Salerno contemporanea

May 27, 2017 | Autor: Giuseppe D'angelo | Categoria: Local History, Local and regional history, Salerno, Storia Provincia Salerno
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GIUSEPPE D'ANGELO

SALERNO CONTEMPORANEA

l •

'

'

Estratto da: PROSPETTIVE SETTANTA 2-3-4/1987

GUIDA EDITORI

Salerno contemporanea r. Premessa

A cavallo della II guerra mondiale Salerno presenta ancora le caratteristiche proprie di una città dalle dimensioni abbastanza modeste. Con soli 69 mila abitanti, ~el 1936, rimane come « prigioniera » del territorio stesso sul quale si estende, racchiusa dalla cerchia delle colline, dal fiume Irno e dal mare. Le attuali via Silvio Baratta e via lrno chiudono a sud-est la città, presentandosi come un'unica funzionale strada di circumvallazione 1• Proprio in quegli anni il piano redatto dall'ingegnere Camillo Guerra pone le premesse per il dilagante sviluppo degli anni '50 e '6o. Il successivo Piano regolatore e di risanamento, redatto due anni dopo dall'architetto Alberto Calza Bini, funge da raccordo tra la volontà di espansione mostrata dal regime e il destino della città antica. Il Piano prevede sia interventi di espansione di Salerno verso oriente sia un più generale criterio di riassetto della città esistente. Non è un'idea nuova. Era già stata avanzata dal sindaco Matteo Luciani vent'anni prima 2 • Mentre il disegno di Matteo Luciani ha, però, un intento meramente espansivo, e si colloca all'interno di un generale progetto urbano

1 Sulla vicenda urbanistica salernitata cfr. Un secolo in progetto, a cura di Giovanni Giannattasio, Salerno 1983, e inoltre I944 Salerno Capitale, a cura di Massimo Mazzetti e Nicola Oddati, Salerno 1984- È,. inoltre, di recentissima pubblicazione il volume di Matteo Della Corte, Salerno tra cronaca e storia, Salerno 1987, che ricostruisce attraverso la pubblicazione di parte del ricco archivio fotografico dell'autore, un sessantennio di vita della città, dalla fine dell'ottocento all'alluvione del 1954. 2 Pasquale Natella, Situazione urbana anteguerra in 1944 Salerno Capitale cit., p. 19.

Pro.rpettitJe settanta,

n.~.

IX ( 1987), n. 2-3-4.

Giuseppe D'Angelo che caratterizza tutta l'Italia umbertina, questo di Alberto Calza Bini prevede con più esplicita consapevolezza l'espansione della città secondo criteri di disposizione gerarchica. All'interno del progetto, infatti, si può leggere una esplicita idea di sistemazione urbana: tre fasce, quasi parallele alla costa, segnano lo sviluppo e, ad un tempo, la gerarchizzazione della città e dei suoi abitanti. Su una prima fascia, lungo il mare, vengono previste le «ville dei ceti più abbienti della borghesia terriera; sulla fascia intermedia gli edifici abitativi per gli intellettuali e la burocrazia, ed in quella più a monte e più lontana dalle linee di vita urbana, i casali per le classi popolari, posti a ridosso delle colline, esse stesse coltivate, e dei flussi di traffico verso l'interno» 3 • In questo progetto si riconosce l'idea tradizionale e di lungo periodo di una città sostanzialmente legata al suo sito originario, del quale cerca di mantenere intatte le dimensioni e le caratteristiche. All'interno di questo ambito territoriale si nota un tentativo di specializzazione per aree, relativamente alle funzioni economico-sociali. Si cerca, insomma, di «riflettere negli sforzi operativi e negli spazi residenziali le articolazioni e gerarchie, gli scontri e contraddizioni con cui si esprime la società capitalistica» 4 • Anche le opere di riorganizzazione e di ristrutturazione della parte più antica della città, quella comprendente Piazza Portanova e via dei Mercanti, erano subordinate alla logica dell'urbanistica di regime e dovevano essere abbattute e ricostruite secondo i canoni del Piano Guerra e della «Nuova città giardino» S, pagando in tal modo «lo scotto delle velleità della nuova città» 6 • La ~guerra con il suo corteo di rovine 7 , la ricostruzione e, poi, lo sviluppo caotico degli anni '6o sconvolgono completamente i piani gerarchici dell'urbanistica fascista; la città rapidamente cambia volto, si pone grandi obiettivi.

Alberto Cuomo, Città, piano, progetto in Un secolo in progetto cit., p. 35· Cfr. Lucio Gambi, Da città ad area metropolitana in Storia d'Italia, Torino 1980, vol. v, tomo I, p. 387. Più in generale, sulle connessoini tra forme urbane, interventi regolatori e sviluppo capitalistico cfr., almeno, Italo Insolera, L'urbantstica in Storia d'Italia, Torino 1973, vol. v; Marcel Roncajolo, Città in Enciclopedia, Torino 1978 e, dello stesso autore, Territori in Enciclopedia cit., vol. xrv; Leonardo Benevolo, L'architettura delle città nell'Italia contemporanea, Bari 1970. s Cfr. A. Cuomo, op. cit., p. 34· 6 Enrico Crispolti, Mkrostoria visiva e destino urbano. Alcune osservazioni per Salerno in Un secolo in progetto cit., 'p. 38. 7 Nella sola edilizia privata, su un patrimonio abitativo calcolato - prima della guerra in poco più di 70 mila vani, ne risultavano completamente distrutti 7.627, altri 4·940 risultavano gravemente danneggiati o semi distrutti, ben 21 mila, infine, solo in parte colpiti dai bombardamenti. I danni ad impianti o edifici pubblici furono valutati in circa un miliardo di lire. Cfr. Giuseppe Amarante- Giuseppe Cacciatore, Introduzione a F. Cacciatore, Per l'unità dei lavoratori, Salerno 1985, p. 30. 3 4

Salerno contemporanea 2.

493

Salerno e la struttura urbana regionale

Nel 1951 Salerno conta 90.753 abitanti, in larga parte concentrati negli aggregati urbani, ma presenta una percentuale ancora abbastanza alta (8,9%) di residenti in case sparse 8 • Il ruolo e la funzione di città che si va rivelando nettamente rispetto a quelli svolti in età . pre-bellica riproducono, tuttavia, incertezze e non compiuta attuazione. Città e campagna in qualche modo ancora convivono 9 • Già nel decennio successivo il processo di accorpamento urbano è più maturamente compiuto. La percentuale della popolazione residente in case sparse si riduce, infatti, al 3,3% del totale nel 1961 e solo all'r,J% nel 1971 IO. Al fine di evidenziare il diverso ruolo svolto da Salerno nel quarantennio in questione, esaminiamo gli indicatori sintetici che qui di seguito si propongono e che sono relativi all'andamento e alla densità della popolazione comparativamente osservati rispetto alle altre città capoluogo della Campania. Il primo elemento da sottolineare è la funzione di spartiacque assolto dagli anni a cavallo del censimento del 1971. Il trend che si evidenzia sino a quella data è, infatti, di una rapida crescita degli indici, sintomo di un processo di urbanizzaziÒne vorticoso, per alcuni versi incontrollato 11 • La popolazione presente 12 , infatti, aumenta di quasi il 35% nel decennio I951-r96I, passando da 92 mila a oltre r 23 mila abitanti, e in misura ancora maggiore aumenta nel periodo successivo raggiungendo quasi 158 mila abitanti. Simil-

8 Cfr. ISTAT, IX censimento generale della popolazione 4/XI/I9JI, Roma sd., vol. I, fase. 70. Per aggregati urbani, come è noto, l'ISTAT comprende il capoluogo, le frazioni e le località abitate. 9 Rari studi hanno affrontato il problema degli andamenti demografici in provincia di Salerno, nessuno di essi riguarda esclusivamente la città. Per tutti si vedano: Giuseppe Imbucci, L'evoluzione demografica in provincia di Salerno in AA.VV., Mezzogiorno e fascismo, Napoli 1976 e dello stesso Popolazione territorio e agricoltura a Salerno in G. Imbucci- D. Ivone, Popolazione, agricoltura e lotta politica a Salerno in età contemporanea, Salerno 1978. IO Per i dati relativi al 1961 cfr. ISTAT, X Censimento generale della popolazione IJ/X/I96I, Roma s.d., vol. m, fase; 65, per quelli relativi a dieci anni dopo cfr. ISTAT, XI censimento generale della popolazione 24/X/ I97I. Popolazione delle frazioni geografiche e delle località abitate dei comuni, Roma 1975, vol. m, fase. 15. 11 Mario Cataudella- Tullio D'Aponte, Classi sociali e uso del territorio urbano in Guida alla storia di Salerno e della sua provinda a cura di Alfonso Leone e Giovanni Vitolo, Salerno 1982. 12 La popolazione presente di ciascun comune «è costituita dalle persone presenti nel comune alla data del censimento ed aventi in esso dimora abituale, nonché dalle persone temporaneamente presenti nel comune alla data del censimento, ma aventi dimora in altro comune o all'estero» (ISTAT, XII censimento generale della popolazione 25/X/I98I, Introduzione, Roma 1985, p. XVIII). Si è scelto di utilizzare la popolazione presente, anziçhé quella residente, perché essa è maggiormente indicativa di processi di urbanizzazione che non sempre coincidono con la residenza anagrafica.

Giuseppe D'Angelo

494 Tab.

I.

Andamento della popolazione residente e presente in Salerno e della densità alle date dei censimenti. Valori assoluti e indicizzati ( I95I = zoo).

