Manifesto Ingegneria Naturalistica

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Manifesto Ingegneria Naturalistica

Manifesto INGEGNERIA NATURALISTICA

L’analisi degli errori di una scienza che ha trascurato la sinergia. La messa in sicurezza senza utilizzare gli spazi é pura “follia”.

a cura del Collettivo

Genova, 24 Luglio 2015

Edizione in proprio

I° Edizione aggiornata al 10 Gennaio 2016

Prevenzione e sistemazione del territorio in elevata pendenza (oltre 40%) Metodi protocollari

Con il concetto di “Prevenzione e sistemazione del territorio in elevata pendenza” intendiamo considerare, valutare e definire l’azione dell’uomo nella ricerca dei sistemi e dei metodi che consentono di meglio contenere e controllare i fenomeni naturali che provocano danno, nonché il ripristino delle condizioni naturali. In linea generale si può affermare che la scelta delle opere di intervento e/o bonifica da realizzare risultano essere individuate di volta in volta tenendo presente diversi fattori quali le condizioni di stabilità di un pendio, il tipo di frane, smottamenti e ribaltamenti in essere, le dimensioni e la velocità dei fenomeni, le situazioni dell’ambiente fisico circostante, gli effetti dell’intervento sul territorio, l’entità economica degli interventi e le tecnologie utilizzabili. Si possono effettuare opere di intervento in termini di prevenzione sui pendii che tendono alla rottura degli equilibri naturali, in diverse fasi. Quando il fenomeno è in atto oppure quando esso è già avvenuto, l’intervento deve essere immediato. A tale proposito potremo suddividere le opere di intervento nelle aree in pendenza in:

Opere preventive

questo primo tipo di opere tende a controbattere i fenomeni erosionali che normalmente si sviluppano sui versanti in condizioni naturali e che sono innescati dalle precipitazioni meteoriche diffuse; queste innescano infatti erosione superficiale che si produce sia per l’azione di urto delle gocce d’acqua sul suolo sia per l’azione successiva di dilavamento e trascinamento esercitata dallo scorrimento delle acque superficiali. Sulla base di queste considerazioni si può chiaramente intendere che la prima azione di difesa preventiva che l’uomo può

- raccolta, canalizzazione e smaltimento delle acque superficiali: questo tipo di intervento si realizza al fine di ridurre drasticamente gli effetti di erosione diffusa provocata dalle acque in dilavamento superficiale; tale opera consiste nella manutenzione costante (pulizia, aumento della sezione drenante, ecc.) degli alvei naturali di montagna che rappresentano la naturale via di deflusso delle acque. Per migliorare lo smaltimento delle acque di deflusso è inoltre possibile avvalersi dell’azione di un sistema di canalette superficiali, aventi sezione semicircolare e collegate tra loro a pozzetti di raccolta. Tali canalette devono essere poste a monte delle aree potenzialmente instabili, con particolare attenzione all’azione di posa in opera che dovrà prevedere la perfetta livellazione con la superficie del suolo per evitare il loro interramento con conseguente perdita della funzionalità.

- terrazzamento dei versanti (o sagomatura)

esso si realizza mediante l’asportazione di materiale dalla porzione sommitale del versante ed accumulo nella zona di valle; in questo modo si viene ad avere una diminuzione della pendenza del versante, un miglioramento delle condizioni di stabilità, una diminuzione degli sforzi di taglio lungo l’ipotetica superficie di rottura. Queste operazioni però non sono esenti da rischi, in quanto l’asportazione del materiale in una zona di ipotetico coronamento della frana può provocare alterazioni locali, inoltre il materiale scavato deve essere accumulato in modo da non creare alterazioni aggiuntive al versante; altrettanto attenta deve essere la ricarica al piede, sia per l’eventuale modificazione delle zone di deflusso delle acque superficiali, sia per le modifiche che possono provocare nella distribuzione delle pressioni neutre, con conseguente rottura degli equilibri. Non bisogna trascurare che tali interventi, se realizzati con competenza, consentono di raggiungere buoni risultati anche quando sono realizzati su vaste aree.

