\'In memoriam\' Riccardo Quinto

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V.1. IN MEMORIAM RICCARDO QUINTO Breves dies hominis sunt et numerus mensium eius infra primos limites cohortatur. Questo versetto del libro di Giobbe (14:5) costituisce l’incipit di una summa del XII secolo che figura fra i tanti testi inediti studiati da 1 Riccardo Quinto nella sua breve ma intensa carriera di studioso . I breves dies di Quinto terminarono nella sua casa di Conegliano (Treviso) all’alba di domenica 3 agosto 2014, nel mezzo di un’estate insolitamente avara di sole e di caldo. Era domenica anche il 12 marzo 1961, quando egli nacque a Pieve di Cadore (Belluno), unico figlio di Gilberto, un commerciante di Isola della Scala (Verona), e di Gabriella Piva, una commessa di Ferrara. Diplomatosi al liceo classico di Conegliano, si iscrisse all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano, dove conseguì nel 1984 la laurea e nel 1990 il dottorato di ricerca in Filosofia. Completò la sua formazione con soggiorni di studio a Monaco di Baviera, Copenaghen, Leuven e Louvainla-Neuve, affinando e incrementando le sue molteplici competenze linguistiche, che si estendevano sino a includere nozioni di danese, fiammingo e polacco. Uno dei suoi argomenti di conversazione preferiti era la grammatica delle lingue straniere, durante quelli che egli definiva, riprendendo l’espressione di un amico, “i quarti d’ora glottologici”. La sua predilezione, tuttavia, restava il latino, che padroneggiava a meraviglia e con cui infiorava i suoi messaggi di posta elettronica e persino i suoi sms. Fu grazie a una delle sue numerose conoscenze e amicizie internazionali, quella con David d’Avray, che Quinto nel 1997 conobbe a Londra una dottoranda inglese, Hilary Siddons, la quale sarebbe divenuta sua moglie l’anno dopo e gli 2 avrebbe dato i suoi “piccoli tesori” Isabelle e Angelo. Vinse giovanissimo il concorso ordinario come insegnante di Lettere nella scuola media. Dal 1995 al 1998 fu preside della Scuola Italiana di Winterthur (Svizzera). Nel 1998 prese servizio come ricercatore presso l’allora Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Padova, dove nel 2006 diventò professore associato, ruolo da lui ricoperto sino al 31 dicembre 2013, quando le conseguenze del male subdolo che lo aveva col1

Cf. R. QUINTO, “Doctor Nominatissimus”. Stefano Langton (†1228) e la tradizione delle sue opere (Beiträge zur Geschichte der Philosophie und der Theologie des Mittelalters, Neue Folge 39), Münster i.W. 1994, 43-53. 2 Manoscritti medievali (citato infra alla nota 10), 57. Bulletin de philosophie médiévale 56 (2014), X-XX. DOI: 10.1484/J.BPM.1.XXXXX © 2015, Brepols Publishers, n.v. All rights reserved.

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pito nel 2011 lo obbligarono ad andare in pensione anticipata per motivi di salute. Non abitò mai a Padova, scegliendo la vita del pendolare in treno (da Conegliano o da Ferrara) per venire incontro alle esigenze della sua famiglia. Pur essendo un medievista, il settore scientifico-disciplinare in cui era inquadrato non fu la Storia della filosofia medievale (M-FIL/08), bensì la Storia della filosofia (M-FIL/06), un settore meno specifico e tradizionalmente orientato piuttosto verso la filosofia moderna e contemporanea. Inoltre, il suo incardinamento nella Facoltà di Scienze della Formazione lo costrinse a insegnare Storia della filosofia in corsi di laurea non filosofici. Solamente nell’A.A. 2001-2002 poté insegnare, per la prima e unica volta, Storia della filosofia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia. Ciò ridusse sensibilmente le sue possibilità di reclutare allievi tra gli studenti patavini (di fatto ne ebbe solamente due, cioè Magdalena Bieniak e Caterina Tarlazzi), ma non gli impedì di diventare punto di riferimento per numerosi giovani studiosi del XII e XIII secolo, formatisi inizialmente in altri atenei, che trovavano in lui una guida estremamente competente e uno studioso disponibile, pronto a coinvolgerli in stimolanti progetti di ricerca. Varie e rilevanti furono le membership scientifiche di Quinto. In particolare, egli fu membro del Centro Interdipartimentale di Ricerca di Filosofia Medievale “Carlo Giacon” – CIRFIM (Padova), che diresse dal 2005 al 2008, e del consiglio di presidenza (Vorstand) dell’Internationale Gesellschaft für Theologische Mediävistik (IGTM), per la quale svolse i compiti di Publications Manager. Il recente volume Fides Virtus, che Quinto fece in tempo a vedere poco prima di morire, contiene gli atti del convegno internazionale della IGTM celebrato a Padova dal 6 al 9 luglio 2011 e organizzato da Quinto stesso insieme ad altri colleghi in collaborazione con la 3 Facoltà Teologica del Triveneto e il Centro Studi Antoniani . Direttore responsabile di Medioevo. Rivista di Storia della Filosofia medievale (Padova) e co-editor di Medieval Sermon Studies (Leeds), Quinto fece inoltre parte del comitato di redazione di Archa Verbi. Yearbook for the Study of Medieval Theology e della collana “Sermo. Studies on Patristic, Medieval, and Reformation Sermons and Preaching” (Turnhout). 4

