Induismo ed Esperienza Religiosa

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ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM
Facoltà di Filosofia






Induismo ed esperienza religiosa









Professore: P. Sameer Advani, LC
Studente: Fr. José Carlos Robles Arenas, LC
Numero di matricola: 00012260
FPLO1005 Lavoro Scritto
Roma, 31 maggio 2016



Introduzione:
«In verità ciascuno parte da ciò che egli conosce e riconosce come religione, per poi trovare, in una visione allargata, qualcosa di analogo, per compararlo e distinguerlo» questa frase di Rudolf Otto serve bene di introduzione allo scopo di questo lavoro, cioè, avendo noi un esperienza religiosa, termine che verrà esaminato, immergerci nella comprensione di esperienze analoghe per salvare le somiglianza pur riconoscendo la diversità forse insuperabile.
Questa esperienza religiosa fondante, sulla cui verrà elaborato l'analisi, viene compressa come il mysterium tremendum et fascinans, nella linea di Otto, cercando di estrarre il riecheggiare di ognuno di questi termini vedendo la sua presenza nell'oggetto concreto del nostro saggio, l'induismo.
Nonostante questo non potrà esulare dalla nostra ricerca, sebbene fenomenologica, una parola critica alla fine sul concetto di esperienza, che forse dovrebbe soffrire un allargamento al di là del tentativo dell'Otto.
Questo dovuto alle ben precise fonti dalle cui promana il suo pensiero, va detto finora che ci introduciamo in un pensatore del suo tempo, con profondi spunti kantiani, marcato dal romanticismo tedesco e in piena sintonia di fondo con le diversi correnti, siano speculative o meno, che segnarono il suo evo.
Procederemo nella seguente maniera, in un primo momento cercheremo di precisare il senso che questo termine, esperienza, possiede all'interno del pensiero dell'Otto, poi esporremo in breve i significati del mysterium tremendum et fascinans.
Avendo fatto questo prenderemo le mosse verso una seconda tappa della nostra ricerca in cui applicheremo gli strumenti ottenuti ad una analisi dell'induismo, vedremo fin dove si adegua l'esperienza dell'induismo con il criterio di esperienza proposto e finiremo con due parole in senso critico riflessivo che avranno lo scopo di segnare una via di superamento dell'Otto.
La rilevanza della nostra ricerca risiede nella possibilità della comprensione di assieme delle religioni, è la scoperta del ruolo cardine, dell'instantia crucis, ossia della esperienza come strumento per andar oltre alla descrizione e trovare criteri.
Procediamo, dunque, non ad un sapere del mondo, neanche ad un agire su di esso, indirizziamoci ad avere un esperienza vissuta, conoscendo la religione tramite intuizione e sentimento.

















L'esperienza e i suoi caratteri:

Numen è forse la parola che più domina Il Sacro, l'opera di Otto, essa viene attinta, cosa apertamente riconosciuta, dalle indagine sulla religione fatte dal Schleiermacher, assunte e approfondite nello studio di Otto, è così che egli parla di diversi tipi di approccio al mondo, il razionale e il pratico, per sboccare in quello a lui più caro, l'intuizione o sentimento, dice Otto.
Vi e ancora un terzo rapporto al mondo: non e un sapere del mondo, né un agire sul mondo, ma e un avere esperienza vissuta, in un animo che si e offerto all'intuizione e al sentimento, di questo grande e profondo mondo e del suo essere ed accadere, della sua meravigliosa essenza e del suo contenuto eterno. Questo terzo rapporto non e scienza o metafisica, ne morale o volere e agire: esso e – dice Schleiermacher – religione, e l'immediato coglimento dell'universo, del suo tutto e di ogni sua singola parte, del suo fondamento e della sua essenza, del suo valore e contenuto eterni, del suo sfondo e sottofondo in un silenzioso e profondissimo vissuto dell'animo.
Rapporto che esulerebbe dal sfera speculativa, che sarebbe un cogliere in instanti, rilevantissimo questo tratto perché ci rivela che, per Otto e per Schleiermacher, esperienza viene intesa come una percezione del tutto che ci supera, intuizione dell'infinito che sommette l'anima contemplante, intuizione caratterizzata come sentimento.
Alla luce di questa definizione di esperienza vanno esaminati i tratti che la contraddistinguono, da una parte c'è il mysterium che sarebbe in parole dell'autore.
Ciò che e misterioso da un punto di vista religioso e, per esprimerlo nel modo forse più adeguato, il «totalmente altro», ciò che cade assolutamente fuori dalla sfera dell'usuale, del comprensibile, del familiare e perciò del «rassicurante», che anzi si pone in contrapposizione a tutto ciò e per questo riempie l'animo di sbalordimento.
Quindi misterioso, nel senso qui precisato, sarebbe l'inapprendibile che viene intuito ma non inteso, che muove l'animo e lo scombussola con la sensazione di una infinita piccolezza, deve dirsi che questa definizione debita la sua intuizione fondamentale alla irraggiungibilità delle idee della ragion pura di Kant, sebbene con il superamento che, l'unità totale a cui si tende, non si trova nell'ambito né della ragion teoretica, né della ragion pratica, come voleva una certa comprensione dell'opera di Kant, ma appartengono alla sfera dell'esperienza religiosa come intuizione del sentimento.
Il secondo tratto sarebbe il tremendum, il cui l'abbiamo qui posticipato sebbene nell'opera dell'Otto preceda l'esposizione del mysterium, dice.
In alcune lingue ci sono espressioni che designano esclusivamente o prevalentemente questa «paura» che e più che paura. Per esempio «hiq'dish», ossia «santificare» (heiligen) in ebraico. «Santificare» una cosa «nel proprio cuore» significa onorarla del sentimento di un timore peculiare, che non deve essere confuso con timori di altro genere; significa valutarla con la categoria del numinoso.
Questo tratto riscatta senza dubbio un elemento basilare della pieta cristiana speso dimenticato, il timore sacro, quel sentimento di pura riverenza e sottomissione di fronte all'immensità di Dio, paura che è più che paura, è coscienza di esser indigno, di esser macchia di fronte a una purezza radiosa e maestosa, quindi mistero come totalità intuita e tremendum come la riverenza che si prova davanti ad essa.
Una terza traccia del contenuto dell'esperienza del sacro sarebbe il fascinosum, vediamo come viene descritto.
Il mysterium non e soltanto il miracoloso, ma anche il meraviglioso. E accanto a ciò che sconcerta i sensi compare anche ciò che li incanta, li entusiasma, li estasia, e che abbastanza spesso si intensifica fino alla vertigine e all'ebbrezza: l'elemento dionisiaco degli effetti del numen.
Se i primi due tracci rivestivano un carattere di una certa estraneazione intesa come l'ambito dell'esperienza che sovrasta, questo traccio, il fascinans, è quel qualcosa che nel mistero attira profondamente e muove a indirizzarsi verso, mantenere e ricercare una certa esperienza del sacro, descritto con la vivacità di quel sostantivo "ebbrezza".
Raccogliamo i nostri guadagni, da una parte abbiamo visto che l'impostazione di cui ci serviremo viene intesa come sentimento, sentimento in primo luogo di un assoluta estraneità che ci supera, che anche ci fa rabbrividire e che, nonostante il sentirsi piccolo del credente, attira con forza e decisione.
Facciamo dunque uso di questi strumenti per analizzare l'esperienza religiosa dell'induismo.




















Esperienza ed induismo:

