Il caso Blackboard Jungle tra Guerra fredda culturale e moralità pubblica

May 28, 2017 | Autor: Federico Robbe | Categoria: Cultural Cold War, Cold War, Cinema, Contemporary Italian History and Politics, clare boothe luce
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PrOgETTO graFicO: inrETE FOTO: Fernandel e gino cervi - Immagine tratta dal film “Don Camillo e l'onorevole Peppone” di Carmine Garrone

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Anni Cinquanta Il decennio più lungo del secolo breve

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nella storia del cinema italiano gli anni cinquanta si impongono come il decennio più lungo del secolo breve. cominciano, infatti, già nel 1948 e si prolungano compatti fino alle soglie del 1960. da un lato, intrecciano la storia del cinema con quella della neonata repubblica italiana, che vede concretarsi i risultati più significativi del laborioso processo di ricostruzione post-bellica proprio nel 1948, quando la parabola del neorealismo conosce la consacrazione ufficiale e al tempo stesso registra le prime avvisaglie di una crisi destinata a monopolizzare il dibattito critico – e non solo quello – per tutti gli anni cinquanta. dall’altro, a fronte di un inizio anticipato così denso e coeso, l’intero decennio procede all’insegna dei complessi scenari della guerra Fredda, le cui ripercussioni condizionano variamente la politica interna e la gestione politica della cultura. È in questo clima rovente che prende avvio il faticoso cammino verso il miracolo economico, accompagnato dalle prime avvisaglie di una modernità nostrana e dall’emancipazione di un pubblico che al neorealismo preferisce da sempre melodrammi, commedie e soprattutto i divi d’oltreoceano. Questo numero di «cinema e Storia» cerca di restituire la complessità di una stagione culturale che occupa un posto centrale nella storia dell’italia repubblicana, la cui eredità è a ben vedere ancora viva e quanto mai attuale.

ANNI CINquANTA

Elena Dagrada, Enrico Gaudenzi, Silvio Berardi, Francesco Paolella, Michele Guerra, Federico Robbe, Federico Vitella, Chiara De Santi, Paolino Nappi, Maurizio Zinni, Luca Malavasi, Angela Brindisi, Elio Frescani, Mauro Giori, Lucia Cardone, Paolo Simoni, Danielle Hipkins, Sarah Culhane, Silvia Dibeltulo, Daniela Treveri Gennari, Catherine O’Rawe, Mariagrazia Fanchi, Chiara Gelato, Marco Olivieri, Luca Peretti, Damiano Garofalo

Cinema e Storia

a cura di ElEna dagrada

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Una rivista che si colloca su una terra di confine in buona parte ancora da esplorare. Ogni numero presenta contributi interdisciplinari focalizzati su un tema monografico e uniti da un filo comune: lo studio dell'immaginario e delle sue interazioni con la realtà, quale ideale luogo di incontro e dialogo tra il cinema, gli audiovisivi, la cultura visuale e la storia.

CINEMA E STORIA 2016

Cinema e Storia 2016

Cinema e Storia

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Anni Cinquanta Il decennio più lungo del secolo breve

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a cura di Elena Dagrada

Rubbettino

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CINEMAeSTORIA Rivista di studi interdisciplinari Anno V n. 1 Registrazione al Tribunale di Lamezia Terme n. 9 del 30 luglio 2012 Direzione scientifica Paolo Mattera (Università degli Studi Roma Tre), Christian Uva (Università degli Studi Roma Tre) Comitato scientifico Sandro Bernardi (Università di Firenze) Gian Piero Brunetta (Università di Padova) Francesca Cantù (Università degli Studi Roma Tre) Pietro Cavallo (Università di Salerno) Simona Colarizi (La Sapienza Università di Roma) Elena Dagrada (Università degli Studi di Milano) Roberto De Gaetano (Università della Calabria) Marco Gervasoni (Università del Molise) Pasquale Iaccio (Università di Napoli Federico II) Manfredi Merluzzi (Università degli Studi Roma Tre) Andrea Minuz (Sapienza Università di Roma) Giancarlo Monina (Università degli Studi Roma Tre) Peppino Ortoleva (Università degli Studi di Torino) Vanessa Roghi (Sapienza Università di Roma) Ermanno Taviani (Università di Catania) Vito Zagarrio (Università degli Studi Roma Tre) Maurizio Zinni (Università degli Studi Roma Tre) Comitato scientifico internazionale Bénédicte Deschamps (Université Paris Diderot - Paris 7) David Forgacs (New York University) Millicent Marcus (Yale University) Alan O’Leary (University of Leeds) Pierre Sorlin (Université Sorbonne Nouvelle - Paris 3) Direttore responsabile Chiara Gelato Comitato di redazione Angela Brindisi (Università degli Studi della Basilicata) Fabio Ecca (Università degli Studi di Roma Tor Vergata) Stefano Pisu (Università degli Studi di Cagliari) Luigi Valenti (Università degli Studi Roma Tre)

La sezione monografica di questa pubblicazione è composta da saggi scientifici che vengono sottoposti ad una doppia peer review anonima

ISSN: 2281-1729 Finito di stampare nel mese di luglio 2016 da Rubbettino print per conto di Rubbettino Editore Srl 88049 Soveria Mannelli (Catanzaro) www.rubbettinoprint.it © 2016 - Rubbettino Editore 88049 Soveria Mannelli Viale Rosario Rubbettino, 10 tel (0968) 6664201 www.rubbettino.it

