Intervista al Professor Carmelo Ferlito (seconda parte)

June 2, 2017 | Autor: Carmelo Ferlito | Categoria: Immigration, Italian Politics, Italy
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Per io dico d el la D es tra S o c ia l e Vero n es e Anno XI - Numero 45 - Giugno 2016 - Editore e Proprietario: Massimo Mariotti - Direttore Responsabile: Marco Ballini Registrazione: Tribunale di Verona N. 1671 del 9/11/2004

SE ATENE PIANGE, SPARTA NON RIDE Archiviate le Elezioni Amministrative, caratterizzate da risultati altalenanti per le varie formazioni politiche del centro Destra, non servono analisti di professione per capire che quella classe dirigente, che ha avuto, fallendo, lo spazio di ben due governi per cambiare l’Italia, ha fatto il suo tempo. Il centro Destra passa da 4 a 10 : Trieste, Pordenone, Novara, Savona, Grosseto, Olbia, Benevento, Isernia, Crotone, Cosenza. Il Centro sinistra amministrava 21 città, ora ne governa 9 : Milano, Bologna, Cagliari, Salerno, Rimini, Caserta, Bolzano, Varese, Ravenna. La Sinistra continua a governare Napoli. I 5 Stelle si insediano a Roma, Torino e Carbonia. A Latina e Brindisi vincono Liste Civiche. Significativo il risultato di Milano dove, tra due candidati speculari, il centro Destra ha perso una buona occasione a causa della professione di antifascismo espressa dal suo sconosciuto candidato ! I nuovi, necessari, processi di aggregazione avranno successo solo se verrà trovata la capacità di raccogliere attorno ad una figura dinamica e dotata di comprovate capacità amministrative, tutte le energie che permetteranno di rinnovarsi profondamente per affrontare le sfide che minacciano quei Valori Tradizionali che hanno sempre caratterizzato il nostro

percorso politico. Il futuro potrà ancora sorriderci se il centro Destra sarà in grado di salvare il patrimonio storico e culturale di cui siamo

portatori, parlando, non ai partiti, ma al Popolo Italiano, affinché smetta di lamentarsi e delegare ai “piacioni” di turno scelte e responsabilità che invece gli spettano ! Lo stesso popolo che dovrà smettere di illudersi ai vari proclami dell’attuale governo, come l’ultimo : la flessibilità per 14 miliardi di euro concessa all’Italia dalla Commissione Europea. Quello che non è stato detto è che si tratta di

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altri 14 miliardi di debiti che l’Europa ci permette di fare, che andranno ad aggiungersi al nostro gigantesco debito pubblico, il più alto d’Europa, che lo stesso governo si era impegnato a ridurre ! Concludo con un riferimento alla recente raccolta di firme per una Proposta di Legge di Iniziativa Popolare intesa a modificare le attuali norme sulla “ Legittima Difesa “ che invece di tutelare il Cittadino aggredito nella propria casa da un criminale, intento a rubare o peggio violentare, persegue l’onesto Cittadino Italiano che si difende condannandolo a risarcire il danno procurato al delinquente ! Siamo diventati uno Stato che non riuscendo a tutelare i propri Cittadini, non permette loro di difendersi, soprattutto adesso che l’immigrazione sta assumendo i caratteri di una invasione. Gente fatta passare per profughi quando nella maggior parte dei casi si tratta di giovani in cerca di fortuna economica, a nostro carico, accolti con il tappeto rosso, in questa Italia paradiso dell’illegalità, da Paesi che hanno svuotato le loro carceri per riempire le nostre ! Fino a quando gli Italiani sopporteranno questa incapace “classe dirigente” completamente disinteressata al futuro del proprio Popolo, preoccupata solo di soffocare, con l’aiuto dei media, ogni legittima aspettativa di Identità Nazionale ?