Per questa sezione vorremmo prendere spunto del riflesso della pieta nella sua dimensione scritta, come rivelazione della specificità di un certo atteggiamento nel confronto con il sacro. Cominciamo con una preghiera della pieta indiana indirizzata a Shiva.
I prostrate myself before the five-faced Lord of Parvati, who is adorned with various ornaments, who shines like the crystal jewel, who is seated peacefully in the lotus pose, with moon-crested crown, with three eyes, wearing trident, thunderbolt, sword and axe on the right side, who holds the serpent, noose, bell, damaru and spear on the left side, and who gives protection from all fear to His devotees.
Questa preghiera rivela la presenzia del tremendum nella pieta indiana, infatti vediamo quel senso di riverenza riflesso nell'uso del verbo prostrarsi, il credente indiano che esperimenta l'incommensurabilità del sacro e si umilia di fronte ad esso, la descrizione viene fatta più vivace grazie alla descrizione dell'ente sacro in questione che godrebbe di attributi sovraumani.
Troviamo in quest'altro testo l'elemento del mysterium, testo il cui interesse va rivelato giacché costituisce la descrizione di un credente indiano dell'atteggiamento di preghiera.
Prayer is not asking, but a communion with God through single-minded devotion. Prayer is nearness to God. It is tuning of the mind with God. It is fixing the mind on God and meditating on Him. Prayer is surrendering oneself to God completely, and melting the mind and ego in silence, in God. Prayer represents a mystic state when the individual consciousness is absorbed in God. It is an uplifting of the soul to God, an act of love and adoration to Him. It is worship and glorification of God. It is thanksgiving to God for all His blessings […].It is the very soul and essence of religion, the very core of man's life. No man can live without prayer. […] True prayer is the mental and verbal expression of the highest spiritual ideal. It consists not in trying to get anything from outside, but unfolding the higher powers that are slumbering within the soul.
Non ci stanchiamo di rilevare il particolare interesse di questo testo, esso descrive con grande accuratezza il mysterium come è stato inteso dall'Otto, cioè nel senso di infinitamente altro appresso tramite un intuizione che supererebbe l'ambito della coscienza normale e che ben può, se seguendo la mente di Otto, essere detta mistica; se approfondiamo nel contenuto nettamente indiano, va messo in rilievo l'ultima parte del testo che descrive l'esperienza del sacro come uno sfogarsi delle potenzialità dell'anima stessa, in questa visione il sacro che viene esperimentato sebbene rimane infinito, ha anche il carattere di un alterità immanente, detto in altra maniera di una autopercezione in un livello trascendentale che sovrasterebbe l'ambito empirico dell'esperienza usuale, il credente possiederebbe in se l'assoluto che verrebbe soltanto scoperto nello svuotamento del proprio io tradotto in una appercezione intesa come orizzonte di infinità.
Altro assunto è il fascinans, la nostra ricerca, nella limitatezza delle sue fonti, non ha avuto uguale fortuna nel trovare testi che rivelino questo carattere, forse possiamo consideralo implicito nella vivacità delle descrizioni sacre, ma a nostro parere la mancanza di luoghi espliciti potrebbe anche esser associata con il già accennato sforzo della pietà indiana come svuotamento di se, come dissoluzione con l'assoluto, in un certa maniera sarebbe giusto l'opposto, ossia, la cancellazione di ogni desiderio in una tendenza di purificazione mistica, gli stati di preghiera indiani, al meno quegli più diffusi, pare lascino poco spazio a desideri di una particolare salvezza, infatti è difficile pensare l'apprezzamento della salvezza del singolo in una pieta dove il compimento del suo destino dovrebbe essere il suo sparire.
Questa osservazione raccoglie un nodo importante della pieta indiana, una siffatta pieta difficilmente godrà di caratteri personali, intendiamo con questo di rapporto con un essere personale che ci si presenti come tale, sebbene ci siano delle versioni di induismo in cui l'esperienza venga indirizzata ad essere in linea generale personale, purtuttavia questi enti, dato il presupposto monista dell'induismo, hanno un carattere personale piuttosto debole giacché non sarebbero che momenti, presentazioni, di un entità sacra unica, essa va intesa non come monoteista ma come monista perché nei suoi momenti inferiori si manifesterebbe nella natura e negli uomini, e non solo nei dèi, momenti che sparirebbero nel contatto ideale con l'io profondo tramite ben concreti modi di preghiera.
Una cosiddetta pieta in linea di principio pare potrebbe considerarsi soddisfacente, ma forse la mancanza di questo elemento personale spiegherebbe il sentimento di disaggio di alcuni indiani nella sua esperienza religiosa, essi non saprebbero bene come rivolgersi faccia a faccia, per dirlo in una certa maniera, ed stabilire un vero rapporto con quei dèi.
In maniera sintetica possiamo dire che l'induismo offre un esperienza del sacro contraddistinta per gli attributi del mysterium e del tremendum, essa si manifesterebbe negli atteggiamenti contemplativi della natura e nello sforzo del proprio svuotamento per raggiungere il contatto con il sacro, ma anche abbiamo visto che questo sacro non è necessariamente trascendente ed è senza dubbio difficilmente personale in senso forte.






