Intervista Madonie Notizie

May 23, 2017 | Autor: Ciro Lomonte | Categoria: Politics, Sicily, Palermo
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Madonie Notizie Vincenzo Lapunzina e Mari Albanese Intervista a Ciro Lomonte, candidato sindaco al Comune di Palermo 11 marzo 2017

C’è chi sostiene che per fare il sindaco oggi ci vuole una gran dose di coraggio. Amministrare è diventato sempre più complicato. Ambire al governo di una città complessa come Palermo è sicuramente una sfida entusiasmante, ma richiede rigore ed idee chiare. Quali sono i suoi progetti a breve e a lunga scadenza? Qual è la Palermo che immagina? Avete ragione. Per candidarsi ad amministrare bene Palermo, quinta metropoli dello Stato Italiano, ci vuole un grado elevato di incoscienza. Sottolineo amministrare bene. In caso contrario si tratterebbe di un’avventura come un’altra, di un modo più o meno biasimevole di andare alla conquista di una poltrona. Che non è un trono su cui adagiarsi comodamente. È un luogo di governo da cui dipendono le sorti di 1.250.000 abitanti, che attendono risposte concrete alle loro necessità di ogni giorno. La vostra prima domanda, articolata, richiede almeno quattro risposte. Innanzitutto Ciro Lomonte non è un candidato “fai da te”, la candidatura è maturata all’interno del Movimento Siciliani Liberi, una novità assoluta nel panorama politico della nostra terra. Il Movimento è nato ufficialmente a Pergusa il 3 gennaio 2016 e vanta numerosi circoli ormai in tutta la Sicilia. Partendo dalla convinzione che l’Isola è tenuta saldamente nelle condizioni di colonia dello Stato Italiano dal 1860 ad oggi, ci proponiamo di liberarla sostituendo il prima possibile i partiti attuali, tutti più o meno asserviti a logiche colonialiste. Le casse di Palermo e dei comuni siciliani sono peraltro ridotte allo stremo per i tagli insensati operati dagli ultimi governi italiani, con la complicità di servitori compiacenti come Crocetta. Se non si interviene dall’alto i nostri programmi rischiano di restare lettera morta. Tra i programmi a breve scadenza ricorderei quelli sui bilanci del Comune e delle società partecipate. Bisogna mettere ordine, bloccando fonti di spreco come il progetto delle nuove linee del tram (quelle attuali hanno già causato un’emorragia di risorse, senza fornire un servizio realmente utile ai cittadini). Vogliamo creare un Assessorato alla Famiglia per applicare i dettami della Costituzione: in questo momento le famiglie sono tassate in modo iniquo sia a livello locale sia a livello nazionale. Va tenuto conto inoltre che Palermo (come tutta la regione) sta soffrendo una gravissima crisi demografica e che consentire ai giovani sposi di mettere al mondo figli è un investimento sociale, da tanti punti di vista. Tra i programmi di ampio respiro c’è quello di osare nel redigere un nuovo strumento urbanistico che ridisegni il territorio devastato della Conca d’Oro. Va rivista la griglia ortogonale di strade generata dalla pianificazione ottocentesca. Vanno create piazze degne di tale nome, cuore di quartieri belli, che siano città autosufficienti all’interno della città. Vogliamo dotarci di un Palazzo Congressi da 10.000 posti e di un nuovo Stadio di calcio. Di questo e di altro si parlerà in un convegno da noi organizzato per l’11 marzo, “Ridisegnare Palermo, capitale ritrovata del Mediterraneo”. Il motto che abbiamo scelto è “Palermo sia fiera di Palermo”. Sogno una comunità di cittadini che riscopra l’orgoglio della propria identità, seppellita sotto le macerie di una miriade di scelte irresponsabili. Quando i palermitani torneranno ad esprimere la grandiosità del proprio animo autentico si rimboccheranno le maniche per difendere e migliorare la propria terra.