La sua bibliografia scientifica sino al 2011 conta quattro libri, cinque curatele di volumi collettivi (tra i quali tre numeri di Medioevo), quaranta3

Fides Virtus. The Virtue of Faith from the Twelfth to the Early Sixteenth Century (Archa Verbi. Subsidia 12), ed. M. FORLIVESI, R. QUINTO and S. VECCHIO, in association with G. LIBONI and C. TARLAZZI, Münster i.W. 2014. 4 Consultabile all’indirizzo http://www.academia.edu/8564592/Riccardo_QUINTO_.

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quattro articoli su rivista e contributi a miscellanee, sette articoli per dizionari e undici recensioni. Tra i lavori in corso di stampa, si segnala in particolare l’importante contributo alla nuova edizione del Grundriß der Ge5 schichte der Philosophie di Friedrich Überweg . Per comprendere le caratteristiche e il significato delle ricerche di Quinto conviene cominciare dalla sua tesi di laurea, intitolata Il significato di Timor nella lingua e nella dottrina di Tommaso d’Aquino. Relatore della tesi fu Angelo Pupi (1927-2011), il quale non era un medievista, ma uno studioso della filosofia tedesca del Settecento, in particolare di Johann Georg Hamann. Il lavoro storico-filosofico di Pupi aveva tuttavia un carattere spiccatamente filologico, congeniale alle inclinazioni intellettuali di Quinto e alla sua preferenza per il pensiero medievale. Emblematica è l’epigrafe che Quinto sceglierà per il suo primo libro, una citazione tratta da Penser au Moyen Âge di Alain de Libera (73): “Quelle démarche doit être celle du philosophe médiéviste? La réponse est difficile et coûteuse. On la trouvera sans doute décevante. Elle tient en un mot: philologie”. Si può ben dire che la filologia applicata ai testi teologici medievali sia stata la cifra dell’attività di ricerca di Quinto fin dall’inizio. La filologia a cui Quinto fece ricorso nella sua tesi di laurea fu anzitutto, etimologicamente, amore per la parola, studio attento del lessico di un autore. Uno studio che, all’inizio degli anni Ottanta, cominciava ad avvalersi delle risorse dell’informatica. Quando Quinto si mise a preparare la sua tesi, era ancora fresco di stampa l’ultimo dei 56 volumi dell’Index Thomisticus ideato da padre Roberto Busa (1913-2011). Per la prima volta era possibile rintracciare con precisione le occorrenze di uno stesso termine in tutta la vastissima opera di Tommaso. Quinto comprese che la ricerca lessicografica non avrebbe più potuto prescindere da simili strumenti, e nello stesso tempo che l’analisi linguistica e terminologica doveva accompagnare e non sostituire l’ermeneutica concettuale. Frutto immediato del suo lavoro di tesi fu la sua prima pubblicazione, un articolo intitolato “Timor e timiditas. Note di lessicografia tomista”, apparso nel vol. 77 della Rivista di Filosofia neo-scolastica (1985, 387410). Nella stessa rivista uscì, tre anni dopo, la seconda pubblicazione di Quinto, un breve articolo dal sottotitolo significativo: “Latino patristico e 5

“Historisch-topographische Darstellung der Philosophie des 12. Jahrhundert. Kap. 2 §6. Frankreich (nach Kirchenprovinzen). 1. Arles, Besançon, Narbonne, Reims, Rouen”, in [Friedrich Ueberwegs] Grundriß der Geschichte der Philosophie. Mittelalter 3: 12. Jahrhundert, hrsg. von R. IMBACH und Th. RICKLIN, Basel (in Vorbereitung).

