lectum, ne penitus naturae necessaria negaret non dormiendo, et se ipsum perpetuis vigiliis interimeret. Porro ex bene parvae quietis somno, ut dicunt, exsurgens et divinum opus fervide quasi numquam inceptum incipiens, quod supererat noctis interdum iubilando, interdum lacrimis orando peregit insomnis. Aurora iam exurgente et solis spiculo appropinquante, dicta psalmodia, et missa completa, aut scribendo aut legendo aut in agricultura laborando et sic vesperi labore manuum suarum se modicum reficiendo, diem finire consueti. Omnia enim divina praecepta sollerti providentia custodiens, apostoli edictis noluit esse inoboediens, qui, divini secreti conscius, haec commemorando

praecepit,

ut,

qui

non

laboraret,

nec

manducaret; noluit enim aliud manducare, nisi quod ipse elaborasset. Nam scriptorem eum aiunt fuisse peritum et in multa alia arte satis edoctum unde ab ipso opere interdum secedens,

ut

allevaret

fastidium,

ad

interiora

contemplacionis otia ingreditur ad vacandum Domino.

 

93  

sanctae

4. In verità, non si deve omettere per nessun motivo il fatto che, grazie al risultato delle sue buone opere, ottenne queste preziose virtù, ma bisogna raccontare per esteso in che modo abbia potuto e abbia saputo farlo. I suddetti lodevoli uomini riferiscono che egli ebbe così tanta e grande assiduità nelle veglie sante che a stento riposava con la tranquillità del sonno profondo, che non si coricava se non per la durata di un breve momento, per non negare del tutto, non dormendo, alla natura il necessario, e che si straziava con le veglie perpetue. Poi, come dicono, destandosi dal sonno di una breve quiete, e intraprendendo un rito sacro fervidamente come se non l’avesse mai iniziato, trascorreva insonne la notte, talvolta gioiendo talora pregando con le lacrime. Sorgendo già l’aurora e avvicinandosi un raggio di sole, pronunciati i salmi e completata la messa, era solito trascorrere il resto della giornata o scrivendo, o leggendo, o dedicandosi ad attività agricole e dando così un po’ di refrigerio alla fatica delle sue mani durante la sera. Infatti, custodendo ogni precetto divino con solerte previdenza, non volle essere disobbediente agli insegnamenti dell’apostolo, che, consapevole del segreto divino, ammonì di ricordare questo, che, chi non lavora non mangia; non volle infatti mangiare nient’altro se non ciò che egli stesso aveva prodotto. Dicono infatti che fu un esperto copista e abbastanza edotto in molte altre attività dalle quali talvolta si allontanava per alleviare il dolore, e intraprendeva attività interiori di santa contemplazione per dedicarsi a Dio.

 

94  

5. Inter haec piae conversationis studia contigit, ut ad coenobium Sancti Andreae veniret. Igitur ibi et honorifice susceptus et iuxta idiota rum aestimationem exaltatus, nihil tamen ex huius honoris altitudine deceptus est fastu salubria qua eque neglegentis superbiae. Maiorem vero omnibus dum se sciret in dignitate, minorem se faciebat ministrando cunctis, causa scilicet imitandae humilitatis magistri dicentis: Qui maior est vestrum, erit minister vester.

 

95  

5. Tra le attività di questa pia condotta di vita avvenne che si diresse al cenobio di Sant’Andrea. Dunque, lì accolto con onore ed esaltato il suo valore dalle persone rozze, tuttavia, non fu affatto tratto in inganno dallo spessore di questo onore, dall’alterigia della superbia che trascura le cose utili. Mentre sapeva di essere superiore a tutti per dignità, si faceva inferiore servendo tutti, per imitare l’umiltà del maestro che dice: Chi è superiore a voi, sarà vostro servo.

 

96  

6. Hic vir mirae ac sanctae providentiae magis attendens onus quam tanti honoris saeculare decus, in omni morum honestate et honorum operum sedula actione multo magis erat fervidus, quia illi non sui unius anima, sed multitudo cleri erat procuranda. Hac, ut diximus, pastoralis regiminis cura magis sollicitus, cuncta pastoralia officia rationabiliter disposita Deo placabiliter et clero laudabiliter peregit. Igitur talis eius labor quod non esset inanis Domino, ipse agnoscit modo, cum digna mercede donatus a Domino nostro, cui bene servivit, Iesu Christo; et signis Spiritus sancti dono per ipsum clementer exactis,

nobis

luce

clarius

ostensam

magnitudinem

suae

sanctitatis fidelis non dubitat; qui infedeli, procul hinc discedat. Quae vero signa etsi sint innumerabilia, tamen ex multis referemus pauca, quae praedictorum sibi, inquam, familiarium relatione cognovimus.

 

97  

6. Quest’uomo, mirando al peso dell’ammirazione e della santa previdenza piuttosto che al decoro mondano di un onore tanto grande, era molto più diligente in tutta la dignità dei costumi e nell’accurato compimento delle buone azioni, poiché non doveva purificare solo la sua anima, ma quella di tutto il clero. Come abbiamo detto, molto diligente nella dirigenza del governo pastorale, portò a termine tutti i compiti pastorali razionalmente disposti per Dio in modo sereno e lodevole per il clero. Dunque, egli stesso comprese come tale fatica non fosse inutile per il Signore, che servì bene, ripagato dal nostro Signore, Gesù Cristo, con una degna ricompensa; lo Spirito si mostrò con presagi precisi, come un dono santo, a poco a poco, attraverso lui stesso, e il fedele non dubita che la grandezza della sua santità sia mostrata a noi in modo più luminoso della luce; gli infedeli si allontanino pure da qui. Sebbene questi prodigi siano in verità innumerevoli, tuttavia di molti ne riferiremo pochi, dico, di quelli che abbiamo appreso dal racconto di quei confidenti nominati prima.

 

98  

7. Quidam vero iuvenis Arsaphius dictus de semet ipso neglegenter agens et Dei piae providentiae se non committens, calliditate antiqui hostis signo crucis non signatus iuventus, ab ipso, proh dolor! Ivasus, per loca inculta et devia tractus, miserabiliter ab ipso est dilaceratus. De cuius rei flebili eventu et flebiliori habitu eius amici et cognati non mediocri gemitu commoti, hunc inter rupes et loca sanis itinerandum difficilia vehementi violentia capientes et vinculis firmiter stringentes, curationis suae gratia ad multa loca sanctorum deduxerunt et medelam huiusmodi diabolicae contagionis minime invenerunt. Post

multum

fatigatione

vero

hostis

temporis antiqui,

illo

iam

allatus

est

deficienti ad

ex

Sancti

nimia

Andreae

monasterium, in quo beatum Gregorium abbatem diximus non sua sponte constitutum. Quem ergo spumantem et diversa incondita

voce

proferentem

abbatis

pietatis

ut

respexit,

gravissime ingemuit, et lacrimarum imbre effuso, ei compatendo recessit; nihilominus tamen de sua salute sollicitus, qual iter illi subveniret, diligenter excogitavit. Ea igitur die ieiunare incipiens et

biduanum

ieiunium

summa

intentione

orationum

rite

perficiens, tunc demum iuvenem praenominatum a maligno spiritu

obsessum,

in

nomine

Domini

nostri

Iesu

Christi

possessori praecipiens, ut abscederet, liberavit et postmodum bissenorum dierum numero eum secum tenendo et sermonem salutis ei indicando et versutiam diabolicae fraudis insinuando cum caritatis latitudine cuncta benigne implevit. Nam et a sancti Spiritus dono cumulavit, et eum cum gaudio ad sua repedare non renuit. Non est adeo miranda miraculi huius elegantia, quantum viri miraculum facenti humilitas veneranda. Ipse quidem mirae sanctitatis dum esset, cum facilitate, quod voluit,

 

99  

impetrare valuit, sed quia praesumptionem spiritus non habuit, idcirco temeritatem deposuit et derepente, nisi lassatus ieiunio et oratione, a Domino impetrando rogare pertimuit; unde et eius oratio de die in diem maioris erat effectus.

 

100  

7. In verità, poiché un certo giovane, chiamato Arsafio, conduceva la sua vita in modo dissoluto e non affidandosi alla divina Provvidenza di Dio, un antico nemico scoprì che non era segnato dal segno della croce, oh che dolore! Assalito, fu trascinato attraverso luoghi incolti e solitari e lì fu straziato da questo stesso in modo pietoso. Gli amici e i parenti commossi dal lamento di grande intensità riguardo al suo accidente misero e alla sua più misera condizione, prendendolo tra rupi e luoghi difficili da percorrere anche per le persone in salute a causa della rigida asprezza, stringendolo fermamente con delle bende, lo portarono in molto luoghi sacri per essere guarito, ma non trovarono alcun rimedio ad un contagio diabolico di questo tipo. Dopo molto tempo, invero, essendo fiaccato dall’eccessiva spossatezza, fu portato presso il monastero di Sant’Andrea, nel quale il beato Gregorio abbiamo detto che fu nominato abate non di sua spontanea volontà. L’abate, non appena lo vide che versava bava e con voce confusa pronunciava parole discordi, si addolorò assai profondamente, e, versata una pioggia di lacrime, si allontanò compatendolo; tuttavia, preoccupato per la sua salute, pensò in modo accurato a come andargli in aiuto. Dunque, in quello stesso giorno, incominciando a digiunare e portando a compimento il digiuno di due giorni con profonda applicazione alle preghiere, come al solito, alla fine, ordinando al possessore maligno di andarsene in nome del nostro Signore Gesù Cristo, liberò il giovane menzionato, posseduto dallo spirito maligno, e dopo, trattenendolo con sé per dodici giorni, indicandogli il linguaggio della salvezza e spiegandogli la malizia dell’inganno diabolico, con l’estensione del suo amore portò a termine tutte le cose in modo benevolo. Liberò infatti il ragazzo

 

101  

vessato dal demonio e accumulò come dono al nutrimento del verbo divino il pasto dello Spirito Santo, e non proibì che tornasse indietro alle sue attività con gioia. Non ci si deve meravigliare

della

straordinarietà

di

questo

miracolo,

ma

piuttosto bisogna venerare l’umiltà dell’uomo che ha compiuto il prodigio. Egli stesso, finchè fu di ammirevole santità, riuscì ad ottenere con facilità ciò che volle, ma poiché non ebbe spirito di presunzione,

per

questo

mise

da

parte

la

temerità

e

all’improvviso temette di chiedere al Signore ciò che voleva ottenere, se non quando era fiaccato dal digiuno e dalla preghiera; per questo la sua preghiera divenne di giorno in giorno più efficace.

 

102  

8. Alio quoque tempore puer quidam Lenta dictus a daemone acriter caducae passionis incommodo fatigatus, huic venerabili viro a suis est praesentatus; quos, quid sibi de eo vellent, inquirens, id rerum et postulare et maxime velle, ut suae sanctitatis edicto puerum illum liberaret a tanta et tam magna infestatione daemoniaca, responderunt. Quibus ille: Tacete, inquit, filii, quia mihi peccatori non est possibilitas talia, ut

rogatis,

faciendi.

Illi

vero

eo

frequentius

deprecationi

instantes, largitatis suae auxilia erant postulantes; sed ipse eis aufugiens et interiora domus introiens, eo die ieiunans, plus solito suae orationis sanctitati vacabat; et altera die egressus, daemonem effugabat et puerum ex magnae incommoditatis passione sanabat; quem et octo dierum spatio esse secum praecipiens, verba vitae edocuit suaviter, et quae essent evitanda, quae non, sapienter instituit; sicque vir sanctus et demone effugavit et puero, quomodo eum cum multiplici virtutum adquisitione, cum bonae voluntatis locutione effugare deberet, indicavit.

 

103  

8. Anche in un altro caso un certo fanciullo chiamato Lenta, fiaccato aspramente da un demone attraverso una malattia, fu portato dai suoi parenti al cospetto di questo venerabile uomo; questi, quando fu chiesto loro cosa volessero da lui, risposero che chiedevano e volevano soprattutto questa cosa, che liberasse quel fanciullo con la disposizione della sua santità da una tale e tanto grande vessazione demoniaca. A costoro egli disse: Tacete oh figli, perché io che sono peccatore non ho la capacità di compiere tali cose che mi chiedete. In verità quelli, insistendo con le preghiere in modo più incalzante, chiedevano

aiuto

alla

sua

generosità;

ma

egli

stesso,

allontanandosi da loro ed entrando nelle zone più interne della casa, iniziando il digiuno in quello stesso giorno, si dedicava alle sue preghiere con una devozione maggiore del solito; e, giunto il giorno seguente, mise in fuga il demone e risanò il fanciullo dalla malattia di grande fastidio; dopo avergli ordinato di restare con sé per otto giorni, gli insegnò con delicatezza il senso della vita, e lo informò sulle cose da evitare saggiamente e quelle da non evitare; così l’uomo beato scacciò il demone e indicò al ragazzo in che modo dovesse metterlo in fuga con l’acquisizione di molteplici virtù e con parole di buona volontà.

 

104  

9. Quorum relatione iam dicta didicimus, horum ex sermone iam dicenda cognovimus. Unus ex Sarracenorum primoribus Scandalis nominatus, a rege suo in obsidione Cassianae civitatis delegatus, commilitonibus suis, sicut totius pietatis neglector et sanctae religionis improbus insecutor, firmiter praecepit, ut irent et circumiacentia devastarent et nihil in villis vel saltem in ecclesiis dimitterent, quin universa cautae indagationis scrutinio exquisita et in unum collecta –homines dico

et

pecora,

pecunias

et

vestimenta-

suae

maiestatis

providentia dividendum afferent. Hanc tyrannidem et huius praecepti austeritatem audientes, stupefacti cives omnes fugam inierunt, et universi eorum vicini, ab eis ut fugerent admoniti, fugae eorum consortes fieri non titubabant. Inter quos fugerunt et monachi beati Gregorii; fugit et ipse, monachis duobus se comitantibus. Monasterium ergo, cui praeerat, tantum modo 5 stadiis a civitate Cassiana distare cognovimus. Sane Sarracenis euntibus

et

tyrannidis

suae

votum

cuncta

depredando

implentibus, fugiendi ignarus obviavit eis pater Gregorius; quem ut abbatem monasterii esse didicerunt, sitim suae avaritiae aestimantes

exstinguere,

tum

quaestus

sui

positionem

apprehendere, interrogaverunt eum ubinam loco rum inventuri essent pecuniam multum temporis ab ipso congregatam. Quibus ille, propter eorum severitatem suam non dimittens observare veritatem, modeste respondit: Fratres, parvitatem pecuniae, quam habemus, vos celare non debemus; 27 tarinos in monasterio dimisimus, quos in usum fratrum conservandam decrevimus, nihil vero amplius de pecunia possidemus. Illi vero huius modicae pecuniae numerabili professione magno affecti furore, haec verba ira ministrante prolata clamabant: Ignavum

 

105  

hunc tollite et variis tormentorum generibus afflictum, quod antea noluit sponte, nunc agite coactum ostendere! Quorum minis penitus ab ipso annullatis, in catastam eum ponentes et verenda eius vinculis admodum stringentes, continuo brachia eorum arefacta manebant. Quem vero qui non dum accesserant solventes, debilitatis ut afferet remedium suae intercessionis, deposcebant. Magisterialis autem praecepti haut immemor, bonum pro malo reddidit ac pro inimicis exorando veniam impetravit ac pristinae sanitati eorum brachia reformavit. Quo miraculo non minimum omnes stupefacti, ex eis unus dolore dentium acriter fatigatus, hic adminiculum sui medicaminis expostulans, statim signo crucis ad locum doloris apposito, sanavit eum omnimodo. His binis miraculis divina favente clementia tam repente inceptis et misericorditer cito peractis, caritatis latitudo horum fuit ordinatrix, quia non solum eis ea quae in se peccaverunt indulsit, verum etiam Dei in eos vindictam per suae intercessionis gratiam amovit et eos prius habitae saluti, Deo miserante, restituit.

 

106  

9. Gli eventi narrati fin ora li abbiamo appresi dal resoconto di quegli uomini dalla testimonianza conosciamo anche le cose da narrare. Uno dei Saraceni, chiamato Scandalis, delegato dal suo sovrano all’assedio della città di Cassano, disprezzatore di ogni forma di pietà e prosecutore accanito della santa religione, ordinò con fermezza ai suoi commilitoni di andare e devastare tutte le zone circostanti e di non lasciare nulla nelle città o per lo meno nelle chiese; anzi, esaminata ogni cosa attraverso un’accorta ricerca, e raccolto tutto in un unico luogo –intendo uomini e bestiame, denaro e vesti- ordinò che tutto ciò fosse portato per essere diviso secondo l’ordine di sua maestà.

Rendendosi

dell’asprezza

di

conto

questo

di

ordine,

questo

potere

tutti

cittadini,

i

assoluto

e

sbigottiti,

cominciarono a fuggire, e tutti i vicini, ammoniti da loro a fuggire, non esitarono a farsi compagni di fuga. Tra quelli che fuggirono c’erano anche i monaci del beato Gregorio; fuggì anche egli stesso, in compagnia di due monaci. Sappiamo, dunque, che il monastero, a cui presiedeva Gregorio, distava soltanto cinque stadi dalla città di Cassano. Dunque, mentre i saraceni avanzavano e portavano a termine il desiderio del loro tiranno, depredando ogni cosa, padre Gregorio andò loro incontro, incapace di fuggire; quando compresero che era l’abbate del monastero, pensando di poter estinguere la sete della loro avidità, e poi di impossessarsi di tutte le sue ricchezze, gli chiesero in che luogo avrebbero potuto trovare il ricco bottino accumulato nel tempo. A questi egli, a causa della loro austerità, non mancando di rispettare la sua verità, rispose con modestia: Fratelli, noi non dobbiamo nascondervi l’esiguità di ricchezze che abbiamo;

 

nel

monastero

abbiamo

107  

lasciato

27

tarì

che

decidemmo di conservare per l’uso dei fratelli, non possediamo altra ricchezza. Quelli, in verità, indisposti dalla dichiarazione dell’esiguo bottino, gridavano queste parole, con grande ira: Prendete questo, e, afflitto da vari tipi di torture, fategli mostrare con la costrizione ciò che prima non ha voluto mostrare

spontaneamente.

Poiché

le

loro

minacce

furono

profondamente respinte, mentre lo ponevano su di una pira e stringevano molto i suoi organi genitali con delle fasce, le loro braccia rimasero di colpo seccate. Chi in verità non si era avvicinato per liberarlo gli chiedeva di portare rimedio con la sua intercessione all’infermità. Non immemore dell’insegnamento del maestro, restituì bene per male e pregando per i nemici ottenne il perdono e riportò le loro braccia all’integrità precedente. Tutti rimasero esterrefatti da questo miracolo, e uno di loro, sofferente per il mal di denti, chiedendogli come aiuto un suo rimedio, subito, apposto il segno della croce sul punto di dolore, fu risanato. Compiuti questi due miracoli, intrapresi tanto velocemente con il favore dell’indulgenza divina, e condotti presto a termine in modo misericordioso, la profondità di amore fu ordinatrice di queste cose, perché non solo perdonò coloro che avevano peccato nei suoi riguardi, ma allontanò anche da loro la vendetta di Dio grazie alla sua mediazione e restituì loro la robusta salute di prima, con la misericordia di Dio.

 

108  

10. Inter haec ergo fama promulgante et circumquaque signa et virtutes eius enarrante, frequentabatur a populi multitudine diversa eorum intentione. Quidam vero admirantes simul et de excellentia eius virtutum congratulantes, ut verbum vitae ab ipso audirent et se suae oracioni commendarent, adveniebant; quantitatem

quidam corporis

autem talia

qualitatem

signa

ex

non

Dei

animi,

dono

sed

facientis

impatienter scire cupientes, non minori turba confluebant. Quibus omnibus in praedicatione satisfaciens et caelesti pane admodum eos reficiens, cum suae benedictionis securitate fecit eos cum gratiarum actione ad mansiones, unde venerant, remeare; qui redente coeperunt ei benedicere et sanctitatis nomen ubique non mentientes apponere. Unde per totius per regionis illius ambitum nominabant eum secundum Gregorium. Huius nominis fama quantocius est ad ipsum perlata, statim, ut discederet et humanum favorem et huius sanctitatis nomen effugeret, sanctis autem operibus nihilominus alibi insulare, diligentissime excogitavit. Tunc ergo inito secum consilio, abbatiam per unius anni spacium, praedicta signa interim faciendo, retinuit, fratrem rebus prout melius potuit ordinandis admisit, et Bulcinum oppidum adeundo cum quinque monachis, mansit ibidem in quodam monasterio, Dei servitium numquam melius aut neque studiosius celebrando. Ferunt etiam praedicti venerabiles viri, qui semper pedissequi, secretorum suorum erant conscii, quod ibidem locorum quoddam non celandum operaretur miraculum. Quadam vero die in ecclesia causa concinnandorum consistens luminarium, leprosum quendam advenientem et elemosynam ab ipso petentem, Dei invocato nomine, unctum oleo ex luminaribus sumpto mundavit a lepra;

 

109  

deinceps ne peccaret, salutari admonuit doctrina, magistrum suum imitatus, qui leproso mundato dixit: Vade et amplius noli peccare.

