Pluralismo giuridico e diritto comparato

July 28, 2017 | Autor: Guido Smorto | Categoria: Comparative Law, Legal Pluralism
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Diritto comparato e pluralismo giuridico Guido Smorto

SOMMARIO: 1. Premessa.  2. Pluralismo giuridico e analisi comparatistica.  3. Il pluralismo nelle scienze sociali e nel diritto.  4.1. Il sistema delle fonti del diritto.  4.2. La teoria dei formanti e i crittotipi.  5.1. Luci e ombre delle prime classificazioni dei sistemi giuridici.  5.2. I sistemi misti.  6.1. I trapianti giuridici.  6.2. La diffusione del diritto.  7. Conclusioni.

1. Premessa Il dibattito sul pluralismo giuridico ha assunto negli ultimi anni proporzioni del 1 tutto inaspettate rispetto al recente passato . Gli studi in materia sono usciti oramai dalla nicchia dell’antropologia e della sociologia giuridica e influenzano il dibattito accademico a tutto campo, coinvolgendo studiosi di diritto positivo, dal diritto interna2 zionale al diritto pubblico e privato . Le teorie pluralistiche spiegano il diritto globale e quello locale. A livello globale orientano il dibattito sui grandi temi della contemporaneità: glo3 4 balizzazione, multiculturalismo , diritto comune europeo . I crescenti flussi migratori, i sistemi di comunicazione a copertura globale, la dimensione planetaria dei mercati di beni e servizi, l’espansione dei mercati finanziari, la creazione di organismi internazionali di governo e regolazione, il carattere transnazionale di molti pericoli (dal terrorismo alle minacce all’ambiente), hanno messo in luce i limiti di una concezione statale del diritto e aperto la strada a una comprensione nuova e diversa della giuridi5 cità. Si parla spesso di pluralismo giuridico internazionale . 1

Testo della relazione presentata all’Université Paris Ouest Nanterre La Défense in occasione del Cours Communs de Doctorat: “Droit et Pluralisme”, 14-15 maggio 2013. 2 Per un’ampia, anche se oramai non recentissima, ricognizione della letteratura sul tema si rimanda a G.R. WOODMAN, Ideological Combat and Social Observation: Recent Debate About Legal Pluralism, in 42 J. Legal Pluralism, 21, 1998. 3 Cfr. il numero monografico di Theoretical Inquiries in Law, vol. 9, n. 2, 2008, dedicato a “Legal Pluralism, Privatization of Law and Multiculturalism”, in http://www.law.tau.ac.il/Eng/?CategoryID=255& ArticleID=320) 4 L. NIGLIA (ed.), Pluralism and European Private Law, Oxford, 2013. Nella letteratura comparatistica sul diritto privato europeo il ruolo di difensore della diversità è oramai incarnato da P. LEGRAND, Against a European Civil Code, 60, in Modern Law Rev., 44, 1997. 5 W.W. BURKE-WHITE, International Legal Pluralism, 25 Mich. J.L. Int’l. 963, 2004.

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A livello locale gli studi in materia mostrano l’impossibilità di ridurre a unità lo spazio giuridico statale, ne descrivono la frammentarietà e l’assenza di coordinamento: raccontano la molteplicità di corpi normativi e organi giudicanti, la coesistenza di una pluralità di fonti del diritto in competizione tra loro all’interno di uno stesso ordine giuridico, l’insufficienza delle fonti ufficiali a dare un quadro esaustivo della giuridicità, il ruolo dell’autonomia privata nella scelta di regole e giurisdizione. Oggi pluralismo giuridico significa, dunque, molte cose e affronta vari temi: ci parla della natura del diritto e del sistema delle fonti, del rapporto tra diritto e Stato e della coesistenza di ordini normativi di rango diverso. Il pluralismo giuridico è dap6 pertutto . Il rischio di tanto successo è però chiamare tutto “pluralismo” e, più al fondo, “diritto”. Il dibattito si avvita così attorno ad una domanda che non può avere una 7 risposta definitiva: dove finisce il diritto e comincia la vita sociale? L’idea di un diritto pluralista, infatti, rimette in gioco la nozione stessa di cosa sia diritto e di quali strumenti di controllo sociale siano riconducibili al regno del giuridico, posto che in una prospettiva pluralista il diritto opera secondo canoni non dissimili dagli altri sistemi di controllo della società che condizionano il comportamento dei consociati. I confini tra ciò che è diritto e ciò che non lo è diventano difficili da tracciare. Non so8 lamente il pluralismo, anche il diritto è dappertutto .

2. Pluralismo giuridico e analisi comparatistica I legami tra diritto comparato e pluralismo giuridico sono moltissimi perché simili sono preoccupazioni, obiettivi, campi di indagine, origini e strumenti. Partendo da questa constatazione, obiettivo delle riflessioni che seguono è mostrare come la scienza comparatistica abbia sviluppato, soprattutto negli ultimi decenni, dottrine, metodi, strumenti di analisi, che possono essere d’aiuto alla riflessione corrente sul pluralismo giuridico. Più avanti sosterremo questa conclusione con 6

Così si apre, ad esempio, B.Z. TAMANAHA, Understanding Legal Pluralism. Past to Present, Local to Global, 30, in Sydney L. Rev., 375, 2008; ma anche J. SMITS, A Radical View of Pluralism, in L. NIGLIA (ed.), Pluralism and European Private Law, cit., 161 in http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_ id=1983869. Le difficoltà concettuali legate alla definizione della categoria sono tali da aver spinto taluni tra i suoi più noti e apprezzati studiosi a rinunciarvi e a utilizzare piuttosto l’espressione “pluralismo normativo”. Cfr. J. GRIFFITHS, The Idea of Sociology of Law and its Relation to Law and to Sociology, 8 in Current Legal Issues, 49, 2005. 7 Sulla famosa definizione di diritto come “semi-autonomous field” cfr. S. FALK MOORE, Law and Social Change: The Semi-Autonomous Social Field as an Appropriate Subject of Study, 7, in Law & Soc. Rev., 719, 1973. Sull’impossibilità di dare una risposta al quesito cos’è il diritto v. BRIAN Z. TAMANAHA, Law, in S.N. KATZ (ed.), Oxford International Encyclopedia of Legal History, Oxford, 2009. 8 Da ultimo v. R. COTTERELL, Does Legal Pluralism Need a Concept of Law?, 19 in Law and Politics Book Review, 774, 2009; P.S. BERMAN, Global Legal Pluralism, 80, in South. Calif. Law Rev., 1155, 2007. Cfr. inoltre B.Z. TAMANAHA, The Folly of the ‘Social Scientific’ Concept of Legal Pluralism, 20, in J. of Law and Soc., 192, 1993. Per una breve ma efficace ricognizione del dibattito sulla nozione di “diritto” nella letteratura sul pluralismo v. R. MICHAELS, Global Legal Pluralism, 5, in Annual Review of Law & Social Sciences, 243, 2009.

