Magistratura Democratica

July 27, 2017 | Autor: M. De Caro | Categoria: Galileo Galilei, Storia Della Scienza, Storia Della Magistratura
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DEMOCRATICA: PECCATO ORIGINALE OPPURE OCCASIONE DI CRESCITA DEMOCRATICA?

Di Marino Massimo De Caro



La Magistratura viveva, negli anni Cinquanta, una situazione
"sostanzialmente stagnante"[1]. La sua struttura era una fortemente
piramidale con al vertice la Corte di Cassazione. Il clima che si respirava
in quegli anni lasciava intravvedere che i diritti erano tutelati in
maniera proporzionale al livello sociale della persona oggetto della
disamina, così spesso poteva accadere che cittadini provenienti dai ceti
sociali più deboli e marginali ricevessero una tutela giuridica inadeguata
da parte della Magistratura. A dire la verità, già c'erano alcuni
magistrati che tentavano di reagire a questa situazione di violazione del
principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, e, senza
dubbio, l'istituzione della Corte Costituzionale, che aveva sancito la
preminenza dei principi costituzionalmente tutelati rispetto alla
giurisprudenza della Corte di Cassazione, aveva creato una prima breccia in
questa concezione. In questa nuova visione culturale dei diritti,
sicuramente frutto di quei principi moderni e democratici che erano stati
inseriti nella Costituzione del 1948, si innesta la scelta di alcuni
giuristi e magistrati di fondare nel 1960 la rivista "Democrazia e
Diritto". La partecipazione a questa rivista avveniva a titolo personale.
Quattro anni più tardi, come vedremo meglio in seguito, la nascita di
Magistratura Democratica (d'ora innanzi MD) comportò una rottura in quel
sistema di equilibri e formalismi che era, paradossalmente vista la
"ufficiale" defascistizzazione del Paese, figlia dei codici fascisti degli
anni Trenta.

MD rappresentava una risposta collettiva, di una parte delle
magistratura, alla richiesta che si andava diffondendo nella società
italiana di una adesione, non solo formale, ai nuovi principi
costituzionali. Paradigma della visione del giudice che, secondo MD, non
era più quella di un organo inserito nello "stato-apparato"[2], ma soggetto
istituzionale indipendente e, in quanto tale, capace di generare politica o
meglio politiche.

Secondo i fondatori di MD, il dogma dell'apoliticità dei giudici
nascondeva in realtà un loro "asservimento" alle richieste che, anche
implicitamente, provenivano dal ceto politico di governo, mentre invece
compito dei giudici doveva essere quello di tutelare i soggetti
sottoprotetti.

Ancora più chiara è la ragione della nascita di MD così come viene
individuata da Luigi de Marco: "abbiamo reagito alla giustizia al servizio
dei potenti".

Questa nuova visione del ruolo della Magistratura, da parte di alcuni
suoi componenti, si innestava nel momento storico della nascita del primo
governo di centro-sinistra e si poteva riassumere nella dichiarazione di
Pietro Nenni: " da oggi ognuno è più libero".

Ed ecco che le spinte di una democrazia e di una magistratura più
conformi ai dettati della Costituzione si scontrano con la volontà di
conservazione che è ben rappresentata dalla non sufficientemente chiarita
vicenda del "Piano Solo" e con il conseguente "tintinnar di sciabole".

Nell'Italia così travagliata del 1964 nasce Magistratura Democratica.
Il magistrato Palombarini così motiva la scelta del nome: " Il nome di
Magistratura Democratica fu scelto per sottolineare l'esigenza per una
magistratura che si ritenesse degna di uno stato democratico, che ci fosse
della democrazia interna… La accezione democratica venne poi adottata in
relazione agli obiettivi più progressisti che, rispetto alle altre, si
proponeva la nostra corrente".[3]

L'atto di nascita di MD ha luogo a Bologna presso il collegio Irnerio,
il 4 luglio 1964, rispetto al quesito posto nel titolo del presente lavoro,
una prima riflessione viene già da quanto asserisce il giudice Cremonini.
Il quale, nella sua introduzione ai lavori, afferma in modo molto chiaro e
diretto che il giudice deva avere un ruolo politico e non solo tecnico.