- drenaggi sotterranei questo tipo di intervento tende alla diminuzione delle pressioni e può realizzarsi mediante la progressiva sostituzione dell’acqua contenuta nella roccia o nel terreno con aria. Essi possono essere realizzati mediante trincee, cunicoli, o tubazioni drenanti con scarico a gravità (drenaggi orizzontali) oppure per pompaggio da pozzi o trincee (drenaggi verticali). I drenaggi orizzontali si realizzano abbassando localmente la falda affiorante per pompaggio di acqua; il pompaggio può avvenire direttamente da uno scavo (per esempio scavi di fondazione) oppure da trincee o da pozzi di piccolo diametro a modesta profondità. L’eliminazione dell’acqua da un versante può avvenire mediante un sistema di drenaggi sub-orizzontali di rapida esecuzione: essi vengono realizzati collocando tubazioni dotate di appositi fori, metalliche od in plastica, entro fori di diametro massimo di 100-120 mm e della lunghezza massima dell’ordine di 100 metri; lo scavo per la messa in opera degli stessi può avvenire con tecniche a rotazione o rotopercussione ed in direzione leggermente inclinata verso l’alto in modo da facilitare il deflusso delle acque verso l’esterno. Altro sistema è quello di realizzare trincee drenanti che di solito, spinte a maggiore profondità, assolvono alla duplice funzione di speroni resistenti e di dreni veri e propri; di fondamentale importanza è la scelta del materiale drenante posto all’interno delle trincee, infatti bisogna tener presente che cunicoli, dreni e trincee devono essere progettati in modo da evitare ogni fenomeno di erosione interna. In particolare è indispensabile adeguare la granulometria del materiale del dreno a quella del terreno da drenare ed all’apertura dei fori nei tubi di raccolta posti alla base. E’ indispensabile inoltre individuare il recapito delle acque sotterranee e la sua funzionalità nel tempo.

- ripristino o costituzione di adeguata copertura vegetale un’adeguata copertura vegetale risulta essere determinante non solo nella regolazione dei deflussi idrici sia superficiali che sotterranei ma anche nell’aumento della stabilità del pendio. Infatti quando essa è presente risulta avere la importante funzione di rallentamento della velocità di scorrimento delle acque superficiali, offrendo ostacolo al suo passaggio e diminuzione conseguente della capacità erosiva, nonché diminuzione delle quantità d’acqua che percolano verso la falda le quali dovranno soddisfare principalmente i fabbisogni vegetativi delle stesse. Inoltre l’azione dell’apparato radicale delle piante esercitata per l’ancoraggio al suolo (con effetti tangibili nei primi 2-3 metri di suolo) determina un aumento della stabilità superficiale del pendio.

Opere a fenomeno in atto

Questa seconda categoria di opere sono da realizzare quando il fenomeno è ancora attivo (quindi su frane abbastanza lente) e richiedono scelte di tipologie relativamente semplici, con immediato effetto stabilizzante; queste opere devono essere di facilissima e rapida realizzabilità, da eseguire senza che gli operatori corrano alcun rischio e, infine, tali da potere essere inserite nel più ampio contesto degli interventi di sistemazione definitiva. Come precedentemente detto questo tipo di opere vengono realizzate su fenomeni franosi dallo sviluppo relativamente lento, in prevalenza per frane di tipo colamento o frane complesse. Tali provvedimenti possono comprendere: - fosso di guardia per la raccolta delle acque superficiali questo viene realizzato a monte della zona di coronamento a mezzo di canalette flessibili provvisorie, che andranno ad intercettare le acque superficiali che dall’esterno tendono a raggiungere l’area in frana o che circolano e/o ristagnano nelle depressioni topografiche della stessa.

- dreni portanti disposti a spina di pesce essi servono per l’indispensabile drenaggio al di sotto della superficie topografica per uno spessore di circa 1-1.5 m; tale intervento può essere realizzato con gabbionate che, per la loro adattabilità alle deformazioni del terreno in movimento e per il loro facile ripristino in caso della perdita di continuità, rappresentano la soluzione migliore. Il posizionamento delle gabbionate nel corpo di frana assume un’importanza fondamentale in quanto, oltre alla funzione di drenaggio, esse rappresentano anche un locale ostacolo nella massa in movimento e pertanto vanno posizionate longitudinalmente al versante in mezzeria della massa in movimento; a quest’asse portante centrale possono assestarsi dei rami laterali di ulteriori setti drenanti disposti a spina di pesce; le acque raccolte nella porzione inferiore delle gabbionate devono essere opportunamente raccolte al di fuori dell’area in frana.

