Servizio pubblico e portualità turistica

July 3, 2017 | Autor: Andrea Carrisi | Categoria: Public Administration, European Law, Diritto Amministrativo
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Servizio pubblico e portualita turistica Di Andrea Carrisi

Il servizio pubblico nell’ordinamento interno La situazione della nozione di servizio pubblico non sembra essere cambiata da quando, nel 1986, veniva definita da M. S. Giannini “fra le più tormentate”1. La ragione di questo tormento si deve ricercare nella sua naturale mutevolezza: il concetto varia in funzione degli obiettivi della regolazione. Per riuscire, quindi, a delineare le forme della nozione di servizio pubblico è necessario iniziare dal ruolo dello Stato in una democrazia moderna. Da un lato, le teorie liberali tendono a ridurre al minimo l’influenza dello Stato ed assistiamo in maniera sempre più stringente al regresso del servizio pubblico in conseguenza dell’evoluzione dell’economia liberale. Dall’altro, lo Stato, a causa dell’esaurimento delle risorse pubbliche, non riesce più a finanziare determinate attività. Lungo questa strada si è giunti a “ripensare” anche i modi di agire della pubblica amministrazione, riformulando l’art. 118 Cost., che dal 20012 prevede all’ultimo comma “l’autonoma iniziativa dei cittadini [..] per lo svolgimento di attività di interesse generale”. La valorizzazione dell’iniziativa economica privata segna anche il superamento della concezione soggettiva secondo la quale la pubblicità del servizio era da rintracciare nella pubblicità del soggetto erogatore. Il concetto di servizio pubblico locale, infatti, era individuato dalla l. 103/1903 (trasfusa nel R.D. 2578/1925) nei servizi “gestiti da enti pubblici”. E successivamente anche la costituzione all’art 43 si riferisce ai servizi pubblici essenziali come ad attività che la legge può riservare originariamente o 1

M. S. Giannini, Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, Mulino, 1986 2 Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

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trasferire a fini di utilità generale, “facendo coincidere la nozione di servizio pubblico con il settore pubblico”3. Parte della dottrina continua a sostenere la concezione soggettiva dovendo, oggi, fare i conti con i principi dell’ordinamento dell’Unione Europea. Nella sua formulazione originaria, infatti, tale teoria comportava il rischio di una ampia discrezionalità in capo all’amministrazione pubblica: assumere nell’ambito dei propri fini istituzionali anche attività che non rispondano ad esigenze primarie della collettività e che, invece, possano essere adeguatamente erogate da imprese private. I soggettivisti da un lato affermano che sia necessario distinguere tra titolarità e gestione. I privati possono erogare determinate prestazioni ma senza che si scinda il rapporto con l’amministrazione che resta titolare del servizio pubblico. Dall’altro lato ritengono che proprio l’ordinamento comunitario aiuti a superare il problema, ponendo vincoli al potere discrezionale della amministrazione, incidendo anche nella qualificazione del servizio pubblico. Tuttavia si assiste, in anni relativamente recenti, ad un progressivo abbandono della concezione soggettiva e alla contestuale affermazione della concezione oggettiva, che riconosce il carattere di servizio pubblico al complesso di attività prestate agli utenti per il soddisfacimento di esigenze della collettività. A livello legislativo si rintraccia questo cambio di prospettiva nell’art 22, l. n.142/1990 (confluito nell’art. 112, d.lgs. n. 267/2000) che prevede: “I comuni e le province, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.” L’attività diviene così centrale nella qualificazione di servizio pubblico, conquistando un’autonoma rilevanza giuridica. Anche nelle riflessioni di Pototschnig4 la Costituzione ha un rilievo centrale, conducendo però a conclusioni opposte rispetto a quelle dei sostenitori della teoria soggettiva. 3 4