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latino scolastico. Dalla comprensione della lingua all’interpretazione del pensiero” (115-23): si tratta del resoconto di uno dei “Colloques d’Humanisme médiéval”, in cui furono presentati i Thesauri di Agostino, Gregorio Magno e Bernardo di Chiaravalle realizzati dal CETEDOC, il Centre de Traitement Electronique des Documents dell’Université Catholique de Louvain. La sua sensibilità filologica si evince anche dalla prima recensione da lui firmata, dedicata agli atti di un seminario internazionale 6 sulla Grafia a interpunzione del latino del medioevo . Il tema del timor spinse Quinto a ricostruire il retroterra, tanto linguistico quanto concettuale, della concezione tomista. Sorsero di qui altri due articoli, uno su “Il timor reverentialis nella lingua della scolastica” e l’altro “Per la storia del trattato tomistico de passionibus animi. Il timor nella letteratura teologica fra il 1200 e il 1230ca”, pubblicati rispettivamente nell’Archivum Latinitatis Medii Aevi 48-49 (1990, 103-43) e nella miscellanea Thomistica a cura di Eugene Manning (Leuven 1995, 35-87). Questa indagine fu uno dei fattori che portarono Quinto a incrociare l’autore al quale avrebbe poi dedicato la pars potior delle sue ricerche fino a diventarne il massimo esperto in assoluto: Stephen Langton, maestro di teologia a Parigi a cavallo tra XII e XIII secolo e morto come arcivescovo di Canterbury nel 1228. Nel 1992 Quinto pubblicò le Quaestiones di Langton sul timor di Dio nei Cahiers de l’Institut du Moyen Age grec et latin 62 (77165). Il suo perdurante interesse per questo argomento è documentato da un articolo del 2009 concernente testi sul timore di Dio ricollegabili 7 all’insegnamento di Langton . L’opera langtoniana e la sua tradizione furono l’oggetto della dissertazione di dottorato di ricerca in Filosofia di Quinto, svolta alla Cattolica 8 sotto la guida di Pupi e discussa il 16 ottobre 1990 . Già nel 1989 egli aveva pubblicato l’edizione del Prologus generalitatum di Langton, dal mano6

A cura di A. MAIERÙ (Lessico Intellettuale Europeo 41), Roma 1988, in Rivista di Filosofia neo-scolastica 80 (1988), 303-4. 7 “Dalla discussione in aula alla Summa quaestionum theologiae di Stefano Langton: Testi sul timore di Dio dal ms. Paris, BnF, lat. 14526 e Erlangen, UniversitätsbibliothekHauptbibliothek, 260”, in Rivista di Storia della Filosofia 64 (2009), 363-98. Sulla dottrina del dono del “timor di Dio” verte anche l’articolo “Le Commentaire des Sentences d’Hugues de St.-Cher et la littérature théologique de son temps”, in Hugues de Saint-Cher (†1263), bibliste et théologien, études réunies par L.-J. BATAILLON, OP, G. DAHAN et P.-M. GY, OP, Turnhout 2004, 299-324. 8 Formulazioni scolastiche della tradizione nell’opera di Stefano Langton (1155ca-1228), dissertazione per l’ottenimento del titolo di dottore della ricerca in filosofia, discussa presso il Ministero della ricerca scientifica e tecnologica (Roma, 16 ottobre 1990). Tre voll. di XXXIV+264; XVII+72; XIX+221 pp.

