L\'Italiano dal Melodramma a Sanremo

June 7, 2017 | Autor: Salvatore Luiso | Categoria: Linguistica italiana, Linguistica
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Relazione seminario L’Italiano in Musica, dal Melodramma a Sanremo Salvatore Luiso - A25/555 Venerdì, 27 febbraio 2015

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Presentazione

Il seminario ha affrontato diversi aspetti della lingua italiana applicati alla musica. La nostra lingua, infatti, ha fatto tantissimo per la musica: in ogni parte del mondo i tecnicismi musicali sono in italiano (andante, allegro, pausa, ...).

Poesia e musica, Angelo Cardillo, Università di Salerno

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La canzone è o non è poesia? Secondo il relatore Angelo Cardillo il quesito è completamente fuori luogo. Valerio Magrelli diceva che la poesia è il testo scritto con la matita: è fatto solo di parole, non anche di musica. Caproni, tuttavia, in un’intervista degli anni ’80, diceva che era arrivato alla poesia attraverso la canzone. In chiesa, infatti, leggendo un libretto, ne studiò il testo. Il problema, dal punto di vista metodologico, è che la canzone è un genere a sé fatto di due linguaggi: musica e testo. Non è altro che un cappuccino fatto di latte e caffè1 dove il latte è la musica e il caffè è il testo. Se la canzone è assimilabile alla poesia, è un problema risolto con una definizione dell’Accademia della Crusca: è un 1

Vecchioni

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testo cantato. Del se poi venga prima la canzone e poi la musica o viceversa, è un altro discorso. Scandalizzarsi in un’accademia, perché si parla delle canzoni in italianistica, è fuori luogo. Alcuni musicisti, tra l’altro, hanno messo in musica delle canzoni. Lo stesso Boccaccio, alla fine di una giornata del Decamerone, fa cantare uno dei personaggi. Cesare Segre ritaglia uno spazio anche per il testo in musica, in uno dei suoi saggi. A questo punto, il problema della canzone poesia/non poesia può dirsi risolto. Renzi osserva che la caduta dell’interesse rispetto alla poesia rispetto ai giovani è dovuto proprio a questo. Rousseau nota come il popolo italiano canti le poesie degli autori, mentre in Francia la poesia epica è appannaggio solo degli accademici. Roberto Vecchioni, cantante, autore e professore, intende come canzone d’autore un testo scritto e cantato dalla stessa persona. Il linguaggio della poesia, inoltre, lo ritroviamo nella canzone, per esempio le figure retoriche. Queste accorciano le distanze fra l’una e l’altra. Quando la canzone fa ricorso all’immaginario, lo fa in riferimento ad un immaginario collettivo: non è personale dell’autore, ma può trovare riscontro nella cultura popolare. Nella storia della canzone c’è un discrimine: il secondo dopoguerra. Nel ’58 Modugno canta Volare al festival di Sanremo. Questa canzone segna l’inizio di una testualità diversa, che, nell’ambito di un discorso accademico, porta anche un terzo linguaggio, quello della gestualità. Secondo il prof. Cardillo si può parlare sia dell’Infinito di Leopardi che de La cura di Battiato con le stesse tecniche, piazzandole sullo stesso piano. Per questo accetta le nuove antologie che presentano anche i testi delle canzoni.

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L’Italiano del melodramma, Vittorio Coletti, Università di Genova

Il melodramma è un genere nato in Italia nel ’600. Poi si è trasferito nel mondo assumendo modifiche locali, ma comunque ha mantenuto dei caratteri italiani e resta ancora oggi uno dei prodotti italiani più valorizzati al mondo, tant’è che c’è chi studia l’italiano solo per cantarlo. Ma com’è l’italiano del melodramma? Ormai questo genere ha perso la sua spinta. All’inizio veniva etichettato come recita musicata: si fa una rappresentazione teatrale, ma raccontando la storia cantando. La musica e il canto, però, rovinavano la parola: la musica precedente (specialmente quella religiosa), l’aveva scorporata. Con il melodramma si cerca di mantenere la melodia, ma senza far scomparire

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il testo. A Venezia l’opera diventa molto commerciale. Questo genere cerca di risolvere quest’equilibrio sviluppando due assi portanti: Aria

Il momento del canto solista con una dimensione musicale molto forte: le ragioni della melodia prevalgono su quelle della comunicazione verbale.