N. Rangone, Servizi pubblici, Mulino, 1999 U. Pototschnig, I pubblici servizi, Cedam, 1964

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Il giurista vicentino afferma infatti che l’art. 43 Cost. debba leggersi insieme all’art. 41 comma 3 Cost.: “la legge determina i programmi ed i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Dalla lettura congiunta delle due norme, si ricava un legame logico-giuridico tra la attività economica soggetta a programmi e controlli (art. 41 Cost.), e il potere di riservare originariamente o trasferire le imprese che erogano servizi pubblici essenziali (art. 43 Cost.). Infatti quando gli interessi pubblici possano essere perseguiti attraverso l’esercizio di attività d’impresa privata, lo Stato si limiterà ad intervenire nell’economia attraverso la programmazione e i controlli. Quando, invece, le finalità pubbliche richiedano un’ingerenza maggiore nel controllo e la gestione dell’impresa, incompatibile con la titolarità in capo a soggetti privati, lo Stato agirà con il potere di trasferimento o riserva originaria. Gli strumenti di cui all’art. 41 Cost, in altri termini, funzionalizzano l’attività economica privata al raggiungimento di finalità pubbliche, con l’immediata conseguenza che il servizio pubblico potrà essere imputato anche ad un soggetto privato.

Il servizio pubblico nell’unione europea Dopo il trattato di Maastricht l’obiettivo della creazione del mercato unico è stato affiancato da altre finalità, quali la parità di trattamento e la solidarietà, all’interno di un sistema organizzativo fondato sulla concorrenza. Proprio la libertà di concorrenza è quella ad essere maggiormente a rischio nell’ambito dei servizi pubblici, i quali devono quindi necessariamente confrontarsi con la normativa comunitaria e con i suoi principi fondativi. Tuttavia non esiste una definizione codificata a livello europeo di “servizio pubblico”. Nel “Libro Verde sui servizi d’interesse generale”5 si danno definizioni diverse, oscillanti tra la concezione soggettiva ed

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COM/2003/0270 def.

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oggettiva di servizio pubblico, riproponendo le difficoltà di individuare un concetto unitario6. Una nozione ricorrente a livello comunitario, pur non prevista esplicitamente da alcuna norma, è quella di “servizi d’interesse generale”, definita come attività di servizi, forniti dietro retribuzione o meno, ritenute di interesse generale dalle autorità pubbliche, ed assoggettate per tale motivo ad obblighi specifici di servizio pubblico. La loro specificità è quella di non avere valenza economica, trovandosi quindi all’interno di uno spazio liberato dagli obblighi di concorrenza. Essi sono stati elevati dal Libro Bianco7 del 2004 a pilastro del “modello europeo di società”, essenziali “per garantire la coesione sociale e territoriale e salvaguardare la competitività dell'economia europea”. La commissione, nella comunicazione, continua affermando che “l'erogazione dei servizi di interesse generale può essere organizzata in collaborazione con il settore privato o affidata a imprese pubbliche o private. Per contro, la definizione degli obblighi e delle funzioni del servizio pubblico spetta alle autorità pubbliche ai relativi livelli di competenza.” Si viene a definire una distinzione in cui una parte è costituita dai “servizi di interesse generale”, mentre l’altra riguarda i “servizi di interesse economico generale” (SIEG). I Sieg costituiscono l’unico frammento di servizio pubblico codificato a livello europeo. Si definiscono come attività di servizio, fornite a titolo oneroso, che i poteri pubblici promuovono nell’interesse generale, e per le quali le condizioni di offerta sono rette dai “principi della continuità, uguaglianza di trattamento e adattamento ai bisogni”8. “Promuovono”, dunque, e non “erogano direttamente”, a significare che luogo naturale per la prestazione di servizi di tale genere è il mercato, senza negare però che per determinati servizi esso non sia adatto, necessitando la previsione di obblighi di servizio di interesse generale.