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INTERVISTA AL PROFESSOR CARMELO FERLITO (SECONDA PARTE) Carmelo Ferlito, nato nel 1978 a Verona, è professore di Storia del Pensiero Economico e Microeconomia presso l’INTI International College Subang di Subang Jaya, in Malaysia. Inoltre è Senior Fellow presso l’Istituto per la democrazia e gli affari economici (IDEAS), un importante think tank liberale con sede a Kuala Lumpur. Dal 2011 vive in Malaysia, dove ha sempre ricoperto cariche manageriali per multinazionali nel settore agricolo. Nel 2003 ha conseguito il Master in Economia e Commercio presso l’Università di Verona lavorando sulla teoria del ciclo economico di Schumpeter. Nel 2007 ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia economica, occupandosi di storia delle istituzioni bancarie, con attenzione particolare ai Monti di Pietà e al credito solidaristico. Diverse sono le sue pubblicazioni anche a livello internazionale; tra le più recenti particolare menzione merita Hermeneutics of Capital: A PostAustrian Theory for a Kaleidic World, nel quale Ferlito porta alle estreme conseguenze la prospettiva soggettivista di Lachmann sul capitale. Il volume vedrà la luce prima dell’estate per i tipi della Nova Science Publishers di New York. Come vede dal suo osservatorio questo nostro Paese che arranca ? Il Governo Renzi di fatto non taglia la spesa pubblica che continua ad aumentare, come pure le tasse… Vivo all’estero da cinque anni e guardo al mio Paese con nostalgia, non riesco a farne a meno. Ma anche con tristezza. Vede, la Malaysia è, dal punto di vista estetico, un Paese brutto e imbruttito ulteriormente dall’amore dei sui cittadini per i centri commerciali e dal permanente tentativo anestetico operato dal governo. L’Italia è un Paese bellissimo; ma non dobbiamo dimenticare che l’Italia è

quello che è non per dotazione naturale ma perché nei secoli uomini guidati da una visione l’hanno costantemente trasformata, resa bella per uno scopo. Nel mio ufficio ho una parete dedicata ad una riproduzione de La Scuola di Atene di Raffaello. Mi aiuta a lavorare meglio. Mi offre un orizzonte. Renzi, invece, è un primo ministro guidato da un orizzonte di bruttezza. Si preoccupa di cose spicciole, lancia grandi proclami mentre sistema gli amici del circolino. Non comprende che l’Italia non ha bisogno di proclami ma di cure drastiche, di una boccata vitale di ossigeno che solo un taglio radicale delle tasse può portare. Renzi annebbia la bellezza. Quello che i governanti non comprendono è il ruolo delle aspettative di profitto: se esse non ripartono non v’è manovra che tenga. L’unico modo per rilanciare le aspettative di profitto è creare un ambiente in cui si possa respirare un’atmosfera positiva. Coloro che restano a fare impresa in Italia, con una pressione fiscale vicina al 70%, sono degli eroi, per usare un termine positivo. Come si può sperare di rilanciare un paese in cui i profitti vengono considerati un peccato da punire? Solo imprese floride possono rilanciare il sistema Italia anche sul piano occupazionale. Se invece i profitti vengono puniti, meglio andare a produrre ricchezza altrove. Data la situazione, la gente è piuttosto pessimista. Come guardare al futuro ? Io tendo a pensare in modo pessimistico e ad agire in modo ottimistico, in virtù della natura contraddittoria della mia personalità che molti amici mi fanno notare. Come osservavo anche nella nostra precedente intervista, i nostri nonni costruirono sulle rovine della Seconda guerra mondiale, mentre oggi imprenditori in difficoltà si suicidano. Credo che sia necessario per ciascuno andare alla ricerca del luogo in cui

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ritrovare la speranza per immaginare un futuro possibile. Tutto sembra remare contro di noi. Non solo la politica, ma lo stesso livello del dibattito culturale; si pensi alla questione del matrimonio omosessuale assunta a priorità. Ci muoviamo come palline di un flipper in uno scenario che punta a renderci schizofrenici. È necessaria una battaglia personalissima per realizzare anzitutto che senza un orizzonte non ci si muove. Detto questo, si può iniziare ad identificare un orizzonte. Per tornare all’ottimismo, ad un ottimismo ragionevole e non gaio, credo sia necessario anzitutto liberarsi dalla zavorra che ci vogliono buttare addosso: i sentimenti hollywoodiani, gli isterismi televisivi, il trionfo delle emozioni. Ricordo che da studente amavo ripetere ai miei amici: «zavorra a mare!». Recuperiamo la domanda di Camus, tratteniamo l’essenziale, liberiamoci da ciò che appesantisce lo spirito per far posto ad un Io rigenerato e in moto in un processo dinamico di scoperta delle proprie esigenze profonde. Lasciamoci abbracciare dalla freschezza della Libertà di cui si fa esperienza nell’incontro con qualcuno in grado di ridestare l’autocoscienza più autentica.