Recitativo La parte musicale diventa un insieme di accordi che accompagna il canto, dove la recitazione prevale e lo spettatore capisce cosa sta succedendo. Il nostro teatro musicale è in versi. Quelli delle arie diventano sempre di più, assumendo anche strutture simmetriche. Si serve dell’endecasillabo e del settenario, che aiutano l’andamento discorsivo. Nel discorso cantato le parole tendono ad essere più brevi per aiutare la comprensione. La parte recitativa, invece, ha una sintassi più lunga e complessa. La commedia è anch’essa un valore legato alla lingua italiana. Siccome è fatta di dinamismo e realismo, non si sposa benissimo con il canto. Mozart riesce, però, a trovare un modo per mettere in musica le commedie: Le nozze di Figaro sono un esempio straordinario. Da questo punto in poi, grazie a queste innovazioni dell’opera buffa, i due assi separati del Recitativo e dell’Aria perdono la loro distanza, o comunque si avvicinano. La musica inizia a predominare. Verdi, invece, si preparava da solo un abbozzo che poi il librettista doveva adattare: le esigenze del musicista diventano più forti di quelle del paroliere. Prima il librettista era quasi più famoso del musicista (Basti pensare a Pietro Metastasio), ma dall’800 il musicista lo supera in fama, al punto da schiacciare con il proprio nome quella del librettista di turno. Le prime differenze fra il prima e il dopo si sentono già nella lunghezza del testo: le opere di Verdi sono 1/3 di quelle di Metastasio. Questo perché la parte musicale inizia a predominare talmente tanto da occupare tutto lo spazio temporale dell’opera. Con la musica si riesce a dare emotività al testo, permettendo di utilizzare meno parole: lo spettatore riuscirà a capire, a grandi linee, l’andamento della trama. Si inizia a fissare un modello letterario: quello alto e solenne. È un modello molto più fisso di quello poetico o di quello teatrale. Per fare un esempio, basta calcolare la differenza fra l’italiano dei Promessi Sposi e quello del 5 maggio: il modello aulico si fa sentire molto di più nel secondo. Allo stesso modo, l’Opera diventa aulica, ma con modelli fissi più alti rispetto a quelli poetici. Ma come mai vengono scritti, nell’800, con un linguaggio così alto? Perché è un limite della lirica italiana. Verdi cercherà di cambiare questo paradigma, ma sarà 3

solo con Puccini che si avrà una vera rottura con la tradizione libresca italiana. Per tre secoli, quindi, questo teatro ha prodotti capolavori ancor oggi suonati. Alla fine del ’700 Napoli era una delle capitali della musica. La corte, che aveva delle ambizioni culturali, aveva costruito un ospedale per le malattie mentali. In uno di questi luoghi venne rappresentata un’opera di mezzostile, né comica né tragica: La pazza per amore. La storia racconta di una fanciulla che impazzisce perché viene allontanata dal fidanzato e chiusa in una clinica. Il padre, ravvedutosi, cerca di correggere l’errore, ma deve evitare uno nuovo shock alla figlia, così cerca di prepararla: anche qui, nonostante si capisca perfettamente il discorso, si riesce anche ad accompagnare il tutto con una bellissima melodia.

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L’Italiano della canzone, Lorenzo Coveri, Università di Genova

La musica leggera (ammesso che abbia ancora un senso separare i generi come leggera o canzonetta), è un grande fenomeno culturale. Affonda le sue radici in due grandi tradizioni: quella teatrale e quella napoletana. O’ sole mio è un caso singolare, tra l’altro, perché nasce prima il testo e poi la musica: in genere accade il contrario. La natura costrittiva della frase musicale condiziona moltissimo l’italiano della musica. Ci sono esempi di poeti che hanno scritto testi per la musica e ci sono musicisti che hanno scritto musiche per le poesie. La poesia fra parola e musica, fra alto e basso, è una differenza che in Italia è esistita fino ad un certo periodo, mentre in altri Paesi come la Francia, questa differenza non si è proprio creata. Negli ultimi tempi si stanno sviluppando studi che analizzano la canzone con gli stessi strumenti della poesia: ciò ha permesso alla canzone di essere completamente sdoganata. Poiché il numero di sillabe deve coincidere con quello delle note, spesso nel finale si utilizzano dei monosillabi. Questo ha portato ad una serie di modifiche nell’utilizzo dell’italiano in musica: non è tanto vero quanto verosimile. Il cantautore vero e proprio nasce negli anni ’60, ed ha portato ad un abbassamento del tono. È dunque in questo periodo che c’è una vera svolta. Se vogliamo indicare un personaggio di questo cambiamento, indichiamo Baglioni, che introduce addirittura il discorso diretto. Negli anni ’50-’60 il rapporto con il melodramma è molto stretto, mentre ora si sta perdendo, anche se il rapporto è evidente. Tuttavia all’estero la musica italiana è quella del melodramma, e forse ancora anche in Italia, dato che l’ultimo festival l’ha vinto Il volo, che riprende proprio questa tradizione. Lo stesso testo è vecchio di 4

almeno cinquant’anni. Quando negli anni ’90 la scuola genovese va a Milano, una casa editrice decide di pubblicarli come musica leggera. La parola cantautore nasce negli anni ’60 e viene da un articolo di Montale, ma in senso dispregiativo. In realtà la parola viene dal precedente cantattore, titolo attribuito al Modugno di Volare2 . I cantautori abbassano il tono, arrivando ad usare parole della parlata comune, popolare. Si inizia a creare da un lato un italiano medio, dall’altro un italiano canzonesco, tipico della canzonetta. Si potrebbe indicare quello di Mogol-Battisti (verso la fine degli anni ’80) grado 0. In Battiato, persona senz’altro colta, troviamo una poesia in cui il significante predomina sul significato. Per quanto riguarda il recupero del dialetto, va assolutamente citato Fabrizio de André. Altri, come Pino Daniele, sono riusciti a mescolare diverse lingue, come l’Italiano, l’Inglese e il dialetto. Sul piano dell’innovazione, ecco Elio e le Storie Tese. Al giorno d’oggi, invece, è nato il rap: la musica scompare completamente in favore del testo, quasi nudo e crudo. Allo stesso modo è cambiata anche la fruizione della musica: non più la radio, ma l’mp3, il walkman, il concerto. A questi strumenti del prof. Coveri, io aggiungerei anche lo smartphone e i servizi di streaming.

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Il cantante era interprete della canzone, non autore, inoltre era anche un attore: nella prima esibizione della canzone, alzò le braccia a mo’ di ali, diversamente da quanto si era soliti fare, cioè portarsi la mano al cuore.

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