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alcuni esempi. Prima vogliamo indicare alcuni dei tratti dell’analisi comparatistica che giustificano la tesi appena illustrata. (a) Il diritto come fenomeno transnazionale. La prima e più evidente caratteristica riguarda il carattere transnazionale dell’analisi comparatistica. La comparazione giuridica ha svolto un ruolo decisivo per il superamento di una prospettiva nazionale nello studio del diritto, ha analizzato i processi della globalizzazione, della privatizzazione del diritto e degli attori giuridici, ha reso chiare le insufficienze di una tradizione di studi che attribuiva il primato alla regola legislativa e al dogma, ha contribuito a mettere a nudo i limiti del positivismo e dello statualismo, ha fatto conoscere la complessità del sistema delle fonti e le contraddizioni che esso nasconde. La dimensione sovranazionale del diritto, propria degli studi comparatistici, si presta a una lettura in linea con le riflessioni del pluralismo giuridico, in cui l’identificazione del diritto con lo Stato entra ovviamente in crisi. Anche l’analisi dei fenomeni interni ai diversi ordinamenti giuridici impone al comparatista la necessità di cogliere i dati di realtà indipendentemente dalla loro inclusione nel quadro descrittivo dei sistemi nazionali. In entrambi i casi la consonanza con la prospettiva metodologica aperta dagli studi sul pluralismo è di tutta evidenza. (b) Il diritto come ordine spontaneo. Una seconda corrispondenza riguarda la concezione del diritto come fenomeno spontaneo, ipotesi che il diritto comparato mutua dalla linguistica. L’analogia tra diritto e linguaggio presuppone che il diritto sia un ordine spontaneo, e che esistono limiti alla capacità di progettazione dell’ordine so9 ciale . Il diritto è il frutto di un processo di evoluzione nel quale la possibilità di pianificazione volontaria è limitata. Il diritto comparato ha così contribuito al superamento del mito dell’onnipotenza del legislatore e di una visione monolitica e pura del fenomeno giuridico, ha posto in discussione l’identificazione dell’universo giuridico con il diritto statale e il funzionamento del sistema delle fonti, ha descritto su basi nuove le dinamiche circolatorie dei modelli giuridici. (c) Il diritto come misurazione di somiglianze e differenze. Una terza importante notazione riguarda gli strumenti dell’analisi comparatistica. L’atto di comparare serve, in ogni scienza che ne faccia uso, per stabilire somiglianze e differenze di ordine sistematico tra fenomeni osservabili e, ove possibile, a sviluppare e testare ipotesi e 10 teorie a proposito delle relazioni di causa ed effetto . Nell’elaborazione dei propri strumenti di indagine, la comparazione giuridica ha preso a riferimento la linguistica comparata, la quale si propone di rilevare le regolarità strutturali e le diversità tra lingue. La comparazione giuridica, dal proprio canto, adotta concetti volti all’individuazione e alla misurazione di somiglianze e differenze dei diversi modelli giuridici nel tempo e nello spazio; concetti adatti a esprimere la differenza e a intendere le variazioni e, come tali, importantissimi per cogliere la dimensione plurale del fenomeno 11 giuridico . 9

Cfr. F.A. von HAYEK, Legge, legislazione e libertà, Milano, 1994. Cfr. D. BERG-SCHLOSSER, Comparative Studies: Method and Design, in N.J. SMELSER-P.B. BALTES (eds.), International Encyclopedia of the Social & Behavioral Sciences, Oxford, 2001, 2427. 11 Sul punto v. le riflessioni di F. von BENDA-BECKMANN, Who’s Afraid of Legal Pluralism, 47, in J. 10

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(d) La separazione tra analisi descrittiva e prescrittiva. Inoltre, l’intenso dibattito in seno alla comunità scientifica dei comparatisti sulla separazione tra enunciati assertivi e precettivi ha dato vita, soprattutto in passato, ad una vivace disputa teorica sulla necessità di tenere distinti i diversi piani. Se è vero che, riletto oggi, quel dibattito risente in modo evidente di un certo linguaggio scientista allora in voga, tuttavia, sfrondata da alcuni retaggi del passato e sgombrato il campo dalle tentazioni di un’impossibile avalutatività della conoscenza, la lettura di quelle pagine mantiene intatto il 12 proprio indiscusso rilievo scientifico . L’esigenza di un’elaborazione del genere è oggi più che mai sentita all’interno della riflessione sul pluralismo giuridico. Nel dibattito corrente, infatti, la dimensione descrittiva si affianca spesso a quella normativa: la rappresentazione del dato di realtà (passato o presente) si sovrappone alla messa in discussione della nozione moderna di sovranità; l’individuazione dei corpi intermedi apre le porte ai dubbi sull’obbedienza dovuta all’autorità statale e sulla desiderabilità di tali gruppi. Da più parti si denuncia l’intensità emotiva che accompagna il dibatti13 14 to e il romanticismo che caratterizza alcune posizioni . Su tutto questo, le riflessioni della scienza comparatistica possono offrire un importante contributo di chiarezza. (e) Una visione contro positivismo, dogmatismo, statalismo del diritto. In comune le due prospettive condividono poi la reazione nei confronti dell’ideologia positivistica e statalistica e l’attenzione per la dimensione storica, sociale, culturale e politica del diritto. Nella nozione di pluralismo la comparazione trova, pertanto, un prezioso alleato in quella battaglia culturale contro i dogmi del positivismo giuridico che ancora alligna forte nello studio del diritto interno, soprattutto nell’Europa continentale. (f) Le origini: il progetto coloniale. Anche il diritto comparato, come il pluralismo giuridico, trova nel c.d. “progetto coloniale” una delle ragioni originarie del proprio 15 esistere. Lo studio del diritto coloniale ha fatto scoprire al giurista come il diritto preesistente abbia continuato a essere praticato in forme più o meno aperte dagli autoctoni e come l’espansione del diritto occidentale abbia incontrato resistenze locali che hanno prodotto la convivenza di più modelli in uno stesso spazio giuridico.

3. Il pluralismo nelle scienze sociali e nel diritto La scienza giuridica comincia a interessarsi di pluralismo mutuando il concetto da altre scienze sociali e umane. Legal Pluralism & Unofficial L., 37, 2002, spec. 39 ss. Per una prima ricognizione del dibattito sul tema cfr. R. SACCO, Introduzione al diritto comparato, IV ed., Torino, 1990, 13 ss. 12 Per un’efficace sintesi del dibattito italiano si veda A. GAMBARO, Alcune novità in materia di comparazione giuridica, in Riv. dir. comm., 1980, I, 297. 13 F. von BENDA-BECKMANN, Who’s Afraid of Legal Pluralism, cit., 37, lo definisce un “emotionally loaded debate”. 14 A. ALLOTT, G.R. WOODMAN, Introduction, in A. ALLOTT-G.R. WOODMAN (eds.), People’s Law and State Law, Dordrecht, 1985, 6. 15 Afferma, ad esempio, F.H. LAWSON, The Comparison: Selected Essays, Amsterdam, 1977, 17, che “Colonial governments, particularly in Africa, cannot allow innumerable systems of native law to develop in higgledy-piggledy fashion without guidance. The comparative lawyer may thus be able to lend a helping hand in moulding what may prove to be new national systems of public and private law in what are now our colonial territories”.