Popol. resid. Val. ass. ind. 1951 1961 1971 1981

90·753 117-363

155496 157·358

100 129 171 173

Popol. pres. Val. ass. ind. 92.088 123·481 157-808 157·971

100 134 171 171

Densità Val. ass. ind. 1.554 !.982 2.626

2.658

100 128 169 171

Fonti: ISTAT, IX censimento generale della popolazione 4/XI/I95I, Roma s.d., vol. I, fase. 70; ISTAT, X censimento generale della popolazione I5/X/r96I, Roma s.d., vol. m, fase. 65; ISTAT, XI censimento generale della popolazione 24/X/r97I, Roma s.d., vol. n, fase. 72; ISTAT, XII censimento generale della popolazione 25/X!r98r, Roma 1985, vol. n, tomo 1, fase. 65.

mente si comporta l'indice relativo alla densità della popolazione che passa da 1554 abitanti per chilometro quadrato nel 1951 a 2626 nel 1971. Sono segnali tipici dell'Italia del boom economico. Con l'occasione fornita dalle « grandi ambizioni » di quegli anni Salerno diviene polo di attrazione reale, oltre che luogo di insediamento. Tra la fine degli anni '50 e l'inizio del decennio successivo, la città offre grandi speranze che spingono gli abitanti degli altri comuni a vivere nel centro maggiore. Salerno, in quegli anni, è, inoltre, luogo di transito di emigranti che la raggiungono dall'interno della provincia e la abbandonano dopo una permanenza più o meno lunga 13 • In questi anni si verifica un netto abbassamento della « qualità della cultura progettuale rispetto al livello che sostenne le prime formulazioni della nuova città [ ... ] Da cultura di nuova città si è caduti in un'ingovernabile incultura della città attuale, che non riesce né a prospettare il suo esser nuova, né a garantire un corretto rapporto, se non di convivenza, almeno di sopravvivenza, per quanto riguarda la città storica » 14 • Si ripete anche a Salerno, in buona sostanza, il destino duale delle città meridionali strette da un lato dalle esigenze di nuovo sviluppo e di crescita economica che ha provocato lo « svincolarsi dai termini topografici specifici di un particolare sito originario », il dilatarsi « su zone che divergono per natura ambientale da quelle iniziali» e una loro profonda modificazione 15 • Dall'altro dall'esistenza di una classe dirigente priva di ogni capacità predittiva, abituata a governare senza progetto e ad assecondare manovre speculative e facili arricchimenti 16 •

13 14 15 16

Roberto Montinaro, Un quartiere marginale di Salerno. Canalone, Salerno 1981, p. 62. E. Crispolti, op. cit., p. 38. Cfr. L. Gambi, op. cit., p. 382. Per tutti si consideri il caso napoletano. Cfr. Percy A. Allum, Potere e società a

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La tendenza che emerge dalla lettura dei dati successivi al r97r evidenzia una stasi della crescita demografica. Si arresta il processo di urbanizzazione e, tuttavia, si vanno affermando nuovi mutati modelli collettivi di comportamento di stampo urbano. Il trasferimento in zone limitrofe e l'adeguamento a una condizione di pendolarità rientrano, ora, nell'orizzonte mentale degli abitanti della città. Sicuramente il fenomeno è condizionato da elementi materiali: l'aumento del costo delle abitazioni e la crisi dell'industria edilizia, per esempio. A questi condizionamenti materiali si accompagnano elementi valutativi di disaffezione dal regime di vita urbano giudicato caotico e snervante. Si delinea, dunque, una dimensione più complessa dell'area salernitana, che rapidamente ha superato i confini comunali e che ha trasformato radicalmente il rapporto della città con l'entroterra. Anche nelle altre province della Campania gli anni del dopoguerra segnano un indubbio incremento della popolazione presente. Tab.

I.

bis Andamento della popolazione presente nelle province della Campania alle date dei censimenti. Valori assoluti e indicizzati (I9JI = IOO). 1961

1951

Avellino Benevento Caserta Napoli

1981

1971

Val. ass.

ind.

Val. ass.

incl.

Val. ass.

ind.

Val. ass.

ind.

40-363 47-828 45·077 1.024-543

100 100 100 100

42-464 55-196 54-120 1.196.987

105 II5 120 II7

54·665 60.025 67.298 1.258-721

135 125 149 123

57·575 63.257 72-712 1.229·345

143 132 161 120

Fonti: ISTAT, IX censimento generale della popolazione 4/XI/I9JI, Roma s.d., vol. I, fase. prov. 65-69; ISTAT, Annuario di statistiche provinciali, Roma 1972, vol. XI; ISTAT, Compendio statistico italiano, Roma/Firenze 1982.

Gli aumenti percentuali, come si può agevolmente notare, sono, però, inferiori a quello salernitano e la cadenza assai differente. La corsa verso le aree urbane, verso gli insediam~nti industriali e le maggiori vie di comuni-

Napoli nel dopoguerra, Torino 1975 e Massimo Caprara, I Cava, Milano 1977. Sul caso salernitano è assai significativa l'affermazione dell'ex sindaco Alfonso Menna che «tenta» di attribuire a ciascuno meriti e colpe. Scrive Menna che dall'agosto 1943 al luglio 1956 «si sono verificate cose imprevedibili nel settore edilizio. La esasperante sete di alloggi e la mancanza, nelle mani degli amministratori, di mezzi idonei a prevedere e a reprimere hanno dato la possibilità ad ingordi, a pro:fittatori, a falsi benefattori, di fare il proprio comodo». (Cfr. Alfonso Menna, Palazzo di città, Salerno 1983, p. 14).

Giuseppe D'Angelo cazione, l'affollamento e i problemi che da esso derivano, determinano in Campania un maggiore addensamento sulle aree costiere. In ambito regionale Salerno è certamente leader di una più rapida e convulsa crescita demografica. Su valori appena più bassi si assesta la crescita di Caserta, ma con andamento profondamente differenziato. Lo sviluppo demografico di Salerno, infatti, convulsamente si esprime nell'arco di un ventennio, quello di Caserta, invece, si deposita su trent'anni (Salerno: I95I-I97I = + 71%, Caserta: I9JI·I98r = + 6r%). Le altre città regionali, Avellino e Benevento, propongono un trend di crescita più modesto, ma anche maggiormente equilibrato, in generale più accentuato nel decennio r960-I970 17 • Andamento diverso presenta il grande corpo malato di Napoli, già saturo e strabocchevole fin dai tempi delle denunce nittiane 18 • Il suo ritmo di crescita, che sembra più equilibrato, in realtà segna l'ulteriore stretta di aree già soffocate e il suo malessere, sicuramente, influenza il destino delle altre aree urbane della regione. Proprio Salerno sembra quella maggiormente influenzata, nel venir meno l'intento ambizioso di svolgere funzioni di seconda città regionale. Tutto il quadro urbano della Campania è fortemente segnato dalla presenza napoletana e dalla incapacità degli altri centri di svolgere funzione di equilibrio. Esso, nel suo insieme, riproduce il modello demografico che tipizza il Meridione d'Italia negli anni '6o: crescita lenta dei grandi centri urbani, crescita più dinamica e rapida in quelli medi 19 •

2.r Salerno e la cintura dei comuni limitrofi

Il processo di organizzazione urbana appena esaminato ha una sua peculiare connotazione per l'area che circonda Salerno e ne accompagna lo sviluppo. I nove comuni riportati dalla tabella 2 sono appunto quelli che confinano con il capoluogo scelti proprio per la incidenza che su di essi esercita la città. Altre aree, più fortemente urbanizzate, avrebbero potuto essere prese in considerazione: l'agro nocerino, ad esempio. Questo, a ben vedere ha, però, vita più autonoma e gravita anche verso l'area napoletana. Alcuni dei comuni esaminati, invece, per la stessa morfologia dell'area sulla quale insistono, rappresentano le naturali linee di espansione del capoluogo, in particolare verso la

17 Su alcuni aspetti della vicenda della Campania interna dr. Angerio Filangieri, La Campania interna, Milano 1975. 18 Dell'opera dello statista lucano cfr., in particolare, Francesco Saverio Nitti, Scritti sulla questione meridionale, Bari 1978, vol. m. Per un panorama più ampio e completo, dr. Francesco Barbagallo, Nitti, Torino 1984. 19 Cfr. Costantino Caldo- Francesco Santalucia, La città meridionale, Firenze 1977, p. 18.

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piana di Pontecagnano a sud e verso la Valle dell'Irno a nord. Il criterio, dunque, che ha presieduto alla scelta dei nove comuni è quello della prossimità geografica coniugato con l'altro della insistenza funzionale con il capoluogo. Tab.

2.

Andamento della popolazione presente nei comuni di confine con Salerno alle date di censimenti. Valori assoluti e indicizzati ( I9JI = roo). 1961

1951

Baronissi Castiglione Cava dei T. Giffoni V .P. Pellezzano Pontecagnano S. Cipriano S. Mango P. Vietri s. m. Totale

1981

1971

Val. ass.

ind.

Val. ass.

ind.

Val. ass.

incl.

Val. ass.

ind.

8.380 I.089 38·951 8.046 5·777 12.980 4.104 !.391 11.761

100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

8.240 1.036 42.294 8.523 5·335 14·741 3.819 I.246 1!.121

98 95 109 106 92 II4 93 90 95 104

8.282 909 46.143 8.256 5·155 16.756 3·580 1.105 9·343 99·529

99 83 u8 103 89 129 87 79 79 107

9·768 985 50.050 9.161 6.938 19.053 4·190 !.210 10.188

II7 90 !28 II4 120 147 102 87 87 121

92479

96·355

III.543

Fonte ISTAT. Nostra elaborazione.

