Metodo Mitico e Metodo Mitopoietico

June 14, 2017 | Autor: Umberto Verdura | Categoria: T.s. Eliot the Waste Land, Tolkien Studies
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Metodo Mitico e Metodo mitopoietico La differenza tra J. R. R. Tolkien ed T. S. Eliot John Ronald Reuel Tolkien e Thomas Stearns Eliot: due scrittori, due uomini, due idee e due intellettuali profondamente diversi ma anche strettamente accomunati da un atteggiamento di discostamento dalla modernità e dalla realtà loro contemporanea il quale li induce ad osservare, con sguardo profondo ed indagatore, ed a rielaborare, ciascuno con esiti profondamente diversi, la tradizione letteraria ed il passato. L’analisi che vado a compiere verte, prendendo le mosse dal rapporto che i due autori intessono col mito, a confrontare la diversità di approccio e di resa del mito stesso che diviene veicolo di quello che è il messaggio che ciascuno dei due intende trasmettere; l’opera di Eliot che ho preso in considerazione è ‘The Waste Land’, del 1922, mentre per Tolkien considero ‘The Lord of the Rings’, uscito tra il 1954 e il 1955. Entrambi i lavori si presentano come reazione ad una crisi della modernità conseguente ad un conflitto mondiale, anche se il professore di Oxford terrà sempre a sottolineare come la sua opera non sia una mera allegoria della seconda guerra mondiale ma piuttosto la costruzione di un mondo che ha risentito delle profonde modificazioni del periodo bellico. All’interno della sua Terra Desolata Eliot, ideando un poemetto con una fitta rete di collegamenti intertestuali e dalla struttura complessa, rende possibili letture ed interpretazioni a diversi livelli, accomunate però dalla perenne presenza di un pessimistico messaggio di desolazione e infertilità della terra e dell’umanità nei confronti del il futuro. Una piccola nota sul titolo mi pare necessaria e doverosa. Ho scelto di utilizzare la dizione metodo mitopoietico in connessione ovviamente alla celebre poesia del Professore, Mythopoeia, scritta nel 19311. La poesia esprime perfettamente l’idea di Tolkien sulla scrittura, il suo giudizio sul mito e sul suo compito in quanto scrittore. La mitopoiesi è etimologicamente [l’arte di] comporre il mito, dal greco ποίεσις e μύθος; la difficoltà sta nell’interpretazione del significato di mito. In greco può significare storiella, favola, racconto, parola, racconto meraviglioso/fantasioso. Sicuramente Tolkien si riferiva a tutto ciò che è mito nel senso di storia che spiega un fenomeno.

The Waste Land Come dicevo il messaggio principale è quello dell’infertilità e di un atteggiamento pessimistico nei confronti dell’avvenire; la tensione linguistica ed emotiva dello stile eliotiano permette una diretta comprensione del contenuto anche senza la lettura del consistente apparato di note, alcune inserite dall’autore stesso per guidare il lettore, e dai numerosi saggi. Il poemetto contiene numerosi riferimenti intertestuali, come dice A. Serpieri nel suo commento all’edizione: […] e la [funzione] metalinguistica in senso prevalentemente intertestuale (che riflette sul proprio linguaggio e su quello di altri testi, cui allude, o che cita, a volte funzionalizzandoli al proprio discorso, altre volte stravolgendoli per capovolgerne il senso)2. Come sostiene appunto lo studioso, il poeta cerca, attraverso il riferimento ad altri testi, ed avvalendosi di una determinata pratica di scrittura che definiremo poi, di creare un contrappunto, un contrasto tra il messaggio e le scelte lessicali, linguistiche, le citazioni e l’architettura stessa del periodo. Per Eliot sono punti di riferimento