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scritto 43 della Biblioteca dei Redentoristi di Venezia ; una biblioteca di cui avrebbe successivamente catalogato sistematicamente tutti i manoscritti 10 medievali . La filologia stava assumendo sempre più, nel suo lavoro, il significato di critica testuale, a partire dalla ricognizione scrupolosa della tradizione. Lo si nota dalla stessa suddivisione della dissertazione, ripartita in tre volumi, il secondo dei quali contiene un catalogo dei manoscritti delle opere teologiche di Langton e il terzo un catalogo completo delle sue Quaestiones theologiae, elaborato con la strumentazione elettronica allora disponibile presso il CETEDOC a Louvain-la-Neuve. Quest’ultimo catalogo è pubblicato in Appendice alla prima monografia di Quinto, il libro “Doctor Nominatissimus”. Stefano Langton (†1228) e la tradizione delle sue opere, apparso per i tipi di Aschendorff (Münster i.W.) nel 1994. Si tratta, ed è bene sottolinearlo, del primo volume in lingua italiana a comparire nella prestigiosa collana dei “Beiträge zur Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters” (nuova serie), fondata nel 1891 da Clemens Bäumker. Con l’ironia che lo contraddistingueva e in omaggio 11 alla sua passione per il canto , Quinto volle mettere in epigrafe all’Appendice (p. 167) le parole iniziali della famosa aria di Leporello nel Don Giovanni, scritte da Lorenzo da Ponte (nato Emanuele Conegliano) e musicate sublimamente da Mozart: “Madamina, il catalogo è questo....” Mentre però il catalogo di Leporello altro non era che l’elenco delle belle amate dal suo insaziabile padrone e poi abbandonate, il catalogo messo a punto da Quinto era la mappa di un campo, per usare le sue stesse parole, «che promette ottimi frutti a chi voglia assumersi la fatica di dissodarlo» (“Doctor Nominatissimus”, 3 n. 5). Durante una tavola rotonda sulla lessicografia tomistica organizzata dalla Pontificia Università Gregoriana il 12 dicembre 1992, nel quadro della Scuola di Lessicografia ed Ermeneutica Tomistica Computerizzata, egli ebbe a definire il catalogo con l’efficace

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“Un testo inedito di Stefano Langton sui quattro sensi della Scrittura (ms. Venezia, Archivio di S. Maria della Fava, 43)”, in Contributi al corso di storia della filosofia, Milano 1989, 169-99; “Stefano Langton e i quattro sensi della Scrittura”, in Medioevo 15 (1989), 67-109. 10 Manoscritti medievali nella Biblioteca dei Redentoristi di Venezia (S. Maria della Consolazione, detta “Della Fava”). Catalogo dei manoscritti. Catalogo dei sermoni – Identificazione dei codici dell’antica biblioteca del convento domenicano dei SS. Giovanni e Paolo di Venezia, con una prefazione di L.-J. BATAILLON, Padova 2006 (Subsidia Mediaevalia Patavina 9). Quinto aveva in preparazione anche il vol. XI del Catalogo dei manoscritti filosofici delle biblioteche italiane: Venezia, Biblioteca dei Redentoristi (S. Maria della Consolazione, detta “della Fava”), Firenze: Edizioni del Galluzzo. 11 Quinto faceva parte del coro Code di Bosco di Conegliano.

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formula “un data-base per le quaestiones medievali” . Un punto di partenza per ricerche future, dunque, e non un archivio di esperienze consumate e definitivamente passate. Il primo volume dell’edizione critica delle Quae13 stiones theologiae di Langton , pubblicato nel 2014, raccoglie i frutti più saporiti di questo paziente, faticoso e lungimirante lavoro messo in opera da Quinto, dalla sua allieva Magdalena Bieniak e dai loro collaboratori, dopo i tentativi abortiti nel Novecento di Alys L. Gregory, George Lacom14 be, Artur Landgraf e Joseph N. Garvin . Ma perché Langton? Perché spendere tante energie su un autore ricordato più per la sua opera esegetica (a lui si deve l’attuale suddivisione della Bibbia in capitoli) e per il suo ruolo nelle vicende legate alla concessione della Magna Charta, che per il suo pensiero teologico? La ragione va cercata nella collocazione cronologica e culturale di Langton, la quale permette di cogliere nel suo percorso intellettuale e nella sua produzione teologica i tratti salienti della scolastica per così dire in statu nascenti o, come preferiva dire Quinto, della Frühscholastik. In primo luogo, lo studio di Langton consente di mitigare l’opposizione tra teologia scolastica e teologia monastica. Vale la pena riportare qui quanto si legge a p. 4 dell’Introduzione a “Doctor Nominatissimus”: “La conoscenza più completa dei diversi aspetti della personalità di SL... può contribuire ad avere della ‘scolastica’ un concetto meno riduttivo: la valorizzazione della componente monastica della teologia medievale, con la sua irriducibile specificità, operata da J. Leclercq, se da un lato ha reso attenti a cogliere, negli autori medievali, anche ciò che non è direttamente riutilizzabile negli schemi filosofici della scolastica e della neo-scolastica, dall’altro porta a ridimensionare una troppo rigida contrapposizione tra ambiente monastico ed ambiente scolastico. 15 Per le vicende della sua vita , ed anche per la storia della tradizione manoscritta delle sue opere, spesso conosciute e copiate negli scriptoria cistercensi, SL si pone come un momento d’incontro tra le differenti culture. Lo studio delle sue opere può servire a mettere in luce l’esistenza e la persistenza, fin sulla soglia del sec. XIII, di un comune tessuto di spiritualità che sostiene il pensiero medievale al di là e prima che le tensioni scoppino con la crisi universitaria degli anni 1220/30 e portino a ridefinire in modo nuo12