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26 GIUGNO 1933: IL GIGANTE ITALIANO PIU’ FORTE DEL MONDO

Primo Carneraè stato il più grande pugile italiano del Novecento conquistandoil titolo mondiale nei pesi massimi il 26 giugno 1933 !Alto più di due metri, per 120 chilogrammi, Carnera riuscì a primeggiare in un campo in cui gli americani erano solitamente i padroni incontrastati, ridando fiato e vigore alla magra tradizionepugilistica italiana degli anni ’30.Carnera parte da Sequals, il paesino a quaranta chilometri da Udine dove nasce il 25 ottobre del 1906, a diciotto anni decide di trasferirsi presso alcuni parenti in Francia, vicino Le Mans. Malgrado la stazza gigantesca che lo contraddistingueva fin da piccolo, per sua natura era lontano dal pensiero di dedicarsi alla boxe, si vedeva meglio come falegname ma, vista la sua mole, non erano pochi quelli che, in un’Italia povera e ansiosa di riscatto, gli consigliavano di intraprendere una carriera sportiva agonistica. Il ruolo fondamentale per la scelta del gigante buono di dedicarsi al ring si deve proprio alle insistenze dello zio che lo ospitava in Francia.Nel suo primo incontro, un dilettante locale viene massacrato dal gigantesco italiano, dato l’inizio fulminante, l’America è dietro l’angolo e sogni di gloria e di ricchezza cominciano a stagliarsi davanti agli occhi dell’ingenuo campione. Le tappe della sua faticosa carriera si aprono con il dramma di Ernie Schaaf, morto dopo il match il 10 febbraio del 1933; seguono la sfida con Uzcudumper concludersi con l’exploit della sua vita, il successo per K.O. su JackSharkey in sei riprese il 26 giugno 1933. All’apice della sua carriera, Carnera, “l’uomo più forte del mondo”, presta il volto ammaccato anche a diverse campagne pubblicitarie ma nonostante la fama non perde mai la sua disarmante spontaneità. Nella sua storia il gigante buono è stato anche eroe dei fumetti e interprete di una ventina di pellicole cinematografiche tra cui “L’idolo delle donne” con Myrna Loy, Jack Dempsey e “La corona di ferro”, con Gino Cervi, Massimo Girotti, Luisa Ferida, Osvaldo Valenti e Paolo Stoppa. Andrea Bernardi

Giovanni Martino: un italiano a Little Big Horn

Verso la fine del 1875 le tribù Dakota, Cheyenne e Arapaho delle pianure scesero nuovamente in guerra contro i bianchi che erano penetrati nei sacri territori delle Colline Nere, in Sud Dakota, dove era stato scoperto l’oro. A queste si unirono presto molti indiani che lasciarono le riserve, in violazione ai trattati con il governo americano. Nell’estate dell’anno successivo una spedizione militare fu organizzata per colpire le tribù ancora libere nei territori del Montana e Wyoming. Tre colonne di cavalleria dovevano convergere nella regione abitata dagli indiani e attaccarli, una di queste era formata dal 7° Cavalleria comandato dal Tenente Colonnello George Armstrong Custer, diventato famoso all’epoca della Guerra Civile. Il 25 Giugno 1876 verso mezzogiorno le truppe di Custer entrarono nella valle del fiume Little Big Horn, dove gli scout indiani avevano localizzato un grande accampamento, con circa 3.000 guerrieri guidati da Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Custer, impossibilitato a riunirsi alle altre due colonne, finisce in trappola su un crinale polveroso a poche miglia di distanza dal villaggio che dovevano attaccare. Unico sopravvissuto fu il trombettiere Giovanni Crisostomo Martino, alias John Martin. Nato a Sala Consilina in provincia di Salerno, nel 1866 il quattordicenne Trombettiere Martini suonò la Carica delle Camice Rosse di Garibaldi a Bezzecca, unica vittoria italiana della Terza Guerra d’Indipendenza. Emigrato negli Stati Uniti nel 1874, si arruola nell’esercito e quel giorno di Giugno è fra le truppe di Custer, nello squadrone H, al Little Big Horn. Sarà proprio Custer ad affidargli il messaggio che gli salvò la vita : il Generale gli scrisse il comando dicendogli “Tornate indietro, dite al capitano Benteen di correre qua, ditegli che abbiamo trovato un grosso villaggio e che porti altre munizioni“Su quel foglio stropicciato, tuttora esistente, è ancora possibile leggere le parole scritte in fretta: “Benteen. Come on. Big Village. Be Quick. Bring Packs. PS Bring pacs” (Benteenvieni. Trovato grande villaggio. Fai in fretta. Porta le munizioni”, ripetuto due volte). Dopo l’esercito Martino entrò nella Polizia di New York, si sposò ed ebbe otto figli, raggiunta la pensione, morì la vigilia di Natale del 1922 investito da un Camion, è sepolto nel Cypress Hill National Cemetery di Brooklyn. Claudio Baglieri