imprescindibili, nella Sepoltura dei Morti per esempio, Dante, Baudelaire e Chaucer, solo per citarne alcuni, che permettono di creare uno stretto rapporto tra passato e presente, tra dimensione letteraria e dimensione reale. Nella descrizione della città immaginaria si vede come i lavoratori alienati della City vengano paragonati agli ignavi dell’Antinferno dantesco per il loro sottrarsi continuo, consciamente o meno, alla scelta; come piuttosto alla fine della prima sezione del poemetto, The Burial of the Dead, si cita la chiosa della poesia proemiale dei Fleurs du mal di Baudelaire; l’incipit, sempre della prima sezione, ricalca invece l’emistichio iniziale dei Canterbury Tales di Chaucer. Si introduce così quello che è il caposaldo dello stile eliotiano e cioè il metodo mitico; la definizione è stata utilizzata dallo stesso autore per recensire l’Ulisse di Joyce: Nell’usare il mito, nel manipolare un continuo parallelismo tra il mondo contemporaneo ed il mondo antico, Joyce sta seguendo un metodo che altri devono seguire dopo di lui […]. E’ semplicemente un modo di controllare, ordinare, dare forma e significato all’immenso panorama di futilità e anarchia che è la storia contemporanea. […] E’, io credo seriamente, un passo verso la possibile resa del mondo moderno in termini artistici. […]. Invece del metodo narrativo, noi possiamo ora usare il metodo mitico.

Comprendiamo così come Eliot concepisca il proprio poemetto: con un confronto che permetta di rilevare la differenza che intercorre tra il passato e la dimensione mitica ed il presente e la dimensione reale: è tuttavia diverso dall’atteggiamento di un laudator temporis acti, non è chi rimpiange il passato, è semplicemente chi attraverso il passato rende una rappresentazione del presente, in questo caso esibendone l’infertilità.

The Lord of the Rings Tolkien concepisce la propria opera durante una lunghissima gestazione che va dagli anni ’30 fino alla pubblicazione della Compagnia dell’Anello nel 1954. L’opera si presenta ad una prima lettura come un fantasy appartenente alla letteratura d’evasione; più volte l’autore venne tacciato di Escapismo letterario. E’ importante compiere una riflessione su questo elemento in quanto Tolkien stesso si difese da questo tipo di attacco dando una diversa interpretazione, da fine filologo e profondo conoscitore della lingua, del termine ‘escapismo’: Utilizzando ‘Evasione’ in questo modo, i critici hanno scelto la parola sbagliata, e, quel che è peggio, stanno confondendo, e non sempre in buona fede, l’evasione del prigioniero con la fuga del disertore. Allo stesso modo un portavoce di partito avrebbe potuto etichettare la fuga dalle miserie del Reich del Fuhrer o di qualsiasi altro regime, o anche solo la sua critica, come un tradimento. In questo modo i critici, per rendere peggiore la confusione, e attirare il disprezzo sugli oppositori, appiccicano la loro etichetta spregiativa non solo sulla diserzione, ma anche sull’evasione vera e propria, e su quelli che sono spesso i suoi compagni: disgusto, rabbia, condanna e rivolta. Non solo essi confondono l’evasione del prigioniero con la fuga del disertore ma sembrerebbero preferire l’acquiescenza del collaborazionista alla resistenza del patriota.4

Una risposta decisamente forte ad un’accusa che mirava a accantonare l’opera in un angolo della letteratura del novecento, dominata dal modernismo e da un atteggiamento univoco nell’approccio alla testo che non permetteva vi potesse essere un narratore in disarmonia. Il metodo compositivo tolkieniano, che ho qui definito mitopoietico, presenta caratteristiche non del tutto diverse da quel metodo mitico eliotiano, ma con un effetto decisamente diverso. La sorgente dello stile di Tolkien sono le parole: egli parte dalle parole, dai nomi e soprattutto dai linguaggi per