“Un Data-Base per le Quaestiones medievali: Il catalogo delle Quaestiones theologiae di Stefano Langton”, in Studi medievali, III serie, 34 (1993), 815-22. 13 STEPHEN LANGTON, Quaestiones Theologiae, Liber I, ed. R. QUINTO et M. BIENIAK (Auctores Britannici Medii Aevi 22), Oxford 2014. 14 Si veda lo stato della questione in “Doctor Nominatissimus”, 3. 15 Durante il Grande Interdetto contro l’Inghilterra, Langton si ritirò nell’abazia cistercense di Pontigny.

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vo i contorni del deposito tradizionale e la sua funzione nella costruzione del sapere cristiano”. In secondo luogo, l’analisi della tradizione testuale delle Quaestiones langtoniane può gettare luce sui metodi e le pratiche didattiche dei primi maestri parigini. Cito ancora dall’Introduzione a “Doctor Nominatissimus” (p. 7): “L’evolversi delle metodologie nella ricerca medievistica ci rende oggi più sensibili a tutti quegli aspetti che collegano la produzione letteraria alle condizioni del lavoro intellettuale e dell’organizzazione scolastica: per questo uno studio serio condotto oggi sulla produzione teologica di SL può apportare utili elementi alla conoscenza di tutta la dinamica del confronto intellettuale nelle scuole del tardo XII e del primo XIII secolo. Per molti degli argomenti trattati, infatti, abbiamo la possibilità di confrontare il testo delle reportationes registrate in aula dagli studenti con quello delle questioni redatte in un secondo tempo dal maestro ed, in alcuni casi, anche con il testo che egli pensò perché fosse inserito nel più vasto impianto di una summa. Di alcune questioni possiamo chiederci se siano state disputate più di una volta e se la presenza di doppioni nello stesso ms. possa spiegarsi con l’evoluzione dell’attività del maestro in diversi periodi d’insegnamento. Così, proprio la vastità dell’opera langtoniana costituisce, piuttosto che un deterrente allo studio analitico, un’occasione per vedere al lavoro uno scolastico della “prima generazione” che affronta i diversi generi letterari nati dall’attività pedagogica svolta nelle scuole”. In terzo luogo, il nesso tra esegesi, disputa teologica e predicazione che viene a configuarsi nella poliedrica attività di Langton fa scorgere gli elementi di continuità tra la teologia dei maestri secolari di Parigi e quella dei mendicanti, sui quali aveva già richiamato l’attenzione Beryl Smalley. Langton infatti attuò pienamente il programma enunciato nel Verbum Abbreviatum di Pietro Cantore come triade sequenziale di lectio, disputatio e 16 praedicatio e poi fatto proprio in particolare dai domenicani . Quinto mise in evidenza, ad esempio, l’influsso di Langton su Umberto di Romans e 17 Ugo di St.-Cher , ma anche l’uso delle Distinctiones ‘Abel’ di Pietro Can16