MISTO

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Il numero

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La rivista

«L’immaginario è storia tanto quanto la Storia». Questo è quanto scrive Marc Ferro nel suo Cinema e Storia, caposaldo delle prime indagini sulle due discipline che questa rivista intende tornare a fare dialogare nell’orizzonte di un comune interesse nei confronti appunto dell’immaginario e delle sue interazioni con la realtà, quale ideale luogo di incontro e dialogo tra il cinema, gli audiovisivi, la cultura visuale e la storia. Il cinema e la storia si profilano così come aree di riferimento di una pluralità di saperi, approcci e metodologie tutti da indagare in relazione a una molteplicità di fini: per esaminare le diverse modalità di “testualizzazione” della realtà storica messe in atto dal cinema; per esplorare e interpretare i meccanismi produttivi, le forme e il linguaggio del film con riferimento alle dinamiche storico-culturali e all’elaborazione dell’identità di un’epoca; per verificare come i film siano “agenti di storia”; per studiare le opere audiovisive quali testi capaci, in un orizzonte mediale sempre più plurale e proteiforme, di restituire la complessità di una stagione storica in confronto dialettico con le tradizionali fonti scritte. Secondo questa prospettiva, Cinema e Storia si colloca su una “terra di nessuno” ancora in buona parte da esplorare. Una sezione intitolata Stile libero completa la rivista. Libero nella forma e nella pluralità degli approcci, tale spazio ospita interventi di critici, studiosi e cineasti, interviste, recensioni, strumenti di studio - come un Osservatorio permanente sui film “storici” della stagione e una bibliografia critica annuale - slegati dal tema del numero monografico, ma sempre collocati lungo il filo rosso del binomio centrale Cinema-Storia.

Nella storia del cinema italiano gli anni Cinquanta si impongono come il decennio più lungo del secolo breve. Cominciano, infatti, già nel 1948 e si prolungano compatti fino alle soglie del 1960. Da un lato, intrecciano la storia del cinema con quella della neonata Repubblica italiana, che vede concretarsi i risultati più significativi del laborioso processo di ricostruzione post-bellica proprio nel 1948, quando la parabola del neorealismo conosce la consacrazione ufficiale e al tempo stesso registra le prime avvisaglie di una crisi destinata a monopolizzare il dibattito critico – e non solo quello – per tutti gli anni Cinquanta. Dall’altro, a fronte di un inizio anticipato così denso e coeso, l’intero decennio procede all’insegna dei complessi scenari della Guerra Fredda, le cui ripercussioni condizionano variamente la politica interna e la gestione politica della cultura. È in questo clima rovente che prende avvio il faticoso cammino verso il miracolo economico, accompagnato dalle prime avvisaglie di una modernità nostrana e dall’emancipazione di un pubblico che al neorealismo preferisce da sempre melodrammi, commedie e soprattutto i divi d’oltreoceano. Questo numero di «Cinema e Storia» cerca di restituire la complessità di una stagione culturale che occupa un posto centrale nella storia dell’Italia repubblicana, la cui eredità è a ben vedere ancora viva e quanto mai attuale.

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Una storia nuova. La censura del passato nel cinema a soggetto storico di Enrico Gaudenzi Il Risorgimento nel cinema italiano del secondo dopoguerra di Silvio Berardi

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«In omaggio ai Cervi, al grande tema». Zavattini e il film “impossibile” sui sette fratelli di Michele Guerra

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Il caso Blackboard Jungle tra Guerra Fredda culturale e moralità pubblica di Federico Robbe

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Tirone, la volpe e il Papa. Il matrimonio Power-Christian e la fan culture italiana del dopoguerra di Federico Vitella

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L’americanizzazione negli anni Cinquanta tra Roman Holiday e Un americano a Roma di Chiara De Santi

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I compagni e Don Camillo. Guareschi e il PCI in lotta per un film di Francesco Paolella

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Indice

Introduzione di Elena Dagrada

Napoli dopo l’anno zero. Camorristi, guappi e contrabbandieri tra stereotipo e inchiesta di Paolino Nappi

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In viaggio verso il boom. Note su cinema e turismo in Italia tra ricostruzione e miracolo economico di Maurizio Zinni

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«Ogni curiosità va soddisfatta». Spirito d’inchiesta e industria culturale di Luca Malavasi

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Benzina per l’Italia. Le trasformazioni del Paese nei documentari dell’Agip e dell’Eni di Elio Frescani

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«Del tutto sconsigliabile per il nostro pubblico». Omosessualità e cinema italiano del dopoguerra di Mauro Giori

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Pellicole e film di carta. Un nuovo protagonismo femminile di Lucia Cardone

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«Un mondo che pensavo impossibile». Al cinema in Italia negli anni Cinquanta di Danielle Hipkins, Sarah Culhane, Silvia Dibeltulo, Daniela Treveri Gennari, Catherine O’Rawe

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Il cinema in casa tua. La produzione di immagini amatoriali domestiche di Paolo Simoni

Audience caleidoscopiche. Le trasformazioni del pubblico e del consumo di cinema di Mariagrazia Fanchi

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Indice

Tra eredità neorealista e propaganda politica. Lo sguardo del documentario e il caso Basilicata di Angela Brindisi

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Stile libero a cura di

Chiara Gelato

INCONTRI Frammenti di storia e visioni romanzesche. Conversazione con Roberto Andò di Marco Olivieri OSSERVATORIO_FILM I film storici della stagione 2014-2015 di Luca Peretti OSSERVATORIO_LIBRI Bibliografia critica su cinema e storia. Biennio 2014-2015 di Damiano Garofalo e Luca Peretti

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di

Federico Robbe

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This essay aims at reconstructing the Blackboard Jungle case in Italy through the analysis of American and Italian documents. The movie, which was rather violent, was withdrawn at the Venice Film Festival in 1955 after the pressure of US Ambassador Clare Boothe Luce. Eventually, because of the international and internal pressure, its distribution was prohibited until 1957.

Il caso Blackboard Jungle tra Guerra Fredda culturale e moralità pubblica

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Questo saggio si propone di ricostruire il caso Blackboard Jungle attraverso l’analisi di documenti americani e italiani. Il film, piuttosto violento, era stato ritirato dalla Mostra del cinema di Venezia nel 1955 a seguito delle pressioni dell’ambasciatrice degli Stati Uniti Clare Boothe Luce. A causa della pressione internazionale e interna, la sua distribuzione in Italia sarà vietata fino al 1957.