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20 GIUGNO 1928, NASCE JEAN MARIE LE PEN Jean-Marie Le Pen nasce a La Trinité-sur-mer in Bretagna. All’inizio degli anni ’50 si arruola nella Legione Straniera e combatte, come paracadutista, nei conflitti intrapresi dalla Francia in Indocina e poi in Algeria contro i ribelli che tentano di emanciparsi dal dominio coloniale.La sua carriera politica inizia nel 1956, quando viene eletto deputato per il partito di Pierre Poujade. Nel 1965 sostiene la campagna elettorale del candidato di Destra Jean-Louis Vigancour. Nel 1972, in accordo con il MSI di Giorgio Almirante,fonda il Fronte Nazionale e inizia le sue battaglie contro l’immigrazione nordafricana che definisce fonte di disoccupazione e criminalità, caldeggiando la difesa dell’identità nazionale francese. “L’immigrazione di massa è il più grande problema che la Francia, l’Europa e probabilmente il mondo dovranno affrontare. Rischiamo di essere sommersi”. Un messaggio forte e che convince una larga parte dell’opinione pubblica, la stessa che lo porterà ad ottenere il 14 % alle presidenziali del 1988 e il 15 % a quelle del 1995.A volte i comportamenti e le dichiarazioni di Le Pen sembrano fatti apposta per scandalizzare e sollevare polveroni polemici, come certe affermazioni sulla II’ guerra mondiale che non gli hanno certo attirato le simpatie dei moderati. Più volte si è rivolto con parole assai crude verso i massimi rappresentanti della cultura francese del passato, definendo Sartre, Camus, e Mauriac “una banda di apolidi e di pederasti”.Alle elezioni presidenziali del 2002 si è presentato puntando soprattutto all’abolizione di alcune tasse maggiormente invise ai francesi e promettendo in generale una considerevole diminuzione della pressione fiscale. Anche se ha poi perso contro l’acerrimo nemico di sempre, Jacques Chirac, è risultato la vera sorpresa delle elezioni, allarmando con la prospettiva di una sua possibile vincita i media di tutto il mondo.Durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2007 suscitò clamore un manifesto nel quale era presente una ragazza nordafricana che invitava a votare il Fronte Nazionale, infatti Le Pen ha sempre raccolto consensi anche in bacini distanti dagli stereotipi della Destra, come ex comunisti e ceti poveri della popolazione, tra cui anche immigrati.Alle elezioni del 2010 si candidò in prima persona alla Presidenza della Regione Provence-Alpes-Côte d’Azur ottenendo oltre il 20 % dei voti. In seguito, in un’intervista, affermò di essere politicamente “immortale” ma lasciando trasparire una successione della figlia Marine alla guida del FN che avvenne infatti il 15 gennaio 2011.Jean-Marie è inoltre il nonno di Marion Marechal Le Pen, la più giovane parlamentare della V Repubblica, anche lei esponente del FN, eletta deputata nel 2012 nel dipartimento di Vaucluse. Nel 2013 viene rieletto Deputato al Parlamento Europeo dove tuttora, nonostante l’età, continua la sua battaglia politica contro il mondialismo materialista, caratterizzato in particolar modo dall’apparato burocratico della Commissione Europea ! Leonardo Meoni www.alleanzanazionale.it