Cf. “Lectio, disputatio, praedicatio: la triade dell’esercizio scolastico secondo Tommaso d’Aquino”, in Bollettino della Società Filosofica Italiana 176 (maggio-agosto 2002), 3042; “La teologia dei maestri secolari di Parigi e la primitiva scuola domenicana”, in L’origine dell’Ordine dei Predicatori e l’Università di Bologna, a cura di G. BERTUZZI (Philosophia 32), Bologna 2006 = Divus Thomas 44 (2006), 81-104. 17 “The Influence of Stephen Langton on the Idea of the Preacher in Humbert of Romans’ De eruditione praedicatorum and Hugh of St.-Cher’s Postille on the Scriptures”, in Christ among the Medieval Dominicans: Representations of Christ in the Texts and Images of the Order of the Preachers, ed. K. EMERY, Jr. and J. WAWRYKOW, Notre Dame, IN 1998, 49-91;

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tore nel Testo IX della Miscellanea del Codice del Tesoro e l’aria di famiglia che si respira tra questi sermoni antoniani da un lato e la teologia di 18 Pietro Cantore e Langton dall’altro . In questa prospettiva, Quinto si occupò, oltre che della teologia speculativa di Langton di cui sono documento le 19 Quaestiones theologiae, anche della sua teologia pastorale , partendo sempre da un approccio filologico e cercando di chiarire i rapporti tra testi langtoniani come la Summa de diversis e testi affini di Alano di Lilla e 20 Nicola di Tournai . Il ruolo chiave di Langton predicatore, biblista e teologo nel porre le basi di quella che sarebbe stata la cultura universitaria del XIII secolo emerse con chiarezza nell’importante convegno internazionale che Quinto organizzò a Parigi nel 2006 insieme a Louis-Jacques Bataillon, Nicole Bériou e Gilbert Dahan, i cui atti – per un totale di quasi 700 pagine! – furono pubblicati nel 2010 nella collana “Bibliothèque d’Histoire 21 Culturelle du Moyen Âge” di Brepols . Per tutti questi motivi, lo studio dell’opera di Langton risulta particolarmente rilevante per una riconsiderazione complessiva della scolastica e della sua storia. Operare tale rilettura fu l’altro grande obiettivo del lavoro di ricerca di Quinto, culminato nel suo secondo libro: Scholastica. Storia di un concetto, uscito a Padova nel 2001 nei Subsidia Mediaevalia Patavina, la collana del CIRFIM. Non è certamente esagerato affermare che questo “Hugh of St.-Cher’s Use of Stephen Langton”, in Medieval Analyses in Language and Cognition. Acts of the Symposium ‘The Copenhagen School of Medieval Philosophy’, January 10-13, 1996, ed. S. EBBESEN and R. L. FRIEDMAN (Historisk-filosofiske Meddelelser), Copenhagen 1999, 281-300. 18 “Teologia dei maestri secolari e predicazione mendicante: Pietro Cantore e la ‘Miscellanea del codice del tesoro’”, in Il Santo. Rivista francescana di Storia Dottrina Arte 46 (2006), 335-84; “Peter the Chanter and the ‘Miscellanea del Codice del Tesoro’ (Etymology as a Way for Constructing a Sermon)”, in Constructing the Medieval Sermon, ed. R. ANDERSSON (SERMO: Studies on Patristic, Medieval and Reformation Sermons 6), Turnhout 2007, 33-81. 19 Due tipi di teologia che in Langton e nei maestri secolari del suo tempo non sono affatto contrapposti, come Riccardo ha mostrato con particolare chiarezza criticando le tesi di M. Grabmann nell’articolo: “‘Teologia allegorica’ e ‘teologia scolastica’ in alcuni commenti all’Historia scholastica di Pietro Comestore”, in Archa Verbi. Yearbook for the Study of Medieval Theology 6 (2009), 67-101. 20 “Stephen Langton: Theology and Literature of the Pastoral Care”, in In principio erat uerbum. Mélanges offerts en hommage à Paul Tombeur par des anciens étudiants à l’occasion de son émeritat, éd. par B.-M. TOCK (Textes et Études du Moyen Age 25), Turnhout 2005, 301-55. 21 Étienne Langton, prédicateur, bibliste, théologien. Actes du Colloque International, Paris, 13-15 septembre 2006, éd. L.-J. BATAILLON†, N. BÉRIOU, G. DAHAN et R. QUINTO (Bibliothèque d’Histoire Culturelle du Moyen Âge 9), Turnhout 2010, un vol. di 694 pp.