Conclusione "l'esperienza oltre il sentimento":

Come è già stato visto nell'Otto il concetto di esperienza richiama fortemente il sentimento, ma ci possiamo domandare fin dove il proprio della esperienza è veramente quello.
A questo riguardo Webb, i cui commenti sono stati già accennati, fa una osservazione che ci pare assai interessante, dice lui «First, religious experience is to be distinguished from religious feelings, in the same way that experience in general is to be distinguished from feelings in general», questa precisazione rappresenta un approfondimento non piccolo, infatti il sentimento in quanto puro sentimento non include di per se il riferimento ad un qualcosa di oggettivo, essi vengono compressi fondamentalmente come un esperienza soggettiva che se ben risponde ad uno stimolo non lo fa in maniera necessaria, anzi uno stesso stimolo può suscitare dei sentimenti assai diversi in ogni individuo.
Una definizione della religione limitata al campo dei sentimenti religiosi non potrebbe dar risposta della effettiva realtà di ciò che causa quei sentimenti, in realtà questo è il problema fondamentale del sistema dell'Otto e in non pochi versanti dell'induismo.
Cosa intendiamo dire? Che ambedue, Otto e l'induismo, collocano la sfera del sacro nel campo del principio di immanenza e del principio di appartenenza, appariva questo elemento con estrema chiarezza nel testo citato di Abhedananda, infatti per lui il proprio della preghiera era l'andamento verso l'interiore, il rinchiudersi nelle aule del proprio io sboccando tutta la sua potenzialità.
La fenomenologia della prima persona presenta questo inconveniente non piccolo, questo può essere in parte superato se si unisce ad un metodo di terza persona, cioè prendere il comune elemento delle esperienze del sacro, esaminando i casi comparativamente, e raggiungendo così degli elementi essenziali.
Il mysterium tremendum et fascinans di Otto sì che fa questo, ma sbaglia quando circoscrive il raggiungimento di questi tratti comuni all'ambito del sentimento, la vera esperienza religiosa, come lascia vedere il Webb, deve rifarsi ad un qualcosa di oggettivo, degli elementi del sacro che costituiscano la condizione perché sorgano delle esperienze equivalenti, soltanto così si spiegherebbe la somiglianza nelle esperienze, un dato oggettivo non può richiamare ut in primis il sentimento come sentimento giacché esso di per se non dà ragione dell'oggettività, ed anche va detto che le esperienze religiose più forti, se pensi ai casi di non pochi mistici cristiani, provano l'assenza del riconoscimento sensibile dei tracci che rivelano a Iddio, le notte oscure, quelle di un San Giovanni della Croce per dare un esempio o di una Beata Teresa di Calcutta, sosterebbero questa affermazione perché nella più radicale assenza di sentimenti essi hanno goduto un esperienza del sacro condivisa e ben precisa, essa andrebbe molto al di là delle esperienze di Meister Eckhart o di un Baruc Spinoza, il secondo continuatore del primo e il primo citato ed spiegato lungamente dall'Otto, che lo compara ai mistici indiani.
La considerazione di questi elementi diventa di prima necessità quando si cerca di capire le consonanze di fondo tra mistica orientale e l'approccio dell'idealismo tedesco, sia questo di matrice romantica che di matrice strettamente speculativa, questi tentativi non riuscirebbero, a nostro viso, a salvare un elemento essenziale della religione, il rivolgimento non ad un orizzonte dell'essere ma ad una persona con cui va stabilito un rapporto.
Nonostante va salvato ciò che di vero c'è nelle posizioni indiane, la maestosa grandiosità del sacro che fa sbalordire il credente, il tremendum che ispira una paura sacra e prostra in adorazione, ma questi spunti positivi devono essere completati, sebbene con questo si esca dall'induismo, con una posizione di trascendenza dell'assoluto in cui, fondato egli in una sua posizione radicale di autonomia, permetta un attirare, l'elemento del fascinans, dell'anelo di redenzione, che si può compiere soltanto nell'incontro con un alterità veramente altra marcata per l'impronta di quello, che a nostro parere, deve essere considerato l'attributo più fondamentale di una vera esperienza sacrale, il contatto con un chi personale trascendente e reale, così alla triade di Otto, mysterium tremendum et fascinans, noi aggiungeremo o espliciteremmo un quarto, meglio faremmo un cambiamento di sostantivo, così che il sacro si definisca come: aliquis mysteriosus tremendus et fascinans.
Bibliografia:

Abhedananda, S., True Prayer, Prayer, in http://www.hinduism.co.za/prayer.htm [21-03-2016]
Gupta, M., Testimony, Gospel for India: Reach the unreached at any cost, in http://gospel4india.org/mudit-gupta/ [21-03-2016]
Otto, R., Opere, a cura di Stefano Bancalari, Fabrizio Serra Editore, Roma 2010, 447
Sivananda, S., 5 Prayers for all Occasions, About Religion, in http://hinduism.about.com/od/prayersmantras/a/5prayers.htm [21-03-2016]
Webb, M., Religious Experience, Stanford Encyclopedia of Philosophy, in http://plato.stanford.edu/entries/religious-experience/ [21-03-2016]
World Healing Prayers, Hindu Prayers, World Healing Prayers, in http://www.worldhealingprayers.com/5.html [21-03-2016]




R. Otto, Opere, a cura di Stefano Bancalari, Fabrizio Serra Editore, Roma 2010, 336.
Ibid., 211-224.
Ibid., 332
Ibid., 332
Ibid., 215
«In Kant questa unilateralità e questa povertà sono state, per dir così, compensate dalla grandezza e dalla profondità, dalla sublimità, dal rigore e dal volo elevato del suo intellettualismo e del suo moralismo. Ma così non era negli illuministi di stile minore. L'intellettualismo divenne qui una prosaica e brulla ragionevolezza. Non riconoscere o non lasciare in questo mondo alcun mistero e mysterium, nulla di indicibile e meraviglioso, nessuna profondità nascosta e nessun enigma gravido di timore reverenziale!» Ibid., 329
Ibid., 210
Ibid., 219
S. Sivananda, 5 Prayers for all Occasions, About Religion, in http://hinduism.about.com/od/prayersmantras/a/5prayers.htm [21-03-2016]
S. Abhedananda, True Prayer, Prayer, in http://www.hinduism.co.za/prayer.htm [21-03-2016]

Questo infatti verrebbe fatto in esperienze di diverso genere, una di esse sarebbe tramite la natura «Another type is the religious experience that comes through sensory experiences of ordinary objects, but seems to carry with it extra information about some supramundane reality. Examples include experiencing God in nature, in the starry sky, or a flower, or the like» (M. Webb, Religious Experience, Stanford Encyclopedia of Philosophy, in http://plato.stanford.edu/entries/religious-experience/ [21-03-2016]) queste esperienze sono in estremo indiane come lo rivelano alcune sue preghiere per esempio « O! Mother Earth, who has the ocean as clothes, mountains, and forests on her body, who is the wife of Lord Vishnu, I bow to you. Please forgive me for touching you with my feet» (World Healing Prayers, Hindu Prayers, World Healing Prayers, in http://www.worldhealingprayers.com/5.html [21-03-2016]).
«In other traditions, it is not necessarily a personal being who is the object of the experience, or even a positive being at all. In the traditions that find their origin in the Indian subcontinent—chiefly Hinduism, Buddhism, and Jainism—the object of religious experiences is some basic fact or feature of reality, rather than some entity separate from the universe. In the orthodox Hindu traditions, one may certainly have an experience of a god or some other supernatural entity (like Arjuna's encounter with Krishna in the Bhagavad Gita), but a great many important kinds of experiences are of Brahman, and its identity with the self» (M. Webb, Religious Experience, Stanford Encyclopedia of Philosophy, in http://plato.stanford.edu/entries/religious-experience/ [21-03-2016]).
M. Gupta, Testimony, Gospel for India: Reach the unreached at any cost, in http://gospel4india.org/mudit-gupta/ [21-03-2016]

M. Webb, Religious Experience, Stanford Encyclopedia of Philosophy, in http://plato.stanford.edu/entries/religious-experience/ [21-03-2016]
R. Otto, op. cit., 368-369

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