A PROPOSITO DI PANNELLA

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“Ei fu!” Dagli onori e lodi tributati al defunto Pannella sia da parte civile che ecclesiastica in genere, sembra che sia mancato un grande benefattore dell’umanità. E se è vero che prima di morire ha stretto tra le mani un crocifisso regalatogli da Papa Bergoglio, questo nulla toglie alla gravità del suo operato, sempre all’insegna dell’ateismo mai rinnegato. E non sarà certo il suo amore per papa Bergoglio che lo salverà, se non ha amato prima Dio, perché anche il Papa deve essere un umile servitore di Dio se vuole salvarsi l’anima. In decenni di battaglie è riuscito a distorcere la coscienza di milioni di persone facendo passare per “diritti civili”, con la complicità dei media, abominevoli delitti, i cui effetti deleteri sono tuttora visibili. Con la legge sul divorzio ha distrutto la famiglia, creando figli depressi, squilibrati e drogati, ha moltiplicato povertà e angoscia nei coniugi separati che hanno perso casa, famiglia, spesso anche il lavoro, con figli consegnati “a giorni alterni” come pacchi postali; ha provocato una tale disperazione soprattutto nei mariti abbandonati da arrivare al punto di suicidarsi dopo aver ammazzato la moglie, e lo chiamano femminicidio, mentre è la conseguenza diretta del divorzio! Con la legge sull’aborto, per la quale si è sempre battuto, Pannella ha provocato milioni di vittime innocenti e un vuoto generazionale che, oltre alla gravità del crimine in sé, costituisce uno dei motivi determinanti, a detta anche dell’economista dott. Gotti Tedeschi, che ha causato la recessione economica in Italia e in Europa. Non c’è più gente che nasce, che produce, che studia, che lavora, che consuma, tanto che l’Europa deve importare i figli dagli africani per sopravvivere, dicono. Al prezzo della nostra civiltà cristiana e identità culturale e professionale buttata alle ortiche. La legge sulla liberalizzazione delle droghe è stata in qualche modo bloccata viste le conseguenze che ne sarebbero derivate per i nostri figli; così pure la libertà o semi-libertà ai carcerati da lui voluta come grande “amnistia” a titolo gratuito, è una vera follia perché la pena per i delitti commessi deve essere sempre scontata e i cittadini tutelati da certi criminali. E queste “conquiste civili” elogiate perfino dal portavoce del Vaticano padre Lombardi come “eredità umana e spirituale importante” sono quelle che hanno aperto la porta ai matrimoni gay con gli abominevoli uteri in affitto, all’insegnamento del gender nelle scuole dove si insegna ai bambini il dubbio sulla loro identità sessuale invitandoli a rapporti precoci etero-omo-bis-plus, come bestiole irrazionali a cui viene sottratta la fase bellissima dell’innamoramento e quindi l’amore stesso secondo il progetto di Dio che, attraverso la complementarietà sessuale dei due corpi, maschile e femminile, difende la nostra identità e felicità. Fino alla lotta per l’eutanasia in discussione in Parlamento, perché, per Pannella and company, la vita vale solo se è all’insegna dell’efficienza e dell’istinto, tutto e sempre telecomandato da potenti lobby a scapito della nostra libertà e volontà. Dicono le cronache che hanno causato più vittime, dal punto di vista fisico, morale, economico, civile, culturale…queste leggi nefaste che le peggiori guerre, tanto che le atrocità volute da Pannella soprattutto per i milioni di bambini stritolati con l’aborto, potrebbero essere paragonate, sia pure con modalità diverse, all’altrettanto noto personaggio sanguinario di Manzoniana memoria che fu Napoleone, “Ei fu!”. Pannella per cieca ideologia, Napoleone per sete di potere, ma con uguali risultati sanguinari anche se purtroppo le leggi di Pannella sono tuttora in vigore come conquista sociale. Che stoltezza rinnegare l’unico vero Dio, per inginocchiarsi davanti ai nuovi “idoli” sanguinari. Alla fine della nostra vita ci aspetta il giudizio di Dio sul nostro operato perché la vita sulla terra è breve e la nostra patria è in Cielo, e anche se la misericordia di Dio è grande al punto di accogliere il peccatore pentito fin sulla soglia dell’aldilà per sottrarlo alle terribili pene dell’inferno, altrettanto severa e dura sarà la penitenza che si dovrà fare in Purgatorio per espiare tutti quei crimini, peccati, malvagità, immoralità ecc. che si sono commessi sulla terra. Nulla esiste di ciò che l’uomo compie sulla terra, nel bene o nel male, che non venga o premiato o punito nell’aldilà da Dio, giusto Giudice, senza dire delle ripercussioni nel bene o nel male che già qui sulla terra sperimentiamo dalle nostre azioni buone o malvage. Purtroppo queste fondamentali verità della nostra fede vengono taciute perfino da certe autorità ecclesiastiche, intente come sono a costruire o distruggere la città terrena anziché quella eterna, tant’è vero che una volta la massoneria inviava i suoi adepti sull’uscio di certi morenti per impedire l’accesso del sacerdote nel timore che li riconciliasse con Dio, (nel quale credono, come Lucifero, ma lo odiano) mentre adesso la stessa massoneria invia certi suoi “Prelati massoni” al capezzale del morente per ottenere lo stesso scopo. Che Gesù venga presto a liberarci. [email protected]

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NUOVO STUDIO DI MARCELLO CAPRARELLA