Tra il 1951 e il 1961 i comuni evidenziano decrementi anche notevoli della popolazione presente (S. Mango Piemonte = - IO%, Pellezzano = - 8%, S. Cipriano Picentino = - 7% ), con le significative eccezioni di Cava (1951 = Ioo, 1961 = 109), Pontecagnano (1951 = 100, 1961 = 114) e Giffoni Valle Piana (1951 = 100, 1961 = 106). Il decennio successivo delinea, invece, ulteriori tendenze di sviluppo dell'area in esame. Cava e Pontecagnano proseguono il loro costante incremento ( +9% e + 14%, rispettivamente); i comuni della Valle dell'Irno vedono stabilizzarsi la popolazione presente, mostrando o lievi incrementi (Baronissi = + I%) o sensibili riduzioni degli indici negativi (Pellezzano = - 3%); decresce la popolazione presente a Giffoni (- 3%) come quella degli altri comuni che si riduce, in alcuni casi, in misura notevole (Vietri sul mare = - 16% ). Tra il 1971 e il 1981, infine, nonostante in tutti i comuni si registri un aumento della popolazione, vengono confermate sostanzialmente le indicazioni precedenti e definiti tre elementi di lungo periodo che descrivono sufficientemente i diversi comportamenti demografici dei comuni in esame. A) Un grosso centro come Cava gode di vita più autonoma nel rapporto con il capoluogo e mostra linee di sviluppo assai specifiche, caratterizzate da una crescita più omogenea e distribuita nel tempo. B) Pontecagnano presenta uno sviluppo legato sia alla vicinanza della città, sia alla localizzazione - sin dal dopoguerra - di siti industriali proprio

Giuseppe D'Angelo nelle aree di confine con il capoluogo 20 • Esso, allora, nell'impatto con i processi industriali, subisce un processo di omologazione. In qualche modo Pontecagnano dismette la sua autonoma vicenda comunale e viene del tutto risucchiato in quella del capoluogo, confermandone tendenze e compensandone squilibri. Infatti nel decennio '7r-'8r la crescita demografica di Salerno segna una stasi (1971 I?I, r98r I?I), ma nello stesso periodo di tempo Pontecagnano segnala, viceversa, una significativa crescita compensativa (1971 129, r98r 147). Il fenomeno - come si evince dai dati - non è, comunque, isolato, ma coinvolge in forma gradata tutti i comuni esaminati (Pellezzano + 3 r%, Baronissi + r8%, S. Cipriano Picentino + r5%). C) I centri della Valle dell'Imo sono in simbiosi con Salerno e fungono da serbatoio per un surplus di popolazione che la città non può più assorbire. Essi ne assolvono i compiti soprattutto nell'ultima fase di sviluppo economico e demografico. Alcuni comuni di quest'area si presentano, in tempi assai recenti, come vera e propria zona residenziale della città, diventando luogo privile giato per insediamenti abitativi di lusso. È questa, inoltre, un'area di grandi potenzialità e ampie prospettive legate, soprattutto, alla localizzazione della nuova sede universitaria.

=

=

=

=

Dagli elementi sin qui esaminati emerge con chiarezza che il rapporto di dipendenza dal capoluogo risponde a evidenti caratteristiche « geografiche » e si dispone lungo direttrici precise: da nord a sud (Cava - Pontecagnano) e verso la Valle dell'Imo (Baronissi- Pellezzano). La popolazione preferisce l'insediamento lungo gli assi viari che con maggiore facilità collegano Salerno con il suo hinterland e, conseguentemente, i comuni più lontani sono quelli che subiscono meno l'influenza della città. La zona collinare che circonda Salerno, l'area di più recente sviluppo verso il comune di Pellezzano e la prima parte della costiera amalfitana progressivamente evidenziano la creazione per l'area salernitana di un sistema urbano di relativa complessità, che comprende comuni diversi, ma che tendono (con la parziale esclusione di Cava) ad unificarsi in un unico funzionale sistema 21 • Poco credibili risultano, allora, le tesi ormai sorpassate che affidavano a 20 Sull'industrializzazione dell'area salernitana si vedano almeno Giuseppe Santoro, L'economia della provincia di Salerno nell'opera della Camera di Commercio ( z862-I962), Salerno 1967; Alfonso Menna, Una programmazione territoriale globale per il salernitano, Cava 1971; T. Bonazzi- A. Bagnasco- S. Casillo, L'organizzazione della marginalità. Industria e potere in una provincia meridionale, Torino 1972; Paolo Stampacchia, L'industria nella provincia di Salerno, Salerno 1974. 21 Sul rapporto centro/periferia si veda Paul Bairoch, Città/campagna in Enciclopedia, Einaudi, Torino 1978, vol. m. In particolare, sul caso meridionale, dr. Antonio Mutti · Irene Poli, Mezzogiorno e sottosviluppo, Milano 1975.

..

~

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Salerno il compito di essere punto di equilibrio per l'insieme della provincia 22 • I dati dei comuni confinanti mostrano chiaramente come le funzioni da loro svolte siano complementari e, in qualche caso, addirittura subalterne a quelle della città, quasi piegate alle esigenze e alle scelte che prioritariamente privilegiano il capoluogo. Anche la più generale dialettica pianura/ montagna presenta in provincia di Salerno una condizione notevolmente sperequata a favore delle aree pianeggianti, in modo accentuato dopo la n guerra mondiale 23 • Si acuisce, insomma, ulteriormente - come per l'insieme del Mezzogiorno d'Italia - lo scompenso di fondo che ha caratterizzato la nostra storia recente 24 •

3· La crescita urbana

Il processo di crescita della città tra il 1951 e il 1981 si svolge lungo una direzione geografica agevolmente riconoscibile. La città si sviluppa da ovest verso oriente. Il fiume lrno ne rappresenta una sorta di limite ideale che conclude lo spazio della città vecchia. Di là da quello Salerno, pur essendo Salerno, è già periferia. All'interno di questa direzione. orizzontale di crescita se ne rivela un'altra, verticale, non solo in senso geografico, ma soprattutto di stratificazione sociale: Sala Abbagnano. Tra il 1960 e il 1975 la collina di Sala Abbagnano viene destinata ad abitazioni residenziali di alto prestigio, da cui, come è stato notato, vengono esclusi anche i servizi di rifornimento proprio per esasperare finanche il carattere di riservatezza e di esclusività dell'insediamento 25 • La « solitudine del ricco » qui si rivela a contrarìo come ironia di una condizione nella solitudine del suo insediamento. Le modalità della crescita sono ben dissimili da quelle prebelliche, affidate alle ortodosse previsioni stratificanti dell'architettura di Alberto Calza Bini. Si assiste, invece, a una caotica ed irruenta crescita di primo sviluppo. In fondo gli aspetti urbani di una prima industrializzazione si rivelano proprio in questi anni. L'anarchia di primo sviluppo sembra una costante che accompagna ogni movimento privo di programmazione. Si passa, in definitiva, negli anni del dopoguerra, dalla « cultura degli ingegneri » alla « cultura dei geometri » z6 • A. Menna, Palazzo di città cit., pp. 56·57. G. Imbucci, Popolazione ... cit., pp. 48-57. Per tutti si vedano: Gabriele De Rosa- Antonio Cestaro, Territorio e società nella storia del Mezzogiorno, Napoli I973· 25 M. Cataudella- T. D'Aponte, op. cit., p. 381. 26 E. Crispolti, op. cit., p. 34· 22

23 24

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Giuseppe D'Angelo

Anche alcuni eventi naturali di eccezionale violenza come l'alluvione deì 1954 TT, il nubifragio del 1966 28 , il sisma del novembre 1980 (sebbene gli effetti distorti di quest'ultimo non si siano ancora del tutto dispiegati) forniscono incentivazione ad un modello predatorio ed asimmetrico di accorpamento. La città cresce, ma senza piano. L'abusivismo è di casa come nell'area napoletana. In questo intricato e confuso esprimersi dello sviluppo si possono, tuttavia, riconoscere alcune linee di forza. Il centro governa la periferia anche in senso geografico. Proprio al centro vi sono, infatti, le massime sedi finanziarie, le istituzioni giuridiche, politiche ed amministrative. Il potere visibile 29 qui ritrova i segni. Di converso l'area di sviluppo di là dall'Imo - frutto della necessità espansiva, dell'assenza di piano e della connivenza tra interessi speculativi e disordine amministrativo - ripete le anonime modalità architettonico-espressive dei quartieri dormitorio 30 . In anni recenti, inoltre, si può notare un fenomeno di riduzione degli abitanti del centro della città e la trasformazione degli appartamenti in uffici. Si inizia a delineare, così, anche a Salerno un lento processo di coventrizzazione 31 che con maggiore rilevanza caratterizza l'espansione delle aree metropolitane in Italia. TT Nota è la polemica sostenuta dalle opposizioni sia a livello locale che nazionale sulle cause degli eventi dell'ottobre 1954. Giotgio Amendola, pochi giorni dopo l'alluvione, scriveva: « A Salerno si è preferito iniziare la costruzione di un nuovo porto, da nessuno richiesto, e che non verrà mai portato a termine, e di strade turistiche, piuttosto che porre mano invece alla preliminare opera di difesa dei suoli» (dr. G. A., La lezione di Sqlerno in « Cronache meridionali », n. 10, anno I, ott. 1954, p. 666). Altrettanto precisa è la denuncia che lanciava, dalle pagine della stessa rivista, Pietro Amendola. L'accusa alle autorità locali e nazionali è di avere, per proprio tornaconto, abbracciato le tesi della inevitabilità della sciagura, nonostante le annose proteste dei cittadini e le denunce di enti e studiosi (dr. P. A., Le responsabilità del disastro nel salernitano in «Cronache meridionali», n. n, anno r, nov. 1954, p. 797). Le accuse, comunque, non sono solo di parte comunista: l'Istituto di metereologia, idrografia ed ecologia agraria di Salerno nei giorni immediatamente successivi al disastro stila una relazione dalla quale risulta la evitabilità della sciagura e se ne attribuisce la responsabilità in larga misura alla «invasione della città». Giudizi assai simili sono riportati dalla relazione dell'Ordine degli Ingegneri della provincia di Salerno. Entrambi i documenti sono riportati integralmente in nota al citato articolo di Pietro Amendola, pp. 791 ss. 28 Esposizione programmatica della Giunta municipale, Salerno 1967. 29 Giuseppe D'Angelo- Raffaele De Sio, Potere visibile, Napoli 1987. 30 Cfr. le testimonianze riportate da R. Montinari, op. cit., p. 50. 31 Sulla complessa vicenda urbana di Coventry, negli anni '30 e '40, relativamente alle scelte effettuate da quegli amministratori e sui rapporti con il più esteso movimento delle « nuove città giardino» dr. Bill Lancaster- Tony Mason, Society and politics in 2oth century Conventry in AA.VV., Life and labour in a 2oth century city. The experience of Coventry, Coventry 1986, pp. 342-368.