L'approccio ideologico che, a mio parere, i fondatori di MD volevano
avere nello svolgimento delle loro funzioni, comportò una rapida e
immediata risposta da parte di quei settori reazionari che esistevano, ed
erano ancora la maggioranza, all'interno della Magistratura. Pensiamo solo
che, a settembre 1964, comparve un libello anonimo che così iniziava:
"Compagno giudice, come avrai già saputo, si inizieranno nel prossimo
dicembre i corsi specializzati di marxismo-leninismo che la direzione
centrale del Partito ha indetto a vantaggio dei compagni funzionari
dell'amministrazione della giustizia".

Questo libello, chiaramente pubblicato per influenzare le elezioni
dell'ANM in corso in quell'anno, era però un chiaro segno della
radicalizzazione dello scontro che si stava cominciando a determinare
all'interno della Magistratura Italiana.

Pensiamo anche alla immediata replica da parte di Cremonini, come già
detto estensore materiale del Manifesto programmatico di MD, che sulla
rivista "la Magistratura" condannò l'anticomunismo viscerale che
caratterizzava gli autori anonimi dello scritto di accusa e che questi non
avevano invece compreso la reale portata innovativa e riformatrice di cui
MD si sarebbe fatta promotrice.

Lo scontro era ormai palese, certo è che le elezioni dell'ANM del 6
dicembre 1964 furono un successo per MD che raccolse 729 voti su 3893
votanti.

Questo risultato diede una spinta importante a MD, probabilmente
convincendo ad aderirvi anche quei magistrati che, pur condividendone gli
ideali non avevano il coraggio di schierarsi apertamente.

Ovviamente Magistratura Democratica aveva bisogno del suo Pantheon e
individuò un padre nobile e, insieme, una giustificazione a quella che io
definirei :"una entrata a gamba tesa nella politica", richiamando i
principi del filosofo del diritto Kelsen.

Questi aveva sostenuto che il nuovo ordinamento deve cancellare tutte
le norme del vecchio ordinamento che in qualche modo sono in contrasto con
i principi della Costituzione.[4]

Anticipando un punto di vista che cercherò di approfondire meglio in
seguito, ritengo che la volontà, da parte dei fondatori di MD, di rendere
aderente la giustizia aderente ai nuovi principi costituzionali sia stata
una scelta importante e utile per la democrazia. Ma, ritengo altresì, che
l'eccessiva visione politicizzata del ruolo del magistrato, unitamente alla
volontà di interferire nel processo di formazione delle leggi abbiano
prodotto una deriva facendo smarrire la validità della scelta del 1964.
Questa deriva ha fatto vittime illustri, penso, per esempio, al recente
abbandono di MD da parte di uno dei suoi fondatori come Giancarlo Caselli.
Vediamo a cosa viene imputata la scelta di Caselli. "La scelta di
abbandonare Magistratura Democratica sarebbe riconducibile all'indignazione
per la pubblicazione nell'agenda di Md per il 2014 di un "contributo" di
Erri De Luca, lo scrittore che non solo ha giustificato il sabotaggio in
Val di Susa ma anche ammesso di aver preso parte ai blocchi stradali
organizzati dai No Tav. In più nelle righe scritte da De Luca si poteva
leggere anche una sorta di "apologia" degli anni di piombo. Sotto il titolo
"Notizie su Euridice" Erri De Luca scrive a proposito degli anni 70: "Si
consumò una guerra civile a bassa intensità ma con migliaia di detenuti
politici. Una parte di noi si specializzò in agguati e in clandestinità. Ci
furono azioni micidiali e clamorose ma senza futuro...". [5]

La vicenda No-Tav, ha una chiara connotazione ideologica, non dobbiamo
nascondere che tra i membri più giovani di MD c'era una attenzione e
condivisione degli ideali con il movimento No-Tav, ovviamente con la parte
pacifica del movimento. La scelta invece di un magistrato come Caselli di
perseguire, in modo anche duro, quelli che lui ha definito terroristi, e
cioè coloro che hanno scelto di compiere azioni di sabotaggio nei confronti
dei cantieri, ha creato un conflitto interiore quei magistrati, che da un
lato condividevano le scelte politiche/ideologiche dei sabotatori e
dall'altro ne dovevano giudicare e perseguire gli eventuali reati.