-materiale disposto normalmente alla direzione di scorrimento questo intervento, realizzato in genere con gabbionate, viene messo in opera nella zona di cumulo di frana e tende ad ostacolare il movimento del cumulo stesso. Inoltre tali masse tendono a svolgere una funzione di compattazione del cumulo di frana, a partire dal basso, agevolando l’espulsione delle acque sotterranee accumulatesi durante l’evento e rappresentanti un sovraccarico del versante. - pozzetti

essi, sistemati ad intervalli regolari su tutto il coronamento, tendono a raccogliere le acque superficiali e sotterranee intercettate dalle canalette flessibili e portate in essi per effetto di inclinazioni delle stesse.

Opere di sistemazione definitiva

questo ultimo tipo di opere saranno realizzate successivamente a studi specialistici del fenomeno franoso e presuppongono la conoscenza approfondita delle caratteristiche peculiari dell’evento concluso. Queste opere dovranno essere progettate tenendo presente la unicità dell’evento, con particolare riferimento alle azioni che potranno controbattere, in tempi medio-lunghi, le cause dell’evento negativo e non gli effetti che l’evento stesso ha provocato. Sono qui di seguito descritte le caratteristiche tecniche e costruttive dei principali tipi di intervento appartenenti a quest’ultima categoria:

- sistemazioni superficiali comprendono un insieme di opere, dalla raccolta e smaltimento delle acque superficiali alla regolazione dei deflussi superficiali mediante briglie, dalla protezione dei versanti e delle scarpate con viminate o rivestimenti diversi alla realizzazione di una copertura vegetale con specie idonee al tipo di terreno ed al microclima locale - strutture di contenimento sono quelle opere che si realizzano generalmente in prossimità del margine inferiore del cumulo di frana ed hanno la caratteristica di assorbire elevati sforzi orizzontali; vengono anche impiegate nello scavo di trincee, per la realizzazione di terrazzamenti, ecc. Sono rappresentate da strutture a gravità rigide (muri) o flessibili (gabbionate), paratie di pali, opere in terre armate. Le gabbionate sono costituite dall’accostamento e sovrapposizione di elementi scatolari parallelepidetici costituiti da una gabbia metallica di ferro zincato, opportunamente riempita con pezzame lapideo. Tali strutture presentano diverse caratteristiche che rendono le stesse di ampia diffusione per i più diversi usi: esse infatti sono flessibili in quanto capaci di adattarsi entro limiti molto ampi alle deformazioni del terreno, sono drenanti perché ad elevata permeabilità consentendo il deflusso delle acque sotterranee, sono di facile ripristino in caso di rotture o cedimento, sono di lunga durata e pertanto largamente usate per opere a carattere permanente. La realizzazione delle gabbionate avviene per fasi successive partendo dalla preparazione del contenitore (gabbione) che ha la forma di un prisma rettangolare (2x1x1 m) con pareti costituite da un’armatura di rete metallica zincata a maglie esagonali a doppia torsione; successivamente si procede al posizionamento in sito di gruppi di gabbioni che vengono cuciti tra loro con ferro zincato di diametro maggiore. Effettuato il posizionamento si procederà al riempimento con ciottoli o pietrame aventi dimensioni maggiori di quelle della maglia della rete in modo da realizzare il minor volume di vuoti ed il massimo peso. E’ evidente che nella realizzazione di questo tipo di strutture si debba prevedere contemporaneamente un duplice ruolo di contenimento e di drenaggio rendendo indispensabile il riempimento con pietrame di forma regolare in modo da ridurre

al minimo il volume dei vuoti, pur agevolando l’azione drenante.

- opere in terre armate Le opere in terre armate, che servono per incrementare le resistenze dei terreni, vengono realizzate mediante l’utilizzo di geotessili, meglio conosciuti con il nome di tessuto non tessuto. Essi sono costituiti da strutture piane bidimensionali il cui spessore varia da alcuni decimi di millimetro a qualche centimetro, formati da un insieme di veli costituiti da fibre pretagliate o filamenti ordinati assemblati secondo 3 diversi processi di tipo meccanico a secco, chimico o ad umido e fisico o per fusione. I geotessili utilizzati nelle opere di intervento sulle aree in frana sono quelli prodotti a secco, in quanto capaci di svolgere efficace funzione di filtro e di drenaggio facendosi attraversare facilmente dall’acqua, mentre svolgono anche una funzione meccanica di rinforzo (incrementando le resistenze dei terreni) in quanto il geotessile è resistente a trazione. Con queste tecniche si realizzano anche strutture di contenimento o di sostegno di rilevati o terrapieni ed anche sottofondi

stradali; in questi casi i geotessili costituiscono sia l’armatura sia il contenimento del terreno, secondo un uso molto diffuso nei paesi anglosassoni che definiscono questo tipo di intervento multilayer soil-reinforcement system.