Salerno contemporanea

501

Il micro-cosmo della città riproduce, in definitiva, le caratteristiche di dipendenza interna rilevate a proposito degli squilibri infra-regionali 32 . Pur non coincidendo perfettamente macra e micro producono effetti assai simili. Si può, infatti, certamente riconoscere un legame di funzionalità tra sviluppo del centro e sottosviluppo delle periferie, come, per un lungo arco di tempo e almeno fino all'inizio degli anni '70, tendevano progressivamente ad accentuarsi le distanze tra il centro e la periferia. Non è possibile, forse, solamente riscontrare quei rapporti di dominio e di sfruttamento, osservabili a un livello geografico più ampio, e che, a Salerno, tendono ad assumere le caratteristiche più modeste della subalternità. La dicotomia tra centro città e aree periferiche non sembra, dunque, casuale, ma frutto di una esigenza interna al processo stesso di modernizzazione che ha sconvolto Salerno nel dopoguerra e che si è manifestato come vera e propria rapina del territorio.

3. I La città verticale Il complesso delle abitazioni di Salerno, ricostruito dal censimento del I98I, può essere sommariamente diviso in tre grossi blocchi. Quello delle abitazioni costruite prima della guerra e fino al I945 (I6,4%), tra il I946 e il I97I (70,5%) e tra il I97I e il 198I (13,I%) 33 . Gli anni della ricostruzione (I 946- I 960) e, più ancora, il decennio successivo segnano una rapida e caotica crescita della città. Come abbiamo visto viene meno, in questo quarto di secolo, ogni ipotesi di sviluppo programmato. L'unica legge sembra quella del « fare presto ». Parallelamente si modifica il giudizio sulla efficienza burocratica degli organi amministrativi. Questi meritano un giudizio positivo se con rapidità ed efficienza adeguano la legge alle esigenze speculative. In qualche modo il sindaco Menna riproduce a Salerno il fenomeno laurino, come se le città meridionali avessero bisogno di modelli paternalistico pre-burocratici per affrontare la strada dello sviluppo capitalistico 34 • In dieci anni, dal '6r al '7r, vengono riscontrate ben 222 infrazioni al P.R.G. 35 • Finanche le calamità naturali vengono utilizzate come occasioni accelerative di uno sviluppo caotico.

Cfr. A. Mutti- L Poli, op. cit., p. 40. XII censimento generale della popolazoine 25/X/r98I, Roma 1985, vol. n, tomo r, fase. 65. 34 Sulla vicenda !aurina a Napoli cfr., per tutti, Percy A. Allum, op. cit. 35 Aurelio Musi, Da Menna al 20 giugno in «La voce della Campania», anno v, n. 7, 20 aprile 1977, p. 33· 32

33 Cfr. ISTAT,

Giuseppe D'Angelo

502

Se si esaminano, poi, le condizioni di vita all'interno delle abitazioni salernitane, si possono notare tutte le trasformazioni e le modificazioni di questi anni. Il primo indice utilizzato rappresenta l'aumento potenziale di disponibilità abitativa; gli ultimi due sono indicatori « ecologici » che, in prima approssimazione, definiscono le condizioni medie di vita delle famiglie salernitane. Tab. 3·

Abitazioni occupate, occupate di proprietà dell'occupante (valori percentuali), tasso di affollamento, media di stanze per abitazione in Salerno alle date dei censimenti.

Abitaz. occupate/totale abit. Abitaz. occupate di proprietà Tasso di affollamento Media stanze per abitazione

1951

1961

1971

1981

98,2 20,2 1,8 2,9

92,9 29,3 1,3

91,1 35,6

92,0 48,1 o,8

3.5

1,0 3.9

4.5

Fonte ISTAT. Nostra elaborazione.

Il primo elemento riscontrabile è una diminuzione del numero delle abitazioni occupate sul totale cittadino. Circa il 10% del patrimonio abitativo resta sfitto. È interessante notare come la flessione della percentuale si verifichi proprio negli anni '50 e come essa, poi, resti sostanzialmente stabile. Nella maggioranza dei casi è ignoto, almeno ufficialmente, il motivo di tale scelta 36 • Il secondo elemento riguarda il notevole aumento dei proprietari che occupano la propria abitazione. La percentuale passa dal 20,2% del '51 al 48,r% dell'ultimo censimento. In quest'anno, dunque, quasi la metà dei salernitani possiede almeno la casa nella quale abita. Contemporaneamente tende ad elevarsi il numero medio di stanze per abitazione, e quello più elevato è relativo proprio alle case occupate dai relativi proprietari. L'impressione che si ricava è di un triplice aspetto assunto dal bene casa in questi anni. Da un lato quello di sistemazione definitiva, e il più possibile «comoda». Un numero di stanze mediamente alto (circa 4,5 nel 1981) consente condizioni di vita più agiate a famiglie che vedono ridotto il numero dei componenti. In secondo luogo la casa è stata considerata, per molti. anni, un utile investimento. Elementi materiali e congiunture economiche favorevoli hanno sicuramente incentivato tale comportamento. La continua rivalutazione delle aree edificate o edificabili, le spese per le opere di urbanizzazione primaria sostenute delle amministrazioni comunali, i mutui a tasso agevolato e non indicizzato e le altre facilitazioni dello Stato, il processo inflattivo che dalla metà 36 Solo per il censimento del 1981, infatti, era prevista una esplicita domanda sulle motivazioni.

Salerno contemporanea

clcgli anni '70 ha costantemente incentivato la immobilizzazione dei risparmi sono tra gli elementi più significativi. Ad essi va aggiunta una ulteriore caratteristica, tipica della mentalità economica del Mezzogiorno, che raccoglie, in un certo senso, i primi due: la radicata abitudine ad investire in beni immobili e la quasi totale assenza, fin nel più recente passato, dall'orizzonte economico dei « meridionali » di investimenti di natura speculativa. Il terzo elemento, infine, è di natura sostanzialmente diversa, sebbene si inserisca anch'esso in una concezione tradizionale della casa: essa è diventata anche una sorta di status symbol. L'abbellirla e il «curarla», più ancora che essere finalizzati a un suo pieno godimento, sembrano assumere una connotazione di promozione sociale, di assimilazione e di omologazione al mondo dei consumi, a una società non più basata sull'invidia verso i ricchi, ma sull'imitazione dei loro comportamenti 37 • La casa «bella» diviene, sicuramente, un c gioiello » da mostrare. Anche questo elemento avvalora ulteriormente l'ipotesi prima formulata di un pieno ingresso dei cittadini salernitani nel « mercato degli oggetti» e in una completa e matura «cultura di consumo». La lettura, poi, degli altri due indici della tab. 3 consente di avere una prima, parziale, idea della condizione abitativa. Il tasso di affollamento 38 a Salerno passa da 1,8 abitanti per stanza nel 1951, a 1,3 nel 1961, a I nel 1971 e a o,8 nel 1981. Alle stesse date il numero medio di stanze per abitazione sale da 2,9 a 3,5, a 3,9 e a 4,5. La riduzione del primo indice può essere un fenomeno largamente determinato dall'elevazione del secondo e risultare, così, meno significativo. Nel caso salernitano, invece, coesistono proprio due realtà 37Assai significativa, da questo punto di vista, può essere l'analisi di come si è trasformata in questi anni la pubblicità, soprattutto quella televisiva, dall'ormai lontano carosello ai moderni spots. Assai interessante, inoltre, l'analisi dei progressi ottenuti dai modelli di comportamento imitativi di sicura provenienza nord-americana, si pensi - ad esempio al ruolo dei serials ~elevisivi (Dallas, Capito!, Dinasty etc.). ~ Max Weber notava acutamente già nel 1913 che «'imitazione' può essere un mero comportamento 'condizionato di massa'; oppure un agire orientato in vista dell'atteggiamento di qualcuno che viene imitato, nel senso di una 'riproduzione'. E ciò di nuovo piuttosto per una valutazione - 'razionale rispetto allo scopo' o di altra specie - del valore dell'agire che viene imitato, o soltanto in riferimento dotato di senso a certe aspettative - per esempio in base a necessità di 'concorrenza'. Ciò conduce, attraverso un'ampia scala di trapassi, fino a quel caso di un agire in comunità specifico, in cui un atteggiamento viene riprodotto poiché esso vale come segno di riconoscimento dell'appartenenza a un ambito di uomini, i quali - non importa su quale base - pretendono una specifica dignità sociale, e in una certa misura ne usufruiscono anche» (M. W., Alcune categorie della sociologta comprendente in Il metodo delle scienze storico-sociali, Milano 1980, p. 278). 38 Questo dato è calcolato dall'ISTAT dividendo il numero dei residenti per il numero delle stanze. Per stanza il XII censimento intende «un locale, facente patte di un'abitazione, che riceve aria e luce dall'esterno ed ha dimensioni tali da consentire la collocazione di un letto lasciando lo spazio utile per il movimento di una persona. La cucina, se risponde a tale condizione, è considerata stanza» (ISTAT, XII censimento ... cit., p. xxv).

Giuseppe D'Angelo distinte, solo amplificate dalla reciproca dipendenza. Gli indici, poi, tendono ad essere più accentuati in presenza di proprietari che occupano l'abitazione 39 • Anche le scelte effettuate dall'amministrazione, negli anni tra il 1959 e il 1965, relativamente alla edilizia economica e convenzionata, rispondono alla logica di fornire ai cittadini salernitani case ampie e comode. Gli alloggi costruiti, appaltati o programmati dal Comune, dall'IACP e dall'ISES sono 1.138, per un totale di 6.718 vani: in media circa sei per ogni abitazione 40 • Tab. 3· bis Abitazioni occupate in Salerno alle date dei censimenti per servizio installato. V alari percentuali.

Acqua potabile di acquedotto dentro l'abitazione Acqua potabile di acquedotto fuori dell'abitazione Acqua di pozzo Gabinetto nell'abitazione Gabinetto fuori dell'abitazione Bagno Energia elettrica per illum.

*

1961

1971

1981

66,3

86,8

96,9

98,5

10,9 5,7 70,2 10,8 22,2

7,8 1,5 90,3 8,8 54,1 67,6

2,1 0,3 95,6 3,2 85,1 9,6

o,8 0,2 97,6 1,2 92,2

31,4

90,2

99,7

1951

88,5 Energia elettrica per illuminazione e altro

*) Il dato 1951 è riferito al complesso delle abitazioni salernitane.