In magistrati come Caselli, che comunque hanno, pur con i limiti di
una visione a mio parere troppo politicamente influenzata dei rapporti tra
politica e criminalità organizzata, una serietà professionale e una
indiscussa competenza questo "conflitto di interessi" non influenza
l'attitudine a svolgere la propria funzione giurisdizionale. Penso invece
che in magistrati più giovani, che non hanno gli strumenti culturali e
soprattutto giuridici confrontabili con quelli di Caselli, questo "corto
circuito intellettuale" è una delle distorsioni del nostro Paese. Penso
alla famosa dichiarazione di Ingroi, che in un tweet a Luca Telese, ripreso
dal giornale "Libero", afferma: " Io certi berlusconiani li ho fatti
condannare in aula come Dell'Utri, e li ho combattuti in politica".[6] E
non pago di questa dichiarazione, a mio avviso gravissima, in un'altra
circostanza intervenendo sul ruolo delle intercettazioni ha commentato:
"Si, è vero: è stato fatto un uso politico delle intercettazioni. Questo è
stato l'effetto relativo, la causa è che non si è mai fatta pulizia nel
mondo della politica…Se ci fosse stata pulizia non ci sarebbero state
inchieste così clamorose e non ci sarebbero state intercettazioni
utilizzate per uso politico".[7]

Queste dichiarazioni sono la cartina di tornasole che ci fanno capire
alcuni degli effetti delle battaglie di MD. I giudici, nel rivendicare la
giusta autonomia dal potere politico, sia esso legislativo o esecutivo,
hanno però finito per porsi come contraltare a politiche che non
condividevano.

Senza qui dilungarci sulla questione relativa al significato di "fare
politica" dobbiamo brevemente sottolineare che, ovviamente, con le sentenze
si fa politica, ma le sentenze non possono diventare lo strumento per
utilizzare ai fini della propria visione politica le maglie della
interpretazione della norma che la legge concede al magistrato.

Dal secolo dei Lumi si è sempre detto che il magistrato deve essere
sottoposto solo alla legge, e che ad essa e solo ad essa deve rispondere.
Giustissimo. I problemi nascono quando, per ragioni ideologiche, si cercano
gli strumenti normativi per colpire il datore di lavoro rispetto al
lavoratore, il "politico" soprattutto se di area conservatrice e così
dicendo.

Purtroppo con la nascita di MD si è organizzata una cultura, che
sicuramente vedeva in Gramsci un intellettuale di riferimento, che però tra
le pieghe del suo pensiero, di grandissimo valore, aveva la concezione
dell'individuazione del nemico anziché dell'avversario. "Nella rivoluzione
avere pietà di dieci significa essere spietati con mille".[8] Nella
rivoluzione democratica che MD voleva portare avanti si sono spesso visti
alcuni imputati come nemici da battere ideologicamente e moralmente. Che
Gramsci sia esempio di cultura intellettuale di questa parte della
magistratura è palese anche dalle dichiarazioni di un altro magistrato che
ha deciso di continuare la sua battaglia in politica: Luigi de Magistris.
Egli cita Gramsci per rivendicare il paradigma del suo pensiero: "Vivo,
sono partigiano, non sopporto indifferenti, avvoltoi umani, nemici del
popolo, opulenti nella testa e nel cuore, affaristi, politicanti…"[9]. Ma
torniamo alla analisi dei primi anni di MD, per capire se questa deriva sia
frutto di quel peccato originale citato nel titolo o sia invece la
conseguenza di una base culturale e professionale diversa da parte della
moderna magistratura aderente a MD.

Non vorrei che dalla mia critica si potesse pensare ad una mia visione
dei magistrati come meri funzionari dello Stato, anche se su questo tema
c'era stato un grande dibattito già dagli anni Sessanta. Pensiamo solo al
titolo del convegno del 1962 sull'indipendenza della Magistratura:
"Magistrati o funzionari"[10]. Si voleva sottolineare che l'essere
funzionari dello Stato presupponeva una sudditanza al potere legislativo o
esecutivo. Io non vedo una dicotomia tra l'essere magistrati e l'essere
funzionari. Il magistrato è e deve essere un funzionario dello Stato, il
pensare di essere qualcosa di diverso genera un processo ideologico e
funzionale che porta a divenire casta.