- interventi di consolidamento essi riguardano tutte le opere che consentono di migliorare le resistenze del terreno; comprendono tipologie diverse che vanno dalle iniezioni alla chiodatura, alla tirantatura, agli ancoraggi, ai micropali, ai metodi di cottura, di congelamento ed elettrosmotici. Le iniezioni consistono nell’immissione forzata nel terreno da consolidare di particolari miscele (cementizie, impermeabilizzanti, ecc.) in grado di sostituire la parte liquida ed aeriforme di un materiale con sostanze dotate di particolari proprietà idonee a consolidare o impermeabilizzare il materiale trattato; possono avere efficacia definitiva o solamente temporanea in occasione della realizzazione di particolari opere. La progettazione di tali interventi deve comprendere la scelta della sostanza da iniettare, la determinazione della

pressione di lavoro, l’estensione possibile dell’intervento, ecc., in relazione alle caratteristiche di permeabilità dei terreni. Chiodature, tirantature ed ancoraggi sono strutture che tendono a migliorare la resistenza a taglio di un ammasso roccioso, specialmente in corrispondenza di superfici di discontinuità, impiegando elementi metallici o di calcestruzzo armato nella roccia; più in generale si può dire che queste tecniche tendono a migliorare la resistenza iniziale del terreno tramite l’introduzione di elementi lineari metallici, in modo da realizzare un complesso capace di resistere a sollecitazioni che la sola roccia non riuscirebbe a sopportare. Un sistema molto usato per stabilizzare pareti rocciose è quello di attraversare i blocchi con aste (generalmente metalliche) che vengono ancorate in profondità, dove la roccia è più salda. Alla testa delle aste viene poi applicata una piastra che trattiene i blocchi, mantenendoli uniti. A seconda del sistema di ancoraggio, questi procedimenti vengono chiamati chiodature, tirantature o imbullonature. La chiodatura si impiega per il consolidamento di pareti rocciose e per opere di sostegno definitive quali, ad esempio, l’ancoraggio di reti metalliche a protezione della caduta di pietrame e blocchi dalle pareti rocciose; essa si realizza introducendo una barra di ferro od una leggera armatura in un foro di sondaggio e riempendolo poi con calcestruzzo.Tiranti e micropali sono interventi che prevedono inclusioni di materiali nel terreno; si realizzano eseguendo fori di sondaggio di diametro 150200 mm ed introducendo barre di acciai speciali che vengono ancorate alla roccia in corrispondenza del fondo foro (tiranti) o solamente poggiate (micropali). Per la realizzazione dei tiranti la porzione inferiore del foro avrà diametro maggiore (bulbo) ed al fondo del foro sarà sistemata la piastra di ancoraggio che permetterà di sottoporre a trazione la barra di metallo prima di effettuare il getto di calcestruzzo; va ricordato che la porzione di barra metallica tra il bulbo e l’estremità opposta, in corrispondenza della superficie topografica, sarà libera di scorrere in una guaina che risulterà annegata nel calcestruzzo. In tal modo un tirante potrà lavorare a trazione ed a taglio, trasmettendo anche una sollecitazione di compressione all’ammasso roccioso. Per la realizzazione dei micropali si utilizzano barre di acciaio speciale o tubi come armature disposti lungo le direttrici di un cono con vertice esterno al versante; il getto di calcestruzzo avviene a pressione