elaborare il suo mondo; da filologo possedeva un’amplissima conoscenza in ambito linguistico e sapeva saggiamente esibire come le parole hanno il potere di creare attraverso la più eccelsa forma di magia, cioè il concatenarle. Egli riesce ad utilizzare diversi stili linguistici, anche parole appartenenti all’old english per rendere significati ed accezioni completamente nuovi. Si veda per esempio l’utilizzo della parola eored, parola ricostruita appartenente alla lingua inglese antica che passa ad indicare il reparto di cavalleria di Rohan da un più generale ‘manipolo di soldati’ o anche l’utilizzo del termine wold che passa da ‘fitta vegetazione’ nelle antiche lingue nordiche, alla pianura erbosa in cui Aragorn, Legolas e Gimli incontrano Éomer. Vi sono numerosi esempi come questi che divengono funzionali per la resa di un ambiente che si ponga in aperto contrasto con la modernità, capace di creare nel lettore un senso ‘magico, mitico’ all’interno dell’opera. Importante è anche notare come la rilevanza delle parole sia compresa anche dai personaggi: si pensi al celebre inizio de Lo Hobbit in cui il buongiorno3 viene sviscerato in ogni suo possibile valore semantico dal dialogo tra Bilbo e Gandalf: gli studiosi A. Monda e S. Simonelli parlano perciò di ‘personaggi filologi’ intendendo che alcuni personaggi, si veda Aragorn che una volta Re di Gondor assume il nome di Elessar, gemma elfica, compiono il loro percorso anche attraverso la riscoperta di antiche consuetudini linguistiche o perduti valori semantici, come farebbe un filologo appunto.

Confronto di testi

Per poter meglio comprendere il pensiero dei due autori ed il loro modo di approcciarsi al passato e di mettere in pratica la citazione, ho scelto di confrontare due testi al fine di dimostrare praticamente cosa significa metodo mitico e cosa significa metodo mitopoietico. Ho preso in considerazione un estratto della seconda sezione, l’inizio, di T. S. Eliot, A Game of Chess ed un estratto dal capitolo quarto del terzo libro de The Two Towers, di J. R. R. Tolkien. Thomas S. Eliot, the Waste Land, vv. 77-93 The Chair she sat in, like a burnished throne,

And drowned the sense in odours; stirred by the air

Glowed on the marble, where the glass

That freshened from the window, these ascended

Held up by standards wrought with fruited vines

In fattening the prolonged candle-flames,

From which a golden Cupidon peeped out

Flung their smoke into the laquearia,

(Another hid his eyes behind his wing)

Stirring the pattern on the coffered ceiling.

Doubled the flames of sevenbranched candelabra

Il Seggio su cui sedeva, come un trono brunito,

Reflecting light upon the table as

Ardeva sul marmo, dove lo specchio

The glitter of her jewels rose to meet it,

Sostenuto da colonne lavorate su tralci di vite,

From satin cases poured in rich profusion;

Fra cui un Cupido dorato faceva capolino

In vials of ivory and coloured glass

(Un altro nascondeva gli occhi dietro l’ala),

Unstoppered, lurked her strange synthetic perfumes,

Raddoppiava le fiamme di candelabri a sette bracci

Unguent, powdered, or liquid—troubled, confused

Riflettendo la luce sul tavolo mentre

Il luccichio dei suoi gioielli si levava a incontrarla,

E annegavano i sensi negli odori; mossi dall’aria

Versato a profusione da astucci di raso;

Che rinfrescava dalla finestra, essi salivano

in boccette di avorio e vetro colorato

A impinguare le fiamme allungate delle candele,

Stappate, s’annidavano i suoi strani profumi sintetici,

Lanciavano il loro fumo sui lacunari

Unguenti, polveri o liquidi- turbavano, confondevano

Agitando il disegno del soffitto a cassettoni.

Nel testo qui presente possiamo apprezzare diversi esempi di intertestualità, quali quello del verso 77 che riprendono diversi autori. Nel caso di cui sopra l’autore cita Shakespeare, Antony and Cleopatra II, 2 190, The Chair she sat in, like a burnished throne; o ancora al verso 92 Eliot inserisce direttamente un termine tratto dall’Eneide di Virgilio, I 726, Dependent lychni laquearibus aureis incensi, et noctem flammis funalia vincunt. Questo rappresenta bene lo spirito con il quale Eliot si pone il problema della citazione, una citazione certamente dotta, ma allo stesso tempo chiara, riconoscibile e inequivocabile. Lo stile di Eliot funzionalizza il testo che cita, ne fornisce un’interpretazione che si pieghi ai bisogni del testo del poeta, senza restituirne né il contesto né la condizione originaria. Eliot vuole far percepire al lettore il distacco tra il testo precedente, vuole mostrare quanto prima le cose erano belle e buone e quanto ora siano terribili; il fatto di inserire così dei frammenti provenienti da altri autori è fondamentale per far in modo che il lettore si renda conto del distacco e vi mediti. John R.R. Tolkien, The Lord of the Rings, Part II, book III, chapter VI 'Hail, comers from afar!' they said, and they turned the hilts of