Come tutte le caste la magistratura doveva avere una ideologia comune
che facesse da collante. Ma prima dobbiamo porci una domanda: i magistrati
devono avere una ideologia? O meglio l'ideologia del magistrato deve essere
suo patrimonio intimo o deve essere sbandierata ed influenzarne le
decisioni? Questo è il vero nodo. Io ritengo questo nodo un nodo gordiano.
L'ideologizzazione della magistratura era questione affrontata da Moriondo
già nel 1967[11] alla quale l'anno seguente il famoso giurista S. Cassese
mosse una dura critica.[12]

Tra le righe si coglie, nei documenti che stanno alla base della
nascita di MD, la scelta di individuare solo nella Costituzione la fonte
del diritto all'indipendenza dei magistrati. Questo è vero nella misura in
cui la Costituzione, nel nostro sistema della gerarchia delle fonti, assume
il ruolo primario che ha, ma spesso MD dimentica che il compito del
magistrato è quello di applicare le leggi e non di sostituirsi al
legislatore, che per una presunzione di superiorità morale si considera
sempre come affarista o dedito alla illegalità. Troppo spesso il potere
discrezionale che è stato dato ai magistrati si è tramutato in una volontà
di sostituirsi al Parlamento. Emblematica è la vicenda del reato di
concorso esterno in associazione mafiosa che continua ad essere ancora oggi
un reato giurisprudenziale non previsto dal nostro codice penale e quindi,
in ultima analisi, contrario al dettato dell'art. 25,2 comma della
Costituzione che prevede una riserva di legge esclusiva per essere
condannati. La Costituzione non può essere piegata a interessi ideologici.
Dobbiamo parlare con franchezza, il concorso esterno serve a colpire quelli
che, secondo l'atto costitutivo di MD che abbiamo visto all'inizio, sono i
rappresentanti di quel potere costituito che bloccava lo sviluppo
democratico del Paese. Ebbene, se si volevano colpire le zone grigie che
certamente esistono tra politica e criminalità organizzata bisognava
attendere che il Parlamento legiferasse in tal senso. Ormai invece si è
inserito nel nostro ordinamento questo mostro giuridico che è il concorso
esterno. E la magistratura, utilizzando il ben conosciuto rapporto
privilegiato con i media, ha alimentato e creato il consenso attorno a sé.
Diventando in questo modo, con l'aiuto dei media, i principali Gate Keeper
(così si chiamano in scienza della politica) del nostro sistema. Diventando
cioè coloro che decidono molti dei temi che devono entrare nell'agenda
politica. La politica, che ovviamente ha molti scheletri nell'armadio, è
ricattabile e non ha la forza di riprendersi quella centralità che le è
dovuta quale rappresentazione del volere popolare. Ricordiamo che la
giustizia, per la nostra Costituzione, è amministrata in nome del popolo,
mentre il potere legislativo, e di rimando, fino a quando rimarremo una
Repubblica parlamentare, quello esecutivo, rappresentano il popolo. Sembra
solo una questione semantica, ma in verità ci sono questioni
giuridico/filosofiche più profonde che però non sono da analizzare in
questa sede. Certo il risultato è che il Parlamento non ha il coraggio di
ristabilire la legalità costituzionale abolendo la possibilità di venire
condannati per concorso esterno in associazione mafiosa oppure, se si
ritiene un reato giusto da perseguire, come io ritengo, bisogna votare una
legge che lo inserisca come reato nel nostro codice. Essere garantisti, ed
essere garanti della Costituzione, che ricordiamolo è una Costituzione
garantista, significa fare battaglie anche per questioni che non
condividiamo nel merito, ma che sono corrette nella forma. Da una corrente
della Magistratura come MD, che sin dagli esordi aveva fatto una battaglia
per la difesa dei principi costituzionali, mi sarei aspettato una chiara
dichiarazione contro l'applicazione del concorso esterno. Il non averlo
fatto rappresenta, a mio parere, l'uso strumentale che spesso si è fatto di
battaglie, che sulla carta, potevano anche essere condivisibili. Non voglio
qui citare l'esempio anche dell'uso eccessivo della custodia cautelare, che
durante i Convegni di MD viene sempre definita come extrema ratio, ma che
in realtà viene spesso usata quale tecnica inquisitoria "premiale".[13]

Sembra un paradosso, ma questo incremento di potere dei giudici,
frutto delle battaglie degli anni Sessanta, è anche esito dell'immobilismp
che il legislatore ha avuto in molti ambiti, paradossalmente a causa del
passaggio, con la progressiva attuazione della Costituzione, dallo Stato
liberale al Welfare State. Infatti con questo passaggio si sono
moltiplicati i compiti del legislatore, causando in molti casi dei vuoti
normativi. Questi vuoti hanno comportato, al di là e contro le intenzioni
del sistema politico, un "incremento dei poteri dei giudici"[14]. Ma chi
può negare che l'inattività del legislatore favorisce il cosidetto
imperialismo latente dei giudici?[15] Il grande giurista Pietro
Calamandrei sosteneva che la formazione legislativa del diritto è
l'espressione normale, mentre la sua formazione giudiziaria rappresenta la
"estrema ratio dei periodi critici, nei quali il legislatore non ha tempo
di preparare a ragion veduta le sue riforme".[16]

