Tommaso d\'Aquino, \"De ente et essentia\": Prologo e Capitolo 1

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Studio Teologico “Celso Costantini” – Pordenone Seminario di Filosofia

  28 febbraio 2015 Analisi del prologo e del cap. 1 del De ente et essentia di Tommaso d’Aquino Giovanni Catapano A. TRADUZIONE PERSONALE Poiché un piccolo errore all’inizio è grande alla fine, secondo il Filosofo nel primo libro de Il cielo e il mondo, e d’altra parte l’ente e l’essenza sono le cose che dapprima sono concepite dall’intelletto, come dice Avicenna all’inizio della sua Metafisica, per questo, affinché non capiti di errare a causa dell’ignoranza di esse, per rendere aperta la loro difficoltà occorre dire che cosa sia significato dai termini “essenza” ed “ente”, come si ritrovi in cose diverse e come si rapporti alle intenzioni logiche, vale a dire al genere, alla specie e alla differenza. Ora, poiché dobbiamo acquisire la conoscenza delle cose semplici partendo da quelle composte e giungere alle anteriori partendo dalle posteriori, affinché, cominciando noi dalle più facili, l’apprendimento risulti più conveniente, per questo occorre procedere dal significato di “ente” al significato di “essenza”. Capitolo 1 Occorre quindi sapere che, come dice il Filosofo nel quinto libro della Metafisica, l’ente per sé si dice in due modi: in un modo, si dice “ente” ciò che si suddivide nei dieci generi; nell’altro, ciò che significa la verità delle proposizioni. La differenza tra questi due modi è che nel secondo può essere detto “ente” tutto ciò su cui si può formare una proposizione affermativa, anche qualora esso nella realtà non ponga nulla; mediante questo modo si dicono “enti” le privazioni e le negazioni: diciamo infatti che l’affermazione è opposta alla negazione, e che la cecità è nell’occhio. Ma nel primo modo non si può dire “ente” se non ciò che pone qualcosa nella realtà; perciò nel primo modo la cecità e le cose di questo genere non sono enti. Il termine “essenza”, quindi, non è preso dall’ente detto nel secondo modo: infatti in questo modo si dicono “enti” alcune cose che non hanno essenza, come è chiaro nelle privazioni; ma l’essenza è presa dall’ente detto nel primo modo. Perciò il Commentatore in quel medesimo luogo dice che l’ente detto nel primo modo è quello che significa l’essenza della cosa. E poiché, come si è detto, l’ente detto in questo modo si suddivide nei dieci generi, è necessario che “essenza” significhi qualcosa di comune a tutte le nature mediante le quali i diversi enti vengono collocati in diversi generi e specie, come ad esempio l’umanità è l’essenza dell’uomo, e così riguardo agli altri casi. E poiché ciò mediante cui una cosa viene costituita nel proprio genere o nella propria specie è ciò che viene significato mediante la definizione indicante che cos’è la cosa, ne deriva che il termine “essenza” è cambiato dai filosofi nel termine “quiddità”; e ciò è anche quello che il Filosofo spesso denomina “il che cos’era essere”, cioè ciò mediante cui qualcosa possiede l’essere un qualcosa. Si dice anche “forma”, in quanto mediante la forma si significa la certezza di ciascuna cosa, come dice Avicenna nel secondo libro della sua Metafisica. Ciò si dice anche, con un altro termine, “natura”, prendendo “natura” nella prima di quelle quattro accezioni che Boezio attribuisce al termine nelle Due nature, vale a dire in quanto si dice “natura” tutto ciò che si può cogliere in qualche modo con l’intelletto, infatti una cosa non è intelligibile se non mediante la sua definizione ed essenza; e in questo senso anche il Filosofo dice nel quinto libro della Metafisica che ogni sostanza è una natura. Tuttavia il termine “natura”, preso in questo senso, sembra significare l’essenza della cosa in quanto è ordinata all’operazione propria della cosa, dato che nessuna cosa è

 

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  privata della propria operazione; il termine “essenza” è preso invece da ciò che viene significato mediante la definizione. Ma si dice “essenza” in quanto mediante essa e in essa l’ente ha l’essere. Ma poiché l’ente in senso assoluto e primo si dice delle sostanze e secondariamente e quasi in senso relativo degli accidenti, ne deriva che anche l’essenza in senso proprio e in modo vero è nelle sostanze, ma negli accidenti è in certo qual modo e in senso relativo. Ora, tra le sostanze alcune sono semplici e altre composte, e in entrambe c’è l’essenza; ma nelle semplici c’è in un modo più vero e più nobile, in quanto possiedono anche l’essere in modo più nobile: sono infatti causa di quelle che sono composte, almeno la sostanza prima e semplice che è Dio. Ma poiché le essenze di quelle sostanze per noi sono più nascoste, per questo occorre cominciare dalle essenze delle sostanze composte, affinché cominciando dalle più facili l’apprendimento risulti più conveniente. B. DIVISIONE DEL TESTO Prologo = oggetto e metodo del trattato 1. capoverso 1 = oggetto: l’ente e l’essenza a. ente ed essenza come prime cose concepite b. tre questioni riguardo all’essenza e all’ente i. significato del nome che le esprime ii. loro modo di essere in cose diverse iii. loro rapporto con il genere, la specie e la differenza 2. cv. 2 = metodo: dall’ente all’essenza a. cominciare dalle cose più facili (quelle composte e posteriori) b. dal significato di “ente” [più facile] al significato di “essenza” Capitolo 1 = deduzione del significato di “essenza” dal significato categoriale di “ente” 1. cv. 1 = i due significati per sé di “ente” a. i significati i. ciò che si suddivide nei dieci generi (categorie) ii. ciò che significa la verità delle proposizioni b. la loro differenza i. il primo senso si applica solo a cose positive (ossia reali, concrete, effettive) ii. il secondo senso si applica anche a cose non positive (negazioni e privazioni) 2. cv. 2 = il significato di “essenza” desunto dal primo senso di “ente” a. il significato di “essenza” non è desumibile dal secondo senso di “ente” b. il significato di “essenza” desumibile dal primo senso di “ente” è: natura mediante la quale una cosa viene collocata in un certo genere (categoria) 3. cv. 3 = altri nomi dell’essenza a. “quiddità” b. “il che cos’era essere” c. “forma” d. “natura” 4. cv. 4 = necessità di partire dall’essenza delle sostanze composte a. diverso modo di essere dell’essenza nelle sostanze e negli accidenti i. proprio e vero, nelle sostanze ii. particolare e relativo, negli accidenti b. necessità di procedere dall’essenza delle sostanze composte all’essenza delle sostanze semplici