L’Italia al centro della Guerra Fredda culturale

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Nel 1955, il film di Richard Brooks Blackboard Jungle (uscito in Italia nel 1957 con il titolo Il seme della violenza) venne ritirato dalla XVI Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia a causa delle pressioni dell’ambasciatrice statunitense Clare Boothe Luce1. Questo saggio intende ricostruire il dibattito politico-culturale che ne scaturì, nel periodo che va dal boicottaggio alla distribuzione della pellicola nelle sale italiane. Lo si farà cercando di tenere conto dei condizionamenti internazionali della Guerra Fredda e di quelli interni relativi alla moralità pubblica, intesa come insieme di norme etiche e di costume derivanti principalmente – ma non esclusivamente – dalla religione cattolica, e caratteristici della società del tempo2. 1. Sul periodo trascorso da Clare Boothe Luce all’ambasciata si vedano M. Del Pero, American Pressures and Their Containment in Italy During the Ambassadorship of Clare Boothe Luce, in «Diplomatic History», n. 3, 2004, pp. 407-439; A. Brogi, Ambassador Clare Boothe Luce and the Evolution of Psychological Warfare in Italy, in «Cold War History», n. 2, 2012, pp. 269-294. 2. Sul piano della morale sessuale e familiare è stata notata la presenza di «importanti elementi di compatibilità o di convergenza tra le posizioni comuniste e quelle cattoliche»: cfr. M. Barbanti, Cultura cattolica, lotta anticomunista e

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I protagonisti del dibattito in Italia furono le due forze maggiormente radicate negli anni Cinquanta, ovvero cattolici e comunisti. Del resto, dopo la fine dei governi di coalizione e le elezioni politiche del 1948, che portarono alla vittoria della Dc e dei suoi alleati di centro, è stato efficacemente notato che la contrapposizione tra i due mondi «si ripercuote anche nella gestione politica della cultura»3. Prima però è utile fornire qualche coordinata sul quadro internazionale, in particolare sulla strategia statunitense in Italia nel campo della Guerra Fredda culturale4. La ricezione dei film americani all’estero era infatti una questione di notevole importanza sia per il governo di Washington sia per Hollywood, ma le diverse priorità dei due ambienti crearono non poche frizioni. Dal punto di vista politico, fino al 1953 mancò un coordinamento strutturato tra i vari centri decisionali americani: la propaganda era divisa tra dipartimento di Stato, Central Intelligence Agency, Economic Cooperation Administration (l’ente che gestiva il piano Marshall) e servizi segreti militari. Vi era insomma un’assoluta insufficienza di direzione politica da parte di Washington5. Dal punto di vista cinematografico, alla fine della guerra Hollywood si trovò a fronteggiare una serie di barriere costituite da dazi, quozienti e altri tentativi europei di regolamentare l’afflusso di pellicole da oltreoceano nei mercati nazionali. Sicché dovette

moralità pubblica (1948-1960), in «Rivista di storia contemporanea», n. 1, 1992, pp. 143-179. La citazione è a p. 150. Per una contestualizzazione del rapporto tra moralità pubblica e il cinema, in relazione a sesso, famiglia, ordine pubblico, criminalità, violenza, lotte sociali, si veda F. Vigni, Buon costume e pubblica morale, in S. Bernardi (a cura di), Storia del cinema italiano, Marsilio-Edizioni di Bianco & Nero, Venezia-Roma 2004, vol. IX, 1954-1959, pp. 65-73. 3. E. Dagrada, Quanto la critica si divise. A proposito degli “anni Bergman”, in A. Martini (a cura di), L’antirossellinismo, Kaplan, Torino 2010, p. 84. Si rinvia all’intero saggio (pp. 80-119) per contestualizzare le diverse sensibilità nel panorama italiano (soprattutto tra i cattolici) rispetto al neorealismo e ad alcuni lavori di Roberto Rossellini. 4. Si veda in proposito F. Stonor Saunders, La guerra fredda culturale. La Cia e il mondo delle lettere e delle arti, Fazi, Roma 2004, nonché la rilettura che ne dà D.N. Eldridge, “Dear Owen”: The CIA, Luigi Luraschi and Hollywood, 1953, in «Historical Journal of Film, Radio and Television», n. 2, 2000, pp. 149196. Per uno sguardo europeo G. Scott-Smith, H. Krabbendam (a cura di), The Cultural Cold War in Western Europe (1945-1960), Routledge, New York 2003. 5. F. Stonor Saunders, op. cit., p. 134.

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svolgere anche una sorta di funzione diplomatica; fatto che ha indotto giustamente a parlare dell’industria cinematografica americana come «piccolo Dipartimento di Stato»6. Resta il fatto che il mercato italiano era considerato dai produttori di Hollywood «il più importante d’Europa»7. L’impatto via via sempre più capillare delle produzioni degli studios portò però a risultati opposti a quelli sperati dall’amministrazione democratica di Harry Truman. Addirittura, nel 1949 Hollywood fu giudicata da alcuni intellettuali liberal «il peggiore ambasciatore immaginabile per gli Stati Uniti», in grado di produrre solo «spazzatura deplorevole», e questo aveva convinto molti europei che negli Stati Uniti ci fossero solo «gangster, sadici, spogliarelliste, cowboy e grattacieli»8. Con il repubblicano Dwight D. Eisenhower alla Casa Bianca, eletto nel novembre 1952, molte cose cambiarono. Il successore di Truman intendeva la Guerra Fredda anche come una “guerra psicologica” per «conquistare le menti e la volontà degli uomini» e fu artefice di un’imponente riorganizzazione funzionale a combattere questa battaglia9. Nell’agosto 1953 nacque la United States Information Agency (USIA) che si concentrò sugli aspetti propagandistici e coordinò i vari uffici che già lavoravano all’estero presso ambasciate e consolati10.