Fonte ISTAT. Nostra elaborazione.

Anche la semplice lettura dei dati relativi ai servizi installati testimonia di uno standard abitativo piuttosto alto. In città generalizzati e garantiti sono i confort igienici e pressoché ovunque è presente l'energia elettrica. Anche da questo punto di vista, dunque, la città mostra il suo completo e maturo ingresso nella società dei consumi e la rottura con forme di vita tipiche della società penitenziale 41 che, per alcuni versi, la caratterizzava fin nell'immediato dopoguerra. 39 Nel caso di proprietari che occupano la propria abitazione gli indici relativi al 1981 sono pari a 4,8 stanze per abitazione e a o,7 abitanti per stanza. 40 Comune di Salerno, Il bilancio 1966 nelle realizzazioni e nello sviluppo delle attività amministrative, Salerno 1966, p. 55· L'importo totale previsto per la realizzazione delle opere fu di circa tre miliardi di lire. 41 Sulla società opulenta dr. almeno John K. Galbraith, La società opulenta, Torino 1972, Thorstein Veblen, La teoria della classse agiata, Torino 1981, Francesco Alberoni, Consumi e società, Bologna 1967. In particolare, poi, relativamente alla società penitenziale dr. Giuseppe Imbucci, Per una storia della povertà a Napoli in età contemporanea, Napoli 1985, pp. 141-142.

Salerno contempotanea 4· Le trasformazioni della famiglia

Il rapido processo di trasformazione della città e il suo pieno ingresso in una dimensione più compiutamente urbana, accompagnano un progressivo modificarsi delle caratteristiche essenziali della popolazione. Un elemento assai significativo del suo mutato identikit è fornito dai dati relativi all'ampiezza delle famiglie, riportati dai censimenti del 1971 e 1981 42 • Tab. 4· Famiglie residenti in Salerno per ampiezza delle famiglie al

I97 I e I98I. Valori

assoluti e percentuali. 1971

% '71

1981

% '81

diff. '81-'71

I

2-953

7,5

6.222

13,3

5,8

6.506 7·427 10.269 7·053 3-414 I.4I9 1.042

16,2 18,5 25,6 17,6 8,5 3,5 2,6

4-092 9-347 8.820 12.313 6.824 2.144 769 4 15

8,7 19,9 18,8 26,3 14,6 4,6 1,6 0,9

3,7 0,3 0,7 -3,0 -3,9 -1,9 -1,7

di cui non in coabitazione 2 3 4 5 6 7

8 e più

Fonte ISTAT. Nostra elaborazione.

Nel 1981 oltre 6 mila persone formano altrettanti nuclei familiari e più di 4 mila vivono da sole: l'esercito dei singles, anche a Salerno, è in rapido aumento. Inoltre, nello stesso anno più del 50% delle famiglie è composto da un massimo di tre persone con un incremento, tra il '71 e 1'81, di circa il w%. Le famiglie con più di sette componenti, invece, passano dal 6,1% del 1971 al 2,5% di dieci anni dopo. Si palesa, dunque, la tendenza a una sensibile riduzione del numero dei componenti i nuclei, omologando nel comportamento, se non ancora nei risultati, la città al resto del Paese. Si compie anche a Salerno una vera rivoluzione demografica. Le coppie più giovani non ripetono le scelte dei genitori e limitano il numero di figli. Il passaggio da una famiglia patriarcale, allargata e gerarchica, a una famiglia nucleare, atomizzata, segna, così, un radicale mutamento nella mentalità collettiva della città, nei suoi rapporti affettivi, nella struttura della soli42 Non è stato possibile, purtroppo, ricostruire i dati relativi ai censimenti precedenti poiché non riportati né dai bollettini ISTAT, né dal volume La popolazione in provincia di Salerno, Salerno 1965.

Giuseppe D'Angelo

J06

darietà che permane solo come « retaggio » del passato 4\ nell'organizzazione quotidiana della propria esistenza. La famiglia non ha più come unico ambito le mura domestiche, è maggiormente « esposta » ai contatti relazionali, non ha, nella maggioranza dei casi, una donna che permanentemente ed esclusivamente la accudisce. Inoltre, questo mutamento testimonia, ancora una volta, la radicale trasformazione del regime di afflusso ai consumi, dei rapporti con il mercato e con la cultura degli oggetti 44 • Testimonia, inoltre, della volontà di «poter entrare a far parte di quella civiltà del tempo libero che occupa uno spazio crescente nella società urbana dei paesi sviluppati » 45 • Le moderne famiglie salernitane sacrificano una parte dei loro figli proprio sull'altare dei consumi 46 • Il mito della nazione proletaria, sopravvissuto più a lungo degli anni del fascismo come forma della mentalità collettiva risalente a una società preindustriale e agricola, sempre più rapidamente lascia il posto a modelli di comportamento tipici della società industriale. Tab. 4· bis Percentuale della popolazione residente in Salerno alle date dei censimenti suddivisa per fasce di età. Fino a 6 anni da 6 a 14 anni da 14 a 21 anni da 21 a 35 anni da 35 a 45 anni da 45 a 55 anni da 55 a 65 anni oltre 65 anni

1951

1961

1971

1981

12,5 14,8 13,2 23,1 13,1 9,8 7A 6,1

12,1 15,0 II,7 21,9 13,4 11,2 7,5 7,2

II,3 15,4 II,9 19,5 13,9 II,5 9,6 7,9

7,5 13,6 13,5 19,8 12,1 13,2 10,2 10,2

Fonte ISTAT. Nostra elaborazione.

Tab. 4· ter Percentuale della popolazione residente in Salerno alle date dei censimenti suddivisa per condizione di stato civile. Celibi/ nubili Coniugati/separati Vedovi/ divorziati

1951

1961

1971

1981

58,4 36,4 5,2

53,6 41,5 4,9

51,9 43,1 5,0

47,5 46,9 5,6

Fonte ISTAT. Nostra elaborazione. R. Montinaro, op. cit., in particolare il paragrafo sul «vicinato». Idem p. 50. 45 P. Bairoch, op. cit., p. 95· 46 Paolo Macry, Introduzione alla storia della società moderna e contemporanea, Bologna 1980. 43 44

s.Jcmo contemporanea La lettura dei dati forniti dai censimenti, inoltre, consente di delineare

ulteriori elementi. Innanzitutto la città va incontro a un diffuso processo di senilizzazione. Calano, infatti, le fasce di età più basse, più marcatamente diminuiscono i bunbini e i ragazzi fino a 14 anni (dal 27,3% del I95I al 21% del 1981); cresce percentualmente il peso delle fasce di età più avanzate; quella degli ultra 55enni passa dal 13,5% del '51 al 20,4% dell'ultimo censimento. In particolare raddoppia quasi la percentuale dei salernitani con più di 65 anni. In secondo luogo, anche dal punto di vista della condizione di stato civile la città segue il processo di innalzamento dell'età media e presenta sia un maggior numero di sposati e di vedovi, sia una netta riduzione dei celibi e delle nubili.

+I L'istruzione Gli anni successivi alla guerra aprono per i salernitani nuove possibilità di istruzione che determinano due risultati distinti. T.b. 5· Percentuale della popolazione da 6 anni in poi residente censimenti per grado di istruzione.

Analfabeti Alfabeti senza tit. Licenza elementare Licenza media inf. Diploma

Laurea

m Salerno

aUe date dei

I95I

1961

1971

1981

I2,9 18,3 49,1

],6 15,2 50,0 15,0 9,0 3,2

4,1 22,6 37,1 x8,2 13,7

2,5 13,3 33,8 25,0 x8,7 6,]

IO,I

],I

2,5

4A

Fante ISTAT. Nostra elaborazione.

Anzitutto si riduce drasticamente il diffuso analfabetismo. Sono assai significativi i dati riportati dal censimento del 1971. La percentuale relativa agli c alfabeti senza titolo» raggiunge il 22,6% della popolazione, con un aumento del 40% rispetto al 1961; quello dei possessori di licenza elementare diminuisce nello stesso periodo di quasi il 13%, passando dal 50% del 1961 al

37,1% del 1971. Il brusco andamento degli indici fa ragionevolmente supporre una politica dell'istruzione radicalmente trasformata rispetto al decennio I951-196r e tesa non solo a soddisfare le esigenze dei bambini in età scolare, ma anche quelle degli adulti analfabeti. Gli anni '6o, del resto, segnano una più generale trasformazione della scuola italiana e di quella dell'obbligo in particolare. Proprio in quegli anni

Giuseppe D'Angelo la riforma voluta per primo da Giuseppe Medici supera la divisione tra scuola media, avviamento professionale e scuola post-elementare 47 • Sempre in questi anni si accentua il ricorso all'ausilio anche di strumenti estranei al mondo scolastico - quali ad esempio la televisione - che contribuiscono a superare il lungo ritardo accumulato in questo campo 48 • Il successivo e rapido decrescere delle percentuali è, di certo, la risultante del duplice fenomeno di un livello di istruzione sempre più elevato e di una modificazione della composizione anagrafica della popolazione salernitana. Un ruolo essenziale e, per molti versi, ancora poco noto è quello svolto dal Comune di Salerno dalla metà degli anni '5o in poi, con la costruzione di nuovi edifici scolastici, con la attivazione di nuovi indirizzi tecnici e professionali negli istituti superiori 49 • In quindici anni vengono creati ben r26 nuovi plessi scolastici, di cui 48 con sistemazione definitiva; 34 scuole materne comunali, di cui ro in edifici propri; 39 sezioni di scuola materna statale. Vengono poi realizzati 34 edifici per scuole elementari, 4 per scuole medie inferiori, 4 per istituti professionali. È, inoltre, acquistato l'edificio che ospita il 2° liceo scientifico della città. Aumenta, infine, in questo periodo notevolmente l'onere finanziario del Comune per spese di fitto dei locali nei quali sono sistemati gli istituti senza sede 50 • Il Comune, dunque, oggettivamente si propone, in quegli anni, come fonte di ampliamento degli orizzonti culturali e professionali dei giovani salernitani. Un secondo elemento riguarda, invece, la parte alta della scolarizzazione. Diplomati e laureati tendono percentualmente, nel più recente passato, ad aumentare più dei possessori di licenza media o elementare. Gli ultimi venti anni, del resto, hanno modificato la struttura profonda della società italiana. Gli studenti con le loro richieste di cambiamento hanno prodotto una forte spinta alla sua rapida e ampia trasformazione. La contestazione nei confronti di una scuola « classista » ed elitaria e la scolarizzazione di massa, la richiesta di sempre maggiore qualificazione e preparazione nel lavoro, la oggettiva necessità di un più elevato livello di acculturazione nell'era della rivoluzione tecnologica, l'aspirazione a un titolo di studio quale fonte primaria di « promo-