Temo che MD abbia superato o voglia superare la legittimazione del
proprio status nella sovranità dello Stato, ma anzi cerchi di far erigere
il giudice a controllore anche del corretto esercizio delle funzioni da
parte degli altri stessi poteri statuali.

La scelta fortemente ideologizzata da parte di molti componenti di MD
favorì "la nascita di alcune contraddizioni"[17] che ebbero un forte
impatto nei cinque anni compresi tra il 1964 e il 1969. Nel 1965 ci fu il
primo congresso dell'ANM a cui partecipò una delegazione di MD. Il
congresso si svolse a Gardone e per molti fu un "punto di non ritorno"[18].
La sintesi di questo punto di non ritorno ci viene data da E. Bruti
Liberati che affermò: "Il dibattito associativo si misura ormai con la
dimensione politica dell'attività giudiziaria, i magistrati si confrontano
con i grandi problemi del Paese e ridiscutono il ruolo del giudice in una
società che si sta vorticosamente trasformando. L'ideologia della
separatezza del corpo viene messa in crisi".[19]

Ancora una volta, con queste parole, viene dimostrata la volontà
militante che si voleva dare all'attività giudiziaria da parte di una
componente di MD. Componente che già aveva ampiamente collaborato nella
stesura della Legge Breganze attuando il principio dell'avanzamento della
carriera dei magistrati "per anzianità senza demerito". Anche questa
scelta, frutto, a mio parere, di una concezione autoreferenziale, è una
palese violazione dei principi dell'art. 3 della Costituzione e una
mortificazione del ruolo degli altri appartenenti al pubblico impiego. Non
ritengo corretto che tutti i funzionari della PA debbano avere gli
avanzamenti di carriera per pubblico concorso mentre i magistrati solo per
anzianità. Così come il concetto di demerito, per esempio, nel caso della
magistratura inquirente, si sarebbe potuto individuare nel conteggio delle
persone sottoposte a misure cautelari, quindi sottoposte alla privazione di
uno dei beni più preziosi dell'individuo e che sta alla base del "Contratto
Sociale" quale la libertà, poi assolte durante lo svolgimento del processo
di merito. Le posizioni che obiettano a questa mia affermazione sostengono
che in questo modo il PM sarebbe intimorito nell'emettere una ordinanza di
custodia cautelare. Ma è giusto che chi ha il potere di decidere della
libertà dell'individuo sia pienamente consapevole della pesante
responsabilità che si sta assumendo. Non credo che il bene collettivo da
tutelare sia superiore agli interessi individuali, ma anche qui si
inseriscono in molti magistrati, specialmente appartenenti a MD, posizioni
frutto di una concezione hegeliana dello Stato.

Quelle che Palombarini nel suo scritto sulla nascita di MD definisce
"contraddizioni" che nascono all'interno di MD, sono in realtà gli esiti di
uno scontro ideologico. Infatti il 30 ottobre 1969, la formazione si
spaccò: ne uscirono tutte le componenti moderate che, a mio parere,
seguivano quei valori positivi che MD voleva rappresentare alla sua
nascita, accusando le posizioni di sinistra di essere troppo sbilanciate a
favore dei nuovi movimenti operai e studenteschi sorti nel '68. L'occasione
della rottura fu rappresentata dal "caso Tolin". Francesco Tolin era
direttore del periodico "Potere Operaio", che il 30 ottobre 1969 pubblicò
un articolo dal titolo "Sì alla violenza operaia", che portò,
successivamente, alla condanna del direttore a 17 mesi di carcere senza
condizionale. Una parte di MD si schierò in difesa dell'articolo contro i
reati di opinione e, successivamente, criticò con toni molto duri la
sentenza di condanna: atteggiamenti che non furono tollerati dalla parte
moderata di quel raggruppamento, che diede successivamente vita alla
corrente "Impegno Costituzionale". Per la verità Palombarini ritiene che il
vero casus belli non sia stato il "caso Tolin", ma la strage di Piazza
Fontana a Milano del 12 dicembre 1969 con la conseguente necessità di
prendere le distanze da qualsiasi forma eversiva. Dobbiamo ricordare che il
MSI diffuse a Roma un volantino che accusava i "giudici democratici" di
essere i mandanti morali della strage. I pochi magistrati che rimasero in
MD diedero una definizione particolare della serata romana che sancì la
scissione: "Uscimmo [dal "Palazzaccio"], fummo soli".[20]

