Palermo - Teatro Massimo: Das Rheingold

May 28, 2017 | Autor: Marco Crescimanno | Categoria: Opera
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Palermo - Teatro Massimo: Das Rheingold

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La locandina Data dello spettacolo: 22 Jan 2013 Wotan

Franz Hawlata

Donner

Eric Greene

Froh

Alex Wawiloff

Loge

Will Hartmann

Alberich

Sergei Leiferkus

Mime

Robert Brubaker

Fasolt

Keel Watson

Fafner

Christian Hübner

Fricka

Anna Maria Chiuri

Freia

Stephanie Corley

Erda

Ceri Williams

Ana Puche Rosado (Woglinde), Christine Die Rheintöchter

Knorren (Wellgunde), Lien Haegeman (Flosshilde)

Direttore

Pietari Inkinen

Regia

Graham Vick

Scene e costumi

Richard Hudson

Movimenti mimici

Ron Howell

Luci

Giuseppe Di Iorio

Orchestra del Teatro Massimo

Richard Wagner E dunque è finalmente iniziata questa lungamente attesa Tetralogia wagneriana! Innanzitutto dobbiamo certamente rendere merito alla coraggiosa impresa del Teatro Massimo di Palermo, che ha deciso di produrre e proporre per il bicentenario della nascita di Richard Wagner un nuovo allestimento del monumentale Der Ring des Nibelungen, anche se i forti limiti di budget imposti in tempi di crisi hanno forse lasciato sul campo problemi non del tutto felicemente risolti sul fronte delle scene, della regia e dell’organico strumentale. Ma andiamo con ordine. Ieri sera, dicevamo, con Das Rheingold (L’oro del Reno) è cominciata la saga scenica "Der Ring des Nibelungen" (L’anello dei nibelunghi), tetralogia composta da quattro drammi musicali: un "prologo", L’oro del Reno appunto, e poi tre "giornate" e cioè Die Walküre (La valchiria, in scena dal 21 febbraio), Siegfried (Sigfrido, in scena dal 19 ottobre) e Götterdämmerung (Il crepuscolo degli dei, in scena dal 23 novembre). Opus magnum (in tutto dura circa quindici ore), il Ring è stato concepito da Wagner a partire dall’abbozzo del testo del libretto (il compositore infatti ha sempre scritto da sé i libretti per tutte le sue opere). Dopo aver dunque iniziato la stesura del libretto nel 1848 (l’anno delle rivoluzioni europee: Wagner era sulle barricate a Dresda con l’anarchico Bakunin; condannato per insurrezione fuggirà a Zurigo per scampare alla galera), Wagner terminerà la Tetralogia nel 1874, attraverso ventisei anni di peregrinazioni per tutta l’Europa, spesso inseguito da debiti e ufficiali di polizia (per inciso, ci sia concesso qui osservare che l’acquisizione successiva di Wagner all’interno della mitografia nazista rimane uno dei più clamorosi fraintendimenti della storia!). Il libretto di Das Rheingold, prologo alle tre successive giornate che compongono la Tetralogia, è stato ideato tra il 1851 e il 1852. Nei due anni seguenti Wagner completò la parte musicale. La prima dell’opera avvenne però solo nel 1869, al Teatro Nazionale di Monaco, grazie a Ludwig II di Baviera, il "re folle" che nel frattempo era diventato devoto mecenate del compositore. Opera quanto mai sperimentale questa che apre il Ring, sin dalle 136 battute introduttive in cui, sopra un pedale di mi bemolle grave dei contrabbassi (opportunamente scordati), va lentamente formandosi l’accordo perfetto maggiore attraverso i fagotti prima, poi i corni, i violoncelli, fino al resto degli archi e dei legni. Wagner amplia a dismisura l’organico orchestrale: la partitura prevede fra l’altro sette arpe, otto timpani, quattro "tube wagneriane"- una specie di corno-contrabbasso ideato dallo stesso Wagner- e diciotto incudini, ed esplora nuove combinazioni timbriche e nuove possibilità formali. Inoltre Wagner rinnova il ruolo dell’orchestra che non si limita più ad accompagnare delle melodie vocali ma diventa co-protagonista del dramma musicale insieme alle voci. Vengono poi abbandonate del tutto le forme chiuse (arie, duetti ecc.) scegliendo di articolare piuttosto una sorta di ‘melodia infinita’ grazie all’uso estensivo di cromatismi armonici che tendono a eludere le cadenze perfette. Infine viene approfondita la tecnica dei Leitmotive, temi o motivi musicali ricorrenti che sono associati a personaggi, idee astratte, cose concrete o situazioni particolari che fungono da pilastri sui quali si appoggia l’articolazione della "melodia infinita".