6. P. Swann, Il «Piccolo Dipartimento di Stato»: Hollywood e il Dipartimento di Stato nell’Europa del dopoguerra, in D.W. Ellwood, G.P. Brunetta (a cura di), Hollywood in Europa. Industria, politica, pubblico del cinema 1945-1960, La casa Usher - Ponte alle Grazie, Firenze 1991, pp. 40-44. Cfr. anche G. Nowell Smith, S. Ricci (a cura di), Hollywood and Europe. Economics, Culture, National Identity, 1945-1995, The British Film Institute, London 1998. 7. G.P. Brunetta, Introduzione, in D.W. Ellwood, G.P. Brunetta (a cura di), op. cit., p. 13. 8. Citazioni tratte da un sondaggio del 1949 organizzato da un gruppo di cittadini americani del Common Council for American Unity, riportate in D.W. Ellwood, Il cinema e la proiezione del modello americano, in D.W. Ellwood, G.P. Brunetta (a cura di), op. cit., p. 25. 9. F. Stonor Saunders, op. cit., pp. 134-135. Il principale ispiratore della strategia americana fu C.D. Jackson, legato a Henry Luce nonché consigliere speciale per la propaganda del presidente. Su tali aspetti cfr. M. Del Pero, Gli Stati Uniti e la «guerra psicologica» in Italia (1948-56), in «Studi Storici», n. 4, ottobredicembre 1998, pp. 953-988. 10. S. Tobia, Advertising America. The United States Information Service in Italy (1945-1956), Led, Milano 2008, pp. 16-18.

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Il governo e Hollywood – guidati da interessi spesso divergenti – si muovevano in un contesto italiano segnato dal forte radicamento del PCI, da una DC troppo spesso riluttante ai dettami di Washington11 e da un mondo cattolico assai sensibile agli effetti del cinematografo sulla gioventù12.

Il ritiro di Blackboard Jungle dalla Mostra di Venezia del 1955 e le reazioni negli Stati Uniti e in Italia

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La rassegna veneziana si svolse dal 25 agosto al 9 settembre 1955. Il direttore era Ottavio Croze, che aveva già ricoperto la carica dal 1935 al 1942, mentre la giuria era composta da Mario Gromo (presidente, critico de «La Stampa»), Emilio Lonero, Jacques Doniol-Valcroze, Roger Manvell, Arthur Knight, Piero Gadda Conti, Carlo Ludovico Ragghianti e Domenico Meccoli. La manifestazione fu influenzata dal cosiddetto “spirito di Ginevra”, ossia un clima di distensione e cooperazione internazionale anche in campo culturale13. Uno dei film americani in concorso era Blackboard Jungle, adattamento cinematografico del poliedrico Richard Brooks14 del romanzo omonimo di Evan Hunter, uscito l’anno prima negli

11. Su questa riottosità si veda M. Del Pero, L’alleato scomodo. Gli Usa e la Dc negli anni del centrismo (1948-1955), Carocci, Roma 2001. 12. Sul rapporto tra i cattolici italiani e il cinema negli anni Cinquanta, oltre all’analisi seminale di G.P. Brunetta, Cattolici e cinema, in G. Tinazzi (a cura di), Il cinema italiano degli anni ’50, Marsilio, Venezia 1979, pp. 305-321, ripresa in Id., Storia del cinema italiano, vol. 3, Dal neorealismo al miracolo economico, 1945-1959, Editori Riuniti, Roma 2001, pp. 97-126, si vedano i contributi pubblicati in D. Biltereyst, D. Treveri Gennari (a cura di), Moralizing Cinema. Film, Catholicism and Power, Routledge, New York-London 2014. 13. A. Lanocita, “Première” al Festival con un film giapponese, in «Corriere della Sera», 26 agosto 1955, sottolinea la presenza della Russia sovietica dopo due anni di assenza. L’elenco completo dei film proiettati, divisi per soggetto e per nazione, è consultabile in F. Paulon (a cura di), Il cinema dopo la guerra a Venezia. Tendenze ed evoluzioni dei film (1946-1956), Edizioni dell’Ateneo, Roma 1956, pp. 227-236. Si veda anche Id., La dogaressa contestata. La favolosa storia della mostra di Venezia: dalle regine alla contestazione, Trevisanstampa, Mestre 1971. 14. Brooks (1912-1992) fu anche scrittore, sceneggiatore e produttore. Tra le sue opere successive segnaliamo Wrong is Right (Obiettivo mortale, 1982), una storia di fantapolitica e intrighi internazionali in cui venivano effettuati attentati di matrice islamica, uno dei quali (poi sventato) aveva come obiettivo il World Trade Center di New York.

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Stati Uniti e tradotto in Italia dagli Editori Riuniti. Raccontava la drammatica realtà di una scuola frequentata da studenti violenti e, in particolare, il difficile rapporto tra un insegnante (interpretato da Glenn Ford) e alcuni ragazzi. Si chiudeva però con un messaggio positivo: il ragazzo più incline alla delinquenza veniva allontanato dalla scuola e, nonostante molte peripezie, il professore riusciva a ricucire il rapporto con gli studenti e con la moglie, nel frattempo logoratosi anche a causa delle condizioni lavorative problematiche. Dopo una preview privata, Clare Boothe Luce lo giudicò un film degenere. Per quanto il finale fosse moralmente ineccepibile, la pellicola veicolava un’immagine controproducente degli Stati Uniti, e in più arrivava in Italia in un periodo segnato da fibrillazioni politiche e da governi instabili, che caratterizzarono tutta la II legislatura (1953-1958). Così l’ambasciatrice annunciò che avrebbe disertato la Mostra qualora l’opera fosse stata proiettata, e nemmeno la promessa della MGM di anteporre una didascalia sull’atipicità delle scene rispetto alla vita normale delle scuole americane le fece cambiare idea15. A quel punto il film venne ritirato e sostituito da Interrupted Melody (Oltre il destino, 1955) di Curtis Bernhardt, la storia vera di una cantante lirica di successo che si ammala di poliomielite e guarisce miracolosamente nel finale, proprio durante un’esibizione. Un film che, tra l’altro, era stato selezionato in luglio ma poi scartato per volontà di Ottavio Croze, che aveva chiesto alla MGM di trovare «qualche film più interessante e più adatto alla Mostra»16. Tutto questo avveniva durante una rassegna molto discussa, tanto che altri due lungometraggi furono ritirati per problemi politici simili17. Del resto, fatti del genere non si verificarono solo in Italia. Nel 1953 l’ambasciata americana in Grecia riportò lo scal-