È appena stato pubblicato in Spagna (Postmetropolis Editorial, maggio 2016) il nuovo libro di Marcello Caprarella, intitolato Crónica de (una) capital en tránsito. Crisis económica, luchas ciudadanas y cambio cultural en Madrid (1975-1985). La tesi di fondo è che il cambiamento che avrebbe in seguito dato luogo al processo politico che va sotto il nome di transizione spagnola ebbe inizio negli anni del regime di Franco. La novità principale dello studio è che il processo viene seguito non solo attraverso le fonti e le cronache della protesta, ma rileggendo la “contronarrativa franchista” elaborata dalle strutture del Sindicato Vertical e del Movimiento tra il 1970 e il 1975. Il titolo e il gioco di parole in esso racchiuso alludono a una accezione multipla del termine “capital”: la città in sé, la capitale che cambia, ma anche il capitale economico, cioè la politica di investimenti pubblici e privati durante la fase di passaggio dal franchismo a una democrazia fragile, ma capace di sfruttare tutte le contraddizioni di un regime che, paradossalmente ma non troppo, contribuisce a crearla. Lo studio si divide in quattro capitoli. Nel primo si offrono le statistiche macroeconomiche statali e madrilene, dagli anni sessanta del ‘900-quelli del boom-fino al 1982, l’anno del primo governo socialista di Felipe González. Il punto di rottura è la crisi pertolifera del 1973, che in Spagna ebbe un impatto devastante. Si analizzano, in definitiva, le premesse e il profilo della congiuntura economica vissuta a Madrid durante la fase finale del regime franchista, in un contesto di riduzione degli investimenti, inflazione, licenziamenti e, in parallelo, di crisi dell’apparato statale della dittatura e riposizionamento e riciclaggio in senso “democratico” delle sue classi dirigenti.Nel secondo capitolo si studia la protesta dei lavoratori in un contesto normativo di passaggio da un sistema di regolazione dei rapporti del lavoro basato sul corporativismo verticale a un sistema di libertà sindacale. Il terzo blocco tematico è dedicato alla protesta degli abitanti dell’Área Metropolitana de Madrid, cioè alle conseguenze della pianificazione tecnocratica franchista e alla linea di continuità che si stabilisce con I nuovi poteri democratici sulla base di interessi speculativi e di lottizzazione del territorio. Il libro si chiude con uno studio del capitale simbolico, cioè dei romanzi e della cinematografia dedicati alla città di Madrid durante gli ultimi anni del franchismo e l’inizio della transizione. Roberto Perticone, Milano www.secoloditalia.it

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MATTEO RENZI È LA REINCARNAZIONE DI GIAN GALEAZZO CIANO A breve un editore di Tempe, Florida, pubblicherà il mio romanzo The Dew of Heaven avente una forte base storica ma nel quale il misticismo tibetano vi gioca un ruolo fondamentale. Per tal motivo, durante gli ultimi 5 anni, ho dovuto studiare molta della lettura disponibile sull’argomento ‘reincarnazione’. Ebbene, terminata questa doverosa premessa, vorrei aggiungere il fatto che il Primo Ministro Matteo Renzi mi ha sempre colpito come un deja vu ma solo recentemente ho avuto una intuizione su chi davvero egli possa essere stato in una sua precedente reincarnazione. Gian Galeazzo Ciano, Conte di Cortellazzo ! I due uomini appaiono davvero simili: entrambi toscani, nativo di Firenze Matteo Renzi e di Livorno Gian Galeazzo Ciano. Entrambi facili allo sfottò e alla battuta. Ottimi studenti tutti e due, diplomati con il massimo dei voti, in un liceo fiorentino, il Renzi; uno di Genova, il Ciano. Poi, per entrambi laurea in legge, sempre con il massimo dei voti. La precocità e l’agilità mentale – nonché il loro essere un po’ guitti – può esser osservata in entrambi. Per esempio nel fatto che Renzi a 19 anni guadagnò 48 milioni di lire partecipando al programma televisivo la Ruota della Fortuna. Dopo la laurea entrambi ebbero delle esperienze in campo letterario, con Renzi che scrisse articoli per la rivista Camminando Insieme dove fu pure caporedattore. Ciano, invece scrisse di critica teatrale e compose delle commedie che pochi andarono a vedere. Poi, spinto dal potente padre, entrò nella carriera diplomatica, finendo a Rio de Janeiro e poi a Buenos Aires, da dove fu rimosso e poi mandato a Pechino per via d’una burla finita male. Erano alla fine di un ricevimento e Ciano disse un vecchio generale e statista locale: ‘E ora vecchio bacucco le auguro buona notte!’ Non immaginava che quello sapesse l’italiano. La vita di Ciano mutò radicalmente a 29 anni quando gli imposero di sposare la figlia di Mussolini, Edda. E giusto 29 anni aveva Renzi quando divenne presidente della Provincia di Firenze. Dopo aver sposato Edda, Ciano partì per Shanghai, dove fu Console Generale, comportandosi tutto sommato bene, a parte le numerose scappatelle erotiche alle quali era quasi costretto per provare il proprio macismo. Edda se ne accorse e lo ripagò con la stessa moneta, rendendolo più cornuto d’un vecchio cervo. A Shanghai ebbe anche un incontro con il sovrannaturale. Vicino al Peace Hotel di Shanghai fu avvicinato da una vecchia che per per un soldo gli lesse la mano. Era con altra gente e Ciano, con il suo solito fare da toscanaccio, le intimò: “Dimmi quando morirò.” Lei rispose: ” Di morte violenta, a 40 anni.” Che questo sia vero lo sappiamo da alcune sue lettere, nelle quali si vantava di questa profezia. Rientrato in Italia il generissimo dalla molte battute, veniva a sua volta canzonato con il ritornello: Gian Galezzo Ciano, Conte di Cortellazzo, bella la rima in ‘azzo, meglio quella in ano. Nel 1936 Mussolini lo nominò Ministro degli Esteri, il più giovane d’europa, a soli 33 anni. Quella è l’età in cui il nostro Renzi diviene Sindaco di Firenze e poi, a 39 anni e 42 giorni, Primo Ministro, battendo per 53 giorni il record di Benito Mussolini, che durava dal 1922. La sua opera al ministero degli Esteri, al di là di tutto il suo ‘maschio attivismo’ vien così definita da Gianpasquale Santomassimo: “Le numerose memorie e testimonianze di diplomatici italiani e stranieri concordano nel far coincidere, con l’avvento del Ciano agli Esteri, una accentuazione del dilettantismo e della faciloneria, che già aveva preso piede nella direzione della politica estera italiana in seguito alla progressiva fascistizzazione del ministero degli Esteri, che il Ciano intensificò durante gli anni del suo ministero. Volubilità, vaghezza di propositi, scadimento del tono e dello stile vengono correntemente addebitati alla stessa personalità del Ciano nelle sue funzioni di ministro.” Ciano, a 39 anni, fu nominato Ambasciatore presso la Santa Sede e la chiromante di Shanghai alla fine ebbe ragione: morì fucilato a Verona, a 40 anni, l’11 gennaio 1944. Esattamente 31 anni dopo, al minuto, il giorno 11 gennaio 1975 si registra la nascita di Matteo Renzi. Angelo Paratico, Hong Kong