 

110  

10. Dunque nel frattempo, diffondendosi la sua fama e la notizia

dei

abitualmente

suoi

prodigi

da

una

e

delle

moltitudine

sue di

virtù,

era

visitato

persone

con

diverse

intenzioni. Alcuni, in verità, ammirandolo allo stesso tempo e congratulandosi

per

la

straordinarietà

delle

sue

virtù,

giungevano per ascoltare le parole di vita e per affidarsi alla sua preghiera; altri, invece, confluivano in schiera non minore, desiderando conoscere con impazienza non tanto la qualità dell’animo quanto piuttosto l’aspetto esteriore di chi compiva tali miracoli per dono di Dio. Soddisfacendo tutti nella predicazione e rianimandoli molto con il pane celeste, li rimandava con ringraziamenti alle dimore da cui erano giunti con la certezza della sua benedizione; quelli che ritornavano iniziarono a parlar bene di lui e a portare ovunque la fama della sua santità senza mentire. Per questo in tutta la regione circostante lo chiamavano Gregorio secondo. La fama di questo nome gli fu riferita al più presto,

e

subito

egli

pensò

di

allontanarsi,

rifuggire

l’acclamazione degli uomini e la fama di questa santità e realizzare altrove le sue opere sante. In seguito, dunque, presa la sua decisione, tenne l’abbazia per la durata di un anno, compiendo nel frattempo i prodigi menzionati prima, accolse un frate per ordinare le cose come meglio potette, e, recandosi nella città di Buccino con cinque monaci, vi rimase in un certo monastero, prestando servizio a Dio nel modo migliore e più diligente. Gli uomini venerabili menzionati prima, che furono sempre suoi seguaci, e che erano a conoscenza dei suoi segreti, riferiscono anche che lì si compì un certo miracolo che non si deve

nascondere.

In

verità,

un

certo

giorno,

mentre

si

tratteneva in chiesa per disporre le lampade, invocato il nome di

 

111  

Dio, guarì dalla lebbra un certo lebbroso che vi era giunto e chiese l’elemosina proprio a lui, dopo averlo unto con l’olio preso dalle lampade; in seguito con la dottrina della salvezza, lo ammonì a non peccare, e imitò il suo maestro che disse, dopo aver guarito un lebbroso: Vai e non peccare più.

 

112  

11. Hoc etenim signo ibidem manifestatus, extemplo quidam erat male vexatus qui, viso beato Gregorio, multum fremuit et semet ipsum affligendo discerpsit. Cuius admodum laborantis

dolore

commotus

et

eius

infirmitati

affatim

compassus, ad terram prostratus, lacrimarum imbrem effusi, et surgens, ut citius ab obsesso corpore discederet, praecepit obnixe. Qui multum clamans et discerpens eum, abcessit et postea illum professionis causa aggredi ausus non fuit. Nam eum, sicuti omnes quos curavit, salubri doctrina ditavit.

 

113  

11. Lì si rivelò con questo prodigio: c’era un tale molto addolorato, il quale, visto il beato Gregorio, fremeva molto e si straziava affliggendo se stesso. Mosso dal dolore di questo sofferente e compatendo abbastanza la sua malattia, prostratosi a terra, versò una pioggia di lacrime, e, alzandosi, ordinò con tutte le forze che si allontanasse dal corpo posseduto il più presto possibile. Urlando molto e straziandolo, se ne andò e in seguito non osò più assalirlo grazie a quella dichiarazione. Infatti, così come tutti quelli che curò, lo arricchì con la dottrina della salvezza.

 

114  

12.

Eodem

quoque

tempore

olei

magna

exsistente

sterilitate, contigit quadam die ipsum pro utilitate fratrum coquinam adire, et vidit in preparando pulmentorum tertio, oleo scilicet conficiendo, coquos otium habere; quos hac in re videns otiosus, hoc allocutus est sermone: Pueri, cur in preparando cibo moram agitis? Non nescitis, quia iam adeo tempus refectionis est? Econtra coquorum qui erat primus respondens: Domine, iam,

inquit,

oleo

deficiente,

quid

inde

agere

debeamus,

omnimodo nescimus. Cui ille: Nonne, inquit, ad hoc opus oleum in amphora positum abundat? Quo respondente, quod paulo ante quaereretur et nihil in ea liquoris inveniret, dixit ei, quantocius iret et eam tolleret et diligenter, si quid in ea invenire posset, investigaret. Ille quidem abiens et senioris iussum adimplens, amphoram plenam inveniens, ea die fratrum cibos inde praeparabat et luminaria ecclesiae inde accendi faciebat et quantum ea die, tantum per circularis anni circuitum cottidie ad cibos et ad necessitatem concinnandorum luminarium auferebat; olei tamen nihilo minus in amphora manebat; ad omnem vero fratrum necessitatem instar aquae effundebatur, sed numquam in ea minus inveniebatur. Hac ostensione mirabilis

signi

imitator

factus

Helyae

insignis

et

illustris

prophetae, qui parum olei, quod vidua habuit in lechito, benedicens, et illud ne in eo vase deficeret et minueretur, donec pluvia a Deo donaretur, Deum deprecando praecepit.

 

115  

12. Essendoci in quello stesso tempo una profonda carestia di olio, un giorno capitò che egli stesso a vantaggio dei frati entrò nella cucina e vide che nel preparare il terzo ingrediente della pietanza, cioè nel produrre l’olio, i cuochi se ne stavano in ozio; vedendoli inoperanti, si rivolse a loro con queste parole: Ragazzi, perché temporeggiate nella preparazione del cibo? Non sapete forse che è già il tempo del ristoro? Di fronte a lui, il cuoco principale rispose: Signore –disse- manca l’olio, non sappiamo in alcun modo cosa dobbiamo fare. A questi egli replicò: Forse non è sufficiente per questo fine l’olio contenuto nell’anfora? L’uomo rispose che poco prima aveva cercato e non aveva trovato alcun liquido nell’anfora; il santo gli rispose di andare al più presto presso l’anfora, di sollevarla e di cercare con accuratezza se si potesse trovare qualcosa all’interno. Allora quello,

andandosene

e

adempiendo

l’ordine

del

vecchio,

trovando l’anfora piena, in quel giorno preparava il cibo per i frati e faceva accendere le lampade della chiesa, e quanto olio ricavò in quel giorno, altrettanto ottenne per la durata dell’anno, ogni giorno, per cucinare e per apparecchiare le lampade; tuttavia, l’olio nell’anfora non diminuiva; in verità per ogni necessità dei fratri si versava un’uguale quantità, ma mai si trovava meno olio in essa. Con la manifestazione di questo prodigio straordinario, si fece imitatore di Elia, insigne e illustre profeta, che, benedicendo il poco olio che una vedova aveva nell’orcio, dopo aver pregato Dio, ordinò che in quel recipiente non mancasse né diminuisse, fino a quando non fosse stata donata la pioggia da Dio.

 

116  

13. Sed interim eo tam multa facienti mirabilia, Graecus quidam adveniens, quem venerandi fratres praefati referunt catapamni dignitate Constantinopolim pollere, hunc beatum virum tanta sanctitate floruisse et tot miraculorum operatorem fuisse

provincialium

consilio,

firmiter

relatione

decreti,

ut

cognoscens, eum

secum

cum

suis

inito

Constantinopolim

deduceret et suis imperatoribus gratuite facendo repraesentaret. Id catapamni decretum dum fieret beato Gregorio a fidelibus suis patefactum, sicut cervus canes ad saltum, ita ipse se insequentem catapamnum velociter fugiebat ad suum, unde iam discesserat,

monasterium.

Huius

quippe

vestigia

sagaci

indagatione scrutans, in ipso monasterio apprehendit eum catapamnus; quem vero, etsi viribus non potuit, verbis tamen renitentem quantum valuit, secum Idronta perduxit et super mare suis imperatoribus ducere decreti; sed Deus ei gratiam ad redeundum impetrandae licentiae donavit, quia eum nostri piissimi caesaris augendae saluti reservavit.

 

117  

13. Tuttavia, mentre egli compiva tanti miracoli, un certo greco che i frati venerabili menzionati prima riferiscono che fosse un uomo potente a Costantinopoli per la carica di catapano, giungendo e apprendendo dal racconto dei sudditi che questo uomo beato si distingueva per santità e aveva compiuto tanti miracoli, presa una decisione con i suoi, decise con la forza di portarlo con sé a Costantinopoli e di presentarlo ai suoi imperatori in modo disinteressato. Quando questa decisione del catapano fu resa nota al beato Gregorio dai suoi fedeli, egli fuggiva dal catapano che lo inseguiva, come un cervo inseguito dai cani verso il bosco, velocemente fuggiva verso il monastero dal quale se ne era già andato. Il catapano, scrutando con una ricerca sagace le tracce del santo uomo, lo catturò nello stesso monastero; in verità lo portò con sé ad Otranto e decise di condurlo oltre il mare presso suoi imperatori: il santo uomo, sebbene non potesse con le forze fisiche, tuttavia, si opponeva con le parole; ma Dio gli donò la grazia di ottenere il permesso di tornare, poiché lo preservò per accrescere la salvezza del nostro devotissimo Cesare.

 

118  

VITA S. GREGORII ABBATIS POSTERIOR 1. Incipit vita beati Gregorii abbatis Portcetensis primi, pridie nonas november Beatus Gregorius, magno secundum saeculi dignitatem fulgens natalicio, adeo praeclaro virtutum enitebat studio, ut, quem illustrare debuerat fama praepotentis generis, ipse suum genus illustraret splendore boni operis. Hic Graeciae ortus nobilioribus, Byzantini regis exstitit filius; cuius propago non solum natalis soli nationes repleverat, verum etiam Italiae atque Galliae regna nobilitabat. Nam illustris femina opere et fama domina Theophania, uxor secundi Ottonis Romani imperatoris, mater vero tertii, eius soror fuit. Ad quam, dum Graeciam egire, ut postea narrabimus, confugit. Hic quippe vir sanctus in pueritia a

parentibus

ad

litterarum

studia

traditur,

ipsis

ad

alia

intendentibus, quam divina ordinaverat providentia. Intendebant enim hi non divinis officiis instruere eum, immo saeculari prudentia sagaciorem reddere. Divina enim gratia cooperabatur, quatenus sibi vas electionis et servum bonum et fidelem, quem supra bona sua constitueret, provideret. Conveniebant in hoc itaque

tam

divina

quam

humana

emolimenta,

quamvis

intentionis vota essent disparia. Ut autem scholari disciplinae iam matura aetate aliquantulum extrahitur atque palatina toga, utpote maximus principum, induitur, continuo spe futuri generis coniunx pari nobilitate sibi iungenda exquiritur, et matre praeclari pueri, sed adulescentis, disponente, desponsatur. Patre namque beati Gregorii defuncto, a matris haec pendebant dispositione; quae utpote mulier religiosa et christiana, sancta promovebat ea intentione. Notabat enim, quia sensus et

 

119  

cogitatio hominum ab adulescentia prona sunt ad malum, et notabat

illud

genus

hominum

magis

omnibus

nationibus

lasciviae sequi luxum. Unde maluit prolem honestis morbus enutritam honeste implicari coniugio, quam vago adulescentis atteri vel infici vitio. Beatus autem Gregorius, animo virili accinctus lumbosque mentis habens praecinctos, instinctu sancti Spiritus volutabat in arcano pii pectoris potius, apostolicum sequi consilium quam maternis votis in tali negotio obsequi. Audivit apostolum dicentem: Solutus es ab uxore, noli quaerere uxorem; audivit matrem naturali praecepto iubentem: Fili, desponsatam accipe coniugem! Et cui potius oboediret? Certe si praeconis matris praecepta praeponeret, iudicis dire minantis, ducis dire terrentis sententiam audiret: Si quis, inquit, venit ad me, et non odit patrem suum et matrem et uxorem et filios et agros, adhuc etiam, quod maius est, animam suam, non potest meus esse discipulus. Deinde subinfert: Sic ergo omnis ex vobis, qui non renuntiat omnibus quae possidet, non potest meus esse discipulus. Audivit hoc Dei servus aure audiendi, et ab ipso fere puerili aevo secutus Dominum, matrem et uxorem spemque futurae oboli, nec tantum agros, quind et agrorum regna et regnorum sceptra dereliquit, nihil pretiosus aestimans quam adhaerere votis omnibus illi, cui adhaerere bonum est, cui servire regnare est, ipsius quoque hortamine confirmatus, ipsius doctrina instructus dicentis: Qui sequitur me, non ambulat in tenebris, sed habebit lumen Vitae. Hac itaque pro missione confortatus, tanquam fortis athleta contra spiritualia nequitiae in agone dimicaturus, armis spiritualibus se munire studuit iuxta doctrinam apostoli dicentis: Nam qui certat in agone, ab omnibus se abstinet. Unde primo cordis puritatem et corporis

 

120  

castitatem Deo vivo et vero devovit, deinde sanctis vota persolvit, ac non solum matris praecepta, immo psam matrem fugiens, eremi secreta petivit, ac si diceret: Ecce elongavi fugiens et mansi in solitudine. Cuius sanctae intentionis dum votum prosequitur, nec si a Deo deseritur, verum ei dedulus auxiliator

affuit,

duxit

et

custodivit.

Nam

in

hac

fuga

admonitione angelica iussus est habitum monachicum suscipere et in monasterio divinis officiis inservire, sub regula vivere et sub

oboedientia

se

agere.

Nec

mora,

his

auditis,

ad

monasterium quoddam divertit hilaris, Creatori immensas agens gratias, qui ipsius dignaretur dirigere vias.

 

121  

VITA POSTERIOR DI S. GREGORIO ABATE 1. Inizio della vita del beato Gregorio, primo abate di Porceto, 4 novembre Il beato Gregorio, risplendendo secondo la dignità del nostro secolo, per illustri natali, brillava per la splendida applicazione delle virtù, al punto che egli stesso diede lustro alla sua famiglia con lo splendore delle buone azioni, mentre la fama della sua famiglia molto potente avrebbe dovuto dar lustro a lui. Questi, nato dalle famiglie più nobili della Grecia, fu figlio di un re bizantino, la cui discendenza non solo aveva coinvolto i popoli della terra natia, ma anche i regni di Italia e Gallia. Una donna illustre infatti per operato e per fama, la signora Teofano, moglie dell’imperatore romano Ottone II, madre di Ottone III, fu sua sorella. Fuggì da lei, come racconteremo in seguito, quando se ne andò dalla Grecia. Questo uomo davvero santo, durante la sua fanciullezza, fu spinto dai genitori allo studio delle lettere, mentre essi stessi si volgevano verso cose diverse da quelle che la

divina

Provvidenza

aveva

disposto.

Questi

infatti

non

miravano ad istruirlo per le cariche religiose, ma a renderlo più arguto mediante una saggezza mondana. La grazia divina infatti cooperava a renderlo vaso di elezione e servo buono e fedele, al di sopra dei suoi beni. Convenivano, pertanto, in ciò vantaggi tanto divini quanto umani, per quanto i propositi e i desideri fossero diversi. Quando, in età matura, fu sottratto alla disciplina

della

guardia

imperiale,

e

indossò

la

toga

di

funzionario imperiale, poiché fu un grandissimo principe, subito fu cercata una donna da dover unire in matrimonio a lui, di pari nobiltà, con la speranza di una stirpe futura. Poiché dunque la

 

122  

madre dell’illustre fanciullo, anzi dell’adolescente, lo aveva disposto, egli fu promesso in sposo. Infatti, poichè il padre del beato Gregorio era morto, queste cose dipendevano dal volere della

madre;

la

quale,

da

donna

religiosa

e

cristiana,

promuoveva tali cose con una intenzione santa. Notava, infatti, che la sensibilità e il pensiero degli uomini dall’adolescenza sono inclinati verso il male e osservava come questo genere di uomini più di tutti i popoli seguiva la licenziosità e il lusso. Da ciò preferì che il figlio, cresciuto secondo dignitosi costumi, si sposasse dignitosamente,

piuttosto

che

fosse

logorato

o

macchiato

dall’instabile vizio degli adolescenti. Il beato Gregorio, dunque, armato di animo virile e avendo le reni della mente cinte, nel segreto del suo cuore beato, su ispirazione dello Spirito Santo, si arrovellava nella mente se seguire il consiglio apostolico piuttosto

che

accondiscendere

al

volere

materno

in

tale

faccenda. Ascoltò l’apostolo che diceva: Sei sciolto dal vincolo coniugale, non cercare una moglie; ascoltò la madre che ordinava come precetto naturale: Figlio, prendi come moglie la tua fidanzata! E a chi avrebbe dovuto obbedire? Certamente se avesse messo davanti gli ordini della madre, simile ad un araldo, avrebbe ascoltato la sentenza di un giudice minaccioso, di un capo che incute paura: Se qualcuno viene da me e non odia suo padre, la madre, la moglie, i figli, i campi, ed anche, cosa che è più importante, se stesso, non può essere mio discepolo. In seguito aggiunse: Così dunque chi fra tutti voi non rinuncia a tutto ciò che possiede non può essere mio discepolo. Ascoltò questo il servo di Dio con orecchie da ascoltatore, e dal tempo della sua stessa infanzia seguì il Signore, non ritenendo più preziosi la madre, la moglie, la speranza di una futura prole, né

 

123  

tanto meno i campi, anzi abbandonò il governo dei campi e il comando dei regni, per sottomettersi con tutta la sua volontà al Signore, dedicarsi al quale è cosa buona, servire il quale significa regnare, incoraggiato dall’esortazione proprio di questo stesso, istruito dalla sua dottrina che proclama: Chi mi segue non brancola nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. Pertanto, rafforzato da questa promessa, come un atleta prestante pronto a combattere in una lotta contro gli spiriti maligni, si applicò a difendersi con le armi spirituali secondo la dottrina dell’Apostolo che dice: Infatti, chi combatte in una gara si tiene distante da tutte le cose. Per cui dapprima consacrò a Dio vivo e vero la purezza del suo cuore e la castità del corpo, poi sciolse tutti i suoi voti ai santi, e, rifuggendo non solo gli insegnamenti materni ma anche la stessa madre, si diresse verso un eremo segreto come se dicesse: Ecco, fuggendo mi sono allontanato e sono rimasto in solitudine. Mentre proseguiva il voto del suo santo proposito, non fu abbandonato da Dio, ma, in verità, lo aiutò, lo guidò e lo custodì. Durante questa fuga gli fu ordinato infatti da un’ammonizione angelica di prendere le vesti monacali e di attendere alle cariche divine nel monastero, di vivere secondo

la

regola

e

di

comportarsi

secondo

il

precetto

dell’obbedienza. Ascoltate queste cose, senza indugi, si diresse felice verso un certo monastero, rendendo grazia immensa al Creatore, che si degnava di indicargli la via.

 

124  

2. Quomodo factus est monachus beatus Gregorius Erat namque in eadem provincia monasterium quoddam religiosorum virorum sub regula monastica Deo militantium, quibus tunc temporis praefuit abbas quidam Pachomius nomine, vitae aequitate et morum honestate famosissimus. Ad quem praeclarus adulescens cum se contulisset eique intentionem cum voto suo exposuisset, mox Pachomius, utpote vir sanctus, ingenti tactus gaudio, nihil tamen agere volens, ut iubet sapientia, sine consilio, fratribus suis indicavit et, quia non modicum futurae sanctitatis fructum in adulescente praesentiret, insinuavit; nec in tantum insigne genus adulescentis extulit, quantum

virtutis

in

eo

crescentis

gratiam

commendavit.

Continuo fratres loci illius omnes pariter Deo laudes et gratias egere, et quia Dominus visitavit plebem suam et erexit cornu salutis suae, dicere una voce, pari corde patrem monasterii, quatenus eum susciperet, cuncti hortari. Quorum tam consonam convenentiam pater venerabilis approbans, cum consilio fecit hilaris,

quod

etiam

sine

consilio

libenter

ferisse,

si

non

indiscretum advertisset, atque Gregorium habitu monastico induit, sancto gregi Deo famulantium in ecclesia sua coniunxit. Mox tanta caritatis et humilitatis gratia circa omnes accingitur, ut nulli in virtutibus posterior, nulli morum honestate inferior videretur. Nihil virtuti, nihil bono operi praepone; dilectionem Dei et proximi omni intentione colebat et humilitate nulli secundus, pietate nulli extremis.