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In filosofia il termine è utilizzato dall’inizio del Novecento per designare la possibilità che uno stesso problema riceva soluzioni difformi, che una stessa realtà produca interpretazioni discordanti. Il pluralismo postula una molteplicità irriducibile dei punti di vista: “gli obiettivi umani sono molteplici, non tutti commensurabili e in 17 perpetua rivalità l’uno con l’altro” ; in questo si contrappone al monismo, inteso come visione di un sistema rigorosamente unitario in cui esiste un solo principio ultimo. Nelle scienze politiche le teorie pluraliste rifiutano la concezione tradizionale che mette al centro dell’analisi concetti come “stato” o “interesse pubblico”, poiché tale visione suppone un’unità di soggetti e di volontà e non riflette adeguatamente la molteplicità di scopi e interessi della vita politica; dando così il via, dalla metà del secolo scorso, a una profonda rivisitazione della teoria monistica dello Stato allora dominan18 te e gettando le basi per uno studio delle dinamiche dei gruppi organizzati . Gli studi storici, d’altra parte, mostrano un passato in cui diritti, regole e istituzioni convivevano al di fuori di ordini gerarchici e senza delimitazioni di competenze 19 chiaramente definite . Lo studio delle epoche del passato non serve solamente a descrivere tempi in cui coesistevano, senza un ordine gerarchico preciso, regole, corti e istituzioni, ma a revocare in dubbio che la nozione di sovranità statale sia adatta a descrivere realtà sociali complesse della modernità. La storia sembra insegnarci che il diritto è fenomeno plurale, lo è sempre stato e lo è ancora oggi. Per quel che riguarda gli studi giuridici, il tema del pluralismo è presente, almeno nella prima fase intorno agli anni settanta del secolo scorso, esclusivamente nell’antropologia giuridica e negli studi coloniali e post-coloniali, e indaga soprattutto i rapporti tra consuetudini locali e diritto ufficiale: di fronte all’esigenza di distinguere le regole applicabili ad autoctoni ed europei, il diritto coloniale spezza l’unicità della regola giuridica per riconoscere la vigenza di regole diverse per gruppi di destinata20 ri . Tuttavia ben presto ci si accorge che questa dimensione plurale non è una peculiarità degli stati coloniali, ma un tratto proprio del diritto, anche di quello occidenta21 le . Abbandonato l’esclusivo riferimento al diritto coloniale, l’espressione inizia così a essere utilizzata per descrivere la presenza simultanea di norme differenti e tra loro 22 confliggenti in uno stesso spazio . 16

W. JAMES, A Pluralistic Universe, New York, 1909. I. BERLIN, Quattro saggi sulla libertà, Milano, 1969, 235. 18 H.J. LASKI, Studies in the Problem of Sovereignty, New Haven, 1917; ID., Authority is the Modern State, New Haven, 1919; ID., The Foundations of Sovereignty and Other Essays, New York, 1921. Questo filone di studi si sviluppa soprattutto con P. ODEGARD, Pressure Politics: The Story of the Anti-saloon League, New York, 1928; P. Herring, Group Representation Before Congress, Baltimore, 1929; e in seguito con D. TRUMAN, The Governmental Process: Political Interests and Public Opinion, New York, 1951; e R.A. DAHL, Who Governs? Democracy and Power in an American City, New Haven, 1961; ID., Dilemmas of Pluralist Democracy: Autonomy vs. Control, New Haven, 1982. 19 Si veda, ad esempio, P. GROSSI, L’ordine giuridico medievale, Roma, 2008. 20 M.B. HOOKER, Legal Pluralism: An Introduction to Colonial and Neo-colonial Laws, Oxford, 1975. 21 J. VANDERLINDEN, Le pluralisme juridique: essai de synthèse, 19, in J. GILISSEN, Le Pluralisme Juridique, Bruxelles, 1971. 22 I primi contributi in tema di pluralismo giuridico si vedano J. GRIFFITHS, What Is Legal Pluralism?, 17

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Dalla fine degli anni ottanta la prospettiva pluralista fa il proprio ingresso anche negli studi di sociologia del diritto gettando le fondamenta per una riformulazione del rapporto tra diritto e società su basi nuove. Dal punto di vista definitorio, in una prima accezione c.d. debole, il pluralismo si realizza all’interno di un sistema giuridico unitario che contiene al proprio interno norme differenti per ciascun gruppo. Qui il conflitto è però solo apparente, perché esistono criteri per stabilire di volta in volta la regola applicabile a ciascun soggetto. In una seconda accezione più forte, il pluralismo delle regole riguarda gli stessi 23 destinatari, investiti da norme di comportamento potenzialmente confliggenti . È soprattutto con riferimento a questa seconda accezione che si sviluppa un importante filone di studi che mette in discussione alcuni assunti della scienza giuridica moderna, mostrando tutti i limiti di quella grandiosa operazione intellettuale e politica della 24 modernità che è la visione statalista e positivista del diritto . Ed è di questa che ci occuperemo in queste pagine. Va detto subito che il merito dello sviluppo della comparazione giuridica negli anni più recenti è anche dei tanti studi sul pluralismo giuridico, i quali hanno contribuito in modo decisivo a far superare i condizionamenti che l’analisi giuridica tradizio25 nale ha esercitato a lungo sulla scienza comparatistica . Lo stesso processo che ha condotto la comparazione giuridica a rivedere alcune convinzioni radicate in passato alla luce della prospettiva pluralista potrebbe oggi produrre frutti importanti se ripercorso al contrario: se cioè il dibattito sul pluralismo giuridico prestasse maggiore attenzione alle riflessioni della comparazione giuridica.

4.1. Il sistema delle fonti del diritto Come abbiamo sottolineato in precedenza, il dibattito sul pluralismo giuridico rivela talvolta difficoltà nella definizione di categorie, concetti, termini attraverso i quali esprimere la complessità di cui una visione pluralista dell’ordinamento giuridico si fa portatrice. Utilizzando esempi tratti dalla riflessione comparatistica, si intende dimostrare l’utilità che certi strumenti di analisi possono avere rispetto a molti dei temi trattati in 24, in J. Legal Pluralism & Unofficial L., 1, 986; L. FULLER, The Morality of Law, New Haven, 1969; M. GALANTER-D. LUBAN, Poetic Justice: Punitive Damages and Legal Pluralism, 42, in Am. U. L. Rev., 1393, 1993; R.C. Ellickson, Of Coase and Cattle: Dispute Resolution Among Neighbors in Shasta County, 38, in Stan. L. Rev., 623, 1986. Sulla dimensione globale v. G. TEUBNER, ‘Global Bukowina’: Legal Pluralism in the World Society, in G. TEUBNER (ed.), Global Law Without a State, Dartmouth, 1997; W. TWINING, Normative and Legal Pluralism: A Global Perspective, 20, in Duke J. Comp. & Int’l L., 473, 2010; P.S. BERMAN, Global Legal Pluralism, cit., 1155; R. MICHAELS, Global Legal Pluralism, cit., 243. 23 J. GRIFFITHS, What is Legal Pluralism?, cit., 1 ss.; E. EHRLICH, Grundlegung der Soziologie des Rechts, Munich, 1913. 24 Generalmente l’ingresso della nozione nella scienza giuridica è fatta risalire a M.B. HOOKER, Legal Pluralism: An Introduction to Colonial and Neo-colonial Laws, cit.; e J. GILISSEN, Le Pluralisme Juridique, cit. 25 In prospettiva didattica, suggerisce l’adozione del metodo comparatistico per la formazione di una mentalità pluralista, J. HUSA, Turning the Curriculum Upside Down: Comparative Law as an Educational Tool for Constructing the Pluralistic Legal Mind, 10, in German L.J., 913, 1009.