47 Francesco De Vivo, Linee di storia della scuola italiana, Brescia 1983. 48

Chi non ricorda la trasmissione «Non è mai troppo tardi», condotta dal maestro

Manzi? 49 Si tengano presente le scarse notizie ricordate dall'allora Sindaco di Salerno. In particolare cfr. Alfonso Menna, Palazzo di città cit. so Comune di Salerno, Bilancio per l'esercizio 1970. Cenni generali a completamento della illustrazione finanziaria, Salerno 1970, pp. 41-43.

s.lano contemporanea

-.e

sociale » sono alcuni degli elementi alla base di questo processo di ....t"ormazione. Ad essi, però, vanno aggiunti anche fenomeni di segno opposto -quali la difficoltà crescente a trovare un'occupazione e il conseguente allun~to dei tempi di permanenza e di dipendenza dalla famiglia che hanno spinto sempre più a considerare la licenza media e il diploma solo come tappe wno la laurea 51 • In questi anni, dunque, il rapporto con le istituzioni culturali si è fatto più lungo e complesso, e ha coinvolto sempre più ampie fasce di giovani. Anche le donne salernitane, in questo quarantennio repubblicano, acquisiliiCOlO livelli più alti di istruzione. La percentuale, rispetto al totale dei J.ureati, passa da meno del IO% nel '5r, a quasi il 28% nel '6r, al 35% nel '7r, a quasi il42% nell' '8r divenendo cinque volte maggiore. L'istituzione del Magisaft) sz e, in seguito, la sua « promozione » a Università statale ha indubbia..alte influito notevolmente nella radicale trasformazione dei loro processi di aacnhnrazione, aprendo possibilità e disponibilità prima inesistenti 53 • La popolazione salernitana, in questi anni, ripete dunque il processo di mdicale trasformazione che segna l'intero Paese. L'aumento dell'età media, e i processo di senilizzazione che si è notato, le mutate caratteristiche delle flmiglie e, infine, il diverso e più alto livello di istruzione assimilano piena..atte la città alle tendenze nazionali.

5. La campagna e la fabbrica

Le note illustrative al bilancio del 1966, predisposte dalla 3a giunta Menna, richiamano le realizzazioni dell'amministrazione in campo industriale. Scrivono gli estensori delle note. « Ormai quel cerchio nel quale Salerno sembrava irrimediabilmente chiusa ad ogni iniziativa in questo campo è stato 51 Per tutti dr. AA.VV., La crisi della società italiana e le nuove generazioni, Roma 1978. la un giudizio a «caldo » sugli avvenimenti del '68 dr. Rossana Rossanda, L'anno degli -.lndi, Bari 1968. 5Z Sulla vicenda del Magistero di Salerno e sulla polemica, negli anni immediatamente w:u:ssivi alla guerra, tra gli amministratori salernitani e l'allora ministro della Pubblica ~ Amodeo cfr. Rocchina M. Abbondanza, Il partito della Democrazia Cristiana a ~ negli anni '43-'44 in AA.VV., Mezzogiorno e fascismo, Salerno 1978, pp. 734-735· s.l periodo successivo del Magistero tra l'altro, cfr. Francesco Cacciatore, Per la riammis.IÌIK Jelle donne al Magistero di Salerno, Atti Parlamentari- Camera dei deputati. 3" legisla- . Discussioni, seduta del 7 dicembre 1960, ora riportato in F. C., op. cit., p. 106. 9 Sulla popolazione universitaria salernitana cfr. Luciano Osbat, Contributo per un a..e socio-statistico della popolazione univers#aria del Magistero in « Rivista di studi salerlliiEi •, n. 4, luglio-dicembre 1969 e, inoltre, Giuseppe Acocella, Per un'indagine socio-stalistiu sull'Ateneo salernitano in «Confronto», 1982, n. 4·

' i:

l.

l

Giuseppe D'Angelo

510

spezzato e la nuova Città industriale è una realtà, una commovente realtà» 54 • Tutto il più generale bilancio che vien fatto rappresenta quasi un primo consuntivo di dieci anni di attività amministrativa. L'enfasi della giunta non sembra, però, confermata dai dati riportati dai censimenti. Tab. 6. Percentuale della popolazione presente in Salerno alle date dei censimenti attiva per ramo di attività economica; non attiva per alcune condf,zioni non professionali. I95I

1961

1971

1981

Agricoltura, foreste e caccia

4·5

2,7

1,5

0,9

Industria estratt. e manifatt. Costruzioni e impianti Energia elettrica, gas e acqua

9,1 4.3 0,2

7·5

5,2 0,2

8,2 3,1 0,3

8,4 1,5 0,3

13,6

12,9

n,6

10,2

7.9 3.5 0,7

5.3 3.3 o,8 4,8

5,6

2,8 0,9 9.5

6,1 2,6 0,9 11,7

7,6

5,8

4·4

Totale industria Commercio_ Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni Servizi pubblici e privati

8,1 Pubblica amministrazione Totale terziario

20,1

2!,8

24,6

25,7

Totale popolazione attiva

38,4

37.5

37.7

36,8

In attesa di r• occupazione Casalinghe Studenti Ritirati dal lavoro Altro

4,6 35.3

2,1 344 16,7 6,7 2,6

4.3 32,7 14,0 9,2 2,2

9.7 24,1 14,6

62,5

62,4

Totale popolazione non attiva

21,7 61,6

II,I

3·7 63,2

Fonte ISTAT. Nostra elaborazione.

Il primo elemento riguarda la diminuzione della popolazione attiva 55 • La percentuale relativa scende, con andamento univoco, dal 38,4% nel '51 al 36,8% nell'Br, con una riduzione di oltre l'r,5% sul totale della popolazione salerniComune di Salerno, Il bilando 1966... cit., p. 30. Sui dati relativi al censimento 1981 è necessario precisare che non possono essere completamente comparati con i rispettivi dati 1971 in quanto la « relativa classificazione ha subito una profonda revisione, essendo stato necessario renderla ragguagliabile all.a N A .C.E. (Nomenclatura generale delle attività economiche nella Comunità Europea) concordata in sede comunitaria» (dr. ISTAT, XII censimento ... cit., p. XXIV). I dati sono, comunque, largamente orientativi di linee più generali di tendenza dell'occupazione a Salerno. 54

55

s.mo oontemporanea

)II

· · - mn più di ro anni. Contemporaneamente si nota un notevole aumento . . percentuale dei giovani in cerca di prima occupazione che passa dal _.., nel 1951 a quasi il IO% in occasione dell'ultimo censimento. Si può ~. già in questi soli dati, la crisi generale dell'occupazione che ha colpito J'illlao Paese e, in particolare, il Mezzogiorno e che si è espressa come inca,.atà dd mercato di assorbire ampie fasce di nuova occupazione. Non com)IIR. inoltre, nei dati censitati, l'enorme e gravissimo problema dei lavoratori 1emp0raneamente esclusi dalla produzione: i «cassintegrati», infatti, sono ..UOi1ati, a tutti gli effetti, agli occupati. Si possono notare, inoltre, notevoli trasformazioni tra i non occupati. Aazitutto si nota un aumento dei ritirati dal lavoro 56 dovuto, sicuramente, . .amento percentuale delle fasce di età più avanzate e dagli abbassamenti M'età pensionabile. D secondo elemento riguarda il numero delle casalinghe che si riduce di terzo circa, passando dal 35,3% del '51 al 24,1% dell'Br. Contemporawwnente l'occupazione femminile passa dal 21,9% al 32%. Le donne, a mano a JDaDO, tendono ad inserirsi sempre di più nel mondo del lavoro, ad abbando..e i ruoli tradizionali, ad affrontare professioni ed attività diverse. Alcune, però, e soprattutto i livelli più alti di direzione, sembrano ancora esclusi . .c universo femminile». Ancora nel r98r, ad esempio, solo I4 donne dichiaanoo di essere imprenditrici nel settore dell'industria 57 • Ma quali trasformazioni, più in generale, si possono segnalare nei vari settori della produzione? Anzitutto va rilevata la drastica riduzione degli occupati nel settore pri..00. I processi di urbanizzazione, uniti alle trasformazioni industriali degli ..U '6o, hanno determinato la quasi scomparsa di una agricoltura di sussisamza e di autosufficienza, nonché della cintura di orti della città che ne era fcspressione 58 • Anche da questo punto di vista risulta assai drastica la rottura aa le prospettive pre-belliche e la realtà che, dopo la guerra, si viene a clererminare. In secondo luogo il settore industriale delinea un andamento dell'occupaJ6 I dati riportati dalla tabella 6 che si riferiscono ai « ritirati dal lavoro, studenti e llllo •, relativi al censimento del 1951 sono raggruppati perché la fonte non li riporta in .-iera più dettagliata. I dati dei decenni successivi sono indicizzati rispetto al totale 1951. 57 ar. ISTAT, XII censimento ... cit. 51 Fenomeno assai particolare per quanto riguarda l'agricoltura è la riduzione più accen.... della percentuale dei maschi rispetto a quella delle donne. La prima passa dal 9,7% ad '51 all'r,8% dell'SI, la seconda dal 2,2% allo o,9%. In particolare le percentuali delle lnoratrici in proprio e di quelle dipendenti restano stazionarie. È probabile, però, che tali ftlori siano determinati da fenomeni turbativi quali, per esempio, la iscrizione alla Coldiretti a soli fini contributivi, senza che alcuna attività sia effettivamente svolta nel settore primario.