Gli appartenenti a questa corrente, rimasero fermamente ancorati alle
regole dello Stato di diritto, pur rivendicando ai giudici il potere-dovere
di applicare integralmente i dettami della Costituzione, e di conseguenza,
la piena autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario rispetto al
potere politico, senza però mai uscire dai canoni tradizionali della legge:
certezza del diritto, generalità ed astrattezza della norma da applicare al
caso concreto. Solo in Italia, e in misura nettamente inferiore in Francia,
i movimenti, anche "limitatamente" eversivi di sinistra trovarono appoggio
nella più conservatrice delle corporazioni: la magistratura. Fu un caso? A
mio parere no, infatti alla neonata MD era necessario fornire un background
politico che le garantisse una forte connotazione di sinistra. Ovviamente
questo era reso ancora più semplice dal fatto che molti dei protagonisti si
erano formati nelle università degli anni '60 che erano fucina della
creazione di quella rivoluzione culturale che sfocerà nel'68.

Non possiamo dimenticare che fu Luigi Ferrajoli, mente finissima e
giurista eccellente (che lascerà la magistratura per dedicarsi alla
carriera accademica) il cuore pulsante dell'elaborazione politica della
nuova MD, che vedeva nei gruppi, anche extraparlamentari, di sinistra i
portatori del "sol dell'avvenire", i quali avrebbero inevitabilmente
abbattuto lo Stato borghese e le sue disuguaglianze di classe. Solo, per
appunto, mi chiedo, ma è compito del magistrato abbattere lo Stato
borghese? Sicuramente lo è rimuovere le disuguaglianze di classe, ma solo
nell'ambito della legge e per ribadire il dettato costituzionale della
rimozione degli ostacoli che limitano l'uguaglianza (art. 3, 2° comma), ma,
per raggiungere questo scopo, non si deve innovare il diritto usandolo in
modo punitivo verso le classi che si reputano "nemiche" della classe
operaia.

Con il documento "Per una strategia politica di MD", che per inciso
già dal nome sembra il manifesto programmatico di una formazione politica,
Ferrajoli, insieme a Senese e Accattatis, presentarono una relazione al
Congresso della Nuova MD (scremata dopo i fatti del '69 dalla componente
più moderata) in cui la piattaforma politica del raggruppamento definiva la
"giustizia borghese come giustizia di classe" e la stessa MD "come
componente del movimento di classe", che avrebbe dovuto far ricorso alle
"contraddizioni interne dell'ordinamento: la giurisprudenza alternativa
consiste nell'applicare fino alle loro estreme conseguenze i principi
eversivi dell'apparato normativo borghese".[21]

Il grande giurista Giovanni Tarello, che ricordiamo pubblicò nel 1973
Scienza giuridica e analisi marxista, nella sua relazione al Congresso,
concludeva l'intervento in termini preoccupanti: "… questo tipo di analisi
politica porta a favorire non una vera indipendenza ma piuttosto una
dipendenza e un controllo della magistratura". Nessuno, allora e per molti
anni a venire, colse appieno il segnale e, a mio parere, il pericolo che
poteva derivare dalle teorizzazioni di Ferrajoli, del gruppo toscano e
dalla critica aspra di Tarello. Nessuno, tranne i membri di MD più vicini
al PCI e i massimi dirigenti dello stesso partito. Una risposta alla
strategia politica messa in campo dai giudici di estrema sinistra fu data
da Domenico Pulitanò, giudice a Milano notoriamente legato al PCI: "La
prassi dei magistrati democratici si pone e vuole porsi come alternativa
non già ai valori democratico-borghesi (il che rischierebbe di portarci
oltre la legalità [sic.]) ma alle loro deformazioni autoritarie nella
giurisprudenza corrente. Si può definire un uso alternativo del diritto? Il
problema è solo terminologico… L'uso alternativo del diritto, là dove
praticabile, è per noi un problema politico prima che teorico, e la
discussione metodologica non deve far perdere di vista il fine politico".