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letteratura. Per illustrare questa tesi faremo tre diversi esempi: le fonti del diritto, la classificazione dei sistemi e la circolazione dei modelli. Iniziamo con il primo. La descrizione tradizionale ammette che norme diverse forniscano soluzioni divergenti per fattispecie identiche; ammette cioè che un ordinamento giuridico possa contenere antinomie. Tuttavia tali antinomie sono solo apparenti e si governano attraverso le regole che presiedono alla composizione del sistema delle fonti. In tutti gli ordinamenti occidentali, le norme giuridiche sono generalmente strutturate secondo una combinazione di vincoli gerarchici, cronologici, di specialità. In 26 base al noto brocardo “lex superior derogat inferiori” , la norma gerarchicamente sovraordinata prevale su quella di rango inferiore. Nel caso di conflitto tra norme gerarchicamente equiordinate prevale quella proveniente da fonte successiva (anche qui un brocardo illustra il principio: “lex posterior derogat legi priori”). Infine, la norma speciale deroga alla generale (“lex specialis derogat legi generali”). Si tratta di principi ben noti che offrono un’immagine del rapporto tra fonti dell’ordinamento secondo un criterio di cooperazione e dell’ordinamento giuridico come unitario e coerente. Quanto a ciò che ciascun ordinamento considera fonte del diritto, nei sistemi continentali si è sempre insegnato, fin dall’età delle codificazioni, che fonte del diritto è solamente la legge e che l’unica regola sia quella legislativa, interpretata dal giudice e spiegata dall’accademico. Esiste una sola risposta al quesito giuridico, la quale trova fondamento nella legge ed è fedelmente ricostruita dalla dottrina ed applicata dalla giurisprudenza. Non è molto diverso in common law, dove pure le decisioni giudiziali 27 sono considerate fonti del diritto . L’idea che per una descrizione realistica di ciò che è diritto non ci si possa limitare all’analisi delle formulazioni legislative, e che le norme ufficiali riflettono solo in parte lo stato effettivo delle cose, è al centro della riflessione teorica sul pluralismo giuridi28 co (basti pensare al successo che riscuote la formula del “diritto vivente”) . Da questa realtà composita delle norme giuridiche discende che i comportamenti dei soggetti agenti sono il frutto di una dinamica complessa che deriva dall’interazione di norme giuridiche in senso stretto e di norme sociali. Esistono, accanto alle regole ufficiali, una serie di fenomeni giuridici (prassi, comportamenti, decisioni giudiziali, usi, condizioni generali di contratto) non formalizzati in proposizioni dotate di efficacia normativa, che tuttavia influenzano il diritto, lo creano al di fuori dei canali riconosciuti. L’esame delle norme ufficiali offre un quadro parziale e riduttivo della realtà e occorre focalizzare l’attenzione sul sistema delle fonti nella sua effettività; bisogna studiare il diritto in azione, non solamente quello descritto dai libri. Se questa constatazione ha portato, in una prima fase, a una rinno26

R. GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998, 121, li divide in quattro tipi: strutturali o formali, materiali, logiche, assiologiche. 27 Per una panoramica delle fonti di common law nella letteratura di lingua italiana si rinvia a G. CRISCUOLI, Introduzione allo studio del diritto inglese. Le fonti, Milano, 2000. 28 Il riferimento è ovviamente alle tesi di E. EHRLICH, Grundlegung der Soziologie des Rechts, cit. La letteratura sul tema è sterminata. In chiave critica, si vedano le considerazioni di L. MENGONI, Il «diritto vivente» come categoria ermeneutica, ora in L. MENGONI, Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996, 141.

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vata attenzione alla dimensione giurisprudenziale a lungo trascurata dal diritto continentale, le sue implicazioni vanno in realtà ben oltre lo studio della giurisprudenza.

4.2. La teoria dei formanti e i crittotipi Anche gli studi comparatistici rigettano la visione tradizionale del sistema delle fonti. Sistemi con soluzioni legislative identiche giungono a regole operative differenti e, ancora più spesso, accade il contrario, ossia che enunciati normativi differenti 29 diano luogo a esiti applicativi simili . Se in una prospettiva nazionale si può sempre parlare di errore da superare, ad esempio un’interpretazione sbagliata della norma legislativa da parte di una certa giurisprudenza (ed è qui che entra in gioco la funzione nomofilattica della Cassazione), non si può certo giungere alle stesse conclusioni quando si guardano ordinamenti giuridici diversi, posto che sarebbe insensato affermare che uno dei due sbaglia. Il comparatista non crede che la norma giuridica sia unica per ciascun ordinamento, non per ragioni di ordine teorico, ma più semplicemente perché la realtà si incarica di smentire simili assunti. Più interpretazioni confliggenti di una stessa disposizione di legge sono tutte importanti: non possiamo considerare uguali sistemi giuridici nei quali vi siano diverse interpretazioni giudiziali o spiegazioni dottrinali, e neppure se divergono enunciazioni e criteri di decisione. Occorre cercare tutto ciò che concorre a creare diritto. Utilizzando la terminologia che Rodolfo Sacco introduce nel dibattito giuridico mutuandola dalla linguistica, occorre tenere nel giusto conto tutti i “formanti”, posto che tutto ciò che crea diritto 30 è rilevante . Bisogna esaminare la regola legale e quella che la dottrina declama in astratto e correda di esempi concreti, la regola enunciata in massima e quella effettivamente applicata dalla giurisprudenza. Ordinamenti in cui soluzioni uguali sono spalleggiate da rationes diverse non possono considerarsi equivalenti perché le motivazioni sono capaci di incidere sul modo in cui si intende la regola e la distinzione non può essere ignorata, se non a prezzo di considerare identiche realtà differenti. Soprattutto, questa visione rigetta il principio di non contraddizione del tradizionale sistema delle fonti e individua nel paradigma competitivo l’interazione tra le regole. La relazione tra i formanti è frutto, infatti, di un gioco competitivo che mal si 31 adatta a essere descritto secondo uno schema di tipo gerarchico e cooperativo .

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K. ZWEIGERT-H. KÖTZ, Introduzione al diritto comparato, vol. I, Milano, 1988, 44, affermano il principio euristico della cd. praesumptio similitudinis, ossia la presunzione che le soluzioni pratiche sono analoghe. Proposizioni di sintesi e concettualizzanti mostrano regole estreme, senza punti di contatto. Le regole operazionali ricevono spiegazioni e qualificazioni molto diverse, spesso occultando la sostanziale uniformità delle soluzioni. Le regole di dettaglio prediligono soluzioni intermedie. 30 R. SACCO, Introduzione al diritto comparato, cit., 47 ss. Le tesi proposte da Sacco hanno avuto vasta eco fuori dall’Italia. Si vedano, sul punto, A. GAMBARO-R. SACCO-L. VOGEL, Le droit de l’occident et d’ailleurs, Paris, 2011, 3 ss.; R. SACCO, Legal Formants. A Dynamic Approach to Comparative Law. (Parts I and II), 39, in Am. J. Comp. L., 1, 343, 1991. 31 Cfr. U. MATTEI-F. PULITINI, Modelli competitivi, regole giuridiche ed analisi economica, Quadrimestre, 1990, 77 ss.