in modo da ottenere una superficie ondulata e lobata che migliora notevolmente la resistenza allo sfilamento e la resistenza del terreno negli immediati intorni del micropalo. Per la realizzazione dei tiranti la porzione inferiore del foro avrà diametro maggiore (bulbo) ed al fondo del foro sarà sistemata la piastra di ancoraggio che permetterà di sottoporre a trazione la barra di metallo prima di effettuare il getto di calcestruzzo; va ricordato che la porzione di barra metallica tra il bulbo e l’estremità opposta, in corrispondenza della superficie topografica, sarà libera di scorrere in una guaina che risulterà annegata nel calcestruzzo. In tal modo un tirante potrà lavorare a trazione ed a taglio, trasmettendo anche una sollecitazione di compressione all’ammasso roccioso. Per la realizzazione dei micropali si utilizzano barre di acciaio speciale o tubi come armature disposti lungo le direttrici di un cono con vertice esterno al versante; il getto di calcestruzzo avviene a pressione in modo da ottenere una superficie ondulata e lobata che migliora notevolmente la resistenza allo sfilamento e la resistenza del terreno negli immediati intorni del micropalo. Di solito vengono eseguiti in numero dispari a partire, ravvicinati, da una piastra in calcestruzzo armato alla quale vengono ancorati i ferri, migliorando le resistenze di un cospicuo volume di terreno. Con tali tecniche le interazioni tra terreno e micropalo si manifestano come attrito laterale tra terreno e calcestruzzo e come pressione laterale del terreno verso il micropalo. Altre tecniche specifiche per il consolidamento del terreno sono rappresentate dai metodi termici della cottura e del congelamento. Il primo si realizza in rocce porose immettendo con una leggera pressione e facendo circolare nei pori del terreno un gas alla temperatura di circa 1000°C; nelle rocce impermeabili, con scarsa porosità efficace come le argille, un bruciatore viene posto in un pozzo a diretto contatto con la roccia che si cuoce. Tale trattamento consente di consolidare la roccia per uno spessore di 2-3 metri. Il congelamento invece si ottiene facendo circolare nei pori della roccia miscele refrigeranti; si realizzano così consolidamenti temporanei capaci di far raggiungere alla roccia congelata resistenze a compressione molto elevate per permettere scavi o lavori in sotterraneo in rocce sature o per bloccare i movimenti superficiali di rocce plastiche sature. Tale sistema perde la sua efficacia quando i moti di filtrazione delle acque sotterranee avvengono con

elevata velocità. Un altro sistema che permette di realizzare un incremento delle resistenze locali di alcuni tipi di terreno è la tecnica del jet grountig (iniezione o infiltrazione mediante getto) che consiste nell’iniettare ad alte pressioni miscele cementizie particolari che consentono di trasformare materiale sciolto in pseudoconglomerato cementizio, mentre il materiale coesivo potrà ridurre la propria deformabilità e plasticità. La realizzazione di tale tecnica prevede l’esecuzione di una perforazione a distruzione del nucleo, con diametro dell’ordine delle decine di centimetri, che attraversa fino alla profondità prevista la parte di suolo da trattare. In fase di risalita della batteria d’aste perforatrici avviene l’iniezione di miscele cementizie da uno o più ugelli laterali; l’iniezione avviene a determinate pressioni e per un dato tempo o con un prefissato numero di passate permettendo di ottenere cilindri di terreno stabilizzato (colonne) aventi diametro massimo dell’ordine dei 2-3 metri; le colonne stabili hanno forma irregolare in conseguenza della eterogeneità delle rocce, tale irregolarità non limita alla geometria della struttura ma si estende anche alle resistenze offerte. Tale trattamento consente alle miscele cementizie di insinuarsi tra i granuli trasferendo e comprimendo verso la periferia.

CONSIDERAZIONI GENERALI SULL’INGEGNERIA NATURALISTICA La diffusione di molti trattati, spesso sollecitati e poi diffusi dalle regioni italiane, porta ad una analisi che da un risultato assai preoccupante. L’ingegneria naturalistica, così come si esprime attraverso i testi, è una disciplina inutile e persino nociva per il territorio. La ragione a sostegno di quanto sopra si evidenzia dalla verifica delle enormi somme di danaro spese (buttate via ?) in attività, acquisto di materiali, e immancabili progettazioni, che presentano poi opere violente nei confronti della natura, di nessuna stabilità e totalmente insostenibili sotto il profilo del bilanciamento energetico. Preso atto di quanto appena affermato, che deriva da lunghi anni di analisi e osservazione, diventa necessario proporre soluzioni di ben altra “visione” per poter finalmente utilizzare liberamente l’aggettivo “naturalistica” che tanto impropriamente viene usato fino ad ora. La “visione” dell’ingegneria naturalistica secondo ORTOCOLLETTIVO Prima di analizzare puntualmente le singole azioni dei protocolli dell’ingegneria naturalistica dalle quali si evidenziano le storture di metodi completamente privi di “naturalismo”, vale la pena di fare alcune osservazioni di ordine generale. 1) Il “naturalismo” è una filosofia che assume la natura come unica realtà o come il modello da rispettare, riprodurre o imitare. 2) Nessuna opera di “autocertificata” ingegneria naturalistica segue questa visione. 3) In generale il sistema del profitto, di cui l’ ingegneria naturalistica è parte, NON RISPETTA LA NATURA. L’ORTOCOLLETTIVO sviluppa i suoi progetti solo ed esclusivamente in totale e rigida osservanza del rispetto della natura. A tale scopo propone il “Manifesto dell’ORTOCOLLETTIVO”.