512

Giuseppe D'Angelo

zione più complesso nel quale almeno tre elementi vanno sottolineati. Primo: il trend generale del settore vede ridurre, sempre più, il numero degli occupati. Pur senza assumere la rapidità del fenomeno riscontrato in agricoltura, siamo in presenza di un calo abbastanza netto (la percentuale passa, infatti, dal 13,6% nel 1951 al ro,2% nel 1981). Secondo: non c'è mai vero sviluppo dell'occupazione nelle industrie estrattive e manifatturiere. La percentuale passa dal 9,1% nel '51 al 7,5% nel '6r, per stabilizzarsi, poi, tra 1'8 e l'8,5%. I dati non sembrano, cioè, mostrare reazioni significative al tentativo di costruire una notevole attività industriale a Salerno. Gli sforzi prodotti, soprattutto dalle giunte guidate da Alfonso Menna e i cospicui investimenti erogati, non provocano mai un pieno decollo nell'industria salernitana. Terzo: la tenuta dell'occupazione, in una prima fase, sembra affidata soprattutto, se non unicamente, all'industria delle costruzioni 59 • Dopo la prima fase di ricostruzione, però, anche questa tende a perdere occupati. Si apre, allora, una crisi che dura ancora oggi. Assai significative sono le affermazioni della giunta Menna che, a questo proposito, riconoscono la sensibile riduzione nell'attività edilizia e la conseguente contrazione dell'occupazione in questo settore 60 . Se si considerano, poi, i comuni confinanti con Salerno, si nota che la percentuale di occupazione nell'industria manifatturiera mostra due fenomeni distinti. Il primo riguarda, in maniera abbastanza autonoma, la zona a sud. Pontecagnano, Giffoni V. P. e S. Cipriano P. presentano un notevole incremento del tasso negli anni '50. Le percentuali relative ai tre comuni aumentano, rispettivamente del 4%, del ro% e, ancora, del 4% circa. Negli stessi anni, inoltre, notevole è anche l'incremento dell'occupazione nell'industria delle costruzioni. Il secondo fenomeno è relativo agli anni '6o che segnalano o la stasi o, peggio ancora, l'inizio di un generalizzato, e in alcuni casi notevole, decremento del tasso di occupazione dell'industria manifatturiera. L'area che circonda il capoluogo si presenta, da questo lato, come in sintonia con la città. Le uniche temporanee eccezioni riguardano Cava, la Valle dell'Irno e il comune di Pontecagnano. La città metelliana presenta anche in questo caso 59 In un atteggiamento assai tipico per il Mezzogiorno, che probabilmente affonda le sue radici finanche nel secolo scorso e nei primi anni del Novecento, la sola industria edilizia sembra essere in grado di garantire lavoro. 60 Nel decennio 195I-I961 il 50% degli investimenti si concentra nelle industrie delle costruzioni. A proposito di questo importante settore dell'imprenditoria salernitana dr. Franco Fichera, Le scelte di politica economica della D.C. dal I970 a oggi in G. Di Martino- F. Fichera- R. Di Blasi, La Democrazia cristiana nel salernitano, Salerno 1975, pp. 85-86 e, inoltre, Giuseppe Santoro, Industria e sviluppo economico in AA.VV., Guida alla storia di Salerno ... cit., p. 630.

Sllauo contemporanea sua maggiore autonomia e forme di sviluppo particolari che le consentono

-

l/laltls di crescita più costanti ed equilibrati. La Valle dell'Imo e Ponteca_ , . invece, subiscono l'influenza della creazione, nel r96r, del Consorzio fG l'Area di sviluppo industriale (A.S.I.), nonché dei suoi successivi sviluppi. B Consorzio raccoglie tutti i comuni esaminati 61 , ma tende a concentrare le .airità industriali in due siti alla periferia della città, ove erano già presenti i.atiamenti industriali. T• 6. bis Percentuale della popolazione con più di

IO anni residente nei comuni di confine con Salerno alle date dei censimenti occupata nell'industria manifatturiera.

Baronissi Castiglione Cava dei Tirreni Giffoni V. P. Pellezzano Pontecagnano S. Cipriano S. Mango P. Vietri sul mare ~

I95I

1961

I97I

1981

19,2 7>3 13,8 10,9 19,9 r8,7 I2,I r6,4 14,9

14,7 6,4 II,3 20,6 13,8 22,8 15,9 ?,6 10,7

14,0 2,6 10,7 10,8 r6,4 19,3 II,I 8,r 8,7

II,I 3>5 10,3 7,9 8,9 I2,2 6,7 4,5 7,4

ISTAT. Nostra elaborazione.

Ma il consorzio ha, nelle intenzioni degli amministratori salernitani, anche 1111"altra funzione. Nell'assolvere il compito statutario « di favorire il sorgere di

iniziative industriali» 62 e nel promuovere l'adesione anche di aree diS18Dti dal nucleo originario, esso avrebbe dovuto « costituire una cortina protetàn per Salerno, onde questa sia sollevata dal preoccupante fenomeno immipatorio di bracce non qualificate » 63 • La precisazione solleva due problemi che l'amministrazione ha sempre lllrSSO in sordina. Primo: la città nel suo caotico processo di sviluppo non ha .U tentato di essere elemento equilibratore, ma di poter selezionare il suo molo di polo di attrazione. Secondo: in questo suo esser luogo di destinazione ~ flussi migratori, la città vede aumentare la schiera dei lavoratori più dequaliiati e non quella, maggiormente ambita, dei lavoratori con qualche speciaizzazione. DDOVe

61

Cinque di essi -

Baronissi, Cava, Pellezzano, Pontecagnano e Vietri -

entrarono

.d oonsorzio sin dalla sua costituzione. Gli altri quattro aderiscono in anni successivi. Cfr. Giulio Caterina, Un'area di sviluppo industriale in «Confronto», 1977, n. 3, p. 453· Q Si veda lo statuto del Consorzio A.S.I. approvato dal consiglio comunale di Salerno adla seduta del 2o/6/r96o e allegato alla deliberazione n. 297. s Comune di Salerno, Il bilancio r966 ... cit., p. 32.

~-----------------------------------------------------------~-

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Giuseppe D'Angelo

L'industria salernitana, alla prova dei tempi, mostrerà, comunque, per intero il suo limite di fondo. Si è cercato a Salerno, per oltre un decennio, di dare risposte al bisogno di occupazione impiantando aziende ad alta composizione oragnica di capitale, elevato costo per unità occupata, basso livello di produttività e di occupazione. Si è provocato, così, un circolo vizioso che ha portato, oggi, alla crisi e alla paralisi l'intero apparato produttivo 64 • L'esempio della Vernante-Pennitaria, a metà degli anni '70, è solo quello più evidente e famoso. A questo va aggiunto che le industrie costruite nel salernitano, e più in generale nel Mezzogiorno, non hanno in loco i loro centri direzionali 65 • È così per l'industria tessile, è così per quella del vetro legata, addirittura, a strutture multinazionali di direzione. Salerno è, dunque, unicamente luogo di utilizzo delle facilitazioni e dei contributi concessi dallo Stato, centro di raccolta di manodopera a basso costo e primo e parziale punto di consumo di manufatti 66 • ·Più in generale la politica economica dei «poli di sviluppo» sembra tradursi, a Salerno, solo in una keynesiana moltiplicazione dei consumi, alla quale contribuisce in misura notevole l'amministrazione comunale. In una fase di perdurante crisi, a metà degli anni '6o, il Comune fa «di tutto per avviare alla esecuzione opere di impianti pubblici » 67 • L'estraneità o la esclusione di larga parte dei salernitani, nel periodo post-bellico, alla cultura urbana e alla vita della città sembra risolversi in « partecipazione allo spettacolo del mercato urbano e penetrazione nella cultura degli oggetti » 68 •

5.r Il processo di terziarizzazione A differenza dei settori appena esaminati che in questi anni vedono ridurre anche drasticamente il numero degli occupati, quello terziario aumenta di oltre un quarto e la sua percentuale passa dal 20,1% del 1951 al 2r,8% del 1967, al 24,6% del 1971, al 25,7% del 1981. Presenta, inoltre, al suo interno, significative differenze di andamento. ' Si nota, anzitutto, una sostanziale riduzione di peso dei rami di attività più tradizionali, commercio e trasporti, che calano, entrambi, di circa il 25%. L'andamento degli indici, però, disegna due vicende assai diverse. 64 Salvatore Casillo, Sviluppo economico e vicende politiche in una provincia meridionale: il caso del salernitano in «Basilicata», 1973, nn. 7-12, p. ro. 65 A. Mutti -L Poli, op. cit., p. 35· 66 S. Casillo, op. cit., p. 12. 61 Comune di Salerno, Il bilancio zg66 ... cit., p. 13. 68 R. Montinaro, op. cit., p. 50.