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Alcuni dei formanti, poi, sono impliciti, ma non per questo meno importanti, anzi. I linguisti hanno provato a studiare le regole implicite (Sacco parla, sempre sulla scorta della linguistica, di “crittotipi”) e hanno scoperto che sono queste ultime gli elementi più stabili di una lingua: criteri non verbalizzati di decisione che spesso determinano una divergenza tra regola enunciata e soluzioni applicative. La teoria della dissociazione in formanti pone l’accento sulla dimensione implicita, inespressa del diritto, respinge una lettura monolitica e indifferenziata dell’ordinamento giuridico e scardina visioni fondate sul solo diritto legislativo (ma anche sul solo diritto giurisprudenziale). Anche qui rilievi nati nelle c.d. società primitive trovano applicazione come principio esplicativo per le società c.d. moderne. L’angolo visuale della comparazione giuridica aiuta a cogliere questi dati, perché spesso ciò che è tacito in un sistema è manifesto in un altro, e questo consente al giurista attento di scoprire l’esistenza di un certo elemento anche dove non sia espressamente verbalizzato. Il numero dei formanti e la loro importanza comparativa varia da un ordinamento all’altro; la verifica del peso di ciascuno di essi è difficilmente verbalizzabile e quantificabile ma è un dato caratterizzante di ciascun sistema. Per comprendere come funziona un ordinamento occorre, pertanto, verificare la distanza tra formanti.

5.1. Luci e ombre delle prime classificazioni dei sistemi giuridici Un secondo esempio riguarda la classificazione degli ordinamenti giuridici. Lo scopo di classificare è quello di ordinare una massa indistinta di dati in un ordine comprensibile al fine di facilitare la ricerca (ad esempio, attraverso lo studio degli ordinamenti rappresentativi). Per farlo è necessario identificare le linee di tendenza che ricorrono nelle diverse esperienze giuridiche così da distinguere taluni modelli cui gruppi di ordinamenti sembrano ispirarsi, anche se differenziandosi più o meno accentuatamente l’uno dall’altro (c.d. caratteri sistemologici). Di per sé l’operazione teorica di raggruppare gli ordinamenti giuridici a scopi classificatori presenta criticità importanti dal punto di vista del pluralismo: perché è portata a considerare i singoli sistemi giuridici come unitari e coerenti al proprio interno e perché, dovendo individuare tratti comuni sulla base dei quali ordinarli, tende a valorizzare le comunanze rispetto alle diversità. Inoltre, i primi tentativi di classificazione dei sistemi giuridici risentono in modo evidente della prospettiva degli autori che li formularono e del clima culturale dell’epoca. È nota la critica nei confronti degli studi comparatistici espressa da Sally Falk Moore. Il diritto comparato – ella osserva – non ha un approccio pluralista, è concentrato sui diritti occidentali, dedica scarsa attenzione al resto del mondo, ed è spesso percorso da un pregiudizio nei confronti dei sistemi non occidentali, visti come pre32 moderni . 32

Infine, si preferisce la studio all’indagine sul campo. Così S. FALK MOORE, Legal Systems of the World: An Introductory Guide to Classifications, Typological Interpretations, and Bibliographical Resources, in L. LIPSON-S. WHEELER (eds.), Law and the Social Sciences, New York, 1986, 11 ss.

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Se tutto questo è vero, va però riconosciuto anche ai primi tentativi di classificazione il merito di avere sostituito a una descrizione dei sistemi di stampo positivistico, basata sulle regole vigenti o sulle fonti del diritto (ad esempio la suddivisione tra sistemi di diritto codificato o meno), uno sforzo di individuazione degli elementi relativamente permanenti dei sistemi. Le giuste osservazioni critiche di una certa lettera33 tura hanno forse oscurato la portata innovativa di questi tentativi . Le differenze più profonde non sono quelle più appariscenti, ma quelle di lungo periodo, che riguardano la mentalità, i processi logici dell’interprete, il modo di legittimazione del potere, i valori incorporati nel sistema, l’apparato concettuale e il significato dei termini, il modo in cui sono le regole ordinate e i metodi impiegati per stabilirne il senso. Su tutto questo l’autorità del legislatore è limitata. Non è vero, come diceva von Kirchmann, che bastano tre parole del legislatore per mandare al macero intere biblioteche. Il legislatore agisce sulle leggi, ma gli ordinamenti non sono solamente regole (né tantomeno sono solamente regole legislative). Il fenomeno giuridico – ci insegna la sistemologia  è più complesso. Le leggi possono cambiare, ma vi sono elementi sottostanti, legati alla nostra civiltà e mentalità, che non possono essere arbitrariamente modificati. Questi rilievi sono la chiave di volta per ogni tentativo di classificazione, perché se è vero che la diversità tra ordinamenti è irriducibile dal punto di vista delle regole, essa è molto minore se si prendono in considerazione elementi più fondamentali e stabili: le regole variano, ma i modi di esprimerle, di interpretarle, di classificarle, i metodi di ragionamento per comprenderle e applicarle, sono relativamente limitati. Pur risentendo del clima dell’epoca, dunque, la sistemologia si distacca presto dalla visione tradizionale del diritto. Vi è già in queste prime classificazioni un parziale superamento dei paradigmi dominanti della scienza giuridica occidentale, soprattutto di quell’epoca: il rigetto di una visione dell’ordinamento giuridico monista, ossia coerente al proprio interno, statocentrica e positivistica (è diritto ciò che è creato o rico34 nosciuto tale dallo Stato) . L’individuazione dei dati rilevanti del sistema giuridico a fini classificatori si muove al di fuori dello schema positivistico, perché quel modello non è in grado di cogliere la complessità del reale. Il grande merito delle più note proposte classificatorie è proprio quello di aver individuato questi elementi sistemologici, tralasciando dati più appariscenti ma storicamente meno stabili. Se l’attenzione alla dimensione storica, propria del diritto comparato fin dalle sue origini, ha impedito derive di tipo positivistico, l’avvicinamento alla sociologia del di35 ritto ha ampliato il quadro e messo al centro il ruolo del diritto nella società . Di 33

Il riferimento è, tra le altre, alle proposte classificatorie di R. DAVID-C. JAUFFRET-SPINOSI, I grandi sistemi giuridici contemporanei, Padova, 2004; K. ZWEIGERT-H. KÖTZ, Introduzione al diritto comparato, cit. 34 W. TWINING, Globalisation and Legal Theory, London, 2000, 232. 35 D. NELKEN, Using the Concept of Legal Culture, 29, in Austl. J. Leg. Phil., 1, 2004: “Legal culture, in its most general sense, is one way of describing relatively stable patterns of legally oriented social behaviour and attitudes. The identifying elements of legal culture range from facts about institutions such as the number and role of lawyers or the ways judges are appointed and controlled, to various forms of be-

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questo spostamento è testimonianza anche la scelta terminologica di utilizzare l’espressione “tradizioni”, in luogo di “famiglie”, e di “culture” anziché “sistemi”, sulla falsariga delle ricerche antropologiche che mettono in luce la dimensione normativa di ogni cultura e l’esistenza di culture diverse all’interno dello stesso spazio giuridi36 co . Non si tratta soltanto di una scelta stilistica, ma di un mutamento di prospettiva che si svolge su coordinate simili alla riflessione sociologica e antropologica. Lo testimonia bene in apertura del suo “The Civil Law Tradition”, John Merryman, quando definisce “tradizione giuridica” in contrapposizione a “sistema giuridico”. Mentre il sistema è l’insieme delle istituzioni giuridiche, procedure e regole, la tradizione è molto di più: è un “insieme di atteggiamenti, profondamente radicati e storicamente condizionati, sulla natura del diritto, sul ruolo del diritto nella società e nel sistema politico, sull’organizzazione e il funzionamento del sistema giuridico e sul modo in cui il diritto è e dovrebbe essere creato, applicato, studiato, perfezionato e insegnato (…) la tradizione giuridica connette il sistema giuridico alla cultura di cui è parziale 37 espressione; mette il sistema giuridico in una prospettiva culturale” . Con sfumature diverse, anche altri approcci tradizionali, pur oggetto di serrate critiche, mostrano la 38 stessa sensibilità alla poliedricità e alla complessità dei sistemi giuridici .