Manifesto dell’ORTOCOLLETTIVO

Le ragioni, i metodi, i tempi e i luoghi per rivoluzionare uno dei più antichi e affascinanti momenti vitali dell’essere umano.

a cura del Collettivo

Genova, 24 Luglio 2015

Edizione in proprio

I° Edizione aggiornata al 10 Gennaio 2016

OrtoCollettivo di Genova_Ingresso_HOPeLAB PHOTO

OrtoCollettivo di Genova_Bancali centrali_HOPeLAB PHOTO

Manifesto dell’ORTOCOLLETTIVO Premessa Cosa può mai essere un ORTOCOLLETTIVO, se non quell’ “ arcaica proprietà comune della terra “ che Engels intese contestare nella prefazione all’edizione tedesca del 1883 del Manifesto del Comunismo, firmata da lui medesimo, essendo il “cadavere” di Marx ancora caldo ? E quindi cosa può mai essere un ORTOCOLLETTIVO, se non una rivoluzione decisa e completa verso la Sovranità Popolare ? E ancora, cosa può mai essere un ORTOCOLLETTIVO se non una centrale di produzione energetica e, allo stesso tempo, una “Banca di Emissione” che distribuisca attraverso i suoi prodotti l’“unità di misura del valore (moneta !?)” ? E poi, a finire, un ORTOCOLLETTIVO è quell’unico “raro” elemento del percorso sociale nel quale non esiste inganno, debito né, tantomeno, “usura” poiché le “unità di misura del valore” sopra introdotte hanno valore INTRINSECO e non sono solo convenzionalmente accettate come qualsiasi pezzo di carta di corso forzoso........... garantite dal “nulla giuridico” e dal “nulla sostanziale” ?? Testo Da più parti e da parecchio tempo si evidenziano tentativi di denunciare la perdita della sovranità popolare, senza probabilmente sapere che cosa venga inteso per sovranità. Sovrano è colui che sta sopra ogni altro ente e come tale decide o annulla le decisioni spettanti ad altri. Perchè il popolo possa essere sovrano, così come appunto si invoca da piu’ parti, occorre che abbia la capacità di essere totalmente indipendente nel ciclo energetico, nella produzione del cibo e nella dotazione di tutti gli elementi vitali che compongono l’equilibrio e la felicità; occorre che rifugga le costruzioni gerachizzanti, le specializzazioni e il “trattenimento delle conoscenze” ad uso dei prestatori professionali.