 

125  

2. In che modo il beato Gregorio diventa monaco In quella stessa provincia c’era un monastero di uomini religiosi che servivano Dio seguendo la regola monastica; a quel tempo abate del monastero era un tale di nome Pacomio, assai celebre per la vita equilibrata e la dignità dei costumi. Dopo che l’illustre adolescente si recò presso di questi ed espose la sua intenzione con il suo voto, Pacomio, poiché era un uomo santo, toccato da una grande gioia, non volendo tuttavia far nulla senza una riflessione, come ordina la sapienza, lo mostrò ai suoi fratelli e fece sapere che presagiva nell’adolescente un non piccolo frutto di santità futura; non tanto esaltò la stirpe illustre dell’adolescente, ma diede prestigio alla compiacenza per la virtù che cresceva in lui. Subito dopo, tutti i frati di quel luogo ugualmente lodarono e resero grazia a Dio e proclamarono ad una sola voce che il Signore aveva visitato il suo popolo e sollevato un braccio della loro salvezza; tutti esortavano con uguale animo il padre del monastero affinchè lo accogliesse. Il venerabile padre, approvando la loro concorde decisione, fece con gioia, con il loro consiglio, ciò che avrebbe fatto volentieri anche senza la consultazione, se non gli fosse parsa una cosa giusta; fece indossare a Gregorio l’abito monacale, lo unì nella sua chiesa al santo gregge al servizio di Dio. Subito la grazia dell’amore e dell’umiltà cinse tutti, al punto che non sembrava secondo a nessuno per virtù, inferiore a nessuno per dignità di costumi. Non metteva nulla davanti alla virtù e alle opere buone; coltivava con tutta la volontà l’amore per Dio e per il prossimo, non era secondo a nessuno per umiltà, né ultimo rispetto a nessuno per devozione.

 

126  

3. Quomodo ad sacros ordines accesserit Interea divinis ministeriis instituendus a patre monasterii sacros ordines suscipere iubetur atque metropolitano episcopo David

nomine

praesentatur.

Cuius

vitam

ac

prosapiam

praedictus episcopus dum agnovisset, tam iuvenis industriam quam Dei virtutem ac potentiam in iuvene admiratus, Deo gratias egit atque ipsum de ordine in ordinem consecravit. Quo facto, cum veneratione et gaudio a praesule dimittitur et duce Pachomio ad coenobium reducitur. In quo cum fratribus suis devotus et hilaris conversatus, Dei laudibus sine intermissione insistebat. Deum semper corde et ore suspirabat, ut de beatissimo viro canitur Martino: Eius ori Christus numquam defunti, sive iustitia vel quicquid ad veram vitam pertinet. Omni tempore

et

in

omni

loco

Deum

benedicebat,

optionem

psalmistae implens dicentis: In omni loco dominationis eius benedic anima mea Dominum!. Orabat spiritu, orabat et mente, carnem domans, spiritum roborans, ut sacrificium vespertinum in se Deo in odorem suavitatis offerret, et in sacrificio illo sollemni atque omni generi humano ad salutem sufficienti se feliciter exercens, ostia vivam et sanctam, Deo placentem se mactaret.

 

127  

3. In che modo ebbe accesso agli ordini religiosi Nel frattempo, gli fu ordinato dal padre del monastero di prendere gli ordini religiosi poiché doveva essere istruito sulle funzioni divine e fu presentato al vescovo metropolitano di nome David. Il suddetto vescovo, dunque, aveva conosciuto già la sua vita e la sua stirpe, e, ammirando tanto l’operosità del giovane quanto la virtù e la potenza di Dio nel giovane, rese grazia a Dio e consacrò questo stesso da un grado all’altro. Avvenuto ciò, con venerazione e gioia fu lasciato andare dal vescovo e fu ricondotto sotto la guida di Pacomio al cenobio. Qui, dedito ai suoi fratelli e vivendo con gioia, si dedicava senza interruzione alle lodi di Dio, sussurrava sempre il nome di Dio con il cuore e con la bocca, come si canta di Martino, uomo assai beato: Alla sua bocca non mancò mai il nome Cristo, né la parola giustizia o qualunque altra cosa che pertiene alla vita vera. In ogni momento e in ogni luogo benediceva Dio, completando il desiderio del salmista che dice: In ogni luogo del suo regno, benedici, oh anima mia, il Signore! Pregava con lo spirito, pregava anche con la mente, domando la carne, corroborando lo spirito, per offrire come sacrificio serale se stesso, profumo gradito a Dio, e per sacrificarsi come vittima viva e santa gradita a Dio in quella cerimonia annuale del sacrificio, adoperandosi con gioia per la salvezza di tutto il genere umano.

 

128  

4. De obitu Pachomii, et qualiter beatus Gregorius post eius decessum subrogatur Beato itaque Gregorio tam vigilanti animo divinis insistente cultibus, venerabilis Pachomius acerba vi febrium pressus, ad terminum, quem preterire non potuit, accessit, et commisso grege suo Deo, pastori optimo, divinis sacramentis religiosa devotione

munitus,

fratribus

quoque

piae

mentis

affectu

valefactis, obdormivit in Domino. Cuius exequiis diligenti studio summaque

devotione

peractis,

continuo

fratres

ibi

Deo

famulantes, quasi greges non habentes pastorem animarum, desolati

in

unum

conveniunt

et

de

substituendo

pastore

discutiunt. Tunc, ut divina inspiravit gratia, quae non derelinquit sperantes in se in erroris via, omnes pari voto, pari mente fratrem acclamant Gregorium pastorali regimine et honore dignissimum, quem Deus tali perfuderit gratia, quod sciret et posset gregis dominici regere gubernacula. Ille econtra se indignum tanto honore, imbecillem oneri clamabat, omnique nisu renuebat. Verum quanto magis renuebat, tanto magis pia fratrum sollertia instabat, et nolenti tunc fraterna obiecta oboedientia praecipiebant, nunc inter praecepta petebant. Ille favorem timens plus hominum quam laboris cursum, orabat cum lacrimis, ut dimitteretur, orabat orantes, petebat versa vice petentes; sed non proficiebat, quotiamo contra Dei ordinationem petebat. Nam tandem fratrum victus precibus accedit universo rum votis, quamvis invitus, et qui mallet subici in omni humilitate,

coepit

praeesse

in

omni

caritate.

Deinde

consecrandus praedicto praesuli David praesentatur; quem ille pia caritate suscipiens, pastorali regimine canonice investivit, fratribus gaudentibus ipsum restituit. Qui laudum iubilos cum

 

129  

universi cleri et populi tripudio sollemniter exhibent omnipotenti Deo, ad ovilem fratres cum pastore suo redire parant, atque in ipso reditu dona celesti gratiae in servo Dei redundantia ex insperato se manifestant gaudia gaudiis adiciunt.

 

130  

4. Sulla morte di Pacomio e in che modo il beato Gregorio dopo la sua morte gli succedette Dunque, mentre il beato Gregorio si dedicava con animo accorto ai culti religiosi, il venerabile Pacomio, oppresso dal vigore aspro della febbre, si avvicinò alla morte che non potè tenere lontana, e, affidato il suo gregge a Dio, ottimo pastore, munito con religiosa devozione di tutti i sacramenti religiosi, salutati i confratelli con la commozione della mente pia, si addormentò nel nome del Signore. Dopo che furono eseguite le sue esequie con accorta diligenza e somma devozione, subito i frati che servivano Dio, come un gregge che non ha un pastore di anime, desolati si riunirono in un luogo e discussero su chi avrebbe dovuto sostituire il pastore. Allora, non appena la grazia divina li ispirò loro, -la grazia che non lascia chi è fiducioso da solo lungo la via dell’errore-, all’unanimità acclamarono il frate Gregorio come il più degno per il comando pastorale e per quella carica, lui che Dio cosparse di tale grazia, poiché sapeva e poteva reggere il governo del gregge del Signore. Di contro, quello si dichiarava indegno di una tale carica, debole per tale onere e rifiutava con grande insistenza. In verità quanto più si rifiutava tanto più incalzava la pia destrezza dei fratelli, e a lui che non voleva, ammonivano rinfacciandola, l’obbedienza tipica dei frati, e ora chiedevano tra tutti i precetti di osservare quella. Quello, che temeva il favore degli uomini più di quel cammino di fatica, pregava con le lacrime che lo lasciassero andare, pregava quelli

che

lo

pregavano,

chiedeva

a

loro

che

viceversa

chiedevano a lui; ma non otteneva nulla poiché chiedeva qualcosa contrario al volere di Dio. Alla fine, infatti, per quanto controvoglia, vinto dalle preghiere dei frati, accettò l’incarico con

 

131  

il voto di tutti, e lui, che avrebbe preferito sottomettersi con ogni forma di umiltà, cominciò a presiedere a tutte le forme di benevolenza. Poi, fu portato dal suddetto vescovo David poiché doveva essere consacrato; quello, accogliendolo con affetto devoto, lo investì secondo i canoni della Chiesa, del governo pastorale,

lo

restituì

ai

frati

gioiosi.

Quelli

intonarono

solennemente a Dio onnipotente canti di lode gioiosa con il tripudio di tutto il clero e del popolo; i fratelli si prepararono a tornare all’ovile con il loro pastore e durante lo stesso ritorno si manifestarono nel servo di Dio, in modo inaspettato, i doni abbondanti della grazia celeste, e si aggiunsero gioie alle gioie.

 

132  

5.

Quomodo

post

consecrationem

daemoniacum

sanavit Expleto

beati

viri

consecrationis

officio,

atque

eo

reverenter dimisso ab episcopo, mox secreto Dei mysterio praesentatur ei quidam comprehensus a daemone, et ab omni populo, ut eum liberet, devotissime petitur. Iam enim eius lucerna incipiebat poni super candelabrum, atque oriens ex alto plebem suorum per ministrum visitare. Quo vir Dei conspecto, et populi flentis petitione atque devotione considerata, motus confestim misericordia, in oratione prosternitur et omnium salvatorem Deum, ut obsessum liberet, deprecatur. Cuius orationi clemens auditor Deus ec alto statim effusi, qui cor contritum et humiliatum non despicit. Continuo enim, ut se ab oratione erexit ac daemoniacum potenti virtute verborum iterum benedixit, omnis fatigatio daemonis expulsa est ab homine, in tantum ut non modo quid in eo aegritudinis remanserit, sed ut numquam ante tam incolumis visus fuerit. Tunc ille, qui sic liberatus ac redemptus a Domino fuerat intercessione beatissimi Gregorii, ingenti tactus laetitia, divulgabat quae fecerat Deus per servum suum miracula. Unde vir sanctus, quasi oleo peccatoris intingui metuens, quantocius ad monasterium cum fratribus revertitur, famae telo fugatus, favore populi concitatus. Quem fratres, tam secum venientes quam qui domi quasi ad sarcinas remanserant, invicem

cum

ipsum

magna

prevenire

devotione contendunt.

suscipiunt Ipse

et

honore

autem

eorum

affectum prudenti discernens iudicio, et cogitans illud: Quanto magnus es, humilia te prae omnibus, studuit omni caritatis obsequio obsequentes praevenire, ministrantibus ministrare; manifesto indicio ostendens vicem illius in ecclesia se gerere, qui

 

133  

non venit ministrari, sed ministrare. Deinde quasi bonus paterfamilias

domum

suam

honeste

dispositurus

fratres

convocat ac de rebus monasterii sapientissime tractat. Quid vel quomodo fecit, per singula dicere est difficile, quia, qui semper ad omnes eius actus praesens fuisset, vix explicare potuisset. Hoc tamen credibile est, quod omnia opera sua divina gratia fuerunt plena, quia fecit mirabilia in vita sua, et quidquid faciebat, permanens in innocentia sua, non suis meritis, sed Dei gratiae

adscribebat.

Unde

et

Dominus

gloriam

suam

manifestavit signisque variis atque virtutibus glorificavit, ut, qui gloriatur in Domino, gloriam recipiet ab ipso, qui gloriosus est in sanctis suis. Quod etiam quodam miraculo satis evidenti comprobavit, ut ad nos antiquitas perduxit.

 

134  

5. In che modo dopo la consacrazione guarì un indemoniato Terminata la cerimonia della consacrazione dell’uomo beato, e, dopo che fu lasciato andare con riverenza dal vescovo, subito dopo, per un segreto mistero voluto da Dio fu portato da lui un tale ossessionato dal diavolo, e da tutta la folla gli fu chiesto in modo assai devoto di liberarlo. Già, infatti, la sua lampada iniziava ad essere posta sul candelabro, e, sorgendo dall’alto,

il

sole,

visitava

la

sua

plebe

mediante

il

suo

intermediario. Dopo che l’uomo osservò la situazione, e dopo aver considerato la richiesta e la devozione del popolo che piangeva, mosso subito a misericordia, si prosternò in preghiera e pregò Dio, Salvatore di tutti, affinchè liberasse l’ossesso. Dio, ascoltatore clemente della sua preghiera, subito brillò dall’alto, Egli che non disprezza un cuore pentito e umiliato. Subito dopo, infatti, non appena Gregorio si alzò dalla preghiera e benedisse per la seconda volta l’indemoniato con la potente virtù delle parole, tutta la fiacchezza causata dal diavolo fu allontanata da quell’uomo al punto che non solo in lui non rimase alcun malessere, ma sembrò che non fosse mai stato così sano. Allora quello, che era stato liberato e redento dal Signore con l’intercessione del beatissimo Gregorio, preso da una grande gioia, raccontava in giro i miracoli compiuti da Dio attraverso il suo servo. Per cui l’uomo santo, temendo quasi di essere intinto dell’olio del peccatore, ritornò quanto prima al monastero con i confratelli, messo in fuga dall’arma della fama, agitato dal favore del popolo. I frati, sia quelli che erano venuti con lui, sia quelli che erano rimasti nel monastero quasi a difesa delle suppellettili, lo accolsero con grande devozione e gareggiarono a

 

135  

vicenda per ottenere l’onore. Egli stesso, esaminando con accorto giudizio il loro sentimento, e pensando questo: Quanto più sei grande, tanto più umiliati davanti a tutti, si applicò ad andare incontro a quelli che obbedivano con ogni forma di compiacenza

caritatevole,

a

servire

quelli

che

servivano;

mostrando invece con un’evidente testimonianza che egli si comportava in chiesa non come chi viene per essere servito, bensì come chi viene per servire. Poi, come un buon padre di famiglia pronto a mettere in ordine la sua casa con onestà, convocò i confratelli e parlò in modo assai saggio delle vicende relative al monastero. È difficile dire in modo dettagliato cosa abbia fatto e in che modo lo abbia fatto, poiché avrebbe potuto spiegarlo a stento anche chi fu sempre presente a tutte le sue azioni. Tuttavia, è credibile questo, che tutte le sue azioni fossero colme di grazia divina, poiché fece cose incredibili durante la sua vita, e qualunque cosa facesse, caratterizzandosi per la sua purezza d’animo, la ascriveva alla grazia di Dio e non a propri meriti. Perciò il Signore manifestò la sua gloria con diversi prodigi e lo glorificò con le virtù, al punto che chi è gloriato nel Signore riceve gloria da Egli stesso, che è pieno di gloria tra i suoi santi. Ciò è testimoniato da un miracolo abbastanza celebre, come ci hanno tramandato le fonti antiche.

 

136  

6. Quomodo puerum a daemonio curavit Nam quodam tempore causa orandi, ut sedulo agebat, eo in ecclesia existente, adductus est ei puer maligno spiritu obsessus,

qui

eum

duris

et

acerrimis

urgebat

doloribus

totumque corpus pueri miserabiliter vexabat iniuriis et innumeris cruciatibus, ita ut videntes omnes ex naturali compassione in lacrimas ducerentur, proque eius liberatione pariter Dei famulum precarentur. Ipse vero, qui ut semper erat super afflictos pia gestans viscera, commotus his fletibus, conversus ad Dominum coepit orare et coepit in oratione seipsum vexare, coepit indignum se tanto merito iudicare. Nec tamen fides robusta, fides invicta patiebatur confidentiam eius diffidere. Quis enim speravit in illum et confusus est? Speravit et ipse in Domino et accepit fortitudinem, ab ipso impetravit quod petiit, quia in fide postulavit nihil haesitans. Expleto namque aliquantulum horae in oratione, surrexit, signo crucis dato infirmum benedixit; effecit etiam

verbis

medicinalibus

divinis,

quibus

instrumentis

semper

utebatur.

tali

operatione

Protinus

ab

acsi

homine

daemon pellitur, aeger liberatur, nocens fugatur, innocens eripitur. Talibus itaque miraculis cum quasi lux in tenebris servus Dei clarescere inciperet, cautus sibi, ne lucerna eius fieret tenebrae, ne saecularium cantionum laederetur oblectamine, ne forte inter fatuas virgines computatus, dum sponsus veniret, non haberet lumen in lampadibus, Creatori suo, non sibi, conscientiae bonae interrogationem in Deum attribuit, quid quid per eum salutis in genus humanum operari voluit. Unde consequenter in apostolum Dei Paulum, cui datus est stimulus carnis angelus Sathanae, qui eum colaphizaret, ne magnitudo

 

137  

revelationum eum extolleret, immissa est et beato viro huic gravis tentatio, ne miraculorum multitudo mentis eius fieret elatio. Quid mirum? Et beatus Iob, cum esset vir simplex et rectus et timens Deum ac recedens a malo, permissus est a diabolo tentari, ut quasi aurum in fornace videretur probari. Sic frequenter divina providentia permetti in electis fieri, ne forte longa felicitate vel quiete sanitatis in cultu virtutum defatiscant. Sed ut patientiae experientia comprovati, forti structurae Dei acsi lapides pretiosi inveniantur apti, nonnulli, quoque electorum sunt tentati, ut quid sint, probati recognoscant, atque de universis beneficiis suis devotius grates Deo re pendant. Petrus enim apostolus contradicens in articulo passionis Iesu Christi verbis, cum affirmaret se mortem passurum antequam negaret Dominum, vilissimae ancillae voce territus ter ante galli cantum negavit ac deinde quid per se posset, agnovit; confestim in lacrimas irrupit, perpetratam questus temeritatem, lugens carnis infirmitatem. Sic pius et misericors Dominus electos sinit probari, sic in omnibus vult eos aedificari. Eodem modo et beatus pater Gregorius, cum esset in omnibus probatissimus, non effugit tentationis labores et varios pro Christi nomine, quem confitebatur, dolores.

 

138  

6. In che modo liberò un ragazzo dal demonio Un tempo mentre si trovava in chiesa per pregare, come era solito fare con zelo, fu portato al suo cospetto un ragazzo posseduto da uno spirito maligno, che era angustiato da dolori intensi e molto gravi. Tutto il corpo del ragazzo era martoriato in modo penoso da sofferenze ed innumerevoli tormenti, al punto che tutti quelli che lo vedevano inziavano a piangere per una spontanea compassione e a pregare allo stesso modo per la sua liberazione il servo di Dio. Egli stesso, in verità, che come sempre aveva a cuore le persone molto oppresse, mosso a compassione da questi pianti, rivolto al Signore iniziò a pregare e ad affliggere se stesso nella preghiera, a giudicarsi indegno di un compenso tanto grande. Tuttavia la sua solida fede, la sua invincibile fede non permisero che diffidasse di se stesso. Chi infatti sperò in Lui e fu confuso? Anche lui sperò nel Signore e accolse la forza, ottenne da Lui ciò che aveva chiesto, poiché lo chiese nella fede senza alcuna esitazione. Dopo aver trascorso poco più di un’ora nella preghiera, infatti, fatto il segno della croce, benedisse il malato; fece ciò con parole sacre di cui si serviva sempre in azioni del genere come strumenti di medicina. Subito il demone fu scacciato via dall’uomo, il malato fu liberato, il male fu messo in fuga, l’innocente fu salvato. Per tali miracoli pertanto, il servo di Dio, cominciando a risplendere come una luce nelle tenebre, fu cauto, affinché la sua lampada non diventasse tenebra, affinché non fosse danneggiato dal trastullo degli incantesimi mondani, affinché per caso non potesse essere annoverato tra le vergini sciocche, che mentre lo sposo arrivava non avevano la luce nelle lampade; egli attribuì al suo Creatore,

 

139  

non a se stesso, la richiesta di una buona coscienza a Dio, per qualunque azione di salvezza volesse attuare attraverso la sua persona verso tutti gli uomini. Perciò, di conseguenza, così come nei confronti dell’apostolo di Dio Paolo, a cui fu inflitta una spina nella carne dall’angelo di Satana, che gli diede dei pugni affinché la grandezza delle rivelazioni non lo esaltasse, a quest’uomo beato fu infusa una forte tentazione, affinché il gran numero di miracoli

non

insuperbisse

la

sua

mente.

Cosa

c’è

di

straordinario? Anche il beato Giobbe, pur essendo un uomo semplice, retto e timoroso di Dio, e mantenendosi lontano dal male, permise di essere tentato dal diavolo, al punto che sembrò essere testato come l’oro nella fornace. Così di frequente la divina Provvidenza permette che negli uomini eletti avvenga ciò, affinché non si affatichino nel culto delle virtù per la lunga serenità e la tranquillità della buona salute. Ma alcuni degli uomini

eletti

sono

anche

tentati

affinché,

corroborati

dall’esperienza della prova, siano ritenuti pronti come pietre preziose da Dio per la solida struttura, e affinché riconoscano ciò che sono, e rendano grazie a Dio in modo più devoto per tutti i loro benefici. L’apostolo Pietro infatti al momento della passione, replicando alle parole di Cristo, pur avendo affermato che sarebbe stato pronto a morire piuttosto che a rinnegare il Signore, atterrito dalla voce di una ancella di assai scarso valore, per tre volte, prima del canto del gallo, lo rinnegò e poi, riconosciuto ciò che potette fra sé, subito scoppiò a piangere, si lamentò per l’atto avventato compiuto, piangendo la debolezza della carne. Come il Signore pio e misericordioso permette che gli eletti siano testati, così vuole che siano istruiti in ogni cosa. Allo stesso modo, anche il beato padre Gregorio, pur essendo

 

140  

molto esaminato in ogni cosa, non sfuggì alle fatiche della tentazione e ai vari tormenti nel nome di Cristo al quale aveva fatto professione di fede.