 

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  C. PARAFRASI Nel prologo, Tommaso afferma, citando Aristotele e Avicenna, che occorre comprendere bene le nozioni di ente e di essenza. Esse infatti sono i concetti che l’intelletto si forma prima di tutti gli altri; un errore al loro riguardo, per quanto piccolo, sarebbe destinato a crescere e a diventare grande man mano che si formano altri concetti. Egli si propone pertanto di chiarire tre cose: (1) quale sia il significato dei termini “essenza” ed “ente”; (2) in che modo ciò che questi termini significano si trovi in realtà diverse; (3) che rapporto esso abbia con ciò di cui si occupa la logica, e in particolare con il genere, la specie e la differenza. Nel prologo, inoltre, Tommaso indica il metodo che bisogna seguire. Il metodo consiste nel cominciare dalle cose composte e posteriori, che sono per noi più facili, e procedere da queste a quelle semplici e anteriori. Applicando tale metodo, egli perseguirà l’obiettivo (1) chiarendo prima di tutto il significato di “ente”, per chiarire poi, in base ad esso, il significato di “essenza”. Il chiarimento del significato di “ente” avviene nel capitolo 1. L’autore spiega, appoggiandosi ad Aristotele, che “ente” inteso per sé ha due significati. Il primo significato è quello categoriale, che assume tanti sensi quante sono le categorie, cioè dieci. Il secondo significato è quello che il termine assume quando viene usato per significare che una proposizione è vera. Nel primo significato, il termine “ente” viene sempre usato in riferimento a cose reali. Nel secondo significato, invece, esso può essere usato in riferimento a cose non reali, le quali non hanno un’essenza. Di conseguenza, bisogna lasciare da parte il secondo significato e concentrarsi sul primo, secondo il quale “ente” significa ciò che rientra in una delle dieci categorie. Quindi, poiché l’essenza è ciò per cui un ente è tale, ne deriva che “essenza” significa ciò per cui una cosa rientra in una delle dieci categorie, ossia in un genere e, all’interno di questo, in una specie differente da altre del medesimo genere. Ad esempio, l’umanità, cioè l’essenza dell’uomo, è ciò per cui l’uomo rientra in un certo genere (quello della sostanza) e, all’interno di questo, si differenzia da sostanze di specie diversa da quella umana. L’essenza viene chiamata anche in altri modi: “quiddità”, perché l’essenza si esprime nella definizione che indica che cosa sia una cosa; “che cos’era essere” (Aristotele, per la stessa ragione); “forma” (Avicenna); “natura” (nella prima accezione distinta da Boezio). Le dieci categorie si dividono nella sostanza e nei nove accidenti, quindi vi è un’essenza delle sostanze e un’essenza degli accidenti. Però solo la sostanza si dice “ente” in senso proprio, mentre gli accidenti si dicono “enti” solo relativamente alla sostanza; quindi anche l’essenza, il cui significato si desume da quello dell’ente, si trova in un modo nelle sostanze e in un altro modo negli accidenti. Con questa osservazione, Tommaso inizia a chiarire il punto (2) indicato nel prologo. Inoltre le sostanze sono diverse tra loro: alcune sono semplici, altre composte, e le semplici sono superiori alle composte, perché ne sono la causa; quindi l’essenza si trova in un modo nelle sostanze semplici e in un altro in quelle composte. Poiché le essenze delle sostanze semplici ci sono meno note di quelle delle sostanze composte, bisogna partire dall’analisi di queste ultime, conformemente al principio metodologico per cui bisogna cominciare dalle cose più facili. D. SINTESI Secondo Tommaso, il significato del termine “essenza” va desunto da uno dei significati del termine “ente”, quello secondo il quale “ente” significa una cosa reale che rientra in una determinata categoria. L’essenza è ciò che fa sì che una cosa reale abbia il proprio essere specifico all’interno di un certo genere categoriale. L’essenza è espressa dalla definizione della cosa di cui è essenza. L’essenza si trova in senso proprio solo nelle sostanze, e in modo più nobile nelle sostanze semplici.

 

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