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L’UCRAINA E IL SUO FASCISMO Ancora oggi, nel 2016, Kiev, capitale dell’odierna Ucraina, appare divisa tra un fronte russofilo e uno filooccidentale. Perché ? Per buona parte del XX secolo, le realtà geopolitiche dell’Ucraina erano, e sono tuttora, quattro: occidentale, orientale, meridionale e centrale. Con il passare del tempo i fronti hanno tentato di accorpare le altre aree per dar vita così ad una “Grande Ukraina” ma il Paese ha mantenuto diversità profondissime in ambito linguistico, religioso, culturale e inevitabilmente politico. Per semplificare il quadro potremmo dire che ad oggi è possibile individuare, in Ucraina due fronti e confermare l’esistenza di due vere e proprie Ucraine : una, orientale, con un’anima russofila e panslavista in cui la maggioranza della popolazione guarda ancora a Mosca, e viceversa l’altra, occidentale, di connotazione asburgica e germanofila. Quali gli elementi fondanti di quelle diversità? L’Ukraina orientale si chiamava “Piccola Russia” e i suoi abitanti venivano chiamati “Piccoli Russi” o semplicemente “Russi”, la religione dominante era la cristiano-ortodossa, strettamente legata al Patriarcato di Mosca e linguisticamente predominava l’idioma della “Grande Madre Slava”. La collocazione politica era consequenziale: al fianco della Russia zarista; poi, nonostante una fortissima diffidenza, della Russia comunista ed oggi della Russia di Putin. Completamente diversa la fisionomia dell’Ukraina occidentale tendenzialmente nazionalista e che in ambito confessionale si proclama di matrice cattolica uniate e non ortodossa, fedele alla Chiesa di Roma e non al Patriarcato di Mosca. Esisterebbe tuttavia una terza Ukraina, quella che abbraccia Kyiev, le due sponde del Nipro e tutta la parte centrale del Paese. Nel tempo, l’Ukraina centrale aveva fatto blocco ora con l’orientale, ora con l’occidentale, acquisendo elementi di entrambe le culture, di entrambe le tradizioni, di entrambe le anime ukraine. D’altro canto, la popolazione dell’Ukraina centrale era, ed è, in buona parte “mista”: per lingua, per confessione religiosa, per orientamento politico. Nel suo ultimo libro, Michele Rallo, studioso della storia europea tra le due guerre mondiali, già parlamentare membro della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, ripercorre le vicende dell’Ucraina moderna, in parallelo a quella della più attiva ed interessante tra le sue forze politiche, l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, formazione che per molti versi si è ispirata al Fascismo italiano. Il lavoro fornisce anche una interessante chiave di lettura per le vicende odierne di quel Paese, sempre in bilico, storicamente fra est e ovest, fra Russia e Germania.

