Ios. Contra Apionem 2,2

July 11, 2017 | Autor: Manuela Baretta | Categoria: Classical philology, Hellenistic Judaism, Flavius Josephus
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Nota Critica a Iosephus, Contra Apionem 2,2 In apertura al secondo libro del Contra Apionem, Giuseppe ricorda lo scopo della prima parte dell’opera, cioè provare l’antichità del popolo giudaico attraverso gli scritti di altri popoli antichi e confutare così le calunnie di scrittori ostili. Subito dopo l’autore annuncia il proposito del libro che sta iniziando: Arxomai de; nuũ n tou;ç uJpoleipomevnouç tw~n gegrafovtwn ti kaqæhJmw~n ejlevgcein kai; toi~ç th~ç pro;ç jApivwna tw~n grammatikw~n ajntirrhvsewç tetolmhmevnoiç ejph~lqev moi diaporei~n, eij crh; spoudavsai.1

Si è riportato il testo secondo l’edizione di Niese 2, che in apparato reca le seguenti annotazioni: kai; toi~çº kaivtoi peri; ed. pr. kai; toi~ç ... spoudavsaiº inpulsus enim sum contra apionem rispondere grammaticum, si tamen assumi hoc oportet officium Lat; aliquid excidisse puto; vid. enim Josephus exposuisse, quo in libro Apio in Iudaeos invectus sit tetolmhmevnoiç om. ed. pr.

Il testo tràdito potrebbe essere così tradotto: Inizierò ora a confutare i restanti scrittori ostili a noi e mi è venuto il dubbio se sia necessario occuparsi seriamente di ciò che si è osato della risposta avversa al grammatico Apione.

Risultano però poco chiari la seconda parte della frase e il collegamento di questa con l’incipit della proposizione. Invece della coordinazione introdotta da kai; ci aspetteremmo piuttosto un segnale avversativo. La seconda frase, inoltre, è di difficile interpretazione, in particolare per quanto riguarda la resa del participio toi~ç tetolmhmevnoiç: di quale ardire si sta parlando? Si tratterebbe forse di audacia imputabile a Giuseppe stesso, che sta mettendo in dubbio il valore della propria risposta? Anche se Niese non vi vedeva particolari problemi interpretativi, questo passo ha creato qualche difficoltà agli editori, che ne hanno proposto varie correzioni. Gelenius, curatore dell’editio princeps, correggendo kaiv in kaivtoi, introduce l’avversativa mancante; aggiunge inoltre periv davanti a th~ç […] ajntirrhvsewç ed elimina tetolmhmevnoiç, risolvendo così anche il secondo problema. La traduzione del testo così ricostruito sarebbe: Voglio incominciare ora a confutare gli altri scrittori avversi a noi, anche se mi è venuto il dubbio se sia necessario occuparsi seriamente a proposito della risposta avversa al grammatico Apione.

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Ios. CAp. 2,2. Flavii Josephi opera edidit B. Niese, V, Berolini, Weidmann 19952, p. 54.

Tale proposta viene accolta da Dindorf 3, Thackeray4 e Reinach5: quest’ultimo aggiunge in nota, in riferimento a tetolmhmevnoiç, videtur esse emendatio vocis eijrhmevnoiç (2,3) quae, in margini inscripta, in textum non suo loco irrepsit. Troiani6, che in generale segue il testo di Niese, in questo punto lo corregge, aggiungendo a sua volta, come l’editio princeps, periv a reggere th`ç ajntirrhvsewç. Anche in questo modo, comunque, non viene chiarito il significato di tetolmhmevnoiç, e non viene eliminata, se non di fatto nella traduzione, la contraddizione fra le due parti della frase. La Versio Latina non offre particolare aiuto: il testo edito da Boysen7 suona: Nunc autem inchoabo reliquos arguire, qui contra nos aliqua conscripsere. Inpulsus enim sum contra apionem rispondere grammaticum, si tamen assumi hoc oportet officium.

