La donna fugge, l\'uomo pensa...

June 3, 2017 | Autor: Francesca Ceci | Categoria: Orphism, Orpheus, Orphism, Orphic literature, Orpheus and Eurydice
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L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA Francesca Ceci

LA DONNA FUGGE, L’UOMO PENSA... ALCUNE EMISSIONI PROVINCIALI ROMANE SEMBRANO EVOCARE, ANCORA UNA VOLTA, IL MITO DI ORFEO ED EURIDICE. MA SI PRESTANO ANCHE A UNA LETTURA DIVERSA E MISTERIOSA

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a rassegna delle iconografie monetali relative alle vicende di Orfeo si completa con alcune immagini, interessanti e al contempo dibattute. È il caso, per esempio, delle monete in bronzo emesse a nome di Gordiano III nella città di Seleukeia ad Calycadnum, in Cilicia (l’odierna Silifke in Turchia), sulle quali compare, in due varianti, un’enigmatica coppia. Mentre sul dritto, come di regola,

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In alto: La morte di Chione, penna e bistro con acquerello grigio scuro di Nicolas Poussin, 1620-1623. Windsor castle, Royal Library. A destra: moneta in bronzo di Gordiano III, emessa a Seleukeia ad Calycadnum. 238-244 d.C. Al dritto, busto il busto dell’imperatore; al rovescio, una donna con lungo abito svolazzante e braccio destro alzato come in cerca di aiuto, sembra fuggire da Hermes, che le tocca la spalla.

Statere d’oro battuto dalla zecca di Lampsakos. 350-340 a.C. Berlino, Staatliche Museen. Al dritto, raffigurazione di una protome di Pegaso, alata; al rovescio, Orfeo con copricapo trace e manto, siede pensoso su una roccia con il mento appoggiato su una mano e nell’altra tiene una grande lira da cui pende una fascia.

campeggia il busto imperiale, al rovescio compare una curiosa scena, nella quale si riconosce Hermes – con i suoi attributi classici: petaso e caduceo –, che sta per afferrare la spalla di una donna con uno svolazzante abito lungo; lei si volta verso il dio, alzando un braccio come se stesse chiedendo aiuto o gridando qualcosa. La donna è stata identificata in Euridice riconquistata da Hermes psicopompo e destinata senza piú speranza agli Inferi, dopo che Orfeo si era rivolto a guardarla, contravvenendo alla condizione posta da Ade e Proserpina per il suo ritorno tra i vivi.

Vantatasi di questi amori eccezionali e dei figli portentosi, si proclamò piú bella (e feconda, si può aggiungere) di Artemide. Cosí come era accaduto con Niobe, l’algida dea uccise allora con i suoi crudeli dardi la giovane, trafiggendola proprio nella lingua improvvida.

UN MITO IGNOTO? Sebbene suggestiva, tale ipotesi non sembra scontata, anche perché, nelle raffigurazioni antiche, Euridice è di regola piú mesta e meno attiva di quanto invece appaia nella moneta. Oppure, l’artista a cui si deve il conio, libero creatore o legato a modelli statuari che non conosciamo, volle raffigurare la ninfa mentre, ormai perduta, lancia il suo ultimo disperato grido al suo amato cantore. Né si può escludere che il tipo si riferisca genericamente al ruolo ctonio di Hermes, proponendo una scena di consegna di una donna agli Inferi, che però mal si accorda, forse, con l’intento innanzitutto celebrativo della monetazione romana. Che si tratti, quindi, di un altro mito, forse locale, a oggi ignoto? Questo gruppo a due trova poi corrispondenza su altre emissioni in bronzo della stessa città e per di piú coeve, nelle quali, accanto a Hermes, che compare nel medesimo atteggiamento, si riconosce senza ombra di dubbio Artemide – contraddistinta dal corto chitone, dall’arco e dal

NESSUNA PIETÀ PER LA TRACOTANZA

cagnolino da caccia –, che si gira verso il dio che la segue. L’accostamento tra i due viene visto come un richiamo al mondo silvestre/venatorio e pastorale proprio di Artemide cacciatrice e di Hermes nòmios, che protegge i pastori, titolo che peraltro condivide con Apollo, fratello di Artemide. Tuttavia, la composizione potrebbe evocare un contesto diverso, egualmente drammatico, ovvero quello della triste vicenda d’amore e morte della bella ninfa Chione, amata (con inganno divino) nella stessa notte da Hermes e Apollo, dai quali ebbe due gemelli.

Il tipo potrebbe rifarsi a questo mito, stigmatizzando ancora una volta la hybris, ossia la tracotanza verso gli dei da parte degli esseri inferiori, umani o semidivini come lo era la ninfa, sempre e inesorabilmente punita. Un’ultima emissione, questa volta d’oro e piú antica delle precedenti, ci riporta a Orfeo. Si tratta di uno degli stateri aurei di Lampsakos, città in territorio originariamente trace (in Misia, presso Lapseki in Turchia), emesso intorno al 350/40 a.C. e che rappresenta il cantore trace, riconoscibile dall’abito tipico e dalla grande lira posata sul ginocchio. L’atteggiamento pensoso in cui è colto lo sospende in un momento imprecisato della sua vicenda, forse al sorgere di un’ispirazione musicale incantatrice oppure dopo la perdita della moglie, quando l’aspetto misterico e filosofico della sua personalità diventa preponderante, sino a farne uno dei maestri del pensiero antico e moderno. (3 – fine)

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