Palermo, due città in una. Uno spartiacque lancinante tra ricchezza e povertà. Come si può essere sindaco di tutti tenendo ferma questa dicotomia che sembra insanabile? Da un lato il precariato economico ed esistenziale e dall’altro l’élite culturale ed economica che freme per vivere in una città che meriterebbe d’essere davvero una capitale europea? La vostra descrizione è molto polarizzata, ma è probabile che corrisponda alla realtà attuale di Palermo e dintorni. In effetti ho l’impressione che gli ultimi anni di crisi (e di immobilismo dei partiti) abbiano impoverito molto il ceto medio, favorendo l’aumento delle famiglie che faticano ad arrivare a fine mese. Di sicuro la borghesia palermitana appare molto disincantata, da molti anni. Le ragioni non vanno cercate nel Gattopardo, capolavoro letterario che ha alimentato i luoghi comuni fuorvianti sulla reale natura dei siciliani. Al contrario. Ritengo che a Palermo manchi la speranza perché gli uomini di partito gestiscono un sistema collaudato, clientelare, che taglia le gambe a chiunque voglia vivere e lavorare da persona libera. In questo contesto si sono consolidate alcune abitudini che riteniamo urgente cambiare. Una è quella degli “orticelli”, ognuno si cura gelosamente il proprio. Non va bene, in questo modo si sprecano le migliori energie. Bisogna fare in modo di condividere conoscenze, competenze, acquisizioni, per presentarsi uniti al mondo internazionale della ricerca accademica e a quello del lavoro. Vanno superati pettegolezzi, invidie, piccinerie, che impediscono di rallegrarsi dei successi degli altri. Perché a Palermo ci sono grandi talenti, ma vengono mortificati da guerre irragionevoli tra piccoli gruppi. Pensate cosa si potrebbe ottenere se i nostri musicisti lavorassero insieme a grandi progetti! O i nostri artigiani si coalizzassero per imporre sul mercato straniero prodotti che, di per sé, sono di altissima qualità. In generale le nostre imprese otterrebbero risultati migliori se l’Amministrazione Comunale togliesse ostacoli burocratici e favorisse la nascita di distretti e forme varie di collaborazione. E poi dobbiamo smetterla con il provincialismo. I palermitani viaggiano molto. Poi ritornano e chiedono per la città quello che hanno visto altrove. Nulla di male, per carità. Purché non si pretenda di essere a la page organizzando mostre di animali squartati. Questa è l’avanguardia della retroguardia, insistere su manifestazioni di pseudoarte che altrove sono boccheggianti, almeno in quanto a successo di pubblico. Saremo all’avanguardia se istituiremo un Museo dell’Arte Figurativa Contemporanea, come hanno fatto a Barcellona, o un Museo delle Arti Applicate sul modello – aggiornato – del Victoria & Albert Museum di Londra. In ogni caso bisogna liberare le grandi energie che a Palermo ci sono. Così incoraggeremo la diffusione del lavoro, dell’impresa, non quella del posto pubblico. C’è davvero bisogno della politica, di alleanze, di simboli per essere buoni amministratori? In fondo non vale ancora la visione aristotelica di bene comune? Mi sembra che anche su questa faccenda si faccia confusione. Noi abbiamo rifiutato l’appoggio della lista Noi con Salvini non perché non volessimo simboli di partito, ma perché riteniamo impresentabile questo simbolo. Non solo a Palermo. In generale abbiamo rifiutato l’appoggio di tutti quei partiti che riteniamo colonialisti. Hanno causato danni gravissimi alla Sicilia e continuano ad agire con gli stessi criteri che hanno depauperato questa terra. Voti in cambio di posti. Le ideologie ottocentesche sono morte. Sono stato ad un incontro di giovani “rivoluzionari” in cui sono rimasto colpito allo stesso tempo dalla tensione ideale di tanti ragazzi e dalla povertà culturale dei loro agitatori, almeno di quelli che si sono succeduti al microfono. I partiti non sono male di per sé, bisogna vedere su quali idee fondano la propria