 

141  

7.

Quomodo

a

Sarracenis

tentus,

miserabiliter

afflictus est Accidit enim quodam tempore Sarracenorum gentem, conflicta multitudine immensa, dira feritate Argolicorum fines irrumpere, munitiones atque castra fortia mira sagacitate et industria expugnare, urbes igni ferroque solo aequare, templa sanctorum

atrocius

profanare,

eum

quoque

magnificare,

quicumque socios excelleret in sceleris atrocitate; praeterea populos

depopulari,

invenirent,

variis

quosque

tormentis

cristiani ac

nominis

tormentorum

professores instrumentis

suffocare; atrocius omnia fiebant quam dici queat, quippe, ubi abundavit iniquitas, ne cibi in notitia habeatur caritas. Tanta enim erat grassantium feritas, ut electorum virorum mentes perturbarentur. Qui carnis moti infirmitate, ne inducerentur in tentationem quam sustinere non possent, a via impiorum declinaverunt, claustra relinquunt et amore vitae labentis spelonca e tantra desertorum petunt, plus confisi in solitudinibus quam monasteriorum sacratis immunitatibus. Quo diro famae terrore tactus vir Dei Gregorius, de vita etiam anxius, cogitavit horum immanitates evitare, tentavit, ut et alios videbat, ad deserta loca fugere; sed in fuga a sarracenis captus, ad ducem exercitus,

cui

Sandalis

nomen

erat,

adducitur

et,

cuius

professionis ac vitae fuerit, disquiritur. Qui licet pro vita trepidaret, intrepidus tamen se profitetur christianum atque unius veri Dei permanentis in saecula cultorem, vita, ut videre poterant, monachum; nec aliud se asserebat profiteri, etiamsi constaret eum mori. At sarraceni, qui eum ceperant, minari interdum, ut fidei christianae renuntiaret, blandiendo precari, nunc honores et dignitates regumque spondere gratiam; quae si

 

142  

respueret, mortem subiturum turpissimam. Sed vir Dei fundatus supra firmam petram spirituque fortitudinis in Christo roboratus, inter minas et gladios furentium non defecit, immo fortior quam prius apparuit, stabilis in fide tam minas quam blanditias eorum sprevit et scuto caelesti protectus, omnia quae vel minabantur vel promittebant, parvipendit, immo universa quae sibi infligere mala possent, pati pro Christi nomine se velle fortiter intrepida voce

clamabat.

Sarraceni,

Hac

tam

multiplicibus

constanti

tormentorum

responsione plagis

hunc

efferati cruciare

proponentes, non modo graviter, immo turpiter eum vestibus omnibus despoliant et nudum genitalibus nudis in pertica suspendunt, deque pertica in eculeum mutantes traiciunt et, minibus ferreis totum corpus viri dilacerantes, denuo in humum, ut respiraret paululum, deponunt. Hoc ea tamen intentione faciebant,

quatenus

lacerati

corporis

natura

aliquantulum

refocillata et rursum ad acriora tormentorum supplicia resumpta spiritum patientis magis urgeret atque ad negandum Creatorem suum poenis fortioribus impelleret. Unde, ut ocius proposita tormenta finirent, tam verecundia quam labore fatigati et paene deficientes, Samaritanum

fustibus

et

semivivum

gladiis

eum

arbitrantes

caesum

reliquerunt,

mortuum.

Beatissimus

itaque Gregorius tam acri martyrio pro Christi testimonio afflictus, tamen viam veritatis non reliquit, sed eum secutus, qui ipsum etiam numquam dereliquit, qui etiam inter furentium manus promptus adiutor et protector sibi non defuit, quamvis ulceribus plenus, quamvis plagis plurimis afflictus, quamvis, fatiscentibus membris, vix in corpore exangui palpitaret halitus, ad ovilis sui saepta coepit se trahere et ultra posse coepit laborare. Fratrum quoque gregem pavore huius per silvestria

 

143  

turbinis dispersum pia sollertia recollegit, quem et talia pati pro Christo verbis et exemplo docuit.

 

144  

7. In che modo fu catturato e tortutato in modo miserabile dai Saraceni Accadde, un tempo che il popolo dei Saraceni, venuto in conflitto in una schiera immensa, con terribile ferocia irruppe oltre i confini dell’Argolide ed espugnò con mirabile sagacia e operosità fortificazioni ed accampamenti, spianò le città con il fuoco e con le armi, profanò in modo più atroce le chiese dei santi, lodò chiunque tra gli alleati eccellesse nelle atrocità scellerate; depredò inoltre molti popoli e tutti quelli che scopriva essere cristiani, li strozzò con vari tormenti e strumenti di tortura; commise gesti in modo più atroce di quanto si possa raccontare, poiché dove abbonda l’ingiustizia non si ha fama di pietà. La ferocia di quegli uomini che assalivano era così grande da turbare le menti degli uomini eletti. Questi, spinti dalla debolezza della carne, si allontanarono dalla via degli empi per non essere indotti in tentazione più di quanto potessero sopportare, lasciarono i cenobi e cercarono spelonche e caverne dei luoghi deserti per trascorrere la vita con amore, confidando di più nei luoghi solitari che nell’immunità sacra dei monasteri. Colpito dal terribile terrore della fama di quelli, l’uomo di Dio, Gregorio, temendo anche per la sua vita, pensò di allontanarsi dalle loro azioni disumane, provò a fuggire verso luoghi deserti, come vedeva fare agli altri; ma, durante la fuga, catturato dai Saraceni, fu portato al cospetto del comandante dell’esercito, di nome Sandalis, che indagò sul suo mestiere e sul suo tipo di vita. Egli, sebbene temesse per la sua vita, tuttavia, intrepido si professò cristiano e cultore dell’unico Dio vero, eterno nei secoli, di

condurre

una

vita

monacale

come

potevano

vedere;

sosteneva di non poter confessare altro sebbene fosse chiaro

 

145  

che sarebbe morto. E i Saraceni, che lo avevano catturato, talvolta lo minacciavano di rinnegare la fede cristiana, poi lo pregavano lusingandolo, ora offrivano ricchezze e abbondanza di ogni cosa, ora promettevano onori, incarichi e la grazia dei loro capi; e se avesse rifiutato, avrebbe subito una morte assai vergognosa. L’uomo di Dio, tuttavia, fondato su una pietra ferma e corroborato dallo spirito di fortezza d’animo in Cristo, non fu indebolito dalle minacce e dalle spade di quegli uomini violenti, ma apparve più forte di prima, disprezzò tanto le loro minacce quanto le loro lusinghe con la solidità della sua fede, e, protetto da uno scudo celeste, non stimò affatto tutte le cose che quelli minacciavano o promettevano, ma gridava con voce intrepida che voleva sopportare valorosamente nel nome di Cristo tutti i mali che gli potessero infliggere. I Saraceni, inferociti da questa reazione tanto ferma, promettendo di torturarlo con molteplici colpi e tormenti, non solo pesantemente ma anche in modo vergognoso lo spogliarono di tutti i suoi vestiti e lo appesero nudo ad una pertica con i genitali scoperti, poi, spostandolo, lo trasferirono dalla pertica su di un cavalletto di tortura, e mentre straziavano tutto il corpo dell’uomo con mani di ferro, lo posero di nuovo a terra affinchè respirasse un po’. Facevano questo con tale intento: incalzare ulteriormente lo spirito del torturato e spingerlo a rinnegare il suo Creatore a causa di pene più atroci, poiché la natura di un corpo straziato, dopo essersi rifocillata un po’, riacquista di nuovo la capacità di sopportare torture e supplizi più duri. Per cui la virtù della grazia celeste tenne così saldo nella confessione di fede il testimone di Dio, al punto che desistettero i torturatori piuttosto che il torturato e provarono vergogna di fronte a quel corpo indebolito.

 

146  

Non appena portarono a termine più velocemente le torture previste, fiaccati tanto dalla vergogna quanto dalla fatica e quasi persi d’animo, lo lasciarono massacrato dai colpi dei bastoni e delle spade, ritenendo che il Samaritano semivivo fosse morto. Così il beatissimo Gregorio, anche se afflitto da un così aspro martirio per la testimonianza in Cristo, tuttavia, non lasciò la via della verità, ma seguì Colui che non lo aveva mai abbandonato, che anche tra le mani di quegli uomini furiosi non venne meno come suo pronto sostenitore e protettore, sebbene pieno di ferite, sebbene afflitto da molti colpi, privo di forza nelle membra, sebbene a stento nel suo corpo esangue palpitasse un alito di vita, iniziò a trascinarsi verso i recinti del suo ovile e iniziò a lavorare oltre le proprie capacità. Riunì anche con devota abilità il gregge dei confratelli disperso per i boschi a causa di questa bufera, e gli insegnò con le parole e con il suo esempio a soffrire tali pene per Cristo.

 

147  

8. Quomodo quendam a dentium dolore curavit Ea ipsa tempestate accidit, ut quidam dentium dolore nimio oppressus ad Dei virum dolentem adhuc dolens veniret, ostensoque suae aegritudinis morbo, oravit, ut vel signum crucis doloris sui loco imponeret. Super quo vir pius et vere pietatis visceribus plenus misericordia motus, non suum languorem inspexit, sed aegrum divinae clementiae respexit, cum lacrimis hilarem datorem virtutum Deum adiit, languentem crucis signo benedixit atque omnem illius infirmitatis rabiem subita Dei potentia fugavit. Qui tanta mox aeger sanitate dentium reficitur, ut nihil usquam doloris sentiens, si umquam nocuerit aliquid, miretur. Quod videns vir Dei Gregorius, non suis adscribebat meritis, sed Dei gratiae, timensque assultu populi gravari, ei qui sanus factus erat, ne cui diceret, imperavit ac etiam humiliter rogavit. Ille vero non aliter quam illi evangelici curati, qui, quanto magis eis Iesus praecipiebat, ne cui dicerent, tanto amplius predicabant, nusquam virtutem et miracula Dei in beato viro manifestata celabat, immo ubique acsi expertus et experto credenda divulgabat. Unde Gregorius metuens tantum sibi virtutis posse demi meritum, quantum exterioris favoris crescere sibi videata, forte peccatoris futurum oleum, cogitavit non minus sapienti

quam

discreto

mentis

consilio

hominum

fugere

frequentiam, ut humanam posset declinare gloriam. Proinde claustralium fugiens commorationem in quendam secretum locum, qui Bulcinum dicebatur, declinavit inique eremiticam conversationem per aliquod tempus duxit. Fratres vero loci sui diu super amisso pastore contristati, tandem in praedicto loco degere percipientes, omni conatu et studio eum repetunt eumque ad regimen claustri et ovilis sui zelo caritatis redire

 

148  

cogunt. Sed tamen lampas patuit, atque civitas supra montem posita abscondi nequivit. Et quomodo poterat abscondi, quem divinae caritatis candor volebat patefieri? Quod autem non dura evagatione, verum divinae voluntatis interpretatione servus tunc fuerit patefactus, evidentis miraculi splendor de caelo veniens confirmavit perlucidus.

 

149  

8. In che modo curò un tale dal mal di denti In quello stesso tempo accadde che un tale, colpito da un fortissimo mal di denti, giunse dolorante presso l’uomo di Dio che ancora era sofferente, e, mostrate la malattia e la sua infermità, lo pregò affinchè imprimesse il segno della croce nel punto di origine del suo dolore. L’uomo pio, sinceramente pieno di pietà nel suo cuore, mosso dalla misericordia, non badò più alla sua sofferenza, ma si interessò al malato con divina clemenza, con le lacrime si rivolse a Dio, felice dispensatore di virtù, benedisse con il segno della croce l’uomo dolorante e subito mise in fuga con la potenza di Dio ogni tipo di debolezza e violenza. Il malato subito riprese la salute ai denti, al punto che, non

avvertendo

qualcos’altro

gli

alcun avrebbe

dolore,

si

nociuto.

meravigliava Mentre

l’uomo

se

mai

di

Dio,

Gregorio, osservava l’accaduto, non lo ascriveva a propri meriti, bensì alla grazia di Dio, poiché temeva di essere molestato dall’assalto del popolo, ordinò e anzi chiese umilmente a colui che aveva risanato di non dirlo a nessuno. In verità quello non si comportò diversamente dalle altre persone che aveva guarito, ricordate nei vangeli, che quanto più Gesù ordinava loro di non dire niente a nessuno, tanto più lo raccontavano in giro; non nascondeva la virtù e i miracoli di Dio manifestati nell’uomo beato, ma ovunque divulgava come una persona esperta tali eventi ai quali si doveva credere. Per cui Gregorio, temendo che il merito potesse essere attribuito solo alla sua virtù, quanto più vedeva crescere il favore esteriore, come l’olio futuro del peccatore, pensò con un’idea, non meno saggia che ponderata, di fuggire la compagnia degli uomini, per poter evitare la gloria umana. Poi, rifuggendo il soggiorno nei monasteri, si allontanò

 

150  

in un certo luogo segreto, chiamato Buccino e lì condusse per un certo periodo di tempo una vita eremitica. I frati di quel luogo, rattristati a lungo per la perdita del loro pastore, comprendendo che egli doveva vivere nel luogo suddetto, lo cercarono con ogni sforzo e con diligenza, e lo costrinsero a tornare al governo del monastero e del suo ovile con l’ardore del loro amore. In questo modo scomparve la lucerna e la città collocata sul monte non potè restare nascosta. E in che modo avrebbe potuto rimanere nascosto colui che il candore dell’amore divino voleva rendere evidente? Allora fu chiaro chi era stato quel servo, non con una rigida divagazione, ma in verità, con l’interpretazione della volontà divina; il bagliore di un miracolo evidente, che giunse splendido dal cielo, ne diede conferma.

 

151  

9. Quomodo leprosum curavit Quodam enim die, cum solito more orationibus in oratorio vacaret, contigit, ut quidam leprosus ad templi ianuam obnixius elemosinam peteret atque beatum virum Gregorium importunius mendicando –nam sors eum illius obtutibus obtulerat- faticare. Cuius aegritudinem cum beatus vir tam voce quam facie cognovisset, devotus solvitur in preces dominumque Iesum Christum suppliciter oravit, ut, quia potens esset omnem depellere infirmitatem, quique virtutis suae gratia leprosus mundaverit,

caecos

illuminaverit,

infirmos

curaverit,

misericordiae suae medicamine hunc aegrum curare dignaretur. O ineffabilis clementiae potentia o divinae pietatis magnificentia! Ignorabat leprosus, quem vel qualem peteret; ignorabat, quam salus proxima et quanta sibi immineret. Nam mox ut vir Dei Gregorius ab oratione surrexit, leprosum benedixit, sanum et incolumem per Dei gratiam ab omni lepra restituit, ita ut nullum infirmitatis

vestigium

Dei

virtus

in

eo

reliquerit,

donum

misericordiae meliore, quam exspectabatur, munere mutaverit. Haec itaque mutatio dextrae Excelsi, qua saepe gravatis insperata venit salus; et quid tunc sperantibus, quid in eum confidentibus? Sperent ergo in te omnes, Domine, qui noverunt nomen tuum, quoniam non derelinquis quaerentis te, qui sic etiam subvenis in periculis non sperantibus in te.

 

152  

9. Come guarì un lebbroso Un giorno, mentre si dedicava come di consueto alle preghiere nell’oratorio, accadde che un tale malato di lebbra chiedeva l’elemosina presso la porta della chiesa in modo molto ostinato e mendicando in modo molto inopportuno, importunò Gregorio, uomo beato, che per caso si era presentato sotto il suo sguardo. Quando l’uomo beato riconobbe dalla voce e dall’aspetto la sua malattia, devoto, iniziò a pregare e pregò il Signore Gesù Cristo in modo supplichevole, affinchè si degnasse di guarire questo malato con la medicina della sua misericordia, poiché era capace di debellare ogni malattia, e con la grazia della sua virtù aveva guarito i lebbrosi, aveva ridato la vista ai ciechi, aveva curato gli ammalati. Oh indescrivibile potere della clemenza, oh magnificenza della pietà divina! Il lebbroso ignorava a chi e a quale tipo di persona aveva presentato la sua richiesta; ignorava quanto fosse prossima la sua salvezza e quanto incombesse su di lui. Infatti, non appena l’uomo di Dio, Gregorio, si sollevò dalla preghierà, benedisse il lebbroso, lo rese sano e salvo da ogni tipo di lebbra per grazia di Dio, al punto che la virtù di Dio non lasciò alcuna traccia di malattia in lui, e scambiò il dono della misericordia con un dono migliore di quanto si aspettasse. Questo, pertanto, è il cambiamento della destra dell’Eccelso dal quale deriva spesso la salvezza inattesa per gli oppressi; e cosa devono fare allora coloro che sperano, che confidano in Lui? Dunque sperino in te, Signore, tutti quelli che conoscono il tuo nome, poiché non lasci solo chi ti cerca, tu che giungi in aiuto nelle situazioni di pericolo a coloro che sperano in te.

 

153  

10. Quomodo daemoniacum sanavit Postera item luce beato viro in orationibus in oratorio more solito existente, ingens concursus populi factus est adducentis daemoniacum duris nexibus vestium devinctum, et devotis precibus orabant, ut manum cum benedictione ipsi imponeret atque

per

Dei

misericordiam

correptum

a

bea

vexatione

liberaret. Nam tanto furore miser ille vexabatur, ut dentibus frendens et modo horribili et ore cruento rictibus contractis fremens

quosque

sibi

obvios

invaderet

atque

dilaniare

intentaret. Mira res atque miro mirabilius! Nam in hoc modo, in hoc furoris habitu efferus iste ad servum Dei adductus ipsiusque sanctitati praesentatus ita omnem furorem atque saevitiam pristinae insaniae post acceptam benedictionem, post acceptum signum sanctae crucis a beatissimo viro statim deposuit, acsi nullam umquam potestatem malignus spiritus in eo habuerit. Et qui ante omnes spiritu furoris feros actus exercendo invadebat, nunc quasi ovis mansuetus incedebat sane loquendo, sane omnia faciendo. Quo signo ab omnibus viso, crescere coepit in populo divini miraculi in servo Dei admiratio, iamque prophetis eum parem, apostolis similem praedicabant, in quo gratiam pro gratia, donum super donum geminari videbant. Quod sequens etiam ostendit plenius miraculum, quo similis factus Heliae enituit tam spiritu prophetiae quam prodigii inmensitate.

 

154  

10. In che modo guarì un indemoniato Il giorno dopo, mentre l’uomo beato si trovava come al solito nell’oratorio per le preghiere, una grande affluenza di gente portò al suo cospetto un indemoniato, legato strettamente da forti nodi di stoffa, e lo implorava con preghiere devote affinchè gli imprimesse la benedizione con la mano e liberasse il posseduto tramite la misericordia di Dio da quella sofferenza. Quel misero infatti era oppresso da una furia tanto grande che, digrignando i denti e fremendo in modo orribile con la bocca sanguinante e con le fauci contratte, assaliva tutti quelli che gli andavano incontro e provava a sbranarli. Che cosa straordinaria e ancor più meravigliosa! In questo modo, infatti, in questa condizione di furia questo selvaggio, portato dal servo di Dio, e offerto alla sua santità, subito depose tutto il furore e la crudeltà della precedente follia, dopo aver ricevuto la benedizione e dopo aver accolto il segno della santa croce dall’uomo beatissimo, come se lo spirito maligno non avesse avuto mai alcun potere su di lui. E chi prima assaliva tutti compiendo azioni feroci sotto la spinta della furia, ora come una pecora mansueta avanzava parlando ragionevolmente, compiendo ogni azione con giudizio. Poiché questo prodigio fu visto da tutti, iniziò a crescere tra la gente l’ammirazione per il servo di Dio a causa dei suoi divini miracoli e ormai tutti simili, ai profeti e agli apostoli vedevano germogliare in lui la grazia per la grazia e il dono sopra il dono. Seguendo questa rotta, mostrò un miracolo più grande che lo fece brillare come Elia tanto per lo spirito di profezia quanto per la grandiosità del prodigio.