Non servono ulteriori parole per chiarire quale differenza abissale vi
sia tra le prospettive dell'ala di estrema sinistra di MD e la sinistra
moderata vicina al PCI. L'uso alternativo del diritto non è un mero
problema terminologico. Intorno ad esso si giocava una scelta di campo di
dimensioni storiche, perché per la prima volta una parte consistente della
burocrazia statale (giudici come funzionari) si schierava nella lotta di
classe, sentendosene totalmente partecipe. Dopo di allora la parte moderata
di MD decise di rimanere in attesa, seguendo le indicazioni di tradizione
leninista: "Neanche un nemico a sinistra".

Dopo la serata dell' "Uscimmo e fummo soli", inizia l'avventura della
nuova MD. In questa sede ho voluto analizzare solo il primo quinquennio
dell'attività di MD, ritenendo che la nascita del 1964 e la scissione del
1969 siano le due cesure che hanno caratterizzato tutto il movimento.
Prodromo dello scontro tra magistratura e politica che avrà il suo apice
durante il ventennio berlusconiano. Certo è che va comunque fatta, seppur
in maniera sintetica, una piccola analisi su alcuni avvenimenti legati al
periodo di "mani pulite", per capire come quella stagione sia comunque
frutto di questo primo periodo di attività di MD e soprattutto come il
periodo di "Mani Pulite" influenzerà lo scontro tra Berlusconi e la
Magistratura.

Dopo la scissione del 1969 l'ala più estremista di MD ha rischiato di
venire isolata all'interno della Magistratura (né con lo Stato né con le
BR?). Alla fine degli "Anni di Piombo" possiamo dire che l'ala
"rivoluzionaria" di MD non esisteva quasi più, mentre era diventata egemone
l'ala filo PCI. Il crollo dell'URSS e del muro di Berlino favorirono nel
Partito Comunista Italiano il prevalere della componente favorevole ad un
profondo rinnovamento che portò alla scelta di Occhetto della Bolognina.
L'abbandono del riferimento al comunismo, evidente sia nel cambiamento del
nome da PCI a PDS, era sintomo e segnale di una forte presa di distanza
dalla ideologia che aveva segnato le esperienze del così detto socialismo
reale dei paesi dell'ex blocco sovietico; ma che era anche il simbolo delle
battaglie sociali e politiche sin dall'800. Al contrario, l'ala di MD filo
PCI-PDS aveva costruito una immagine di se stessa, pagata anche con il
sangue di importanti magistrati che facevano riferimento a questa corrente,
ma le mancava un alleato sotto forma di partito. L'interesse di entrambi
era comunque troppo forte perché l'alleanza sfumasse, anche se non
mancarono resistenze e ricatti reciprochi: così, il PCI-PDS fu duramente
minacciato (ed anche in piccola parte colpito) durante la stagione di Mani
Pulite. Garante di questa "alleanza" si pose Luciano Violante. La
particolarità di questa alleanza fu che un partito senza ideologia accolse
e fece propria una ideologia senza partito[22]

Ecco che i primi risultati di questa nuova alleanza furono l'esplodere
di "Mani Pulite" nel 1992 con la non mai chiarita informativa che Antonio
Di Pietro (che però di certo non militava in MD) già nel novembre 1991
inviava all'allora Console statunitense a Milano, Peter Semler,
annunciandogli l'imminente arresto di Mario Chiesa e l'attacco a Craxi e al
CAF (l'asse politico Craxi, Andreotti,Forlani). Certo è che nel pool di
Milano sedevano magistrati che rappresentavano tutte le anime dell'ANM,
quasi fosse una struttura organizzata per compattare la magistratura e
colpire unita per la salvaguardia dei propri interessi.

Del resto un compattamento era necessario. Il Codice di Procedura
Penale del 1989 aveva fatto venire meno l'ultimo baluardo che evitava la
"tracimazione" della magistratura; quello della competenza territoriale,
travolto dalla disposizione relativa alle cosiddette "indagini collegate"
(ogni PM può indagare su tutto in tutto il Paese, salvo poi alla fine
trasmettere gli atti alla Procura territorialmente competente).