Qualcuno, negli anni della grande letteratura, prima che nascessero i copia/incollari, ricordava che quanto sopra si chiama “amore”, intendendo con questo un sistema di rapportazione tra individui (il numero non conta), profilato sulla volontà piena di applicare l’interesse sociale eliminando, fino ai livelli più elementari, l’interesse privato o individuale. Realizzare il progetto dell’ORTOCOLLETTIVO significa quindi lavorare con passione nelle poche o tante ore disponibili da soli o in compagnia fino a soddisfare le esigenze del terreno; significa darsi il compito di cercare la soddisfazione in ciò che si produce o si realizza; significa dimenticare l’esistenza di fitofarmaci, forzature e alterazioni; significa infine cercare la qualità a scapito della inutile quantità. Un orto, in quanto produttore di cibo è anche “banca di emissione” se, convenzionalmente, siamo in grado di dare, per esempio, ad una foglia di insalata un valore di scambio che non ha nulla di diverso del valore che convenzionalmente diamo ad una moneta da 5 euro; anzi il valore della foglia di insalata, per chi ha anche solo un minimo di conoscenza del pensiero di costruzione della moneta, è ben superiore perché è intrinseco e non convenzionale. Un orto, in quanto fornitore di elementi vitali, attraverso la socialità collaborativa dei partecipanti arriva persino a coinvolgere talmente alcune di queste figure che le stesse trovano difficoltà a individuare modelli sociali di simile intensità. L’ORTOCOLLETTIVO di Genova si pone poi degli obiettivi che trovano, nelle particolari caratteristiche del terreno, in forte pendenza e in stato di abbandono ultradecennale, l’ispirazione a un “magico sforzo” riconoscibilissimo nella soddisfazione risultante dall’aver affrontato un terreno boschivo in forte pendenza che in ogni momento sembra suggerire un altro ulteriore sforzo che esalta la “magia” delle esecuzioni. Stante questa pendenza, il progetto analizza le condizioni negative normalmente rappresentate in un area boschiva in stato di abbandono (smottamenti/frane, irregolare regimentazione delle acque, produzione eccessiva di cO2 da eccesso di necromasse, incendi, etc etc) ed anche le necessità che l’essere umano si pone in relazione a tutto ciò che viene genericamente chiamato “natura”. In estrema sintesi si può così definire“tecnicamente”il progetto dell’ORTOCOLLETTIVO come una soluzione alla gran parte dei disagi che le popolazioni subiscono come proveniente da diverse cause.

INTRODUZIONE AL PROGETTO Perchè la scelta di un terreno cosi impervio e difficoltoso? Perchè il terreno difficile consente una forte selezione dei partecipanti ed in particolare di colore che sono cresciuti seguendo i motti: “tutto e subito” e “il massimo risultato con il libero sforzo”. Il progetto dell’ORTOCOLLETTIVO si sviluppa attraverso la passione e la soddisfazione derivata dal risultato raggiunto. Come si presentano questi terreni? I terreni richiesti da questa tipologia di progetto si presentano in forte pendenza, fittamente boscati e abbandonati, con alberatura fuori sagoma (piante di altezze eccessive, massa fogliare ridotta, attaccati da piante parassite infestanti) che in assenza di manutenzione porta a creare situazioni di pericolo come la caduta degli alberi per smottamento del terreno e la successiva possibile frana. Come risolvere le problematiche create dal cambiamento climatico e dall’abbandono dei terreni? La nuova situazione metereologica globale costringe ad individuare e attivare nuovi metodi di coltivazione che consentano la gestione delle acque e proteggano i nostri raccolti dalle possibili e inaspettate bombe d’acqua. La pendenza e la nuova tipologia di bancali utilizzata nell’ORTOCOLLETTIVO evita la marcescenza delle radici nel caso di un quantitativo d’acqua superiore ai 250 mm di precipitazione in 24 ore e quindi la perdita del raccolto, come accadrebbe in un orto di pianura, a meno che non si provveda all’oneroso carotaggio del terreno coltivo. Grazie al sistema adottato dall’ORTOCOLLETTIVO le acque possono essere regimentate, direzionandole nelle apposite vasche, che trattengano l’acqua a monte dei bancali con successiva e lenta irrigazione naturale, capacità di accumulo circa 650 litri/m.

Come ricavo i materiali necessari al progetto? Tutti i materiali necessari provengono dalla necromassa e dalla biomassa del bosco in abbandono. Per realizzare questi bancali si richiede il taglio degli alberi e l’eradicazione della gran parte di essi trattenendo esclusivamente quelli che fungeranno da supporto per la posa dei pali orizzontali (recuperati dagli alberi tagliati); ciò significa che le piante conservate diverranno i pilastri portanti dell’architettura dei bancali. Il taglio degli alberi va effettuato nella stagione di emissione di linfa allo scopo di essere certi che l’albero destinato al supporto sia vivo e ricacci immediatamente una nuova alberatura al fine ulteriore di poter ricreare il bosco iniziale e coltivare in una situazione di parziale ombreggiatura derivante dalle masse fogliari equilibrate degli alberi rinati e contenuti nelle dimensioni tradizionali delle speci, non essendo forzati ad un allungamento anormale come nelle condizioni del bosco in abbandono. Tra tutti i tipi di terrazzamenti (in palificata di legno, in pietra, in erba, in terra compressa) quello scelto dall’ORTOCOLLETTIVO ha la caratteristica di essere interamente lavorabile in posizione eretta, derivata dalla specifica disposizione dei bancali.