 

155  

11. Quomodo oleum adauxit Deficiente aliquando fratribus oleo, nec habentes unde emerent, ad beatum virum veniunt, acsi patrem spiritualem, quid facto opus esset, conveniunt. Quorum intuens defectum nec habens unde suppleret, convertitur ad Dominum, convertitur ad eum, qui dat omnibus affluenter et nemini improperat, si tamen in fide quis postulaverit, nihil haesitans; oravit et exauditus est. Oravit eum, in quem speravit, necessitatem suam et suorum fedelissimo auditori, immo ex auditori, exposuit, qui nec hac vice eum sperantem in se dereliquit. Nam divinitus locus sibi osdenditur in latere monasterii sui, quo angelica insinuatione directis fratribus invenitur amphora plena olei limpidissimi. Quod eius

praesentiae

confestim

fratres,

sicut

iussum

fuerat,

rettulerunt in immenso tripudii gaudio. Quod pia devotione benedicens, adiunctis orationibus, tanta abundantia per Dei misericordiam exuberare illud fecit, ut nec vasa sufficienter habere possent, in quae oleum transfunderent. Stetitque oleum. Hic vere Helie lechitus multiplicatur, hic alter Helias in domo Domini

consideratur,

cum

hic

inopiam

pauperis

suppleret

ecclesiae, ille vero pauperis viduae. Nam de cetero suis temporibus multoque post ipsum tempore numquam in loco illo oleum defecit fratribus ad omnes necessitatum suarom usus. Hoc Dei munere per servum Altissimi collato, famulantes Deo consolati, gratias Omnipotenti, ut dignum erat, reddiderunt ipsumque beatum virum magnae venerationis coluerunt.

 

156  

11. Come accrebbe l’olio Un tempo, poiché ai frati mancava l’olio, e non sapevano come comprarlo, si recarono dall’uomo beato, come un padre spirituale, si confrontarono su cosa fosse necessario fare. Intuendo la loro necessità e non sapendo come rimediarvi, si rivolse al Signore, si rivolse a Lui che dona a tutti con abbondanza e non lo rinfaccia a nessuno, se gli viene chiesto qualcosa nella fede e senza esitazione; pregò e fu esaudito. Pregò colui nel quale sperava, raccontò la necessità sua e dei suoi

confratelli

a

quell’ascoltatore,

anzi

esauditore,

che

nemmeno in questo caso abbandonò l’uomo che sperava in Lui. Per effetto del volere divino infatti gli fu mostrato un luogo affianco al monastero, dove fu trovata dai monaci diretti lì, sotto suggerimento angelico, un’anfora piena di olio purissimo. Subito i frati, come era stato loro ordinato, portarono l’anfora alla sua presenza, in un immenso tripudio di gioia. Benedicendola con pia

devozione

e

aggiungendo

delle

preghiere,

tramite

la

misericordia di Dio la fece traboccare così tanto che i vasi non erano capaci di contenere l’olio che vi era versato. E l’olio durò nel tempo. Qui, in verità, fu considerato un altro Elia nella casa del Signore, poiché come questo pose rimedio alla penuria della sua povera chiesa, quello in verità alla miseria di una povera vedova. Per il resto dei suoi giorni e per molto tempo dopo di lui, non mancò mai l’olio in quel luogo ai frati per tutti gli usi delle loro necessità. Dopo che questo dono fu concesso da Dio mediante il servo dell’Altissimo, essendo i servi di Dio consolati, resero grazia all’Onnipotente, come era doveroso, e onorarono lo stesso beato come uomo di grande venerazione.

 

157  

12. Quomodo Graecus quidam eum tradere voluit Inter haec divinae virtutis miracula ille antiquus humani generis hostis antiquo invidiae suae commento non defuit, notum, habens mille nocendi artes, armatur una adversus virum Dei. Eo enim instigante, Graecorum quidam livore in Graegorium accenditur ac eius sancta opera per suam operam annihiliare vel saltem

famam

bonam

attenuare

gestiens,

iniquo

consilio

comprehendere, capti vitate comprimere disposti, suppliciisque vitam beati viri intendit. Sed pius et misericors Dominus potiori eum

utilitati

dissipavit,

fidelium

reservare

sanctumque

suum

ab

seductoribus tutavit illum.

 

158  

volens, inimicis

consilium custodivit

Graeci et

a

12. In che modo un tale greco provò ad ingannarlo Tra questi miracoli della virtù divina, quell’antico nemico del genere umano non mancò all’antica macchinazione della sua invidia, pur avendo mille strategie per nuocere, si armò di una sola contro l’uomo di Dio. Infatti, poiché esso lo istigò, un tale greco fu preso da invidia verso Gregorio e, desiderando annullare le sue sante opere con il suo intervento o almeno diminuire la sua buona fama, catturarlo con il suo progetto ostile, chiuderlo in carcere, tese contro la vita dell’uomo beato delle insidie. Il Signore, pio e misericordioso tuttavia, volendolo preservare per la necessità dei fratelli, fece fallire il progetto del greco, protesse il santo dai suoi nemici e lo salvò dai tentatori.

 

159  

13. Quomodo Romam fugiens divertit Nec longo post tempore alter quidam Graecorum eodem spiritu nequitiae accensus, cum Dei sanctum non posset, ut cogitaverat, capere, consiliis et nutibus conatus est eum alii cuidam nequiori se tradere, ut, qui non poterat manifeste, vinceret vel occulte. Sed quid? Dolus an virtus, quis in hoste requirat? Infatuavit et Dominus eius consilium, infatuavit et adduxit ad nihilum. Nam vir Dei liberatur, cunctorum inimicorum eius laqueus conteritur, nec in hiis omnibus parva quidem offensa molestatur, nunc insidias evitando, nunc proditiones per misericordiam Dei declinando. Tandem fatigatus tantis laboribus, nunc hos fugiens, nunc illos, patriae fines natalisque soli dulcedinem

exire

cogitavit.

Et

qui

naturale

reliquerat

commercium, non magni habuit natale relinquere solum. Mox omni dilectione et affectu fratribus suis valefaciens, Deo pastori summe bono eas commedavit, acceptaque et data non sine gemitu magno suorum benedictione, discessit. Hinc timens Danaos, id est dona ferentes, nocturnis cursibus ad mare usque pervenit ac alti dubios latore passurus, ratim quorundam in Italiam navigantium conscendit. Dei itaque clementia flatuque secundo ventorum spirante, cursu veloci contingunt Italiam, et in litus optatum omnibus expositis, ipse ut peregrinus et advena Romam petiit, Romam tetendit.

 

160  

13. In che modo mentre fuggiva se ne andò a Roma Non molto tempo dopo un altro tale greco, infiammato dallo stesso spirito di cattiveria, non potendo catturare il santo di Dio come aveva pianificato, provò ad affidarsi ad un uomo più dissoluto con i suoi progetti e con i suoi comandi, affinchè vincesse in modo occulto chi non avrebbe potuto essere sconfitto in modo evidente. Ma cosa avvenne? Inganno o virtù chi potrebbe rintracciarli in un nemico? Il Signore rese vano il suo piano, lo vanificò e lo annullò del tutto. L’uomo di Dio fu liberato, il laccio di tutti i suoi nemici fu polverizzato, né in tutti questi avvenimenti fu molestato da piccole offese, ora evitando le insidie, ora sfuggendo agli inganni grazie alla misericordia di Dio. Alla fine, sfinito da tante fatiche, fuggendo sempre ora da questi ora da quelli, pensò di uscire dai confini della patria e dalla dolcezza del suolo nativo. E lui, che naturalmente aveva lasciato ogni attività e relazione, non stimò grave perdita abbandonare il suolo natio. Subito, mentre salutava tutta la devozione e l’affetto dei suoi frati, raccomandò loro al pastore Dio, estremamente buono, e, dopo aver dato e ricevuto la benedizione, non senza grandi lamenti dei confratelli, se ne andò. Di qui temendo i Danai, cioè coloro che portano i doni, giunse con tragitti notturni fino al mare e, pronto a sopportare le insidie pericolose del mare aperto, salì sulla nave di alcuni che navigavano verso l’Italia. Pertanto, con la clemenza di Dio e con il soffio favorevole dei venti, raggiunsero l’Italia con una rotta rapida, e sbarcati tutti sulla spiaggia desiderata, egli stesso come pellegrino e come straniero si diresse verso Roma.

 

161  

14. Quomodo divertit ad sororem suam dominam Theophaniam Ea tempestate Otto secundus monarchiam Romani imperii mira non minus prudentia quam potentia gubernabat, et ut imperatoriam maiestatem deceda, ipse princeps Romanus victor in omnibus exsistebat. Non solum in hostium praeliis, sed etiam per legitimos tramites calumniantium iniquitates expellebat, tyrannis cunctarum regionum suae dicioni subiectis, cunctis potenter imperabat, quoslibet vero religiosos humili sinceraque devotione colebat, ita ut universis magnis maior, universis humilibus

sancta humilitate himilior appareret. Hic itaque

princeps germanam beati viri Gregorii Theophaniam dominam, quam quidam Theophanu nuncupant, ex Graecia filiam regis Constantinopolitani in uxorem duxerat. Quae licet in fascibus secundum saeculi dignitatem gloriosa appareret, intus tamen in absconso non minore sanctitate quam frater eius in conspectu Altissimi clarebat iuxta illud psalmistae: Omnis gloria filiae regis ab intus, et illud apostoli: Gloria nostra haec est testimonium conscientiae nostrae. Eo nempe tempore memoratus imperator augustus, relicta Romae imperatrice, in Galliam discesserat, atque duro Teutonicorum furori resistens, omnes imperii sui partes in pace et tranquillitate regere curabat. Cognoscens autem servus Dei Gregorius germanam suam in Urbe degere, cum gaudio ad eam divertit. Sed tamen antequam ad eam iret, in novitate tantum locorum captus, immo sanctorum amore, sancta loca sanctorumque patrocinia per aliquos dies latenter visitare studuit. In quo facto quam pulchro Deus miraculo eum imperatrici augustae, sorori suae, ostenderit, non dignum, ut transeam puto.

 

162  

14. In che modo si recò da sua sorella, la signora Teofano In

quel

periodo

Ottone

II

governava

la

monarchia

dell’impero romano con una straordinaria accortezza e potenza, e, come si addiceva alla maestà degli imperatori, egli stesso era un principe romano vittorioso in ogni campo. Non solo nelle battaglie contro i nemici, ma anche attraverso vie legali debellava le ingiustizie dei calunniatori, dopo aver sottomesso al suo potere i tiranni di tutte le regioni, governava su tutti in modo efficace, in verità venerava qualunque uomo religioso con umile e sincera devozione, al punto da apparire come il maggiore tra tutti i grandi, il più umile tra tutti gli umili con la sua santa umiltà. Pertanto, questo imperatore aveva sposato la sorella del beato uomo Gregorio, la signora Teofano, che alcuni chiamano

Teofano,

figlia

dell’imperatore

di

Costantinopoli,

originaria della Grecia. Questa, sebbene sembrasse gloriosa nell’onore secondo la dignità del secolo, tuttavia, interiormente risplendeva per una santità non minore rispetto a quella del fratello, al cospetto dell’Altissimo, così come dice quel passo del salmista: Ogni gloria della figlia dell’imperatore proviene dalla sua interiorità, e quel passo dell’apostolo: Questa nostra gloria è testimone della nostra coscienza. In quel tempo si ricorda di certo che l’imperatore augusto, dopo aver lasciato l’imperatrice a Roma, si diresse verso la Gallia, e, resistendo alla furia aspra dei Teutoni, si preoccupò di governare tutte le parti del suo impero in pace e in serenità. Quando il servo di Dio, Gregorio, apprese che sua sorella si trovava a Roma, si diresse con gioia da lei. Tuttavia, prima di andare da lei, incuriosito dalla novità di tanti luoghi, anzi con l’amore per i santi, per alcuni giorni di

 

163  

nascosto desiderò visitare i luoghi santi e le reliquie dei santi. Ritengo degno di essere raccontato in che modo e con quale bel miracolo Dio rivelò Gregorio a sua sorella, l’imperatrice augusta.

 

164  

15. Quomodo febricitantem curavit Dum enim sanctorum patrocini aut peregrinus in urbe circumquaque visitaret, quadam die in quodam oratorio causa orazioni diutius atque devotius perseverabat. Ea ipsa hora pauper quidam corpore et rebus, victum sibi quaerens ostiatim, cum

tamen

magnis

astrictus

esset

febribus,

casu

idem

oratorium, in quo vir Dei orabat, intravit. Et videns quandam aeris immensam claritatem eum circumfulgentem, quasi tactus atque tractus miraculo, propius accessit; et quo proprius venit, eo evidentius virtutem Dei intellixit. Mox sui non oblitus ad virum Dei clamabat, clamando miseriae suae querela sanctum Dei ab oratione dimori et ut eius inopiae atque aegritudinis compateretur, voce lacrimabili monuit. Quem ut sanctus Dei inspexit, lacrimatus est, et apostoli compassione motus est, qui dixit: Quis infirmatur in vobis, et ego non infirmor? Facta ad Dominum oratione, signum crucis illi impressit, sanum ac incolumen ab omni negritudine ex integro restituitet, ne cui diceret, omnibus modis iniunxit. Verum frustra ingiungendo prohibebat, quoniam civitas supra montem posita erat, nec latere poterat. Exinde fama viri Dei in universis non solum civitatis angulis divulgatur, immo per totius Tusciae, Campaniae, Siciliae

omnesque

fines

Italiae

propagatur.

Confluunt

ex

provinciis circumquaque positis fideles, alii se orationibus eius commendantes, alii infirmos suos deferentes. Multos per Dei misericordiam

a

variis

infirmitatibus

curavit,

omnes

vero

particeps esse orationum suarum concessit. Ea itaque fama concitata

domina

Theophania,

imperatrix

Deo

devota

ac

christiano cultu in Christo religiosa, egressa de solio maiestatis, investigare ibat vestigia fratris peregrini. Et ignorans esse

 

165  

fratrem, quaerebat sancti Dei conoscere sanctitatem. Quo invento,

cum

colluctionis

ingenti

copia

reverentia

tandem

potita,

ipsum

est

gentem,

aggressa. patriam

Et

ipsius

quaesivit. Quem quidem Graecum idiomate linguae audivit. Inter loquendum non nihil etiam naturali incitamine tacta, de prosapia famuli Dei investigare curavit. In quo quidem verbo vir Dei quasi pudibundus subticuit, fletu quoque motus, dissimulare se non potuit. Unde imperatrice augusta urgente, tandem cofessus est, quis esset, quamvis invitus, patuitque imperatrici, nec sine fletibus, quia esset frater eius. Ruunt ambo in amplexus, et geminata utriusque hominis, tam exterioris quam interioris, laetitia, divinas in laudes tandem prorumpunt, Deo gratiarum actiones pro coniunctione utriusque persolvunt. Quid multis moror? Quanta totius aulae imperatoriae fuerint gaudia, quanta exultatione exhilarata fuerit urbs universa Romana, explicare nequeo,

aestimationi

magis

comprehendere sanum duco.

 

166  

delinquere

quam

scriptis

15. Come curò un febbricitante Mentre, infatti, come un pellegrino visitava i luoghi sacri a Roma e nei dintorni, un giorno in un oratorio si trattenne più a lungo e con maggiore devozione nella preghiera. In quello stesso momento un uomo misero sia nel corpo che nelle risorse, mentre chiedeva cibo di porta in porta, poiché era oppresso da una febbre alta, entrò per caso nello stesso oratorio in cui pregava l’uomo di Dio. E vedendo l’immenso chiarore dell’aria che brillava intorno a lui, come toccato e attratto da quel miracolo, si avvicinò di più; e quando si fece più vicino, riconobbe in modo più evidente la virtù di Dio. Subito dopo, non immemore della sua condizione, gridava all’uomo di Dio, e, addolorandosi a gran voce per la sua miseria, distolse il santo di Dio dalla preghiera, lo ammonì con voce lacrimevole di compatire la sua povertà e la sua malattia.

Non appena lo

guardò, il santo scoppiò a piangere, e fu mosso dalla stessa compassione dell’apostolo che disse: Chi tra di voi si è ammalato, mentre io non sono malato? Dopo aver rivolto una preghiera al Signore, impresse il segno della croce su quello, lo rese sano e salvo da ogni infermità e gli comandò in ogni modo di non raccontare nulla a nessuno. In verità, gli proibiva ciò imponendosi inutilmente, poiché la città era collocata sul monte e non poteva essere nascosta. Pertanto, la fama dell’uomo di Dio si diffuse non solo in ogni angolo delle città, ma anche attraverso tutta la Toscana, la Campania, la Sicilia e si propagò in tutto il territorio della penisola italica. Confluirono fedeli dalle province limitrofe, alcuni che si raccomandavano alle sue preghiere, altri per portare al suo cospetto i loro malati. Guarì molti da varie malattie per la misericordia di Dio, concesse che

 

167  

tutti in verità prendessero parte alle sue preghiere. Perciò, l’imperatrice Teofano, devota a Dio e dedita al culto di Cristo, incuriosita da questa fama, dopo essere uscita dalla reggia, andò alla ricerca delle tracce del fratello pellegrino. E ignorando che fosse suo fratello, chiedeva di conoscere la santità del santo di Dio. Dopo averlo trovato, si avvicinò a lui con grande reverenza. E quando la conversazione si infittì, gli chiese della sua stirpe e della sua patria. Poi si accorse che parlava in lingua greca. Mentre parlavano, toccata da nient’altro se non una naturale curiosità, si interessò a conoscere la discendenza del servo di Dio.

Pertanto,

l’uomo

di

Dio

aggirò

la

domanda

quasi

vergognandosi, poi mosso dal pianto non potè fingere. Perciò dal momento che l’augusta imperatrice insisteva, alla fine confessò chi era, per quanto controvoglia, e rivelò all’imperatrice, non senza lacrime, che era suo fratello. Entrambi si lanciarono nelle braccia dell’altro, e, con doppia gioia di entrambi, tanto esteriore quanto interiore, si diffusero in lodi divine, ringraziarono Dio per il loro incontro. Perché indugio ancora? Non sono in grado di descrivere quanta gioia ci fu nella casa dell’imperatrice, con quanta esultanza gioì tutta la città di Roma, ritengo giusto lasciare questo alla considerazione di ciascuno piuttosto che racchiuderlo in una trattazione scritta.

 

168  

16. Quomodo ex consilio sororis ecclesiam in honore sancti Salvatoris construxit Vir itaque Dei inter tanta gaudia propositi sui non oblitus, nec etiam inde dimotus, ad orationis studium semper divertitur atque

omni

terreno

oblectamine

postposito,

ad

Deum

convertitur, pro quo omnia reliquit, ipsum secutus est super omnia. In oratione pernox, ad omne opus Dei velox, nihil praeponens operi Dei, cuncta sprevit gaudia saeculi. Quod considerans imperatrix, quod multo ante tempore manet alta mente repositum, tunc aperuit, atque ut oratorium construeret, in quo cum Deo famulantibus habitaret, fratri consuluit, sed et consilium dedit. Gregorius itaque sororis sanctis acquiescens consiliis, oratorium in honore sancti salvatoris construxit atque religiosae conversationis viros in illud congregavit. Quibus imperatrix domina Theophania, matrona religiosa et Deo devota, sufficientes redditus in cottidianos usus constituit, ac eo loco imperialibus privilegiis adaucto, virum Dei Gregorium fratrum in oratorio conversantium communi electione et petitione abbatem fecit. Illic Dei famulus omni humilitate habitans consulti non est oblitus operis, semper in Dei laude, semper in oratione. Ibi, opitulante Domino, utilitatem immensam animarum tam sanctae exhortationis studio quam probatissimae vitae exemplo operatus est, instanter monitis divinis populum erudiens, pauperes de paupertate sua fovens iuxta illud Tobiae: Si multum tibi fuerit, abundanter tribue; si autem exiguum, etiam exiguum libenter impartire stude. Humiles etiam diligebat, superbos castigabat, errantes corrigebat, infirmos visitabat, divites dapsilitatem in pauperes docebat. Innumerabiles Romanorum sua correptione compuncti a lascivia saeculi conversi sunt, sanctumque patrem

 

169  

secuti, sub scemate religionis servire coeperunt. Multos etiam discipulos venerabilis pater nutriebat in eodem monasterio. Nobilium quoque pueros caelesti dogmate instructos mundi labentis luxus et divitias cum honoribus despicere docebat. Circa idem quoque oratorium, dum construeretur, quoddam Deus per servum suum operatus est miraculum, quod non sane credimus esse transeundum.