Al termine di questa mia rapida analisi sulla nascita di MD posso
affermare quanto già anticipato. La nascita di MD come risposta alla
volontà di rendere operanti i principi frutto della nuova carta
costituzionale è stata certamente un momento di crescita democratica per il
nostro Paese. Ma l'eccessiva politicizzazione della magistratura e il suo
individuare altre funzioni, e non solo quelle della corretta applicazione
della legge, per il proprio operato ha creato uno squilibrio all'interno
del difficilissimo sistema di pesi e contrappesi che i costituenti avevano
immaginato. La cancellazione dell'immunità parlamentare, ottenuta grazie al
"gioco di squadra" tra magistratura e media, ha definitivamente comportato
la sudditanza della politica nei confronti della magistratura violando così
uno dei principi cardine della carta costituzionale: la completa autonomia
della magistratura dalla politica e della politica dalla magistratura. Gli
abusi commessi dai politici, favoriti dal loro status, erano e sono, a mio
parere, un prezzo che si può pagare per mantenere sani e reali i principi
di separazione dei poteri. I politici che si approfittano della loro
posizione privilegiata nei confronti della magistratura (autorizzazione a
procedere così come prevista prima della riforma) devono essere "puniti" in
primis dagli elettori attraverso la mancata elezione con la conseguente
venuta meno delle guarentigie. Ovviamente in siffatto sistema devono essere
obbligatoriamente previste le preferenze per evitare, da parte della
politica, forme di auto protezione. Ma dalla Magistratura si deve volere un
ridimensionamento del potere di interpretazione della legge e sentenze non
dettate da condanne morali. Io temo lo Stato Etico!!Infine la
responsabilità civile dei magistrati: in una intervista il magistrato
Davigo ha sostenuto che quando si va dal chirurgo si vuole sapere solo se è
un buon chirurgo, non per quale partito vota e quindi si chiede perché
ormai molte persone vogliano conoscere l'orientamento politico del
giudice[23]. Davigo che è persona attenta e intelligente non può non
cogliere la differenza: se il chirurgo sbaglia l'operazione va in carcere
se il magistrato sbaglia non gli succede niente, anzi fa carriera[24].
Anche in questa violazione dell'art. 3 della Costituzione c'è il peccato
originale di chi come MD non ha lavorato per avere un giudice indipendente,
ma per avere un giudice autoreferenziale che crede di nascondersi dietro lo
scudo del'etica per nascondere una triste verità: quando il giudizio da
questione di diritto si trasforma in morale ed etica il processo si
trasforma da accertamento della verità a conferma coatta della volontà del
PM. E questa è una sconfitta della democrazia.

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[1] G. Palombarini , G. Viglietta, La Costituzione e i Diritti una storia
Italiana, ESI, 2011, pag. 31.
[2] Ivi, pag. 37.
[3] Ivi, pag. 43.
[4] Hans Kelsen, Teoria Generale del Diritto, Etas, Milano, 2000.
[5] La Repubblica – Torino, 22 Gennaio 2015.
[6] Libero del 20.08.2013.
[7] Il Giornale del 01.02.2013
[8] Antonio Gramsci, Ordine Nuovo, 31 gennaio 1921.
[9] Corriere del Mezzogiorno, 18 marzo 2014.
[10] Magistrati o funzionari? Atti del symposium Ordinamento giudiziario e
indipendenza della Magistratura.
[11] E. Moriondo, L'ideologia della magistratura italiana, Bari, 1967.
[12] S.Cassese, recensione di E.Moriondo L'ideologia…." In Rivista
Trimestrale di diritto pubblico", 1968
[13] NicolaPardi, La giurisdizione all'alba del terzo millennio,
[14] M. Cappelletti. Giudici legislatori?, Milano, 1984.
[15] Duperyroux, La Jurisprudence, source abusive de droit, Parigi, 1960
[16] P. Calamandrei. Opere Giuridiche, Napoli, 1968, p.48.
[17] Palombarini e Viglietta, op. cit., pag. 56.
[18] Paolombarini e Viglietta, op. cit., pag.62.
[19] E.Bruti Liberati, La magistratura dall'attuazione della Costituzione
agli anni novanta, Einaudi.
[20] Palombarini e Viglietta, op. cit., pag.78
[21] Ferrajoli-Senese-Accettatis, Per una strategia politica di MD, 1971.
[22] Sergio D'Angelo. Il Giornale, 01 Dicembre 2013.
[23]Intervista a The Front Page del 24 Marzo 2010
[24] Vedi i magistrati che hanno ingiustamente condannato Enzo Tortora.
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