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In alcuni casi il riferimento è al fatto che un servizio sia offerto alla collettività, in altri casi il riferimento è alla titolarità pubblica dell’ente che presta il servizio, in altri ancora alla natura dell’attività prestata. 7 COM/2004/0374 def. 8 Comunicazione Commissione europea, I servizi d’interesse generale in Europa, 1996.

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Quel che si cerca di ottenere è la non alterazione della concorrenza (ad esempio con aiuti di Stato o con diritti esclusivi o speciali), se non quando strettamente necessario, potendo l’offerta, nel rispetto delle esigenze di servizio pubblico, essere adeguatamente assicurata attraverso la regolazione. Nel nostro ordinamento la distinzione si ripropone, pur con qualche approssimazione, tra servizi pubblici locali a rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza, introdotta dalla L. 326/2003. L’art. 112 del TUEL9 definisce i servizi pubblici locali come quei servizi “che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”. Si tratta di una nozione piuttosto ampia che finisce per abbracciare qualsiasi attività svolta dagli enti locali, rintracciando l’intenzione del legislatore di riconoscere agli enti ampia autonomia, con riferimento all’individuazione della attività suscettibili di essere considerate servizi pubblici locali.

Il porto turistico come servizio pubblico di rilevanza economica La disciplina dei porti marittimi nazionali è prevista dalla L. 84/1994, e contempla il porto turistico nella categoria II classe III. Ad esso si applica il D.P.R. 509/1997, il quale definisce il porto turistico come “complesso di strutture amovibili e inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire unicamente e precipuamente la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari”. Sulla base di queste due norme il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6488/2012, classifica i porti con finalità turistiche come opere di “rilevante interesse pubblico”. Il porto, infatti, è una infrastruttura, perché garantisce un accesso alla via di comunicazione marittima; è utilizzato da una fascia ristretta di utenti (non da una collettività indifferenziata), ma “si tratta comunque di un servizio rivolto ad un numero

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D.lgs. 267/2000

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indeterminato di soggetti”10; infine, realizza l’interesse pubblico dello sviluppo economico della comunità. Dunque, dovrà essere la disciplina pubblicistica a regolare sia la realizzazione, sia la gestione del porto turistico. Concentrando l’attenzione sul profilo della gestione, il quale appare maggiormente funzionale al discorso, è necessario distinguere tra gestione privata e pubblica. Per quanto riguarda la prima, la sentenza afferma la necessità del rilascio, secondo le norme comunitarie, di un titolo concessorio a tempo determinato, mediante procedure comparative. Mentre per la seconda, si deve ritenere applicabile il D.M. 31/12/1983, il quale individua le “categorie di servizi pubblici locali a domanda individuale”. Al numero 14 dell’articolo unico si fa riferimento ai “servizi turistici diversi: stabilimenti balneari, approdi turistici e simili”. Si può affermare allora che la gestione del porto turistico sia un servizio pubblico locale. I Giudici Amministrativi, tuttavia, non identificano il “servizio pubblico locale a domanda individuale” con il “servizio pubblico a rilevanza economica”, in quanto il primo include anche servizi privi di tale rilevanza (ad esempio asili), ritenendo invece che la rilevanza economica vada intesa “come possibilità che dalla gestione del servizio si ricavi un profitto e come contendibilità sul mercato del servizio”. Si renderà necessaria, quindi, una verifica caso per caso (e non in astratto), della effettiva contendibilità del servizio, “avuto riguardo al contesto sociale ed economico e alla dimensione del servizio”11. Il Consiglio di Stato nella sentenza n. 6529/2010, afferma che ai fini di tale qualificazione “non importa la valutazione fornita dalla p.a., ma occorre verificare in concreto se l’attività da espletare presenti o meno il connotato della “redditività”, anche solo in via potenziale”. Sulla base di tali premesse, la portualità turistica è riconducibile, in linea di massima, nell’ambito dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, e ad essi andrà applicata la normativa di riferimento. 10 11

Cons. St. n. 6488/2012 Cons. St. n. 6488/2012

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