 

170  

16. in che modo su consiglio della sorella costruì una chiesa in onore del San Salvatore Perciò l’uomo di Dio, tra tante gioie, non dimentico del suo scopo prefisso, anche se non si spostò di lì, si dedicò sempre all’attività di preghiera e messo in secondo piano ogni svago terreno, si rivolse a Dio, per il quale lasciò ogni cosa, lo seguì sopra ogni cosa. Trascorreva tutta la notte nella preghiera, era pronto a compiere tutte le opere comandate da Dio, non anteponendo nulla all’opera di Dio, disprezzò tutte le gioie mondane. L’imperatrice, considerando tutto ciò, palesò quello che molto tempo prima rimase riposto nel profondo della sua mente, consigliò al fratello di costruire un oratorio nel quale potesse abitare con i servi di Dio, e gli commissionò questo progetto. Gregorio, pertanto, acconsentendo ai piani della santa sorella, costruì un oratorio in onore del San Salvatore e raggruppò in esso uomini dalla condotta di vita religiosa. Per questo l’imperatrice Teofano, donna religiosa e devota a Dio, istituì delle elargizioni sufficienti ai bisogni quotidiani, e, dopo aver accresciuto la fama di quel luogo con privilegi imperiali, fece nominare abbate, con votazione e richiesta unanime dei frati che vivevano nell’oratorio, l’uomo di Dio Gregorio. Lì il servo di Dio, vivendo con ogni umiltà, non si dimenticò del compito prefissato, sempre nella lode di Dio, sempre nella preghiera. Lì, grazie all’aiuto di Dio, si occupò di dare un immenso aiuto tanto con l’ardore della sua santa esortazione, quanto con l’esempio della sua vita stimatissima, educando con insistenza il popolo agli insegnamenti divini, sostenendo i poveri con i mezzi della loro povertà, come il passo di Tobia: Se ti è stato dato molto, distribuiscilo con abbondanza; se ti è stato

 

171  

dato poco, preoccupati di dare poco volentieri. Preferiva gli umili, puniva i superbi, correggeva coloro che sbagliavano, visitava i malati, insegnava ai ricchi la generosità verso i poveri. Innumerevoli Romani, toccati dal suo monito, si allontanarono dalla vita mondana lasciva, e, seguito il santo padre, iniziarono a servire sotto le vesti monacali. Il padre venerabile allevò anche molti discepoli nello stesso monastero. Insegnava anche ai figli dei nobili, educandoli con la dottrina celeste a disprezzare il lusso del mondo precario e le ricchezze assieme agli onori. Nei pressi dello stesso oratorio, mentre veniva costruito, Dio realizzò un miracolo tramite il suo servo, che non crediamo affato debba essere tralasciato.

 

172  

17. Quomodo caecum illuminavit Cum enim praenotatum aedificaretur oratorium, cellulam sibi iuxta oratorium posuerat, ut in ea cum operariis suis quiescens curiae regalis frequentiam vitaret. Contigit autem die quadam

puerum

quendam,

oculorum

lumine

privatum,

Romanorum plateas mendicando circuire, casuque ad callam beati viri venire, sperantem se aliquid accepturum ab eo. O quam

pia

divinae

misericordiae

dispensatio,

quae

secreto

pietatis consilio, intellectibus humanis ignorantibus, alendo subvenit miseris mortalibus. Nam ea ordinante, ut quidam ait, saepe gravatos desperata iuvant, petiit caecus a viro Dei elemosynam, nesciens corporis sui sibi propinquare lucernam, ignorans proximam salutis suae medicinam, magis inhiabat muneri quam saluti. Quem videns beatus Gregorius oculorum luce privatum, solita pietate motus accessit ad eum, loculis crucem Christi imprimit oculorum, et visu mox restituto, gaudentem plus vacua manu meruisse dimittit tantae salutis. Item atque item non solum in Urbe, verum longe lateque propagato miraculo, ex longo latoque concurritur, ab omnibus lucerna lucis petitur, ab omnibus honoratur. Concitati etiam nonnulli

fidelium

tantorum

fama

miraculorum,

nihilominus

sanctae conversationis scemate, de suis substantiis donaria ac elemosynas sibi suoque coenobio conferunt, Deumque sibi facere propitium suis suorumque orationibus fratrum intendunt.

 

173  

17. In che modo ridiede la vista ad un cieco Mentre si costruiva l’oratorio suddetto, accanto ad esso aveva fatto collocare una cella per se stesso, affinchè, mentre riposava in essa con i suoi compagni, evitasse la folla di persone provenienti dalla curia regale. Un giorno accadde che un certo fanciullo, privato della vista, che si aggirava nelle piazze dei Romani mendicando, per caso giunse alla cella dell’uomo beato, speranzoso di ottenere qualcosa da lui. Oh che pio dono della divina misericordia, che con un progetto segreto della pietà, mentre le menti umane lo ignorano, giunge nutrendo i miseri mortali. Infatti, ordinato ciò, come dice qualcuno, spesso le cose inaspettate giovano agli oppressi, il cieco chiese l’elemosina all’uomo di Dio, non sapendo che stesse avvicinando la luce al suo corpo, ignorando che la medicina della sua salvezza fosse vicina, bramava di più l’elemosina della sua salvezza. Quando il beato Gregorio lo vide privato della luce degli occhi, mosso dal solito sentimento di pietà, si avvicinò a lui, impresse il segno della croce di Cristo sugli occhi, e, restituita subito la vista, lo accomiatò mentre gioiva per aver meritato una così grande salvezza piuttosto che una vacua offerta materiale. Pertanto così, dopo che non solo a Roma, ma in verità in lungo e in largo si propagò la notizia di quel miracolo, la gente corse da lui da tutte le parti: tutti gli chiedevano la luce degli occhi, tutti lo onoravano. Alcuni dei fedeli, eccitati anche dalla fama di miracoli tanto grandi, non meno che dall’aspetto della sua santa condotta di vita, portarono tesori ed elemosine, ricavati dai loro beni, a lui e al suo cenobio, e chiesero che Dio fosse favorevole a loro, con le loro preghiere e con quelle dei suoi frati.

 

174  

18.

Quomodo

Iohannes

Campanus

factus

est

monachus Tunc Campanus,

temporis audiens

nobilis tantas

quidam servi

Dei

Iohannes virtutes

et

nomine sancta

meditatione versans in secreto sui pectoris peccatorum suorum onuscula sublevare, de suis copiis decem sommario auro et argento oneratos famulo Dei Gregorio transmisit, orans et petens, ut eius misereretur atque Deum pro salute animae ipsius deprecaretur. Quam elemosynam beatus Gregorius abbas humiliter suscepit, statimque pauperibus divisit iuxta illud psalmistae: Dispersit, dedit pauperibus. Nihil in rebus transitoriis curabat habere, nisi ut vel sustentaret se, vel suos reficeret; cetera vero omnia in usus pauperum expendebat; nihilque sibi, imitator factus magni Gregorii, in fugacis substantiae luxu praeter naturae usum retinebat. Hoc huius erat intentio, hoc huius doctrina et praedicatio, nihil habere comodi nisi fructum aeterni stipendii. Quod percipiens memoratus ille nobilis, divina inspirante gratia, omnia saeculi oblectamenta reliquit atque coenobium

beati

viri

cum

omni

festinatione

petiit.

Quo

perveniens, mox ad sancti viri pedes procidit et, ut ipsum sacro habitu indueret atque monasticis disciplinis instrueret, etiam cum lacrimis oravit. Vota viri sancta sanctus non distulit, immo cum sancto gaudens, consilio fratrum induit hunc habitu sacro, docuitque Iohannem participem typici nominis sui esse. Instruxit quoque eum vitae monasticae regulam, proposuitque ei prae omnibus caritatis ac humilitatis exempla, atque in brevi, qui datus erat in escas populis Ethiopum, quique fuerat praeda saevae mortis, factus est multis exemplum et causa salutis aeternae.

 

175  

18. Come Giovanni Campano si fece monaco A quel tempo, un certo nobile di nome Giovanni Campano, apprendendo delle grandi virtù del servo di Dio e meditando nel segreto del suo animo, con una riflessione santa, di alleggerire il peso dei suoi peccati, inviò al servo di Dio, Gregorio, dieci bestie da soma cariche di oro e di argento, prese dai suoi beni, pregandolo e chiedendogli di compatirlo e di pregare Dio per la salvezza della sua stessa anima. Il beato abbate Gregorio accolse umilmente l’elemosina e subito la divise tra i poveri come dice quel passo del salmista: Sperperò, diede ai poveri. Non si preoccupò di possedere nulla di effimero, se non il necessario per sostentarsi o per risanare i suoi; in verità, spendeva tutto il resto per le necessità dei poveri; non tratteneva nulla per sé, fattosi imitatore di Gregorio Magno nello sfarzo di una sostanza fugace, se non quanto di necessità naturale. Il suo intento era questo, la sua dottrina questa e la sua proclamazione, non avere nulla di privilegiato se non il frutto della mercede eterna. Quel nobile ricordato prima, apprendendo ciò, per ispirazione della grazia divina, lasciò tutte le gioie mondane e si recò in tutta fretta presso il cenobio dell’uomo beato. Dopo essere giunto lì, subito si piegò ai piedi dell’uomo santo e lo pregò anche con le lacrime di indossare egli stesso l’abito monacale e di essere istruito alla regola monastica. Il santo per decisione dei frati, gli fece indossare questo abito sacro e gli insegnò che il nome Giovanni significa partecipe della parola divina. Lo istruì anche sulla regola della vita monastica e gli mostrò prima di tutti esempi di carità e di umiltà, e, presto, chi era stato dato in offerta come esca ai popoli di Etiopia, chi

 

176  

era stato preda di una morte crudele diventò per molti un esempio e un motivo di salvezza eterna.

 

177  

19. Quomodo caeco redditi lumen Inter haec pietatis opera, quibus ut medicus atque minister divinae salutis nunc hos in corpore, nunc illos vir Dei curabat in interiore homine, puer quidam privatus lumine, audiens insignia tantarum virtutum, protinus ad servi Dei tendit oratorium. Quo invento, misericordiam postulavit, lumen sibi reddi oravit, atque cum gemitu preces geminavit, et, quem dispendium orbatae lucis urgebat verum, non nocte paratum, ploravit. Motus his fletibus vir Dei Gregorius, conversus ad Dominum pro salute petentis petivit, petitionisque suae effectum a Deo omni honorum datore celeriter obtinuit. Nam signo crucis caecis oculorum orbibus impresso atque Iesu Christi nomine invocato a beato viro, omni caecitate fugata, luminis sibi mox redduntur beneficia, et qui venerat flens et eiulans, gaudens et cantans revertitur. Hac die virtute etiam perculsa urbs Romana, Dei exaltant ibi magnalia atque Dei famulum pia devotione circumdantes, infirmos quoslibet et debiles ad eius deducunt praesentiam, divinam sperantes in omnibus misericordiam.

 

178  

19. In che modo guarì un cieco Tra queste opere di pietà, come un medico e servo della salvezza divina, l’uomo di Dio guariva gli uomini, alcuni nel corpo, altri nell’animo; un certo ragazzo orbo, venendo a conoscenza

delle

opere

singolari

realizzate

attraverso

le

molteplici virtù, si diresse subito verso l’oratorio del servo di Dio. Dopo esservi arrivato, chiese misericordia, pregò che gli fosse restituita la vista, e replicò le preghiere con lamenti, e compianse lui che era angustiato per la vera perdita della luce, e non quella utile nella notte. L’uomo di Dio, Gregorio, mosso da questi pianti, rivolto al Signore, lo pregò chiedendogli la salvezza e ottenne presto da Dio, datore di cose buone a tutti, l’esito della sua richiesta. Dopo aver fatto il segno della croce sulle palpebre degli occhi ciechi infatti e dopo aver invocato il nome di Gesù Cristo, l’uomo beato, scacciata ogni forma di cecità, gli restituì subito il beneficio della vista, e colui che era giunto piangendo e lanciando grida di dolore se ne andò gioiendo e cantando. In questo giorno anche i cittadini di Roma, scossi da tale virtù, lì esaltarono le grandi azioni di Dio e, circondando il servo di Dio di pia devozione, portarono al suo cospetto ogni malato e invalido, confidando nella divina misericordia in ogni circostanza.

 

179  

20. Quomodo Imperator Otto suscepit eum Eo itaque tempore praedictus imperator Romanorum Otto secundus, relictis Galliae finibus, transcursis Alpibus, romanas rursum petebat arces. Cum iam praepeti volatu fama revertentis Romanorum perculerat aures, vir Dei Gregorius multa populi frequentia praegravatus, hac fama vulgata, coepit aliquantulum respirare, cogitans quoquo modo sapientis principis consilio onus, quo laborabat contra votum, deponere. Erat enim ipsi labor immensus –ut qui voverat solitarie vivere, mundo et concupiscentiis

eius

se

abstrahere-

invitum

his

omnibus

interesse. Ut enim ait quidam: Invitum qui servat, idem facit occidenti. Unde et veloci itinere occurrit imperatori. Quem imperator cum magna suscepit devotione. Cognoverat enim eum fama ante quam corpore, eum iam virtutibus et signis in toto claresceret orbe. Multum quidem imperator exhilaratus eius adventu multoque honore eum dignatus, ei processit obviam, atque ipsum benigne deosculatus, data dextra, lateri suo eum de cetero semper coniunxit, quoad vir sanctus comes curiae regalis esse voluit.

 

180  

20. In che modo lo accolse l’imperatore Ottone Così a quel tempo, il già menzionato imperatore romano Ottone II, abbandonati i territori della Gallia, attraversate le Alpi, si dirigeva di nuovo verso i baluardi romani. Poiché la notizia del suo rapido ritorno, quasi volante, aveva colpito le orecchie dei Romani, l’uomo di Dio, Gregorio, sfinito dai molteplici incontri con la gente, dopo che si sparse questa notizia, iniziò a respirare un po’, pensando in che modo sotto consiglio del saggio sovrano alleggerire il peso per il quale si affaticava contro il suo proposito. Egli infatti, aveva il grande peso di trovarsi in tutte queste circostanze controvoglia, lui che aveva fatto il voto di vivere in modo solitario, di essere distante dal mondo e dalle sue seduzioni. Come, infatti, dice qualcuno: Chi custodisce qualcuno controvoglia, lo fa come se volesse ucciderlo. Perciò si precipitò attraverso un viaggio rapido verso l’imperatore. L’imperatore lo accolse con grande devozione. Infatti, aveva conosciuto la sua fama prima del suo aspetto fisico, quando ormai brillava in tutto il mondo per le sue virtù e i suoi prodigi. L’imperatore, molto lieto per il suo arrivo, dopo averlo degnato di un grande onore, gli andò incontro e, baciandolo in modo benevolo, dopo avergli dato la destra, stette sempre al suo fianco per tutto il tempo restante in cui l’uomo santo volle essere in compagnia della curia regale.

 

181  

21. Quomodo Luzonem monachum curavit Non longam moram imperator in urbe Romana facies, ad Galliam, negotiis exigentibus, revertitur secumque beatum virum cum tota domo sua, vide licet uxore domina Theophania suaque prole, ducit. In quo itinere monachus quidam Luzo nomine, audita fama servi Dei, urgente ipsum infirmitate satis pericolosa, occurrit ei; gutturis enim inflationem ex morbo, quem physici squinantiam appellant, in tantum laborabat, ut iam spiraculo spiritus obstruso, mortis articulo detineretur, nec spes ulla vitae in illo esset. Viso autem beatissimo viro, misericordiam nutibus

atque

fletibus

magis

quam

verbis

postulavit,

sanctumque Dei ad compatiendum sibi commovit. Cui vir sanctus, oratione facta, signum crucis imposuit atque citius dicto sanum, incolumem ab omni morbo reddidit. Vidit hoc imperator, viderunt omnes, qui in comitatu eius erant, et glorificaverunt Deum, qui in sanctis suis gloriosus est. Disseminatur ubique miraculum. Cuius tamen seminis vir Dei non appetiit fructum, cuius gloria erat fidelis conscientiae testimonium.

 

182  

21. Come guarì il monaco Luzo L’imperatore, non volendo indugiare a lungo nella città di Roma, fece ritorno in Gallia, quando gli affari lo richiesero e portò con sé con tutta la sua famiglia, il beato uomo, cioè con sua moglie, la signora Teofano e i suoi figli. Durante questo viaggio, un monaco di nome Luzo, dopo aver appreso della fama del

servo

di

Dio,

poiché

era

oppresso

da

una

malattia

abbastanza pericolosa, corse da lui; a causa di una malattia infatti era così tormentato da un gonfiore alla gola che i medici chiamano malattia da fieno che, essendo ostruita l’apertura che consente di respirare, era trattenuto in uno stato di pericolo di morte e non c’era alcuna speranza di vita in lui. Non appena vide l’uomo beatissimo, chiese misericordia con cenni del capo e con pianti piuttosto che con le parole e indusse il santo di Dio a compatirlo. L’uomo santo, fatta una preghiera, fece il segno della croce e più presto che non si dica lo rese sano e salvo da ogni malattia. L’imperatore assistì a ciò, tutti quelli che erano in sua compagnia lo videro e glorificarono Dio che è glorioso tra i suoi santi. La notizia del miracolo si diffuse ovunque. L’uomo di Dio, tuttavia, non desiderò afferrare il frutto di questo seme, la cui gloria era testimonianza di una coscienza fedele.

 

183  

22. Quomodo imperator consilium dedit Gregorio, ut coenobium construeret Ipso tempore imperator citato cursu omnium orientalium fines superans, Lothoringos adiit atque Aquisgrani, ubi sedes imperii a Karolo Magno posita dicitur, curiam principibus indicit. Confluentibus illuc cunctis regni primoribus, tam religiosis quam saecularibus, semper Gregorius proximus erat regio lateri, parvipendens

tamen

quaeque

honorum

genera,

Christum

usquequaque gerens in conscientia. Sentiens autem imperator eum nimium gravari frequentia saeculari et huiusmodi negotia pertaesum ducere, hoc convenit cosilio, ut locum eligeret, in quo coenobium collocaret, in quo viros religiosae conversationis induceret, cum quibus et ipse absque tumultu saeculi religiose viveret. Quo consilio laetificatus Dei famulus, Deo gratias egit et locum talibus aedificiis aptum, accepto imperatoris consilio, studiosius investigavit. Tunc, ut divina ordinavit providentia, Porcetum ei ab imperatore datur, quoniam talibus votis aptior locus non inveniebatur. Non nimium a populo est segregatus nec nimium immixtus, sed quoddam tenens medium, quasi virtutum in se recludit mysterium. Hinc opus in longum latumque, quoad opus

erat

structurae,

operoso

artificum

studio

deducitur,

fundamentum in firmam petram et stabilem, ut decet ecclesiam, ponitur, atque oraculum in honore sancti Apollinaris martyris sanctique

Nicolai

confessoris

construitur.

Deinde

vir

Dei

Gregorius, ut ordinaverat, religiosae vitae monachos, viros temente Deum, illuc congregavit, officium divinum in monasterio constituit,

et

acceptis

ab

imperatore

redditibus,

stipem

sufficientem Deo ibi servientibus ordinavit. Praeterea liberatis lege, ut decet, domum Dei dotavit, nulliusque nisi imperatoriae

 

184  

dicioni eam subiectam esse imperator ipse dictavit. Quod etiam privilegiis solida ventate munitis, sicut adhuc habentur in eadem ecclesia, coram primatibus imperii confirmavit. His ita officiosa sedulitate

peractis,

dominus

Otto

imperator

virum

Dei

Gregorium in eodem loco abbatem constituit et locum ipsum tum propter Deum, tum propter virum sanctum, quibus poterat honoribus ampliavit. In quo coenobio beatus Gregorius usque ad terminum vitae praesentis sancte et religiose versabatur. Nemini umquam nocuit, omnibus profuit, honore omnes praeveniens, et cum esset pater monasterii, omnes ut patres colens, illum in mente recolens, qui non venit ministrari, sed ministrare. Fulgebat

itaque

inaestimabili,

vir

Dei

discretione

in

sanctitate

ineffabili,

subiectos,

et

bonitate

omnes

nomine

diligebat caritate incomparabili. Hac vitae specie rerumque honestate iam in senectutem bonam declinaverat, cum ei quadam nocte quiescenti in stratu suo beatus Pachomius, eius abbas in Graeciae partibus primus, per somnium sibi apparens, sive eius angelus, exitum suum praedicit atque imminere sibi terminum vitae patefecit. Quam revelationem mane fratribus indicavit, et de fine vitae suae certificatus, solito more caelesti eos instruit norma vitae, fidem bonam, spem certam, caritatem perfectam docuit eos habere iustitiaeque tramitem aemulari omnique humilitate dominum Iesum Christum imitari, qui humiliavit

semetipsum,

factus

oboediens

patri

usque

ad

mortem. Quod fecerat, docuit; castitatem, humilitatem omneque caritatem mentis et corporis sinceritatem, in quibus vitae cursum consummavit, discipulis magister proposuit. Hac specie recti semper vitae tramitem direxerat; unde nisi recta et sancta docere

 

et

facere

non

noverat,

185  

eaque

de

causa

semper

adversarium

diabolum

habebat,

ostendetur.