15. F. Minganti, Rock’n’roll & beat. L’Italia e la musica giovanile americana, 1958-1964, in P.P. D’Attorre (a cura di), Nemici per la pelle. Sogno americano e mito sovietico nell’Italia contemporanea, Franco Angeli, Milano 1991, p. 431. 16. Lettera di O. Croze a G. Brusasca, 26 agosto 1955, Archivio Storico del Comune di Casale Monferrato, Archivio Giuseppe Brusasca, b. 95, f. 256. 17. Si tratta dello spagnolo El canto del gallo (Il canto del gallo, regia di Rafael Gil, 1955) e del cecoslovacco Jan Hus (Id., regia di Otakar Vávra, 1955). Si veda F. Paulon, Cronaca dei dieci anni dopo (1946-1956), in Id. (a cura di), op. cit., p. 3.

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pore suscitato da The Big Carnival (L’asso nella manica, 1951) di Billy Wilder, da cui emergeva «un quadro piuttosto disastroso del carattere americano», a tal punto che in due ore il film annullava «due anni di lavoro con l’Usis [nome degli uffici dell’Usia adibiti alla propaganda all’estero]». L’anno dopo l’ambasciata di Oslo approvava la censura del governo verso The Wild One (Il selvaggio, 1953) di László Benedek, con Marlon Brando, un film che poteva essere interpretato come ulteriore prova dell’edonismo sfrenato della delinquenza giovanile e della violenza di massa che imperversavano negli Stati Uniti (o almeno così si riteneva in gran parte d’Europa)18. In questi anni, dunque, la maggior parte dei resoconti delle rappresentanze diplomatiche sugli effetti dei film americani erano «verifiche dei danni»19. La decisione di Clare Boothe Luce fu poi al centro di un controverso dibattito sia negli Stati Uniti sia in Italia. Oltreoceano le polemiche non furono unicamente volte a condannare il suo interventismo; anzi, come dimostra una cospicua documentazione, l’ambasciatrice ricevette numerosissime lettere che la incitavano a persistere nella sua coraggiosa difesa dell’immagine americana nel mondo. Si tratta di missive provenienti da semplici cittadini, da insegnanti, da politici, ma anche da produttori, autori e registi. Era il caso di Ted Sherdeman (sceneggiatore tra l’altro di Them! (Assalto alla Terra, G. Douglas, 1954), secondo cui «nessun film negli ultimi dieci anni era stato così nemico degli interessi americani» quanto Blackboard Jungle20. Anche Joseph L. Mankiewicz, regista di All about Eve (Eva contro Eva, 1950) e del kolossal Julius Caesar (Giulio Cesare, 1953), interpretato da Marlon Brando, solidarizzò con l’ambasciatrice. Riteneva i festival cinematografici europei «un pericolo» e nient’altro che «un

P. Swann, op. cit., pp. 49-52. Ivi, p. 51. 20. Lettera di T. Sherdeman a C.B. Luce, 26 agosto 1955, National Archives and Records Administration, College Park (MD), Record Group 84, Records of the Foreign Service Posts of the Department of State, Italy, U.S. Embassy, Rome, Records of Clare Boothe Luce, 1955-57 (d’ora in poi NARA, RG 84), Box 1, folder Blackboard Jungle. Traduzione nostra dell’originale: «It is my considered opinion that no picture of the past ten years has been inimical to American interest, even here at home». 18. 19.

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palcoscenico per la boria intellettuale di chi diffama i costumi e la società degli Stati Uniti»21. Per quanto riguarda l’Italia, è nota l’ostilità della sinistra comunista verso le produzioni di Hollywood22, ma stavolta gli ambienti vicini al PCI difesero l’opportunità di proiettare il film di Brooks. Il quotidiano «l’Unità» sottolineò la gravità dei fatti riportando integralmente il comunicato del direttore generale della MGM Lee Kamern. Nel testo si possono leggere accuse verso l’ambasciatrice, che sfruttando la propria posizione avrebbe influenzato la censura, «pericolosissima se imposta tramite abuso di poteri». Il comunicato inoltre precisava che la casa di produzione non avrebbe mai limitato la sua attività «a soli films [sic] di soggetto idilliaco», come avrebbe voluto Clare Boothe Luce23. Più articolate le riflessioni affidate a «Rinascita», il mensile del PCI diretto da Palmiro Togliatti. Il critico Umberto Barbaro analizzava la XVI Mostra di Venezia ponendo in risalto «il precipitoso declinare delle cinematografie di Hollywood e dei Paesi occidentali, di fronte alla cinematografia sovietica». Al di là di queste e altre forzature interpretative, il passaggio sul caso Blackboard Jungle è piuttosto interessante in virtù di un elogio dell’autocritica, che non può propriamente dirsi un tratto distintivo del PCI di allora: La Giungla della scuola [traduzione ufficiosa che circolava nella stampa dell’epoca] avrebbe sollevato le sorti della selezione americana se è vero quanto si dice della sua qualità artistica e, lungi dal gettar discredito sul Paese che l’ha prodotto, gli avrebbe fatto onore e procurato simpa-

21. È uno dei venti commenti di varie personalità riportati nel telegramma di C.B. Luce al Segretario di Stato e all’Usia, 14 settembre 1955, in Ivi. In originale: «[…] the danger of European film festivals as sounding board for intellectual condescension and distortion of American manners and mores». 22. Sull’identificazione di Hollywood con la reazione e con un’industria volta a stimolare i più bassi istinti del pubblico si veda S. Gundle, I comunisti italiani tra Hollywood e Mosca. La sfida della cultura di massa (1943-1991), Giunti, Firenze 1995. Sull’accento moralizzatore, che portava la stampa comunista ad accusare il governo di far entrare in Italia «gangsters, poliziotti, delinquenti e psicopatici, nei quali non si fa che esaltare le più bestiali forme di degradazione», cfr. G.P. Brunetta, Stati Uniti e Italia, cit., p. 68. 23. Citazioni tratte da La Metro Goldwyn Mayer protesta contro le interferenze dell’ambasciatore Luce, in «l’Unità», 2 settembre 1955.