5.2. I sistemi misti L’espressione “tradizione” è preferita ad altre perché non risponde alla logica binaria della razionalità occidentale, ammette la complessità e la contraddizione e ac39 coglie soluzioni apparentemente inconciliabili . È questo che la distingue, non solamente da “sistema”, termine connotato da una razionalità di tipo sistematico e orientato innanzitutto a una coerenza interna, ma anche  secondo alcuni autori  da “cultura”, espressione considerata oltre che vaga e ambigua, anch’essa frutto della stessa tradizione occidentale: ragionare per sistemi o per culture sarebbe frutto di una visione esclusivamente occidentale e impedirebbe di cogliere ciò che sta al di fuori da 40 essa . In letteratura l’espressione “tradizione” ha lo scopo di rigettare l’impostazione haviour such as litigation or prison rates, and, at the other extreme, more nebulous aspects of ideas, values, aspirations and mentalities. Like culture itself, legal culture is about who we are not just what we do.” Una definizione diversa è quella di C. VARGA, Legal Traditions? In Search for Families and Cultures of Law, in 46 Acta Juridica Hungarica, 177, 2005: “[…] the term ‘legal cultures’ […] stands for an operative and creative contribution, through social activity rooted in underlying social culture, to express how people experience legal phenomenon, conceived as a kind of objectified potentiality, how and into what they form it through their co-operation, how and in what way they conceptualise it, and in what spirit, frame and purpose they make it the subject of theoretical representation and operation” . 36 M. Van HOECKE-M. WARRINGTON, Legal Cultures, Legal Paradigms and Legal Doctrine: Towards a New Model for Comparative Law, 47, in International & Comparative Law Quarterly, 495, 1998. 37 J.H. MERRYMAN-R. PÉREZ-PERDOMO, The Civil Law Tradition. An Introduction to the Legal Systems of Europe and Latin America, III ed., Stanford, 2007, 2 (traduzione mia). 38 V. supra, nota 33. 39 Cfr. M. KRYGIER, Law as Tradition, 5, in Law and Philosophy, 237, 1986. 40 H.P. GLENN, Legal Traditions of the World, III ed., Oxford, 2007.

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pan-positivistica di molti studi, a favore di ciò che è stata definita una “diversità so41 stenibile” delle tradizioni giuridiche, basata sul mutuo riconoscimento . Al contrario della nozione di sistema, la quale, proprio a causa dell’intrinseca valenza escludente, avrebbe spinto il modello occidentale a rapportarsi con le altre tradizioni attraverso le leggi di conflitto. In questa prospettiva la tradizione non è intesa come qualcosa di immutabile, resistente all’innovazione e rivolta al passato, ma ammette il mutamento e possiede una dimensione vitale. Essa è un insieme di informazioni tramandate dal passato alle quali una comunità attinge in modo selettivo e creativo per rispondere alle proprie esigenze, e ha, dunque, un contenuto normativo importantissimo, spesso sottovalutato a causa del modo talvolta oscuro e sotterraneo con cui tale dimensione opera. Le più recenti proposte classificatorie considerano il diritto come la risultante di 42 forze diverse e rigettano una visione convergente delle tradizioni giuridiche . L’unica 43 caratteristica comune alle diverse tradizioni è il loro pluralismo . La purezza del diritto e la sua uniformità sono due miti che la realtà si incarica di smentire e la scienza comparatistica di spiegare. La coesistenza di regole giuridiche diverse e in contrasto tra loro all’interno dello stesso spazio è un fatto comune, e non riguarda solo quegli ordinamenti che hanno conosciuto la colonizzazione o i c.d. “sistemi misti”, frutto delle influenze delle tradizioni giuridiche occidentali di civil law e common law (Quebec, Scozia, Israele). La riconsiderazione dei sistemi come misti va ben oltre la realtà degli ordinamenti che hanno conosciuto il colonialismo o che siano comunque il frutto della contaminazione di esperienze giuridiche diverse. Anche il giudizio sui diritti occidentali cambia, dunque, con l’affermarsi della convinzione che 44 le società moderne siano anch’esse pluraliste . In tutti i sistemi – si osserva  si è realizzata una mescolanza di modelli differenti. L’Europa è soggetta fin dal Medioevo a varie influenze (il diritto romano e quello canonico, ma anche consuetudini locali e lex mercatoria): nessuno degli ordinamenti eu45 ropei può considerarsi puro . La creazione di uno spazio comune europeo nel corso del ventesimo secolo non ha fatto altro che dare forme nuove a un processo da sem46 pre in atto . 41

La nota espressione è di H.P. Glenn. Dello stesso Autore si veda anche Id., Are Legal Traditions Incommensurable, 49, Am. J. Comp. Law, 133,2001. 42 Cfr. J. HUSA, Classification of Legal Families Today. Is It Time for a Memorial Hymn?, 56, in Revue internationale de droit comparé, 2004, 11; U. MATTEI, Three Patterns of Law: Taxonomy and Change in the World’s Legal Systems, 45, in Am. J. Comp. Law, 5, 1997. 43 W. MENSKI, Comparative Law in a Global Context, II ed., Cambridge, 2006. 44 Uno studio condotto dall’Università di Ottawa di qualche anno metteva in luce il fatto il carattere misto di moltissimi sistemi giuridici (e la stima di quello studio potrebbe essere rivista verso l’alto). I risultati di questo studio sono riportati in N. MARIANI-G. FUENTES, Les systèmes juridiques dans le monde / World Legal Systems, Montreal, 2000. Secondo questo studio, tra i sistemi analizzati novantadue sarebbero misti, novantasei appartenenti alla tradizione di civil law, quarantadue a quella di common law. Tuttavia molti sistemi africani, dove pure è forte il diritto consuetudinario, sono classificati come appartenenti alla tradizione di civil law. 45 R. ZIMMERMANN, Roman Law, Contemporary Law, European Law: The Civilian Tradition Today, Oxford, 2001, spec. 159. 46 Cfr. J. SMITS, A European Private Law as a Mixed Legal System. Towards a Ius Commune through

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L’ibridazione è, dunque, un tratto essenziale di tutte le culture giuridiche. La diversità è propria di tutti i sistemi giuridici, i quali sono il frutto di evoluzioni storiche 47 in cui si incontrano influenze disparate. Tutti i sistemi giuridici sono misti . Tramonta così definitivamente la considerazione dei sistemi misti come eccezione rispetto alla regola dei sistemi c.d. “puri”. E si supera l’enfasi posta sulla dicotomia civil law – common law, a cui molte proposte di classificazione riconducevano, con qualche forzatura, la maggior parte degli ordinamenti; si recuperano le differenze all’interno di queste due “famiglie”; si mette in discussione la centralità attribuita al diritto privato nel tracciare questa distinzione. La ricca riflessione sistemologica sviluppatasi all’interno degli studi comparatistici sui c.d. sistemi misti si apre ai diritti non statali, rimette in discussione la coerenza interna dei diritti oggetto di classificazione, e fornisce spunti preziosi per il giurista.