 

186  

sicul

et

in

sequentibus

22. In che modo l’imperatore consigliò a Gregorio di costruire un cenobio In quello stesso tempo, l’imperatore già citato, superando i confini di tutte le regioni orientali, andò verso i Lotaringi, e ad Aquisgrana, dove si dice fosse stata collocata la sede dell’impero da Carlo Magno, convocò un’adunanza dei principi. Confluendo in quel luogo tutte le personalità più eminenti dell’impero, sia religiose sia laiche, Gregorio rimase sempre vicino al fianco dell’imperatore, pur stimando poco qualunque genere di onore, avendo ovunque nel suo intimo Cristo. Quando l’imperatore si accorse che era troppo affaticato dagli incontri frequenti con la gente e infastidito di condurre attività di questo genere, gli venne in mente questa idea, di scegliere un luogo in cui collocare un cenobio nel quale condurre uomini dalla condotta di vita religiosa con i quali anche egli stesso potesse vivere in modo devoto, lontano dal caos mondano. Il servo di Dio, rallegrato da questo suggerimento, rese grazia a Dio e cercò in modo molto accurato un luogo adatto per erigere tale edificio, dopo aver accettato il consiglio dell’imperatore. Allora, come dispose la divina Provvidenza, dall’imperatore gli fu donato Porceto, poiché non si trovava un luogo più adatto per questi fini. Non si allontanò troppo dal popolo né fu troppo mescolato in esso, ma, restò in una posizione mediana come se chiudesse in sé il mistero della virtù. Quest’opera, finchè era necessaria la costruzione, fu costruita in lungo e in largo con accurato impegno di artigiani, fu posta come fondamenta una pietra ferma e stabile, come si addice ad una chiesa, e fu costruito un santuario in onore del santo martire Apollinare e del santo confessore Nicola. Poi l’uomo di Dio, Gregorio, radunò lì, come

 

187  

gli aveva consigliato l’imperatore, i monaci dalla condotta di vita religiosa, uomini timorati di Dio; stabilì un obbligo sacro nel monastero,

e,

dopo

aver

accettato

delle

elargizioni

dall’imperatore, istituì un’offerta sufficiente per i servitori di Dio. Poi lo stesso imperatore dotò la casa di Dio, com’è doveroso, della legge della libertà, e stabilì che non fosse soggetta a nient’altro se non all’autorità imperiale. Dopo aver donato con sincera generosità i privilegi, così come si hanno ancora adesso nella stessa chiesa, confermò ciò al cospetto delle personalità più eminenti dell’impero. Dopo aver compiuto queste cose con sollecita accuratezza, l’imperatore Ottone nominò abbate in quello stesso luogo, l’uomo di Dio, Gregorio, e ingrandì con quanti più onori possibile quel luogo, sia per devozione a Dio, sia per devozione all’uomo santo. In questo cenobio, il beato Gregorio visse in modo santo e devoto fino alla fine dei suoi giorni. Non danneggiò mai nessuno, aiutò tutti, superando tutti per dignità, e, pur essendo il padre del monastero, considerò tutti come suoi padri, riportando alla mente l’esempio di chi non è venuto per servire ma per essere servito. L’uomo di Dio rifulgeva di una santità indicibile, di una bontà inestimabile, di una dedizione verso gli oppressi e aveva a cuore tutti gli uomini con un affetto incomparabile. Con questa condotta di vita e con la dignità delle sue azioni declinava verso una serena vecchiaia, quando durante una notte, mentre dormiva, sul suo letto, il beato Pacomio, suo primo abbate quando si trovava in territorio greco, apparendogli in sogno, o forse il suo angelo, preannunciò la sua morte e gli rivelò che stava giungendo la fine della sua vita.

Il

giorno

dopo

annunciò

ai

suoi

confratelli

questa

rivelazione, e, certo della fine della sua vita, istruì loro, come al

 

188  

solito, ai precetti della vita celeste, insegnò loro ad avere la giusta fede, la speranza certa, la carità completa, ad emulare il cammino di giustizia e ad imitare l’umiltà del Signore Gesù Cristo, che umiliava se stesso, resosi obbediente al Padre fino alla morte. Insegnò loro ciò che aveva fatto: da maestro espose prima di tutto ai suoi allievi la castità, l’umiltà, tutta la carità della mente e la purezza del corpo, con cui aveva speso il corso della sua vita. Con questo genere di rettitudine aveva sempre percorso il cammino della sua vita; perciò non aveva saputo fare e insegnare se non cose giuste e sante e per questo motivo ebbe come suo antagonista sempre il diavolo, come sarà mostrato nei passi seguenti.

 

189  

23. Quo fine discesserit sanctus Gregorius In articulo namque mortis positus vir Dei Gregorius sibi videt

daemonem

assitere,

videt

hostem

humani

generis

imminere; quem hostem humani generis imminere; quem talibus affatur vocibus dicens: Quid astas, inimice hominum, hostis animarum? Quid quaeris, spiritus perditionis, fomes iniquitatis, spiritus nequam? Nullam partem habebis mecum, tibi nulla in me pars relinquitur; nihil in me tuae potestati dimittitur. Angeli Dei me recipient, Abrahae sinus me custodiet. Discede a me, pabulum mortis; discede, cruenta bestia, quia post Deum adhaesit anima mea. Ad hanc vocem spiritus ille malignus tanto horrore et fremitu discessit, ut omnes, qui aderant, stupefacti locum

daemonibus

plenum

putarent.

Post

haec

vir

Dei

Gregorius, rebus sui coenobii ordine bono dispositis, sacramentis ecclesiae munitus, universitatem sui gregis paterna benignitate salutavit, sicque emisso spiritu, in pace obdormiens requievit. Migravit ergo illa santissima anima ad Dominum pridie nonarum novembrium. Migravit, ut exsultaret in turba caelestium, de qua exsultant

angeli,

laetantur

arcangeli,

chorus

sanctorum

proclamat, turba virginum invitat: Mane nobiscum in aeternum. O beatum virum, o sanctissima anima, cuius adventu omnis chorus exsultat caelestium, cuius gloriam et honorem perpes vox plaudat caelestium. O quam solemni, quam festivo concentu sanctorum consociaris coetibus, quorum iam existens in terris conversatione in caelis fulgebas virtutibus. Tunc fratres coenobii, licet

ingenti

maerore

afflicti

pro

tanti

patris

amissione,

congregata tamen moltitudine religiosorum, tam canonicorum quam civium prope adiacentis civitatis Aquensis, cum magna

 

190  

reverentia

exsequias

beatissimi

viri

celebraverunt

ac

eius

spiritum commendantes Deo omnipotenti, corpus exanime in oratorio, quod ipse construxerat, devotissime sepelierunt. Locus autem

sepulturae

nonnullum

sanctitatis

eius

praestabat

hactenus argumentum et satis admirandum. Nam omnes modos sepulcrorum modernorum tanta cottidie crescendo excellebat altitudine, ut non mausoleum iam putares defuncti, sed aram sacrificii. Patet enim luce clarius nunquam ad eius sepulcrum quemquam tam tristem quam desperatum accessisse, quind laetum et hilarem constaret eum inde redisse. Sicut enim in vita sua fecit mirabilia, ita et in morte non cessavit in eo divine virtutis gratia. De quibus multa miraculorum insignia antiquitate aboluerunt, pauca ad nos pervenerunt, circa seriem nostri temporis

manifestata

et

multorum

contestata.

 

191  

assertione

fidelium

23. In che modo il santo Gregorio morì L’uomo di Dio, Gregorio, vide che un demone era vicino a lui, mentre era sul punto di morte, vide che il nemico del genere umano incombeva; si rivolse a lui dicendo tali parole: Perché sei qui, nemico degli uomini, nemico delle anime? Cosa cerchi, spirito di perdizione, alimento di ingiustizia, spirito maligno? Non avrai nessuna parte con me, nessuna parte di me ti è lasciata; nulla di me è consegnato al tuo potere. Gli angeli di Dio mi accoglieranno, Abramo mi custodirà nel suo seno. Allontanti da me, pascolo di morte; allontanati, bestia feroce, poiché la mia anima è rivolta tutta a Dio. Dopo queste parole, lo spirito maligno si allontanò con tanto spavento e tanto fremito al punto che tutti quelli che si trovavano lì, esterrefatti, pensarono che quel luogo fosse pieno di demoni. Dopo di ciò, l’uomo di Dio Gregorio, dopo aver ben ordinato le faccende del suo cenobio, munito, salutò con paterna benevolenza tutto il suo gregge, e, esalato l’ultimo respiro, riposò dormendo in pace. Dunque quell’anima santissima volò via verso il Signore il 4 novembre. Volò via per esultare nella schiera dei santi, tra i quali esultavano gli angeli, si allietavano gli arcangeli, il coro dei santi lo proclamava, la schiera delle vergini lo invitava: Rimani in eterno con noi. Oh uomo beato, oh anima santissima, del cui arrivo tutto il coro dei santi si rallegra, la cui gloria e il cui onore sono sempre celebrati dal canto dei santi. Oh con quale solenne e festosa armonia ti unisci all’adunanza di santi, tra i quali, mentre eri sulla terra brillavi in cielo per le tue virtù. Allora i frati del cenobio, sebbene fossero afflitti da un ingente dolore per la perdita di un padre tanto grande, tuttavia, riunita l’intera

 

192  

comunità di religiosi, tanto dei canonici quanto dei cittadini della città vicina ad Aquisgrana, con grande devozione celebrarono le esequie dell’uomo beatissimo e raccomandando la sua anima a Dio onnipotente; seppellirono in modo assai devoto il suo corpo esanime nel monastero che egli stesso aveva fatto costruire. Anche il luogo della sua sepoltura mostrava qualche segno di santità abbastanza straordinario. Infatti, superava in altezza, crescendo di un certo numero ogni giorno, tutti i tipi di sepolcri moderni, al punto che lo avresti giudicato non già un mausoleo di un morto ma un altare per un sacrificio. É evidente in modo più chiaro della luce che nessuno si fosse avvicinato tanto triste quanto disperato al suo sepolcro e non se ne fosse andato di lì lieto e felice. Come, infatti, durante la sua vita compì azioni miracolose, anche dopo la morte non cessò in lui la grazia divina della virtù. Di questi molti miracoli illustri a causa del tempo si cancellarono dalla memoria, pochi ci sono stati tramandati, resi manifesti

all’incirca

nel

nostro

testimonianza di molti fedeli.

 

193  

tempo

e

certificati

dalla

24.

Quomodo

diu

post

obitum

suum

sanavit

contractum Contractus quidam pedibus et tibiis ita ut nullo pedum officio

sustentari

posset,

sed

toto

fere

corpore

reptans,

scabellorum nisu et manuum sustentatione se ferens, coquinas fratrum

Porcetensium

aliquando

frequentabat,

inique

elemosynam cottidie exspectabat; aliud unde viveret, non habebat. Contigit aliquando anniversarium diem obitus beati Gregorii

a

pauperem,

fratribus de

tempusmiserendi

loci

sollemniter

quo

diximus,

eius

advenerat,

divino cum

celebrari;

eumque

instictu,

quoniam

multis

lacrimis

et

gemitibus ad sepulcrum sancti viri arreptare, et misericordiam, quam numquam ante quaesierat, attentius quaerere. Flevit, clamavit et Dominus meritis servi sui exaudivit eum, ut vere illud proheticum compleretur, in eo quod scriptum est in psalmo: Iste pauper clamavit, et Dominus exaudivit eum, etc. Ita precibus et meritis sancti Dei pauper ille liberatus est redemptus a Domino. Exsiliens et laudans Deum qui fecerat in ipso magna, quia potens est, et misericordiam, quia misericors est. Quod videntes populi admirati sunt atque Deum glorificaverunt.

 

194  

24. Come guarì un oppresso dopo la sua morte C’era un uomo oppresso nei piedi e nelle gambe, al punto che i piedi non potevano sostenere alcun peso, ma, strisciando all’incirca come un serpente con tutto il corpo, sostenendosi con l’uso degli sgabelli e con l’aiuto delle mani, di tanto in tanto frequentava le cucine dei frati di Porceto, e lì chiedeva l’elemosina ogni giorno; non aveva nient’altro per vivere. Una volta

accadde

che

i

frati

del

luogo

stessero

celebrando

sollenemente l’anniversario della morte del beato Gregorio; e il povero, del quale abbiamo parlato, per ispirazione divina, poiché era giunto il tempo di commiserarlo, si trascinò con lacrime abbondanti e lamenti al sepolcro del santo uomo, e chiese in modo più insistente misericordia, che non aveva mai chiesto prima. Pianse, gridò e il Signore, tramite il suo servo, esaudì la sua richiesta, affinchè si avverasse in verità quel passo dei profeti, nel cui salmo si trova scritto: Questo povero ha chiamato, e il Signore lo ha esaudito. Così quel povero fu liberato e redento dal Signore con le preghiere e per merito del santo di Dio. Saltava e lodava Dio, che aveva compiuto grandi cose in lui, poiché è potente, e la sua misericordia, poiché è misericordioso. La gente che assistette a ciò si stupì e glorificò Dio.

 

195  

25. Quomodo abbas Wolframmus per eius meritum est liberatus In

eodem

loco

abbas

quidam

Wolframmus

nomine

postmodum extitit, vir religiosus et modestus, sed calculi passione multo tempore graviter laborans; unde et balnea frequentabat, si quo modo passionem hanc, cum furor ille venit, delinire posset. Contigit etiam in quadam anniversaria die obitus beati viri, fratribus post missam commendationem animae pariter

et

solempniter

cum

campanarum

compulsatione

facientibus, praedictum abbatem, urgente prenotata passione, in balneis sedere et prae nimo, quo torquebatur, dolore, auditis campanis, acsi iam expiraret, clamare: Gregori, sancte Dei, si aliquid apud Deum potes miserere mei! Miserere mei, vir beatisisime, et libera me precibus tuis ab hac passione, qua crucior artissime! Non defuit ex alto miserator Deus clamanti, quia non defuit Dei famulus compatendo compatienti, immo in momento ipsius viri calculus mirae magnitudinis iuxta horum qualitatem totus concussus et in arenae modum immutatus ab ipso abbate in balneis axiliit, et particulatim radix atque generata materia calculi tota exivit, ita ut de cetero sanus et incolumis omni tempore vitae suae ab infirmitate permaneret et Dei magnalia in dilecto suo Gregorio praedicare et benedicere non cessaret. Unde et postmodum omni tempore vitae suae non minimum sollicitus de sancti viri huius exaltatione atque translatione, primo de vitae ipsius sanctitate disquirere coepit et ubicumque poterat, investigavit. Conscripta quidem vita eius hactenus habebatur, etiam, ut quidam [dicunt] aureis et argenteis litteris [exarata], in eadem ecclesia, sed postmodum casu

 

non

satis

noto

combusta.

196  

Haec

autem

quae

inde

perstrinximus, cum eo satagente, tum domino Arnoldo, post obitum praedicti patris successore, ardentius consummante, in cortina satis antiqua Coloniae in ecclesia Sanctae Mariae, ubi sanctimonialium

chorus

Deo

famulatur,

invenimus

cum

evidentibus capitulis. Hanc etiam cortinam domina Theophania imperatrix, soror beati Gregorii, in memoriam dilecti fratris sui componi post obitum eius iussit, Dei genitrici in decorem ecclesiae Dei obtulit.

 

197  

25. In che modo guarì per merito suo, l’abbate Wolframmus Nello stesso luogo, dopo un po’ di tempo, visse un abate di nome Wolframmus, un uomo devoto e umile, ma affaticato pesantemente da molto tempo da dolori alla colecisti; egli per questo frequentava anche i bagni termali, nella speranza che in qualche modo potessero lenire il suo dolore, al sopraggiungere di quel furore. Accadde, durante l’anniversario della morte dell’uomo beato, dopo che i frati tutti insieme commemorarono l’anima in modo solenne con il suono delle campane, dopo la messa, che l’abate sopra menzionato, incalzato dal dolore suddetto, era seduto nei bagni e, ascoltate le campane, come se stesse per esalare l’ultimo respiro, esclamò: Oh Gregorio, santo di Dio, se puoi qualcosa presso Dio, abbi misericordia di me! Abbi pietà di me, uomo beatissimo, e liberami con le tue preghiere da questo dolore poiché sono tormentato da mile dolori! Dio dall’alto non deluse chi lo invocava, poiché il servo di Dio non mancò di aver pietà del suo dolore, ma, durante il movimento, un calcolo di straordinaria grandezza fu del tutto scosso, secondo la natura di questi, e, trasformato in una specie di sabbia, nei bagni guizzò fuori dall’abate, e, a poco a poco, la radice e la sostanza generata dal calcolo fuorisciurono tutte, al punto che egli rimase sano e salvo da ogni malattia per tutto il tempo della sua vita e non cessò di predicare e benedire le grandi azioni di Dio per mezzo del suo amato Gregorio. Perciò, successivamente, preoccupato non poco per tutto il tempo della sua vita della glorificazione di questo santo uomo e della traslazione, iniziò dapprima ad indagare sulla santità della sua vita e, dovunque potesse, investigò. Venne trascritta una sua

 

198  

vita, come era nota fino a quel momento, in quella stessa chiesa; dicono che fosse stata scritta in lettere d’oro e d’argento, ma, poco dopo, per un caso fortuito non abbastanza noto, fu bruciata. Queste cose, riassunte fin qui in capitoli divisi le abbiamo trovate in un arazzo abbastanza antico a Colonia, nella chiesa di Santa Maria, dove il coro delle monache era al servizio di Dio, sia poiché Wolframmus si impegnò in questo, sia in quanto il signore Arnoldo, succeduto al padre suddetto dopo la sua morte, in modo più ardente la completò. L’imperatrice Teofano, sorella del beato Gregorio, ordinò dopo la sua morte che fosse realizzato in memoria del diletto fratello questo arazzo, lo offrì alla madre di Dio per la gloria della chiesa di Dio.

 

199  

26. Quomodo abbas Arnoldus transulit eum Nec hoc a memoria futurorum occultandum, quia dominus Arnoldus saepedicti monasterii abbas, suis temporibus ardentius aemulator existens paternarum traditionum, cum in decorandis eadificiis domus Dei et claustri sui multa ferisse, de hoc sancto viro atque ipsius membris gloriosis gloriosum aliquid facere cogitans, indignum quippe reputans, ut, quia iam ad gaudia transiit angelorum, in terrae pulvere dormiens humili memoria uteretur hominum, congregatis multis religiosis, in ieiuniis et orationibus constitutis, tomulum beati viri cum omni reverentia aperuit; in quo vas ex plumbeis tabulis compactum est inventum atque membra beati viri composita in eo. Super illud epitafium tale est scriptum: Continet iste taphos peregrini membra sepulti Nomine Gregorii, meritis studioque colendi. Regis Graecorum natus Gregorius abbas Primus Porcetum coluit templumque locavit; Cuius in hac fossa requiescunt corporis ossa. Quibus in hunc modum inventis, in religiosa devotione ab oratorio illo cum honesto populi et cleri conventu, collectis sacris membris, in ecclesiam maiorem in honore sancti Iohannis Baptistae constructam deportavit atque iuxta summum ipsius Baptistae altare in sarcophagum spectabilis operis deposuit, sperans se pro huiuscemodi impenso obsequio remunerationem aeternam perceptumrum a Domino. Non enim plura vel maiora ausus

est

ipse

pater

coenobii

apponere,

quia

auctoritate

apostolica non dum canonizatus erat, licet merito in numerum sanctorum transierit nihilque in angelorum consortio perderet, de quo testimonia tua, Deus, credibilia facta sunt nimis. Unde et in

 

200  

eodem loco fideles vota sua frequenter offerunt Deo, santissimi viri se precibus commendantes, per ipsum a Deo veniam consequi peccaminum non inefficaciter sperantes; cuius non precibus etiam adiuvari supplices deposcimus. Amen.

 

201  

26. Come l’abbate fece trasferire le sue spoglie Non deve essere nascosto alla memoria dei posteri nemmeno questo, il fatto che don Arnoldo, l’abbate del monastero

menzionato

prima,

essendo

al

suo

tempo

un

emulatore in modo ardente delle tradizioni patrie, poiché si era dato molto da fare nella decorazione degli edifici della casa di Dio e del suo monastero, pensò di fare qualcosa di glorioso per questo uomo santo e per le sue stesse membra gloriose, ritenendo davvero indegno il fatto che quando se ne andò verso le manifestazioni di gioia degli angeli, riposando nella polvere della terra, raggruppati molti uomini religiosi, disposto i digiuni e preghiere, aprì la tomba dell’uomo beato con ogni reverenza; in quelle furono trovate intatte, incastonate in tavole di piombo, le membra dell’uomo beato. Si poteva ammirare iscritto questo epitaffio: Questa tomba contiene le membra del pellegrino Sepolto di nome Gregorio, da venerare Per meriti e per diligenza. Nato da un re greco, Gregorio fu il primo abbate Di Porceto e lì costruì una chiesa: Le ossa del suo corpo riposano in questa tomba. Dopo che tali cose furono scoperte in questo modo, in una religiosa devozione, da quel monastero, con una rispettabile folla di popolo e clero, raccolte le sacre spoglie, le fece portare nella Chiesa Maggiore costruita in onore del santo Giovanni Battista e le fece deporre nei pressi dell’altare maggiore dello stesso Battista in un sarcofago di mirabile fattura, sperando di ottenere dal Signore un dono eterno in cambio di un ossequio costoso di questo tipo. Lo stesso padre del cenobio infatti, non osò apporre

 

202  

qualcosa di più o di maggiore, poiché non era stato ancora canonizzato dall’autorità apostolica, sebbene a buon diritto fosse stato inserito nella schiera dei santi e fosse stato assimilato agli angeli, le cui testimonianze tue, oh Dio, sono rese credibili ormai. Perciò, in questo stesso luogo, i fedeli di frequente offrono a Dio i loro voti, raccomandandosi con le preghiere al santissimo uomo, sperando, non invano, di ottenere tramite lui il perdono dei propri peccati; anche noi, supplici, chiediamo di essere aiutati con le sue preghiere. Amen.