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tie: perché torna sempre ad onore di un popolo il fatto di saper fare, attraverso i propri artisti, coraggiose denunce autocritiche24.

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Nei mesi successivi alla rassegna veneziana il cinema fu al centro di un intenso dibattito su «l’Unità»: un’ulteriore prova della centralità di questo strumento nel discorso politico comunista25. Inoltre, il quotidiano socialista «Avanti!» condannò lo «scandaloso intervento ricattatorio della signora Luce». E per il futuro della Mostra preconizzava i danni arrecati dalle «furie scatenate e coalizzate delle vecchie zitelle e degli pseudo-critici di educazione falangista»26. Gli ambienti cattolici del dopoguerra, invece, restavano influenzati dall’enciclica Vigilanti Cura di Pio XII, pubblicata nel 1936. Il pontefice aveva insistito sul duplice obiettivo di «ostacolare la diffusione dei film “immorali” e di favorire una produzione conforme alla dottrina cattolica»27, con un’attenzione peculiare alla gioventù. E tra guerra e dopoguerra il Centro Cattolico Cinematografico (CCC), presieduto da Luigi Gedda, tentò di realizzare un’industria cinematografica cattolica che potesse controbilanciare l’invasione americana28. Ma l’operazione non ebbe il successo sperato, e per il Vaticano i film di Hollywood vennero considerati il male minore rispetto alle opere del neorealismo italiano29.

24. U. Barbaro, La XVI Mostra d’arte cinematografica di Venezia, in «Rinascita», n. 9, settembre 1955. 25. U. Casiraghi, I travagli del cinema italiano e della critica nei rapporti col pubblico, in «l’Unità», 24 novembre 1955; Id., Il cinema: vediamolo insieme, in «l’Unità», 27 novembre 1955, a cui seguirono gli interventi di G.C. Ferretti (1 dicembre), M. D’Arsago (8 dicembre), R. Matarazzo (18 dicembre), M. Marini (23 dicembre), U. Barbaro (29 dicembre). 26. C. Terzi, La Mostra delle imposizioni, in «Avanti!», 17 settembre 1955. 27. B.P.F. Vanrooij, Decenza e dollari. I cattolici italiani e Hollywood (19451960), in D.W. Ellwood, G.P. Brunetta, op. cit., pp. 134-135. Per contestualizzare si rinvia a V. De Grazia, L’impero irresistibile. La società americana dei consumi alla conquista del mondo, Einaudi, Torino 2006, pp. 320-321. 28. Si vedano in proposito E. Preziosi (a cura di), Luigi Gedda nella storia della Chiesa e del Paese, Ave, Roma 2013; R. Eugeni, D.E. Viganò (a cura di), Attraverso lo schermo. Cinema e cultura cattolica in Italia, 3 voll., Fondazione Ente dello Spettacolo, Roma 2006. 29. D. Treveri Gennari, Post-War Italian Cinema. American Intervention, Vatican Interests, Routledge, New York 2009, pp. 90-100.

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Oltre a contenere molte scene di violenza, Blackboard Jungle lanciò la canzone Rock Around the Clock di Bill Haley, che pareva un altro elemento di destabilizzazione della gioventù. Andava quindi a toccare una corda particolarmente sensibile tra i cattolici, attenti all’educazione dei giovani e molto timorosi dell’impatto che potevano avere le gangs americane o il James Dean di Rebel Without a Cause (Gioventù bruciata, N. Ray, 1955), uscito in Italia nel 1956. Del resto, si erano levate da tempo voci che chiedevano una maggiore protezione dalle insidie del cinematografo. Già nel 1947 il vice assistente centrale della gioventù italiana dell’Azione cattolica, Don Giuseppe Nebiolo, rilevava che con il cinema il giovane «sogna di vivere in un mondo irreale», dove trionfa «la dittatura dell’istinto sull’adolescente»30. Tuttavia, la mancata proiezione del film di Brooks non suscitò particolare clamore nella stampa di orientamento cattolico. I principali quotidiani di riferimento della DC – «Il Popolo», «L’Avvenire d’Italia», «L’Italia» – si limitarono a registrare il fatto e l’influente «Rivista del Cinematografo» fece altrettanto, senza mai entrare nel merito. Un silenzio che è ragionevole interpretare come silenzio-assenso: non alimentava polemiche ma lasciava trasparire soddisfazione. Nemmeno il quotidiano della Santa Sede prese posizione, dedicando spazio alla Mostra solo con un articolo sulla rassegna cinematografica di film per ragazzi, che si svolgeva sempre a Venezia in quei giorni. Restava comunque un fortissimo sospetto nei confronti del mezzo cinematografico: un sospetto non condiviso da tutto il mondo cattolico, certo, ma che albergava in buona parte delle gerarchie ecclesiastiche: Il cinema, con le sue immagini in movimento, rischia di compromettere, attraverso i suoi idoli, duemila anni di esperienze pedagogiche. Infatti qualsiasi principio educativo può essere demolito in un’ora e mezza

30. Citato in B.P.F. Vanrooij, op. cit., pp. 144-145. Sull’influenza di Rock Around the Clock e della musica americana in Italia si veda I. Piazzoni, Dal jazz al rock and roll. La musica americana nell’Italia del dopoguerra tra passioni e resistenze, in E. Scarpellini, J.T. Schnapp (a cura di), Italiamerica. Il mondo dei media, Il Saggiatore-Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano 2012, pp. 91-93.