6.1. I trapianti giuridici Nell’indagare i sistemi giuridici, il diritto comparato incontra la diversità. Tale diversità, a differenza di quella del reale, è superabile attraverso l’imitazione (e l’imitazione – si osserva  determina uniformazione). Una delle conquiste teoriche più importanti della scienza comparatistica è lo studio di queste dinamiche circolatorie at48 traverso la teoria dei trapianti giuridici . Il tema dei “trapianti giuridici” è strettamente legato a quello della classificazione degli ordinamenti, posto che identificare processi di diffusione impone una mappatura, anche implicita, dei sistemi giuridici. Il diritto circola e le soluzioni giuridiche si diffondono. Anche su questo punto gli studi sul pluralismo giuridico sono (almeno in parte) in sintonia con i risultati cui giunge la scienza comparatistica. Se è vero – come abbiamo visto nel paragrafo precedente – che non esistono sistemi giuridici puri, allora il trapianto di norme non è un fenomeno episodico e circoscritto, ma frequente, costante. I primi studi comparatistici sul tema si confrontano con l’idea, condivisa da tradizioni di pensiero anche molto distanti tra loro, secondo cui il diritto è il prodotto di una certa realtà locale: il diritto riflette la società (c.d. “teoria dello specchio”). Secondo questa prospettiva, il diritto cambierebbe in risposta a forze esterne, riflettendo le relazioni sociali di ciascuna società, l’ideologia di un certo momento, l’interesse della the Free Movement of Legal Rules, 5, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 328, 1998. 47 V.V. PALMER, Mixed Legal Systems … and the Myth of Pure Law, 67, in La. L. Rev., 1205, 2007; ID., Two Rival Theories of Mixed Legal Systems, vol. 12.1, in Electronic Journal of Comparative Law, (May 2008), in http://www.ejcl.org/121/art121-16.pdf. 48 La terminologia utilizzata per descrivere la circolazione del diritto è varia, e ogni scelta terminologica sottende giudizi in ordine ad alcuni caratteri che si ritengono più rilevanti. Si parla, oltre che di trapianti giuridici, di ricezione, circolazione, importazione, esportazione, trasposizione, trasferimento, espansione, imposizione, e la lista potrebbe continuare. Negli studi sul pluralismo giuridico il termine più ricorrente è “diffusione”. Per un’eccellente ricognizione del tema dalla prospettiva pluralista v. W. TWINING, Diffusion of Law: A Global Perspective, 49, in J. Legal Pluralism & Unofficial Law, 1, 2004.

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classe dominante. Vi sarebbe, in altre parole, una corrispondenza biunivoca tra istanze sociali e variazioni delle norme giuridiche. Montesquieu mette in luce l’importanza 49 dei fattori ambientali, geografici, socio-economici, culturali e politici . Secondo la visione marxista il diritto evolverebbe sempre sotto la spinta di impulsi economici, in base al gioco dialettico di classi antagoniste, e si risolverebbe nell’insieme delle regole coercitive imposte con la forza dalla classe al potere per assicurarsi la disciplina nei rapporti di produzione e di scambio. Da tradizioni diverse, una prospettiva simile si trova in altri giuristi in varie epoche: nel Volkgeist di cui parla Savigny, nel pensiero di Jhering e di Roscoe Pound. Tutti questi autori, e molti altri, sono accomunati dalla convinzione che le trasformazioni nel campo del diritto siano in larga parte il frutto di una risposta a circostanze di ordine sociale, economico, politico, geografico, religioso. Ripercorrendo la storia, gli studi di comparazione giuridica scoprono invece che il diritto non sempre rispecchia lo spirito del popolo o delle classi al potere: al contrario, molte regole sono contrarie a credenze morali, bisogni e desideri di una società, 50 né sono funzionali agli interessi di soggetti specifici . Strettamente legata a questa prima, è una seconda “scoperta” degli studi comparatistici: che la circolazione di soluzioni giuridiche è fenomeno molto comune ed è anzi la più fertile fonte di sviluppo del diritto. La nascita di un modello è molto più rara di quanto non lo sia l’imitazione. La maggior parte dei cambiamenti sono dovuti ad imitazione piuttosto che ad innovazioni originali determinate da effettive necessità sociali. Il diritto circola facilmente perché non così profondamente legato alla realtà 51 in cui nasce .

6.2. La diffusione del diritto In una prima fase degli studi comparatistici, tuttavia, l’idea che ogni sistema giuridico sia un insieme di modelli di varia provenienza, in cui pochi sono originali e molti sono imitati, è stata generalmente declinata secondo una prospettiva che riflette la centralità del modello occidentale. La versione tradizionale della teoria dei trapianti giuridici si basa su alcuni assunti: innanzitutto, una visione dei fenomeni di circolazione in cui si trovano sempre un esportatore e un importatore identificabili (generalmente stati nazionali) secondo uno schema unidirezionale e collocabile in un preciso momento storico. Al centro di questo schema stanno, sul piano dei soggetti, organi dello Stato e, dal punto di vista dell’oggetto, norme giuridiche positive (spesso codici o interi corpi normativi), trapiantate in modo volontario e consapevole. Gli esempi addotti riguardano quasi sempre 49

C. MONTESQUIEU, De l’Esprit des Lois, 1748, I, 3. A. WATSON, Evoluzione sociale e mutamenti del diritto, Milano, 2006, 1 ss. A supporto della propria tesi Watson utilizza esempi di norme palesemente dannose non solo per la società in generale, ma anche per le classi al potere. Gli esempi sono tratti dal diritto romano e dal diritto inglese. 51 A. Watson, Legal Transplants: An Approach to Comparative Law, Edinburgh, 1974; Id., Legal Change: Sources of Law and Legal Culture 131 Univ. Penn. L.R. 1121 (1983). 50