 

203  

ADDITAMENTUM 1. Non longe post translationem beati Gregorii facta est dispersio

monachorum,

consensu

principum

et,

tunc

divina

favente

temporis

datus

clementia,

de

est

ille

locus

sanctimonialibus Cistercensis ordinis, quotiamo votis et officiis earum aptus erat. Quae anno incarnationis dominicae millesimo ducentecimo vicesimo venientes de Monte Salvatoris numero quinquaginta vel plurimum; ex quibus abbatissa, quae etiam tunc temporis regimen abbatiae susceperat, aliaeque sorores quam plures usque in praesens manent. Invenerunt itaque locum sepulturae ita exaltatum, sicut superius declaratum est, ut iam non crederent sepulcri loculum, sed altare. Invenerunt etiam in eo vas illud plumbeum, in quo membra beati viri composita fuerant, de quo etiam superius mentio facta est; invenerunt, inquam, et viderunt, et testimonium perhibent veritati. Translatus itaque beatus Gregorius, ut dictum est, longo tempore velut abscondendo sanctitatis suae lucernam, paucis diebus miraculis declaratus est, ut paene eius veneratio a memoria hominum laberetur. Nunc autem, quia advenit tempus miserendi, orationibus fidelium locum frequentantium compulsus Dominus misericordiae suae ostium per merita viri santissimi aperire dignatus est. Nullus tam tristis vel infirmus sepulcrum eius contigit, quin hilaris et adiutus exinde ad propria revertatur. Anno igitur Domini millesimo ducentesimo sexagesimo primo accidit, ut quidam caecus a longinquis partibus veniens, cum iam multo tempore medicorum remedia et sanctorum suffragia postulasset, et lumen oculorum tamen impetrare non posset, nocte quadam audivit in somnis vocem dicentem sibi: Surge et

 

204  

vade; quaere locum nomine Porcetum, et invenies ibi in monasterio tumbam beati Gregorii abbatis, cuius precibus a Domino illuminaberis. Caecus autem expergefactus, de visione huiuscemodi exhilaratus, statim Deo caeli et beato Gregorio confidens, per devotionem et spem, quam conceperat, visum receperat. Idem igitur caecus, assumptis secum vicinis et notis suis, qui eum caecum viderant, prae guadio magno accessit ad locum, qui dicitur Porcetum; ubi per quendam conversum ipsius coenobii ductus est ad tumbam viri sancti, de qua in somnis audierat, gratias Deo agens cunctos, qui aderant, certificabat, quod per merita beati Gregorii sanitatem a Domino recepisset.

 

205  

1. Non molto tempo dopo la translazione del beato Gregorio, si ebbe un allontanamento dei monaci e, con il favore della clemenza divina, a quell’epoca, quel luogo, per consenso imperiale, fu assegnato all’ordine delle monache cistercensi, poiché era adatto ai loro intenti e ai loro compiti. Queste giunsero

nel

milleduecentesimo

anno

dell’incarnazione

del

Signore, dal Monte del Salvatore nel numero di 50 o più; tra di loro una badessa, che in quel tempo aveva preso il comando dell’abbazia, e molte altre consorelle che, numerose vi hanno dimorato fino ad oggi. Trovarono pertanto il luogo della sepoltura così sollevato come si è detto prima, da non credere che fosse il loculo di un sepolcro, ma un altare. Trovarono anche in esso quel vaso di piombo nel quale furono deposte le membra del beato, del quale si è fatta menzione anche prima; trovarono, dico, e videro, e ne rendono testimonianza veritiera. Perciò il beato Gregorio, come è stato detto, trasferito dopo molto tempo come per nascondere la lucerna della sua santità, risplendette dopo pochi giorni per i miracoli così che la sua venerazione non si cancellò dalla memoria degli uomini. Ora poiché è giunto il tempo della misericordia, il Signore, mosso dalle preghiere dei fedeli che frequentano quel luogo, si è degnato di aprire la porta della sua misericordia per i meriti del santissimo uomo. Nessuno, infatti, è giunto al suo sepolcro ammalato e non se ne sia ritornato alla propria dimora gioioso e guarito. Dunque, nel 1261 accadde che un cieco, proveniente da luoghi remoti, che già da molto tempo aveva chiesto rimedi ai medici e aiuto ai santi senza poter tuttavia ottenere la luce degli occhi, durante la notte ascoltò in sogno una voce che gli diceva: Alzati e vai; cerca un luogo di nome Porceto, e, troverai nel monastero la

 

206  

tomba del beato abbate Gregorio, per le cui preghiere sarai illuminato

dal

Signore.

Il

cieco,

dopo

essersi

svegliato,

entusiasmato da tale visione, subito confidando in Dio del cielo e nel beato Gregorio, riacquisì la vista per la devozione e la speranza che aveva manifestato. Egli stesso cieco dunque, dopo aver preso con sé alcuni vicini di casa e persone conosciute, che lo avevano visto cieco, si avviò pieno di gioia verso quel luogo che è chiamato Porceto; lì, da un converso dello stesso cenobio fu condotto alla tomba dell’uomo santo, della quale aveva sentito parlare in sogno, rendendo ogni grazia a Dio, mostrava a chi era presente, che attraverso i meriti del beato Gregorio aveva ricevuto la salvezza dal Signore.

 

207  

2. Item, apud coenobium praedictum duae sunt sorores religiosae,

quarum

altera

dolore

gravissimo

in

mamilla

torquebabatur, ita ut iam paene esset edacitate vermium demolita, quae etiam nulla mediante medicina sanari poterat; reliqua vero soror tumore hydropisi in tantum fuit afflicta, ut per spatium anni unius et amplius a grabato moveri non posset, nec humana medicina effectum in ea habere poterat. Accedentes ergo praedictae sorores ad beati Gregorii tumulum, sanitatem per ipsuis merita, cooperante Domino, receperunt. Cui miraculo nos abbatissa et totus conventus eiusdem coenobi testimonium perhibemus.

 

208  

2. Allo stesso modo presso il cenobio suddetto c’erano due sorelle devote delle quali una era tormentata da un dolore fortissimo al seno, al punto che era quasi distrutta dalla voracità dei vermi e non poteva essere guarita da nessuna medicina; l’altra sorella era così afflitta da un rigonfiamento causato dall’idropisia, che nel tempo di un anno o poco più non poteva più muoversi dal letto basso, né potevano avere un qualche effetto su di lei le medicine umane. Mentre le suddette consorelle si avvicinavano alla tomba del beato Gregorio, ricevettero la salvezza attraverso i suoi meriti, grazie all’aiuto del Signore. Noi portiamo come testimoni di questo miracolo la badessa e tutte le consorelle di quel cenobio.

 

209  

3. Quaedam etiam matrona de civitate Aquensi apud nos habebat infantem in dolore calculi laborantem et apostema mortiferum

in

collo

suo

habentem;

quem

infantem

iam

moribondum mater ipsius praefata ad tumbam beati Gregorii cum oblationis munere deportavit. Ubi per sanationem ipsius pueri in beati Gregorii suffragio Dominus suam clementiam misericorditer ostendebat.

 

210  

3. Anche una signora della città di Aquisgrana aveva presso di noi un bambino affetto da un dolore di calcoli e che aveva un ascesso mortale sul collo; la madre, menzionata prima, portò il bambino ormai moribondo presso la tomba del beato Gregorio con un dono votivo. Lì, attraverso la guarigione dello stesso bambino, il Signore mostrava la sua clemenza con misericordia, mediante il favore del beato Gregorio.

 

211  

4. Vidua quaedam paupercula in villa Porcetensi infantem cuiusdam de civitate Aquensi nutriebat, qui infans in tantam degenera aegritudinem, ut nec sugere, nec aliquod posset accipere nutrimentum, sed evidans incessanter die noctuque faciebat.

Ipsa

autem

vidua

de

consilio

quarundam

sanctimonialium ipsius loci puerum iam dictum ad beati Gregorii tumulum deportabat, et puer ipse residens super tumulum lacrimas in risum mutabat, et de suis languoribus est curatus. Nos omnes tam spirituales quam saeculares personae, quae eramus in villa Porcetensi, haec vidimus et testamur. Praeter haec si omnia alia miracula, quae ibidem per beati Gregorii merita fiunt, essent singulariter enarranda, prius esset hora quam pagina defectura. Nam infirmi ibidem a febribus, dolore capitis,

dentium

et

oculorum,

fluxu

sanguinis

et

diversis

languorum generibus mirabiliter a Domino cottidie curantur, cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen.

 

212  

4. Una vedova povera nel villaggio di Porceto allevava un bambino originario della città di Aquisgrana, il quale era caduto in una malattia tanto grave che non poteva né succhiare né sfamarsi in alcun modo, ma piangeva incessantemente giorno e notte. La vedova, sotto consiglio delle monache di quello stesso luogo, portava il fanciullo, nominato prima, presso la tomba del beato Gregorio, e il fanciullo, quando fu collocato sopra la tomba, convertì le lacrime in risate e fu guarito dalle sue pene. Noi tutti tanto uomini di chiesa tanto laici, che ci trovavamo nel villaggio di Porceto, abbiamo visto queste cose e ne rendiamo testimonianza.

Inoltre,

se

tutti

gli

altri

miracoli

che

si

verificarono lì per merito del beato Gregorio dovessero essere narrati singolarmente, per prima cosa mancherebbe il tempo più che la pagina. Infatti, lì furono curati quotidianamente dal Signore malati di febbre, persone con il mal di testa, mal di denti e malattie agli occhi, gente colpita da emoraggie e diversi tipi di tormenti, e del Signore sono l’onore e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

213  

5. Item accidit, ut quaedam domina de Mosella coniugata propter

importunitatem

mariti

sui

in

quandam

deciderat

insaniam, sic quod, relicta provincia, per devia tamquam demens corporis vagabatur; tandem cum quibusdam peregrinis ad dedicationem beatae Mariae in Aquisgrani properantibus Porcetum pervenit. Ubi cum videret multitudinem populorum congregatam, in tantam rapta est dementiam, ut crederet peregrinos ibi congregatos propter destructionem sui corporis convenisse. Haec vero credens, vitans turbam pomposam, ad submergendum

se

sponte,

multis

videntibus,

in

vivarium

monialium se proiecit, sic ut paene submersa et quibusdam famulis ibidem servientibus vix extrahi potuisset. Quae super stratam posita et cum magna diligentia custodita, tandem aggravata

prae

nimia

lassitudine

obdormivit.

Cumque

expergefacta fuisset, e quadam matrona inibi serviente, quae adhuc vitae suae fruitur sospitate, quasi amen set inscia rerum facta, ad tumulum beati gregorii est perducta. Inique orationum vota ad Dominum universis, qui aderant, persolventibus, mulier per merita viri santissimi pristinae redditur sanitati. Post haec vero mulier supradicta sana et incolumis facta per aliquod tempus eidem coenobio praestitit obsequium servitutis.

 

214  

5. Ugualmente accadde che una donna sposata della Mosella, a causa dell’irascibilità di suo marito, si era imbattuta in una tale follia che, abbandonata la provincia, vagava per luoghi solitari come una pazza; alla fine, assieme ad alcuni pellegrini che si recavano a consacrare una chiesa alla beata Maria, giunse ad Aquisgrana. Lì, quando vide una moltitudine di persone raggruppate, fu colpita da una tale follia che pensò che i pellegrini riniuti fossero giunti per lacerare il suo corpo. In verità, poiché pensava queste cose, evitando la folta schiera di persone, sotto lo sguardo di tutti, si gettò nel vivaio delle monache, per annegarsi di sua volontà, così da essere quasi del tutto sommersa e poter essere estratta a stento da alcuni servi che lavoravano lì. Dopo che fu poggiata sulla strada e sorvegliata con grande diligenza, alla fine, fiaccata per la troppa stanchezza, si addormentò. Non appena si destò, fu portata da una donna che lavorava lì, che aveva a cuore la salvezza della sua vita, quasi fuori di senno e inconsapevole di ciò che aveva fatto, alla tomba del beato Gregorio. E lì, mentre tutti quelli che erano presenti scioglievano voti di preghiere al Signore, alla donna fu restituita la salute di un tempo per merito dell’uomo santissimo. Dopo questi eventi, in verità, la donna suddetta, tornata sana e salva, prestò servizio in quello stesso cenobio, per un certo periodo di tempo.

 

215  

CONCLUSIONI La vita di Gregorio da Cerchiara è contrassegnata da un continuo movimento che lo porta a spostarsi dalla Calabria alla Campania, e poi ancora a Roma, per approdare infine in Germania, nei pressi di Aquisgrana. La figura di questo santo monaco risulta essere particolarmente interessante in quanto egli durante i suoi molteplici spostamenti non dimentica mai di portare con sé il bagaglio culturale, artistico e spirituale, di ascendeza orientale, acquisito nei primi anni del suo percorso monastico in terra calabra. A tale bagaglio non manca di aggiungere di volta in volta gli aspetti peculiari della società e della religiosità latina in cui si imbatte durante il suo soggiorno a Roma, e i caratteri propri della cultura, dell’arte e del potere ottoniano, dando come risultato un crogiolo innovativo di culture e tendenze differenti ben amalgamate tra di loro. L’importanza di Gregorio è data dalla sua capacità di farsi medium della Renovatio Imperii voluta fortemente prima da Ottone II e poi da Ottone III352, nonché precursore di un modello riformato di monachesimo, collocato a metà tra il cenobitismo e l’eremitismo e basato da un lato sulla rigida pratica

dell’obbedienza

e

sull’intensa

attività

lavorativa

e

caritatevole, dall’altro su penitenze, veglie, sacrifici, salmodie e divieti alimentari tipici della vita eremitica353.

                                                                                                                352

P. D. FRANZESE, San Gregorio da Cerchiara. Vitae con testo latino a fronte, cit., p.

63. 353

E. MORINI, Il monachesimo italo-greco tra eremitismo e cenobitismo, cit., pp. 65 e

ss.

 

216  

Gregorio,

al

pari

di

altre

figure

di

santi

monaci

maggiormente noti alla tradizione agiografica, quali Nilo da Rossano e Giovanni Filagato testimonia la piena maturazione raggiunta dalla cultura italo-greca di cui era imbevuta l’Italia meridionale e la sua capacità di diffondersi al di fuori di questa area geografica inglobando elementi propri di altre culture e altre terre354. Numerosi sono gli elementi che accomunano Nilo e Gregorio: sebbene i due monaci conterranei differiscano per personalità, sensibilità ed esperienze personali, sono mossi dagli stessi obiettivi e interessi, si spostano da una località all’altra a causa anche delle incursioni saracene, sono dediti ad attività calligrafiche, miniaturistiche e letterarie e si fanno tramite della diffusione di quell’arte scrittoria e decorativa fiorita nell’Eparchia del Mercurion, trapiantandola l’uno a Montecassino e a Roma, l’altro

nell’Europa

occidentale355.

Questo

dato

emerge

da

numerose testimonianze manoscritte per quanto concerne Nilo da Rossano, e da influssi più indirettamente evidenti in manoscritti confezionati negli scriptoria ottoniani e in opere architettoniche quali la chiesa di san Ciriaco a Gernrode e la cappella di san Bartolomeo a Meinwerk356. La Vita S. Gregorii Abbatis si inserisce perfettamente nella tradizione agiografica coeva per il modello di santità espresso, tipico di tutte le esperienze monacali italo-greche di X secolo. Si tratta di una santità convalidata da molteplici episodi di guarigioni miracolose a beneficio dei fedeli e strutturata sulla                                                                                                                 354

F. BURGARELLA, Aspetti della cultura greca nell’Italia meridionale in età bizantina, cit., p. 46. 355 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 205. 356 L. CASTELFRANCHI VEGAS, L’arte ottoniana intorno al Mille, cit., pp. 34 e ss; cfr. B. BERTAUX, L’art dans l’Italie méridionale, Paris 1904; cfr A. MUNOZ, I codici greci miniati delle biblioteche minori di Roma, Firenze 1955; A. GUILLOU, Italie méridionale byzantine ou Byzantins en Italie méridionale, cit., pp. 180 e ss; A. GUILLOU, Art e religion dans l’Italie grecque médievale, cit., pp. 725-758.

 

217  

santità per antonomasia incarnata da Gesù Cristo. Il testo della Vita risulta essere di importanza nevralgica non solo in quanto unica fonte utile per ricostruire il profilo di Gregorio da Cerchiara, ma anche in quanto fornisce notizie di importanza storica assenti altrove, quali la presenza del vescovo David di Cassano357, l’esistenza della diocesi di Cassano già nel X secolo358, la fondazione a Roma di un monastero intitolato al Salvatore e a

Burstcheid di un monastero dedicato ai SS.

Apollinare e Nicola, l’incontro tra Teofano e Gregorio, i rapporti tra il monaco calabro e la corte ottoniana, l’influsso esercitato dall’arte scrittoria italo-greco sull’attività calligrafica e culturale europea per mezzo di Gregorio359. Della Vita S. Gregorii Abbatis è giunta una doppia redazione tramandata da sei codici conservati nella Biblioteca di Vienna360 risalenti ad un arco cronologico che va dal XII al XV secolo. Le due Vitae procedono in parallelo quasi per la totalità del testo: la Vita Prior sembrerebbe essere la più antica, è la più breve e fu composta poco dopo la morte di Gregorio, sulla base delle testimonianze di tre suoi confratelli, da un monaco latino a Burtscheid o a Roma; la Vita Posterior redatta da un anonimo agiografo a partire da un nucleo narrativo risalente alla fine del XII secolo, in occasione della ricognizione delle reliquie di Gregorio avvenuta nel 1150 per volere del nuovo abate di Burtscheid Arnoldo361, si mostra più lunga e dettagliata rispetto alla precedente e si discosta da essa per l’introduzione di elementi dal sapore leggendario, sebbene non differisca per                                                                                                                 357

F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 194. Cfr. F. TRINCHERA, Syllabus Graecorum membranarum, Napoli 1865. 359 F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 83.   360  F. RUSSO, «Sulla Vita Gregorii Abbatis», cit., p. 193.   361 R. VAN DOREN, Gregorio, cit., p. 175. 358

 

218  

contenuto. Il fine della prima redazione è di certo quello di mettere per iscritto la memoria di un santo ancora molto studiato e venerato tra i monaci del monastero di Burtscheid e non solo. La presenza di una seconda redazione compilata a distanza di più di un secolo si deve alla volontà di far rivivere e rifiorire il culto di Gregorio, affievolitosi e tralasciato in seguito ai duri dettami del vescovo Godheardo che limitò e poi bloccò l’afflusso dei monaci dall’Italia meridionale nella sua diocesi germanica362. Inoltre la presenza dell’elemento leggendario della parentela

di

fratellanza

che

lega

Gregorio

e

la

moglie

dell’imperatore Ottone II, Teofano, si spiega con l’intento di dar lustro al santo fondatore del monastero di Burtscheid e di accrescerne la fama assieme a quella del monastero stesso363. Nonostante l’importanza storico-culturale, la centralità e la rivoluzionaria spiritualità di Gregorio da Cerchiara, che al di là della veridicità degli episodi miracolistici e degli elementi aneddotici e leggendari presenti nella sua Vita, sono dati inconfutabili, la sua figura e il suo vissuto sono rimasti nell’oblio fino alla metà del ‘900. Tuttavia sporadici, parziali e talvolta contraddittori sono stati gli studi effettuati dal 1948 fino a fine secolo, e solo negli ultimi decenni il dibattito riguardo al monaco calabro si è riacceso per mano di Domenico Minuto e della più completa opera di Paolo Damiano Franzese (l’unico che si è cimentato in una traduzione del testo della Vita). Pertanto partendo da un’attenta disamina dell’unica fonte agiografica a disposizione e da un confronto costruttivo tra gli studi precedenti, con il mio elaborato mi sono prefissata di                                                                                                                 362

A. CAFFI, Santi e guerrieri di Bisanzio nell’Italia meridionale, cit., p. 325. R. GREGOIRE, Manuale di agiologia, introduzione alla letteratura agiografica, cit., pp. 363-375. 363

 

219  

approfondire lo studio di una personalità intraprendente e dalle diverse sfaccettature (monaco, calligrafo, lettore, miniaturista, taumaturgo), e di portare alla luce elementi a lungo taciuti quali la rilevanza a livello artistico-spirituale e la decisiva impronta impressa nella storia del monachesimo e della cultura europei da parte di Gregorio da Cerchiara.

 

220  

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238  

INDICE Introduzione

p.

1

Capitolo I: Vita Gregorii Abbatis: elementi di importanza storico-culturale

p.

15

Gregorio

p.

34

II.1. Monachesimo e potere

p.

41

Capitolo II: monachesimo e noviziato al tempo di

II.2. Gregorio da Cerchiara e Nilo da Rossano: due santi a confronto

p.

54

II.3. Il contesto territoriale

p.

57

Capitolo III: le due Vitae

p.

61

III.1. Vita Prior

p.

62

III.2. Vita Posterior

p.

69

Appendice: Vita S. Gregorii Abbatis: testo e traduzione a fronte

p.

84

Vita S. Gregorii Abbatis Prior

p.

85

Vita S. Gregorii Abbatis Posterior

p. 119

Conclusioni

p. 216

Bibliografia

p. 221

 

239  

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