b

a

c b INCREMENTO

a Superficie utile coltivazione in piano

Tra le caratteristiche della bancalatura a sezione triangolare con canale di trattenuta delle acque a monte, ne vanno fissate tre in particolare: 1)La superficie complessiva utile alle coltivazioni (somma di a+b) è superiore alla superficie utilizzabile su un terrazzamento in piano. 2)Il lato a monte, naturalmente piu umido di quello a valle, stante la contiguita’ con il canale, si utilizza per piante orticole a radice fittonante che rimarranno in posizione per diversi anni. 3)Il canale di trattenuta (c), dopo ogni consistente avvenimento piovoso, diventa un ricco serbatoio di limo, utilissimo da riportare in bancale ad ogni sucessiva semina.

MODALITA' ESECUTIVA VERSIONE PER TERRENI IN FORTE PENDENZA

Dato un bosco alberato con pendenza compresa tra il 40% e il 60%, per renderlo terrazzato e fruibile all'orticolo occorre seguire questo percorso: Punto 1 Il terreno viene osservato e analizzato per comprendere il posizionamento dei bancali. Vengono individuati gli alberi con caratteristiche di sostegno utili ad una palificazione con travi orizzontali, ricavati dalla stessa pianta o da piante limitrofe. (Vedi foto 1-2)

Punto 2

Gli alberi scelti vanno tagliati ad un altezza sufficiente da contenere l'appoggio dei pali orizzontali distanziati tra loro da porzioni di tronco di diametro inferiore (traversi), normalmente recuperati dai rami primari della pianta abbattuta. (Vedi foto 4-5)

Foto 1

Foto 2

Foto 3

Foto 4

ATTREZZI DA UTILIZZARE

Punto 3 0.00 Quota partenza bancale

Le rimanenti parti dell’albero abbattuto spezzettate, (ramaglia e fogliame) costituiscono il materiale di primo riempimento del terrazzamento nella parte in aderenza ai pali orizzontali così da costituire un cuscinetto morbido degradante in compost ed anche un facilitatore dell’areazione del corpo in via di realizzazione. (Vedi foto 6-10)

Punto 4

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Gli alberi tagliati fungono da pilastri ai quali vengono appoggiati gli elementi orizzontali del bancale in modo da formare il contenitore dove verrà inserita la ramaglia (punto 3) e poi la terra. Come si puo’ vedere dall’immagine, la freccia indica il ramo che e’ stato ricacciato dall’albero, fondamentale per ricreare la semi ombreggiatura necessaria all’orto, ripristinando una alberatura boscale con corretta distanza tra gli alberi. (Vedi foto 6-7) paranco ATTREZZI DA UTILIZZARE

Punto 5

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Sbancamento in terra della porzione a monte del terrazzamento con sovrapposizione della terra di risulta alla massa ramata e fogliare precedentemente costipata all’interno della palificazione. (Vedi foto 6)

Foto 5

ATTREZZI DA UTILIZZARE

Punto 6 0.00

Iniziale composizione del bancale di coltivazione a sezione triangolare utilizzando il residuo dello sbancamento precedente. (Vedi foto 3) ATTREZZI DA UTILIZZARE

Foto 6

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Punto 6 Scavo del camminamento a monte con riporto della risulta a completamento del bancale fino alla realizzazione della sezione triangolare. Con il tempo il percorso puo’ essere scavato ulteriormente e la terra essere riposta sul bancale a seguito del naturale abassamento. Questo procedimento rende la quota del camminamento ulteriormente inferiore, agevolando ancor di piu la posizione di lavoro. (Vedi foto 11-z ATTREZZI DA UTILIZZARE

Punto 7 La terra ottenuta dallo scavo del camminamento permette di ottenere l’altezza ottimale del bancale. 0.00

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Foto 7

Foto 8

Foto 9

Foto 10

Punto 8 Il camminamento a monte ha lo scopo, di primaria importanza, di contenere fino a circa 500 mm di precipitazioni in 12 ore costituendo di fatto un serbatoio a tampone per le naturali canalizzazioni di indirizzo delle acque verso i torrenti di prossimità.

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