In apparato, Boysen espone una sua congettura sul testo greco: invece di kaiv bisognerebbe leggere kajn. In questo modo ejn reggerebbe toi~ç tetolmhmevnoiç e la traduzione risultante sarebbe: Voglio ora iniziare a confutare gli altri scrittori avversi a noi, e nelle audacità della risposta contro il grammatico Apione mi è venuto il dubbio se fosse necessario occuparsene seriamente.

Neanche con questa correzione, tuttavia, viene eliminata la forte contraddizione fra le due parti del periodo. Per tentare una risoluzione del problema, si potrebbe raccogliere lo spunto di Gelenius e intervenire sul testo tradito con una correzione minima dal punto di vista paleografico, ma che renderebbe il senso della frase più perspicuo: kaiv toi~ç può essere corretto in kaivãtoià toi~ç, ipotizzando una corruttela per aplografia. In questo modo si introduce l’avversativa che permette di eliminare la contraddizione fra le due proposizioni coordinate. Il testo potrebbe dunque essere stampato e tradotto come segue: Arxomai de; nuũ n tou;ç uJpoleipomevnouç tw~n gegrafovtwn ti kaqæhJmw~n ejlevgcein kaivãtoià toi~ç th~ç pro;ç jApivwna tw~n grammatikw~n ajntirrhvsewç tetolmhmevnoiç ejph~lqev moi diaporei~n, eij crh; spoudavsai. Voglio iniziare ora a confutare gli altri scrittori avversi a noi, quantunque mi sia venuto il dubbio se davvero sia necessario prendere sul serio le affermazioni audaci della risposta contro il grammatico Apione. 3

Flavii Josephi opera recognovit G. Dindorf, II, Paris, Didot, 1847, p. 367. H. St. J. Thackeray, Iosephus with an English Translation, I, The Life. Against Apion, London- New York, 1926, p. 293. “I shall now proceed to refute the rest of the authors who have attacked us. I am doubtful, indeed, whether the remarks of Apion the grammarian deserve serious refutation”. 5 Th. Reinach - L. Blum, Flavius Josèphe. Contre Apion, Paris, Les Belles Lettres, 1930, p. 59 : “Je vais commencer maintenant à réfuter le reste des auteurs qui ont écrit contre nous. Pourtant je me suis pris à douter s’il valait la peine de combattre le grammarien Apion”. 6 L. Troiani, Commento storico al “Contro Apione” di Flavio Giuseppe, Pisa, Giardini Editori e Stampatori, 1977, p. 213. A p. 255 la traduzione proposta da Troiani suona: “Comincerò ora a confutare il resto degli autori che hanno scritto contro di noi; mi avvenne di essere perplesso se fosse necessario preoccuparmi di quello che si osa riguardo alla confutazione del grammatico Apione”. 7 Flavii Iosephi Opera ex versione Latina edidit C. Boysen, VI, Pragae- Vindobonae – Lipsiae, Tempsky – Freytag, 1888 (rist. 1964), p. 73. 4

Giuseppe svaluterebbe così in misura ancor maggiore il suo avversario Apione, asserendo che non vale forse neanche la pena di leggere la confutazione delle posizioni di questi. Una simile interpretazione parrebbe confermata da quanto segue: ta; me;n gavr ejsti tw~n uJpVaujtou~ gegrammevnwn toi~ç uJpVa[llwn eijrhmevnoiç o}moia, ta; de; livan yucrw~ç proçtevqeiken, ta; plei~çta de; bwmolocivan e[cei kai; pollhvn, eij dei` tajlhqe;ç eijpei`n, ajpaideuçivan wJç a]n uJpVajnqrwvpou çugkeimevna kai; fauvlou to;n trovpon kai; para; paventa to;n bivon ojclagwgou~ gegonovtoç.8

“Quaderni del dipartimento di filologia, linguistica e tradizione classica ‘A. Rostagni’” n.s. 3 (2004), pp. 163-165.

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CAp.2,3: “Infatti una parte dei suoi scritti è uguale a ciò che altri hanno detto, altro costituisce un’aggiunta molto fredda, e la maggior parte contiene falsità e, per essere sinceri, grande incultura, come se fosse stato messo insieme da un uomo che è nato di carattere superficiale e ha fatto il ciarlatano per tutta la vita”.

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