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di proiezione cinematografica, se il film non è educativo. E quasi tutti i films sono almeno non-educativi, quando non sono anti-educativi31.

Dalla censura alla distribuzione nelle sale italiane (per adulti con riserva)

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Ma quale fu in seguito il destino italiano di Blackboard Jungle? Nel novembre 1955 non ebbe il nulla osta governativo perché «offensivo del decoro e del prestigio della istituzione della scuola» e per la presenza di «numerose scene di crudeltà»32. Fatti che con la Guerra Fredda e con il crescente antiamericanismo paventato dalla Luce avevano ben poco a che fare. A quel punto il direttore generale della MGM Lee Kamern e il referente per l’Europa Elias Lapinere tentarono di trovare interlocutori che agevolassero la diffusione della pellicola in Italia. Chi ricevette le maggiori pressioni fu naturalmente Giuseppe Brusasca, a quel tempo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo spettacolo nel I governo di Antonio Segni (9 luglio 1955-19 maggio 1957)33. I dirigenti della casa produttrice sospettavano che la censura fosse in qualche modo legata al boicottaggio dell’ambasciatrice e perciò ritennero opportuno segnalare a Brusasca la ricezione del film in numerosi Paesi stranieri, tanto in termini di censura quanto di critica. Così, da un dettagliato e inedito 31. V.Z., Pedagogia educativa, in «L’Osservatore Romano», 2 settembre 1955. Dello stesso tenore G.G., Pedagogia d’oggi, in «L’Osservatore Romano», 11 settembre 1955. In proposito cfr. D. Treveri Gennari, op. cit., pp. 43-52. 32. Citazioni tratte dal parere negativo dell’8 novembre 1955 alla domanda di revisione del 27 ottobre. Seguì poi un ricorso della MGM. Per tutto ciò si veda la documentazione in fasc. 20088-89. Il seme della violenza (Blackboard Jungle), Presidenza del Consiglio dei Ministri, Servizi Spettacolo, Informazioni e Proprietà Intellettuale, oggi conservato presso il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Cinema (d’ora in poi MiBACT, DGC). 33. Brusasca (1900-1994), avvocato, iscritto al Partito popolare italiano, prese parte alla Resistenza dopo l’8 settembre 1943 e fu tra i protagonisti della costituzione della Democrazia Cristiana. Nel dopoguerra venne eletto alla Costituente e tra il 1947 e il 1951 ricoprì ad interim la carica di Ministro dell’Africa italiana. Fu inoltre sottosegretario di Stato agli Esteri (1947-1951) nei governi De Gasperi e alla Presidenza del Consiglio nel I governo Segni (1955-1957). Restò in Parlamento fino al 1972. Per approfondimenti si veda la voce redatta da G. Formigoni per il sito dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria “Carlo Gilardenghi” http://www. isral.it/web/web/risorsedocumenti/2%20giugno_costituenti_brusasca.htm.

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report apprendiamo che 13 Stati su 29 lo avevano approvato per tutti e senza modifiche, mentre gli altri avevano richiesto tagli e riservato la visione ai maggiori di 12, 16 o 18 anni, a seconda del Paese. Nessun governo ne aveva impedito la distribuzione. Da notare poi che tutti gli Stati americani approvarono la pellicola senza alcuna limitazione, tranne il Massachusetts che chiese l’eliminazione di appena tre parole. In Germania il film vinse anche un riconoscimento da parte del German Evaluation Board, un organo governativo composto da funzionari pubblici, liberi professionisti, giornalisti e imprenditori del settore cinematografico34. Le segnalazioni si fecero di giorno in giorno sempre più insistenti, tant’è che in un appunto per il sottosegretario Brusasca proveniente dalla Direzione Generale dello Spettacolo si legge: «Continuo a ricevere pressioni per questo film, deve essere esaminato con grande attenzione dal CCC»35. Per di più, il diffusissimo settimanale «Time», edito da Henry Luce (marito di Clare), scriveva che i revisori dell’esercito e dell’aviazione statunitense avevano permesso la proiezione della pellicola nei cinema riservati alle Forze Armate, pur avendola in un primo momento vietata36. Dopo aver cercato invano di ammorbidire la posizione di Brusasca, la casa di produzione pensò perfino di rivolgersi a Clare Boothe Luce, tra l’altro del tutto estranea alla decisione italiana di negare il nulla osta. Avvenne nel novembre 1956, quando il mandato dell’ambasciatrice era in scadenza, tanto che non rispose nemmeno alla calorosa e alquanto remissiva lettera di George Murphy, direttore delle relazioni esterne della MGM. Una laconica replica giunse tramite un consigliere d’ambasciata, che negò ogni possibilità di pressione sul governo italiano37.

Lettera di L. Kamern a G. Brusasca, 14 novembre 1955, a cui veniva allegato il report dettagliato Paese per Paese, MiBACT, DGC, fasc. 20088-89. Il seme della violenza (Blackboard Jungle), cit. 35. Appunto per S.E. il sottosegretario di Stato, 25 novembre 1955, in Ivi. 36. Appunto per il direttore generale, Direzione Generale dello Spettacolo, 21 novembre 1955, in Ivi. 37. Si vedano G. Murphy a C.B. Luce, 12 novembre 1956; N. Nordess a G. Murphy, 28 novembre 1956, in NARA, RG 84, cit. L’ambasciatrice formalizzò le dimissioni il 23 novembre 1956 e fu sostituita da James Zellerbach, che prese servizio nel gennaio 1957. 34.