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libro, in cui sono confluiti tre lunghi articoli pubblicati in Medioevo tra il 22 1991 e il 1996 con l’aggiunta di vario materiale inedito, rappresenti la più ampia e accurata storia del concetto di scolastica mai scritta, dalle origini sino al XVIII secolo. Lo spunto occasionale a intraprendere una simile indagine fu un episodio che Quinto racconta a p. 10 della Premessa. Mentre egli stava lavorando alla dissertazione di dottorato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, si imbatté nell’articolo dedicato a Langton nel Catalogus Scriptorum Illustrium Maioris Britanniae (1557) di John Bale, dove si afferma che il teologo parigino insegnò utramque theologiam, & scholasticam & interpretativam. Incuriosito da tale distinzione, Quinto si mise a cercarne gli antecedenti e si accorse che essi erano anteriori al Rinascimento e alla Riforma. Servendosi dei metodi e degli strumenti della lessicografia filosofica medievale, egli volle allora risalire alla sorgente, giungendo a individuarla all’epoca stessa della divisione istituzionale tra scuole cattedrali e monasteri, tra XI e XII secolo. Veniva così smentita la communis opinio dell’origine rinascimentale della categoria di scholastica. Già i medievali chiamavano scolastica un certo tipo di teologia, in cui non tutti peraltro si riconoscevano e che non pochi anzi criticavano. Quanto a Bale, questi assumeva la tripartizione tra theologia scholastica, interpretativa e prophetica effettuata da Agrippa di Nettesheim nel De vanitate scientiarum; una tripartizione che fu utilizzata polemicamente contro lo stesso Agrippa dal teologo sorbonico Jérôme de Hangest in un pamphlet del 1532 (il De Academiis in Lutherum) che Quinto fece uscire dall’oblio, pubblicandone nel 2009 una traduzione italiana dal titolo A difesa 23 dell’Università . Quinto non si limitò all’operazione, peraltro altamente meritoria, di ricostruire la storia del concetto di scolastica, ma si interrogò criticamente 24 sull’uso di tale categoria in sede di storiografia filosofica . Non temendo di prendere posizione contro studiosi del calibro di Maurice De Wulf, Martin Grabmann e Friedrich Überweg, egli respinse con argomenti ben fondati le loro differenti e influenti nozioni di scolastica, mostrandone l’insufficienza e la parzialità. La sua controproposta è piuttosto articolata e 22

“Scholastica. Contributo alla storia di un concetto. I - sino al secolo XIII”, in Medioevo 17 (1991), 1-82; “Scholastica. Contributo alla storia di un concetto. II - Dal XIII al XVI secolo”, in Medioevo 19 (1993), 67-165; “Scholastica. Contributo alla storia di un concetto. III - Da Lutero al XVIII secolo”, in Medioevo 23 (1996), 335-451. 23 (La filosofia e il suo passato 27), Padova 2009. 24 Scholastica. Storia di un concetto (Subsidia Mediaevalia Patavina 2), Padova 2001 329-411; capitolo che riprende e amplia l’articolo “Scolastica come categoria della storiografia filosofica”, in Patristica et mediaevalia (Buenos Aires) 19 (1998), 51-64.