‘ Salute a voi che venite da lontano! ’ dissero, e girarono le else

their swords towards the travellers in token of peace. Green

delle loro spade verso i viaggiatori in segno di pace. Verdi

gems flashed in the sunlight. Then one of the guards stepped

gemme brillavano al sole. Poi una delle guardie fece un passo

forward and spoke in the Common Speech. ‘I am the

avanti e parlò nella Lingua corrente. ‘Io sono il Custode della

Doorward of Theoden,' he said. 'Hama is my name. Here I

Porta di Théoden’ disse. ‘Hama è il mio nome. Qui devo

must bid you lay aside your weapons before you enter.

ordinarvi di deporre le armi prima che entriate.’

Beowulf, vv. 333-336; 397-398 ''Whence ferry you

plated shields,

Donde portate gli scudi placcati,

steel-hued shirts of mail

and masked-helms,

le cotte color dell’acciaio e gli elmi a visiera,

this host of army-shafts?

I am Hrothgar's

questo mucchio di lance da guerra? Io sono di Hrothgar

herald and officer; […]

l’araldo e ministro; […]

let battle-boards

here await, and wooden

lasciate le assi della battaglia qui ad attendere, e le legnose

slaughter-shafts

the result of words.

aste da massacro il risultato delle parole

I due testi qui citati esprimono molto bene il concetto che Tolkien ha elaborato di citazione, un concetto che, come detto, per certi elementi si accomuna a quello di Eliot, tuttavia da esso si distingue molto. Tolkien attraverso le parole crea un’atmosfera, dei rapporti tra i personaggi, delle descrizioni di elementi naturali ed antropici che rimanda al mondo delle saghe medioevali. Egli non apre l’Edda e decide di riportare nel proprio testo gli elementi che sarebbero utili per descriverlo; il

Professore ne dipinge invece con le parole il medesimo scenario e cambia solo la storia ed i personaggi. Forse è per questo che per Tolkien non si può parlare di citazione, semplicemente perché si tratta di ispirazione e di aemulatio nel senso classico del termine. Leggendo il Signore degli Anelli si può respirare l’aria della Scandinavia e della Gran Bretagna perché questo era lo scopo del suo autore, fornire all’Inghilterra un ciclo di racconti mitici, di cui era, a suo giudizio, sprovvista5. In quest’ottica un numero notevole di elementi che si ispirano alle saghe medioevali, e non solo, sono inseriti nell’opera, tra cui hanno parte non indifferente i nomi dei personaggi o degli oggetti, quali spade e armi. La percezione dunque, al momento della lettura dei due testi, è volutamente differente perché differente è il loro scopo e la loro costruzione. Leggendo The Waste Land si ha l’idea di confrontarsi con un poemetto complesso e denso che può essere decodificato a più livelli ma che necessita sicuramente di un alto livello di interpretazione. Quando ci si approccia a The Lord of the Rings ci si immerge immediatamente in un'altra epoca, in un altro luogo, pronti a guardare da spettatori ed allo stesso tempo a immergersi nella storia come se la si stesse ascoltando da un bardo medioevale. Alcuni alunni del Professore dissero che al momento in cui faceva lezione, egli sapeva rievocare la passata tradizione del racconto orale e sembrava di sentire un bardo che cantava le Saga.