azione. C’è un grande bisogno di buoni politici (lo dico da non politico, in questa competizione resto una anomalia), soprattutto dopo che Tangentopoli ha spazzato via dirigenti di partito di ben altra levatura rispetto alla mediocrità diffusa adesso. Sì, ha un grande valore ancora adesso l’etica aristotelica. E non solo quella. Bisogna promuovere la formazione di giovani che vogliano occuparsi del bene comune con spirito di servizio. Ci sono, ma faticano a trovare punti di riferimento. Siciliani Liberi si propone come un movimento politico in cui tanti ragazzi stanno scoprendo la gioia di lavorare a grandi progetti per il miglioramento della Sicilia. Palermo, erroneamente considerata “la capitale della mafia”, ha dato i natali a donne e a uomini coraggiosi che hanno sacrificato la loro vita per la nostra terra. Trascendendo la demagogia che si declina nel politichese, che ruolo deve avere una buona amministrazione affinché possa essere esempio concreto per le nuove generazioni? Qualcuno sosteneva che in Sicilia per fare politica si deve cercare lo scontro frontale con la mafia e da amministratori diventa ancora più complesso … cosa ne pensa? Non abbiamo la vocazione dei martiri, ma abbiamo messo in conto che per cambiare la mentalità di alcuni settori della società attuale potremmo pagare un prezzo molto alto. Secondo alcune analisi il regno della ‘ndrangheta ormai è la Lombardia più che la Calabria. E anche la mafia di oggi non sembra quella delle guerre tra palermitani e viddani. Che sia anche questo frutto della globalizzazione della mediocrità? Senz’altro hanno avuto un ruolo importante eroi come Falcone, Borsellino, Livatino e tanti altri. L’Amministrazione Comunale deve fare di tutto per offrire servizi di qualità ai cittadini e per togliere ostacoli alla crescita del mercato occupazionale. Non ritengo efficace cercare lo scontro frontale con la delinquenza. Non è improbabile che, se tornasse in vita, Leonardo Sciascia criticherebbe anche oggi i professionisti dell’antimafia. C’è una lotta seria e coraggiosa alla mafia, da un lato, e c’è un impiego distorto e parassitario della retorica della legalità, dall’altro. Una Giunta Comunale può fare molto per far emergere e valorizzare le energie creative dei giovani, orientandoli verso il lavoro più adatto alla loro vocazione professionale. La scuola italiana è allo sbando. Non educa, non forma, non forgia talenti. A Palermo ci sono moltissimi ragazzi che hanno delle doti spiccate per i lavori manuali. Questa è una città in cui ancora ci sono artigiani tra i migliori del mondo. Si può collaborare con le scuole (non mi riferisco alla formazione professionale, così come è gestita adesso dalla Regione) per far scoprire a tanti studenti che possono mettere a frutto doti e creatività in mestieri che li faranno guadagnare molto di più di tanti laureati. Il sindaco di Palermo diventerà presidente della città metropolitana. Questo significherà occuparsi anche dei problemi della ex provincia che sempre di più vive alla periferia di un regno già problematico di suo pagando un prezzo altissimo in termini di impoverimento economico e culturale. Dall’edilizia scolastica alla viabilità, al rilancio di politiche turistiche sostenibili. Quali sono i suoi progetti a tal proposito? Noi consideriamo Palermo capitale di una Sicilia libera e sovrana. Rifiutiamo pertanto la visione di periferia di un impero che avrebbe il centro negli Stati Uniti, in Cina o altrove. È vero, ci trattano da area marginale, ma noi ci vediamo come centro del Mediterraneo. Che ci voglia poco o molto non importa, noi faremo occupare alla Sicilia un posto adeguato alla sua enorme dignità. Questo comporta che bisogna pensare in grande, avere progetti e trovare le risorse per realizzarle. Pensiamo per es. alle autostrade: da Termini Imerese a Carini dovrebbero essere a

sei corsie. Discorsi analoghi andrebbero fatti per la Palermo – Sciacca, almeno fino ad Altofonte, e per la Palermo – Agrigento. Le scuole superiori debbono essere riorganizzate secondo un disegno strategico sul territorio, per educare al meglio le nuove generazioni in relazione alle potenzialità di paesi e cittadine. Si potrebbero ripopolare borghi abbandonati se solo si favorisse il lavoro in loco, eventualmente portandovi dei bravi rifugiati politici. Il turismo è un capitolo sconfinato. I nostri politici si riempiono la bocca di questa parola, ma non hanno idea di quali iniziative promuovere. Bisogna enfatizzare la specificità della natura, dell’arte, della gastronomia siciliane. Diffondere in tutto il mondo la notizia che solo qui si sperimentano certe esperienze straordinarie. E naturalmente sistemare la rete dei servizi in modo che i turisti possano accedere comodamente e gradevolmente ai luoghi da visitare. Perché i residenti nel comune di Palermo dovrebbero votare per Lei e quelli del Paesaggio (territorio) Metropolitano (ex provincia) auspicare la sua elezione? Lo spieghi in cento battute ... Il mese scorso ho scritto una lettera aperta ai palermitani, pubblicata da un giornale on line. Da allora si sarebbe diffusa nei quartieri la voce che io sia l’unico candidato che ama profondamente Palermo e i suoi abitanti. Non formulo giudizi sugli altri aspiranti sindaci. Però è vero che nutro un affetto enorme per la mia terra. Non è sufficiente però l’attaccamento alla propria città per garantire un buon governo della stessa. Ci vorrebbe un gruppo di persone competenti per occuparsi delle mille questioni amministrative. Ci vorrebbero candidati al Consiglio Comunale liberi e talentuosi. Ci vorrebbe la capacità di lavorare insieme, ben affiatati, e attenti alle richieste dei cittadini. Ebbene, noi abbiamo già tutto questo. E anche altro. Incontriamoci e si potrà verificare che dico la verità. Vogliamo, dobbiamo e possiamo lavorare su tre punti essenziali: l’orgoglio di essere palermitano, riscoprendo l’identità di questo popolo; la potenziale ricchezza che si può distribuire valorizzando le grandi risorse del territorio (l’alleanza tra Palermo, Monreale e Cefalù – e non solo – dovrebbe essere più stretta); la ritrovata bellezza delle nostre città, che libereremo da tutti gli orrori costruiti nel recente passato.

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