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può essere riassunta nei seguenti punti: (1) il termine scolastica andrebbe adoperato non come un nome designante un corpus di dottrine condivise (come tale, mai effettivamente esistito), bensì come un aggettivo, qualificante un certo modo di praticare tutti i saperi insegnati nelle università medievali, cioè la teologia, il diritto, la medicina e la filosofia, o meglio le parti fondamentali della filosofia, ossia la logica, la fisica o cosmologia e l’etica; (2) questo modo di praticare il sapere consiste essenzialmente nel leggere un insieme di testi autorevoli servendosi specialmente delle tecniche della lectio e della disputatio; (3) tale modo di leggere i testi si distingue, da un lato, dal modo monastico in quanto prescinde dalle condizioni soggettive del commentatore e si avvale sistematicamente della dialettica e, dall’altro lato, dal modo umanistico in quanto considera il testo esclusivamente come portatore di verità e non come oggetto storico da studiare con atteggiamento filologico; (4) la scolastica non coincide affatto con la filosofia medievale, sia perché non tutta la filosofia medievale è scolastica, sia perché nel medioevo non solo la filosofia è scolastica, sia perché la filosofia scolastica non è solo medievale. La notevole portata di queste considerazioni per la storiografia filosofica è di per sé evidente e non ha bisogno di essere sottolineata. Con la seconda metà degli anni Duemila, Quinto tornò a occuparsi prevalentemente di Langton, intraprendendo con Magdalena Bieniak e con l’ausilio di vari altri studiosi il progetto di edizione critica delle Quaestiones theologiae. Periodicamente egli raccoglieva il suo gruppo di ricerca, a Padova o altrove, per fare il punto sul lavoro svolto e programmare quello futuro. Chi ha avuto la fortuna di partecipare a quelle giornate di studio, ricorderà certamente lo spirito comunitario che le animava e che faceva rivivere in esse, per usare il titolo di un bell’articolo di Quinto, il clima de 25 Le scholae del medioevo come comunità di sapienti , in cui la collaborazione e il confronto tra più soggetti creava una condizione maggiormente favorevole all’individuazione e alla correzione degli errori rispetto alla ricerca solitaria e individualistica oggi prevalente. Era specialmente in quelle occasioni che Quinto vestiva i panni più splendidi del magister scolastico, tessuti finemente con l’intreccio di acume e modestia, anche se avvolti nel manto decisamente non scolastico del metodo filologico. Non solo con i risultati delle sue indagini, ma con il suo stesso stile di ricerca, 25

Studi Medievali, III serie, 42 (2001), 739-63.

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egli ha illustrato e testimoniato un modo di essere ricercatore e professore universitario che ha qualcosa di importante da dire anche oggi a chi abbia il privilegio di fare questo mestiere che i medievali hanno inventato. La vicenda intellettuale di Riccardo Quinto, interrotta troppo presto da una malattia fredda e spietata che egli sopportò con la consueta mitezza, ci ha mostrato che questo modo è ancora possibile. Mantenerlo vivo, nonostante tutto, è il compito forse più arduo e prezioso che egli lascia in eredità a ciascuno di noi. Giovanni CATAPANO (Padova) ***

V.2 IN MEMORIAM KLAUS REINHARDT Klaus Reinhardt (19. Mai 1935-8. April 2014) wurde in Haslach im Kinzigtal (Baden) geboren. Nach dem Abitur an der Heimschule Lender in Sasbach studierte er Katholische Theologie und Philosophie an den Universitäten Freiburg i.Br. und München. Am 18. Mai 1958 wurde er in Freiburg i.Br. zum Priester geweiht. Nach zweijähriger Kaplanszeit wurde er zum Promotionsstudium freigestellt und gleichzeitig als Präfekt am Erzbischöflichen Studienheim St. Georg in Freiburg eingesetzt. 1963 erfolgte die Promotion zum Dr. theol. an der Universität Freiburg i.Br. Die Doktordissertation befasst sich mit dem Verständnis von Kontingenz, Präscienz und Prädestination bei dem iberischen Jesuiten Pedro Luis (1538-1602). Sein Doktorvater war der Grabmann-Schüler Friedrich Stegmüller, der Reinhardts Lebensweg in mehrfacher Hinsicht geprägt hat. Zum einen war Stegmüller ein exzellenter Kenner der spanischen und portugiesischen Theologiegeschichte (er verfasste grundlegende Monographien zu diesem Gebiet, vor allem zur Geschichte des Molinismus, in die auch Pedro Luis gehört), der Reinhardts lebenslange Verbundenheit mit der iberischen Theologie und Kultur begründet hat. Zum anderen war Stegmüller ein Wissenschaftsorganisator ersten Ranges, der mit schier übermenschlicher Energie und Schaffenskraft große Forschungsvorhaben wie die Erstellung der Repertorien zu den Sentenzenkommentaren und zu den mittelalterlichen Bibelkommentaren und Projekte wie die Edition der lateinischen Werke von Raimundus Lullus durchzuführen vermochte. Bei Stegmüller hat Reinhardt das Handwerkszeug des Mediävisten von Grund auf gelernt. Zwischen 1963 und 1969 war Klaus Reinhardt Assistent an Stegmüllers Lehrstuhl für Dogmatik an der Theologischen Fakultät der Universität

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