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un paese esportatore di civil law o common law e un importatore non occidentale e analizzano il fenomeno dalla prospettiva (occidentale) di chi esporta. Molti di questi assunti sono stati posti in discussione negli ultimi anni. La diffusione del diritto – ci si è accorti  avviene in modo meno pianificato di quanto il modello tradizionale lasci intendere. Non sempre sono gli attori di un ordinamento giuridico a imitare consapevolmente un altro modello; non sempre organi ufficiali dello Stato sono coinvolti; quasi mai il modello importato mantiene la pro53 pria identità . La circolazione di un modello spesso non è pianificata dall’alto in precise occasioni storiche chiaramente identificabili, ma è fenomeno fisiologico, non circoscritto temporalmente, senza uno schema unidirezionale che identifichi in modo netto importatori ed esportatori. Spesso non è clamoroso, non agisce su larga scala, ma riguarda micro fenomeni. Occorre, dunque, riconsiderare l’unidirezionalità dei flussi giuridici, i cui percorsi sono spesso meno lineari di quanto una certa letteratura lasci intendere. L’imitazione può essere selettiva e ispirarsi a realtà differenti, costruendo così qualcosa che non ha riferimenti precisi in nessun altro ordinamento (è così, ad esempio, per le compilazioni modello a livello europeo e internazionale). Chi accoglie 54 modifica, adatta, reiventa, secondo dinamiche che sfuggono all’esportatore . Questo appare maggiormente evidente per chi legge il fenomeno da una prospettiva non oc55 cidentale . A circolare è certamente il diritto formalmente vigente in un dato ordinamento giuridico, ma anche idee, concetti, mentalità, ideologie, principi, credenze. La diffusione può avvenire attraverso la ricezione formale di un modello, ma più spesso in forme sotterranee e ufficiose. Basti pensare all’impatto di coloni, missionari e mer56 canti, ai giuristi emigrati durante la Seconda guerra mondiale , ai tanti studenti che viaggiano e studiano in altri paesi e al loro ruolo attivo nella circolazione di idee e soluzioni. I sistemi di influenza sono reciproci e si muovono su vari livelli, non solamente da ordinamento statale a ordinamento statale. Molte regole, ad esempio, sono incorporate sotto forma di diritto internazionale negli stessi sistemi giuridici che ne hanno ispirato le soluzioni; e, tanto nell’arena internazionale quanto a livello locale, operano una molteplicità di attori che influenzano la produzione, l’interpretazione, l’applicazione del diritto. La somma di questi micro eventi, non registrati dalle cronache ufficiali, non con52

Per un esame dei flussi giuridici nella direzione opposta cfr. P. SHAH, Globalisation and the Challenge of Legal Transplants in Europe, Singapore J. Legal Stud. 348 (2005); P. SHAH-W. MENSKI (eds.), Migration, Diasporas and Legal Systems in Europe, London, 2006. 53 Con riferimento al diritto europeo, si rimanda alle considerazioni critiche di G. TEUBNER, Legal Irritants: Good Faith in British Law or How Unifying Law Ends Up in New Divergences, 61, in Modern Law Rev., 11, 1998. 54 E.M. ROGERS, Diffusion of Innovations, IV ed., New York, 1995. 55 M. CHIBA, Legal Pluralism: Towards a General Theory through Japanese Legal Culture, Tokyo, 1989. 56 Cfr. V. CURRAN, Cultural Immersion, Difference and Categories in U.S. Comparative Law, 46, in Am. J. Comp. L., 43, 1998v. anche il numero monografico dedicato all’influenza di Savigny sul modello nordamericano, Savigny in Modern Comparative Perspective, 37, in Am. J. Comp. L., 1, 1989.

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sacrati in provvedimenti ufficiali, non immediatamente evidenti all’osservatore, agiscono costantemente sui sistemi giuridici, plasmandoli e rimodellandoli in modo continuo e ininterrotto. L’idea di una rete di influenze reciproche e costanti tra tradizioni giuridiche modifica il modo in cui si concepisce il rapporto tra ordinamenti giuridici: non più secondo un paradigma di tipo conflittuale, in base alla logica che presiede al diritto internazionale privato (norme di conflitto, appunto), ma in conseguenza di altri schemi, che di volta in volta possono atteggiarsi diversamente: cooperazione, complementa57 rietà, imitazione, repressione, eccetera . Gli studi comparatistici più attenti e recenti riflettono questo spostamento di pro58 spettiva .

7. Conclusioni L’universo giuridico si manifesta in modo multiforme. Esistono ordini giuridici autonomi rispetto ai quali lo Stato non sempre si trova in posizione di preminenza; esistono regole e istituzioni create da attori privati; esistono diritti transnazionali e internazionali, ma anche consuetudini locali, regole di derivazione religiosa, culturale e corporativa, prassi negoziali. Tutto questo non è affatto ridotto ad unità dall’esistenza di principi superiori e ciascun ordine ha un proprio ambito di applicazione, in parte sovrapposto e confliggente con gli altri, ed esprime proprie regole. La pluralità di ordini giuridici diversi che interagiscono nello stesso spazio al di fuori di regole gerarchiche chiare, sovrapponendosi e non di rado entrando in conflitto, non può essere spiegata secondo le vecchie logiche. A dispetto di tutto questo, continua a riscuotere grande successo una visione semplicistica del fenomeno giuridico. Se nelle riflessioni di diritto interno la giuridicità seguita a essere declinata secondo le forme consuete della legalità statalista, è soprattutto a livello globale – in cui pure dovrebbe essere più immediato il riconoscimento della dimensione pluralista del diritto  che si segnala la persistenza di vecchi modelli esplicativi inadatti a descrivere la realtà complessa che ci circonda. Le proposte più ascoltate, anche a livello politico, continuano a fare riferimento a modelli superati, guardano al diritto come prodotto isolato dalla cultura e dalle dinamiche sociali, liberamente trasponibile da una realtà a un’altra per risolvere problemi 59 in base a soluzioni che – si assume – hanno avuto successo altrove . 57

Definisce questo fenomeno “interlegality”, B. DE SOUSA SANTOS, Toward a New Legal Common Sense: Law, Globalisation and Emancipation, London, 2002. 58 Cfr. il numero monografico di Theoretical Inquiries in Law, vol. 10, n. 2, dedicato a “Histories of Legal Transplantation”, in http://www.law.tau.ac.il/Eng/?CategoryID=255&ArticleID=404. 59 Il riferimento è alle tesi del c.d. Legal Origins, su cui si veda R. LA PORTA-F. LOPEZ-DE-SILANES-A. SHLEIFER, The Economic Consequences of Legal Origins, 46, in J. Econ. Lit., 285, 2008. Per una ricognizione delle opinioni in materia si rimanda al Symposium on Legal Origins pubblicato sull’American Journal of Comparative Law 57 Am. J. Comp. L. 765 (2009) e quello, oggetto di pubblicazione nello stesso anno, su 59 Toronto L.J. (2009). In particolare, si veda la risposta francese alle conclusioni del Legal Origins. Cfr. B. FAUVARQUE-COSSON-A.J. KERHUEL, Is Law an Economic Contest? French Reactions to the Doing

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Si tratta di una visione povera e ingenuamente strumentalista del rapporto tra diritto e società, che pone al centro l’efficienza del sistema e individua come medicina un diritto inteso come strumento di modernizzazione per la soluzione di problemi comuni. Non si tratta solamente di riconoscere l’esistenza dei fenomeni descritti in queste pagine, ma di modificare il punto di partenza dell’analisi giuridica. Occorre prendere il via dalla dimensione plurale del diritto, piuttosto che accoglierla come l’eccezione all’interno di un modello monista di tipo statale e di un ordine internazionale descritto secondo vecchi modelli. Si tratta di passare dal diritto statale al pluralismo giuridico globale. Di fronte a ricette semplicistiche che codificano i sistemi in modo netto su assunti spesso discutibili, li mettono in graduatoria e trovano rapporti causa effetto tra norme e risultati, riportare alla complessità del dato di realtà è operazione intellettualmente necessaria, anche se finora di scarso successo pratico. Data l’eco che queste letture ricevono nelle istituzioni internazionali, non si tratta solamente di una battaglia accademica, ma delle politiche cui si ispireranno negli anni a venire molte realtà del mondo.

Businesses World Bank Reports and Economic Analysis of the Law, 57 Am. J. Comp. L. 811 (2009). I Report di Doing business sono disponibili online in http://www.doingbusiness.org.

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