Conclusioni La differenza dunque tra le due opere ed i due autori è sostanziale: Eliot mira attraverso la ricerca di un’architettura che volutamente tende ad un intreccio delle funzioni linguistiche (in particolare metalinguistica, conativa, fatica e poetica) e produce un testo non solo letterario ma anche metaletterario. Tolkien invece costruisce un mito, una leggenda, un mondo: egli stesso si definisce un sub-creatore6, cioè capace di creare un mondo che sia eminentemente fantastico e mitico ma estremamente credibile e vicino al lettore. Il metodo mitico è espressione del messaggio eliotiano e lo veicola perfettamente attraverso l’ironia tipica del modernismo: delinea un ritratto della contemporaneità ricorrendo alle immagini antifrastiche del passato: il mio mondo è sterile perché quello passato era fil mondo attuale è sterile perché quello passato e mitico era fertile; se i precedenti riti della fertilità e del seppellimento del Fisher King potevano presentare la soluzione, oggi il seppellire il cadavere nel giardino è atto che rimane improduttivo. Tolkien si pone in modo diverso a quella che riconosce essere la crisi dei valori: costruisce un mondo allegorico che tuttavia non è un’allegoria; è la rappresentazione di un mondo ideale in cui egli inserisce dei valori e dei rapporti reali tra personaggi che suscitano nel lettore una sensazione di desiderio nei confronti di quel mondo, sperando di potervi fare parte un giorno. La poetica tolkieniana si pone dunque con atteggiamento più positivo rispetto a quella eliotiana: potremmo definire l’opera di Eliot destruens, mentre quella di Tolkien construens. Bisogna fare attenzione però a immaginare il mondo tolkieniano come idilliaco e perfetto altrimenti si scadrebbe nell’escapismo di cui è stato tacciato: il mondo del Professore presenta forti elementi di decadenza, ma solo perché essa è qualcosa di connaturato alla vita stessa: gli elfi sono imperituri e dunque partono dalla Terra di Mezzo alla volta delle Terre Immortali di Aman, essa è divenuta ora la dimora dei popoli mortali, dei Secondogeniti, degli uomini.

Tolkien risulta dunque essere, al netto di queste osservazioni, un fenomeno isolato ma che non va assolutamente sottovalutato dal punto di vista letterario perché fortemente antimodernista ma non antimoderno; lontano dalla realtà ma assolutamente realistico. NOTE: 1

: La poesia è stata scritta in seguito ad una discussione avvenuta ad Oxford il 19 settembre 1931 tra C.S. Lewis, Hugo Dyson e Tolkien stesso. L’amico Lewis sosteneva l’inutilità del mito e Tolkien gli ha così risposto. La dedicatio della poesia recita: To one [C.S. Lewis] who said that myths were lies and therefore worthless, even though 'breathed through silver'. (A colui che ha detto che I miti erano menzogne e perciò inutili, anche se ‘emessi attraverso l’argento’. 2

: Tratto dall’introduzione a The Waste Land a cura di Alessandro Serpieri, BUR, Milano 2013.

3

: J. R. R. Tolkien Lo Hobbit, ed. Bompiani pag. 4.

4

: J.R.R. Tolkien, Albero e Foglia, Rusconi, Milano 1976 pag. 76

5

: I was from early days grieved by the poverty of my own beloved country: it had no stories of its own (bound up with its tongue and soil), not of the quality that I had sought, and found (as an ingredient) in legends of other lands[....] I had a mind to make a body of more or less connected legend, [....] which I could dedicate simply to: to England; to my country. Lettera 131 a Wildon Walman 6

: Mythopoeia, 1931: […] Man, Sub-creator, the refracted light […]

BIBLIOGRAFIA: Difendere la Terra di Mezzo, Wu Ming 4, Odoya, 2013, Bologna Gli Anelli della fantasia, A. Monda, S. Simonelli, Frassinelli, 2004 Roots and Branches: Selected Papers on Tolkien, T.A. Shippey, Walking Tree Publishers, 2007 The Lord of the Rings, J.R.R. Tolkien, Bompiani IX edizione, 2005, Milano The Waste Land, T.S. Eliot, a cura di A. Serpieri, BUR, 2013, Milano Tolkien il signore della fantasia, A. Monda, S. Simonelli, Frassinelli, 2002

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