Per venire finalmente alla rappresentazione di martedì scorso c’è da dire anzitutto che il cast era ottimo per voci e padronanza scenica. Vogliamo segnalare in particolare le tre Figlie del Reno, Ana Puche Rosado (Woglinde), Christine Knorren (Wellgunde) e Lien Haegeman (Flosshilde) che erano impressionanti per la loro generosa agilità fisica e per la capacità di cantare con voce chiara e pulita, nonostante le acrobazie previste dalla regia di Graham Vick. Il basso Keel Watson (Fasolt) ha una voce vigorosamente wagneriana unita a una forte presenza scenica; l’altro gigante, Christian Hübner (Fafner), è forse meno efficace dal punto di vista attoriale, ma possiede un timbro levigato; il veterano Sergei Leiferkus ha dato vita ad un Alberich imponente e dalla voce profonda; la Freia di Stephanie Corley era fresca, agile e ricca di sfumature sottili; il Loge di Will Hartmann non era in effetti particolarmente eroico, ma nella regia di Vick la sua sfacciataggine assumeva un rilievo particolare; ottima la caratterizzazione di Mime da parte del tenore Robert Brubaker, sia dal punto di vista vocale sia da quello scenico. Anche se ha una parte più contenuta, l’Erda di Ceri Williams è stata di forte impatto scenico. Tutti in ogni caso sono stati molto efficaci. Solo il Wotan di Franz Hawlata ha dato forse qualche segno di fatica. Più problematico è stato il comportamento dell’orchestra che ha mostrato qua e là qualche incertezza (soprattutto all’inizio e talvolta tra gli ottoni) e non sempre risultava timbricamente ben amalgamata. La direzione di Pietari Inkinen non sempre è riuscita a tirar fuori un colore convincente, tuttavia il rapporto con i cantanti è stato ben calibrato e mai l’orchestra ne ha soverchiato le voci. Un peccato è stato la riduzione di organico che si è scelto di (o si è stati costretti a) operare, con le arpe da sette a tre, i timpani da otto a quattro, i contrabbassi da otto a sei, le incudini da diciotto a quattro e via dicendo. Per finire la regia di Graham Vick. Il regista ha scelto innanzitutto di lavorare a palco nudo, senza quinte né fondali (solo nella seconda e quarta scena ci sono degli esili fondali che vengono poi sfondati nel corso della rappresentazione) e di spostare la narrazione da una atemporalità mitica ad una sorta di atemporalità contemporanea. In questa cornice Vick si muove poi in due direzioni: da un lato verso forme di astrazione (per cui, per esempio, alcune decine di sedie di plexiglass mosse da mimi possono diventare le onde del Reno, o una fila di ombrelli può diventare l’arcobaleno che conduce gli dei al Valhalla); dall’altro verso il parodico-caricaturale: le Tre figlie del Reno tendono verso forme di gestualità isterica para adolescenziale e finiscono pure per denudarsi nel loro gioco a provocare Alberich, che fa quasi la parte di un maniaco guardone. Froh entra in scena agitando un orsacchiotto di peluche mentre Donner è vestito da giocatore di polo con tanto di stecca regolamentare. Ora, io conosco diverse persone degne di considerazione e stima alle quali questa regia non è affatto dispiaciuta ovvero è proprio piaciuta. A me dispiace dover confessare di avere avuto diverse perplessità in merito. Dalla fama che accompagna il nome di Vick mi aspettavo di più, ma certe scelte mi sono sembrate effettivamente poco felici, talvolta poco chiare per il senso complessivo dell’opera, poco gradevoli a vedersi e in certi momenti pericolosamente contigue al kitsch. Il pubblico del Massimo ha tributato allo spettacolo un buon successo. Segnalo solo qualche episodica contestazione alla regia. Ora rimaniamo in attesa della seconda puntata per vedere cosa succederà!

Locandina: Wotan

Franz Hawlata

Donner

Eric Greene

Froh

Alex Wawiloff

Loge

Will Hartmann

Alberich

Sergei Leiferkus

Mime

Robert Brubaker

Fasolt

Keel Watson

Fafner

Christian Hübner

Fricka

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Freia

Stephanie Corley

Erda

Ceri Williams Ana Puche Rosado (Woglinde), Christine

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Regia

Graham Vick

Scene e costumi

Richard Hudson

Movimenti mimici

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press_2013_DasRheingold_Ring_TeatroMassimo2013_1.jpg [4] Froh, Wotan, Donner, Loge - Photo © Studio Camera [1] Mime e Alberich - Photo © Studio Camera [2] Wotan, Mime e Loge - Photo © Studio Camera [3] A pagamento: No Marco Crescimanno Teatrale

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