s.Iemo contemporanea

JIJ

Per il ramo dei trasporti e comunicazioni è evidente un calo progressivo dei valori percentuali (1951 = 3,5%, 1961 = 3,3%, 1971 = 2,8% e 1981 = 2,6% ), sintomo di una costante riduzione del fattore umano; per il commercio, invece, a un calo di un terzo negli anni '5o ('51 = 7,9%, '6r = 5,3%) fa seguito una lenta ripresa negli anni '6o ('71 = 5,6%) e '70 (1981 = 6,r%). Quest'ultimo fenomeno è, con ogni probabilità, da attribuire alla pressoché contemporanea nascita di una vasta rete di distribuzione e vendita al dettaglio nelle aree di nuova urbanizzazione 69 e alla necessità di assorbire l'eccedenza di manodopera nei periodi più acuti di recessione e di crisi 70 • Assai significativo è anche il dato dell'impiego nella pubblica amministrazione, che subisce una drastica riduzione. Anche se non è possibile raffrontare i dati sin dal r 9 5 r - il rx censimento della popolazione riporta, infatti, i valori accorpati dei servizi e della pubblica amministrazione - agevolmente si evince che già dieci anni dopo i soli dipendenti della P .A. sono pari al totale del primo censimento ( r 95 r: totale = 8,r%; 1961: P.A. = 7,6%). In un decennio è possibile, dunque, ipotizzare un notevole aumento della popolazione occupata in questo ramo. Assai significativa è la vicenda del personale occupato presso il Comune di Salerno. La relazione del commissario Salazar riporta la pianta organica dell'ente al 1953 e al 1956. Alla prima data erano impiegate - tra lavoratori di ruolo e avventizi - 647 persone. Alla seconda, 691 unità, tutte di ruolo 71 • In tre anni si susseguono i concorsi e le assunzioni, sintomo certo di una radicale trasformazione dell'atteggiamento del governo nei confronti dell'amministrazione straordinaria. Nel 1960 i dipendenti sono 803 72 • È l'ultimo significativo incremento della pianta organica del comune. Già nel 1970 la giunta lamenta che «gli organici non sono più sufficienti ad assicurare il regolare svolgimento dei complessi servizi » 73 presentando un accentuato divario tra personale ed esigenze della città. I due settori del terziario che in questi quarant'anni mostrano segni evidenti di espansione sono quelli del credito e delle assicurazioni e quello dei servizi. Il primo raccoglie un numero tutto sommato ristretto di lavoratori salernitani (al massimo, nel 198r, lo 0,9% della popolazione con più di IO anni) e rimane stabile in un arco di tempo abbastanza lungo; il secondo,

fiJ

iO 71

72 73

M. Cataudella- T. D'Aponte, op. cit., p. 376. A. Mutri- I. Poli, op. cit., p. 130. Municipio di Salerno, Relazione... cit., pp. 3-9. Comune di Salerno, Relazioni e sviluppi, Salerno 1960, p. 74· Comune di Salerno, Bilancio ... cit.

Giuseppe D'Angelo

invece, raggiunge quasi il 12% della popolazione con un aumento, tra il I 96 I e il I98I, di quasi tre volte 74 • Siamo in presenza, inoltre, di un notevole incremento della popolazione femminile occupata che passa dal 5,I% del I95I, al 5,5% del I96I, al 7,2% del I97I, al 9,5% dell'ultimo censimento. Nel processo di terziarizzazione che la città mostra si nota con chiarezza il ribaltamento dei ruoli tra pubblica amministrazione e servizi, e più in generale un ridursi dei settori tradizionali e più dequalificati, nonché l'emergere di quelli nuovi e più avanzati. L'andamento degli indici ci presenta una città che, negli anni, cerca di entrare a pieno titolo nella società industriale. Le trasformazioni evidenziate testimoniano proprio il tentativo, alle volte testardamente perseguito, di far superare alla città limiti e ritardi. . Ma è poi mai esistita una « grande Salerno » industriale? La volontà di concentrare nella città tutto, dall'Università alle industrie, dal commercio al turismo, dagli uffici ai servizi, è mai riuscita ad essere poco più di una illusione? La lettura dei dati mostra un panorama complesso che smentisce nettamente gli amministratori salernitani. La congenita debolezza dell'apparato produttivo, mai pienamente decollato e piegato dalla crisi degli anni '7o; la frantumazione del commercio in migliaia di piccoli e piccolissimi esercizi; la caduta verticale del turismo in una città stretta da due aree a forte vocazione turistica (costiere amalfitana e cilentana) configura piuttosto quel quadro da realtà terziaria che caratterizza tutte le città meridionali medio grandi 75 • Salerno, allora, più che presentare autonome caratteristiche, si inserisce pedissequamente nella più generale tendenza nazionale. Il mito della «grande Salerno » - che nelle intenzioni degli amministratori voleva rappresentare il recupero di una « civiltà millenaria », di una 74 Nella classificazione dell'ISTAT relativa al XII censimento, il ramo 8 raggruppa lavoratori del « credito e assicurazioni, servizi alle imprese, noleggio». Nella nostra classifìcaziooe gli occupati del sottoramo 8b (« servizi alle imprese e noleggio ») sono stati computati con il ramo « servizi pubblici e privati ». I dati riportati dal bollettino ISTAT per i rami di attività 8 e 9 sono: Sa « credito e assicurazioni » M 873; F = I.IIO 8b « servizi alle imprese e noleggio » M 1.141; F 1.389 Totale ramo 8 M = 2.014; F = 2.499 9a « pubblica amministrazione » F !.134 M = 4·351; 9b «servizi pubblici e privati» M 5.699; F 7-492 M 1o.o5o; F 8.626 Totale ramo 9 75 Cfr. T. Pema, Neofascismo e città meridionali in « Mezzogiorno città e campagna », aprile 1975, pp. 64-66.

Salerno contemporanea

tradizione e di un passato gloriosi 76 - si è trasformata in una chimera, in una Salerno grande, cresciuta a dismisura, senza reali progetti: un contenitore nel quale, alla rinfusa, veniva collocato di tutto.

6. Conclusioni

6.I. A voler riassumere sinteticamente la vicenda urbana della città dal dopoguerra ad oggi si può sicuramente fissare un elemento essenziale. Salerno ripete, quasi con monotonia e senza molte autonome differenze, il destino dei medi centri meridionali 77 • Di questi, infatti, ripropone sia la rapida crescita demografica, sia l'esplosione urbana che li contraddistinguono. Nel tormentato passaggio dai modesti e precari consumi della società postbellica, a quelli massivi della «opulenta» società affluente 78 , Salerno, inoltre, ripercorre le tappe proprie della società industriale. Ad essa si omologa e ne assume gli imitativi modelli collettivi di comportamento. Ma la società affluente è quella che tipizza le economie del centro, quelle proprie dell'occidente e del Nord del mondo. Salerno, con limiti, debolezze e non compiuta attuazione ne ripete, a quarant'anni dalla guerra, modelli e forme di sviluppo. 6.2. In questo processo la città rimane, inoltre, come schiacciata dalla presenza della grande metropoli, ne è subalterna e, finanche, succuba. In questi quarant'anni si dimostra affatto inadeguata ad assolvere il ruolo di bilanciamento e di compensazione che pure le era stato assegnato. «Se Salerno tenesse 'o puorto, Napule fosse muorto », recita un proverbio cittadino. ll più generale sviluppo, però, si è come modellato alle scelte e ai modelli napoletani. Negli anni del dopoguerra la città ne riproduce, quasi in miniatura, i ritmi convulsi di sviluppo urbano e demografico; ne assimila la «malata fisionomia» e pedissequamente la ripete. Essa è sempre più una subordinata periferia dell'area napoletana che funge, sostanzialmente, da terminale di uffici, di enti o - anche - di flussi economici che nella città partenopea hanno i loro centri. 6.3. La città cerca, poi, di ripetere - in dimensione più ridotta e con caratteristiche in parte diverse da quelle napoletane - il modello centro/ periferia, ponendosi come fulcro di un proprio sistema urbano relativamente

76

Nostra conversazione con Alfonso Menna.

77

A. Mutti- I. Poli, op. cit.

78

G. Imbucci, Per una storia... cit.

Giuseppe D'Angelo complesso e come punto di riferimento di un'area più vasta, anche sovraprovinciale. In larga parte essa ripete, però, solo funzioni proprie dei capoluoghi di provincia - da quelli amministrativi e burocratici, a quelli giudiziari. Scarso è, in questo caso, l'autonomo ruolo che la città può assolvere. Per il resto, come si è già notato, proietta sui comuni limitrofi e, più in generale sull'intera provincia, le scelte predatrici che caratterizzano i centri del sistema. In un ambito - forse l'unico - la città è, però, stentatamente riuscita ad avere una sua propria particolarità. La vicenda dell'Istituto di Magistero e, poi, dell'Università degli Studi di Salerno mostra un duplice aspetto. Da un lato essa risponde alla congenita volontà di alcuni amministratori locali - in primo luogo Alfonso· Menna - di voler concentrare nella città tutto quanto era possibile. Il secondo aspetto della vicenda mette, invece, in evidenza come, sebbene tra mille difficoltà e ostacoli, si sia tentata una netta modificazione delle linee di sviluppo salernitane e del rapporto tra capoluogo e entroterra. La scelta testardamente perseguita - durante i primi anni '70 - dal rettore Gabriele De Rosa di reimpiantare l'Università nella Valle dell'lrno voleva, forse, proprio sottolineare la possibilità di costruire a Salerno un nuovo progetto di sviluppo demografico, oltre che culturale, che redistribuisse il peso della popolazione gravante su maglie già fortemente congestionate su altre meno affollate. L'àspra avversione mostrata proprio dall'ex sindaco Menna 79 testimonia quanto contrasto esista tra le due ipotesi. 6-4. La città, infine, ripropone una netta separazione al suo interno tra un centro più ricco e periferie maggiormente degradate, funzionalmente legati l'uno alle altre. Tende, inoltre, a presentare centri periferici. Si parla oggi, infatti, di « Pastena centro » o del « centro di Torrione », individuando, così, anche nelle aree esterne zone «meno periferiche» o «più centrali » di altre. Non è solo un problema di speculazione pubblicitaria. In primo luogo il suo significato è legato, probabilmente, alla prossimità alle maggiori vie di comunicazione l'asse Mercatello/Teatro Verdi, oppure Via de' Principati) che è « vissuta » come immediata possibilità di accesso al « centro·» della città. La stessa « rettilineità » delle arterie contribuisce a rendere più credibile una « traslazione » delle aree centrali. È legato, inoltre, ad un oggettivo sovraffollamento del centro commerciale, alla sempre minore

79

A. Menna, Palazzo di città cit.

Salerno contemporanea disponibilità di immobili per uso abitativo e all'aumento delle destinazioni per usi diversi (uffici). Ma esiste un elemento - per così dire - psicologico che è, forse, ancora più denso di significati e che, in larga misura, ci riporta a una tendenza di fondo che emerge dalla evoluzione e dallo sviluppo della città. Prossimità al centro - l'essere, addirittura, sua emanazione - rappresenta una maggiore e più completa integrazione ai valori che il centro individua. Significa, in buona sostanza, completa accettazione di una matura «cultura dei consumi». Giuseppe D'Angelo

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