Michele Rallo è nato a Trapani nel 1946. Studioso della storia europea tra le due guerre mondiali, è stato anche parlamentare e menbro della commissione esteri della Camera dei Deputati.

Michele Rallo

L’Ukraina e il suo fascismo

L’organizzazione dei Nazionalisti Ukraini dalle origini alla guerra fredda

L’Ukraina e il suo fascismo

L’Ukraina e il suo fascismo ripercorre la storia dell’Ukraina moderna, in parallelo a quella della più attiva ed interessante tra le sue forze politiche, l’Organizzazione dei Nazionalisti Ukraini, formazione che per molti versi si è ispirata al fascismo italiano. Il lavoro fornisce anche una interessante chiave di lettura per le vicende odierne di quel Paese, sempre in bilico, storicmente, fra est e ovest, fra Russia e Germania

Michele Rallo

Enzo Cipriano : [email protected]

ISBN 978-88-6148-176-3

e 20,00

9 788861 481763

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23 GIUGNO 1405: VERONA ENTRA A FAR PARTE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA Dopo l’effimero tentativo dei Carraresi, Signori di Padova, d’impossessarsi di Verona nel 1404, Pietro Da Sacco fu eletto Capitano del Popolo per trattare la dedizione della città alla Serenissima. I rappresentanti veronesi da lui guidati conferirono con quelli veneziani davanti alla Porta di Campo Marzo, vicino all’attuale chiesa di San Paolo : Verona avrebbe conservato moneta, calendario e tutti i propri statuti e magistrati, con potestà di governo e legiferante. Il 23 giugno 1405 le Autorità veneziane entrarono con gran pompa in Verona dalla Porta del Calzaro, fra Porta Nuova e Porta Palio. La provincia di Verona, entrò così a far parte della Repubblica di Venezia sino al 1797 anno della caduta della Serenissima. Aurelio Stoppele

15 GIUGNO 1906, NASCE LEON DEGRELLE

“Un grande ideale dà sempre la forza di dominare il proprio corpo, di soffrire la fatica, la fame, il freddo. Che importano le notti bianche, il lavoro opprimente, gli affanni o la povertà ! L’essenziale è avere in fondo al proprio cuore una grande forza che rianima e spinge avanti, che rinsalda i nervi, che fa pulsare a forti battiti il sangue stanco, che infonde negli occhi il fuoco ardente e conquistatore. Allora più nulla dà sofferenza, il dolore stesso diviene gioia perché esso è un mezzo di più per elevare il suo dono, per purificare il suo sacrificio.” Léon Joseph Marie Degrelle nasce a Bouillon, nelle Ardenne del Belgio,il 15 Giugno 1906, nello splendido borgo medievale che diede natali a Goffredo V, l’eroico condottiero della Iª Crociata liberatore di Gerusalemme. La sua giovinezza è estremamente avventurosa : inizia come reporter in un piccolo giornale, viaggiando per il mondo, arriva anche negli Stati Uniti degli anni ‘30, ma resta colpito soprattutto dalle vicende dei Cristeros, i cattolici massacrati, in Messico, per la loro fede. Tornato in patria, inizialmente aderisce all’Azione Cattolica ma nel 1935 fonda il movimento nazional-popolare “Rex”, caratterizzato da misticismo cristiano e da una visione corporativa dello Stato. Presentatosi alle elezioni legislative del 1936, riscuote un notevole successo, ottenendo oltre trenta parlamentari. Allo scoppio della II’ guerra mondiale in seguito all’occupazione del Belgio da parte tedesca, Degrelle da vita ad una Legione di Volontari, soprattutto Valloni, guidandoli nella Crociata contro il bolscevismo. Alla fine dell’agosto 1944 sarà l’ultimo reparto a ritirarsi, retroguardia della divisione Wiking, non cedendo fino a quando gli viene esplicitamente ordinato, bloccando comunque l’avanzata sovietica verso Tallin; lo stesso Degrelle, ferito, viene decorato con la «Croce di Ferro con foglie di quercia», l’unico non tedesco a ricevere questa medaglia. Alla fine della guerra Degrelle sarà processato dal nuovo governo belga per tradimento e condannato a morte in contumacia, ma riesce a rifugiarsi in Spagna dove arriva con un atterraggio di fortuna, avendo finito il carburante, su una spiaggia basca. Le domande di estradizione non saranno accolte dal Caudillo, perché Degrelle, ottenendo asilo politico dal Governo Spagnolo di Franco, rinuncia alla nazionalità belga per prendere quella spagnola stabilendosi a Malaga, dove muore il 1’ Aprile del 1994. Gianfranco Sangalli, Perù www.alleanzanazionale.it

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