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Solo nel marzo 1957 il discusso film fu sottoposto a nuova revisione ed entrò nel circuito di distribuzione italiana con il titolo Il seme della violenza. Fu vietato ai minori di 16 anni, amputato di una scena (quella del «giovane studente con la faccia insanguinata») e notevolmente ridotto in una sequenza (la lotta tra il professore e il ragazzo in aula). Erano infatti ritenute «scene truci e ripugnanti», dunque inopportune38. Dal CCC fu poi valutato Ar (per adulti con riserva) e venne giudicato un’opera modesta dal punto di vista artistico: avrebbe ottenuto «il solito interesse di quel pubblico ancora tenacemente attaccato alle vicende morbose e aspre»39. La stampa comunista, invece, non fu particolarmente stimolata dalla soluzione della disputa. In conclusione, il caso Blackboard Jungle avrebbe potuto essere liquidato come un episodio di ingerenza americana nel quadro della Guerra Fredda, ma in realtà pare essere ben più ricco e complesso. Ha fatto emergere un dissidio tra l’ambasciata, interessata alla difesa del buon nome americano, e la MGM, orientata a massimizzare i profitti. Altrettanto evidente fu la distanza tra le critiche di socialisti e comunisti e il silenzioassenso dei cattolici. E da diverse prospettive si muovevano Clare Boothe Luce e il CCC. L’ambasciatrice vedeva solo le conseguenze politiche (la crescita dell’antiamericanismo) che sarebbero derivate dalla proiezione, mentre le preoccupazioni del CCC erano di natura educativa e morale. Non a caso Interrupted Melody – la pellicola molto gradita all’ambasciata che sostituì Blackboard Jungle – ricevette stroncature dalla critica cattolica per l’assenza di quell’afflato pedagogico ritenuto indispensabile dalla Vigilanti Cura40. Il che conferma il sospetto cattolico verso il cinema ame38. Domanda di revisione, 4 marzo 1957, in MiBACT, DGC, fasc. 23704. Blackboard Jungle. 39. G.L. Rondi, Il seme della violenza, in «Rivista del Cinematografo», n. 4, aprile 1957, pp. 135-136. 40. La «Rivista del Cinematografo» lo definì un «commercialissimo spremilacrime» (cfr. G. Carancini, Delusione americana, in «Rivista del Cinematografo», nn. 9-10, settembre-ottobre 1955, p. 15). Negative le recensioni di M. Morandini, Un film di cassetta lanciato dalla “polio”, in «La Notte», 8-9 settembre 1955 e A. Lanocita, Pedagogia e melodramma sullo schermo del Lido, in «Corriere della Sera», 9 settembre 1955. «Avanti!» lo giudicò un «lacrimogeno polpettone indegno di essere presentato a un Festival come quello di Venezia», cfr. C. Terzi, Paralitiche miracolate che camminano nel film imposto dalla signora Luce,

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ricano, ma al contempo suggerisce di soppesare adeguatamente condizionamenti di carattere internazionale (spesso sopravvalutati) e interno (spesso sottovalutati): la preoccupazione dirimente del CCC e della censura era preservare la moralità pubblica, non arginare l’antiamericanismo. Se è vero, quindi, che la centralità dei cattolici fu resa possibile dagli equilibri bipolari, la vicenda del film di Brooks rivela quanto l’alleanza tra Stati Uniti, DC e Vaticano fosse molto sfaccettata al suo interno; e quanto originasse dall’avversione per il comunismo assai più che da una condivisione di valori e interessi.

in «Avanti!», 9 settembre 1955. Molto duro ovviamente U. Casiraghi, Un brutto film a fumetti che piace all’ambasciatore Luce, in «l’Unità», 9 settembre 1955.

Una rivista che si colloca su una terra di confine in buona parte ancora da esplorare. Ogni numero presenta contributi interdisciplinari focalizzati su un tema monografico e uniti da un filo comune: lo studio dell'immaginario e delle sue interazioni con la realtà, quale ideale luogo di incontro e dialogo tra il cinema, gli audiovisivi, la cultura visuale e la storia.

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nella storia del cinema italiano gli anni cinquanta si impongono come il decennio più lungo del secolo breve. cominciano, infatti, già nel 1948 e si prolungano compatti fino alle soglie del 1960. da un lato, intrecciano la storia del cinema con quella della neonata repubblica italiana, che vede concretarsi i risultati più significativi del laborioso processo di ricostruzione post-bellica proprio nel 1948, quando la parabola del neorealismo conosce la consacrazione ufficiale e al tempo stesso registra le prime avvisaglie di una crisi destinata a monopolizzare il dibattito critico – e non solo quello – per tutti gli anni cinquanta. dall’altro, a fronte di un inizio anticipato così denso e coeso, l’intero decennio procede all’insegna dei complessi scenari della guerra Fredda, le cui ripercussioni condizionano variamente la politica interna e la gestione politica della cultura. È in questo clima rovente che prende avvio il faticoso cammino verso il miracolo economico, accompagnato dalle prime avvisaglie di una modernità nostrana e dall’emancipazione di un pubblico che al neorealismo preferisce da sempre melodrammi, commedie e soprattutto i divi d’oltreoceano. Questo numero di «cinema e Storia» cerca di restituire la complessità di una stagione culturale che occupa un posto centrale nella storia dell’italia repubblicana, la cui eredità è a ben vedere ancora viva e quanto mai attuale.

PrOgETTO graFicO: inrETE FOTO: Fernandel e gino cervi - Immagine tratta dal film “Don Camillo e l'onorevole Peppone” di Carmine Garrone

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ANNI CINquANTA

Elena Dagrada, Enrico Gaudenzi, Silvio Berardi, Francesco Paolella, Michele Guerra, Federico Robbe, Federico Vitella, Chiara De Santi, Paolino Nappi, Maurizio Zinni, Luca Malavasi, Angela Brindisi, Elio Frescani, Mauro Giori, Lucia Cardone, Paolo Simoni, Danielle Hipkins, Sarah Culhane, Silvia Dibeltulo, Daniela Treveri Gennari, Catherine O’Rawe, Mariagrazia Fanchi, Chiara Gelato, Marco Olivieri, Luca Peretti, Damiano Garofalo

CINEMA E STORIA 2016

Cinema e Storia 2016

Cinema e Storia

2016

Anni Cinquanta Il decennio più lungo del secolo breve a cura di ElEna dagrada

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